· eliot fisk “considero eliot fisk uno degli artisti più brillanti, intelligenti e dotati dei...

16

Upload: nguyencong

Post on 29-Jul-2018

223 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Giovedì 24 agosto, ore 18 e 21.15Palazzo Chigi Saracini

ELIOT FISK chitarra

ore 18

Johann Sebastian BachEisenach, Turingia 1685 - Lipsia 1750

Suite n. 1 in sol magg. per violoncello BWV 1007 (trascr. per chitarra E. Fisk)Prélude

AllemandeCourante

SarabandeMenuet IMenuet II

Gigue

Suite n. 2 in re min. per violoncello BWV 1008 (trascr. per chitarra E. Fisk)Prélude

AllemandeCourante

SarabandeMenuet IMenuet II

Gigue

Suite n. 3 in do magg. per violoncello BWV 1009 (trascr. per chitarra E. Fisk)Prélude

AllemandeCourante

SarabandeBourrée IBourrée II

Gigue

ore 21.15

Johann Sebastian Bach

Suite n. 4 in mi bem. magg. per violoncello BWV 1010 (trascr. per chitarra E. Fisk)

PréludeAllemandeCourante

SarabandeBourrée IBourrée II

Gigue

Suite n. 5 in do min. per violoncello BWV 1011 (trascr. per chitarra E. Fisk)(trascrizione della Fuga per clavicembalo BWV 995)

PréludeAllemandeCourante

SarabandeGavotte IGavotte II

Gigue

Suite n. 6 in re magg. per violoncello BWV 1012 (trascr. per chitarra E. Fisk)

PréludeAllemandeCourante

SarabandeGavotte IGavotte II

Gigue

BachBach oltre Bach. Dopo quasi venticinque anni dalla morte del Kantor di San Tommaso a Lipsia, l’azione ingiusta ma non sempre vincente dell’oblio stava raggiungendo il suo scopo, aprendo di fatto uno dei casi più clamorosi di rimozione d’artista nell’intera storia della musica. Tra le pochissime a mantenere in essere la figura e quel che rimaneva dell’opera di Johann Sebastian, la voce più autorevole e fededegna non poteva che uscire dal figlio Carl Philipp Emanuel: il Bach allora famoso; il Bach della nuova generazione; l’unico Bach riconosciuto come Bach quando si parlava di “Bach”; il Bach che aveva in mano le uniche chiavi che permettessero di creare un futuro al lascito del padre; il Bach che era oltre Bach.Nessuno meglio di lui era ormai in grado di riconoscere la singolarissima importanza della produzione del padre, che derivava da un dominio totale di tutti gli aspetti che ruotano attorno al fare musica: dalla dottrina compositiva in sé alle conoscenze degli aspetti tecnici degli strumenti, in una unione perfetta tra sfera teorica e sfera pratica. Ne è testimonianza particolarmente illuminante la lettera scritta nel 1774 da Carl Philipp Emanuel al Forkel (primo vero biografo del Kantor) a proposito della prassi di Johann Sebastian sugli strumenti ad arco: prassi che come in altri campi trovava compimento in composizioni di esemplare maestria: «In gioventù, e fino in età abbastanza inoltrata, aveva suonato, con nitore e intensità, il violino, e riusciva così a tenere in ordine l’orchestra meglio che se l’avesse diretta dal cembalo. Conosceva a fondo le risorse degli strumenti ad arco. Ne sono una prova le sue Sonate per violino solo e quelle per violoncello senza basso. Uno dei più rinomati violinisti un giorno mi disse che non aveva conosciuto e non avrebbe potuto consigliare nulla di più completo a chi avesse intenzione di diventare un buon violinista o avesse desiderio di apprendere, delle suddette composizioni».Nel citare assieme le composizioni per violino solo e quelle per violoncello solo, Carl Philipp Emanuel coglie un altro aspetto: la loro comune origine all’interno di un unico progetto compositivo. L’indizio è particolarmente illuminante, considerate le condizioni nelle quali sono giunte fino a noi le fonti: siamo nel periodo di servizio come maestro di cappella svolto da Bach senior dal 1717 al 1723 alla corte di Cöthen, il cui principe Leopold, non senza gravi contrasti con la madre luterana, assecondava

la propria passione per la musica e al tempo stesso obbediva alla propria fede calvinista dando poco spazio alla sonorizzazione del culto religioso ma sviluppando parallelamente con il massimo delle risorse disponibili il repertorio strumentale. Fu in un simile contesto che Bach poté liberamente scrivere capolavori che le generazioni future avrebbero riconosciuto paradigmi di arte compositiva in qualsiasi campo: da quello per tastiera, quantitativamente il più consistente (valga a puro titolo di esempio il Clavicembalo ben temperato) a quello orchestrale (i Concerti Brandeburghesi), mentre quello solistico fuori dagli strumenti a tastiera è dominato appunto dai lavori per violino e per violoncello. In quest’ultimo campo, mentre la serie per violino, risalente al 1720 circa, si è tramandata con l’autografo originale delle sei Partite e Sonate intitolate Sei Solo e dichiarate Libro Primo, la serie per violoncello ci è pervenuta soltanto attraverso copie, la più antica delle quali è del 1728, della fedele mano della moglie di Bach Anna Magdalena. L’originale era sicuramente dichiarato il Libro Secondo di un progetto unico: le sei Suites per violoncello sono quindi nate come secondo pannello di un monumentale dittico.Ma è forse in questo dittico che si manifesta più chiaramente il desiderio di Bach di addentrarsi in sentieri musicali ancora inesplorati, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di conferire polifonia e quindi l’addensamento del sostegno armonico a strumenti sostanzialmente monodici. Nel caso del violoncello, è vero, non è da dirsi che non esistessero precedenti: questi esistevano, e provenivano tutti dall’Italia, dove il violoncello era nato. Basterebbe pensare ai Ricercari e ai Canoni di Domenico Gabrielli (1689) o di Giovanni Battista Degli Antonii (1687). Bach però va molto oltre: innanzitutto, non si aggancia a forme tipicamente e rigorosamente polifoniche, ma alle strutture libere dei movimenti di danza che compongono lo schema di Suite, dando prova ancora una volta della propria insuperata capacità di partire da modelli non scontati, di unire mondi e linguaggi differenti, di attuare processi di continua trasformazione verso la compiutezza di nuovi risultati che tutto comprendono.Secondariamente, Bach, quintessenza dello strumentista, amplia in maniera inaudita le strutture, eleva e ridefinisce le possibilità tecniche dell’esecuzione giungendo al fondo delle risorse tecniche dello strumento. Le Suites per violoncello sono esempi di virtuosismo dal

carattere addirittura profetico: non solo gli esecutori che avrebbero potuto permettersi la loro esecuzione si potevano letteralmente contare sulle punte delle dita di una mano già all’epoca di Bach, ma questa difficoltà rimase a lungo anche in seguito. Ad alimentare il loro carattere anticipatore, alle ardue difficoltà esecutive si unisce l’altissima concezione compositiva, la cui enorme portata non fu colta neppure nell’Ottocento, il secolo che pure vide l’inizio della rinascita dell’arte di Bach: quando nel 1825 (dopo oltre un secolo dalla nascita!) uscì la loro prima edizione a stampa, furono arbitrariamente definite «Studi», forse perché l’inserimento nella letteratura didattica ne poteva incoraggiare una maggiore diffusione commerciale. In modo simile, Schumann approntò addirittura un accompagnamento pianistico per un’edizione che ne tentò, con scarsi risultati, l’ingresso nelle sale da concerto. In definitiva, dovremo attendere gli anni Trenta del Novecento, con Pablo Casals, per giungere a una loro vera affermazione.Ciò che forse non era stato ancora compreso e anzi disprezzato e stravolto, è invece l’essenza delle Suites, che ne fa il modello ineguagliato e il monumento che ha stabilito il linguaggio del violoncello: la capacità di creare il massimo d’effetto con il minimo delle risorse; la parvenza di una struttura polifonicamente e armonicamente completa con un solo strumento; l’abilità nel dar vita, «anche senza l’accompagnamento di una linea di basso, a un denso contrappunto e a una raffinata armonia con figurazioni ritmiche originali e ben articolate, soprattutto nei movimenti di danza» (Wolff). In fondo, di fronte a questi capolavori, esecutori e ascoltatori compiono da diverse prospettive lo stesso percorso: la continua sorpresa dell’inesauribile ricchezza d’idee che paiono non tener conto dei limiti fisici, la parvenza che si unisce alla compiutezza, la curiosità sollecitata dal mai banale e dal mai ripetitivo che giunge all’appagamento, la sperimentazione di una polifonia virtuale che sollecita l’immaginazione, verso il superamento e la ridefinizione delle frontiere del possibile.

Cesare Mancini

Eliot Fisk“Considero Eliot Fisk uno degli artisti più brillanti, intelligenti e dotati dei nostri giorni, non solo tra i chitarristi ma tra gli strumentisti in generale. Sia che si tratti di interpretare la bellezza delle composizioni classiche, sia la ricchezza di colori della musica di oggi, la sua tecnica, chiara e flessibile, e il suo stile nobile lo collocano ai massimi livelli del panorama artistico contemporaneo.” Andrés Segovia.Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi chitarristi della propria generazione, Eliot Fisk è stato insignito della Croce di Santa Isabella La Cattolica, ovvero la più alta onorificenza autorizzata dal re di Spagna per i servigi resi alla musica spagnola. Questa onorificenza è stata assegnata solo tre volte: ad Andrés Segovia, a Yehudi Menuhin e, appunto, ad Eliot Fisk. La serata ufficiale della premiazione si è tenuta in occasione dell’apertura del Boston Guitar Fest (fondato e diretto proprio da Fisk), presso la Jordan Hall, una delle sale statunitensi di più marcata tradizione storica.Grazie all’incredibile virtuosismo e all’ineguagliabile versatilità, nel corso della propria carriera Eliot Fisk si è esibito, sia in recital per chitarra sola sia in duo con il celebre chitarrista spagnolo Paco Peña, presso le sale concertistiche più importanti che la tradizione musicale possa vantare. È inoltre docente presso l’Università del Mozarteum di Salisburgo, nonché presso il Conservatorio del New England – USA.Nel 1996 Fisk ha inciso in esclusiva, su incarico di Emilia Segovia, marchesa di Salobrena, alcune composizioni inedite del marito: la registrazione è stata accolta con un successo tale che la rivista Time Magazine ha scritto: “Questa registrazione abbaglierà i violinisti e scoraggerà i chitarristi…”. Tra le incisioni di Fisk si ricordano le 6 Trio Sonate BWV 525–530, originariamente scritte per organo (con il cembalista Albert Fuller), le 6 Sonate e Partite BWV 1001–1006 di J. S. Bach per violino solo (nella trascrizione dello stesso Fisk per chitarra), un disco dedicato alle opere scritte per Fisk dall’eminente compositore George Rochberg (con la Chamber Music Society of Lincoln Center e con Paula Robison) e una registrazione del Concierto Magico di Leonardo Balada con José Serebrier e l’Orchestra di Barcellona, nominato da Amazon come uno dei 10 migliori dischi del 2001. Luciano Berio ha voluto dedicare ad Eliot Fisk la sua famosa Sequenza per chitarra e, sempre di Berio, Fisk ha inciso numerosissime opere appositamente trascritte. Altrettanto

degne di nota sono poi le sue memorabili esecuzioni di trascrizioni da opere di Bach, Scarlatti, Mozart, Haydn, Paganini, oltre alle commissioni di compositori del calibro di Berio, Balda, Beaser, Bolcom, Montsalvatge, Maw, Rochberg, Schwertsik.Fisk ha collaborato inoltre con nomi del livello di Ute Lemper, Richard Stolzman, Bill Frisell, Burhan Öchan, Joe Pass e Lucero Tena.