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SEMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE Semestrale di cultura valdinievolina Organo dell’Associazione “Amici di Pescia” Direttore editoriale, Carla Papini Responsabile, Enrico Nistri anno XIX, n. 57 Gennaio 2015 La rivista viene inviata gratuitamente ai soci Quota annuale Socio ordinario Euro 25,00 Socio sostenitore Euro 60,00 con dono Versamento sul c.c.p. n. 11155512 intestato all’Associazione “Amici di Pescia” Direzione, redazione e amministrazione Via Santa Maria, 1 - 51017 Pescia Casella Postale n. 75 E-mail: [email protected] Tel. 0572 476323 www.amicidipescia.it Autorizzazione del Tribunale di Pistoia n. 472/1995 Stampa “Tipolito Vannini” - Buggiano (PT) SOMMARIO Pag. » » » » » » » » » » » Il restauro dell’edicola dei passionisti effettuato nel 2013 Pescia nella Grande Guerra Disavventure giustiane... Un secolo dopo la morte di Gigi Salvagnini La stazione di Pescia negli anni venti di Carla Papini Gli esordi di Tullio Benedetti di Riccardo Maffei Beni culturali minori di Nicoletta Giovannelli Francesco Giuntoli, il giovane eroe pesciatino di Carla Papini Mons. Angelo Simonetti. Figura indimenticabile di buon pastore e padre di Alessandra Belluomini Dania Magrini, la sua poesia raccontata da un’amica di Lolita Pucci Attività dell’Associazione nel 2014 Un poeta pesciatino del 400? Giovanni Testa Cillenio di Giampiero Giampieri Eventi cittadini 2014 2 2 3 4 7 11 14 17 21 22 24 25 n. 57 - Gennaio 2015 TUTTI I MOMENTI SONO BUONI PER RICORDARSI DE’ SUOI CARI Sul retro della cartolina: Data 2-10-1915 - Mario Sansoni alla sua Iolanda “Risalgo in trincea. Speriamo bene. Il tempo però ci molesta abbastanza. Saluti affettuosi. Mario”

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SEMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE

Semestrale di cultura valdinievolina

Organo dell’Associazione“Amici di Pescia”

Direttore editoriale, Carla PapiniResponsabile, Enrico Nistri

anno XIX, n. 57Gennaio 2015

La rivista viene inviata gratuitamente ai sociQuota annuale

Socio ordinario Euro 25,00Socio sostenitore Euro 60,00 con donoVersamento sul c.c.p. n. 11155512

intestato all’Associazione “Amici di Pescia”Direzione, redazione e amministrazioneVia Santa Maria, 1 - 51017 Pescia

Casella Postale n. 75E-mail: [email protected]

Tel. 0572 476323www.amicidipescia.it

Autorizzazione del Tribunaledi Pistoia n. 472/1995

Stampa “Tipolito Vannini” - Buggiano (PT)

SOMMARIO

Pag.

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Il restauro dell’edicola dei passionisti effettuato nel 2013

Pescia nella Grande GuerraDisavventure giustiane...Un secolo dopo la morte di Gigi Salvagnini

La stazione di Pescianegli anni venti di Carla Papini

Gli esordi di Tullio Benedettidi Riccardo Maffei

Beni culturali minori di Nicoletta Giovannelli

Francesco Giuntoli, il giovane eroe pesciatino di Carla Papini

Mons. Angelo Simonetti. Figura indimenticabile di buon pastore e padre di Alessandra Belluomini

Dania Magrini, la sua poesia raccontata da un’amica di Lolita Pucci

Attività dell’Associazione nel 2014Un poeta pesciatino del 400?Giovanni Testa Cillenio di Giampiero Giampieri

Eventi cittadini 2014

2

23

4

7

11

14

17

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25

n. 57 - Gennaio 2015

TUTTI I MOMENTI SONO BUONIPER RICORDARSI DE’ SUOI CARI

Sul retro della cartolina:Data 2-10-1915 - Mario Sansoni alla sua Iolanda

“Risalgo in trincea. Speriamo bene. Il tempo però ci molesta abbastanza. Saluti affettuosi. Mario”

Il Restauro realizzato nel 2013dall’Associazione “Amici di Pe-scia” dell’Edicola dei Passionistiin località Casacce ha riscossogrande plauso. I Soci e i non Socihanno manifestato a voce e perscritto la loro soddisfazione perl’importanza del simbolo reli-gioso alle porte della nostra città.Fin da subito è sembrato neces-sario valorizzare la bellezza e lasobrietà dell’Edicola arricchen-dola con una fonte di luce chepotesse, di notte, illuminare laCroce con effetto di richiamoper viaggiatori occasionali e diemozione per gli abituali.Ebbene finalmente conclusosil’iter burocratico per le necessa-rie autorizzazioni, la nostra Edi-cola è ora illuminata.Così si è maggiormente eviden-

ziata la sacralità delluogo e auspico, consen-titemi, sia deterrente perquanti, con scarsa sensi-bilità e rispetto, parcheg-giano addossati alla can-cellata, e collocano “ri-chiami pubblicitari” alato della Cappella limi-tandone la visibilità.Dobbiamo amare il no-stro territorio, rispettareogni “messaggio di fede”lasciatoci da chi lo haabitato ed amato primadi noi ed apprezzare glisforzi di Associazioni eprivati che profondonoenergie per migliorarePescia e il suo patrimo-nio storico e architetto-nico.

MOSTRA al Palagio, all’Archivio di Stato e alla Biblioteca Comunale - Dal 9 al 23 Maggio 2015Programma delle conferenze che si terranno in occasione dell’evento

9 Maggio - Ore 16.00PALAGIO- CARLO VIVOLIDall’agosto ’14 al ’15.Cambiamenti:intervento/non intervento- CESARE BOCCIe GLORIA VETTORI“I r…umori” di guerra

15 Maggio - Ore 16.00ARCHIVIO DI STATO- RICCARDO MAFFEIMobilitazione per il fronte interno: Pescia, 1915- MATTEO OGLIARIComunità Associative- ALESSANDRO RICCOMIL’universo economico pesciatino alla vigilia della Grande Guerra

19 Maggio - Ore 16.00PALAGIO- CESARE BOCCILa Stampa a Pescia- RICCARDO DIOLAIUTILa Patria locale dalle letteredal fronte- CARLA PAPINIRicordi e testimonianze

23 Maggio - Ore 16.00PALAGIO- AMLETO SPICCIANII Cattolici e la guerra- LUCIA CORRADINICome dalla Guerrapuò nascere la poesia

2Nebulæ / 57

IL RESTAURO DELL’EDICOLA DEI PASSIONISTIEFFETTUATO NEL 2013

di Carla Papini

PESCIA NELLA GRANDE GUERRA

Nebulæ / 573

DISAVVENTURE GIUSTIANE...UN SECOLO DOPO LA MORTE

di Gigi Salvagnini

NOTA: “Nebulæ” del 2003 n. 23p. 13. Recava una brevissima se-gnalazione circa il fatto che sto quiper riproporre.

Nel 1907, vigilia del centenariogiustiano, viveva a Firenze un per-sonaggio poco noto oggi, ma allorasulla cresta dell’onda. Si chiamavaRomeo Pazzini, scultore (anzi: mo-dellatore) romagnolo quarantacin-quenne, ma residente a Firenze findalla giovine età. Aveva studiatocol grande Fattori e da una doz-zina d’anni era diventato prof. asua volta. Dopo una lunga attivitàdi modellatore nella celebre ditta“Cantagalli”, era stato nominatodirettore artistico della medesima.

I suoi successi non erano soltantoprofessionali: sapeva parlare,anzi, aveva fama di “eloquenteoratore”; sapeva scrivere, giorna-lista impegnato, pubblicava pole-mici articoli sui problemi dellascuola, delle arti, ma anche suquestioni sociali e amministra-tive. Perché il nostro Romeo nondisdegnava le tenzoni politiche:praticava l’ambiente radicale, cheallora stava più a sinistra della si-nistra, e - manco a dirlo - assu-meva spesso atteggiamenti anti-clericali. D’altronde, in quei tor-mentati anni del primissimo No-vecento, non era raro incontrarei mangiapreti credenti in Dio.Romeo Pazzini, evidentemente,era uno di questi se, da scultore,non disdegnò modellare, quasi incontemporanea, l’effigie di Marxe quella di Cristo (il 9 giugno

1912 si inaugurò un suo busto diCarlo Marx nel circolo socialistadi Porta Romana, e pochi anniprima, aveva realizzato il monu-mentale bassorilievo intitolato“Convegno di martiri”, con oltrecento ritratti di vittime - religiosee politiche - strette intorno al Sal-vatore).

A questo punto gli amici valdi-nievolini penseranno: “E chec’incastra con noi questo Pazzini?che fosse parente del nostro cal-ciatore, ora dell’Inter?” No. Noncredo. Ma con la Valdinievolec’incastra, eccome…Romeo doveva essere un grandeammiratore di Giuseppe Giusti.Lo desumo dal fatto che propriocon lo scoccare del centenario delpoeta monsummanese, il nostrobellicoso artista, in pieno Consi-glio comunale fiorentino, lanciòla proposta di trasferire le ceneridel poeta nella basilica di SantaCroce, che - come sanno anche igatti - ospitava i sepolcri deiGrandi personaggi che avevanoonorato la Patria. E perorò lacausa con quella foga oratoria equel savoir faire, che tutta la cittàgli riconosceva.L’indomani - 30 ottobre 1907 - il“Nuovo Giornale” fiorentino di-vulgò in lungo e largo la notizia-proposta che in un battibalenocorse per tutta la penisola, provo-cando soddisfazione e commentidisparati.Non contento del successo e co-noscendo l’indolenza dei buro-crati, Pazzini ritenne giusto

battere il ferro ancora caldo: nelgiro di poche settimane: con

l’aiuto della stampa e di volente-rosi intellettuali, riuscì ad organiz-zare un referendum tra le più

quotate personalità della culturanazionale.

In due o tre mesi ebbe nelle manile risposte più o meno motivatedi una quarantina di uomini (edonne) scelti tra i più significativie riconosciuti intelletti.“Il Nuovo Giornale”, che fin dal-l’inizio aveva sposato e sostenutola causa, nelle edizioni del 3 gen-naio e 7 febbraio 1908 pubblicòl’elenco dei partecipanti al refe-rendum; questo il risultato: 15voti favorevoli, 18 contrari e 5 in-certi.Un fiasco! Davvero un fiasco im-previsto e apparentemente in-spiegabile: soltanto la minoranzadegli interpellati considerava op-portuno sposare quella causa.Vi risparmio l’elenco dei parteci-panti al referendum, anche per-ché la notorietà di alcuni, adistanza di oltre un secolo, si èpersa strada facendo. Farò soloun nome: quello di un valdinie-volino doc, la cui fama ha supe-rato indenne due guerre mondialie novant’anni di traversie popo-lari: Ferdinando Martini.Ma se sperate che il genius loci diMonsummano, peraltro compae-sano del Giusti, avesse fatto sual’iniziativa pazziniana, si sbaglia.Martini era uno dei diciassette in-tellettuali che avevano rispostonegativamente. Non una incer-tezza; bensì un convinto “No”.

4Nebulæ / 57

LA STAZIONE DI PESCIA NEGLI ANNI VENTIdi Carla Papini - Fotografie e notizie fornite da Sergio Romagnani

Alla documentazione fotografica della vecchia sta-zione di Pescia si premettono poche notizie essen-ziali sulla costruzione della strada ferrata da Luccaa Pistoia, che seguì quella della Lucca-Pisa realizzatain seguito all’accordo del 1842 fra Leopoldo II diLorena, Granduca di Toscana, e Carlo Ludovico diBorbone, duca di Lucca.Di questa ferrovia il primo tratto, da Lucca a S. Giu-liano, fu inaugurato il 29 settembre 1846, il secondo,da S. Giuliano a Pisa il 15 novembre dello stessoanno. La strada ferrata Leopolda già collegava que-sta città a Livorno e Firenze.A questo punto era ovvio pensare ad un altro im-portante collegamento, quello fra Lucca e Pistoia(già collegata a Bologna dalla ferrovia Porrettana,detta allora Maria-Antonia, in onore della Grandu-chessa).Si studiò allora un tracciato che servisse i maggioricentri fra le due città capolinea e cioè nell’ordineTassignano, Porcari, Altopascio, Montecarlo - S. Sal-vatore, Pescia, Borgo a Buggiano, Bagni di Monte-catini, Pieve a Nievole - Monsummano, SerravallePistoiese.La prima tratta fra Lucca e Altopascio fu inauguratal’11 giugno 1848, la seconda Altopascio Pescia il 26dicembre dello stesso anno.Il breve intervallo fra l’una e l’altra inaugurazione

dimostra che i lavori procedevano contemporanea-mente su tutta la linea fino a Pescia.Era infatti nell’interesse dei lucchesi quanto dei pe-sciatini, che le due città, i cui rapporti, nel bene e nelmale, erano storicamente molto stretti, fosseroquanto prima collegate dalla ferrovia. Il prolunga-mento fino a Montecatini fu compiuto nel luglio1853, quello fino a Pistoia nel giugno 1857.La costruzione del lungo viadotto fra Pescia e Borgoe Buggiano e l’apertura del traforo di Serravalle giu-stificano la lentezza dei lavori, ma non è da trascu-rare il fatto che essi furono, se non interrotti, inqualche misura rallentati, dalle vicende che in queglianni portarono alla fuga di Leopoldo II a Gaeta e,dopo la parentesi democratica, al suo ritorno sultrono.Queste foto sono state fatte su negativi di vetro, lecosiddette lastre, che avevano un lato coperto di unaparticolare gelatina sensibile alla luce. Poi le lastrevenivano inserite in un telaio di legno curando chel’operazione fosse fatta alla luce di una lampadarossa perché non rimanessero impressionate.Tale telaio veniva inserito nella macchina fotograficae, sfilato un diaframma, la gelatina veniva espostaalla luce penetrante da un obiettivo aperto più omeno a lungo a seconda delle condizioni di illumi-nazione.

Verso la fine degli anni ‘20 la Direzione Generale delle ferrovieinvitò i capistazione ad abbellire le stazioni e gli impianti, con-nessi con piante e fiori: nella fotografia si vedono distintamentegli arbusti contenuti nei grossi vasi di cemento e meno chiara-mente i cestelli di fiori appesi alla tettoia. Il personale creò a po-nente della stazione un giardinetto con una piccola vasca circolareil cui bordo a mosaico mostrava la scritta “1928. Anno VI”. Conle sue ninfee e i suoi pesci rossi non fu più curata, ma sopravvissealla guerra, restando visibile per alcuni anni, poi fu distrutta. Ailati corti del fabbricato c’erano due piccoli edifici, uno presso ilgiardino, detto “lampisteria”, dove erano conservati l’olio e il pe-trolio per l’alimentazione delle lanterne e dei segnali, l’altro, piùgrande, dei gabinetti, sul lato est. La stazione di Pescia era la piùgrande e imponente, pari all’importanza della città, fra Lucca ePistoia: quella di Montecatini era più piccola e modesta, oggi è lasuccursale di Montecatini centro. I treni circolavano giorno enotte, pertanto il servizio si svolgeva su tre turni di otto ore cia-scuno, sia per i capistazione, sia per il restante personale.

5 Nebulæ / 57

In questa fotografia alquanto sfocata i particolari non sono nitidima nel complesso dimostrano la preminenza della stazione di Pe-scia su tutte le altre della linea fra Lucca e Pistoia per movimentodi merci e viaggiatori. Sono visibili i molti binari, otto per la pre-cisione, quasi tutti occupati da treni in transito e da carri in sosta,la stazione e davanti ad essa il bianco edificio in cui erano l’ufficiodel sorvegliante della linea e il magazzino del materiale. Quantoalla stazione essa è un edificio ampio, sobrio nel suo insieme macurato nei particolari secondo il costume del tempo, quando allapraticità e la funzionalità si accompagnavano il pregio formale eil gusto del bello. Aveva profonde basi nel terreno argilloso,ampie cantine non pavimentate, il piano terreno occupato da tuttigli uffici e il piano superiore costituito di tre appartamenti a di-sposizione di tre capostazione con ampie e alte soffitte.

In questa foto si vede una locomotiva delGruppo 290 con alcuni carri e alcuni fer-rovieri sul predellino della locomotiva. Lelocomotive di questo tipo erano adibite altraino dei treni merci leggeri e viaggiatori,mentre per i treni più lunghi e pesantierano utilizzate locomotive più potenti delgruppo 481.

In questa foto si vedono quello che era l’Albergo-Ri-storante dei fratelli Anzilotti, la vetreria, con la sua ci-miniera, che produceva bottiglie di varia forma ecapacità, modificando in seguito la fabbricazione conquella dei vetri da finestre e da mobili, il cancello diaccesso al piano caricatore per le merci a grande velo-cità: le merci venivano portate con barrocci o carripiani a quattro ruote gommate, trainate per lo da piùrobusti cavalli normanni. Un unico camion, un resi-duato della Prima guerra mondiale, un Fiat 18 BL, fa-ceva la spola fra la fabbrica dei fratelli Carlo e GiulioMarchi. Trasportando alla fabbrica pirite di ferro pro-veniente dalle Cave di Gavorrano, zolfo, ossa di bovinispedite dalle macellerie di varie località della Toscana;portava alla stazione acido solforico in damigiane, con-cimi, colla di ossa. Un piccolo piazzale riservato allemerci deperibili, come ad esempio i pomodori destinatialla fabbrica di conserve Arrigoni ad Alberghi

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Il capo stazione al centro e ai lati due sottocapi. Dietro inpiedi tre agenti di grado inferiore. Questa fotografia è fratutte la più vecchia e risale agli anni della Prima GuerraMondiale: il sottocapo a sinistra in primo piano porta albraccio la fascia di militarizzazione, cioè di militare utiliz-zato nel servizio essenziale del trasporto ferroviario.

Foto dei primi anni ’20. Tre Capi stazione, ilCapogestione, Capi stazione di vario grado edaddetti alla gestione delle merci, anch’essi divario grado (tutti compresi, arrivavano a 20persone).

Foto di gruppo di impiegati della ferrovia. Inprimo piano al centro il Capo stazione titolare;a sinistra il Capogestione, a destra un altro ca-postazione - Primi anni ‘20.

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GLI ESORDI DI TULLIO BENEDETTIdi Riccardo Maffei

Come è noto Tullio Benedettinacque a Pescia nel maggio del1884, primogenito di Vittorio,un rinomato sarto, e Alberta DelRosso. Dopo aver conseguito ildiploma presso l'Istituto Tec-nico di Firenze ed aver frequen-tato alcuni anni presso l'Ateneopisano, grazie ad una borsa distudio dell'Opera Pia Galeotti,Benedetti poté laurearsi in Inge-gneria elettrotecnica presso l'U-niversità di Liegi nell'agosto del1907. Non appena il ventitre-enne ingegnere - fresco di laurea- fece ritorno in Italia e si trovòproiettato immediatamente nelvivo dello scontro politico localema soprattutto nelle iniziativeeconomiche di cui si andava fa-cendo promotrice, nel capo-luogo valdinievolino, l'Associa-zione Generale fra Industriali,Commercianti ed Esercenti, checostituiva l'avanguardia dell'«a-zione condotta contro la giuntaclerico-moderata». Ciò pone im-mediatamente un problema dinon facile soluzione: come fupossibile per il giovane intro-dursi negli ambienti più influentidal momento che non era unuomo di sostanze ed era statolontano tre lunghi anni da Pe-scia? Una possibile spiegazionepuò essere rintracciata nell'affi-liazione massonica, sulla qualeperò non disponiamo ancora dielementi certi. Sicuramente tra ibenefattori del giovane inge-

gnere vi furono la suddetta As-sociazione Generale, dalla qualeebbe l'incarico di studiare il col-locamento dello scambio deltram in piazza Vittorio Ema-nuele a Pescia, e l'Unione Eser-cizi Elettrici di Milano, che gliaffidò la direzione di due im-pianti nell'Italia settentrionale .Sempre nel 1908, ancora grazieall'Associazione Generale e al-l'on. Ferdinando Martini, Bene-detti elaborò un piano per lacostituzione di una Società perimprese elettriche della Valdinie-vole che avrebbe garantito il fab-bisogno di elettricità alla città eun buon margine di guadagnoper gli azionisti. L'esame del car-teggio conservato presso l'archi-vio comunale mi consente dinotare la presenza di almeno duemassoni nel comitato promotoredella società anonima: Martini el'avv. Antonio Nieri.Ma fu in occasione delle elezionidel 1909 che Benedetti potéuscire allo scoperto anche in po-litica, partecipando attivamentealle trattative per la costituzionedi un Blocco popolare contro lacandidatura cattolica di GuidoDonati nel collegio pesciatino. Ilsuo esordio nella lotta elettoralegli valse immediatamente l'osti-lità dei socialisti e finì per susci-tare apprensioni anche tra imoderati. Non è mia intenzione,per ovvie ragioni di tempo, ri-percorre le tappe che portarono

le delegazioni socialista e demo-liberale prima alla rottura delletrattative e poi a confermareognuna la propria autonomia invista delle elezioni. Vorrei invecesottolineare come in quell'occa-sione Benedetti espresse pubbli-camente, poiché furono riporta-te dai giornali, le sue idee politi-che. Egli affermò come fosse ne-cessario «smussare gli angoli»della lotta di classe «riducendolain pratica ad una vera collabora-zione di classe». In secondoluogo, come si legge sulla «Val-dinievole Nuova» del 30 gennaio1909, dichiarò la propria contra-rietà al suffragio universale allaluce dello «stato della educa-zione politica del paese». Infine,terzo elemento centrale della suaconcezione politica di allora,l'ingegnere chiedeva un «miglio-ramento degli ordinamenti mili-tari, in modo che rispondesseroal nuovo stadio di civiltà cor-rente, assai diverso dai precorsi,astrazion fatta da riduzioni o au-menti di spesa». Tre proposteche finivano per confliggereapertamente con parte delloschieramento socialista, la suaala massimalista, e che andava -al tempo stesso - a deludere leaspettative e il comune sentiredegli stessi militanti. A mio av-viso, tali aspetti non sono secon-dari e consentono di compren-dere perché Benedetti fosse tracoloro che sostennero la neces-

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sità di un candidato non sociali-sta in rappresentanza del bloccolaico e popolare. Non è inin-fluente ricordare che egli stessopresiedeva l'assemblea e che ma-novrò affinché fosse escluso Pro-fili, l'altro commissariodemocratico, assai più vicino alleposizioni socialiste. Come è notoi socialisti, con la frazione di mi-noranza democratica, scelseroun proprio candidato in CesareLari, lasciando quindi che lamaggioranza e i martiniani con-vergessero sul deputato di Mon-summano quale candidato laicodel collegio elettorale. Un documento inedito, rinve-nuto tra le carte Martini, con-sente di completare il quadro. Inuna missiva di Nieri del 14 feb-braio, alla quale è acclusa copiadell'ordine del giorno da lui pre-sentato, venivano riportate tuttele manovre che si erano avutedurante l'assemblea democraticadei Bagni di Montecatini. In par-ticolare Nieri accennava ad unabboccamento tentato da Raffa-ello Marchi con Benedetti perindurlo ad optare per la candi-datura di Franchini. Comunquein conclusione, proprio conFranchini e Benedetti, Nieri af-fermava di aver fatto e rifatto iconti giungendo alla conclusioneche Martini avrebbe avuto facil-mente ragione del candidato cat-tolico. Da quanto abbiamo testévisto, appare evidente come Be-nedetti ricoprisse un ruolo indi-spensabile per stroncare leambizioni egemoniche dei socia-listi e far convergere l'assembleaverso la candidatura di Martini.

Inoltre il giovane ingegnere di-venne uno dei segretari del co-mitato elettorale martiniano,presieduto da Franco Sainati.Tale incarico finì per insediareBenedetti all'interno dell'entou-rage martiniano e al centro dellalotta politica in Valdinievole. Daquesto momento in avanti, egli siguadagnò l'aperta ostilità dei so-cialisti, i quali lo accusarono diopportunismo e cinismo poli-tico, assenza di scrupoli e di be-neficiare dell'aiuto fornito daimassoni, ai quali doveva l'interacarriera, politica e professionale.Accuse pubblicamente respintedal diretto interessato, il qualedisse di non essere «né colonnané colonnino di alcun massoni-smo, né locale né esotico».Nel giro di un paio di anni Be-nedetti riuscì ad accrescere lasua capacità di attrarre e aggre-gare gli elettori valdinievolini inragione di due ordini di fattori.Il primo luogo diventando l'ispi-ratore dell'Unione Liberale Mo-narchica e sostenendo aperta-mente le proprie idee sulla«Gazzetta di Valdinievole», unorgano di stampa dalla vitabreve perché uscito solo in con-comitanza delle elezioni ammi-nistrative del 1911. Sul primonumero del 19 novembre 1910un editoriale non firmato indi-cava lo scopo del giornale pro-prio nel «riunire intorno alcomune programma politico lesparse forze liberali della re-gione». Per tutta la sua durata la«Gazzetta» difese Benedettidagli attacchi mossi alla sua per-sona, offrendo a quest'ultimo la

possibilità di difendersi perso-nalmente. Il secondo elementoda tener presente era determi-nato dalle crescenti manifesta-zioni di autonomia da Benedettie che finivano per imbarazzare imartiniani. Tra le carte Martinivi sono due lettere di Sainati, en-trambe del settembre 1913, chemettono in evidenza non sol-tanto l'abilità e l'ambizione diBenedetti, ma soprattutto i cre-scenti contrasti con Nieri e i suoireiterati tentativi di smarcarsidall'entourage martiniano. In ef-fetti l'ingegnere aveva scrittoverso la fine di luglio, sulla «Pro-vincia di Lucca» - organo del-l'amministrazione provinciale elegato al figlio dello stesso Mar-tini, il conte Alessandro MartiniMarescotti - un editoriale ripren-dendo e commentando la vi-cenda Murri. L'intera querelle,che sarebbe stata a lungo dibat-tuta sul foglio lucchese, pren-deva le mosse dal diniego ditrasferimento di Tullio Murrireoconfesso di omicidio e figliodello scienziato Augusto, da Vi-terbo a Roma. Nonostante gli in-terventi in favore dell'augustogenitore e le petizioni in talsenso, tale rifiuto aveva indottoil principale organo socialista adifendere le ragioni di un padreanziano e malato. Benedetti noncontestava il diritto dei genitoridi implorare la grazia e di chie-dere il trasferimento del figlio,ma quello del giornale socialistadi trasformare una vicenda pri-vata in un fatto di rilevanza pub-blica, criticando così l'operatodei socialisti che aveva accusato

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il Governo.

Ma un giornale veramente de-mocratico non avrebbe dovutoscrivere quel titolo e quell'arti-colo, se non dopo avere consta-tato che tutti, o almeno, moltidei disgraziati genitori a cui è ca-pitato di vedersi condannare unfiglio per confessato omicidiopremeditato, riuscirono a otte-nerne la grazia... o quantomenoa farli trasportare in un peniten-ziario più comodo...Ma poi è vero che il contegnodel governo sia stato così durocol prof. Murri da autorizzareun giornale socialista a scrivereche l'essere un suo figliuolo èconsiderato un delitto?

In secondo luogo egli aveva sol-levato un'eccezione proprio alconcetto di democrazia postu-lato dai socialisti: «una democra-zia seria non deve usare due pesie due misure e tanto meno dimandare innanzi gli interessidelle persone notorie e potenti».Con la conclusione Benedetti af-fondava lo stiletto al cuore dellavicenda, accusando i socialisti diconsiderare «degni di pietà e digiustizia soltanto gli uomini chehanno militato e militano nelleproprie file». In considerazione della delica-tezza della questione per le ovvieimplicazioni di merito sull'ope-rato della giustizia e del Go-verno, Nieri scrisse a Martiniuna lunga lettera descrivendo loscompiglio provocato dall'inizia-tiva unilaterale di Benedetti:

L'articolo è un ammasso ridicolodi bugie e d'informazioni scioc-che ed irritanti.Le spedisco il giornale perché sene renda conto e si renda contoanche della necessità che il Be-nedetti smetta di fare una poli-tica sua propria fatta di ripicchee dispetti.

Nieri era così preoccupato dellequestioni sollevate dall'articolodi Benedetti da domandarsi checosa avrebbe scritto in seguito eperfino se lavorasse per i sociali-sti. Le reazioni di Nieri nonerano del tutto ingiustificate. Iltono e le argomentazioni dell'ar-ticolo, nonché certe manovre nelcollegio, stavano caratterizzandoBenedetti come figura politicalocale sempre più autonoma eanche se, alla fine di settembredel 1913, egli era ancora uno deisegretari del comitato elettoraledi Martini. Grazie alla lettera diNieri del 1° ottobre sappiamoche il suo comportamento fu og-getto di discussione e critiche daparte del comitato provvisoriodemocratico. Ciò spiegherebbeperché nell'ordine del giornodell'Unione Democratica di Val-dinievole vi siano accenni ad una«demagogica campagna di asser-tori di estreme tendenze» (forseda riferirsi proprio al Benedetti,ma non solo) e perché venne ri-confermata un'illimitata fiduciain Martini, quale rappresentantedi tutte le forze laiche del colle-gio elettorale. Appare evidentecome, a cavallo tra il 1913 e il1914, Benedetti avesse assuntoapertamente una posizione indi-

pendente rispetto all'onorevoledi Monsummano ed emersoquale politico indipendente ditendenza clerico-moderata. Resta ancora da determinare sesi possa parlare di una rotturadefinitiva tra i due.I successivi passaggi della car-riera politica di Benedetti sonopiù conosciuti. In occasionedelle provinciali del '14 su di luifinì per convogliare parte delvoto moderato, circostanza chelo fece eleggere al consiglio pro-vinciale di Lucca. Le elezioniavevano visto un comporta-mento ambiguo da parte dei cat-tolici, accusati da socialisti edemocratici di aver sostenutodue massoni come Martini e Be-nedetti. Il 14 luglio «La Croce»fu costretta a precisare:

I nostri avversari vanno dicendoche noi abbiamo fatto un atto didedizione all'on. Martini ed alsuo tirapiedi Ing. Benedetti, per-ché riuscissero ambedue a con-siglieri provinciali.Niente dedizioni, noi non racco-mandammo né l'uno né l'altro,ma lasciammo libera la volontàdegli elettori di votare come cre-devano...

Occorre ricordare che in sede discrutinio si sostenne la tesi diineleggibilità di Benedetti poi-ché aveva conseguito la laureaall'estero, ma la sua elezionevenne convalidata e la protestadi Alberto Rosellini ben prestodimenticata. L'anno successivo,in concomitanza con l'entrata inguerra dell'Italia, lo ritroviamo

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come uno dei membri del Comi-tato di assistenza civile alla mo-bilitazione, assieme ed a fiancodell'elité pesciatina, è una sortadi consacrazione ufficiale. Di-stintosi nell'opera di requisi-zione per conto della sottocom-missione di Valdinievole per gliindumenti militari nel 1916, gua-dagnandosi il plauso ricono-scente del prefetto di Lucca,Benedetti fu trasferito al Sinda-cato Coloniale, società delBanco di Roma, con funzioni dicontrollo. Quasi certamenteMartini non fu estraneo alla no-mina, anche in considerazionedel fatto che Benedetti era statorichiamato alle armi e dietro ilnuovo incarico vi era stata la de-cisione del Governo, nel qualeMartini era ministro delle Colo-nie. La frequentazione degli am-bienti romani e ministeriali inparticolare offrirono a Benedettila possibilità di stringere rap-porti con Naldi, direttore del«Tempo», e Vicentini, presi-dente del Banco di Roma.Ormai era chiaro anche allostesso Martini come il giovanepupillo stesse per spiccare ilvolo, come si evince da un ap-punto nel suo diario di guerra,che è tra l'altro l'unico in cui sinominato il pesciatino:

Ho notizia, per così dire, uf-ficiale che l'ing. Tullio Bene-detti – mia creatura e miointimo fino a pochi giorni fa– pone a Pescia la sua candi-datura politica contro allamia. Sua base, il neutralismoe la reazione contro chi volle

la guerra! È ufficiale di com-plemento. Ha deposto l'uni-forme. Non fu mai né alfronte né nelle retrovie. Nes-suno gli negherà la coerenza.

Nel 1918 Benedetti fu nominatoconsigliere delegato del Sinda-cato Coloniale, alla cui presi-denza vi era ancora Vicentini,personaggio che sicuramente in-trodusse il pesciatino al mondodella finanza e dei grandi affari.Nel dopoguerra la sua candida-tura in una lista ministeriale nelcollegio di Lucca-Massa fu lacausa della rottura di ogni rap-porto con Martini. Nel novem-bre del '19, contrariamente alleaspettative dei più e dello stessodeputato, Benedetti si guadagnòun seggio alla Camera dei Depu-tati. La vicenda è in gran partenota e perciò non potrò affron-tarla in questa sede, tuttavia ètrattata in un saggio apparsosulla «Rassegna Storica To-scana». In questa occasione mipermetto di far osservare cometutte le ricostruzioni esistentidello scontro tra Benedetti eMartini abbiano puntato su duespiegazioni: l'ingente opera dicorruzione messa in opera nelcollegio dallo sfidante - dura-mente contestata dalla stampadel tempo - e le conseguenze delmeccanismo del voto aggiuntoche finirono per favorirlo a sca-pito di Martini. Questa è partedella spiegazione, ma da unesame delle carte Martiniemerge anche un terzo fattore: ladebolezza della struttura orga-nizzativa dei comitati martiniani.

Una lettera di Pasquale Mochidel 14 novembre 1919 a Martinirammenta d'altro canto l'anzia-nità e lo scarso attivismo dei suoielettori nonché l'avarizia dei ric-chi contribuenti nel procacciareall'onorevole di Monsummano inecessari fondi elettorali. Dopola sconfitta il deputato uscentepuntò tutto sull'accusa di corru-zione elettorale e sugli accerta-menti della Giunta per leelezioni, entrando in contattocon un ampio schieramento diforze, in particolare con i com-battenti e i repubblicani, al finedi costituire una lista comunenel caso di elezioni suppletive. Ilmateriale conservato alla Forte-guerriana mostra i martiniani in-tenti a sfruttare ogni possibileaiuto per riconquistare al decanodella politica valdinievolina ilcollegio, i suoi sostenitori giun-sero a suggerire a Martini di nonaccettare la nomina a senatoreper non inficiare la lotta.La Giunta però convalidò l'ele-zione di Benedetti, sancendouna transizione ormai avvenutaed irreversibile. L'ambizioso ecinico ingegnere aveva trionfatosul suo ex protettore e mentore.

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Consiglio vivamente a studiosi,intenditori d’arte, ricercatori eamanti della storia e della storiadell’arte, ma anche a chi è sem-plicemente desideroso di cono-scere ciò che fa parte del nostropatrimonio culturale, di ammi-rare la bella decorazione celebra-tiva da poco risanata e realizzatanei primissimi anni del 1900,posta su quella che fu la facciatadi un glorioso forno montecati-nese, in Viale Puccini (ex ReginaElena) a Montecatini Terme.Quel forno, con annesso labora-torio, magazzino e scrittoio(dall’archivio storico del Co-mune) produceva i cantucci o bi-scotti della salute per la RegiaCasa Savoia. Tale ornamento,donato dai Savoia ai proprietaridel panificio, riproduce una ca-scata di dieci, tra monete e me-daglie e oltre allo specifico valoreestetico della decorazione, do-vrebbe richiamare la pubblica at-tenzione anche per l’interessestorico-numismatico che rappre-senta. Poniamo adesso attenzione aiparticolari che ci riserbano curio-sità inedite sulle quali mi par giu-sto soffermarmi. Osservandoinsieme il rilievo fotografico ve-diamo che la decorazione è cen-trale rispetto ai due anditi e alledue finestre superiori del fabbri-cato, coprendo uno spazio di al-meno tre metri e mezzo. Ilgruppo di monete è incorniciatoda un profilo modanato, armoni-camente sagomato e rifinito ai

lati da nicchiette floreali; esso siinterseca con la linea continuadei davanzali e si unisce ad en-trambi attraverso una sorta dipiccola lesena frangiata che co-stituisce a sua volta la membra-tura decorativa delle finestre. Inalto il profilo s’inarca ed è abbel-lito da copiose fronde simmetri-che unite al suo culmine daun’ulteriore nicchietta floreale avolute. Al di sopra e nel centrodelle fronde la composizione èresa austera dai due stemmi dicolore scuro quasi a volerli farsembrare di legno o di ghisa, in-clinati sia in avanti che conver-genti verso il centro, ben lavoratied entrambi coronati, quello disinistra porta la corona delRegno d’Italia; sotto il mantelloo padiglione regio contengono loscudo rosso alla croce d’argentodel casato dei Savoia contornatodal Collare dell’Annunziata com-posto da tassellini a correre, conincisa la parola FERT, intercalatidai nodi sabaudi. L’acronimoFERT è il motto di Casa Savoiache si trova su stemmi e moneteed ha un significato discusso: ilpiù probabile è l’abbreviazionedi “fertè” parola arcaica che si-gnifica “fortezza d’animo”, op-pure potrebbe significare“Foedere Et Religione Tenemur”cioè “siamo tenuti dal patto edalla religione”, ma esistono altresvariate interpretazioni, nessunadelle quali mai effettivamente ve-rificata.Il “nostro” Giuseppe Giusti in

“Cronaca di fatti di Toscana1845-1849” (Parte Prima 1.4. IlD’Azeglio in Toscana sollecita-zioni e promesse del Piemonte)scriveva: …“Capitò poi una me-daglia misteriosa col Leone Sa-baudo in atto di spennacchiareun'aquila e altri geroglifici di que-sto gusto, e soprattutto il fert fertfert scritto torno torno, parola chevuol dire due o tre cose e non si sabene ancora che cosa voglia dire;insomma una specie di scopulismoconiato; un Mane Tecel Fares**che Casa Savoia scriveva in barbaalla Casa d'Austria”… Monete e medaglie tendono aformare un nucleo che fluida-mente si espande in orizzontale.La coloritura diversa parrebbevoler sottolineare i diversi metallie leghe in cui erano composti idenari all’epoca: nichel, rame, ar-gento e oro.Un aspetto interessante da ricor-dare è che Re Vittorio EmanueleIII era un appassionato di numi-smatica (scrisse un trattato sullamonetazione italiana, il CorpusNummorum Italicorum) ed erauomo di cultura a differenza delpadre e del nonno i quali invecesi vantavano di non aver mailetto un libro perché convinti cheera “il diritto divino” e la “prov-videnza” a guidare i loro passi: laRegina Elena, sua consorte,bella, colta e generosa, fu il suomentore.Due sono le monete principaliinteramente visibili e dove sal-tano all’occhio due volti, di

BENI CULTURALI MINORIdi Nicoletta Giovannelli

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uomo e di donna, che incrocianoi loro sguardi creando così l’ ipo-tetico punto centrale della com-posizione numismatica: per chiosserva, la moneta di sinistra raf-figura il busto e il profilo volto adestra di Vittorio Emanuele II,

Re d’Italia (sale al trono a 29anni), mentre la moneta di de-stra, con profilo e mezzo bustofemminile volto a sinistra, mostrauna giovane donna con i capelliraccolti da una ghirlanda d’alloroe celebra il cinquantesimo anni-

versario dello Statuto sabaudo(1849).Sotto le due monete centrali altredue monete argentee, una perparte, semicoperte, tra loro sim-metriche e che con diversa raffi-gurazione riportano la scritta

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ESPOSITION INTEREAZIO-NAL DE NICE (davvero cu-rioso “l’errore” della trascrizionedella parola internazional su en-trambe) con la data 1899 sotto lalinea dell’esergo. Le altre mo-nete di contorno, lisce, senza ef-fige, concorrono al movimentodi tutta la composizione.Quasi a tutto campo è la monetache in alto chiude il decoro. Insommità la scritta COR MAGISTIBI SENA PANDIT - Siena tiapre il suo grande cuore (piùgrande della porta che stai attra-versando) che ripropone l’epi-grafe tuttora visibile sull’arco diPorta Camollia*** a Siena. Sulfondo la città turrita protetta dapoderose mura e in primo pianoa destra una figura femminilevolta verso sinistra tende il brac-cio e ha in mano un ramod’olivo, nell’altra mantiene unfardello colmo di fronde. Incampo sulla sinistra e in primopiano una colonna squadrata.

Questa effigie onoraria che era intotale abbandono è stata da po-chissimi anni dignitosamente sal-vata dall’attuale proprietariodottor P. Scognamiglio. Dai ri-lievi fotografici è manifesto ilcambiamento e il recupero diquesta manufatto decorativo. E’importante porre attenzione allatutela e alla manutenzione che sidovrebbe riserbare anche ai beniculturali di tono minore sparsinel territorio. (Un elaborato si-mile è visibile a Borgo a Bug-giano sulla facciata del Biscotti-ficio Bernardi, in prossimità dellaChiesa di San Pietro Apostolo).

Un modo questo per suscitarenei lettori curiosità culturali e

suggerire agli insegnanti spuntiper ricerche storiche sui nostribeni per i quali il recupero do-vrebbe nascere da una più sensi-bile attenzione da parte delleamministrazioni e dalla program-mazione propria dell’attivitàdella Sovrintendenza dei BeniCulturali. L’art. 3 della Legge1089 e sue modifiche, al para-grafo “categorie speciali di beniculturali”, prevede infatti l’inclu-sione tra questi beni anche di “…affreschi, stemmi, graffiti, iscri-zioni, tabernacoli, ornamenti diedifici, esposti o non alla pubblicavista”.

NOTE

*Il panificio era di proprietà Giovannini- Carlo Boni poi Rino. Il signor CarloBoni era fotografo-decoratore e neiprimi del ‘900 riprese la decorazionedella facciata del palazzo Sannini sededella Banca del Monte dei Paschi aBorgo a Buggiano. Tale Palazzo avevaospitato anche la Pasticceria Giovan-nini. I Giovannini-Boni trasferirono labottega a Montecatini Terme. Nell’ar-chivio una richiesta di concessione edi-lizia per ampliamento, datata 1922.Carlo morì precocemente lasciando alsedicenne figlio Rino la pregiata bot-tega.

**Mane Techel Fares - tradotto in Pen-sato, contato, diviso. (Lib. di Daniele,cap. V). Sono le terribili parole registrate nellaBibbia (non però di origine latina)chepreannunciavano la futura rovina dei reBaldassare. Nell’uso comune si riferi-scono a persone già giudicate e condan-nate o un avvertimento misterioso eminaccioso.

***Porta Camollia - è una delle anticheporte nelle mura di Siena. È situata allafine di via Camollia. Il nome della portasi lega alla leggenda della fondazione diSiena, secondo la quale nel VII secoloa.C. Romolo avrebbe inviato Camulioper catturare i nipoti Senio e Ascanio. Ilcondottiero Camulio si stabilì con il pro-prio accampamento nella zona dovesorge l'attuale Porta. Nel corso dei se-coli Porta Camollia fu la porta più difesadella città di Siena, essendo la Porta cit-tadina d'ingresso per chi proveniva daFirenze. L'attuale costruzione risale al1604: l'originale Porta costruita nel XIIIsecolo venne infatti distrutta durantel'assedio di Siena del 1555. Fu proget-tata da Alessandro Casolari, e decoratadallo scultore Domenico Cafaggi.

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FRANCESCO GIUNTOLI,IL GIOVANE EROE PESCIATINO

di Carla Papini

Da un contatto con l’Ufficio delTurismo del Comune di Pescia èscaturito un mondo di informa-zioni.Massimo Peloia, socio di alcunesocietà storiche (la soc. storica sa-ronnese, la soc. storica guerrabianca) oltre al gruppo Alpini diSaronno, chiedeva notizie sulconcittadino Francesco Giuntoli.Peloia scriveva: “Ho cominciatola ricerca sul tenente Guaragna,di Saronno, dopo averne trovatala tomba al cimitero di Saronno.Da qui sono arrivata al libro “Ilplotone di Malga Sorgazza” diG.Ielen e al tenente Giuntoli diPescia”. Dovevo saperne di piùed aiutare lo storico che chiedevail mio aiuto.Da un rapido passaggio su inter-net ecco comparire una comme-morazione fatta dall’U.N.U.C.I,sezione di Pescia, presidenzaLazzereschi Fernando, il concit-tadino, Medaglia d’argento al va-lore, alla memoria, era statocelebrato e ricordato dagli Uffi-ciali di Pescia. Nella nostra Sezione di Archiviodi Stato, fra i documenti relativiagli anni della Grande Guerramolte notizie: la comunicazionealla famiglia della grave perdita,la motivazione della Medaglia, isentimenti dei concittadini, fraquesti il Giornale di Valdinie-vole, Anno I n°28 del 22 luglio1917, pag. 3:…“Francesco Giuntoli nacque aPescia, dal Cav. Avv. Cesare e daPia Bianucci, il 16 marzo 1895, emorì il 3 settembre 1916 sul

Monte Caurìol, combattendo,ventunenne appena.Breve fu dunque il suo corsomortale: e dalla cuna primigenita,circonfusa di tante famigliari spe-ranze, alla tomba luminosa sullavetta gelida conquistata al prezzodel sangue più generoso, l’inter-vallo fu da lui vissuto nell’amoredei suoi cari, nell’affetto ai suoistudi, nella formazione di unsaldo carattere spartano.”Fu ricordato e celebrato da stu-denti e da professori dell’Univer-sità di Pisa, ne sono una prova leparole che su Lui pronunciava ilRettore di quell’Ateneo, comme-morando gli studenti caduti inguerra.Il sottotenente Giuntoli ed il te-nente Guaragna erano commili-

toni e sono periti insieme, lostesso giorno 3 settembre 1916(una domenica). La motivazione dell’assegnazione

della Medaglia d’Ar-gento - alla memoria -era:Giuntoli Francesco, daPescia (Lucca) tenenteReggimento Alpini -Comandante di unasezione mitragliatrici,perduti tutti i punta-tori, sotto l’infuriaredel fuoco nemico, coneroica fermezza conti-nuava egli stesso iltiro, finchè, colpitomortalmente da unoshrappel, cadeva glo-riosamente sul posto -Cima Caurìol, 3 set-tembre 1916.Tutti i puntatori eranocaduti, ma Lui nonabbandonò la mitra-

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gliatrice, solo col suo coraggio enell’interesse supremo dell’Italia,affrontò il suo amaro destino.Ma come si è arrivati a legare idue tenenti Guaragna e Giuntoli:una vecchia foto del Cimitero diGuerra del Val Brenta risalente al1920 come riportata sul libro diIelen, un appassionato, a direpoco, di memoria.Nel dopoguerra, con l’intento diriunire per conservare memoria,c’è stato un progressivo smantel-lamento dei Cimiteri di Guerraperiferici, il “nostro” piccolo ci-mitero fu trasferito dunque,prima a Pieve Tesino, 1935, poidefinitivamente a Rovereto nel-l’Ossario Monumentale di CastelDante. I plotoni uniti nel sacrificio sonostati divisi nel “riposo”.Il piccolo cimitero custodiva unpugno di giovani padri di fami-glia e di ragazzi di vent’anni, sot-tratti per sempre da spontaneigesti di affetto di chi, ritrovandosia percorrere quel sentiero, si fer-mava per una preghiera, dispo-neva un fiore, intonava un canto.Del cimitero, che ora non esistepiù, rimane un cippo nel pano-rama di Malga Sorgazza, vicinoad uno specchio d’acqua che rac-

coglie le acque del torrente Gri-gno, sul sentiero che conduce alLagorai, alla forcella Magna edalle creste granitiche di Cimad’Asta.Hanno contribuito all’arricchi-mento di notizie alcune fotografiefatte da sopravvissuti dedicate apanoramiche del cimitero e primipiani del monumento, che, sep-pur fatti quasi cento anni fa, sonorisultati di buona qualità ed

hanno permesso di ingrandire lepiccole lapidi e stilare l’elenco deicaduti: 20 soldati, due caporali ecinque ufficiali, un tenente equattro sottotenenti. I soldati perlo più sono veneti, un lombardo,un abruzzese, gli ufficiali di pro-venienza diversa come nel nostrocaso.Quattordicesimo, in rigoroso or-dine alfabetico, il nostro Sottote-nente Francesco Giuntoli.

Francesco Giuntoli, da PesciaDel 6° Reggimento Alpini,Battaglione Val Brenta,sezione mitragliatrici FIAT1915medaglia d’argento al V.M.alla memoria+ a cima Caurìol il 3 settembre 1916

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Il testo di Ielen riporta la cronacapuntuale dei fatti:“…il battaglione Val Brenta do-veva difendere il Caurìol…sullaestrema vetta…stavano la sezionepistole – mitragliatrici FIAT 1915del sottotenente Francesco Giun-toli.La mitragliatrice del s.ten. Ber-tuzzi, centrata in pieno all’iniziodel nuovo bombardamento, scom-parve in una nube di fumo eschegge assieme al corpo del valo-roso ufficiale; anche le due FIATdel s.ten. Giuntoli di Pescia, tac-quero temporaneamente quandouna salva di shrappel lasciò alsuolo morti o feriti… Fu lo stessoufficiale, seguito da due alpini, arimettere in funzione una delledue armi tenendo a bada gli avver-sari irrompenti …Al comando delle mitragliatricidel Feltre è il ten. Casali… il suoamico e collega Bertuzzi è morto…più in là le mitragliatrici del ValBrenta… a comandare la sezionec’è un ragazzo di vent’anni, un to-scanino tutto pepe, nativo di Pe-scia.Universitario è corso ad arruolarsivolontario. Lo hanno mandato, uf-ficialetto imberbe, tra gli alpini econ i veci(sic) del Val Brenta si èfatto le ossa.-Mi raccomando a lei Giuntoli -gli aveva detto il maggiore Buz-zetti- come arrivano fuoco a vo-lontà. In gamba, eh!.Francesco Giuntoli,… vede at-torno a sé la morte. Spara Giuntoliperché sa che la salvezza del suovecchio eroico battaglione alpinodipende anche dalla sua arma…Tace la mitragliatrice colpita inpieno. Sulla pietraia giace un im-berbe tenentino a comandare unasezione di morti…Nessuno corsein aiuto agli alpini del Val Brenta.

Fecero tutto da soli, pagando unaltissimo tributo di sangue…”.Giuntoli è ricordato oggi ancheda una targa in bronzo, posta nel1973, sotto la vetta del montedagli ufficiali in congedo dellasua città.I suoi resti riposano nel Cimiterodi Pescia, nella rotonda dei Ca-duti in Guerra al N° 24, vicino alMonumento ai Caduti dello scul-tore Agostino Giovannini, anti-stante la Chiesa.Sul Registro Cimiteriale del 1925si legge:Giuntoli Ten. Francesco di Cesare,età 29 anni (visto che era nato nel1881 e verrà sepolto a Pescia nel1925), morto il 3 settembre 1916(annotazioni: sul Campo di batta-glia) sepolto il 25 gennaio, a ore 12meridiane.

I soldati del plotone ospitato nelvecchio Cimitero di Val Brentanon sono “ignoti”: il Regio Eser-cito ha provveduto alla sepoltura,all’identificazione, a segnare suiregistri il loro nome e le loro ge-neralità, informare le famiglie, as-segnare le meritate decorazioni alvalore, alla memoria natural-mente.A chi per anni si è preso cura diquelle tombe, ci ha tramandatofotografie e ci permette di nonperdere memoria dei piccoli,quanto dei grandi eventi, vada lanostra riconoscenza.Grazie al nostro “grande” con-cittadino, Medaglia d’Argentoalla memoria, per la nobiltà delsuo gesto e per l’orgoglio che ciha donato.

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MONS. ANGELO SIMONETTIFIGURA INDIMENTICABILE DI BUON PASTORE E PADRE

di Alessandra Belluomini

Estratto dall’Annuario 1955-1961 della Scuola Media “L. Ga-leotti, Pescia MCMLXIScritto da Alessandra Belluominiclasse IIIA

…Nacque a Cornacchiaia, Arci-diocesi di Firenze, il 23 gennaio1861 da una famiglia di conta-dini, gente onestissima e moltodevota. Compì gli studi nel Se-minario di Fiesole; ordinato sa-cerdote il 21 marzo 1885, furettore del seminario di Fioren-zuola, prosindaco di quella citta-dina e infine Pievano di S. Pietroin Mercato. Un inviato del Papa,venuto a visitarlo, rimase colpitodalle sue doti e lo segnalò in Va-ticano.Poco tempo dopo Pio X lo eleg-geva Vescovo di Pescia, dovefece il suo ingresso solenne il 26luglio 1908. Governò la nostra diocesi perpiù di quarantadue anni, dandosempre e ovunque esempi lumi-nosi di pietà e di bontà, per cuiil suo apostolato tra noi non habisogno di essere ricordato,tanto è impresso nel cuore ditutti. Il nome di Mons. AngeloSimonetti è ricordato e amatosoprattutto per la parte che ebbenelle tristi vicende che sconvol-sero Pescia nell’estate del 1944.Era la quinta estate dall’entratadell’Italia nel secondo conflittomondiale, e per la nostra cittàdoveva rivelarsi la più terribile,legata a episodi di straziante cru-deltà. I Pesciatini avevano vistoper tre anni sorvolare gli appa-

recchi sulla loro vallata, quasisempre diretti su Pistoia.Col 1° maggio 1944 la nostracittà doveva subire il suo primobombardamento. Con quel 1°maggio si iniziava per Pescia,Lucca e dintorni, la prova tre-menda della guerra. In luglio eagosto, mentre pareva quietarsil’orizzonte per l’avanzare degliAmericani dal sud e il retroce-dere dei Tedeschi verso la mon-tagna, incombeva paurosa sullaregione la lotta clandestina deinostri partigiani con le sangui-nose rappresaglie dei tedeschisulla popolazione inerme…I Proclami affissi nelle piazze econtrade di Pescia dichiaravanol’impiccagione di dieci italianiper un solo tedesco ucciso…siarrivò così alla fine di agosto.“La domenica del 3 settembre,nel pomeriggio, due giovani par-tigiani provenienti dalla forma-zione di Romita si imbatterono,in piazza S. Stefano, in due sol-dati tedeschi. Uno di questi potéscorgere, causa un movimentoimprovviso del possessore, cheuna pistola era nascosta sotto lagiacca. Il Tedesco fece pertantol’atto di impugnare il mitra perucciderlo, ma il partigiano, piùsvelto, glielo strappò di mano,non potendo però impedirgli difuggire. Mentre l’altro parti-giano stordiva il secondo mili-tare, colpendolo più volte allatesta col calcio della pistola, ilprimo partigiano si dava, su pervia S. Policronio, all’insegui-mento del fuggitivo, riuscendo a

raggiungerlo e ad ucciderlo conun colpo di mitra. Non appenail Comando Tedesco fu infor-mato dell’accaduto dette dispo-sizione per l’immediato iniziodelle rappresaglie. Ma gli uo-mini, prevedendo ciò, si eranonascosti nelle campagne…Il Co-mando che la sera stessa sei per-sone, rinchiuse nel carcere perrispondere di un reato comune,venissero prelevate ed impiccate.Ai ligustri di Via Buozzi, dinanzialla caserma dei carabinieri, nelbuio della prima ora del 4 set-tembre, penzolarono così i corpidelle sei vittime e lì furono ab-bandonati fino alla sera del mar-tedì, 5 settembre.Intanto la mattina del 4 settem-bre il Comando Tedesco comu-nica che la città alle ore 13 saràincendiata e intanto ordina im-mediatamente un rastrellamentosu vasta scala: quaranta uominivengono infatti presi nella partenord ovest della città e incarce-rati, tra i quali venti sarebberostati giustiziati, per rispettare gliordini del generale Kesserling.Donne vecchi e bambini, dispe-rati , si avviano verso la campa-gna, curvi, portandosi dietroquel poco che erano riusciti a ra-cimolare; sono ore di agonia: an-goscia per i figli, i padri, i maritinascosti su per la montagna,ansia per le case su cui incombela furia devastatrice.Il Canonico Nuccio Nucci, in-sieme al Canonico Pagni, si recadal Vescovo per vedere se si puòfare qualcosa. Erano circa le

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nove del mattino. ScorgonoMonsignore nella Cappella delSS. Sacramento, inginocchiatodavanti all’Altare, col capo na-scosto tra le mani, a colloquiocon Dio nell’ombra della Cap-pella. Pare assente, tanto è as-sorto nella preghiera, tesonell’invocazione di ricevere daDio la forza necessaria a com-piere ciò che sta per fare per lasalvezza di Pescia. A questopunto lascio la parola a Suor Ro-setta Simona, interprete del Ve-scovo presso il ComandoTedesco.“Il Reverendo Canonico NuccioNucci porta ansimante a Mons.Simonetti le tremende notiziecircolanti… Sua Eccellenza sisente costernato. Dice di aver giàmandato una supplica al Co-mando Tedesco”. Poi si racco-glie un istante in preghiera; inquell’istante “Egli offrì la sua vitaa Dio per i suoi figli e la sua città,perché voltosi al segretario disse:Vada la mia vita, ma salviamo ifigli e la loro città. Andiamo alComando Tedesco e chiediamo lagrazia.”Prontamente Mons. Simonetti,accompagnato dal CanonicoNucci, si avvia verso il ComandoTedesco. Il buon Pastore ine-rme, armato solo di immensoamore per i suoi figli in pericolo,si presenta ai Tedeschi, ma glioccorre un interprete.Incarica perciò il CanonicoNucci di chiedere alla Direttricedel Conservatorio di San Mi-chele di seguirlo al Comando,dove la presenterà come sua in-terprete, poiché sa la lingua te-desca. Questa , umile figlia diDon Bosco, è pronta e presentecol suo Vescovo al temuto Co-mando di Pescia. Il Vescovo è

accolto con rispetto, sebbenel’ambiente risenta la gravità delcaso che incombe sulla città. LaSuora a un accenno del Vescovosi presenta come interprete. E’una svizzera italiana e ciò paregradito. Sta in piedi davanti alComandante seduto ad un ta-volo centrale con tre ufficialipresenti. Al Vescovo si offre unasedia alla parete della saletta. IlCanonico attende all’uscita. LaSuora esprime il pensiero delVescovo:“Egli viene con fiducia al Co-mando Tedesco di Pescia che deveavere presenti i buoni rapportiavuti con lui e con tutti i tedeschiche ha sempre voluto accolti be-nevolmente dai suoi diocesani.Deplora la morte dei soldati inuno scontro certo svoltosi con giu-stizia…è Vescovo e Padre ed è ad-dolorato per l’arresto di tanti suoifigli innocenti - per le minacce diincendio fatte alla città - per ti-more di altre più tristi rappresa-glie…Chiede al Comandante chevoglia essere benigno e a lui,come vecchio padre e Pastore ditutti, voglia concedere la libera-zione dal carcere di tutti i suoifigli innocenti fatti prigionieri…Supplica di non voler procedere aidanni della città sempre ospi-tale…Di non mietere vittime peril triste caso di cui non si conoscel’autore…“Il Comandante ascolta. E die-tro le parole della Suora comu-nica (con l’apparecchio tele-fonico che tiene sul tavolo) aLucca le motivazioni poste dalsupplicante. La sua espressioneè buona e pare sincera. Cre-diamo che tratti col suo super-Comando di Lucca e nonsappiamo cosa risponda il Supe-riore. Alla domanda di grazia del

Vescovo pare preoccupato per larisposta. Ma finita la comunica-zione, l’ufficiale, rivolto al nostrovenerato Vescovo, fa cenno cheè stato esaudito e dice alla Suora:Dica al Vescovo che stamani libe-reremo i prigionieri e che stiatranquillo per la sua città.La Suora riferisce col cuore sol-levato. Il Vescovo si rasserena eringrazia con un santo paternocenno benedicente. Il congedodal Comando è cordiale.”Mons. Simonetti esce dalla casacon gli occhi lucenti di felicità,dopo tante ore di ansie e incer-tezze. Le donne che lo hanno at-teso fuori, ansiose lo attornianoed egli con un gesto paternodella mano dice loro:“Su su, andate a far da mangiareai mariti”.Gli arrestati vengono rilasciati ela città non sarà minata: si re-spira.“Pescia dopo tante sofferenze -continuano le memorie di SuorSimona - era tranquilla. I prigio-nieri, tornati alle loro case, felici.La città al sicuro. Il giorno doposi dormiva ancora tranquilli ilsonno del mattino…Anche co-loro che temendo agguati tede-schi si occultavano la notte neglianfratti o nelle fosse artificialidelle colline, erano rimasti a ri-posare una volta nella lorocasa…Poveri cari figlioli! Nonpensavano l’insidia crudele cheil Comando di Pietrabona, conun ordine spietato, spediva nellecase di Pescia i suoi soldati adagguantare di sorpresa dieciostaggi innocenti!...In due case,padre e figlio furono ammanet-tati, così in altre case sei padri efigli…Tutti tradotti alle carceridi Pescia”Non è difficile spiegare la ripresa

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delle rappresaglie tedesche, ilCapitano del Comando di Pe-scia, colpito dal gesto augusto epaterno del Vescovo non ha sa-puto resistergli ed ha fattoquanto era in potere suo: non hadistrutto la città commosso dallesupplichevoli parole del Presule,ed ha fatto anche rilasciare i pri-gionieri. Ma dal Comando diLucca giunge imperioso, catego-rico, l’ordine dell’Uf-ficiale Superiore: perogni soldato tedescoucciso, dieci civili de-vono morire: la duralegge marziale, impo-sta dal generale Kes-serling, non puòsubire eccezioni.Non conosce pietà…E i rastrellamenti ri-prendono su per lecolline.“La ferale notizia ar-riva al Santo Vescovoverso le 9. Come direil suo dolore? Com-prese certo l’insidiacrudele per la vita deisuoi dieci figlioli…Come poteva nonsperare quel cuore dipadre?...“D’urgenza vergavauna supplica al Par-roco di Pietrabonache sapeva in rela-zioni benevole conquel Comando Tedesco e lo pre-gava di presentare la suora comesua interprete al Comandante.Essa avrebbe espresso in suonome la supplica di grazia per idieci suoi figli arrestati. Man-dava lo scritto al Conservatorio,pregando che si raggiungessePietrabona per l’udienza di sal-vezza.

“Erano giorni di guerra acuta…minacciavano gli scoppi deiponti minati…le strade deserte,nessun mezzo di comunicazioneo trasporto…Il sole d’agosto in-fuocava la strada. La suora par-tiva con una compagna perl’ardua pietosa missione. Le ac-compagnava il fratello Missiona-rio Salesiano. “Si arrivò aPietrabona verso le 11.30. Il par-

roco ci porta alla sede del Co-mando. L’accoglienza è compi-ta. Ma si cerca del comandante.Urge vederlo. “Non si può” è larisposta. “E’ occupato”. Si diceil motivo urgente, doveroso, del-l’udienza chiesta dal Vescovo…Ci assicurano che verrà riferito.L’impressione è penosa…manon c’è che partirsene. E’ il con-

siglio del parroco che sente ru-moreggiare la tempesta…e di-fatti uno scoppio tremendo ciavvisa che bisognerà tornare aPescia per altra via. E’ saltato unponte varcato poco prima, chedava il transito su un torrentedella montagna in piena.“E si ritorna a Pescia. L’animo ètriste, presagisce forse?...e comedire la straziante impressione,

ancora viva nell’animaall’entrata in città?All’inizio del viale al-berato si scorge uncorpo umano appesoad un albero! Così,nella stessa mattinatadurante il nostro tra-gitto erano stati giusti-ziati i poveri ostaggi.Nove! Uno nella ressaagitata dell’uscita dalcarcere era riuscito afuggire”.Ed ecco di nuovoMons. Simonetti curvoper l’angoscia ritornaal Comando Tedescoper chiedere pietosa-mente la rimozione deicadaveri che ormai dapiù giorni sono là ab-bandonati alla furia delvento e della pioggiacaduta a dirotto la serae la notte del 5 settem-bre. Il capitano tede-sco ancora una volta si

commuove davanti alla figurasupplichevole del Vecchio Vene-rando, e testimoni degni di fidu-cia ci assicurano che non solo glifu concesso il permesso di ri-muovere i corpi, ma gli fu resol’onore delle armi.Poi due volte il Padre buono,con dieci fratelli della Misericor-dia, e accompagnato da un cano-

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nico, si recò sul luogo del suppli-zio e mentre i “fratelli” si prepa-ravano a scendere pietosamentei poveri corpi straziati, il Ve-scovo, ad uno ad uno, li bene-disse, piangendo, davanti adognuno si fermò, raccolto alungo in preghiera. Le ultimevittime del Viale Garibaldi “ven-gono portate all’obitorio del-l’ospedale, poi trasferite all’an-tico cimitero del Duomo sopraun carretto a mano accompa-gnate dal Vescovo fra l’infuriaredei proiettili e lì provvisoria-mente tumulate”.E quei giorni di morte passa-rono, venne l’8 settembre e lacittà respirò di sollievo, quandoil 12 due cannonate tedesche se-minarono la morte in PiazzaMazzini, proprio nel centro dellacittà e il 13 un’altra cannonatapiombò su un villino del quar-tiere nuovo, provocando ancorastragi. Prima l’incubo del cape-stro, ora quello del cannone…ilBuon Vescovo resta vicino aisuoi figli e curvo nella Cappelladel SS. Sacramento invoca di-speratamente aiuto e pietà perqueste sue creature torturate. Fi-nalmente dopo il 18 la città èsalva, i tedeschi si sono ritiratioltre l’Abetone, e a poco a pocola vita riprende nelle vie e nellepiazze.Ma i pesciatini non dimentica-rono il loro amatissimo Padre.Poche settimane dopo, il sin-daco, Cav. Ferruccio Tongiorgi,con la Giunta Comunale si recòdal Vescovo e, a nome di tutta lacittà, gli offrì la cittadinanzaonoraria, e una pergamena ri-cordo “squisito lavoro del Prof.Nini Borghesi”.Raccontano che essendo stataraccolta tra tutti i cittadini una

discreta somma perché Mons.Simonetti potesse acquistarsiuna macchina, egli sorrise diver-tito e disse: “Ma non ricordate,figlioli miei, che sono un vecchiobersagliere? Mi credete dunquegià così vecchio e buono a nulla?Sono sempre andato a piedi,perché dovrei perdere questabuona abitudine?”.E destinò la somma per la rifu-sione di una delle campane delDuomo; ancora una volta nonpensava a sé, ma ai suoi dilettifigli. In seguito gli verrà dedicatala Scuola Elementare e una Via. Pastore infaticabile curava il suogregge e umile e sorridenteamava passeggiare per le strade,ascoltando chi volesse parlargli,accarezzando i bimbi che gli cor-revano incontro felici. I Pescia-tini lo ricambiavano di ugualeaffetto e ne sono testimoni le so-lenni feste di Maggio del 1950,che rinnovarono i trionfi dellacelebrazione del suo quaranten-nio di episcopato.Morì il 14 agosto dello stessoanno, alla vigilia dell’Assunzionedi Maria in cielo. Poco tempoprima, durante le feste di mag-gio, Mons. Simonetti apparveper l’ultima volta al suo popoloe con la stanca mano dietro ivetri dell’automobile benedissela folla commossa e piangente,che silenziosa gettava fiori al suopassaggio.Dal palazzo del Comune salutò ifigli diletti, con l’augurio di ri-trovarli tutti in Paradiso.La sua salma fu esposta fino al19; dopo le solenni esequievenne portata a spalla dai sacer-doti per le vie di Pescia, e piùche un funerale, il suo fu untrionfo della riconoscenza chetutto il popolo sentiva di dover

tributare all’Uomo che gli erastato veramente Padre.Ora Mons. Simonetti è sepoltonella Cappella del SS. Sacra-mento in Cattedrale.Benché di umili origini, era diaspetto nobile e venerando e ciòche più colpiva in lui erano gliocchi, buoni e paterni che sem-bravano frugare l’anima di cia-scuno e leggervi ogni dolore egioia racchiuso; per questo sa-peva farsi amare. Ogni sera si re-cava all’Ospedale e a lungo sitratteneva al capezzale di ognu-no, porgendo a tutti parole diconforto e di amore. Più volteportò il Sacramento della Cre-sima a bambini moribondi inpoverissime case, suscitando neifamiliari, prima stupore, poi ri-conoscenza appassionata.Lo si poteva incontrare ad ogniora del giorno per le vie e i vicolipiù poveri della città, senza al-cuna insegna pastorale, come unqualunque parroco di campa-gna. Per questo i poveri lo ama-vano, perché lo sentivano vicino,uno di loro, uguale a loro,pronto a comprenderli e ad aiu-tarli in ogni bisogno. S. Paolo hadefinito il Sacerdote Alter Chri-stus, ebbene Mons. Simonetticon la sua carità, la sua sempli-cità, la sua voluta povertà, con-quistava le anime che in luivedevano ancor prima che si re-casse al Comando Tedesco, ilPastor Bonus, pronto sempre adare la vita per le sue pecorelle.La sua parola d’ordine fu sem-pre Amore, amore fatto di com-prensione e di affabilità, cheriuscì a conquistare anche i cuoripiù duri. Soleva dire con S.Fran-cesco di Sales: “Una goccia dimiele cura sempre meglio di unbarile di aceto”.

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Quando l'amica Prof.ssa CarlaPapini mi comunicò che, nel-l'ambito di un ciclo di confe-renze dedicate ai poeti pescia-tini, pensava di dedicare un in-contro al ricordo di Dania Ma-grini, ne fui veramente felice edaccettai volentieri l'incarico diparlare di lei e delle sue poesie.L'incontro si è tenuto a novem-bre, nel salone della PubblicaAssistenza, dove un bel gruppodi persone che per lo più ave-vano conosciuto Dania comeamica di gioventù, come collegao, semplicemente come donna,hanno avuto l'opportunità di co-noscerla anche come fine poe-tessaÉ ora con rinnovato piacere chevengo a parlarvi di questa caraamica, che ci ha lasciato prema-turamente sei anni fa.Dania per me è stata un incontrospeciale dell'età matura, quandosi pensa di aver ormai costruitointorno a sé gli affetti più cari:un marito, i figli, le amicizie natein gioventù e che hanno resistitoagli anni e, anzi, con gli anni sisono forgiate, quasi non si cercaaltro... così per me, quando…ecco che la vita mette sulla miastrada una persona speciale allaquale dovrò un ritrovato slancioper la vita, la riscoperta del va-lore di tante piccole cose, unacrescita umana e spirituale fruttodi un'amicizia profonda e sin-cera, della condivisione delle no-stre fragilità e della vicinanza neimomenti terribili della malattia.Ma chi era Dania?

Oggi, dopo anni dalla sua scom-parsa e dopo aver letto più voltequelle poesie che un giorno timi-damente mi consegnò “perchéconoscessi un po' meglio la suavita”, posso dire che era sempli-cemente e totalmente ”una per-sona”, nel senso più ampio deltermine.Dania era una donna dotata digrande schiettezza, senso dell'-humor, grande amore per la vitae generosità che si traducevanoin una prorompente forza di ag-gregazione; era una donna ca-pace di grande coerenza e spessopoteva risultare troppo dura edecisa, ma aveva anche grandifragilità... era insomma un'amal-gama di forza e debolezza, diluci ed ombre tenute insieme daun grande rigore morale e ciò nefaceva, a parer mio, un unicummeraviglioso e vero.Per chi non ha avuto l'occasionedi conoscerla, vorrei qui ricor-darla attraverso alcuni suoi versiche possono essere testimo-nianza di umanità e stimolo allariflessione per tutti, sempre.Come risposta a questo periododifficile della nostra storia ascol-tiamo queste parole:

Quando muore un sognonon gettare in un angolola speranzaQuando la gente ti guarda senzasorriderenon pensare ad un mondo tristeQuando si spegne anche l'ultimaluce

non credere alla condanna di unavita oscuraPensa che ai sogni seguono altrisogniCredi ad un'altra Umanitàche ti regala un fiore per colorare i tuoi giorniSpera in un sole immenso e senza fine che illumina e riscaldaAnche se i miei sogni sembranoinfrantila mia gente lontanai miei occhi lampioni senza vitaIo credo ancoranell'amore degli uomini

E infine ecco Dania insegnantein questi pochi versi che comu-nicano la gioia e l'emozione delprimo giorno di scuola, con lavoglia di farsi carico dei sogni edelle paure dei propri “figli” cheprenderà per mano ed aiuterà acrescere.

Vociare di bimbiOdore nuovo di scuolaOcchi grandi e impauritiChe sognano e speranoSorrisi sdentatiTreccine stretteFiocchi inamidatiCartelle nella manoAndiamo figli mieiComincia l'avventura

Grazie Dania per quello che du-rante la vita ci hai dato e per leparole che ci hai lasciato.

DANIA MAGRINI, LA SUA POESIARACCONTATA DA UN’AMICA

di Lolita Pucci

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L’attività autunnale dell’Associa-zione “Amici di Pescia” si èaperta, come annunciato nel nu-mero di giugno, sabato 11 otto-bre 2014, al Palagio di Pescia,con la presentazione del FondoVezzani all’Istituto Musicale “Boccherini” di Lucca. Presenti, oltrea Franco Vezzani, donatore delfondo musicale, il Direttoredell’Istituto Storico Lucchese,Dott. Antonio Romiti, che haparlato al pubblico della ric-chezza del materiale e ha definitola donazione un “encomiabileesempio da seguire”.I curatori del Catalogo “Una Mi-niera di Note” Luca Dinelli eAlessandro Mugnani hanno e-sposto i criteri di catalogazioneseguiti e le difficoltà incontrate,vista la quantità e la varietà deipezzi.

Il nipote Franco ha raccontato aipresenti fatti ed aneddoti deisuoi familiari musicisti con emo-zione: poi, per ricordare il generedei loro Concerti, il prof. Battelli,Bibliotecario dell’Istituto Musi-cale “Boccherini”, ha coordinatoun gruppo di studenti dell’Isti-tuto stesso per la preparazione di

un concerto.I brani musicali scelti hanno sot-tolineato le grandi capacità deigiovani musicisti, applauditi conentusiasmo e apprezzamento daparte del pubblico presente. Po-meriggio di cultura e musica an-cora legato a Pescia e a pesciatiniillustri.

Sabato 25 ottobre gli “Amici diPescia”, grazie alle competenzestoriche, oltre che espositive delprof. Cipriani, hanno visitato Fi-renze. Il Professore ha guidato ilgruppo nella visita di SantaMaria Novella, le Cappelle Me-dicee, la Chiesa della SS. An-nunziata e quanto altro diinteressante si presentasse al vi-sitatore nell’itinerario scelto concura e grande passione.Il professor Cipriani gradevol-mente ci ha condotto alla sco-perta dei tesori della grande cittàdi Firenze; questa volta il cieloazzurro, il clima mite ed il buon“ristoro” propostoci sembraavere superato ogni aspettativa.

ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE NEL 2014

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Sabato 13 dicembre il professorGiampiero Giampieri ha presen-tato il “Fondo Salvagnini” Il figlio Francesco e la moglieAnna Lia, come desiderio delnostro Gigi, hanno donato all’As-sociazione pubblicazioni e testi,scritti o appartenuti allo storico,amante della città di PesciaIl Direttivo, sempre sensibile al-l’importanza della conoscenzadella Storia locale e non solo, hachiesto al Comune di Pescia, at-traverso la sua Presidente, dipoter accogliere il prezioso mate-riale in un Fondo da mettere a di-sposizione di studiosi e studenti,che hanno conosciuto ed apprez-zato il nostro Socio Fondatore ePresidente Onorario.Nello stesso pomeriggio si è fattaanche l’Assemblea ordinaria deiSoci, nella quale il Presidente ha

relazionato sulle attività dell’an-nata sociale e annunciati i Pro-getti futuri, previsti a completa-mento del triennio 2012-2015. Il

Tesoriere ha presentato il bilan-cio, che è stato approvato da duescrutatori nominati in apertura diAssemblea, Sigg. Poli e Ferrari,oltre ai Soci presenti, all’unani-mità.Si è inoltre presentata la Stampaannuale che l’Associazione donatradizionalmente a Natale ai SociSostenitori dal titolo “Pescia An-tiqua” del noto maestro FrancoDel Sarto. Soggetto della stampala Piazza Mazzini durante unadelle manifestazioni, divenuteormai tradizionali, di Pescia An-tiqua.Il pomeriggio si è concluso al Ri-storante Santa Caterina con latradizionale Cena degli Auguri.Il Direttivo coglie l’occasione peraugurare ai soci, e alle loro fami-glie, un Anno Nuovo sereno e ge-neroso di affetti.

ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE NEL 2014

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Un poeta del secolo XV è segna-lato come "originario di Pescia"nell'antologia Lirici del '400 nel-l'Italia centrale (Pisa, 1994) curatadal professor Stefano Carrai.Si tratta di Giovanni Testa Cille-nio, rammentato anche in "Pesciae il suo territorio nella storia del-l'arte e nelle famiglie" di M. Cec-chi e E. Coturri (1961). Qui, deiTesta, leggiamo: "Dal castello diMoriano presso Lucca, venne aPescia questa famiglia nei primianni del '400 e godette sempretutti gli Uffici per la Maggiore. Ilprimo di cui abbiamo trovato no-tizie è un certo Neruccio d'Anto-nio". Poi, dopo altri nomi: "UnGiovanni, dottore di leggi, erastato poeta laureato e di sopran-nome fu chiamato Cillenio: fu uc-ciso nel 1491 da Obizzo diCortesia degli Obizzi (non siamoriusciti a rintracciarne il motivo).Ebbe ai suoi tempi una certa no-torietà ed è anche ricordato nellacelebre orazione presentata il1519 a Mons. Baldassarre Turini.Il capitano Curzio Cardini suo ni-pote ne serbava gelosamente unritratto ad olio con in capo unacorona d'alloro. Lasciò un figlio,a nome Valerio, che fu soldato dinotevole importanza e valore..." Nell'antologia del professor S.Carrai leggiamo che il Testa Cil-lenio "era originario di Pescia,come attesta la firma "ServitorJo(hannes) Testa piscien(sis)" incalce ad un epigramma autografoda lui indirizzato a Lorenzo de'Medici..." Il nostro poeta "si al-logò presso la corte estense, ovegià si trovava nel 1471, quando ce-

lebrò con due sonetti Ercole ap-pena divenuto duca. Poco dopo,durante un viaggio a Bologna, do-vette conoscere Felice Feliciano,col quale entrò in amicizia e scam-biò alcuni sonetti. Forse per il suotramite, entrò in contatto conl'ambiente veneto, talchè nel 1479si trovava in casa Sanudo, a San-guineto veronese, e carteggiavacol giovane Marin. Il codice Isol-diano ci ha tramandato, con altrerime, un canzonierino petrarche-scamente intitolato Fragmenta –costituito da una sestina di aper-tura e da ventuno sonetti – scrittoper una dama celata sotto il senhaldi Verde. L'emulazione di Pe-trarca è palese..." Ecco trascritte le poche notizie in-contrate in due libri che parlanodi lui. Meno facile farsi un'ideaadeguata di chi fosse il Testa Cil-lenio uomo, e poeta. Altri lo vo-gliono originario di Verona, diPeschiera sul Garda, di Pisa. Lesue relazioni letterarie rimandanopiù al Veneto che alla Toscana. Inun sonetto cita vari pittori del-l'ambiente padano, emiliani e ve-neti. E fu amico dell'umanista eamanuense veronese Felice Feli-ciano (1433-1479), bizzarro aman-te del bello e studioso dell'alchi-mia. I due dotti si scambiaronodei versi. In un sonetto però ilTesta esalta anche Firenze e l'am-biente mediceo, con cui fu a lungoin rapporto. Il panorama a cui appartiene que-sto poeta del '400 è lontano ecomplesso. Figuriamoci se quantosi impara a scuola (alle superiori eall'università) della nostra lettera-

tura ci aiuta a farcene un'idea.Quanto restò a Pescia? Quando sene allontanò? Chi erano colui chelo avrebbe ucciso, Obizzo di Cor-tesia degli Obizzi, e il capitanoCurzio Cardini? Buio! Buio to-tale! E il Codice isoldiano? Chi neha mai sentito parlare?Simbolo dello strano mondo cul-turale a cui il Cillenio appartennepossiamo considerare un libro fa-moso e misterioso: l'Hypneroto-machia Poliphili (cioè: "l'amorosocombattimento onirico di Poli-filo). Di questo volume del 1499(considerato uno dei più begli 'in-cunaboli' che siano stati stampati)ancora non è ben chiaro chi l'ab-bia scritto: Leon Battista Alberti?Francesco Colonna? Pico dellaMirandola?... Insieme a questi e aaltri artisti ancora, è stato fatto ilnome di Felice Feliciano, amicodel Testa Cillenio. Chi erano que-sti filosofi, umanisti, amanuensi,stampatori, uomini di chiesa, al-chimisti, sognatori...? Che cosacercavano? Bella domanda! Delresto, come si fa a soddisfare ognicuriosità che ci nasce? Non tutto"cape in intelletto umano". Coninternet, poi, siamo divenuti tantoimbottiti di news quanto digiunidi vera conoscenza. Chi fu, in-somma, Giovanni Testa Cilleniodi Pescia? A che aspiravano lui egli intellettuali amici suoi? Rasse-gnamoci a non saperlo. Tanto, di-rebbe il Giusti, il nostro cervel, Dio lo riposi,in tutt'altre faccende affaccendatoa questa roba è morto e sotterrato.Che bella conquista per gli eredidell'Umanesimo!

UN POETA PESCIATINO DEL 400?GIOVANNI TESTA CILLENIO

di Giampiero Giampieri

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EVENTI CITTADINI 2014

L’Amministrazione comunale della città di Pe-scia, nel LXX Anniversario della Liberazione,ha ritenuto opportuno ristampare la pubbli-cazione che l’allora sindaco dott. Rolando An-zilotti aveva pubblicato in occasione del XAnniversario, “quando i ricordi e le ferite in-ferte dalla guerra erano ancora vive e dolorose”.

PRESENTATO IL LIBRORACCONTI ITALIANI E BRASILIANI

DI VIVALDO PAGNI

Giovedì 2 ottobre presso il Palagio di Pe-scia l’Amministrazione comunale e LoGi-sma editore, in collaborazione conl’Associazione Amici di Pescia, hanno pre-sentato l’ultimo libro del concittadino Vi-valdo Pagni, "Racconti italiani e raccontibrasiliani". Sono intervenuti l’autore el’editore.

I Ragazzi dell’Istituto Comprensivo1 "L. Andreotti" di Pescia hannoeletto il nuovo Sindaco: Elisa Cerchi.Il Consiglio Comunale dei Ragazzi,giunto al suo V mandato si è inse-diato alla presenza del Sindaco diPescia Oreste Giurlani e dell'Asses-sore all'Istruzione Elisa Romolinella Sala del PalagioI Ragazzi hanno esposto il loro pro-gramma biennale, ricco di inizia-tive, che vanno dal nonno vigile alla

prosecuzione dell'ambito progetto“iPescia” (ipescia.wikidot.com).La seduta è stata seguita dagli stu-denti della Scuola in video confe-renza: gli strumenti e le competenzenon mancano, dunque al giovaneSindaco e al Consiglio giungano inostri sentiti auguri di buon lavoro.Rallegramenti e auguri anche agliinsegnanti che tanto abilmente gui-dano questi giovani a comprendereed esercitare la democrazia.

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In attesa del

Natalevia

Libero Andreotti,

n. 12Pescia

Galileo Magnani, Accademico dei Georgofilie docente dell’Università di Pisa, ci ha do-nato un appassionante lavoro dal titolo “Si-smondi e la Botanique de Pescia”, EdizioniETS, Pisa. Magnani, titolare all’ateneo pi-sano del corso “Analisi, recupero, valorizza-zione del giardino storico”, partendo dallepreziose immagini ad acquerello di varietàbotaniche realizzate a mano dallo stesso Si-smondi (ritrovate presso un antiquario livor-nese) affronta il pensiero sismondianonell’aspetto botanico e ci rivela inoltre il pro-fondo amore che legava lo studioso alla Val-dinievole. Nel testo sono inseriti ottimicontributi di Stefano Benvenuti e Lucia Ton-giorgi Tomasi.

Dario Maraviglia, poeta non ancora quindi-cenne, ha pubblicato la sua opera prima “Conin mano una rosa da tempo raccolta”.Il volume è stato presentato dalla prof.ssaCarla Papini Venerdi 16 Gennaio 2015 alleore 16 nella Sala conferenze della PubblicaAssistenza, con il patrocinio dell’AssociazioneAmici di Pescia.

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