astronomia. 100.1 euclide giornale dei giovani... · scoprire e capire l’universo il mondo è...

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ASTRONOMIA

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Page 1: ASTRONOMIA. 100.1 EUCLIDE GIORNALE DEI GIOVANI... · SCOPRIRE E CAPIRE L’UNIVERSO Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere

ASTRONOMIA

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SCOPRIRE E CAPIRE L’UNIVERSO

Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di

correre il rischio di vivere i propri sogni.

“L’astronomia costringe l’anima a guardare oltre e ci conduce da un

mondo ad un altro”

Si tratta di una stella relativamente giovane con soli 500 milioni di anni alle

spalle, una bazzecola se paragonata ai 4,6 miliardi di anni del nostro Sole.

La scoperta del sistema, è avvenuta nel 2015 all’Università di Liege, in Bel-gio, usando il Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope–South, più comodamente abbreviato in TRAPPIS,in onore dei monaci e della loro ottima birra. La notizia, lanciata dalla NASA alle 19 del 22 Feb-braio, parla di ben 7 pianeti rocciosi simili alla Terra per dimensioni, di cui almeno 3 sono nella fascia di abitabilità, ovvero quella zona dove per nu-merose ragioni, l’acqua potrebbe essere presente sul pianeta in forma li-quida. Nel nostro sistema solare i pianeti rocciosi sono solo quat-tro (Mercurio, Venere, Terra e Marte), mentre gli altri sono pianeti gasso-si che non possono ospitare la vita.

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Se le nane rosse, come TRAPPIST-1, possono ospitare un numero così am-pio di pianeti rocciosi, diventa molto probabile che alcuni di questi pianeti

siano alla giusta distanza dalla stella per ospitare acqua liquida. Inoltre le nane rosse sono circa l’85% dei 100 miliardi di stelle che compongono la Via Lattea. TRAPPIST-1 è poco più grande di Giove e i pianeti scoperti gli orbitano intorno in modo molto simile ai satelliti del nostro gigante gasso-so. Le stelle nane hanno anche alcuni “problemini”. Prima di tutto l’emissione spettrale di queste stelle è molto diversa da

quella del Sole e si concentra principalmente nell’infrarosso. Questo vuol

dire che delle eventuali piante, per assorbire sufficiente energia luminosa,

dovrebbero sviluppare un metabolismo diverso da quello a noi noto, a

partire dal colore che dovrebbe tendere al nero. Una emissione

nell’infrarosso ha anche dei pesanti effetti sull’effetto serra degli eventuali

pianeti e potrebbe provocare la progressiva ebollizione degli oceani fino

alla totale scomparsa di acqua sulla superficie.

I pianeti sono così vicini alla

stella che la loro orbita li

porta a mostrare sempre la

stessa faccia verso la stella.

Questo significa che su metà

pianeta è sempre giorno e

sull’altra metà è sempre

notte, situazione decisa-

mente poco confortevole

per le specie viventi.

Bisogna quindi ammettere

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che TRAPPIST-1 è un ottimo terreno di studio per scoprire come sono fat-

ti i pianeti simili alla Terra al di fuori del nostro sistema solare, ma non è

affatto detto che siano anche abitati.

CHE CARATTERISTICHE HA QUESTO SISTEMA SOLARE, RISPETTO AL NO-

STRO?

Innanzitutto è molto "compatto". Il pianeta più distante (g) si trova a 0,06

unità astronomiche da Trappist-1. Il più vicino, a 0,01 UA. Per fare un con-

fronto, Mercurio orbita a 0,39 unità astronomiche dal Sole. Siamo quindi

di fronte a una versione in miniatura del nostro sistema solare, più simile,

per le dimensioni dei pianeti e la distanza dalla loro stella, al rapporto e al-

la scala che c'è tra il Giove e le sue lune.

COME SONO STATI INDIVIDUATI?

Con la tecnica dei transiti, che desume la presenza di pianeti in orbita at-

torno a una stella misurando le variazioni di luminosità dell'astro stesso.

Un gruppo di astronomi guidati da Michaël Gillon dell'Università di Liegi, in

Belgio, aveva già trovato 3 dei 7 pianeti nel maggio 2016, con la collabora-

zione TRAPPIST che sfrutta due telescopi di 60 cm, collocati in Cile e Ma-

rocco. Alla ricerca si sono poi uniti il Very Large Telescope (ESO, Cerro Pa-

ranal, Cile), il telescopio spaziale della Nasa Spitzer, che ha studiato la stel-

la per 20 giorni consecutivi, e altri telescopi attorno al mondo che hanno

localizzato in tutto 34 transiti, indicatori di un numero di pianeti decisa-

mente più alto. Poiché le loro orbite sono molto corte (il b e il g ne com-

pletano una in meno di 12 giorni) è stato possibile osservare un alto nu-

mero di cambiamenti di luminosità nella stella in breve tempo.

CHE COSA VEDREMMO, SE ABITASSIMO LÌ SOPRA?

Dal quinto pianeta, il più abitabile, si scorgerebbe una stella 10 volte più

grande del Sole (perché molto vicina) e di color salmone. Gli altri pianeti

apparirebbero due volte più grandi della Luna.

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CHE COSA POSSIAMO DIRE SULLA PRESENZA D'ACQUA LIQUIDA?

Tre degli esopianeti di Trappist-1 si trovano direttamente nella fascia di

abitabilità della loro stella, e hanno quindi tutte le carte in regola per ospi-

tare acqua liquida. Uno di essi ha una massa che è fortemente indicativa di

una composizione ricca d'acqua. Per gli altri quattro la presenza d'acqua

liquida è probabile, ma molto dipende dalla loro composizione atmosferi-

ca. I tre più interni sono infatti molto vicini alla stella, e quello esterno po-

trebbe essere ghiacciato. Tutto dipende dalla variabile atmosfera.

TRAPPIST-1: CHE COS'È UNA NANA ROSSA ULTRAFREDDA?

Partiamo dalla stella cardine di questo sistema solare gemello. Trappist-1

è un astro di classe M che ha circa un decimo della massa del Sole e un

millesimo della sua brillantezza. La sua massa ridotta permette ai suoi pia-

neti di orbitargli molto vicini, pur rimanendo nella fascia di abitabilità. So-

prattutto, questo tipo di stelle è il più diffuso nella nostra galassia, dove il

numero di nane rosse ultrafredde supera quello di stelle simili al Sole in un

rapporto di 12:1. In passato, questi astri sono stati snobbati dai cacciatori

di esopianeti, in favore di stelle più grandi e brillanti. Trappist-1 è la prima

a essere stata sottoposta a osservazioni così prolungate e approfondite.

SE E QUANDO CAPIREMO SE C'È VITA?

Il James Webb Telescope, che sarà lanciato nel 2018, sarà abbastanza sen-

sibile da misurare la chimica dell'atmosfera di questi pianeti: trovarvi trac-

ce di ozono, ossigeno, metano, vorrà dire avere segni più concreti dell'e-

ventuale presenza di vita. Occorrerà soprattutto cercare tracce di vapore

d'acqua. I prossimi 10 anni saranno fondamentali per la scoperta di altre

forme di vita in mondi relativamente vicini.

CHI HA DATO IL NOME A TRAPPIST-1?

Nella scoperta, essenziale è stato il ruolo del Transiting planets and plane-

telmals small telescope che si trova allo European southern observatory

(Eso) in Cile. L'acronimo del telescopio è appunto “Trappist”, da cui il no-

me dato alla nuova stella. Per approfondire gli studi gli astronomi si sono

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avvalsi anche di altri telescopi spaziali come lo Spitzer, arrivando a deter-

minare le orbite dei pianeti, la loro massa e la distanza tra loro e Trappist-

1.

NEL NUOVO SISTEMA SOLARE POTREBBE ESSERCI UNA “GEMELLA” DEL-

LA TERRA?

L'immagine a 360 gradi qua sotto ipotizza come potrebbe essere la super-

ficie di un pianeta del nuovo sistema solare. Un sistema che sempre Gillon,

coordinatore della ricerca, ha definito come “eccezionale, perché i pianeti

hanno tutti dimensioni sorprendentemente simili a quelle della Terra”.

“Trovare una seconda Terra non è più una questione di se ma di quando",

ha sottolineato Thomas Zurburchen .

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Sicuramente però il lancio del James Webb Telescope, nel 2018, ci permet-

terà di scoprire nuovi dati. Chissà che non si trovi davvero un pianeta con

acqua liquida a così breve distanza da noi. In tal caso, sempre escludendo

la già citata botta di culo, forse dovremmo rivedere i nostri calcoli sulla fa-

cilità di sviluppo della vita nell’Universo.

La velocità di fuga dalla Terra è di circa 40 000 km/h. Sfruttando per le no-

stre sonde l'effetto fionda dei fly-by attorno a vari pianeti, possiamo lan-

ciare una navicella fino a 60.000 km/h - e persino 80 000 km/h (come nel

caso di New Horizons), ma questo è probabilmente il massimo di cui siamo

capaci, almeno per adesso.

Perciò una nostra navicella a 80 000 km/h percorre un anno luce in circa

13 500 anni.

Gabriele Casciola

Lorenzo Aquilano, Gianluca Secchiero, Simone Zaccaria

IISS “C. Darwin” di Roma