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LE ORIGINI 5�GLI ORISHA' OGGI 6�INCONTRARE IL PROPRIO "SANTO" 6�I DONI DEGLI DEI 7�IL DESTINO E LA CREAZIONE DEL MONDO 7�I NUMERI DEL DESTINO 10�

ESHU' 13�OGÙN 15� OSHOSSI 16�OSSAYN 19�OSHUMARE' - EWA' 21�EWA' 22�OBALUAYE' - OMOLU' 23�OSHUM 25�YANSA' 27�LOGUNEDE' 29�OBA' 31�NANA' 32�YEMANJA' 34�SHANGO' 36�OSHALA' 38�BIBLIOGRAFIA SUGLI ORISHA’ 41�

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LE ORIGINI �

Gli ORISHA' sono re e regine di antichissimi regni africani che in seguito a particolari eventi, passarono dalla condizione di esseri umani a quella di semidei, diventando in qualche modo degli antenati divinizzati. Durante la loro vita mortale acquisirono specifiche abilità e determinati poteri sulle forze della natura, con cui furono in seguito identificati. Tutte le più importanti attività della vita tribale o le manifestazioni della natura appartengono a un Orishà, che svolge così la funzione di un santo protettore e di intermediario fra gli uomini e un lontano dio supremo chiamato Olorùn (il cielo). La caccia, la ricerca di nuovi stanziamenti per la tribù, la guerra, la pace, la lavorazione del metallo, la malattia, la convalescenza, la ricerca delle erbe medicinali, la conoscenza delle loro virtù terapeutiche, sono specifiche qualità di altrettanti Orishà. Ma anche il terremoto, il tuono, il fuoco, la peste, l'acqua dei fiumi, il mare, la tempesta, la folgore, sono tutti elementi governati dagli Orishà. In virtù di una forza immateriale denominata ASHE' (Energia) di cui ogni divinità è entrata in possesso, sia per generosa elargizione di Olorùn, sia attraverso faticose ed eroiche imprese, gli Orishà sono dunque i progenitori, gli ancestrali creatori del genere umano, coloro che custodiscono i segreti del carattere e della personalità, i depositari dei misteri della vita e della morte degli uomini. Durante la loro travagliata esistenza vissero numerose avventure amorose da cui nacquero altrettanti figli, alcuni dei quali popolarono il Pantheon degli Orishà e altri si sparsero per il mondo. Noi, in quanto figli di questi Dei, da loro abbiamo ereditato particolari predisposizioni o talenti specifici. Le storie e le leggende sulla loro vita e sulle loro imprese spesso riecheggiano la nostra personale esperienza e ci forniscono importanti informazioni sul significato degli eventi. E quando sentiamo un senso di appartenenza per un luogo, per un mestiere o per qualche elemento naturale, sia l'aria, l'acqua, il fuoco o la terra, è ancora il ricordo di un antico potere che si muove dentro di noi. Quando nel folto della foresta tropicale o sulle rive dell'oceano, nel mezzo di un temporale fra tuoni e folgori o innanzi a un fragile arcobaleno sentiamo un particolare struggimento, è ancora il legame con il nostro antico genitore che evoca in noi il sentimento dell'ASHE'.

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GLI ORISHA' OGGI �

L'Orishà è dunque una forza pura e immateriale, definizione di una energia insita nella vita e nella natura, che può rendersi però visibile e sensibile attraverso la presa di possesso del corpo di uno dei suoi discendenti. Le forme e i modi con cui avviene il contatto, la manifestazione e la gestione di queste energie costituiscono il fulcro di un culto praticato da milioni e milioni di persone con il nome di CANDOMBLE'. L'area di diffusione è localizzata nell'America del Sud e particolarmente a BAHIA e in tutto il Brasile. A Cuba è nota come Santeria. La presenza di questa religione nel nuovo mondo è dovuta alla grande quantità di schiavi neri che dal '6oo furono deportati dalle coste dell'Africa. Se da una parte molte conoscenze si sono perdute o modificate in questo passaggio da un continente all'altro, è anche vero che nella nuova terra gli Orishà gettarono le basi di un movimento religioso e culturale destinato a raggiungere proporzioni imponenti e a coinvolgere tutti gli strati della popolazione senza distinzioni di razza o ceto. E a quanto pare ora gli Orishà sbarcano in Europa…

INCONTRARE IL PROPRIO "SANTO" Colui che ha il privilegio di essere "incorporato" dalla divinità perde completamente la propria identità per diventare strumento fisico attraverso cui scorre l'energia dell'Orishà, che può a sua volta essere adorato come conviene al suo rango e nelle forme stabilite da precisi cerimoniali. Questo processo prende il nome di " transe ", o più specificatamente di "incorporazione" e avviene normalmente nel corso delle cerimonie più complesse o durante i riti di iniziazione, quando l'intera comunità si riunisce per celebrare con canti, danze e offerte la festa di un "Santo". Il primo contatto con l'Orishà avviene di solito in una seduta di divinazione con le conchiglie. Ogni conchiglia rappresenta un ODU' o destino, e a seconda che dopo il lancio ricadano dalla parte aperta o chiusa e secondo un particolare ordine, il BABALORISHA' o sacerdote è in grado di individuare quale specifica divinità sta parlando. Il lancio non è mai casuale, ma guidato dall'energia invocata e materializzata attraverso i Buzios (cauri, conchiglie). Il cosiddetto "Jogo do Buzios" è in realtà il tramite materiale attraverso cui possiamo dialogare con gli dei.

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Pur se questo momento può assumere un carattere folkloristico ed esoterico, dove posso sbizzarrirmi a fare impertinenti domande sul mio futuro, sull'amore la fortuna e il denaro, il senso del lancio delle conchiglie è ben più profondo e imprescindibile. Solo così possiamo entrare in contatto con il volere della divinità e conoscere chi è il nostro "Santo protettore", di quale forza della natura siamo depositari, qual è l'Orishà di cui siamo figli e conoscere il modo più appropriato per manifestargli la nostra devozione.

I DONI DEGLI DEI Ciò che l'Orishà mette a nostra disposizione è ben più di un oracolo o un consiglio sul futuro, è l'ASHE' stesso che entra nella nostra vita e porta benefici risultati e positivi cambiamenti. Nel momento stesso in cui conosco o riconosco di essere figlio di Oshossi, il contatto è stabilito, egli si manifesterà con la sua energia di protezione e di guida in ogni momento del giorno. Se decido di affidarmi completamente a lui, potrò sottopormi al rito di iniziazione e da allora il mio destino sarà nelle sue mani, sarà lui, interprete e manifestazione della mia natura più autentica e profonda, a condurmi verso la Verità… In questa trattazione abbiamo scelto per semplicità e chiarezza di definire come "FIGLI" coloro che appartengono a un Orishà maschile e come "FIGLIE" coloro che appartengono a un Orishà femminile. Non sempre però questo si verifica, una donna può, ad esempio, essere figlia di Oshossi (dio della caccia) o un uomo essere figlio di Oshum (dea dei fiumi). In questo caso valgono le stesse caratteristiche, tenendo presente che Oshossi in una donna farà prevalere un lato mascolino e Oshum in un uomo darà un connotato di femminilità.

IL DESTINO E LA CREAZIONE DEL MONDO Olorùn, il Dio Supremo del Cielo, creò per il pianeta terra 16 destini (Odù) che a loro volta si suddividono in altre 16 parti, originando un totale di 256 destini possibili. Le varie combinazioni delle energie corrispondenti a ciascun Odù creano la realtà fisica, gli elementi Acqua, Terra, Fuoco e Aria, ma anche i concetti di Bene e Male, Giusto e Sbagliato, Ricchezza e Povertà e così via.

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Ogni destino viene affidato ad un Orishà, che diviene il tramite tra l'energia della creazione e l'essere umano. Vediamo quindi che il compito degli Orishà è anche quello di distribuire negli esseri umani le energie della creazione e, in un certo senso, di amministrarle. Ogni essere umano è retto da più Orishà, conoscerli significa entrare sempre più profondamente in contatto con il proprio destino e con la propria natura. Nella divinazione con le conchiglie, ad ogni lancio corrisponde una combinazione numerica e secondo il numero di conchiglie aperte e chiuse si può stabilire quale Orishà si sta manifestando. Se ad esempio dopo il lancio dei 16 buzios risulta una conchiglia aperta e 15 chiuse, sappiamo che sta parlando ESHU' che corrisponde al numero 1. Se le conchiglie aperte sono due, allora è Ogùn che parla, e così di seguito. La creazione del mondo avvenne in 4 giorni, corrispondenti alla settimana Yorubà, 4 Odù per ogni giorno: 1° GIORNO 1 OKANRAN è il Kaos primordiale, l'insubordinazione, retto da

ESHU'. Creazione nervosa, tumultuosa, calda e pericolosa. Elemento

Fuoco. 2 EJI-OKO è il Dubbio, la ricerca della verità, retto da OGUN e

OBA' Creazione nella calma apparente, nel pensiero indeterminato, nel

porsi domande. Elemento Aria. 3 ETA'-OGUNDA' è l'Ostinazione, il lavoro costante, retto da OGUN

e OBALUAIE'. Creazione agitata, nervosa, conflittuale. Energia di coraggio, di

lotta e di vittoria. Elemento Terra. 4 IROSUN è la Calma, la soluzione dei conflitti, retto da YEMANJA'. Creazione serena e tranquilla, pacificante. Energia di

comprensione e apertura. Elemento Acqua.

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2° GIORNO 5 OSHE' è la Bellezza, il compimento dell'opera, retto da OSHUM. Creazione soave e pura. Energia di perfezione e sensibilità. Elemento Acqua 6 OBARA' è la Ricchezza, l'evoluzione della coscienza, retto da

OSHOSSI. Creazione semplice e complessa. Energia di agitazione e di calma,

di progresso verso la perfezione. Elemento Terra. 7 ODI' è la Violenza, l'insoddisfazione interiore, retto da OMOLU. Creazione dolorosa e complicata. Energia di confusione, di

difficoltà e infelicità. Elemento Fuoco. 8 EJI'-ONILE' è l'Inquietudine, l'evoluzione delle cose, retto da

OSHOGUIAN. Creazione instabile e mobile. Energia di curiosità e cambiamento. Elemento Aria. 3° GIORNO 9 OSSA' è la Contemplazione, l'indipendenza, retto da YANSA'. Creazione lenta e ben elaborata. Energia di studio e rilassatezza. Elemento Acqua. 10 OFUN è la Sofferenza, la complessità della vita, retto da

OSHALUFA'. Creazione problematica, lenta. Energia di bontà e sensibilità. Elemento Aria. 11 OWANRIN è la Fretta, la velocità del cambiamento, retto da

YANSA' e OSSAIN. Creazione calda e agitata. Energia di tensione e nervosismo,

rapidità e precisione. Elemento Fuoco. 12 EJI'-LASHEBORA' è la Giustizia, la certezza della verità, retto da

SHANGO'. Creazione sapiente, perfetta, priva di errori. Energia di

responsabilità e attenzione, soluzione di problemi con facilità e competenza. Elemento Terra.

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4° GIORNO 13 EJI'-OLOGIBON è la Meditazione, la lentezza del Saggio, retto da

NANA' e OMOLU'. Creazione difficile, angosciosa. Energia riflessiva, insoddisfazione, inquietudine. Elemento Acqua.

14 IKA' è la Conoscenza, il processo scientifico, retto da OSSAIN ed

OSHUMARE'. Creazione serena, di grande pazienza e sapienza. Energia magica

e alchemica, capacità di svolgere qualsiasi funzione. Elemento Terra. 15 EGBE'-OGUNDA' è l'Analisi, la discussione e la separazione, retto

da OBA'. Creazione confusa, agitata e incerta. Energia di aberrazione e di

grande bellezza. Elemento Fuoco. 16 ALAFIA' è la Pace, l'armonia della creazione, retto da ODUDUA e

OSHALA'. Creazione allegra e felice. Energia di fortuna e felicità. Elemento Aria.

I NUMERI DEL DESTINO E' possibile stabilire alcune caratteristiche del destino dell'individuo anche attraverso un esame numerologico del giorno mese e anno di nascita comparato con il numero corrispondente agli Odù. Ad esempio, se sono nato il 01/03/63, i numeri sono 1 per l'energia originaria, e cioè Okanran, retto da Eshù, 3 per l'energia creativa e lavorativa, e quindi Età-Ogundà retto da Yemanjà e Obaluajè. Il 9 (6+3) rappresenta il temperamento e il carattere, Ossà, retto da Yansà. Sommando il tutto ottengo 4 e 13 (1+3+9=13=3+1=4) che è l'energia che regge la mia vita, il destino vero e proprio, e cioè Ejì-Ologibon retto da Nanà e Irosun, retto da Yemanjà. Interpretando questi dati posso dire che l'energia di base è primordiale, caotica, legata alla fisicità e alla materia, che nel lavoro si manifesta l'ostinazione, la costanza e la cura delle malattie, mentre il carattere è indipendente e portato alla contemplazione e al misticismo. Il destino spinge verso la calma e la soluzione dei conflitti indicando una lenta crescita verso la saggezza.

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Dedico queste pagine Al padre mio Oshossi

Dono di Arco e di Molte Frecce Re della Terra

Esperto Cacciatore Signore delle Foreste

Guida fidata Di sempre nuovi cammini

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ESHU' �

In Yorubà (la lingua parlata in Africa al tempo degli Orishà) Eshù significa "sfera", ciò che non ha inizio né fine, infinito, la prima cellula da cui ha origine la vita. E' il primogenito, la forza naturale che genera tutto ciò che esiste, l'apertura di ogni strada, il primo passo e ogni singolo passo del cammino. Eshù è in effetti' il messaggero degli dei, sincretizzato con il Diavolo della religione cattolica, in realtà è il tramite tra la realtà fisica e il mondo degli dei. E' l'energia del principio, l'equilibrio negativo dell'Universo, è il signore delle strade, della materia, della fisicità, della sessualità, delle droghe, del denaro, del potere. I colori sono il rosso e il nero, il giorno è il lunedì, il suo simbolo una pietra appuntita o un fallo in erezione, i suoi cibi preferiti la faroffa, la cachassa, il whisky, i sigari. E' il guardiano dei templi, delle case, dei villaggi, li protegge dai nemici e dagli influssi negativi. E' anche, per così dire, il portiere dell'aldilà, custodisce la soglia che rappresenta il passaggio tra la vita e la morte. Archetipo I figli di ESHU' sono persone di grande potere e responsabilità, abilissimi commercianti, amanti instancabili e appassionati, sono inquieti, impazienti, non conoscono la parola impossibile, sono pronti a dare la vita per ciò in cui credono. Ma in genere tendono all'ambiguità, alla violenza, alla derisione e provocazione, all'oscenità e alla depravazione. Sono unici nell'arte di ispirare fiducia e di abusarne, possono essere psicologicamente instabili, dediti al sesso sfrenato, alla droga e all'alcool, dipendenti della loro incontenibile sete di potere, essere dei poveri sbandati oppure dei pericolosissimi manipolatori, capaci di qualsiasi compromesso pur di ottenere il risultato voluto. Non conoscono il senso del limite e della misura, sono sfrenati ed eccessivi in ogni attività e questo li porta con frequenza a manifestazioni violente e distruttive. Gli intrighi politici, la corruzione, i raggiri, le truffe sono fonte di sicuro successo per i

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figli di Eshù, dotati di un vero talento nel far credere agli altri ciò che vogliono loro. D'altra parte la loro vivida e concreta intelligenza li fa essere dei consiglieri preziosi e zelanti. Eshù esiste nella realtà concreta e presente della vita, è l'attimo fuggente, è la consapevolezza che tutto prima o poi finisce e bisogna godere qui e ora di ogni piacere che la vita può offrire. Eshù è il piacere di mangiare, di bere, di fumare, il piacere dell'amplesso amoroso, il piacere dell'avere denaro e spenderlo, il piacere del potere, del possesso, della conquista. Egli esiste indifferentemente nel bene o nel male, per lui ogni cosa è semplicemente ciò che è, non possiede il senso della morale, è pura energia creativa, è espressione immediata ed istintiva, è come un bambino che gioca con una bomba atomica, è incapace di esprimere giudizi basati sull'etica o sulla morale. Uccidere milioni di persone o bere un bicchiere di vino sono due semplici azioni, e come tali possono essere compiute. La valutazione delle conseguenze non rientra nella mentalità di Eshù: lui agisce, il resto non è affar suo. Questa divinità ci porta verso la terra, ci dice di sfruttare appieno l'occasione di esseri corporei per riconoscere ed appagare i nostri bisogni. Iniziando questa trattazione degli Orishà, riteniamo giusto rivolgere un saluto al messaggero degli dei, perché porti nella nostra vita forza e prosperità: LAROIE' ESHU', MOJUBARE' ESHU'. ESHU' è presente nell’atto sessuale, nell'eiaculazione, nel percorso dello spermatozoo e nel momento della fecondazione dell'ovulo. Si trova negli incroci, nei bar, nelle case da gioco, nelle banche e nei ristoranti. Nei luoghi in cui si beve e si fuma. Regge l'atto di masticare e di inghiottire.

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OGÙN �

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Il suo nome significa "guerra". E' il Signore delle strade, del destino, delle grandi imprese, della libertà, ma soprattutto della guerra e di tutto ciò che è ferro o metallo. Rappresenta la forza primordiale del combattimento, del conflitto, di tutto ciò che colpisce, del sangue che scorre nelle vene, l'energia ancestrale della sopravvivenza, l'istinto di autoconservazione, la tensione verso la conquista. Il colore è il blu scuro, il suo giorno il martedì, il suo simbolo la spada, i suoi cibi sono l'ignami, i fagioli neri o con l'occhio, il vino e la birra. Archetipo I figli di OGUN sono forti e tenaci, dotati di grande cuore e generosità. Sanno lottare strenuamente per ciò in cui credono, sono padri affettuosi e mariti fedeli, nell'amicizia sono pronti a dare la vita, pronti a qualsiasi sacrificio per la loro casa, la loro terra o il loro re. Hanno la capacità di proteggere le persone che gli vengono affidate si assumono volentieri grandi responsabilità. Sono soldati, guerrieri, fabbri, hanno bisogno di forgiare il ferro o di combattere per una nobile causa, amano la compagnia e la libertà. Amano viaggiare ed essere liberi come il vento. Sono Crociati, Templari, Eroi di Guerra, Soldati valorosi, Condottieri nobili e altruisti, il tipico Cavaliere senza macchia e senza paura. D'altronde possono rivelarsi irascibili, pronti alla lite per un nonnulla, dediti all'alcool e al fumo senza moderazione. Duri, testardi, irriducibili, è ben difficile che lascino penetrare qualcosa attraverso la loro corazza di acciaio: né amore, né denaro. Orgogliosi all'eccesso rischiano la solitudine e il vagabondaggio, sono portati a creare o subire incidenti di ogni tipo, soprattutto automobilistici. Diventano facilmente ladri o mercenari, picchiatori, assassini, maniaci delle armi e della guerra, terroristi, soldati con un senso della disciplina modello lager. Sono gli eroi negativi, il Cavaliere Nero, le SS, i Conquistadores. Ogùn è il conflitto, l'impatto, il cuore che batte nella gola, la reazione improvvisa. Ogùn esiste nei momenti di forte passaggio, di grande cambiamento, quando inizia un nuovo percorso, un ulteriore prova da

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superare, un altro ostacolo da oltrepassare, un'estrema difesa da frantumare. Ogùn è il Signore dei cammini, esiste nei preparativi per il lungo viaggio, quando ci sentiamo soli e perduti nelle strade del mondo è lui che ci incita ad andare avanti. Il dio della guerra ci sostiene quando abbiamo bisogno di forza per lottare, quando siamo tentati di lasciarci andare, di darci per vinti, quando stiamo per soccombere di fronte a forze tanto più grandi di noi. Questo è il momento di evocarlo. Al grido di OGUNIE' nuova forza scorre nelle vene. Ogùn è il più grande guerriero del mondo, è nato per vincere, è nato per combattere, il conflitto è il suo unico nutrimento. Ogùn è la furia, la disperazione che ci prende quando non riusciamo a risolvere qualcosa, è il desiderio di spaccare tutto, di fare a pezzi, di esplodere, di uccidere e distruggere. Ma è anche il coraggio e l'ardimento, il sacrificio estremo, l'animo indomito e puro, l'incontenibile ricerca della libertà e di una terra da conquistare. E' il desiderio di sempre nuovi spazi, è lo sguardo che scruta l'orizzonte e vuole raggiungere l'infinito. Ogùn è l'acciaio, è la follia di Orlando, l'esaltazione di Don Chisciotte, è San Giorgio che uccide il drago e libera la fanciulla. OGUN è presente nel momento dell'impatto fra oggetti di metallo, nello sparo di un'arma, nelle lamiere contorte dopo un incidente, nei binari del treno. E' il sistema immunitario, la circolazione del sangue nelle vene, il sistema digerente, lo stomaco, i denti, l'atto di tagliare e di mordere. E' figlio di Yemanjà, fratello di Eshù ed Oshossi.

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OSHOSSI �

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E' il Signore della foresta, l'energia della natura, della caccia, degli animali, della ricerca della bellezza e della verità, dell'arte e della libertà di espressione. Protegge i cacciatori, rende efficaci le loro spedizioni e li guida sulla strada del ritorno al loro villaggio. Abitando le foreste è in stretto contatto con Ossayn, dio delle foglie, e da lui apprende le arti della guarigione. Inoltre presso le tribù è quasi sempre un cacciatore che scopre un luogo favorevole all'insediamento di una nuova famiglia o di un villaggio. Di solito poi i cacciatori sono gli unici a possedere armi e quindi svolgono anche funzioni di sorveglianza e protezione del territorio. Energia di abbondanza e ricchezza, ODE' è l'altro nome di OSHOSSI che in Yorubà significa Re. Il colore è il Turchese, il giorno della settimana è il giovedì, il simbolo arco e freccia, il cibo preferito carne di maiale e granturco, vino liquoroso. Archetipo I figli di OSHOSSI sono artisti, precursori, innovatori, sempre alla ricerca di nuove forme di espressione o di nuovi percorsi di caccia e di nuove terre da esplorare. La loro inquietudine li porta incessantemente verso nuove esperienze e nuove scoperte, la loro primaria necessità è la libertà di espressione, la libertà da qualsiasi forma di autorità che possa limitare il loro cammino di ricerca. Come cacciatori esperti fiutano la preda e sono capaci di seguirla fino in capo al mondo, difficilmente demordono dal loro intento, e lo portano a compimento contro qualsiasi difficoltà. Sono portati naturalmente al comando, ma amano rapporti di collaborazione più che di subordinazione. Sono idealisti, romantici, sognatori, artisti, dotati di una sensibilità acutissima che li mette in grado di comunicare con il mondo della natura e anche con il mondo soprasensibile. Sono ospitali e amano assumersi le responsabilità della famiglia, ma sono irresistibilmente attratti dal cambiamento di residenza e da sempre nuovi modi di vivere per garantire una vita domestica armoniosa e calma. Amano il lusso e la ricchezza, portano abbondanza e fasto

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ovunque vanno, non sopportano la meschinità e la piccineria, gli atteggiamenti piccolo - borghesi. Sono generosi e di animo grande e nobile. Sono leali e attenti, capaci di relazioni profonde e durature, non perdonano il tradimento e la vigliaccheria. Colombo e tutti i grandi Scopritori, Re Artù e la ricerca del Graal, Robin Hood…Nel lato negativo sono dissoluti e viziati, dipendenti da tutto, ansiosi e inquieti, hanno paura della loro ombra e si nascondono dietro un dito, amano il bere e il mangiare oltre misura, sono infedeli e irresponsabili, portati ad ogni forma di depravazione. Sono seducenti e ambigui, fanno di tutto per accaparrarsi l'amore e il riconoscimento degli altri, sono pigri e indolenti, gelosi e possessivi, dotati di grandi capacita di manipolazione, non accettano di sbagliare o di essere fragili, sono egocentrici e quando hanno autorità diventano prepotenti e dispotici. Sono intimamente chiusi, solitari, rancorosi e spesso portati a vagare senza meta, spesso lamentandosi e sentendosi incompresi. OSHOSSI esiste nell'amore per la vita e per la natura, si manifesta nell'emozione che ci coglie di fronte al cielo stellato o alla vastità del mare. E' il grido interiore che ci dice che siamo vivi, che c'è speranza, che esiste quel paradiso perduto che stiamo cercando, è la guida che ci riporta a casa quando abbiamo smarrito la via, è lo stupore per l'infinita profondità del mistero che ci avvolge, è il desiderio di muoversi alla scoperta di nuovi mondi, è lo struggimento di lasciare ciò che si conosce, la paura che tutto sia inutile o sbagliato, il timore di perdere ogni cosa, l'ansia di raggiungere la Terra Promessa, la gioia dei bivacchi intorno al fuoco.

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OSSAYN �

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E' il dio delle foglie, della medicina naturale, dell'erboristeria, rappresenta le proprietà terapeutiche contenute nelle erbe, ma anche l'energia di guarigione di ogni sostanza vegetale o no. Egli conosce tutte le virtù delle piante, a lui occorre richiedere aiuto ogni volta che si devono utilizzare per scopi terapeutici o cerimoniali, in quanto ne detiene l'ASHE' o potere. E' anche il misticismo, il segreto alchemico, lo spiritismo, la medianità, lo stato alterato di coscienza indotto da sostanze allucinogene e da droghe, il mistero stesso che emerge dal profondo della foresta. Ama cibarsi di tabacco e miele oltre che di frutti e foglie, il colore è il verde o il bianco e il giorno il lunedì. Archetipo I figli di OSSAYN sono naturalmente versati nelle arti curative, sono spesso farmacisti, erboristi, medici omeopatici, dividono con Oshossi iI dominio della foresta e anche alcune caratteristiche di riservatezza ed estrema sensibilità. Sono medium e sensitivi, apparentemente calmi e quasi trasognati, sembrano vivere in un mondo che appartiene esclusivamente a loro e di cui conservano gelosamente i segreti e custodiscono gli accessi. E' molto difficile sapere cosa pensano e cosa vogliono davvero, abili come sono a mimetizzarsi nel fogliame e nell'ombra della selva. Per questo sono abili diplomatici, quando non manipolatori, e nel loro lavoro sono estremamente efficaci e professionali, con un grande amore per la conoscenza e l'approfondimento dello studio della natura. Difficilmente si lasciano andare a manifestazioni di rabbia o collera, apparentemente pacati e docili, sanno essere anche estremamente violenti e vendicativi. Il senso più sviluppato è la vista, nulla sembra poter sfuggire al loro sguardo indagatore con cui scrutano e svelano i misteri del profondo. Ossayn è il mistero della natura, le segrete virtù celate nel mondo silenzioso e riservato delle piante, è la timidezza e il riserbo, sono gli occhi di un bambino che scrutano dal fitto di un cespuglio. Ossayn è il druido che prepara magiche pozioni, è il folletto che inganna e

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spaventa i viandanti con scherzi ed illusioni, è lo gnomo che lavora ed accumula ricchezze nelle profondità della terra, è la fata che danza tra i rami e riluce di esili bagliori, è l'elfo che vive nelle radici e nei tronchi degli alberi secolari, è il troll irsuto che popola le foreste del nord. Ossayn è l'eterna creatura del bosco, è il bosco stesso, crepitante di suoni indecifrabili, di movimenti impercettibili, di odori, di colori, di essenze, di fragranze, di aromi. E' il laboratorio segreto della natura, dove il tempo si sbriciola e si polverizza, dove il legno si fa terra e la terra legno, dove acqua e fuoco sono vita e morte, dove la luce è raccolta da milioni di mani che liberano aria, dove storte e alambicchi filtrano il prezioso sangue verde e un popolo sterminato di abitatori dell'acqua, della terra e dell'aria vive e lavora incessantemente per il compimento della Grande Opera. OSSAYN esiste nel ciclo delle stagioni, nella semina e nel raccolto, nella trebbiatura e mietitura, nella fermentazione dell'uva e del malto, nella preparazione delle erbe officinali, è lo spirito che sovraintende alle continue mutazioni della natura, che ne intende il senso e il fine. Quando ci stendiamo a riposare su un prato o camminiamo nel bosco alla ricerca di castagne e funghi, quando beviamo un bicchiere di birra o gettiamo legna nel caminetto, quando mangiamo frutti succosi o verdure o sorseggiamo tisane, ricordiamoci di lui, rivolgiamogli un pensiero di gratitudine.

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OSHUMARE' - EWA' �

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L'Arcobaleno, il dio serpente, energia dell'uroboros primordiale, energia fluttuante, indecifrabile, evanescenza e magnificenza, ricchezza e povertà. EWA' è la parte oscura dell'arcobaleno, la parte invisibile che sta sotto la terra. La sua energia è oscura, pericolosa, distruttrice, è la strega, la dea notturna. I colori sono tutti, compreso il nero, il cibo è la patata dolce, il giorno il lunedì. Rappresenta la continuità e la permanenza, qualche volta descritta come un serpente che si morde la coda arrotolato intorno al mondo per impedirgli di disgregarsi. Il compito di Oshumarè è raccogliere l'acqua caduta a terra con la pioggia e riportarla nelle nubi e nel cielo. Archetipo I figli di OSHUMARE' sono versatili ma squilibrati economicamente, desiderano ardentemente ricchezza e celebrità, vanno dall'allegria sfrenata alla depressione più cupa, infantili, sinceri, ingenui, incapaci di mantenere equilibrio e stabilità, soprattutto nella parte materiale, amano spendere e per questo pur non avendo di solito problemi economici difficilmente riescono ad amministrare con oculatezza le loro finanze. Per loro ogni cosa va e viene e l’unica cosa importante è godere dell'attimo. OSHUMARE' regge il commercio, le trattative, l'energia del denaro e della ricchezza, è presente nelle banche e nei luoghi dove si maneggia denaro. E' la felicità di ricevere e il dolore di perdere qualcosa. E' l'energia dello scambio, della trasformazione, del passaggio delle cose da una mano all'altra, è il gioire delle cose concrete, è la sorpresa di un regalo, la gioia di un nuovo vestito, il piacere di una nuova casa o di una nuova auto, la bellezza di tutto ciò che è effimero e caduco, proprio come l'arcobaleno, che ci incanta con la sua magia, ma che dura solo un attimo. Quando si fa un contratto di compravendita è bene invocare Oshumarè perché tutto vada a buon fine.

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EWA' Regge la parte oscura dell'arcobaleno, quella che sta sotto la terra, è l'energia della trasformazione, del passaggio dallo stato liquido a quello gassoso, ama il color ciliegia e il rame, il suo giorno è il sabato. E' la divinità del canto, delle cose allegri e vive, della bellezza, della mutazione, della creazione delle nubi e della pioggia. E' il mistero e la bellezza di ciò che non si vede, è l'incanto dell'illusione, è la fiaba, è la capacità di sognare e far sognare, è l'uso della magia e dei poteri occulti. Archetipo Le figlie di EWA' sono belle e aggraziate, sensuali e affascinanti portano colore in tutto quello che fanno, stimolano la sensibilità e il movimento, non sopportano la monotonia e la routine, cercano l'allegria e il continuo cambiamento. D'altra parte è nella loro natura la presenza di una parte oscura che si manifesta in seduzione e in repentini cambiamenti di umore, possono essere volubili e a volte anche perfide e crudeli. Sono versate nelle arti divinatorie, vere e proprie maghe o addirittura streghe, sono esperte nei filtri d'amore. Circe e Medea erano abili incantatrici, ma di solito gli uomini che le incontravano non facevano certo una bella fine…

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OBALUAYE' - OMOLU' �

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In Yorubà significa RE, SIGNORE DELLA TERRA: è, in effetti, il signore delle epidemie e delle carestie che affliggono il pianeta, rappresenta il mondo organico, il funzionamento interno dell'organismo, le difese immunitarie, dio della peste e della malattia, è anche lo sciamano, il guaritore per eccellenza, è ricoperto di paglia poichè egli stesso ha il viso e il corpo devastati dal vaiolo. Archetipo OBALUAYE' è il mistero profondo che vive in noi, è l'incomprensibile sentimento di pena che sgorga quando ci troviamo di fronte alla morte, il senso di ineluttabilità di un destino e di umana impotenza e inadeguatezza di fronte agli eventi: carestie, epidemie, pestilenze, siccità, infermità e deformità di ogni tipo ci riportano alla fragile realtà della vita quotidiana, appesa a un filo sottile. Il viso di Obaluayè è coperto di paglia proprio perché nessun uomo vorrebbe guardare il proprio dolore o riconoscere la propria sofferenza. Persino sua madre Nanà fu incapace di accettarlo e lo abbandonò. Obaluayè è l'emissario di Oshalà e insieme a Yansà guida le anime dei morti verso l'aldilà. Egli è il mistero della vita e della morte, del dolore che la vita porta con sé, ma anche del miracolo della guarigione, del ritorno alla vita, dell'emersione dalla malattia, del nuovo inizio e della nuova coscienza. OBALUAYE' è presente nei momenti di morte interiore, di grande cambiamento psico-fisico, nelle malattie mortali, nel coma, nell'agonia, nella convalescenza. E' il processo della guarigione sciamanica, della catarsi tragica, della purificazione attraverso il dolore. OMOLU' è il dolore umano, la sofferenza psicofisica, la paura della vita e della morte, rappresenta la depressione e l'impotenza di fronte agli eventi della vita. E' anche il Sole, l'afa, la calura, il caldo torrido, il principio che genera la decomposizione organica e il contagio della malattia. Regge il processo della traspirazione, l'equilibrio idrico

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dell'organismo, la vescica e la minzione. Il giorno è il lunedì, il cibo pop-corn e sabbia. Archetipo I figli di OMOLU' sono naturalmente portati ad occuparsi della sofferenza altrui, sono spesso medici, guaritori, massaggiatori, oppure hanno vissuto nel corso della loro vita esperienze drammatiche sul piano psicofisico. Tendono all'isolamento e alla depressione, l'espressione del viso è triste e imbronciata, nelle relazioni instaurano meccanismi assai forti di dipendenza, hanno difficoltà a prendere decisioni drastiche o mettere in atto cambiamenti radicali, amano la fissità e la rassicurante monotonia, il che nasconde una profonda paura di vivere e di morire. Hanno una tendenza masochista, una specie di culto della sofferenza che dà loro una soddisfazione inavvertibile in condizioni di salute. Omolù è il principio dell'entropia, la tendenza di ogni cosa a ripiegarsi su se stessa e morire, è la noia, la calura, il sudore, le mosche, le piaghe d'Egitto, le calamità che gli dei scatenano per punire gli uomini, è il sacrificio, l'espiazione attraverso la sofferenza. OMOLU' è presente nei cimiteri, negli ospedali, nelle case in cui vi sono malati, regge il sudore e la traspirazione, le malattie mentali e ogni forma di sofferenza, fisica o psichica.

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OSHUM �

E' la divinità dei laghi, dei fiumi, del flusso, dell'acqua dolce, della placenta e quindi della gestazione, è l'energia della madre quando il figlio fluttua nel liquido amniotico, è il concepimento e il parto, la rottura delle acque, dea dell'amore, del denaro e dell'allegria. Le piace la frutta, il dolce, le uova, i profumi e i gioielli, il colore è il giallo, il giorno il sabato. Archetipo Le figlie di OSHUM sono affascinanti e sensuali, amanti del lusso e degli agi, sensibili ed amabili, raffinate, capaci di grande slancio amoroso e affettivo, dall'altra parte possono rivelarsi false, volubili ed egoiste, portate alla seduzione e alla punizione, inaffidabili. Il peggior crimine per Oshum è l'aborto, azione che difficilmente questo Orishà perdona e anzi a volte si allontana per sempre dai suoi figli, abbandonandoli al loro triste destino. Oshum è l'innamoramento, il legame che si stabilisce nelle relazioni di coppia o di amicizia, è l'illusione che nasce quando uomo e donna si incontrano, è l'eccitazione e il desiderio, il piacere di fare l'amore, ma anche la delusione, il dolore del tradimento e dell'abbandono. Le figlie di Oshum hanno un forte bisogno di sentirsi amate e corteggiate, si realizzano nella famiglia, come mogli e madri, ma devono imparare l'autonomia e l'indipendenza, portate a dare tutto di se stesse, devono fare attenzione a non ritrovarsi sole e svuotate. La solitudine è per loro il più grande dolore, una vita senza amore è come un fiume in secca, ma devono imparare ad amarsi e rispettarsi e soprattutto a scegliere la persona giusta. L'amore è una necessità, un istinto incontenibile che a volte prescinde da un oggetto fisico e facilmente si trasforma in una perenne illusione. Il desiderio di vendetta, di rivalsa, di punizione, di manipolazione sono sfide continue per le figlie della dea dell'acqua dolce, così come la frustrazione e il sentimento di impotenza di fronte alla inevitabile fine delle cose. Nate per dare alla luce creature vive e alimentarle con l'amore, la morte è per loro il più temibile dei nemici, incomprensibile ed assurda, e fanno di tutto per

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ignorarla o addirittura sfidarla con la loro ostinazione nel mantenere in vita ciò che non c'è più. Oshum è Venere che nasce dalle acque, la dea dell'amore, del corteggiamento, degli atteggiamenti romantici e galanti, dei sentimenti duraturi e profondi, è il sentimento dolce e pacato, maturo e onesto. Oshum regge l'oro, l'oreficeria, l'arte di creare gioielli e incastonare pietre, come a significare che una relazione d'amore è un bene prezioso da custodire con cura ed esibire con orgoglio. Oshum è l'attrazione fisica, il fascino, il piacere di farsi ammirare, il bisogno di attrarre l'attenzione, il mondo dello spettacolo è pieno di figli e figlie di questa dea che nutrono una vera passione per il canto, la danza, la recitazione ed ogni forma per dare mostra di sé. OSHUM è presente nei profumi e nei cosmetici, nei bei vestiti e nei gioielli, nei saloni di bellezza, ma anche nelle chiacchere e nei pettegolezzi, nel gioco della seduzione, nella superficialità e frivolezza. Stiliste, attrici e modelle, ballerine e indossatrici, show-girl e presentatrici televisive sono spesso sue figlie. Dopo la fecondazione, Eshù passa la reggenza sullo sviluppo dell'embrione ad Oshum, che lo seguirà fino alla nascita per consegnarlo a sua volta nelle mani di Yemanjà. Oshum è il ventre, l'utero, ciò che accoglie e protegge, è la capacità di amare e la capacità di alimentare la vita dentro di noi.

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YANSA' �

Dea del fuoco e della tempesta, il suo elemento è l'aria e il vento, energia sessuale, slancio passionale, forza vitale per eccellenza, suoi simboli il fulmine e la spada, i colori sono il rosso, il marrone, il giallo, l'arancione, le piace l'uva rossa, lo champagne rosé, i gamberoni e l'acarajè (fagioli dall'occhio fritti nell'olio di palma), il suo giorno è il mercoledì. YANSA' adotta tutti i figli abbandonati da Oshum. Archetipo Le figlie di YANSA' sono calde e appassionate, inquiete e impetuose come la tempesta, fulminee nelle loro decisioni, fragili e trasparenti come l'aria, instancabili come il vento, hanno grandi capacità di adattamento, amano i cambiamenti, sono coraggiose e leali, ingenue e idealiste. Nella forma negativa sono infantili e tendenti alla depressione, volubili e instabili, portate al tradimento e alla depravazione, al lamento continuo o a inarrestabili accessi di ira. Sono egoiste e capricciose, aggressive, violente, a volte insensate, incapaci di valutare le conseguenze delle loro azioni. Se Oshum è l'innamoramento, Yansà è la passione, la forza che consuma come fuoco e che non conosce limite. Passione violenta, incontenibile, che porta alla follia, che può distruggere ogni cosa. E' il climax dell'amplesso, l'orgasmo, il desiderio incontenibile, il sentimento che non conosce la ragione, il puro atto, il puro istinto. Yansà è la possessività, la gelosia, la richiesta totale e la totale donazione di sé, è governata dal principio di piacere, può agire solo spinta dal sentimento, non può fare nulla controvoglia. E' l'energia della libertà assoluta, dell'incoerenza, della volubilità e del capriccio. Dea bambina, non conosce altre leggi che quelle dettate dal suo istinto. E' anche la regina degli Egun, le anime dei morti, ed è per questo che le offerte le vengono portate vicino ai cimiteri. E' Yansà, insieme ad Obaluaiè, che indica il cammino verso l'oltretomba alle anime disincarnate. Le figlie di questa divinità hanno una naturale sensibilità per le energie che si muovono nel mondo interiore e sanno riconoscere con estrema precisione quelle buone da quelle dannose.

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Yansà è la purificazione, la guarigione dal contagio, la febbre e l'infiammazione, il rogo in cui bruciano i cadaveri. Yansà è la guerriera, la capacità di proteggere la propria vita e la vita delle persone amate, è l'istinto della femmina di proteggere i piccoli fino alla morte, è la forza di difendere le proprie opinioni e di non temere il giudizio né l'autorità. Dall'altra parte le figlie di Yansà possono risultare talvolta dure e ostinate, chiuse e irragionevoli, nascoste in un mondo di incomunicabilità e di silenzio di difficile accesso. Yansà è la passione, la dea dalla spada di fuoco, regina dei cicloni, degli uragani, del vento forte, è la brace che rosseggia nella notte, è la lava incandescente, la furia dell'incendio, la danza della fiamma. Yansà è sinuosa, calda, potente, pericolosa, incontenibile, pronta ad accendersi e bruciare come paglia, ad esplodere come un tuono, a fendere l'aria come un fulmine con il suo sguardo e con le sue parole. E' impossibile sottrarsi alla sua ira, devastante e assoluta come un tornado, impossibile sfuggire alla sua passione, travolgente come un mare di fuoco, avvolgente come il calore della foresta tropicale. YANSA' è presente nelle dispute amorose, nei cimiteri, nei fuochi fatui, negli alberi abbattuti dai fulmini, nella passione e nella provocazione, nell'istinto di conservazione della specie, nel sangue che va alla testa, nella scarica di adrenalina, nella tachicardia, nell'anima che si separa dal corpo, nel viaggio verso l'aldilà.

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LOGUNEDE' �

Figlio di Oshossi e di Oshum, vive sei mesi con il padre cacciando nella foresta e sei mesi con la madre pescando nei fiumi, vive nei ruscelli, nei corsi d'acqua che scorrono nelle foreste, nelle cascate, la sua energia è l'eterna adolescenza, l'ambiguità del bambino, la spensieratezza e il riso dell'età infantile, gli piacciono le perle e i pesci. Il suo simbolo è un piccolo arco e una canna da pesca. Archetipo I figli di LOGUNEDE' sono ingenui e fragili, portati per l'arte e per l'ozio, ambigui per natura, amano tutto ciò che è indefinito, sfumato, effimero, temono le decisioni drastiche e le scelte definitive, la passione e il coinvolgimento, perennemente indecisi tra ragione e sentimento, anche sessualmente non hanno un orientamento preciso. Alcuni dicono che Logunedè sia un Orishà metà maschio e metà femmina, in realtà la definizione più corretta è quella di una sorta di ermafrodito, una creatura priva di netta identità sessuale, tipica dell'età che precede la pubertà, in cui la pulsione verso l'uno o l'altro sesso viene vissuta in maniera indifferenziata, mancando una percezione adeguatamente strutturata della propria identità sessuale. I figli di questa divinità sono fortemente dipendenti dalle figure del padre e della madre, hanno difficoltà ad assumersi qualsiasi tipo di responsabilità, sono eterni prìncipi che aspirano al regno senza mai ottenerlo, sono solitamente efebici ed eleganti, raffinati ed eterei, vivono in un loro mondo un po' astratto dalla realtà quotidiana. Come i bambini sono capricciosi, incostanti, bugiardi, inaffidabili, egocentrici. Si prendono gioco di ogni cosa, ma si offendono per nulla, sono permalosi e ipersensibili, vendicativi e rancorosi, temono le punizioni e i giudizi. Logunedè è la bellezza fisica, la delicatezza, la raffinatezza, l'ingenuità e la purezza, l'acqua fredda e cristallina dei ruscelli di montagna. Principe delle arti, ama la musica e la pittura, l'allegria e la spensieratezza. E' presente nelle scuole, nelle università, nei collegi, in tutte le istituzioni in cui si concentrano giovani. E' il suono di una chitarra e di canti intorno al fuoco, è la danza, la scultura e la scrittura. E' il mormorio sommesso dell'acqua piuttosto che il fragore della cascata, è il sottobosco e i piccoli animali, piuttosto che la foresta. E' l'amore per le piccole cose, la precisione dei dettagli, la pignoleria, il perfezionismo, anche la difficoltà di pensare e agire in grande, la pura di esporsi, di rendersi visibili, determinati, definiti. La sua paura è nelle conseguenze di un'azione, nelle responsabilità di una scelta, nell'impegno di una promessa, di una parola data. Il rischio è lo stallo, l'inazione, la frustrazione. Logunedè è l'eterno fanciullo che vive dentro di noi, è il desiderio di novità e di gioco, è il

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fischiettare o il cantare quando siamo contenti, è l'assaporare il piacere di una festa o di una gita in compagnia, è tutto ciò che viviamo per la prima volta, quell'emozione particolare del primo sguardo, del primo incontro, del primo bacio, del primo amore… LOGUNEDE’ abita le soglie, i luoghi di passaggio, la linea tra il bosco e il prato, tra la terra e l'acqua, tra la luce e l'ombra, tra il silenzio e il suono. La sua magia è in tutto ciò che attraversa un cambiamento di stato, nella metamorfosi di ciò che non è più bruco e non ancora farfalla, nella perenne fragilità della mutazione, nel sostare sulla soglia delle mille iniziazioni che la vita porta con sé.

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OBA' �

E' la Signora del fiume omonimo, in Nigeria. E' considerata guerriera invincibile, tra tutti gli Orishà, solo Ogùn riuscì a sconfiggerla, ma dovette ricorrere all'inganno. Il suo giorno è il mercoledì, ama la frutta e suoi colori sono il marrone e il nero. Governa le inondazioni e le alluvioni. Archetipo Le figlie di Obà sono forti, mature, sagge e realiste. La loro energia è maschile e hanno tendenza a militare in organizzazioni per l'emancipazione della donna o ad occupare posti dirigenziali. Possono essere donne manager competitive e spietate, nel proprio lavoro hanno solitamente successo e soddisfazione economica. Hanno grande intuito e sensibilità, ma sovente portano i segni di esperienze sentimentali dolorose che hanno segnato la loro fiducia nella relazione di coppia. Nella vita degli esseri umani regge infatti la delusione amorosa, la tristezza, il sentimento della perdita, l'incapacità di ottenere ciò che si desidera dalla persona amata. E' la rabbia per il tradimento, la solitudine, la depressione, l'amarezza dell'abbandono. La sfida per loro è lasciar andare le ferite e gli affronti subiti, perdonarsi e prendersi con morbidezza e amore, evitando di chiudersi e di coltivare rancore e desiderio di vendetta. Obà è "l'ultima goccia", dopodichè il vaso trabocca, la collera prende la forma di un fiume che straripa, devastando tutto con la sua furia distruttiva. Le figlie di Obà hanno grande capacità di sopportazione, possono controllare per anni i loro sentimenti dietro una calma apparente, ma quando arriva il momento che il troppo è troppo, la devastazione è assicurata. OBA’ esiste nella corazza che ci costruiamo in seguito alle delusioni amorose, è la ferita che continua a sanguinare, è il sentimento che tutto sia inutile e privo di senso, che la vita sia finita. Obà è il superamento del limite, è il troppo che storpia, è il non farcela più a tenersi dentro le cose, è la voglia di esplodere e di farla finita. Obà è la guerriera invincibile e valorosa che non sa perdere, soprattutto in amore, che non sa e non vuole darsi per vinta. La leggenda narra che ingannata da Oshum, sua rivale in amore, Obà si tagliò un orecchio per servirlo come cena al comune sposo Shangò, e non è raro che le figlie di Obà soffrano ancora di problemi a un orecchio.

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NANA' �

E' la guardiana della soglia, del passaggio tra la vita e la morte, madre di Omolù, signore delle malattie, e moglie di Oshalà, odia il sangue, energia dell'introspezione e della frugalità, la sua dimora è il fango, la riva dei pantani, i canneti, le piacciono le conchiglie e i colori fucsia e bianco. Archetipo Tra il mondo dei vivi e quello dei morti c'è una porta posta sotto la reggenza di Nanà, la più vecchia, temuta e rispettata tra gli dei. Madre del vaiolo, signora delle paludi e della pioggia, essa è generatrice di Iku, la morte fisica. Nanà nasce dal contatto tra acqua e terra, per questo il suo elemento preferito è il fango. Nanà è la grande madre terra che emerge dalle acque, il luogo che permette alla vita generata da Yemanjà, dea del mare, di evolversi e riprodursi. La terra fornisce il nutrimento alle creature viventi, e le creature offrono il loro sangue alla terra per mantenerla in vita. Nanà rappresenta il ciclo eterno della vita e della morte, è la complessità dell'esistenza, l'insieme delle prove che portano a maturità e saggezza, è l'esperienza della vita negli aspetti più drammatici e patologici. E' una nonna che parla ai nipotini dei tempi della guerra, della fame, della miseria, e lo fa con il distacco e la dolcezza di chi racconta una favola. Esistevano nelle antiche società legate al culto della dea madre delle donne che vagavano di villaggio in villaggio raccontando storie che avevano il potere di guarire le malattie. Questo è il potere di Nanà, l'evocazione di energie profonde, la capacità di mettere in contatto con l'antica verità della terra, l'arte di cogliere e utilizzare a scopi terapeutici la potentissima energia dei simboli. Le figlie di Nanà' sono a volte destinate alla solitudine, all'isolamento, all'incomprensione. La loro estrema sensibilità le può portare al silenzio o alla follia, la complessità del loro mondo interiore può rendere difficile e talvolta impossibile l'espressione dei sentimenti e dei pensieri e allora si chiudono in uno spazio proprio, irreale, ai

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margini della vita. La sfida per Nanà è emergere dal fango e dalla palude che sono il suo ambiente più congeniale ed entrare nel flusso della vita, della realtà, dell'espressione di sé e del proprio amore per il genere umano. Sono di solito affette, o lo sono state, da malattie gravi, che le hanno portate a sperimentare personalmente quel mondo intermedio tra la vita e la morte di cui sono esperte conoscitrici. Non amano il lusso, hanno grandi difficoltà con il denaro e tutto ciò che rappresenta valore. Nanà esiste nella paura della vita e della morte, ma non è una paura angosciosa, bensì la consapevolezza della impermanenza delle cose, essa ama sostare nei luoghi di passaggio, sicura che ogni cosa passerà tra le sue mani. Le figlie di Nanà non danno importanza alle cose del mondo, in loro si manifesta una dolce rassegnazione circa la caducità dell'esistenza umana. Saggezza e umiltà si fondono nel desiderio di aiutare i figli della terra a compiere il loro viaggio. NANA’ è la forza che nasce dalla ferite ricevute, esiste nella pazienza e nella determinazione, nella costanza, nella caparbietà e nell'ostinazione, suo simbolo di potere è la perla, la preziosità che nasce nel profondo dell'essere da un granello di sabbia e dal tempo. E come la perla, per quanto lucente e preziosa, è nascosta nelle viscere dell'ostrica, così la chiusura estrema è una sfida per le figlie di questa antica dea, che devono finalmente trovare dentro di sé la forza di aprirsi e manifestare la propria fragile e rara essenza.

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YEMANJA' �

Dea del mare, vive nel mezzo dell'Oceano, regna su tutte le creature marine. Rappresenta la grande madre primordiale, l'acqua da cui nasce la vita, suoi colori sono l'azzurro, il verde e il bianco, I colori del mare e della schiuma. Le piacciono l'argento, i profumi e i fiori, doni che le vengono offerti il primo giorno dell'anno, frutta e pesce, il suo giorno è il sabato. E' l'energia della creazione, della culla ancestrale, del movimento profondo, lento e continuo delle maree. Archetipo Le figlie di YEMANJA' sono calme, riflessive, sensibili, estremamente materne e protettive, ma tendono a farsi vittime nelle loro relazioni, a lasciarsi ferire o tradire o abbandonare se non riescono a riconoscere la loro natura di guerriere e regine. Per loro la sfida più ardua è il raggiungimento di uno stato di autonomia e autosufficienza, la prova più difficile è tagliare i legami di dipendenza affettiva che le costringono a vivere in funzione degli altri. Le figlie di Yemanjà tendono a occuparsi di tutti, ma così facendo rischiano di prosciugarsi, di privarsi della propria energia vitale, di creare relazioni di dipendenza e soprattutto impediscono agli altri di crescere e di assumersi le loro responsabilità nella vita. Yemanjà è il legame viscerale che si instaura tra madre e figlio, è il desiderio di inglobare l'oggetto amato, è il cordone ombelicale che va reciso per dare origine a due esseri indipendenti. Yemanjà è la preoccupazione che tutti stiano bene, che tutti abbiano mangiato e stiano al caldo, è la voglia di coccolare, di allattare, di stare sempre insieme. Yemanjà, il cui nome deriva da "Yeyè omò ejà" che significa "la madre i cui figli sono pesci" è una delle divinità più amate nel Candomblè: il 31 Dicembre milioni di persone si riuniscono su tutte le spiagge dell'oceano per offrirle doni: piccole barche cariche di fiori, specchi, profumi solcano le onde per raggiungere la sua dimora marina. E' la Stella Maris che protegge i naviganti e i pescatori. Una delle caratteristiche inconfondibili delle figlie di Yemanjà è il pianto, evocazione dell'acqua salata, e la predisposizione a subire violenza, simbolo della madre

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consumata e abbandonata dai propri figli. Sempre nella leggenda infatti tutti e tre i suoi figli, Eshù, Ogùn e Oshossi se ne vanno per la loro strada lasciandola sola e disperata; solo Eshù dopo qualche tempo ritorna, ma per tentare di violentarla. Nella lotta disperata che ne consegue i seni di Yemanjà si lacerano e solo l'intervento di Odudùa può salvarla; dai seni e dalle lacrime nasce l'Oceano. Yemanjà è la pietà e la compassione, è sincretizzata con la Madonna, la madre del Cristo, regge l'amore materno, ma anche le relazioni fra congiunti, amici e tutti quanti vivono sotto uno stesso tetto, è la protettrice della comunità, è l'eterna pena dell'abbandono e la speranza del ritorno, è la solitudine della madre quando i figli se ne vanno dalla casa, è la depressione dopo il parto, la preoccupazione per la loro vita, ma anche il sentimento di famiglia, l'educazione dei bambini. Dopo che Oshum ha completato lo sviluppo dell'embrione e del feto, Yemanjà è presente al momento del parto per tenere la testa del bambino e aiutarlo a nascere, è lei che genera l'Orì, cioè la testa, la capacità di pensare e vivere come esseri raziocinanti. E' chiamata Iyà Orì, ossia madre della testa. YEMANJA’ è presente nei mari e negli oceani, nelle onde e nella risacca, nelle preghiere dei pescatori che ritirano le reti. Esiste nei reparti di maternità, negli asili, nel sentimento di affetto per i propri cari, nelle riunioni di famiglia, nelle comunità, nei giorni di festa. Regge la relazione, il legame, il senso di appartenenza, il rispetto tra fratelli, amici, amanti, colleghi, studenti e maestri. E' la protezione per ciò che amiamo.

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SHANGO' �

E' il dio del fuoco, signore della giustizia, il suo simbolo è una doppia ascia, il colore il rosso e il bianco. Regge la folgore e il terremoto, personificazione delle forze della natura più potenti e terribili. Non a caso è fratello di Omolù, Signore delle pestilenze. Archetipo I suoi figli sono di temperamento forte e orgoglioso, hanno innato il senso del comando e della responsabilità, sono affidabili e leali, non sopportano le ingiustizie e sanno comporre qualsiasi conflitto. Dall'altra parte possono cadere in violente manifestazioni di collera o utilizzare il loro innato senso del potere e della autorità per comportarsi da tiranni, per manipolare e coartare la volontà altrui, per realizzare senza scrupoli i propri obiettivi. Il profondo e costante sentimento di giustizia ed equità può scomparire di fronte all'attrazione esercitata dalle persone del sesso opposto, tramutandosi in sete di conquista ad ogni costo, in seduzione, manipolazione e tradimento dei più alti e nobili princìpi. Shangò è il potere in ogni sua manifestazione, è il cataclisma, il terremoto, il tuono, la tempesta, tutto ciò che atterrisce e spaventa, è Zeus che lancia i suoi strali e gioca con il destino dei mortali. Shangò è il potere politico, la competizione, il fine che giustifica i mezzi, il sentimento di superiorità, la volontà di essere il primo e il solo. D'altra parte è un potere interiore e solido di giustizia e comprensione, di pacatezza e condiscendenza, la saggezza di una grande anima che sa valutare equamente gli eventi della vita. In questo senso è la giustizia, non solo quella dei tribunali e delle leggi, ma nel senso di un ordine divino superiore di fronte a cui ogni giudizio deve essere necessariamente sospeso. Shangò è la fede nella giustizia divina. Non importa se ora vi è dolore, guerra e caos, tutto questo è parte di un progetto più grande che rivelerà un giorno il suo senso. Per questo i figli di Shangò sanno pazientemente aspettare il loro momento e riconoscono i segni del supremo nella loro vita. Shangò è la pietra, la roccia, la montagna, è il

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fuoco della terra, la lava, il vulcano, l'eruzione è la sua più spettacolare esibizione, il lancio di pietre di fuoco. Shangò è la forza e la paura della nostra forza, è il grido interiore di rivolta, è la rabbia per l'ingiustizia e la prevaricazione, è la grandezza e la paura della grandezza, è l'autorità interiore che ci dice ciò che si deve o non si deve fare, è il giudice che sentenzia e condanna, è la libertà di essere oltre il giudizio e oltre le leggi, è la capacità di strapparsi i panni di plebeo e indossare quelli di imperatore. Napoleone poteva ben essere figlio di questa divinità. Quando egli stesso si pose sul capo la corona, certamente Shangò era lì. E' la conquista costante di se stessi e del proprio spazio, è il comando che organizza le energie e le mette in condizione di ottenere il risultato, è il dominio sugli istinti, è perseguire il bene comune, è la creazione della propria vita attraverso la realizzazione della volontà. Nel lato ombra, è lo sforzo, la fatica, la durezza, l'intransigenza, la tirannia, il controllo, la manipolazione, la sensazione di essere insostituibili e che se ci si ferma crolla tutto. SHANGO’ esiste nei tribunali, nei parlamenti, regge i giornalisti, i deputati, i diplomatici, i giudici, i riformatori, i leader dei partiti, i leader di comunità. Si trova nei luoghi rocciosi o sabbiosi, quando il sole è nel pieno dell'estate, sulle vette delle montagne, nei temporali, nei tuoni, negli incendi. Shangò si manifesta nel coraggio delle nostre azioni, nel prenderci la responsabilità di ciò che facciamo e diciamo, nella lealtà verso noi stessi e le nostre idee.

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OSHALA' �

E' il dio creatore, il principio dell'amore cosmico che permea la materia e le dà vita, è sincretizzato con il Cristo, il colore è il bianco, il giorno è il venerdì. Oshalà giovane si chiama Oshogyàn, Oshalà vecchio si chiama Oshalufà. Il simbolo è la colomba bianca, segno di pace e purezza Archetipo I figli di Oshalà in generale sono portati per le arti, per la spiritualità e il misticismo, amano l'introspezione e sono saggi e pacifici. Sanno realizzare i loro obiettivi con calma e determinazione, a volte con testardaggine. Sono ambiziosi, intelligenti, portati per lo studio e amanti della conoscenza. Devono fare i conti con la sfiducia e la pigrizia, con l'invidia e la competizione, con la superbia e l'alterigia, con la paura del mondo e la tentazione di fare gli eremiti sulla cima delle montagne. Sono diffidenti e riservati, difficilmente si espongono in prima persona, temono la responsabilità e ogni tipo di conflitto. I figli di Oshalufà sono saggi e calmi, a volte lenti e indecisi, hanno imparato a pensare molto prima di agire. Il simbolo è la lumaca, segno di lentezza ma anche di autonomia. Sanno fare molte cose, la loro forza è l'esperienza, la pazienza, la costanza. La sfida è la paura, la mancanza di coraggio, la tentazione di fare la vittima, di nascondersi, di dipendere dagli altri, di ammalarsi per allontanare le responsabilità. Oshalufà è la vecchiaia, è la tentazione di vivere di ricordi e di rimpianti, è l'attesa della morte, è l'inazione, il dondolarsi su una sedia a dondolo. Oshalufà esiste nelle case di riposo, nei giorni della vecchiaia, nella stanchezza dell'ultima fase della vita, nella lungimiranza, nella fine del lungo viaggio, nell'estremo riposo. I figli di Oshogyàn sono giovani guerrieri, e come tali combattivi, inquieti, imprudenti, ma possiedono una grande spiritualità e sono idealisti e sognatori. Difficilmente accettano la realtà per come è e cercano di cambiarla, sono duri giudici di se stessi, portati al sacrificio e all'autoflagellazione, sono ostinati, permalosi ed egocentrici. Desiderano l'autoaffermazione, il successo, la fama, sono

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attratti dal mondo e allo stesso tempo ne fuggono, amano il denaro e lo disprezzano, desiderano Dio e lo sfidano, cercano l'annullamento dell'ego ma sono presuntuosi, vivono l'inquietudine del giovane Siddharta e l'ansia di conquista e di conoscenza. Vogliono essere umili ma anche farsi notare, temono l'amore perché non sono disposti a rinunciare alla loro identità. Oshogyan esiste nello scienziato, nel ricercatore, nello studente. La sfida è l'eterna fuga da se stessi, la ricerca come pretesto per non incontrarsi, la paura di darsi, di offrirsi, di fidarsi di sé stessi e degli altri. La sensazione di non essere all'altezza, di non sentirsi mai pronti li può rendere discepoli a vita. OSHALA’ esiste nell'amore per la creazione, nel senso di appartenenza a un disegno superiore, nella pacata accettazione delle avversità e nella generosa condivisione della buona sorte. Oshalà è il grande maestro illuminato, l'asceta, è la meditazione, è il Buddha, il Cristo, l'Avatar. Oshalà è il bene supremo, il senso ultimo della vita, il compimento, l'estasi mistica, la santità, la sacralità. Oshalà è presente nel battesimo, nella comunione e in tutte le cerimonie sacre. Egli è il sommo sacerdote e la colomba bianca il simbolo della discesa del suo spirito. Se Eshù è il principio, la materia, la forza vitale, Oshalà è la fine, lo spirito, la morte serena, l'equilibrio positivo, il candore, la pace, l'unione, la fratellanza, l'altruismo, l'uguaglianza fra tutti i popoli della terra, la non-violenza. �

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BIBLIOGRAFIA SUGLI ORISHA’

LE CANDOMBLE’ DE BAHIA Rite Nagò

Autore: Roger Bastide Paris, MOUTON & CO La Haye

1958

ORISHA’ Les Dieux Yorouba en Afrique

Et au Nouveau Monde Autore: Pierre Fatumbi Verger

Editions A.M.Metailiè, 5 Rue de Savoie, 75006 Paris 1982

VODOUN Riti e misteri d’Africa Autore: Mauro Burzio

Edizioni Rusconi 1998

RELIGIONE E MAGIA Culti di possessione in Brasile

a cura di Luisa Faldini Pizzorno UTET Università 1997

CANDOMBLE’ AFRO-BRASILIANO Autore: Alice Santana Filha de Oxum

Hermes Edizioni 1998

Gli Acquerelli, lievemente modificati, sono tratti dal libro di Hector Julio Paride Bernabò detto Carybè,

Iconografia dos Deuses Africanos no Candomblè de Bahia Editora Raizes, San Paolo, Brasile, 1980

I simboli degli Orishà sono stati creati da Giovanna Bellini Copyright CITTA’ DELLA LUCE 2004

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