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Indice: Museo della Ginestra “Eugenio Celestino……………………………………………………………………………….. Museo della Liuteria………………………………………………………………………………………………………………. Creazioni artistiche “Il Faro”………………………………………………………………………………………………….. Museo della liquirizia…………………………………………………………………………………………………………….. Museo del pane………………………………………………………………………………………………………………………. Il Museo dei Brettii e del Mare……………………………………………………………………………………………….. Museo delle Pergamene………………………………………………………………………………………………............ Museo del Brigante………………………………………………………………………………………………………………… Museo della civiltà rupestre e contadina………………………………………………………………………………… Museo della Civiltà Contadina………………………………………………………………………………………………… Museo delle Carrozze……………………………………………………………………………………………………………… Museo archeologico di Medma………………………………………………………………………………………………… Museo dei Santi Italo-Greci……………………………………………………………………………………………………. Museo Arte Contemporanea……………………………………………………………………………………………………. Museo etnico Arbereshe…………………………………………………………………………………………………………. Museo Multimediale delle Serre Calabresi………………………………………………………………………………

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Indice:

Museo della Ginestra “Eugenio Celestino ………………………………………………………………………………..

Museo della Liuteria……………………………………………………………………………………………………………….

Creazioni artistiche “Il Faro”…………………………………………………………………………………………………..

Museo della liquirizia…………………………………………………………………………………………………… ………..

Museo del pane……………………………………………………………………………………………………………… ……….

Il Museo dei Brettii e del Mare………………………………………………………………………………………………..

Museo delle Pergamene………………………………………………………………………………………………... .. ... ... .

Museo del Brigante……………………………………………………………………………………………………… …………

Museo della civiltà rupestre e contadina…………………………………………………………………………………

Museo della Civiltà Contadina…………………………………………………………………………………………………

Museo delle Carrozze…………………………………………………………………………………………………… …………

Museo archeologico di Medma…………………………………………………………………………………………………

Museo dei Santi Italo-Greci…………………………………………………………………………………………………….

Museo Arte Contemporanea…………………………………………………………………………………………………….

Museo etnico Arbereshe………………………………………………………………………………………………………… .

Museo Multimediale delle Serre Calabresi………………………………………………………………………………

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Piccoli tesori sono nascosti in ogni angolo del nostro Sud,

Noi raccontiamo la loro storia perché tu possa conoscerli ed apprezzarli!

La nostra terra del Sud assomiglia ad una nobile famiglia decaduta che vive di ricordi, a volte sembra quasi un inutile fardello che ci si trascina con colpa durante il cammino delle vita. Eppure non c’è agenda di politici e governanti che non presenti l’arte e la cultura come priorità del loro programma politico. Essa come un libro di affascinante bellezza deve ispirarci, e deve stimolare una coscienza diffusa e condivisa della storia e della cultura del nostro territorio. Essa così come l’anziano per la nostra società, è il deposito della memoria e soprattutto Essa rappresenta il fondamento per l’identità culturale della nostra società.

Perchè il Sud è la culla della tua anima e la tua anima

non ha età!

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Museo della Ginestra “Eugenio Celestino”

Cominciamo la visita dei musei calabresi dal paese di Longobucco, un piccolo borgo immerso nella Sila Greca, un vero scrigno di risorse naturalistiche per via del suo paesaggio fatto di fiumi, laghi e montagne incontaminate facenti parte del Parco Nazionale della Sila. Qui, cari lettori, ritroviamo il Museo della Ginestra.

Tracce di storia

La ginestra è un’ interessante fonte di fibre tessili già note e utilizzate da fenici, greci e romani per ricavarne cordami, ceste e stoppini per lucerne L’utilizzazione degli steli delle ginestre a fini tessili è, però, rimasta limitata per molti secoli a livello artigianale e familiare L’interesse per le fibre di ginestra è aumentato nel periodo dell’autarchia fascista in quanto potevano sostituire, per la produzione di tele, corde e sacchi, le fibre di iuta che dovevano essere importate.

Negli Anni Trenta del Novecento furono approfondite le conoscenze sulla coltivazione della ginestra e furono perfezionati i sistemi di produzione delle fibre. Nel 1940 funzionavano una sessantina di ginestrifici, soprattutto in Toscana, con una produzione di 700mila tonnellate di fibre all’anno. Dopo la Liberazione sono tornate disponibili le fibre di iuta d’importazione e subito dopo c’è stato l’avvento delle fibre sintetiche che hanno oscurato l’interesse per le fibre di ginestra la cui produzione è sopravvissuta su piccola scala in poche comunità della Basilicata e della Calabria.

La nuova attenzione “ecologica” per le fibre naturali rinnovabili ha spinto molti studiosi, anche in Italia, a riscoprire quanto era noto sulla produzione delle fibre di ginestra e sui suoi usi; un’ulteriore spinta si è avuta con il lancio, nello scorso 2009, dell’Anno mondiale delle fibre naturali da parte della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione.

Guida Virtuale

Il museo propone un viaggio attraverso il ciclo di trasformazione della ginestra, dalla pianta ai filati comprendente la macerazione, la battitura, la sfilettatura, la cardatura, la filatura, la tintura e la tessitura. Inoltre possiamo ammirare una vasta esposizione di antichi tessuti, di copriletti, di arazzi e di tappeti.

Protagonista assoluto di questa produzione artigianale è il Telaio quello strumento che permette alle lavoratrici di creare veri e propri capolavori quali coperte, arazzi e tappeti unici nel loro genere in quanto ognuno di essi è in grado di raccontare una storia, una leggenda o ancora una tradizione esclusivamente longobucchese. Simbolo di questa produzione artigianale è Eugenio Celestino negli anni ’30 fonda il “laboratorio d’arte tessile”, a cui va il merito di aver conservato l'attività tradizionale della tessitura artistica. Questo Longobucchese ricevette tante onorificenze, riuscendo a rifornire la Casa Reale, Papa Giovanni Paolo II e alcune tra le più importanti case d’alta moda. Nel 1950 istituisce una “Bottega scuola” attiva ancora oggi.

Oggi questa lunga storia fatta di tradizione, cultura e passione la troviamo nella tessitura artistica a mano di Mario Celestino, una bottega storica sita in quel di Via Monaci 14 là dove arazzi, coperte,

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tappeti e tovagliato di ogni genere vengono rigorosamente tessuti a mano e prodotti, dagli anni '30, sul tradizionale telaio orizzontale.

Ricordando i poeti nostrani Michele de Marco detto “Ciardullo” e V E. Bravetta, possiamo affermare che: “...persino la primavera si ingelosisce alla mostra di colori così originali e produzioni così fini quali quelle del Maestro Celestino “.

Info: Longobucco (CS) via Monaci, 14 N° telefonico: 098371048

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Museo della Liuteria

Continuiamo la nostra rassegna dei piccoli musei calabresi, giungendo a Bisignano, in provincia di Cosenza. Qui ritroviamo il Museo della Liuteria.

Una tradizione artistica che affonda le sue radici tra il XII e XIII secolo e che, con maggior vigore dal '700 è arrivata fino ai giorni nostri. E' la Liuteria di Bisignano (CS), l'arte di realizzare strumenti a pizzico che si fonde fino a diventare quasi una cosa sola con la vicenda plurisecolare di una famiglia, i De Bonis. Un’autentica peculiarità calabrese che ha, nella cittadina del cosentino, culla di generazioni di maestri liutai, un vero e proprio tempio.

Tracce di Storia

Il liuto, o chitarra, fece il suo ingresso in Italia grazie agli Arabi che lo introdussero tra Sicilia e Calabria intorno al IX-X secolo, in primis presso la corte dei Sanseverino di Bisignano per essere poi diffuso e trasformato grazie alle abilità degli artigiani locali che lo resero un manufatto di elevata qualità, musicale ed estetica, tanto da divenire una delle principali fonti dell'economia locale. Tra le più importanti e longeve famiglie, a spiccare è quella dei De Bonis, il cui operato lasciò un segno indelebile nella storia della liuteria mondiale. Operativi dal XVIII secolo, il Maestro Vincenzo prima e, successivamente Vincenzo II, il fratello Nicola III e Costantino, facendo tesoro delle loro competenze tecniche, artistiche e musicali, costruirono chitarre ora classiche ora barocche e battenti ma anche mandolini e violini la cui eccellenza li portò a ricevere innumerevoli premi e riconoscimenti internazionali.

Guida virtuale

Il Museo della Liuteria è dedicato ai fratelli Nicola e Vincenzo De Bonis, conosciuti in tutto il mondo e scomparsi rispettivamente nel 1978 e nel 2013. I De Bonis sono soprattutto una schiera di liutai, quasi una dinastia citata perfino nel Dizionario Universale dei Liutai di Renè Vannes pubblicato in lingua francese a Bruxelles nel 1951. Dalle loro mani, ma anche da quelle di tanti allievi oggi sparsi per il mondo che hanno frequentato la loro bottega apprendendo e facendo propri i segreti del mestiere, sono usciti chitarre e mandolini con un identico comune denominatore: il suono dolce ottenuto grazie alla sapienza di chi ha saputo dosare nel plasmarli legno e resine di pregio. Il museo, oltre agli strumenti donati da Vincenzo De Bonis, presenta materiale documentale attraverso il quale chiunque potrà ripercorrere la storia di questa famiglia conosciuta e apprezzata a livello nazionale e internazionale. La parola fine non è mai stata scritta: a tenere alto il nome di questa dinastia di artisti-artigiani è Rosalba De Bonis che, apprendendo l'arte della liuteria prima nella bottega dello zio e poi frequentando la Scuola Internazionale di Liuteria di Cremona, è specializzata nella realizzazione di chitarre battenti.

“La chitarra è una piccola orchestra. Ogni corda è un colore differente, una voce differente.”

Info: Bisignano (CS) Collina Castello N° Telefonico: 0984951071

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Creazioni artistiche "Il Faro"

È un vero e proprio “viaggio dell’anima” quello che occorre seguire per capire come si è giunti al Museo Antichi Mestieri di Calabria ed al Museo della Scienza e della Tecnica, che è il terzo in Italia dopo quelli di Milano e di Napoli.

L’anima appassionata e realizzatrice, è quella di Benito Badolato, che vive e lavora a Tropea, in Viale Stazione. Storia lunga e interessante la sua.

Tracce di storia

Nato a Catanzaro, ma di adozione tropeana, l’artista Benito Badolato ha materializzato, grazie alle sue abili mani, una serie di ricordi della sua infanzia, quando si aggirava curioso per le stradine osservando il lavoro del calzolaio, dell’ombrellaio, del taglialegna, del pastore, degli artigiani che modellavano l’argilla ed anche, perché no, dell’ubriacone.

Negli anni ’70 ha iniziato a costruire le statuine per sé, in base ai propri ricordi di gioventù; era quello il tempo in cui nacque l’ombrellaio, il calzolaio, il taglialegna, il pastore, e persino l’ubriacone felice e ridanciano con la bottiglia di vino e il bicchiere pieno tra le mani.

“Il ricordo è l’unico paradiso dal quale non possiamo essere cacciati.”

Il suo ingegno aveva prodotto dei piccoli, veri capolavori. Una dopo l’altra, le statuine erano diventate talmente tante da consentire, nel 1975, l ‘apertura di un piccolo negozio che l’Artista ha chiamato “Il Faro” perché, all’interno, era come se un fascio di luce avesse illuminato il buio del tempo facendo rivivere il mondo dei suoi ricordi.

Le statue erano belle, aggraziate e originali anche nei vestiti per i quali si è avvalso dell’aiuto della moglie Rosetta che, con passione e dedizione, da sempre si è prodigata a cucirli ricercando stoffe particolari per adeguarli al periodo a trattarli con resine speciali perché si adagiassero con grazia lungo le forme.Nel 1980, è riuscito ad aprire un laboratorio artigianale.

Guida virtuale

Poi una nuova scommessa con sé stesso: “dare vita” alle statue. Dopo vari studi e tentativi, è riuscito nel suo intento costruendo statue animate con l’impiego di tecniche e meccanismi sofisticati. Da allora è salito agli onori della cronaca; le sue creature hanno suscitato l’interesse delie televisioni e della stampa. Dalle semplici statue animate, in seguito, è approdato alla “Mostra degli antichi mestieri” che ha aperto nel 1999. La mostra è composta da un centinaio di statue animate che raccontano, la vita dell’uomo intorno agli anni Quaranta. Gli artigiani dell’epoca sono rappresentati intenti a svolgere i loro mestieri mentre si muovono con fare affascinante.

Pochi anni dopo, il suo estro, ha elaborato un nuovo gioiello: il “Museo della Scienza e della Tecnica”.

Nel Museo è possibile ripercorrere le tappe più importanti delle invenzioni avvenute nell’ultimo secolo.

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Invenzioni e scoperte che hanno segnato la storia dell’umanità, tutte visibili nelle parti che li compongono ed è possibile osservare, soprattutto, i vari meccanismi che ne permettono il funzionamento.

L’intento principale di quest’ultima creazione è di essere un’importante sussidio didattico per tutti gli studenti, della Scuola dell’obbligo alla superiore.

“Ci sono uomini che con le loro invenzioni hanno cambiato il nostro modo di vivere. Altri, quello di sognare”

Info: Tropea, Italia Via Pietro Ruffo di Calabria 9 N° Telefonico: +39 338 945 7304

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Museo della liquirizia

La ricerca della radice della felicità ci porta ad arrivare in contrada Amarelli a Rossano (CS), al museo della liquirizia della famiglia Amarelli, ormai conosciuta in tutto il mondo per la produzione di liquirizia e dei suoi derivati.

Tracce di storia

La storia della famiglia Amarelli inizia intorno all'anno Mille e prosegue nei secoli fra crociate, impegno intellettuale e agricoltura. Una storia da toccare con mano, da leggere, da ascoltare, da vivere nel Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli” nato nel 2001 e vincitore del Premio Guggenheim e per il quale è stato emesso un francobollo dalle Poste Italiane nel 2004 nella serie “Il Patrimonio Artistico e Culturale Italiano”

La famosa famiglia Amarelli, sinonimo in tutto il mondo di liquirizia italiana d’eccellenza, ha voluto fortemente la realizzazione di questo Museo nel desiderio di presentare al pubblico la storia di un prodotto unico strettamente legato al territorio. Cultura, impresa e tradizioni che affondano le loro radici a Rossano.

Incisioni, documenti, libri, foto d'epoca ma anche attrezzi agricoli, oggetti quotidiani e splendidi abiti antichi a testimoniare la vita di una famiglia, che valorizza i rami sotterranei delle piante di liquirizia che crescono spontanee sulla costa ionica, e che diventano il palcoscenico di un museo unico al mondo

Guida Virtuale

Il Museo si trova all’interno della storica residenza di impianto tardo quattrocentesco, da sempre dimora e stabilimento produttivo della famiglia Amarelli; un edificio imponente, contornato da un delizioso giardino punteggiato da agrumi e ingentilito da una piccola chiesetta.

All’ingresso il logo degli Hènokiens (prestigiosa associazione internazionale che riunisce le aziende familiari bicentenarie di tutto il mondo) dà il benvenuto ai visitatori, le sale espositive propongono incisioni, documenti, libri e foto d’epoca che raccontano del passato prestigioso della famiglia Amarelli.

All’interno si possono ammirare abiti e oggetti appartenenti alla famiglia, a testimonianza di un passato fastoso legato all’èlite del Regno di Napoli. Proseguendo il percorso si giunge infine alla storia della liquirizia, voce narrante del Museo.

La liquirizia viene presentata dalla nascita, come ramo sotterraneo della pianta, fino ad arrivare alla sua iniziale lavorazione nei “conci” della zona. Un excursus estremamente interessante che descrive il sistema di produzione tradizionale, dagli attrezzi manuali alle forme di trasporto, fino ad arrivare all’esposizione di fatture e timbri antichi.

Un luogo idilliaco, insomma, in cui trascorrere un pomeriggio diverso dal solito.

Le visite sono sempre guidate, ed oltre che in italiano, sono svolte nelle lingue più diffuse francese, inglese e tedesco e su richiesta russo, spagnolo e portoghese. Un esperienza indimenticabile vi aspetta al Museo della liquirizia Giorgio Amarelli.

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Con oltre 40.000 visitatori annui, il Museo della liquirizia di Rossano è, in base ad una ricerca condotta dal Touring Club Italiano, il secondo museo d’impresa più visitato in Italia dopo il Museo Ferrari.

Info: Museo della liquirizia Rossano (CS) Contrada Amarelli 0983511219

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Museo del pane

Oggi siamo a Panettieri, ridente cittadina nel cuore della provincia di Cosenza. La nostra curiosità ci ha spinti a visitare il Museo del pane, vero e proprio simbolo della cittadina cosentina.

La preparazione di prodotti farinacei, rappresenta un chiaro elemento identitario dell’antica civiltà contadina di Panettieri. Degli antichi forni presenti sul territorio, ne rimane solo uno adibito oggi a Museo Didattico del Pane. L’edificio è a due piani, con due distinti accessi collocati su lati opposti.

Tracce di Storia

L’etimologia del nome Panettieri, secondo storici accreditati, richiama alla parola calabrese “Panetterì”, che vuol dire fornaio e quindi il nome deriva dalla specializzazione e bravura raggiunta dai suoi abitanti nei processi di panificazione. Nel centro storico del paese, sorse presto uno dei primi forni ad uso pubblico che dopo una fase di restauro ospita oggi il Museo del Pane.

Il Museo è stato istituito nel 2006 dopo una ristrutturazione di un edificio in cui era presente un antico forno. Questo forno viene considerato una preziosa testimonianza di civiltà e un vero e proprio bene culturale per il fondamentale ruolo di collante tra passato e presente.

Guida virtuale

Il Museo si sviluppa su due piani. Il piano inferiore risulta suddiviso in due ambienti. Nel primo si possono ammirare le cosiddette majille (madie), nelle quali veniva impastata la farina per la creazione dei panetti, e le tavole che servivano a far lievitare l'impasto e successivamente per il trasporto al forno. In questa sala sono ancora visibili le lunghe tavole dove venivano collocati i panetti per la seconda lievitazione, adagiati tra candidi panni di tela o di lino che impedivano alla pasta di attaccarsi al legno.

Il secondo ambiente ospita un vero e proprio forno in mattoni e con cappa di rame, interamente ricostruito durante le fasi di restauro e che viene messo regolarmente in funzione durante le visite didattiche in maniera tale da mostrare il fascino straordinario della cottura del pane.

Il piano superiore dell'edificio accoglie invece una ricostruzione fedele e dettagliata dell'ambiente in cui viveva un tipico fornaio dell'epoca, suddiviso in una zona in cui avveniva la vendita dei prodotti e una seconda che ospitava la casa vera e propria, con la zona notte e i servizi.

“Pane è la più accogliente, la più gentile delle parole. Scrivetela sempre con la maiuscola, come il vostro nome”.

Info: Comune di Panettieri (CS) Via Risorgimento, 35 N° Telefonico – 096882018 Indirizzo web: www.comune.panettieri.cs.it

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Il Museo dei Brettii e del Mare

Cetraro (CS) , borgo calabrese affacciato sul Tirreno cosentino, nonché nota località turistica della Riviera dei Cedri, ospita una delle realtà museali più innovative del panorama nazionale.

Tracce di storia

Istituito nel dicembre 2011 come esposizione museale di proprietà comunale, il “Museo dei Brettii e del Mare” è stato allestito ed impostato secondo un criterio didattico, con una disposizione dei materiali che segue un percorso topografico e cronologico insieme, dai siti con i reperti più antichi a quelli con i più recenti.

Il museo si pone al centro di un itinerario di visita articolato in vari siti di interesse storico-archeologico lungo il tracciato montano che costeggia i fianchi del monte La Serra e comprende una serie di località che, grazie alla stretta collaborazione tra Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria ed Amministrazione Comunale di Cetraro, si sta cercando di valorizzare.

Il Museo è veramente uno scrigno di tesori che la nostra Regione può vantare al mondo e può senza ombra di dubbio far invidia alle più rinomate zone museali del suolo Calabro. Gran parte dei reperti riguardano in prevalenza la facies più significativa del comprensorio cetrarese, ovvero quella che illustra il momento più significativo della presenza umana nell’antichità, vale a dire tra IV e III secolo a.C. I reperti provengono da siti archeologici presenti nel territorio e costituiscono alcuni tra i più peculiari e diffusi oggetti della cultura materiale del popolo brettio.

Interessanti sono pure le sezioni dedicate al mare con alcune anfore ritrovate lungo la costa antistante Cetraro e la sezione dedicata al fondo cartografico donato alla città dal prof. Raffaello Losardo

Guida Virtuale

La punta di diamante del Museo è la nuova sezione multimediale

La realizzazione di tale progetto ha dotato il Museo di supporti multimediali innovativi posti a servizio degli utenti e dei visitatori: un moderno laboratorio multimediale che consente ai visitatori di muoversi virtualmente nei siti archeologici di Cetraro e scoprire, attraverso la tecnologia 3D, la bellezza dei singoli reperti esposti. O ancora esplorare i fondali marini con i relitti che custodiscono preziosi tesori, tutto questo grazie alla nuova tecnologia.

Infatti, è possibile tramite dei tablet in dotazione al museo o tramite i propri smartphone, grazie alla tecnologia dei codici QR e delle applicazioni gratuite già presenti su Apple Store e Android, ispezionare tutte le vetrine del museo con un semplice clic. Con l’apertura di questa nuova sezione del Museo dei Bretti e del Mare l’Amministrazione Comunale di Cetraro completa definitivamente un’opera di straordinaria importanza per il rilancio culturale della cittadina.

I numeri ci dicono in pochi anni dalla sua apertura, oltre a essersi distinta nel panorama museale calabrese per l’eccellenza dei servizi forniti e per l’affluenza registrata, ha registrato un grande numero di visitatori.

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Inoltre, il museo si è dotato di importanti realtà tra cui l’enoteca/caffè letterario posta al piano terra del Palazzo Del Trono, che quotidianamente anima la vita culturale cetrarese e dà la possibilità a validi giovani del luogo di trovare impiego nel loro paese d’origine.

Info: Cetraro -Pzza del Popolo ospitato all’interno del Palazzo del Trono. Telefono: 0982 92546 Email: [email protected] [email protected] Pagina Facebook: Museo Civico Cetraro

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Museo delle Pergamene

Conoscere e comprendere le dinamiche e le vicissitudini di epoche precedenti alla nostra è forse la prerogativa principale che ci siamo posti prima di giungere a Bianchi (CS), al Museo delle Pergamene, considerato il fiore all’occhiello dell’intera valle del Savuto.

All’interno, è possibile ammirare numerose pergamene antiche, di notevole valore storico. Tra i documenti, quelli di maggior rilievo, sono risalenti al ‘600 ed altre addirittura al ‘500; alcune pergamene a firma di Carlo V di Spagna, altre di Federico II e Federico IV degli Aragonesi, ed una bolla papale a firma di Benedetto XII. Il Museo, è sicuramente elemento di richiamo per un turismo culturale, con itinerari e percorsi che valorizzano le risorse naturali-ambientali e gastronomiche tipiche del luogo.

Tracce di storia

La documentazione conservata nel Museo delle Pergamene di Bianchi è parte fondamentale della storia di Bianchi e della nobile famiglia Accattatis.

Secondo alcune notizie storiche l’origine della cittadina risale intorno all’anno 1600, quando una moltitudine di persone, fra le quali gli Accattatis, si spostarono dalla vicina città di Scigliano nel territorio di Bianchi. Molto più tardi nell’anno 1820 Bianchi fu riconosciuto Comune autonomo con propri registri di Stato Civile. Nell’aprile 1984, l’Amministrazione comunale, su proposta del defunto e benemerito Cav. Luigi Elvio Accattatis, nipote del famoso accademico Luigi Accattatis, autore tra l’altro del vocabolario dialettale calabrese, fu istituito il “Centro di Studi Paleografici di Bianchi”; Successivamente nel 2004 la Giunta Comunale ha approvato lo schema di scrittura privata per la donazione dell’archivio storico della famiglia Accattatis al Comune di Bianchi e istituito il “Museo delle Pergamene e Documenti Storici” intitolato a Luigi Elvio Accattatis, uomo di cultura poliedrica, poeta e scrittore, cittadino di Bianchi, premiato e riconosciuti prestigiosi premi da famose accademie.

Guida virtuale

Uno dei luoghi più interessanti dell’area cosentina, il Museo è custode di preziose testimonianze storiche risalenti addirittura al ‘600.

Il Museo delle Pergamene di Bianchi espone al suo interno documenti storici redatti su pergamena e firmati da importantissime personalità del passato come Carlo V d’Asburgo, l’imperatore Federico II di Svevia, l’imperatrice Costanza d’Altavilla, il re Federico IV d’Aragona e una bolla papale a firma di Benedetto XII.

L’obiettivo è proporre ai visitatori un excursus sulla storia locale e sugli avvenimenti del passato attraverso le testimonianze contenute nelle pergamene, dei protagonisti dell’epoca.

Una voluminosa e interessante documentazione storica che richiama l’esistenza e lascia una profonda traccia culturale nella storia di Bianchi.

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Alcune pergamene sono state esposte presso la “Mostra del libro antico in Calabria” allestita presso la Biblioteca Nazionale di Cosenza. Opere bibliografiche e artistiche rare che hanno contribuito ad arricchire il valore storico della mostra.

Un Museo che ha la finalità di non spezzare il filo della memoria e della storia passata con quella contemporanea.

“Una generazione che ignora la storia non ha passato né futuro”.

Info: Comune di Bianchi (CS) Piazza Giacomo Matteotti N° telefonico : 0984 967058

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Museo del Brigante

Cari lettori benvenuti al Museo del Brigante di Panettieri. Il fenomeno del brigantaggio investì l'Italia meridionale nella metà degli anni '800. Il grosso delle bande era costituito da contadini salariati esasperati dalla miseria; accanto ad essi lottarono anche ex garibaldini sbandati,ex soldati borbonici e numerose donne, audaci e spietate come gli uomini. Le classi povere, soprattutto contadine, immaginarono spesso i briganti come degli eroi popolari e anche nella stampa dell'epoca furono proposte figure di briganti "buoni Il museo del Brigante narra della storia e le gesta di Giosefatte Tallarico

Tracce di Storia

Giosefatte Tallarico nacque agli inizi dell'800 a Panettieri. La sua casa, ubicata nel centro storico del paese esiste ancora oggi. Il giovane Giosafatte, aveva inizialmente studiato per diventare prete e poi farmacista, ma fu una vicenda familiare a segnare la sua vita e inevitabilmente il suo destino. Durante gli studi di farmacista, mentre si trovava nel laboratorio di Gaetano Rimola a Cosenza, un suo compaesano gli portò una notizia terribile per quell'epoca: sua sorella era stata sedotta e abbandonata da un signorotto, Luigino Speradei. Giosefatte ritornò precipitosamente a Panettieri con l'intenzione di risolvere la faccenda proponendo un matrimonio riparatore. Al rifiuto del seduttore, secondo il modo di pensare del tempo, a Giosefatte non restava altro che lavare con il sangue l'onta subita dalla sua famiglia e così uccise lo Speradei sul sagrato della chiesa una domenica mattina. Questi fatti avvenivano intorno al 1820, quando nei piccoli paesi calabresi la legge e il governo avevano pochissima influenza e ogni cittadino provvedeva da sé a vendicarsi dall'ingiurie e a difendersi.

Dopo l'uccisione, a Giosefatte non restò che darsi alla fuga nel territorio silano, tra le province di Catanzaro e Cosenza e diventare brigante. La sua attività durò per molti anni, prima di essere deportato a Ischia dove visse gli ultimi anni della sua vita da galantuomo. Molte sono le sue gesta da brigante e ogni aneddoto o fatto è caratterizzato dal senso di attenzione verso i deboli; egli infatti prendeva ai ricchi e ai forti per dare ai poveri e ai deboli. Giosefatte fu un brigante solitario e rappresentò il prototipo del brigante buono e generoso, che lotta contro i soprusi e le prepotenze. Per la sua posizione a favore dei deboli conquistò la simpatia del popolo.

“Egli vive ancora oggi nella memoria collettiva del suo paese e dei paesi vicini, come il vendicatore dei torti e il romantico difensore dei deboli”

Guida Virtuale

Il museo, ospitato in un’antica abitazione del centro storico di Panettieri, nasce come allestimento da ascoltare, scoprire e guardare alla scoperta della vita e delle vicende del celebre brigante Giosafatte Talarico. Cassetti, botole e nascondigli, nonché schedari libri e riproduzioni antiche che forniscono una preziosa testimonianza sulle vicende del brigantaggio in Calabria e sulla storia caratteristica di un personaggio così rilevante nel panorama brigantesco dell’epoca. Vale la pena ricordare che oggi gli storici hanno rivalutato il fenomeno del brigantaggio all’interno della storia d’Italia. I protagonisti principali che parte della storiografia ha per tanto tempo

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rappresentato come truci, sanguinari, delinquenti, stanno subendo un processo di rivalutazione che assegna loro un ruolo diverso da quello attribuitogli finora. Le bande di malviventi, dediti a ruberie, saccheggi, rapimenti e omicidi furono in realtà, molto più spesso di quanto non si creda, folle di cittadini disperati ed esasperati dai soprusi e dalle angherie degli invasori di turno.

Luoghi come il Museo del Brigante possono allora contribuire a rimettere in equilibrio l'asse della storia, con le sue più profonde verità.

“Il brigante è come la serpe, se non la stuzzichi non ti morde” Carmine Crocco – Brigante Italiano

Info: Museo del brigante Panettieri (CS) Via Risorgimento 35 N° telefonico: 0968.82018

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Museo della civiltà rupestre e contadina

Siamo a Zungri, in Calabria, sull’altopiano del monte Poro che domina il promontorio di Tropea, a circa 20 km dal capoluogo Vibo Valentia.

Oggi visitiamo Il Museo della civiltà rupestre e contadina e si prefigge lo scopo di valorizzare sotto l’aspetto socio-culturale l’insediamento rupestre e la diffusione delle conoscenze degli avvenimenti storico-culturali verificatesi dal XII sec. in poi in Zungri e nel suo comprensorio.

Tracce di Storia

ll museo nasce nel 2003, allestito in un ex frantoio sito in prossimità dell'insediamento rupestre. Nel Museo sono custoditi circa 3.000 reperti, tutti attinenti alla civiltà rupestre e contadina di Zungri.

La raccolta è riunita nelle sezioni tematiche della casa, della lavorazione dei campi, dei mestieri artigiani, della tessitura e della produzione del vino.

Il Museo è la porta d’accesso dell’insediamento rupestre di Zungri

Il villaggio rupestre è situato nell’immediata periferia di Zungri, nel vallone della fiumara Malòpera, sui 490 metri di altitudine. Vi ritroviamo un centinaio di grotte di varie dimensioni e forme, risalenti sino al Medioevo, distribuite in modo disordinato ma sfruttando intelligentemente piccoli pianori e terrazzamenti del costone. Le abitazioni rupestri sorgono accanto ai laboratori artigianali e alle stalle, ai campi coltivati a cereali, ai vigneti e sono collegate dal sistema idrico e dalla viabilità interna.

ll nome del villaggio deriva dal greco e significa: “roccia, dirupi, tufi” tutti termini ben relazionati con la morfologia di questa località che si contraddistingue per la presenza di diverse grotte scavate nella roccia e collegate da cunicoli.

Guida virtuale

La prima sala espone attrezzi agricoli e strumenti artigianali legati al ciclo del grano e dell’uva, della ginestra, della canapa e degli altri tessuti, all’agricoltura, la pastorizia, l’allevamento, ai mestieri e le professioni artigianali

La seconda sala ricostruisce la vita quotidiana: il focolare domestico con il paiolo, il braciere e lo stendibiancheria, l’angolo della panificazione e la conservazione dell’olio, una piccola forgia.

Nella terza sala troviamo gli ambienti più intimi come la camera da letto, il corredo femminile, gli angoli per la pulizia e la toletta quotidiana. Di grande interesse è la collezione di foto storiche distribuita sulle pareti.

All'interno del Museo, oltre alle esposizioni museali, è possibile consultare un tavolo touch che riassume le peculiarità dell'area archeologica sottostante. Inoltre, un totem multimediale garantisce la fruibilità dei contenuti del sito web riguardanti Museo e Insediamento Rupestre anche per le persone con mobilità ridotta

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“In questi luoghi l'unione tra storia e natura ti da l'impressione di fermare il tempo, e ti regala una sensazione di pace indescrivibile”

Info: Museo di Zungri Via Indipendenza - centro storico di Zungri Per maggiori approfondimenti si consiglia di visitare il sito web: www.grottedizungri.it

Il Museo può essere visitato tutti i giorni nei mesi estivi; nei restanti mesi dell’anno può essere visitato in giorni stabiliti, previa opportuna richiesta anche telefonica, (tel. 0963/664015)

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Museo della Civiltà Contadina

Il Museo della Civiltà Contadina di Bova Marina, ospitato presso l'Istituto Ellenofono del comune jonico reggino, offre un interessante spaccato della vita agro pastorale dell'Area Grecanica tra Ottocento e Novecento.

Tracce di Storia

Bova è la capitale dell’area grecanica. Dall’alto dei suoi 900 metri slm domina tutta l’area e gli altri paesi e borghi grecanici e custodisce gelosamente la sua storia, anche linguistica. Secondo la leggenda Bova fu fondata da una regina greca che, sbarcata lungo la costa, sarebbe risalita verso l'interno e fissato la sua residenza sulla cima del colle di Bova, presumibilmente entro le rocche dell'antico castello.

Guida Virtuale

Il piccolo Museo etnografico non è solo testimonianza del recupero di una importante collezione di oggetti e strumenti della tradizione locale, ma vero e proprio lavoro di ricerca che lungo i secoli porta il visitatore ai giorni nostri offrendo un piccolo spaccato di produzioni artigianali e contadine locali ancora praticate all’interno del territorio bovese. Parliamo della lavorazione del Bergamotto, ovviamente, ma non solo.

Di assoluto valore per i cimeli esposti e per le informazioni sulle attività attuali è la lavorazione della ginestra, che dà frutto a un tessuto unico e sempre più raro che a Bova Marina è ancora possibile trovare grazie ai telai e alle delicate competenze che chiunque può trovare presso la sede dell’Associazione Culturale “To Argalio”.

Ad arricchire l’importante serie di cimeli esposta presso il Museo della civiltà contadina dell’Area Grecanica è un completo e ricco percorso visivo che, con sapienza e completezza di informazioni, immerge il visitatore tra i costumi e le tradizioni della Bovesia.

Nell’allestimento museale, corredato da accurati pannelli esplicativi, si ritrovano reperti appartenenti al mondo agricolo e popolare, il telaio, il torchio, le botti, le falci, coltelli, e tutta una serie di strumenti e utensili, con pezzi che risalgano anche al diciassettesimo secolo

Insieme al Museo è consigliabile visitare “Il Sentiero della Civiltà Contadina”

E’ un Museo all’aperto nel comune di Bova, ideato e realizzato da Saverio Micheletta, l’imprenditore emigrato che ha voluto omaggiare il suo paese di origine e la sua infanzia.

Si tratta di un vero e proprio museo all’aria aperta; un percorso che si snoda nei vicoli dell’antico borgo dove sono stati installati i principali strumenti di lavoro della cultura contadina: macine di mulino ad acqua e a trazione animale, torchi e presse di frantoio, abbeveratoi per animali, palmenti per pigiare l’uva, torchi per estrarre l’essenza di bergamotto e molti altri oggetti appartenenti all’antica civiltà agricola

Il Sentiero della Civiltà Contadina è un viaggio nella storia personale di un uomo e, allo stesso tempo, nella cultura collettiva di un territorio. È la valorizzazione di un antico borgo che ha resistito nei secoli alle invasioni di popolazioni straniere, alle calamità naturali, agli stravolgimenti

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della modernità e che continua con fierezza e orgoglio a rappresentare un'eccellenza della Calabria e dell'intero Paese.

“Il primo uomo fu un agricoltore, e ogni nobiltà storica riposa sull’agricoltura”

Info: Il Museo della Civiltà Contadina Via sant’Antonio Bova (RC) Sito web: www.sentierociviltacontadina.it

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Museo delle Carrozze

Non c’è città o paese della Calabria che non possiede un gioiello da scoprire, visitare, godere e valorizzare. A volte una semplice fontana, una piazza, un palazzo, una chiesa o un museo, dove poter leggere e rivivere la storia, le origini. Ebbene a Sitizano, frazione di Cosoleto (RC), piccolo borgo ricco di storia e tradizioni racchiude al suo interno un affascinante museo: il Museo delle Carrozze “Marchesi Taccone di Sitizano”.

Tracce di Storia

Sitizano oggi frazione del comune di Casoleto in provincia di Reggio Calabria, fu dapprima un casale della terra di Santa Cristina, posseduta dalla famiglia Ravanello e poi dagli Spinelli; fu poi acquistata col titolo di baronia dai Taccone nel 1648.

La famiglia Taccone di origine lombarda si trasferì in Sicilia e poi in Calabria nel 1487 con Paolo Taccone dove fu ascritta al Sedile di Portercole della città di Tropea nel 1578 con Nicola Taccone. Nel XVIII secolo i Taccone stabilitisi a Napoli ottennero il titolo di Marchese di Sitizano il 12 agosto 1797 con Francesco Taccone.

Francesco Taccone, Marchese di Sitizano, nato a Sitizano il 16 agosto 1762, da Giuseppe e Isabella Capialbi, e morto a Napoli il 28 ottobre 1818. Sotto il regno di Ferdinando IV di Napoli, fu Questore, ossia Tesoriere Maggiore del Regno di Napoli e Presidente della Regia Camera. In tale carica, ebbe un importante ruolo nella ricostruzione succeduta al terremoto del 1783. È anche citato da Alexandre Dumas nel libro Borboni di Napoli (1862).

Guida Virtuale

Francesco Taccone,Marchese di Sitizano, nato a Sitizano il 16 agosto 1762, da Giuseppe e Isabella Capialbi, e morto a Napoli il 28 ottobre 1818. Sotto il regno di Ferdinando IV di Napoli, fu Questore, ossia Tesoriere Maggiore del Regno di Napoli e Presidente della Regia Camera. In tale carica, ebbe un importante ruolo nella ricostruzione succeduta al terremoto del 1783. È anche citato da Alexandre Dumas nel libro Borboni di Napoli (1862).

Uno dei pochi musei tematici in Italia, il Museo di Sitizano è il secondo in Calabria per ordine d’importanza, dedicato alle carrozze d’epoca. È stato realizzato grazie alla donazione fatta dai Marchesi Taccone di Sitizano e si trova presso le vecchie stalle adiacenti il Palazzo dei Marchesi, spazio donato assieme alle vetture che costituiscono il museo. Sono otto le vetture che si possono ammirare in tutta la loro bellezza, grazie all’opera di restauro fatta dal signor Antonio Mezzatesta. Carrozze dei secoli diciannovesimo e ventesimo, corredate di accessori e finimenti di pregevole fattura; fanno parte della collezione le Berline, un Landau e tanti modelli di calesse, provenienti dall’Italia e dalla Francia. Un patrimonio importante, dal grande valore sociale e storico che tutti dovrebbero conoscere.

“Una compagnia allegra è una carrozza in un viaggio a piedi”

Info: Comune di Cosoleto (RC)

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Piazza Italia N°telefonico: 0966.962003

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Museo archeologico di Medma

Cittadina calabrese di circa quindicimila abitanti in provincia di Reggio Calabria, Rosarno sorge su un modesto plateau collinare, sulla sinistra idrografica del Fiume Mesima, nella parte settentrionale della Piana di Gioia Tauro, localmente nota come A Chjiana. Paesaggisticamente è dominata da uliveti a perdita d’occhio, con esemplari secolari che in alcune zone superano i 15 metri di altezza, e da vaste aree ad agrumeti un tempo maggiormente diffuse prima della costruzione dell’imponente porto – uno fra i più grandi del Mediterraneo – che domina oggi tutta la costa della Piana.

Tracce di storia

Il Museo di Medma, inaugurato nell'aprile del 2014, nasce dalla realizzazione Parco archeologico dell'antica citta magnogreca di Medma. Il museo infatti espone una gran parte degli oggetti rinvenuti nei lunghi anni di ricerche che la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria ha effettuato a Rosarno già a partire da P. Orsi e fino ai nostri giorni. Il parco archeologico dell'antica Medma è costituito da una grande distesa di ulivi ubicata alle spalle del Museo e nelle immediate vicinanze dell'attuale cimitero di Rosarno. L'area, espropriata intorno agli anni ottanta del secolo scorso dalla Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria corrisponde alle aree sacre di Calderazzo e S. Anna, note attraverso gli scavi dell'Orsi, anche se non mancano settori che illustrano l'abitato medmeo e le zone artigianali con presenza di pozzi e fornaci.

Guida virtuale

L'esposizione inizia con la ricostruzione della necropoli: tombe alla cappuccina, a cassa di embrici, a vasca, ricche di oggetti. Splendidi esemplari della coroplastica medmea -statuette di varie dimensioni e fogge, busti, grandi maschere, criofori (portatori di ariete) - vasi ed armi in ferro rinvenuti nell'area sacra di Calderazzo, sono presentati ai lati di una virtuale via sacra che si arresta davanti ad un altare in terracotta (arula) di grandi dimensioni, con in rilievo i personaggi della tragedia di Sofocle che rappresenta la vicenda di Tyrò, giovane donna, figlia del re Salmoneo ritratta con i figli Pelia e Neleo che per vendicare la madre hanno appena ucciso la matrigna Sidero che giace esamine ai piedi di un altare, mentre il vecchio re Salmoneo fugge disperato davanti a tanto orrore. L'esposizione si conclude con i materiali provenienti dall'abitato tra i quali si segnala un modello di fontana rituale in terracotta. Sono presentati anche oggetti provenienti dalla collezione privata Giovanni Gangemi, donata allo Stato, che è costituita da pregevoli vasi sia a figure nere che a figure rosse tra cui un'anfora con scene della lotta per la conquista delle armi di Achille. Molto ricca è la documentazione proveniente dall’area sacra individuata in loc. Calderazzo, ove Paolo Orsi negli anni 1912-1913 scoprì un grande deposito di oggetti votivi, realizzato in una delle periodiche operazioni di sgombero del santuario oppure in occasione di una ristrutturazione edilizia di questo. In questa sezione possiamo ammirare numerose statuette di divinità e i modellini di scudo e di elmi, richiamo simbolico alle offerte di armi; e poi ancora i modellini di tempietti, e i pinakes ,quadretti votivi portati in dono dalle fanciulle alla vigilia delle nozze. Fra i reperti bronzei, di rilievo sono le phialai, coppe poco profonde utilizzate per le libagioni, ossia offerte di liquidi. Da rimarcare, infine, quale unicum sul piano artistico in tutta la Magna Grecia, e a testimonianza degli ottimi rapporti intercorrenti tra Medma e la capitale dell’Attica Atene, la rappresentazione in

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5 arule di scene dedotte dalla tragedia ateniese, in particolare la famosa “Arula di Tiro”, altarino in terracotta in cui viene rappresentata una scena mitologica desunta da una tragedia di Sofocle andata perduta (Tiro), rinvenuta dall’Orsi nel corredo funebre in uno dei ben 86 sepolcri della necropoli in contrada Carozzo-Nolio. Sempre in Grecia, nel santuario di Olimpia, nel 1938, su uno scudo bronzeo, venne rinvenuta l’attestazione epigrafica più antica di Medma finora pervenuta dove si legge che i medmei in alleanza con i locresi di Lokroi Epizephyrioi e gli Hipponiati (da Hipponion, odierna Vibo Valentia) sconfiggono Crotone. Infine, mi preme sottolineare che molti sono i reperti archeologici di Medma in giro per i Musei in Italia e all’estero: principalmente in quello di Reggio Calabria, e poi Siracusa, Vibo Valentia, Taranto, Rovereto, Napoli, mentre all’estero ne troviamo a New York, Londra, Parigi, Basilea, Ginevra, Bonn e Sidney.

Info: Comune: Rosarno Indirizzo: Via Filippo Medma CAP: 89025 Provincia: RC Telefono: 0966712146

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Museo dei Santi Italo-Greci

Staiti è un caratteristico borgo medievale, con

le abitazioni disposte a terrazza e il centro

storico attraversato da un fitto intrico di

viuzze. Il paese, arroccato sul fianco della

Rocca Giambatore a 500 m s.l.m. e con vista

sull’ampia valle della fiumara di Bruzzano,

sorge a circa 12 chilometri dalla costa,

circondato da una vera e propria barriera

naturale di roccia che, nei secoli passati, si

rivelò essere un’eccellente protezione contro

le incursioni piratesche.

Tracce di storia

Il Museo dei Santi Italo-Greci di Staiti è la pregevole opera realizzata attraverso la collaborazione e la proficua interazione tra Istituzioni e Associazioni. Il Museo trattiene ed esprime la densa e numerosa presenza dei Santi che hanno vissuto e scelto il nostro territorio come eremo dal quale elevare la preghiera e innalzare lo spirito, e dal quale si sarebbero poi diffusi l’orazione ed il culto.

Il Museo vuole essere il completamento di un percorso che lascia traccia di sè e dei suoi passaggi, che porta alla comprensione ed alla ulteriore testimonianza scritta e dunque narrata di una vicenda mistica eppur carnale di una umanità che si lascia guardare nell’esempio di spiritualità e devozione.

Guida Virtuale

Unico in Calabria, il museo si prefigge di contribuire alla valorizzazione del patrimonio spirituale e culturale della Calabria bizantina. L’allestimento di un’esposizione permanente di 22 icone dei Santi calabresi e siciliani venerati nella Calabria e nell’Area Grecanica della Calabria permette di riportare alla luce i Santi greci di Calabria e Sicilia appunto divenute, purtroppo, “ombre della storia”, visibili nella forma, ma invisibili allo spirito.

Le Icone esposte nel Museo ci raccontano frammenti di quell’epoca in cui l’incontro con Dio si astrasse dal tutto e si celebrò nell’essenzialità dell’incontaminata e aspra natura che si fece tenera e dolce nel sacrificio e nell’umiltà dei suoi Santi. Esso rappresenta un primo “scrigno” spirituale in cui riporre il nostro cuore e la nostra memoria.

La collezione – dichiara l’iconografo Tikhonov – è destinata a durare non solo negli anni, ma nei secoli. Ne è garante proprio l’antica tecnica di esecuzione, sperimentata con successo da una pleiade di maestri iconografi del passato. In questo modo, anche le future generazioni potranno mantenere sempre viva la memoria dei santi Padri, protagonisti del glorioso passato di questa grande terra.

“Edificare la memoria del territorio attraverso il recupero delle immagini e della sua umanità, attribuisce valore al tempo che viviamo e definisce l’irrinunciabile necessità di ristabilire quel

prezioso legame con la storia e con la nostra identità”

Info: Palazzo Cordova Via Roma, Staiti (RC) N° telefonico: 0964.941164

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Museo Arte Contemporanea

ll MACSS è il Museo d’Arte Contemporanea di Santa Severina, ubicato nella suggestiva cornice del Castello del borgo calabrese di Santa Severina.

Tracce di storia

Fino ai primi anni settanta il piano nobile del castello di Santa Severina era la sede del convitto comunale maschile, che ospitava circa ottanta studenti del liceo- ginnasio “D. Borrelli”. Quando il collegio fu costretto a chiudere per mancanzadi alunni, l’amministrazione comunale pensò di valorizzare al meglio questi locali, creando un’importante pinacoteca attraverso delle mostre di pittura, di livello nazionale.

L’organizzazione di queste mostre ed estemporanee di pittura collegate sia al premio Siberene, ripreso, sia ad altri appuntamenti annuali, registrarono la presenza di diversi artisti di livello nazionale ed internazionale che allestivano Personali e Collettive nel Castello, che il più delle volte, non prevedevano il pagamento del compenso inerente alla locazione delle sale messe a disposizione. Come corrispettivo gli artisti lasciavano una o più opere nella pinacoteca comunale.

In aggiunta, furono compiuti dei workshop tramite le accademie di Belle Arti, che mandavano alcuni aspiranti artisti a fare degli stages a Santa Severina, con l’accordo che le opere realizzate dovevano rimanere al comune. Così facendo il numero dei quadri, alcune volte anche sculture, aumentò in modo considerevole incrementando sempre di più, la collezione d’arte.

Guida virtuale

La raccolta d’arte del Comune di Santa Severina conta duecentodieci opere, caratterizzate da stili artistici e tecniche differenti. Sono presenti artisti italiani ed internazionali, maestri d’arte e giovani aspiranti, un insieme di tradizioni e invenzioni creative.

All’interno del museo troviamo rappresentazioni di artisti legati all’Arte Figurativa, alla scultura, all’arte astratta, ed una sezione dedicata agli artisti internazionali.

Solo per citare alcuniartisti, ricordiamo

il pittore Luigi Menichelli, che ha donato quattro tele alla pinacoteca di Santa Severina, in occasione delle mostre di pittura

Giovanni Marziano, un esperto di educazione all’immagine, direttore della Pinacoteca Comunale di Soveria Mannelli

Ennio Calabria pittore operante a Roma,e importante esponente del figurativismo europeo.

Gioacchino Lamanna artista completo, che lavora come: ritrattista, paesaggista, decoratore, restauratore. Ha donato al Museo tre quadri, caratterizzati da temi paesaggistici.

Francesco Bitonti pittore, scultore, e ceramista. Ha al suo attivo numerose mostre nazionali e internazionali. L’ultima importante mostra lo ha visto fra gli artisti calabresi a Montreal, nel 2004, al Centro Leonardo da Vinci, punto di riferimento artistico della comunità italiana in Canada.

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Mark Aspinall artista inglese, che usa i quattro elementi principali dell’arte a tre dimensioni: legno, metallo, ceramica e vetro

Lo spagnolo Francisco Alvarez, il russo Piotr Mercury, e l’uruguaiano Edison Vieytes.

“Obiettivo dell’arte è di fare riflettere gli uomini e di trasportarli al di là della loro vita quotidiana per viaggiare nell’immaginazione. Questa magia è sempre possibile: basta trovare il tempo per

meditare e staccarsi dal presente. L’artista dà a tutti l’opportunità di intraprendere questo salto e avviare l’immaginazione"

Questo museo rappresenta un esempio lampante di questo concetto

Info: Coop Aristippo Telefono e fax: 0962/51069, cell. 3394051632 Indirizzo mail: [email protected]

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Museo etnico Arbëreshe

Piccolo ma ben curato, e decisamente affascinante così come il paese che lo accoglie (Civita- Çifti in arbëreshe) in provincia di Cosenza, è il Museo etnico arbëreshe, testimonianza del mondo pastorale della comunità di tradizione albanese.

Tracce di Storia

Il primo nucleo di questo museo è stato creato ed organizzato allo stato embrionale con gli alunni della scuola dell'obbligo della comunità negli anni settanta-ottanta. Negli anni successivi l'idea-progetto è stata perseguita, individuando come interlocutore l'Unione Europea.

Finalmente nel 1989 il Museo Etnico viene creato dall'Associazione con il concorso dell’Unione Europea, dell'Amministrazione provinciale, del Distretto Scolastico n° 19, della Comunità Montana del Pollino e del Comune di Civita. L'inaugurazione del Museo è avvenuta il 25 maggio 1989 ed esso è stato la prima struttura di testimonianza iconografica nell'ambito dell'Arberia.

Nel 1994 il Museo è stato trasferito nell'edificio dell'ex municipio di Civita, ristrutturato con progetto finalizzato specificamente alla creazione di una struttura museale mediante un finanziamento regionale previsto dal piano "Pim-Cultura".

Il Museo, definito “il piccolo Louvre della civiltà arbëreshe”, è il libro aperto dell’Arberia e rappresenta la bandiera di una storica minoranza linguistica italiana, di ieri, di oggi e di domani, che scappò in Italia dopo la morte di Castriota Skanderberg per non sottostare al dominio islamico ottomano.

Guida virtuale

Il percorso espositivo e di ricerca è composto da varie sezioni, riguardanti la minoranza linguistica arbëreshe e presenta ampi spazi per le immagini e per l'oggettistica; possiede inoltre una sezione ecologica riferita al territorio.

Il Museo si compone di 4 Sale, piene di immagini, documenti, oggetti, costumi ricchi di storia e di grande interesse così come la storia e la vicenda degli Arbëreshe.

Il percorso all'interno del Museo Etnico Arbëreshe di Civita inizia al piano terra con la Sala dell'Accoglienza che si affaccia sulla piazza principale del paese. Questo primo ambiente è utilizzato anzitutto per i rapporti di pubblica relazione con i visitatori, per l'approccio alla visita della struttura museale e per fornire le informazioni utili al fine di proseguire la conoscenza della comunità e del suo territorio.

Al primo piano si trova la Sala del Telaio del Museo.

Si accede utilizzando una scala interna che parte dalla Sala dell'Accoglienza oppure dall'ingresso posteriore dell'edificio che è a servizio di eventuali visitatori portatori di handicap. Essa è la prima di tre ambienti tra loro collegati e che formano un unicum spaziale. Nella sala sono collocati due ampi e capienti armadi espositori (box). È stata battezzata «del Telaio», in quanto dell'oggettistica presente esso rappresenta il «pezzo» più significativo e nobile.

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La terza sala è la Sala dei Totem, la parte centrale del Museo Etnico Arbëreshe. Il nome deriva dalla presenza di due originali strutture in ferro battuto, che contengono materiale iconografico. Nella sala è ubicata l'uscita di sicurezza; essa è fornita di un balcone che si apre sulla piazza-salotto di Civita. Anche in questa sala per il visitatore appena entrato la visione spazia in un itinerario ideale da sinistra a destra.

La quarta sala è la Sala del costume.

Nella Sala sono stati ricavati due stipi a muro opportunamente strutturati per l'esposizione di oggettistica. Dalla Sala del Costume si accede ad un terrazzo, che si affaccia sul verde attrezzato fiancheggiante il Municipio. Essa è stata definita “del Costume”, in segno di gratitudine a ciò che è diventato anche per gli Arbëreshe una sorta di “carta d'identità” nella miriade dei popoli del mondo.

Nella Sala del Costume si conclude il percorso della visita all'interno del Vademecum sull'Etnia italo-albanese, rappresentato dal Museo Etnico Arbëreshe di Civita.

Distribuita all’interno del Museo, e di particolare rilievo e interesse per notizie e storia è la rivista Katundi Yne, giornale trimestrale di 3550 copie.

La Rivista propone testi sia in italiano che in arbëreshe, di argomenti diversi che spaziano dalla letteratura alla linguistica, alla storia, alla didattica e alla musica grazie alla collaborazione volontaria di circa 800 persone.

"Ricordate, ricordate sempre, che tutti noi, e tu ed io in particolare, discendiamo da immigrati"

Info: Civita (CS) Piazza Municipio N° telefonico: 0981.73150

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Museo Multimediale delle Serre Calabresi

Il “Museo Multimediale delle Serre Calabresi”, si colloca nella struttura della Canapa, antico rione della cittadina di Monterosso. Il nucleo centrale della struttura è costituito da un edificio storico molto suggestivo, ricostruito dopo il terremoto del 1783, che negli anni ha funzionato come filanda prima e come frantoio oleario dopo. ll museo, di proprietà comunale, è stato ideato, allestito e curato scientificamente da Rosario Chimirri, con la consulenza di Francesco Bevilacqua, Ottavio Cavalcanti, Vincenzo Lavena, Merel Meijer, Ilario Principe, Mauro Scorretti e Vito Teti.

Il Museo è suddiviso in 4 sezioni: multivisione, sala didattica, biblioteca e uffici. All’interno delle sezioni è possibile ammirare tramite documentazione fotografica e filmica, composta da immagini d’epoca e prodotti attuali: 1) la geografia, la flora e la fauna, i percorsi naturalistici; 2) il territorio, l’urbanistica, l’architettura; 3) la società, il lavoro, l’alimentazione; 4) il quadro dialettale, la musica tradizionale, il culto dei santi, le feste e le ritualità. Il ruolo della documentazione filmica è molto rilevante. Essa alterna filmati d’epoca e filmati attuali, diversamente considerati nei percorsi espositivi-illustrativi a seconda dei messaggi da comunicare e/o delle finalità da raggiungere. Grande spazio è, inoltre, dato all’impianto multivisivo di grandi dimensioni che, assieme alle tecniche di dissolvenza e di soft-age applicate alla procedura narrativa, legate al sincrono della colonna sonora, conferiscono al prodotto comunicativo un carattere emotivo e spettacolare.

Nello stesso edificio troviamo Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana della Calabria (Museo d’Europa)

Il Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana della Calabria viene fondato nel 1983, dopo un'intensa attività di recupero ed acquisizione di oltre 3.000 pezzi: strumenti, attrezzi, prodotti e testimonianze legate alla vita agricola ed artigiana di un'area significativa della Calabria avviata nel 1978. Il Museo è ubicato presso il Palazzo Aceti-Amoroso, edificio del XVII secolo, ed è strutturato in sei sezioni: arte contadina, tessile, della terracotta, del legno, del ferro e del costume, supportati da adeguati apparati didascalico-fotografici. Nella sala contadina sono esposti strumenti di lavoro tra cui un possente torchio ligneo del XVIII sec. La sala dedicata alla tessitura ricostruisce il ciclo produttivo che dal seme porta al tessuto, qui ammirevoli sono un originale telaio calabrese, diversi arcolai, conocchie, fusi incannatori, ecc. Le sezioni dedicate alla lavorazione dell'argilla e del legno ricostruiscono gli ambienti di lavoro del vasaio, del sediario, del bottaio e del tornitore, è qui esposto un notevole tornio del XVIII sec. perfettamente funzionante. Nella sala del ferro, caratterizzata da un originale mantice e da un pregevole stampo per le ostie del XII sec., sono esposte l'antica forgia con tutti i suoi tipici ritmi e la ricca produzione del fabbro. La sezione dedicata ai costumi, ubicata lungo le due rampe di scale che dall'androne del palazzo portano ai piani superiori, espone numerosi costumi della tradizione popolare Calabrese provenienti da Tiriolo, Sanbiase, Monterosso, Siano, San Nicola da Crissa, ecc. Il Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana della Calabria vanta inoltre importanti riconoscimenti ottenuti in campo Europeo come con la Menzione Speciale conseguita nell'ambito del Concorso Internazionale "European Museum of The Year Award", organizzato dalla fondazione Arthur Andersen Co. sotto

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gli auspici del Consiglio d'Europa. L’Affermazione in questo concorso ha consentito l'inserimento del Museo nei più importanti circuiti museali a livello internazionale, come dimostra l'adesione all'EMYA.

“Su di una civiltà che scompare non c’è da piangere, ma bisogna trarre il maggior numero di memorie, perché possa essere ricordata in futuro"

Info: Proprietà: Comune Comune: Monterosso Calabro Indirizzo: Via G. Marconi, 82 Telefono: 0963 326053/0963 325002 Email: [email protected] [email protected]

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I nostri collaboratori:

Antonio Domenico Giada

Giovanni Giuseppe Marco

Nunzia Michele Teresa

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