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Daniele Trematore

I paradossi della semiotica

Storia di un ostracismo

Prefazione diCosimo Caputo

Copyright MMXVIAracne editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dellEditore.

I edizione: aprile

[email protected]

A Umberto, mio maestro

La semiologia anzitutto la co-scienza di vivere in sistemi di segni.

Umberto Eco

11

Indice

13 Prefazione

Semiotica e storia della semiotica

di Cosimo Caputo

25 Introduzione

27 Capitolo I Ostracismo semiotico

1.1. Aliquid stat pro aliquo, 27 1.2. Ostraci-smo semiotico, 35 1.3. Semiotica docet!, 43

51 Capitolo II Storia della semiotica

2.1. Nani sulle spalle dei giganti, 51 2.2. Per una storia della semiotica: origini, 54 2.3. Fondazione e istituzionalizzazione, 56 2.4. Strutturalismo vs Semiologia, 58 2.5. Se-miologia vs Linguistica, 61 2.6. Le due vie

Indice 12

della semiotica, 67 2.7. La semiotica in Ita-lia, 69

81 Capitolo III Prospettive future

3.1. Da Jakobson a Eco, 81 3.2. Su alcune storie della semiotica, 88 3.3. Sul futuro del-la semiotica, 92

105 Conclusioni

113 Postilla Per Umberto

119 Riferimenti bibliografici

13

Prefazione

Semiotica e storia della semiotica di Cosimo Caputo

Far progredire il pensiero non significa necessariamente rifiutare il passato: talora significa rivisitarlo, non solo per ca-pire ci che stato effettivamente detto, ma ci che si sarebbe potuto dire, o almeno ci che si pu dire oggi (forse solo oggi) rileggendo ci che stato detto allora.

Queste parole di Umberto Eco, tratte dal suo Semiotica e fi-losofia del linguaggio1, sono unindicazione di metodo nello studio dei nessi tra le forme del sapere e le loro storie. Lindicazione echiana non si colloca nellottica di una ricerca dei precursori n in unottica filologico-ricostruttiva, scevra da particolari tensioni teoriche, auspica, piuttosto, un approccio storico-teorico, o diacronico-sincronico.

Su questa sca si pone Daniele Trematore in questo suo li-bro il cui contenuto organizzato su due livelli che si richia-mano reciprocamente: uno affronta il tema della cancellazione o dellostracismo della semiotica nella storia del pensiero occi-dentale, tema come noto introdotto proprio da Eco,

1 U. ECO, Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino 1984, p. XIV.

Prefazione 14

mentre laltro riguarda quello che chiameremmo lo stato dellarte della semiotica odierna con le sue scuole, le sue rivi-ste, collane editoriali, con i suoi problemi teorici, con le sue al-terne fortune nel dibattito culturale e nelle istituzioni accade-miche. Un mondo ricco di paradossi, come scrive Trematore, quello della semiotica: praticata da sempre (le sue origini sono iscritte negli annali dellumanit perch luomo lunico ani-male semiotico) eppure sempre cancellata, costruita come og-getto di studio e talvolta screditata dai suoi stessi costruttori e cultori.

Probabilmente la semiotica sconta il paradosso del suo stes-so oggetto: il semeiotikn, con la sua capacit di espansione il-limitata, di sfuggire sempre in qualche modo alle forme e di a-gire sempre per deformarle. Il semeiotikn, o, se si vuole, il linguaggio, paradossale perch non pu staticamente identifi-carsi con se stesso; il suo dire e il dire del suo dire avvengono nella sua stessa materia, attraverso una continua trasformazione (traduzione). Questo essere lo stesso altro costituisce la sua paradossalit che come sostiene Emilio Garroni si rive-la essere il suo senso2. Il paradosso una tensione tra momenti del pensiero, che non possiamo non pensare in qual-che modo insieme e che si escluderebbero lun laltro solo se pensati come tutti-espliciti nella forma della definizione3, il che dice di una co-appartenenza, o di unimmanenza.

La storia della semiotica non sfugge a questa paradossalit, alla indefinizione del suo oggetto. Di cosa fare la storia, delle teorie del segno, che appartengono anche alla logica, alla reto-rica, alla filologia, alla filosofia, oppure delle pratiche semioti-che e comunicative, che appartengono anche alla medicina, alla

2 E. GARRONI, Senso e paradosso, Laterza, Roma-Bari 1986, p. 177.3 Ivi, pp. 132-133.

Prefazione 15

fisiognomica, allastrologia, alla mantica? Una mera storia del-le teorie diventerebbe una ricostruzione astratta, mentre la scienza si d sempre allinterno di una Weltanschauung o di una Lebenswelt, o di un collettivo di pensiero, e si struttura se-guendo uno stile (un modo) di pensiero che condiziona scelte, anche quelle espressive, e dimostrazioni. In altri termini, la sto-ria delle teorie non va separata dalla storia delle pratiche, la storia interna non va separata dalla storia esterna, dalla storia delle idee sui segni4, in caso contrario si rischia di trascurare la pluralit dei punti di vista alternativi e i momenti in cui emerge un nuovo paradigma o ne tramonta uno gi affermato.

Lo storico della semiotica, come lo storico di qualunque al-tra scienza o campo di sapere, non pu prescindere dallas-soluta storicit e contestualit di ogni apparato concettuale, os-sia dai nessi che lo legano alle condizioni culturali e materiali in cui maturato e alle problematiche (linguistiche, filosofiche, sociali, religiose, ecc.) del suo tempo. Fare i conti con lidentit storica delloggetto condizione di conoscenza critica intor-no ad esso, necessaria per svilupparne il potenziale teoretico.

Ricerca storica e ricerca teorica non sono pertanto separabi-li. Ogni teoria, ipotesi nasce come risposta a determinate do-mande poste dalla tradizione di ricerca entro cui si colloca, ol-tre che dal contesto e dalla soggettivit del ricercatore. La tra-dizione di ricerca come il corpo di una mente. Ippocrate, Fi-lodemo di Gadara, Agostino dIppona, Pietro Ispano, Gugliel-mo dOckham, Jean Poinsot (Giovanni di San Tommaso), Lo-cke appartengono alla storia della semiotica (oltre che della fi-losofia) o alla riflessione attuale sui segni, o a entrambe?

4 In ogni settore della ricerca molte idee si manifestano prima che ne risaltino le basi teoriche e, anzi, in modo completamente indipendente da queste.

Prefazione 16

In letteratura, in politica un resoconto storico non produce unopera letteraria (ancorch ci possa accadere per un effetto di ritorno), o una guerra, la caduta di un governo, non produce, cio, fatti, anche se pu contribuire a modificare linterpre-tazione di altri fatti del presente.

Nel campo delle scienze la situazione appare diversa: storia delle discipline e problemi teorici si integrano. Studiare la sto-ria di una scienza e praticare quella stessa scienza sono due at-tivit che si integrano e non che si elidono a vicenda. Presente e passato entrano in un rapporto di differenza non indifferente che dice di un coinvolgimento, anche nella polemica, del pre-sente nel passato e viceversa, coinvolgimento che un conti-nuo disaggregare e riaggregare domande, ipotesi, punti di vista attorno a certi problemi che, formulati e riformulati ogni volta secondo altri stili di pensiero, sembrano indicare la persistenza di alcuni nodi teorici fondamentali: una parte del passato conti-nua a vivere nel presente attraverso una traslazione o traduzio-ne, o attraverso la rimessa in gioco, in condizioni rinnovate, di elementi acquisiti che assumono un nuovo aspetto e un nuovo senso. Tale persistenza, la variabilit e parzialit delle domande ci dicono che siamo di fronte a una continua riscrittura e inter-rogazione del passato, alla riproduzione di residui che diven-tano basi di nuove domande. Ogni pertinenza (punto di vista), dominio culturale e teorico esprime in maniera chiara soltanto alcuni livelli di realt, ma mostra al contempo alcune cecit co-stitutive che possono essere colmate attraverso altre pertinenze o altri domini che presentano specificit diverse.

Invece di seguire il corso del tempo, procedendo dal passa-to verso il presente, secondo una prospettiva prospettica, si risale il corso del tempo, procedendo dal presente verso il pas-

Prefazione 17

sato, secondo una prospettiva retrospettiva5. Pi che di un percorso circolare, di un mero ritorno a una casella di partenza, si tratta di un movimento spiraliforme che rompe il cerchio e fa entrare la soggettivit interpretativa del presente con tutta la sua materialit. [N]ella spirale, le cose ritornano, ma ad un al-tro livello: c un ritorno nella differenza, non ripetizione nellidentit []. La spirale regola la dialettica dellantico e del nuovo; grazie ad essa, non siamo costretti a pensare: tutto detto, oppure: nulla detto, ma piuttosto nulla primo e tutta-via tutto nuovo6. la conseguenza di una ri-petizione o di un chiedere di nuovo che anche un ri-guardare o una ri-cognizione di ci che abbiamo da sempre sotto gli occhi, in cui siamo gi e che tuttavia non pu essere mai guardato dav-vero al modo di una cosa. Un ri-guardare qualcosa, motivato dal fatto che non lo si guarda e non lo si vede mai puramente e semplicemente7; si tratta in altri termini di un guardare-attraverso o un prendere le distanze da, o un mettere in que-stione8.

La ri-petizione legata al rispondere e al prendere posi-zione in quanto valutazione/interpretazione; il tentativo di ritornare su qualcosa che non si possiede e non si pu pos-sedere mai interamente e definitivamente, e che tuttavia condi-ziona il sapere, il conoscere, il parlare e quindi appartiene loro indissolubilmente, per riconoscerli, illuminarli, penetrar-li9.

5 Cfr. F. DE SAUSSURE, Corso di linguistica generale (1916), Laterza, Roma-Bari 200318, pp. 259-260.

6 R. BARTHES, Lovvio e lottuso. Saggi critici III (1982), Einaudi, Torino 1985, p. 216.

7 E. GARRONI, Senso e paradosso, cit., p. 127.8 ID., Estetica. Uno sguardo-attraverso, Garzanti, Milano 1992, p. 18.9 ID., Senso e paradosso, cit., p. 128.

Prefazione 18

Il presente il segno del passato, il suo interpretante. La semiotica di oggi (cos come le altre forme del sapere), allora, non la filiazione di quella di ieri, bens una delle sue possibili conseguenze o realizzazioni, relativa alle sue condizioni, il che induce a cercare i punti in comune ma anche gli ostacoli, gli ar-resti, le dispersioni, le accelerazioni e le novit della situazione presente; induce a guardare allopacit e alla discontinuit del tempo della storia non solo alla chiarezza e linearit del tempo della logica.

La storia diventa cos una continua pratica di riscrittura e di de-ontologizzazione o de-assolutizzazione. La riscrittura gui-data dal modello (pertinenza o punto di vista interpretante) di segno che lo storico adotta. Se infatti il segno non esclusiva-mente ridotto alla dimensione logico-verbale ma abbraccia an-che la dimensione non verbale, cambia ci che da considerar-si pertinente e prioritario e ci che, al contrario, da conside-rarsi non pertinente e secondario. Se, in altri termini, il segno il campo delle relazioni semiosiche e semiotiche (o metasemio-siche) la storia della semiotica abbraccia la globalit della se-miosi e delle semiotiche, di conseguenza essa pu iniziare come fa ad esempio Thomas A. Sebeok con lantica medi-cina e con Ippocrate, con le pratiche magiche, astrologiche, col sapere indiziario, anzich con le prime riflessioni sulle lingue verbali. Per Sebeok la scienza dei segni intrinseca alla scien-za della vita, deve pertanto comprendere nel suo ambito non solo la comunicazione non verbale degli animali umani ma an-che la comunicazione degli animali non umani e di tutto il mondo della vita. Tuttavia questa intrinsecit non mai stata riportata nelle ricostruzioni storiche della semiotica come pure

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della biologia perch raramente viene tematizzata. Eppure me-rita unattenta considerazione, non fosse altro che per motivi storici, scrive Sebeok. Dobbiamo quindi rivolgere la nostra attenzione alle origini comuni sia alla biologia medica ippocra-tica [ rinsaldata da Galeno], sia alle pi generali nozioni filo-sofiche del s me on10.

Se questa la prospettiva del paradigma storiografico sebe-okiano, quella del paradigma Eco, pur sottolineando la plura-lit degli approcci, insiste sulla necessit di ricercare e ammet-tere un minimo comun denominatore a tutti i modi di parlare della semiosi o a tutte le semiotiche. Questo elemento comune viene individuato da Eco nella rlation de renvoi11. Dal punto di vista storiografico ci porta a non dover basare la ricostru-zione storica su un certo tipo di segno, verbale o non verbale, e ad ampliare il campo della ricerca storica includendovi autori le cui riflessioni sono tuttaltro che estranee a un pensiero del segno, pur non esplicitandone il concetto. Trovano cos posto, accanto alle teorie semiotiche esplicite, le teorie ostracizzate, represse, implicite; trovano posto le semplici pratiche semioti-che12. Il segno come schema inferenziale generalissimo scrive Giovanni Manetti13 pu allora essere concepito come unentit identica al di sotto delle sue concrete articolazioni (termini, enunciati, testi) e attraverso sistemi semiotici diversi (verbali, plastici, visuali ecc.).

10 T. A. SEBEOK, Il segno e i suoi maestri (1979), Adriatica, Bari 1985, p. 231.11 Cfr. U. ECO, Proposals for a History of Semiotics, in T. BORB (ed.), Semiotic

Unfolding. Proceedings of the Second Congress of the International Association for Semi-otic Studies, Vienna, July 1979, Mouton, Berlin-New York-Amsterdam 1983, vol. I, pp. 75-89.

12 Cfr. ivi, pp. 78-81.13 G. MANETTI, Trame, nodi, repressioni. Umberto Eco e la storia della semiotica,

in P. MAGLI, G. MANETTI, P. VIOLI (a cura di), Semiotica: storia, teoria, interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Bompiani, Milano 1992, p. 17.

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Paolo Fabbri, invece, nellabbozzo storiografico, o sto-ria tendenziosa con cui apre il suo La svolta semiotica, deli-nea il paradigma storiografico semiologico, basato sulla cen-tralit della lingua verbale, che ha il suo representamen in Ro-land Barthes. La lingua naturale intesa come un sistema di segni che, se da un lato come tutti gli altri, ossia significa come un comportamento gestuale o una sinfonia musicale, da un altro lato possiede una caratteristica fondamentale: quella di aver specializzato una parte di se stessa sino al punto di poter parlare [] dei sistemi di segni. A differenza di altri sistemi (visivo, gestuale, musicale, spaziale ecc.), la lingua gode della possibilit di nominare se stessa e gli altri segni della cultu-ra14.

Il paradigma Eco si contrappone proprio a questo para-digma, ossia alleredit saussuriana, [ a] tutto ci che per Barthes e per gli altri rappresentava il momento di rottura che allinizio del secolo (diciamo tra Bral e Saussure) costituiva la formazione di una disciplina scientifica qual la semiotica15.

La posizione storiografica di Fabbri parte dalla convinzione che la semiotica nasce come disciplina autonoma agli inizi de-gli anni Sessanta del secolo scorso in seguito alla rottura epi-stemologica saussuriana, e nasce come disciplina a vocazione scientifica, ovvero come disciplina empirica della significazio-ne e della comunicazione. Le sue radici sono quindi nel passato prossimo e non nel passato remoto come per Eco e Sebeok. Da qui proviene lidea di una incompatibilit fra la nozione di se-gno che dallantichit arriva fino a Peirce e quella che nasce con Saussure e prosegue con Hjelmslev, Greimas e Rastier. La prospettiva strutturale giunge a eliminare la nozione di segno

14 P. FABBRI, La svolta semiotica, cit., pp. 3-4.15 Ivi, p. 7.

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dal proprio bagaglio metodologico per sostituirla con la nozio-ne di testo.

Anche di recente Fabbri ha ribadito questa sua posizione teorica e storiografica parlando di strabismo della memoria per cui la semiotica contemporanea sembra preferire il passato remoto a quello pi prossimo. Gli archivisti del segno ne rico-struiscono filologicamente i tempi lunghi classici o medie-vali con uno scrupolo erudito che nasconde talvolta le radi-cali discontinuit della nozione (latomo di Democrito e il se-gno degli stoici hanno solo il significante in comune con quelli di Perrin o di Hjelmslev!)16.

Il punto di vista storiografico di Eco muove, invece, dalla convinzione che la semiotica abbia una vocazione filosofica e che ha vissuto a lungo nel corpo della filosofia, della logica e della retorica per cui c continuit tra le teorie antiche del se-gno e la contemporanea semiotica cognitiva di Peirce e Morris, compresi i suoi ulteriori sviluppi.

Il paradigma storiografico echiano risale dunque al di l della rottura epistemologica saussuriana e strutturalista e rin-traccia una storia della nozione di rinvio segnico che non ha bisogno di definirsi a partire dallapertura del paradigma teori-co della semiotica, ma che risale per filosofiche vie sino allinizio della nostra cultura, dice Fabbri17. Eppure secondo Eco la semiotica una disciplina giovane (ha duemila anni ma si legittimata da poco) e si sviluppa giorno per giorno18. Egli come noto persegue la coesistenza fra la prospetti-va filosofico-interpretativa e la prospettiva scientifico-strut-

16 ID., Punti di vista e identit artistiche, introduzione. a J. L. PRIETO, Il mitodelloriginale, Aracne, Roma 2015, p. 9.

17 ID., La svolta semiotica, cit., 8.18 U. ECO, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 8.

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turalista: Peirce e Hjelmslev19. Dal punto di vista storiografico ci pu significare tenere insieme sia la storia delle teorie se-miotiche, sia la storia delle idee sui segni, la storia delle prati-che inconsapevoli, o la storia dellepisemiotica.

Se si va per un momento a vedere qual era latteggiamento verso il passato della sua scienza di uno degli artefici della rot-tura epistemologica strutturalista come Hjelmslev non si ri-scontrer una chiusura netta. La linguistica strutturale non era per il linguista danese una scienza priva di memoria e quindi priva di cultura. Cos scrive in un saggio del 1939: Sebbene la linguistica strutturale costituisce una prospettiva nuova [], non per questo stato interrotto definitivamente ogni legame con il passato. Nella linguistica ci sono infatti alcune funzio-ni semiologiche che si manifestano con unevidenza tale che non sar mai possibile trascurarle del tutto. La funzione semio-logica non quindi una nozione nuova; la novit costituita invece dal punto di vista strutturale che pone in primo piano la funzione semiologica e la considera la caratteristica costitutiva della lingua. Per questo motivo sar utile, pur adottando il pun-to di vista strutturale, con tutte le conseguenze che comporta, mantenere i contatti con il passato e partire dalle conquiste del-la linguistica classica ovunque esse si dimostrino fruttuose. A-vremo cos modo di indagare nella storia della nostra scienza e di misurare la parte esatta di nova et vetera20. Il che quanto egli fa in questo stesso saggio relativamente a questa nozione. Non tagliare, dunque, tutti i legami con il passato ma conserva-re il contatto con esso specie l dove le sue conquiste risultano utili per lindagine in corso. Secondo Hjelmslev c uno strut-

19 Cfr. ID., Kant e lornitorinco, Bompiani, Milano 1997, pp. 217-218.20 L. HJELMSLEV, La nozione di rection (1939), in ID., Saggi linguistici, Unicopli,

Milano 1991, vol. II, pp. 137-138.

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turalismo ante litteram che il metodo strutturale ha chiarificato e riesposto in modo pi adeguato e consapevole21. Quindi non un rifiuto delle teorie precedenti ma un loro trasferimento su un nuovo piano teorico di cui costituiscono possibili premesse o condizioni. Idee e metodi vengono ri-orientati, ri-pensati, ri-fratti in una nuova problematica, il che comporta una media-zione o una interpretazione che li liberi da restrizioni imposte dagli stereotipi espressivi, culturali, sociali e scientifici, dalle vicende politiche e ideologiche del contesto in cui sono nati e che magari ne hanno inibito lo sviluppo di tutte le potenzialit. Il lavoro storiografico diventa un lavoro semiotico che mira a cogliere non solo le riorganizzazioni formali ed epistemologi-che, ma soprattutto gli slittamenti semantici, le riorganizzazioni di senso delle teorie, riconoscendo i residui per evitare una storia monologica che rischia di rivelarsi anche immaginaria.

Lecce, Universit del Salento, marzo 2016

21 Lasciamo ancora la parola al linguista danese: se seguiamo lintera curva di svi-luppo della nostra scienza [], scopriremo certamente a lungo andare che un confronto imparziale dei metodi pratici usati in fonologia e morfologia dalla linguistica classica e di quelli usati dalla linguistica strutturale rivela continuit piuttosto che frattura [L. HJEL-MSLEV, Per una semantica strutturale (1957), in ID., Saggi linguistici, Unicopli, Milano 1988, vol. I, p. 318].

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Introduzione

Questo testo pu essere letto come una dichiarazione damore. Verso una disciplina, la semiotica, che ho scoperto quasi per caso, alcuni anni fa, grazie al Nome della rosa di Umberto Eco.

Quel libro mi ha aperto le porte verso un mondo inaspetta-to, colmo di implicazioni, problemi, questioni ancora aperte ma ricco di paradossi. Come il paradosso di Barthes che, mentre con i suoi mitici Elments de smiologie dava battesimo alla Scienza dei Segni, ecco che subito le toglieva autorit, su-bordinandola alla linguistica: insomma, nel giorno del battesi-mo ne celebrava in qualche modo gi il funerale.

Laltro paradosso che quel mondo inaspettato aveva alle spalle una storia millenaria che iniziava molto prima di Saussu-re e Peirce: ma sconosciuta, elusa, ostracizzata dagli ambienti scientifici. Comera allora stato possibile occultare un campo di studi cos fertile, e con una Storia nata insieme al pensiero?

Di qui il sottotitolo del libro che, senza pretese troppo am-biziose, intende far luce sulle ragioni di questa odiosa cancel-lazione silenziosa.

Questo lavoro stato terminato pochi giorni prima che Eco ci lasciasse, il 19 febbraio 2016. scritto come se ci fosse an-cora, perch Eco c ancora, e ci sar sempre: un maestro non

Introduzione 26

muore mai. Ed stato scritto auspicando con Eco che una sto-ria completa e definitiva del pensiero semiotico di vari autori e in pi volumi possa vedere finalmente la luce22. Da oggi lo au-spichiamo anche per Eco: glielo dobbiamo.

22 Nel mio piccolo, in una lettera apparsa su il manifesto il 4 aprile 2012, avevo gi in-vitato a raccogliere La sfida di Omar Calabrese, autore di uno dei primi tentativi storio-grafici compiuti dalla letteratura semiotica.