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INDICE 1 INTRODUZIONE 2 UBICAZIONE DEL PREGETTO 3 NORMATIVA DI RIFERIMENTO 4 Quadro programmatico di riferimento 4.1 Pianificazione Territoriale a livello nazionale 4.1.1 R.D.L. n. 3267 del 30 dicembre 1923 (“Vincolo Idrogeologico”) 4.1.2 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004) 4.1.3 Rete “Natura 2000” – Progetto “Bioitaly” (ex-Direttiva 92/43/CEE) 4.2 Pianificazione Territoriale a livello interregionale 4.2.1. Piano per il Parco Nazionale dei Monti Sibillini 4.3 Pianificazione Territoriale a livello regionale 4.3.1 Piano Paesistico Regionale (PPAR): 4.3.2 Piano Stralcio Per L’assetto Idrogeologico del Fiume Tronto(PAI) 4.4 Pianificazione territoriale a livello provinciale; 4.4.1 Piano Territoriale di Coordinamento Provincia di Ascoli Piceno (PTC) 4.5 Pianificazione territoriale a livello comunale; 4.5.1 Piano di Fabbricazione Vigente 4.5.2 Piano Regolatore Generale: 4.6 Pianificazione di settore 4.6.1 Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) 5 QUADRO PROGETTUALE DI RIFERIMENTO 5.1 Illustrazione delle ragioni della soluzione prescelta sotto il profilo localizzativo, funzionale e delle alternative 5.2 Scelta tecnologica effettuata 5.3 Descrizione fasi del ciclo produttivo, caratteristiche tecniche dell’impianto 5.4 Modalità di gestione nelle differenti condizioni di esercizio 5.5 Cumulo con altri progetti 5.6 Utilizzo e consumi di risorse ambientali 5.7 Produzione di rifiuti 5.8 Inquinamento e disturbi ambientali 5.9 Rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate 5.10 Regimazione delle acque 5.11 Operazioni di manutenzione previste 6 QUADRO AMBIENTALE 6.1 Aspetti Climatici 6.2 Aspetti Geologici 6.3 Aspetti Morfologici 6.4 Aspetti Idrogeologici 6.5 Aspetti Uso del Suolo 6.6 Aspetti Vegetazionali 6.7 Aspetti Faunistici 6.8 Definizione del modello idrobiologico 6.8.1 Caratterizzazione idrobiologica 6.8.2 Macrofite 6.8.3 Macrobenthos 6.8.4 Pesci 6.9 Aspetti ecosistemici 6.10 Aspetti paesaggistici 6.11 Ricchezza relativa alla qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali 7 CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO SULLE SINGOLE COMPONENTI ANALIZZATE 7.1 Verifica degli impatti sulla componente Socio Economica 7.2 Portata dell’impatto 7.3 Ordine di grandezza e della complessità dell'impatto

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Committente: Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag.

b 12/2014 2/80 DITTA PICIACCHIA Srl Via Bucciarelli, 15 63096 – Arquata del Tronto (AP)

IGR Srl Via Adriatica 111/G – 06135 - Perugia Tel. 075.7910039 – Fax: 075.5977527 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

7.4 Verifica degli impatti sulla componente climatica 7.5 Verifica degli impatti sulla componente geologica 7.6 Verifica degli impatti sulla componente morfologica 7.6 Verifica degli impatti sulla componente idrogeologica 7.6.1 Verifica degli impatti sulla componente acque sotterranee 7.6.2 Verifica degli impatti sulla componente acque superficiali 7.7 Verifica degli impatti sulla componente Uso del Suolo 7.8 Verifica degli impatti sulla componente vegetazionale 7.9 Verifica degli impatti sulla componente faunistica 7.10 Verifica degli impatti sulle componenti ecosistemiche 7.11 Verifica degli impatti sulla componente paesaggistica 8 INTERVENTI DI MITIGAZIONE 9. PROBABILITÀ, DURATA, FREQUENZA E REVERSIBILITÀ DELL'IMPATTO 10 INCIDENZA AMBIENTALE 11 CONCLUSIONI

Per le cartografie e gli elaborati grafici citati nel presente documento si rimanda alle “TAVOLE TEMATICHE” e “TAVOLE GRAFICHE” allegato al progetto definitivo di cui a seguire si riporta i relativi elenchi.

Tavole Tematiche allegate al Progetto Definitivo

TAV 005 INQUADRAMENTO CARTOGRAFICO AREA VASTA (IGM) TAV 010 COROGRAFIA AREA DI INTERVENTO E SITI NATURA2000 TAV 050 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO – C.T.R TAV 100 STRALCIO AEROFOTOGRAMMETRICO SCALA 1:5.000 TAV 110 STRALCIO AEROFOTOGRAMMETRICO SCALA 1:10.000 TAV 111 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO BACINO IDROGEOLOGICO E CURVA IPSOGRAFICA TAV 115 A CARTA GEOLOGICA TAV 115 B CARTA IDROGEOLOGICA TAV 116 A SEZIONE GEOLOGICA TAV 116 B SEZIONE IDROGEOLOGICA TAV 120 A STRALCIO PPAR (TAV 01) VINCOLI PAESISTICO AMBIENTALI VIGENTI TAV 120 B STRALCIO PPAR (TAV 03) SOTTOSISTEMI TEMATICI TAV 120 C STRALCIO PPAR (TAV 04) SOTTOSISTEMI TEMATICI DEL SOTTOSISTEMA BOTANICO VEGETAZIONALE TAV 120 D STRALCIO PPAR (TAV 05) VALUTAZIONE QUALITATIVA DEL SOTTOSISTEMA BOTANICO VEGETAZIONALE TAV 120 E STRALCIO PPAR (TAV 06) AREE PER RILEVANZA DEI VALORI PAESAGGISTICI E AMBIENTALI TAV 120 F STRALCIO PPAR (TAV 07) AREE DI ALTA PERCETTIVITÀ VISIVA TAV 120 G STRALCIO PPAR (TAV 10) LUOGHI ARCHEOLOGICI E DI MEMORIA STORICA TAV 120 H STRALCIO PPAR (TAV 11) PARCHI E RISERVE NATURALI TAV 130 STRALCIO PIANO REGOLATORE GENERALE TAV 135 STRALCIO DELLA CARTA DELLA CLASSIFICAZIONE ACUSTICA DEL TERRITORIO COMUNALE DI ARQUATA DEL TRONTO TAV 140 PIANO STRALCIO DI BACINO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL FIUME TRONTO - CARTA DEL DISSESTO E DELLE AREE ESONDABILI TAV 150 STRALCIO PIANO PAESISTICO AMBIENTALE REGIONALE - CARTA VINCOLO IDROGEOLOGICO R. D. N.3267/1923

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TAV 153 CARTA DELL’USO DEL SUOLO TAV 154 CARTA DEI CORRIDOI ECOLOGICI TAV 157 TAVOLA DELLE OPERE DI MITIGAZIONE AMBIENTALE TAV 170 MAPPA DI INTERVISIBILITÀ TEORICA (MIT) TAV 180 UBICAZIONE DEI RICETTORI SENSIBILI E DEI PUNTI DI MISURA FONOMETRICI TAV 185 CARTA DELLA VEGETAZIONE (FITOSOCIOLOGICA) SIC IT5340012 CON SOVRAPPOSTE LE OPERE DI PROGETTO TAV 190 CARTA DEGLI HABITAT PRIORITARI IN BASE ALLA DIRETTIVA 92/43/CEE SIC IT5340012 CON SOVRAPPOSTE LE OPERE DI PROGETTO TAV 190/A CARTA DEGLI HABITAT IN BASE ALLA DIRETTIVA 92/43/CEE SIC IT5340012 CON SOVRAPPOSTE LE OPERE DI PROGETTO TAV 195 TRALCIO CARTA DEI CONFINI E ZONIZZAZIONE - PIANO DEL PARCO DEI MONTI SIBILLINI

Tavole Grafiche allegate al Progetto Definitivo TAV 200/A PLANIMETRIA DI INQUADRAMENTO CATASTALE IMPIANTO - STATO DI FATTO E PROGETTO TAV 200/B INQUADRAMENTO CATASTALE CAVIDOTTO DI CONNESSIONE BT TAV 210/A PLANIMETRIA GENERALE TAV 210/B INQUADRAMENTO PERCORSO CAVIDOTTO DI CONNESSIONE BT SU BASE CTR TAV 300 PIANTE, SEZIONI E PROSPETTI DELLE OPERE DI CAPTAZIONE OGGETTO DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA TAV 400 PIANTE, SEZIONI E PROPETTI VASCA DI CARICO, LOCALE CENTRALE E OPERE DI RESTITUZIONE - STATO DI FATTO E PROGETTO TAV 900/A PROFILO LONGITUDINALE E SEZIONI TRASVERSALI CONDOTTE - PROGETTO TAV 900/B PROFILO LONGITUDINALE E SEZIONI TRASVERSALI CONDOTTE - PROGETTO TAV 1100 SCHEMA DELLE FASI DI CANTIERE TAV 1200 PROFILI LONGITUDINALI SCHEMATICI TAV 1300 PLANIMETRIA DELLE SISTEMAZIONI ESTERNE E DELLE OPERE DI MITIGAZIONE TAV 1600 PLANIMETRIA CON INDIVIDUAZIONE RETE A TERRA TAV 1700 PIANTA LOCALE TECNICO CON DISTRIBUZIONE QUADRI ELETTRICI/FORZA MOTRICE TAV 1900 PLANIMETRIA DELLE STRUMENTAZIONI DI MISURA LIVELLI/PORTATE TAV 2000 SCHEMA ELETTRICO UNIFILARE GENERALE DELL'IMPIANTO TAV 2100 SCHEMA UNIFILARE QUADRO TERMINALE DI UTENZA TAV 2200 PLANIMETRIA DELLE AREE DI ESPROPRIO E DI OCCUPAZIONE

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1 INTRODUZIONE Il presente documento, redatto ai sensi del DPCM 27 Dicembre 1988, è parte integrante della documentazione prodotta al fine dell’espressione del provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale, ai sensi del D. Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii. del progetto per la realizzazione di un impianto micro idroelettrico atto a sfruttare le acque dell’area di sorgenza “Costa Le Cese” nel territorio del Comune di Arquata del Tronto (AP).

L’area oggetto di studio è localizzata nel territorio del Comune di Arquata del Tronto (Provincia di Ascoli Piceno), in loc. Pescara del Tronto presso il toponimo Costa le Cese, a circa tre chilometri a S-W del capoluogo.

La zona è individuata nella Carta d’Italia Serie 25 V nel Foglio 132 II Tavoletta NO, (TAV 010) nella Carta Tecnica Regionale della Regione Marche nelle Sezioni n. 337040 e 337080 (Tav. 050) e nel N.C.T. del Comune di Arquata del Tronto (vedi Tav 055): Foglio n. 44, particelle: 518, 593, 594, 598 e 1032; Foglio n. 59, particelle: 209, 215, 216, 223, 224, 225, 552, 553, 631, 632, 639, 640, 641, 643 e 1100.

Il progetto prevede la realizzazione di una centrale micro-idroelettrica, in località Pescara del Tronto, per produrre potenza nominale media di concessione di Kw 46,30 su salto nominale di 100,19 m.

Lo scopo principale della presente relazione è fornire un quadro dell’intervento proposto contestualizzato nell’area d’intervento ed ancora nell’area vasta, evidenziando le caratteristiche dell’impatto potenziale che lo stesso può produrre sulle componenti ambientali coinvolte.

Per conseguire l’obiettivo sopra indicato sono stati eseguiti studi, rilievi e verifiche sull’area di intervento e nel suo intorno significativo, i cui risultati sono illustrati ai capitoli che seguono.

Lo studio comprende l’analisi degli strumenti di tutela e pianificazione territoriale ed evidenzia gli aspetti geologici, geomorfologici ed idrogeologici dell’area in esame. Sono state inoltre trattate le caratteristiche paesaggistiche del territorio indagato.

Capitoli specifici sono stati inoltre dedicati all’individuazione degli impatti connessi alla realizzazione dell’impianto contestualizzato nella realtà ambientale e paesaggistica del luogo.

Per meglio comprendere l’interferenza dell’opera in progetto con la realtà paesaggistica e ambientale del luogo, è stata redatta una documentazione fotografica che illustra lo stato attuale dei luoghi indagati interessati dalla realizzazione del progetto.

Il progetto in esame è stato sviluppato in piena conformità alla normativa vigente, verificando le relazioni e la sua coerenza con gli obiettivi perseguiti dagli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale.

Le principali finalità del progetto, pertanto, possono essere così sintetizzate:

• dimensionamento dell’impianto e delle sue strutture in termini di massima efficienza e produttività, nel rispetto della sua collocazione ambientale e territoriale;

• valutazione della conformità del progetto alla normativa vigente, con particolare riferimento ai requisiti e prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 387 del 29 dicembre 2003 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità” e successive modificazioni e norme attuative e ;

• studio e descrizione di tutti gli elementi atti a dimostrare la compatibilità tra il progetto e l’ambiente di riferimento.

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2 UBICAZIONE DEL PREGETTO

L’area oggetto di studio è localizzata nel territorio del Comune di Arquata del Tronto (Provincia di Ascoli Piceno), in loc. Pescara del Tronto presso il toponimo Costa le Cese, a circa tre chilometri a S-W del capoluogo.

La zona è individuata nella Carta d’Italia Serie 25 V nel Foglio 132 II Tavoletta NO, (TAV 010) nella Carta Tecnica Regionale della Regione Marche nelle Sezioni n. 337040 e 337080 (Tav. 050) e nel N.C.T. del Comune di Arquata del Tronto (vedi Tav 055): Foglio n. 44, particelle: 518, 593, 594, 598 e 1032; Foglio n. 59, particelle: 209, 215, 216, 223, 224, 225, 552, 553, 631, 632, 639, 640, 641, 643 e 1100.

L’area di progetto è facilmente raggiungibile percorrendo la SP N. 129 “Trisungo d’Arquata-Tufo” per raggiungere le opere di captazione e la S.S n. 4 “Salaria” per raggiungere l’area di centrale e di restituzione.

L’area di intervento è compresa tra le quote di 767,0 m e 654,21 m slm in sinistra idrografica del F. Tronto.

3 NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Il presente documento è stato redatto in conformità e nel rispetto delle normative vigenti, con particolare riferimento alla seguente normativa:

EUROPEA

• Direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione di impatto ambientale

• Direttiva 2014/52/UE che modifica la direttiva 2011/92/UE

NAZIONALE

• - R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775 “Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”;

• - R.D. 14 agosto 1920 n. 1285 “Regolamento per le derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche”;

• - D.M. 16 dicembre 1923 “Norme per la compilazione dei progetti di massima e di esecuzione a corredo di domande per grandi e piccole derivazioni d’acqua”;

• - D.L. 12 luglio 1993 n. 275 “Riordino in materia di concessione di acque pubbliche”;

• - D.P.R. 18 febbraio 1999 n. 238 “Regolamento recante norme per l’attuazione di talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994 n. 36”;

• - D.L. 18 agosto 2000 n. 267 “T.U. delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali”.

• Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 16 ottobre 2009 “Approvazione delle modifiche al testo integrato della disciplina del mercato elettrico ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 2, e dell'articolo 10, comma 4, del decreto 29 aprile 2009”;

• Legge 23 luglio 2009, n. 99 "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia";

• Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 29 aprile 2009 “Indirizzi e direttive per la riforma della disciplina del mercato elettrico ai sensi dell'articolo 3, comma 10, della legge 28 gennaio 2009, n. 2. Impulso all'evoluzione dei mercati a termine organizzati e rafforzamento delle funzioni di monitoraggio sui mercati elettrici”;

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• Decreto Ministero dello Sviluppo Economico 2 marzo 2009 “Disposizioni in materia di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare”;

• Circolare del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 617 del 2 febbraio 2009 “Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008”;

• Decreto Ministero delle Sviluppo Economico 18 dicembre 2008 “Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell'articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”;

• Decreto Legislativo 26 marzo 2008, n. 63 “Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio”;

• Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 "Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale";

• Legge 24 dicembre 2007, n. 244 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008”;

• Decreto Ministero delle Sviluppo Economico 15 giugno 2007 “Approvazione delle modifiche al Testo integrato della Disciplina del mercato elettrico”;

• Decreto Ministeriale 19 febbraio 2007 “Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387”;

• Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 aprile 2006, n. 3519 “Valori di pericolosità sismica regionale di base”;

• Decreto Legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”;

• Decreto Legislativo 24 marzo 2006, n. 156 “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali”;

• Decreto Legislativo 24 marzo 2006, n. 157 “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio”;

• Decreto Ministero delle Attività Produttive 6 febbraio 2006 “Criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare”;

• Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 dicembre 2005 “Individuazione della documentazione necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti, ai sensi dell’articolo 146, comma 3, del Codice dei beni culturali del paesaggio di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42”;

• Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 195 “Decreto sulle modalità di accesso all’informazione ambientale”;

• Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 194 “Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale”;

• Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”;

• Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 “Attuazione della Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”;

• Decreto Ministero delle Attività Produttive 19 dicembre 2003 “Approvazione del testo integrato della Disciplina del mercato elettrico. Assunzione di responsabilità del Gestore del mercato elettrico Spa relativamente al mercato elettrico”;

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• Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274 “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per la costruzione in zona sismica” e successive modifiche ed integrazioni;

• Decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120 “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”;

• Decreto Legislativo 4 settembre 2002, n. 262 “Attuazione della direttiva 2000/14/CE concernente l'emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all'aperto”;

• Decreto 3 settembre 2002 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000”;

• Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” e successive modifiche ed integrazioni;

• Legge 22 febbraio 2001, n. 36 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”;

• Decreto Ministeriale 3 Aprile 2000 “Elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE” e successive modifiche ed integrazioni;

• Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n. 79 “Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica”;

• Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”;

• Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 "Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche";

• Legge 26 ottobre 1995, n. 447 “Legge quadro sull’inquinamento acustico” e successive modifiche ed integrazioni;

• Legge 6 dicembre 1991, n. 394 “Legge Quadro sulle Aree Protette”;

• Legge 9 gennaio 1991, n. 10 “Norme per l’attuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”;

• Legge 9 gennaio 1991, n. 9 “Norme per l’attuazione del nuovo Piano Energetico Nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali”;

• Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988 “Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all'art. 6, L. 8 luglio 1986, n. 349, adottate ai sensi dell'art. 3 del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377”;

• Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 11 marzo 1988 “Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione ed il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione”;

• Legge 2 febbraio 1974, n. 64 “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”;

• Regio Decreto Legge 30 dicembre 1923, n. 3267 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani” (Vincolo Idrogeologico).

• DL 163/2006 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE

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REGIONALE

• L.R. n. 3/2012 "Disciplina regionale della valutazione di impatto ambientale (VIA)" - Pubblicata sul BURM n. 33 del 5 aprile 2012

• Linee guida L.R. 7/2004 DGR 1600/2004 "L.R. n. 7/2004 - Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale - Linee guida generali di attuazione della legge regionale sulla VIA"

• L.R. n. 6/2007 "Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 14 aprile 2004, n. 7, 5 agosto 1992, n. 34, 28 ottobre 1999, n. 28, 23 febbraio 2005, n. 16 e 17 maggio 1999, n. 10. Disposizioni in materia ambientale e Rete Natura 2000"

• D.G.R. n. 720 del 05/05/2009 "LR n. 7/2004 Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale" s.m., artt. 5 e 19 Uniformazione delle modalità di gestione delle spese istruttorie in materia di VIA ad integrazione della DGR n. 1600/2004"

• Deliberazione Amministrativa 13/2010 "Individuazione delle aree non idonee di cui alle linee guida previste dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l'installazione di impianti fotovoltaici a terra e indirizzi generali tecnico amministrativi. Legge regionale 4 agosto 2010, n. 12"

• D.G.R. n. 1756 del 06/12/2010 Deliberazione amministrativa assemblea legislativa regionale n. 13 del 30.09.2010 "Individuazione delle aree non idonee di cui alle linee guida previste dall'articolo 12 del Decreto Legislativo n. 387/2003 per l'installazione di impianti fotovoltaici a terra" - Approvazione delle interpretazioni tecnico-amministrative"

I riferimenti di cui sopra potrebbero non essere esaustivi. Ulteriori disposizioni di legge, norme e deliberazioni in materia, anche se non espressamente richiamati, si considerano applicabili.

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4 QUADRO PROGRAMMATICO DI RIFERIMENTO

Gli strumenti di programmazione

Gli strumenti pianificatori di riferimento sono rappresentati da:

4.1 Pianificazione territoriale a livello nazionale

4.2 Pianificazione territoriale a livello interregionale

4.3 Pianificazione territoriale a livello regionale ;

4.4 Pianificazione territoriale a livello provinciale;

4.5 Pianificazione territoriale a livello comunale;

4.6 Pianificazione di settore.

4.1 Pianificazione Territoriale a livello nazionale

4.1.1 R.D.L. n. 3267 del 30 dicembre 1923 (“Vincolo Idrogeologico”)

Il Regio Decreto Legge n. 3267/1923 prevede il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e di territori montani. In particolare, all’art. 1, il decreto sottopone a vincolo idrogeologico, i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di uso contrastanti con la norma, possono subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque, causando un danno pubblico. I successivi art. 7, 8 e 9 definiscono una serie di prescrizioni sull’utilizzazione e la gestione dei territori vincolati; l’art. 7 prescrive che la trasformazione dei boschi in altre qualità di coltura e dei terreni saldi in terreni soggetti a periodiche lavorazioni, sono subordinate ad autorizzazione rilasciata dal comitato forestale, nel rispetto delle modalità da esso prescritte.

Le opere di progetto ricadono completamente all’interno di area sottoposta a Vincolo Idrogeologico (vedi Tavole Tematiche - Tav 150). Gli interventi previsti dal progetto prevedono una moderata movimentazione di terreno eseguita con tutte le accortezze necessarie a scongiurare fenomeni erosivi e di dissesto (vedi Elaborato R02 Relazione Tecnica - par. 6.4). Le opere di progetto interessano quasi esclusivamente aree di cava stabili, aree pianeggianti e strade asfaltate. L’unica interferenza delle opere di progetto con gli obiettivi di tutela del R.D.L. n. 3267/1923 si esplicano realmente nel tratto di condotta forzata che dalla S.P. n. 129 scende verso la vasca di carico esistente (L circa 7,0m, pendenza circa 40°, h scavo 1,35m). In tale tratto sono previste tutte le accortezze necessarie a scongiurare fenomeni erosivi e l’innesco di movimenti gravitativi, prevedendo la conservazione della destinazione d’uso del suolo esistente senza modifiche morfologiche del versante (vedi Elaborato R02 Relazione Tecnica - par. 6.4 “CONDOTTA E10 - Tratto interrato dalla S.P. n. 129 alla vecchia vasca di carico”).

In base a quanto detto esiste una piena compatibilità delle opere con il vincolo suddetto.

4.1.2 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004)

Relativamente alle disposizioni legislative in materia dei beni culturali e ambientali, il Decreto Legislativo, sostituisce il D.L. 490/99 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma della L. 8 ottobre 1997 n. 352, art.1”. Tale decreto entrato in vigore dal 1° maggio 2004, è l’unico codice dei beni culturali e del paesaggio. Il presente Decreto, afferma che il patrimonio culturale è costituito dai Beni culturali e dai Beni paesaggistici:

- Beni culturali - le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico antropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose aventi valore di civiltà;

- Beni paesaggistici - gli immobili e le aree indicate dall’art. 134 del presente DL, costituenti espressione dei valori

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storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio.

In riferimento al D.Lgs. 42/2004, nell’area di studio e nel suo intorno significativo non ci sono edifici o beni di interesse storico e culturale, di cui agli articoli 2, 10 e 54.

L’area di intervento ricade all’interno di Beni Immobili ed aree di notevole interesse pubblico, di cui all’art. 136 e 157 del Codice, in particolare:

� (Vincolo 110317 - Sito APAR/Sitap del Ministero per i Beni e le Attività Culturali): con il Decreto Ministeriale 26 marzo 1970 , pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 106 del 28 aprile 1970, l'intero territorio comunale di Arquata del Tronto (AP) è riconosciuto di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, perché per la sua naturale configurazione montana comprendente la catena del monte Vettore e dei Monti della Laga, ricca di pascoli e di boschi di castagni, forma quadri naturali di grande rilievo e bellezza godili dalle strade lungo la vallata del Tronto, nei quali si inseriscono anche, quale elemento determinante, gli antichi agglomerati urbani con i loro monumenti. L’area di intervento ricade parzialmente all’interno di tale zona vincolata (vedi immagine seguente)

� (Vincolo 1103303 - Sito APAR/Sitap del Ministero per i Beni e le Attività Culturali): con il Decreto Ministeriale 14 giugno 1971, l'intero territorio comunale di Acquasanta Terme (AP) è riconosciuto di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, per il rilevante valore panoramico e paesaggistico - costituito dalla suggestiva vallata del Tronto, dai Monti di Macera della morte, Monte Calvo, Monte Ceresa ed altri - determina un insieme di quadri naturali di particolare bellezza comprendenti numerosi centri storici e pubblicamente godibili dalle strade che attraversano la località. L’area di intervento ricade parzialmente all’interno di tale zona vincolata (vedi immagine seguente)

Estratto APAR/Sitap del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (www.sitap.beniculturali.it) -Vincoli D. Lgs. 42/2004 artt. 136 e 157

Pescara del Tronto

Area di intervento

Vincolo 110317

Vincolo 110303

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L’area di intervento ricade completamente o parzialmente all’interno di beni paesaggistici tutelati ai sensi dell'articolo 142 comma 1 del Codice (Aree tutelate per legge), in particolare:

Le opere di progetto ricadono completamente in area tutelata ai sensi dell’art. 142 comma 1, lettera f “i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi” in quanto interna al Parco Nazionale dei Monti Sibillini (vedi Tavole Tematiche - Tav 010)

Le opere di progetto ricadono completamente in area tutelata ai sensi dell’art. 142 comma 1, lettera c “i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna “ in quanto interna alla fascia di rispetto del Fiume Tronto (vedi immagine a seguire)

Estratto APAR/Sitap del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (www.sitap.beniculturali.it) -Vincoli D. Lgs. 42/2004 artt. 142 comma 1

lettera c

Le opere di progetto ricadono esternamente a beni tutelati ai sensi dell’art. 142 comma 1, lettera d “le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole” e lettera g “i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227” (vedi immagine a seguire)

Pescara del Tronto Area di intervento

Fascia di rispetto F. Tronto

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Estratto APAR/Sitap del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (www.sitap.beniculturali.it) -Vincoli D. Lgs. 42/2004 artt. 142 comma 1

lettera d e lettera g

Per la compatibilità delle opere in progetto rispetto ai vincoli descritti, si è redatta apposita Relazione Paesaggistica ai sensi del DPCM 12 Dicembre 2005 e ai sensi dell’accordo Regione Marche - Direzione Regionale del MIBAC del 19/12/07 (DGR n.762 del 16/07/07) (vedi elaborato R12 Relazione Paesaggistica)

4.1.3 Rete “Natura 2000” – Progetto “Bioitaly” (ex-Direttiva 92/43/CEE)

La legislazione che regola la conservazione dei SIC (Siti di Interesse Comunitario) e dei ZPS (Zone di Protezione Speciale), è la seguente:

- D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 pubblicato sulla G.U. del 23 ottobre 1997, n. 248, "regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica";

- D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120, pubblicato sulla G:U: del 30 maggio 2003, n. 124, “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al DPR 8 settembre 1997, n. 357;

- D.M. 3 Aprile 2000 del Ministero dell'Ambiente, che rende pubblico l'elenco dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC), proposti unitamente all'elenco delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), designate ai sensi della direttiva 79/409CEE.

- L.R. Regione Marche n. 6 del 12 giungno 2007, “Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 14 aprile 2004, n. 7, 5 agosto 1992, n. 34, 28 ottobre 1999, n. 28, 23 febbraio 2005, n. 16 e 17 maggio 1999, n. 10. Disposizioni in materia ambientale e Rete Natura 2000”;

- D.G.R. 220/2010 Regione Marche, “Adozione delle linee guida regionali per le valutazioni di incidenza di piani e interventi”.

Pescara del Tronto

Area di intervento

Quote >1.200m slm

Foreste e Boschi

Foreste e Boschi

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L’area in esame ricade in parte all’interno del “SIC IT5340012 - Boschi ripariali del Tronto” e completamente all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Le soluzioni progettuali proposte sono state scelte nella logica di minimizzare l’impatto ambientale delle opere con speciale riguardo a specie, comunità biocenotiche ed ecosistemi oggetto di protezione e salvaguardia. In base alle caratteristiche del sito e alle scelte progettuali proposte si rileva un’incidenza non significativa delle opere sulle componenti del sito e una piena compatibilità delle opere con le finalità di tutela e la normativa di riferimento (vedi Elaborato R09 - Studio di screening di incidenza ambientale)

4.2 Pianificazione Territoriale a livello interregionale

4.2.1. Piano per il Parco Nazionale dei Monti Sibillini

L’area di intervento ricade all’interno dell’Area Naturale Protetta Parco Nazionale dei Monti Sibillini regolamentata dal Piano per il Parco approvato con delibera del C.D. n.59 del 18 novembre 2002. In base alla cartografia ufficiale del Piano ed particolare alla Tavola B3 “Articolazione Territoriale” Sezione n. 33704, le opere di progetto ricadono all’interno delle seguenti zone (vedi Tavole Tematiche - Tav. 350):

- Aree degradate (ex area di cava): all’interno di questa zona ricadono le opere di captazione esistenti, le condotte di adduzione della sorgente S1 e S2, la nuova vasca di carico, la condotta esistente di scarico e parte della nuova condotta forzata.

- Zona D2 (Nuclei e agglomerati rurali): all’interno di questa zona ricade parte della condotta forzata interrata.

- Zona C (Area di protezione): all’interno di questa zona ricadono le opere del vecchio impianto idroelettrico dismesso (condotta forzata, locale centrale e condotta di restituzione) che si intende recuperare/ristrutturare/rivalorizzare.

- Zona D4 (Aree Produttive): all’interno di questa zona ricade il cavidotto interrato di collegamento in bassa tensione alla rete nazionale di distribuzione dell’energia elettrica.

Le categorie d’interventi ammissibili e le attività ed usi compatibili con ognuna delle zone sopraelencate è regolamentato dall’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano per il Parco. In particolare nelle zone suddette sono possibili interventi di riqualificazione (RQ) che ai sensi dell’art. 5 delle NTA “comprende le azioni e gli interventi volti prioritariamente al miglioramento delle condizioni esistenti e alla valorizzazione di risorse male o sottoutilizzate, con modificazioni fisiche o funzionali, anche radicalmente innovative ed interventi di sistemazione paesistica atti a guidare ed organizzare i processi evolutivi, ma tali da non aumentare sostanzialmente i carichi urbanistici ed ambientali, da ridurre od eliminare i conflitti o le improprietà d'uso in atto, o da migliorare la qualità paesistica nelle situazioni di particolare degrado e deterioramento”. All’interno delle stesse zone sono consentite le seguenti attività e usi compatibili: UA (Urbani e Abitativi) “comprendenti gli usi orientati alla qualificazione ed all'arricchimento delle condizioni dell'abitare, le utilizzazioni per residenze temporanee e permanenti, coi servizi e le infrastrutture ad esse connessi, nonché le attività artigianali, commerciali e produttive d'interesse prevalentemente locale; ..........” In base a quanto detto non sussitono elementi di incompatibilità tra gli interventi in progetto e gli strumenti di pianificazione delle Aree Naturali Protette interessate.

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4.3 Pianificazione Territoriale a livello regionale

4.3.1 Piano Paesistico Regionale (PPAR):

Il più importante strumento di pianificazione territoriale regionale è il Piano Paesistico Ambientale Regionale (PPAR); l’obiettivo generale del PPAR è quello “di procedere a una politica di tutela del paesaggio coniugando le diverse definizioni di paesaggio immagine, paesaggio geografico, paesaggio ecologico in una nozione unitaria di paesaggio-ambiente che renda complementari e interdipendenti tali diverse definizioni”.

Al momento è in corso la stesura di un nuovo Piano Paesistico Regionale che prevede la revisione e l’adeguamento dell’attuale PPAR all’attuale piano legislativo, con particolare riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) ed alla Convenzione europea del paesaggio.

Allo stato attuale, quindi, si deve far riferimento al PPAR Approvato con Deliberazione Amministrativa n. 197 del 3.11.1989.

All’art. 25 delle NTA (Norme Tecniche di Attuazione) è stabilito che il PPAR definisce ambiti di tutela provvisori, la cui delimitazione definitiva è comunque demandata agli strumenti di pianificazione sottordinati, riferendosi sia a criteri generali indicati e definiti nello stesso PPAR, sia a criteri specifici precisati per ogni categoria anche attraverso la verificazione correttiva degli ambiti provvisori.

In relazione alla tutela, che viene applicata per ambiti che comprendono le categorie costitutive del paesaggio considerato ed i luoghi ad esso circostanti, il PPAR definisce 2 livelli distinti (art. 26), tutela orientata e tutela integrale:

- -la tutela orientata riconosce l’ammissibilità di trasformazioni con modalità di intervento compatibili con gli elementi paesistici ambientali del contesto;

- la tutela integrale, che consente esclusivamente interventi di conservazione, consolidamento, ripristino delle condizioni ambientali protette, ammette quelli di trasformazione volti alla riqualificazione dell’immagine e delle specifiche condizioni d’uso del bene storico-culturale o della risorsa paesistico-ambientale considerata, esaltandone le potenzialità e le peculiarità presenti.

Gli obiettivi specifici di ciascun sottosistema tematico sono riferiti ai caratteri geologici, geomorfologici e idrogeologici, ai beni botanico-vegetazionali e ai beni storico-culturali.

Tra i principali obiettivi del Piano vi è:

a) la conservazione e protezione delle emergenze di particolare rilevanza e degli ambienti naturali;

b) la conservazione e difesa del suolo, il ripristino delle condizioni di equilibrio ambientale, il recupero delle aree degradate, la riduzione delle condizioni di rischio;

c) la difesa dall’inquinamento delle sorgenti e delle acque superficiali e sotterranee.

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Dall’esame degli elaborati grafici riprodotti, si evince come l’area dell’impianto interagisce con alcune delle norme di tutela definite dal Piano Paesistico Ambientale Regionale.

• Tavola 1 Vincoli paesistico ambientali vigenti: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (vedi Tavole Tematiche - Tav. 120 A), l’area di progetto ricade :

1. in Vincoli regionali (Legge 431/1985 - Galasso);

2. in Vincoli Esistenti (Legge 1497/39)

Per la compatibilità delle opere in progetto rispetto ai vincoli descritti, si è redatta apposita Relazione Paesaggistica ai sensi del DPCM 12 Dicembre 2005 e ai sensi dell’accordo Regione Marche - Direzione Regionale del MIBAC del 19/12/07 (DGR n.762 del 16/07/07) (vedi elaborato R12 Relazione Paesaggistica)

• Tavola 2 Sottosistemi tematici - Geologico Geomorfologico e Idrogeologico: FASCE MORFOLOGICHE: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate al PPAR (vedi immagine a seguire), l’area di progetto ricade in:

� Fascia appenninica A;

Estratto Tavola 2 “Fasce Morfologiche” allegata al PPAR

• Tavola 3 Sottosistema Geologico Geomorfologico e Idrogeologico - SOTTOSISTEMI TEMATICI: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (vedi Tavole Tematiche - Tav. 120 B), il lotto di intervento è interno ad “Area GB di rilevante valore (art. 6 - 9 del PPAR”). Le aree GB rappresentano aree montane e medio-collinari in cui gli elementi geologici, geomorfologici caratteristici del paesaggio sono diffusi e, pur non presentando peculiarità come elemento singolo, concorrono nell’insieme alla formazione dell’ambiente tipico della zona montana e medio-collinare delle Marche.

Per il sottosistema Geologico Geomorfologico e Idrogeologico, l’art. 7 delle NTA del PPAR definisce le condizioni di rischio, l’art. 8 gli obiettivi di tutela e l’art. 9 gli indirizzi generali di tutela.

Area di progetto

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Le scelte progettuali proposte non concorrono ad incrementare le condizioni di rischio riportate all’art. 7 in quanto:

� Non prevedono alterazioni del territorio: il progetto prevede opere interrate ed il ripristino di manufatti esistenti. L’unica opera rilevata dal terreno (h circa 1,0m) sarà la nuova vasca di carico che verrà realizzata all’interno di un’area di cava esterna a qualsiasi peculiarità del sottosistema Geologico Geomorfologico e Idrogeologico.

� Non prevedono sensibili alterazioni del regime idrico superficiale e sotterraneo, in quanto si propone l’utilizzo di opere di captazione e convogliamento esistenti e funzionanti, che da anni sono inserite nel contesto idrogeologico e idrologico locale. La sostenibilità idrologica e idrologica del progetto è dimostrata nell’Elaborato R05 “Relazione Idrogeologica” allegata al progetto definitivo. Le opere in progetto non interferiranno con il naturale deflusso delle acque e non concorreranno all’occupazione del letto di espansione fluviale. Non è prevista la costruzione di invasi artificiali, la realizzazione di bonifiche, modifiche e canalizzazioni dell’alveo fluviale o modifiche al reticolo idrografico naturale in cui defluiscono le acque superficiali.

� Non comportano e non possono comportare fenomeni di inquinamento delle risorse idriche superficiali e sotterranee e del suolo;

� Non possono comportare l’alterazione, il degrado e la scomparsa delle località in cui sono riconoscibili le serie tipo della successione umbro-marchigiana; delle località fossilifere, degli ambienti sedimentari e simili;

� Non possono innescare movimenti gravitativi dei versanti, erosioni fluviali in alveo e di sponda, esondazioni fluviali, erosioni areali e concentrate del suolo e simili.

La realizzazione del progetto concorre, invece, agli obiettivi di tutela del sottosistema previsti all’art 8 punto b) delle NTA del PPAR, in quanto contribuisce con gli interventi di mitigazione e di ripristino ambientale al recupero, seppur limitato, di parte di un’area degradata (area di cava).

Si precisa, infine, che l’intervento proposto rispetta gli Indirizzi generali di tutela del sottosistema Geologico Geomorfologico e Idrogeologico definiti nell’art. 9) del PPAR in quanto:

� non prevede trasformazioni del territorio;

� prevede il mantenimento dell’assetto geomorfologico d’insieme;

� prevede la conservazione dell’assetto idrogeologico delle aree interessate;

� non concorre all’occultamento di potenziali peculiarità geologiche e paleontologiche.

• Tavola 4 Sottosistema Botanico Vegetazionale - SOTTOSISTEMI TEMATICI: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (vedi Tavole Tematiche - Tav. 120 C), Le opere in progetto ricadono tutte esternamente ai sottosistemi Botanico Vegetazionali e delle aree floristiche individuate e riportate nella Tavola 4 allegata al PPAR. Si precisa, inoltre, che le opere di captazione oggetto di intervento, poste in prossimità della perimetrazione di Aree BA “Aree di eccezionale valore” (art. 33 del PPAR) della suddetta tavola, ricadono all’interno di un’area di cava in cui la vegetazione è confinata esternamente agli ambiti di movimentazione del materiale e manovra dei mezzi.

Nonostante ciò, gli interventi in progetto a monte della S.P. n. 129 (opere di captazione, condotte di adduzione, vasca di carico e parte della condotta forzata) interesseranno esclusivamente strade asfaltate, piazzali e viabilità di cava, privi di vegetazione, per cui non

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è ipotizzabile l’interferenza delle opere con specie vegetali endemiche e/o rare soggette a tutela.

• Tavola 5 Sottosistema Botanico Vegetazionale - VALUTAZIONE QUALITATIVA DEL SOTTOSISTEMA BOTANICO-VEGETAZIONALE: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (vedi Tavole Tematiche - Tav. 120 D), l’area di progetto ricade parzialmente (opere di captazione, condotte di adduzione, vasca di carico e parte della condotta forzata) in “Zone di altissimo valore vegetazionale - Complessi oro-idrografici“ (Boschi e pascolo interclusi) normati dall’artt. 34 e 35 del NTA del PPAR.

Si precisa, che le opere in progetto ricadenti nei complessi oro-idrografici della suddetta tavola, sono tutte interne ad un’area di cava in cui la vegetazione è confinata esternamente agli ambiti di movimentazione del materiale e manovra dei mezzi.

Ai sensi dell’art. 34 (Foreste demaniali regionali e boschi) e dell’art. 35 (pascoli) all’interno dei complessi oro-idrografici “....... sono vietate le opere di mobilità e gli impianti tecnologici fuori terra ........................”, per cui esiste piena compatibilità delle opere di progetto ricadenti in tale area in quanto impianti tecnologici completamente interrati.

Allo stesso modo, nel rispetto dei suddetti articoli delle NTA del PPAR, le opere in progetto non prevedono la riduzione di superfici boscate e variazioni colturali.

• Tavola 6 Sottosistemi Territoriali Generali - AREE PER RILEVANZA DEI VALORI PAESAGGISTICI E AMBIENTALI: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (vedi Tavole Tematiche - Tav. 120 E), il lotto di intervento è completamente interno ad “Aree A: Aree di eccezionale valore” normate dall’artt. 20 e 23 delle NTA. Con le tavole 6 e 7, il Piano classifica le aree della regione in rapporto alla rilevanza dei valori paesistico ambientali (art. 20), attribuendo la categoria A “alle aree eccezionali, rappresentabili anche da toponimi; paesaggi monumentali. La categoria A raccoglie le unita di paesaggio eccezionali nelle quali emergono l’aspetto monumentale del rapporto architettura-ambiente e l’ampio orizzonte; luoghi di grande effetto visuale e di alta notorietà; luoghi “forti” anche per la combinazione significativa di sito, insediamento, e componenti architettoniche, storiche, naturalistiche”.

Gli indirizzi generali di tutela dettati dall’art. 23 prevedono: “nelle aree A e B, in considerazione dell’alto valore dei caratteri paesistico-ambientali e della condizione di equilibrio tra fattori antropici e ambiente naturale, deve essere attuata una politica di prevalente conservazione e di ulteriore qualificazione dell’assetto attuale, utilizzando il massimo grado di cautela per le opere e gli interventi di rilevante trasformazione del territorio”.

In base a quanto previsto all’artt. 20 e 23 delle NTA del PPAR si può dimostrare la compatibilità delle opere in progetto con le “Aree di eccezionale valore” in quanto:

� il progetto proposto non è annoverabile tra gli interventi di rilevante trasformazione del territorio;

� non sono previsti interventi che mutano sensibilmente l’aspetto paesaggistico e panoramico dell’area;

� è prevista una, seppur minima, riqualificazione dell’area

• Tavola 7 Sottosistemi Territoriali Generali - AREE DI ALTA PERCETTIVITÀ VISIVA: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (vedi Tavole Tematiche - Tav. 120 F), il lotto di intervento è interno ad Ambiti annessi alle infrastrutture a maggiore intensità di traffico Area “V” (art. 23 del PPAR) e lontano da punti e percorsi panoramici (distanza minima >15km). L’infrastruttura viaria a maggiore intensità di traffico individuata nel PPAR è la Strada Statale n. 4 “Salaria”.

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Gli indirizzi generali di tutela dettati dall’art. 23 prevedono: “nelle aree V, deve essere attuata una politica di salvaguardia, qualificazione e valorizzazione delle visuali panoramiche percepite dai luoghi di osservazione puntuali o lineari”.

Data la natura delle opere (completamente interrate) e la volontà di recuperare manufatti esistenti funzionali all’impianto senza incrementi di volume (condotta forzata e locale centrale), l’impatto visivo delle opere di progetto lungo la S.S. n. 4 “Salaria” e i circostanti luoghi di osservazione puntuali e lineari è irrilevante sia in fase di cantiere che in esercizio (vedi Tavole Tematiche - Tav 170).

• Tavola 8 Sottosistema Storico Culturale - CENTRI E NUCLEI STORICI, PAESAGGIO AGRARIO STORICO: In base a quanto riportato nell’immagine a seguire, il lotto di intervento ricade nelle vicinanze di centri e nuclei storici normati dall’art 39 delle NTA del PPAR.

Si precisa che le opere di intervento risultano tutte esterne ai perimetri provvisori degli ambiti di tutela delineati ai sensi dell’art 39 delle NTA del PPAR. Per tali aree il PPAR rimanda agli strumenti urbanistici comunali.

Estratto Tavola 8 “Centri e nuclei storici, paesaggio agrario storico” allegata al PPAR

• Sottosistema Storico Culturale, TAV 9 EDIFICI E MANUFATTI EXTRAURBANI (Art. 40), TAV 16 MANUFATTI STORICI EXTRAURBANI E AMBITI DI TUTELA CARTOGRAFICAMENTE DELIMITATI: In base a quanto riportato nelle tavole 9 e 16 del PPAR, le opere di progetto ricadono tutte esternamente agli ambiti di tutela degli edifici e manufatti storici individuati dal Piano.

• Sottosistema Storico Culturale, Tavola 10 LUOGHI ARCHEOLOGICI E DI MEMORIA STORICA - Tavola 17 LOCALITA’ DI INTERESSE ARCHEOLOGICO CARTOGRAFICAMENTE DELIMITATE: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (vedi Tavole Tematiche - Tav. 120 G), la S.P. n. 129 è individuata come strada consolare per la quale è previsto un ambito provvisorio di tutela di 10m dal ciglio. In tali ambiti si applica la tutela integrale di cui agli articoli 26 e 27 del PPAR, fermo restando che all’interno di essi ogni scavo e aratura di profondità maggiore di cm. 50 devono essere autorizzati dal Sindaco, che ne informa la

Area di progetto

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Soprintendenza archeologica. Le opere di progetto ricadono parzialmente (nuova condotta forzata) nell’ambito di tutela di strada consolare

• Tavola 11 Parchi e Riserve Naturali: In base a quanto riportato nelle cartografie allegate (Tav. 120 H), il lotto di intervento è interno al Parco Nazionale dei Monti Sibillini (art. 53 del PPAR).

Si specifica a tal proposito:

• le opere di progetto non interferiranno minimamente con gli elementi peculiari dell’area ne quantomeno ne occluderanno in alcun modo la visuale.

• l’opera di progetto non comporta trasformazioni rilevanti del territorio e non prevede interventi significativi di carattere infrastrutturale;

• è garantita una conservazione dell’assetto attuale del territorio, in quanto gli interventi previsti comportano modesti scavi e/o movimentazioni di terreno, che non alterano in modo sostanziale il profilo del terreno;

• gli interventi di progetto non solo non prevedono espianto di strutture vegetazionali e/o arbustive protette o tipiche della zona ma tendono a valorizzare un contesto ad oggi fortemente antropizzato;

• l’opera di progetto, benché di carattere tecnologico, non è annoverata né annoverabile, tra gli interventi di rilevante trasformazione del territorio e non causa alcun tipo di inquinamento, non producendo emissioni, reflui, residui o scorie di tipo chimico. L’opera e le strutture connesse, inoltre, non determinano particolare inquinamento acustico e impatto elettromagnetico come illustrato nei capitoli precedenti;

• la visuale panoramica percepita da diversi punti di osservazione non è condizionata in modo rilevante dalla presenza dell’opera di progetto e poco significativa è da ritenersi la sottrazione di paesaggio e di terreno agricolo, indotta dall’opera stessa.

4.3.2 Piano Stralcio Per L’assetto Idrogeologico del Fiume Tronto(PAI)

Altro importante strumento di pianificazione e gestione del territorio, esistente a livello regionale, è Il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del Fiume Tronto(PAI), che costituisce uno strumento conoscitivo, normativo e tecnico mediante il quale sono programmate e pianificate azioni, norme d’uso ed interventi al fine della conservazione, difesa e valorizzazione del suolo e alla prevenzione del rischio idrogeologico.

Esso, infatti, rappresenta, nel territorio regionale, i livelli di pericolosità e rischio derivanti dal dissesto idrogeologico relativamente alla dinamica dei versanti ed alla pericolosità geomorfologica e alla dinamica dei corsi d’acqua ed alla pericolosità idraulica e d’inondazione.

Il PAI è stato adottato dall’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Tronto, con delibera n° 3 del 07.06.2007 ai sensi della legge 183/89 e della legge 365/2000.

L’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Tronto inquadra la parte terminale, dove si trova il fabbricato centrale, all’interno delle Aree a Rischio Inondazione nella fascia di pericolosità E2 - Aree a Rischio Medio (vedi Tavole Tematiche - TAV 140).

Per le aree a rischio E2, le eventuali trasformazioni previste dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica dovranno essere supportate da specifici studi idraulici da sottoporre al parere dell’ Autorità idraulica competente che provvede a trasmettere all’Autorità di bacino il parere espresso, corredato dalla documentazione tecnica esaminata, ai fini dell’aggiornamento del piano di bacino.

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Le opere in progetto non prevedono in alcun modo la modifica delle condizioni idrauliche esistenti lasciando inalterato i volumi l’alveo e la morfologia dell’area interessata

4.4 Pianificazione territoriale a livello provinciale;

4.4.1 Piano Territoriale di Coordinamento Provincia di Ascoli Piceno (PTC)

Il piano territoriale di coordinamento provinciale (PTC) predispone gli strumenti di conoscenza, di analisi e di valutazione dell'assetto del territorio della Provincia e delle risorse in esso presenti, determina -in attuazione del vigente ordinamento regionale e nazionale e nel rispetto del Piano Paesistico Ambientale Regionale (PPAR) e del piano di inquadramento territoriale (PIT) nonché del principio di sussidiarietà - le linee generali per il recupero, la tutela ed il potenziamento delle risorse nonché per lo sviluppo sostenibile e per il corretto assetto del territorio medesimo.

In particolare, il PTC, tra l'altro:

• a.- indica le diverse destinazioni del territorio provinciale, in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti ;

• b.- localizza, in via di massima, le opere pubbliche che comportano rilevanti trasformazioni territoriali, le maggiori infrastrutture pubbliche e private e le principali linee di comunicazione;

• c.- definisce le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica, idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;

• d.- indica i parchi e le riserve naturali istituite (Parco archeologico di San Severino Marche, Parco archeologico di Urbisaglia, Riserva naturale di Torricchio, Riserva naturale di Abbadia di Fiastra);

• e.- indica i criteri (indirizzi) cui i piani regolatori generali debbono attenersi per la valutazione del fabbisogno edilizio e per la determinazione della quantità e della qualità delle aree necessarie per assicurare un ordinato sviluppo insediativo, in un quadro di sostenibilità ambientale.

Nello specifico il PTC - anche per favorire la corretta e piena attuazione del PPAR - detta prescrizioni proprie correlandole a quelle del piano paesistico ambientale regionale, attraverso le seguenti operazioni:

1.- individuazione di ambiti di tutela provvisori (la cui delimitazione definitiva compete agli strumenti urbanistici generali);

2.- individuazione di emergenze geomorfologiche con ambiti provvisori di tutela la cui delimitazione definitiva compete agli strumenti urbanistici generali in sede di adeguamento al PTC;

3.- delimitazione di alcuni puntuali ambiti provvisori di tutela di beni appartenenti alle categorie costitutive del paesaggio, dando corso – in parte e salve eventuali ulteriori specificazioni da parte dei singoli Comuni interessati - all'operazione di delimitazione degli ambiti definitivi di tutela .

4.- definizione delle prescrizioni generali di base transitorie e permanenti dettate a tutela di alcune categorie costitutive del paesaggio, ritenute componenti fondamentali dell’ambiente caratterizzante il territorio provinciale per gli aspetti geologico-geomorfologico, botanico-vegetazionale e storico-culturale .

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4.5 Pianificazione territoriale a livello comunale

Il piano urbanistico vigente presso il Comune di Arquata del Tronto è il Piano di Fabbricazione Comunale, variante generale approvata con D.P.G.R. n. 15281 del 01/02/1984. Il Consiglio Comunale, con la delibera n. 35 del 19/12/2009 ha adottato in via definitiva il Piano Regolatore Generale adeguato al P.P.A.R. della Regione Marche.

4.5.1 Piano di Fabbricazione Vigente

In base alle cartografie ufficiali del Piano di Fabbricazione del Comune di Arquata del Tronto le opere in progetto ricadono nelle seguenti zone omogenee:

Zona E (art. 94 - parti del territorio destinate ad uso agricolo): in questa zona ricadono le opere di captazione esistenti, le condotte interrate di adduzione S1 e S2, parte della nuova condotta forzata interrata. Le NTA del Piano di Fabbricazione non prevedono preclusioni alla realizzazione delle opere descritte in tale zona.

Zona E1 (art. 95 - parti del territorio destinate ad uso agricolo, di rispetto ambientale): in questa zona ricade la condotta forzata esistente, il locale centrale esistente e la condotta di restituzione esistente. Data la presenza di opere esistenti che si intende ristrutturare, le NTA del Piano di Fabbricazione non prevedono preclusioni agli interventi in progetto relativi a tale zona.

Zona D (insediamenti produttivi): in questa zona ricade l’area di sedime della nuova vasca di carico, la parte terminale delle condotte interrate di adduzione S1 e S2, la parte iniziale della condotta forzata interrata e la parte iniziale della condotta interrata di scarico. Le NTA del Piano di Fabbricazione non prevedono preclusioni alla realizzazione delle opere descritte in tale zona.

Zona B (art. 90 - parti del territorio totalmente o parzialmente edificate che non rivestono carattere storico-artistico): in questa zona ricade esclusivamente parte della condotta forzata interrata. Le NTA del Piano di Fabbricazione non prevedono preclusioni alla realizzazione delle opere descritte in tale zona.

4.5.2 Piano Regolatore Generale

In base alla Tavola 6.5 “Suddivisione del territorio comunale in zone omogenee” del Piano Regolatore Generale del Comune di Arquata del Tronto, le opere in progetto ricadono nelle seguenti zone omogenee (vedi Tavole Tematiche - Tav 130):

Zona Agricola E (art. 8): in questa zona ricadono le opere di captazione esistenti S1 e S2, parte delle condotte interrate di adduzione S1 e S2, parte della nuova condotta forzata interrata, la condotta forzata esistente, il locale centrale esistente, la condotta interrata di restituzione esistente. Secondo quanto riportato nelle NTA del Piano Regolatore Generale non sono previste preclusioni alla realizzazione delle opere descritte in tale zona.

Zona insediamenti produttivi D (art. 7): in questa zona ricade l’area di sedime della nuova vasca di carico, la parte terminale delle condotte interrate di adduzione S1 e S2, la parte iniziale della condotta forzata interrata e la parte iniziale della condotta interrata di scarico. Secondo quanto riportato nelle NTA del Piano Regolatore Generale non sono previste preclusioni alla realizzazione delle opere descritte in tale zona.

Zona di espansione residenziale C1 (art. 6): in questa zona ricade la condotta esistente di scarico diretta al fosso Cavone. Secondo quanto riportato nelle NTA del Piano Regolatore Generale non sono previste preclusioni alla realizzazione delle opere descritte in tale zona.

Zona residenziale di completamento B (art. 5): in questa zona ricade un breve tratto della nuova condotta forzata interrata. Secondo quanto riportato nelle NTA del Piano Regolatore Generale non sono previste preclusioni alla realizzazione delle opere descritte in tale zona.

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Ambito di tutela dei versanti (art. 14): in questa zona ricadono le opere di captazione esistenti S1 e S2, parte della condotta interrata di adduzione S1, parte della nuova condotta forzata interrata, la condotta forzata esistente ed il locale centrale esistente. Ai sensi dell’art . 11 delle NTA del Piano Regolatore Generale “Sono esentate dalle norme delle zone a tutela speciale, descritte nei successivi le seguenti opere o interventi: .......... b) -Le seguenti opere pubbliche o a carattere di servizio pubblico/collettivo, oltre a quelle già comprese nei precedenti punti del seguente articolo: b1) - le opere pubbliche, i metanodotti e le opere connesse, nonché quelle di interesse pubblico......” In base a quanto detto emerge una sostanziale coerenza delle opere in progetto con gli strumenti di pianificazione a livello comunale.

4.6 Pianificazione di settore

4.6.1 Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR)

Il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), nasce in un contesto comunitario volto a creare le giuste condizioni affinché l’energia rinnovabile si faccia motore dello sviluppo economico nel rispetto dei caratteri tipici dei territori, della salvaguardia ambientale, dei paesaggi e delle bellezze storiche ed artistiche.

Le tre strategie del PEAR sono:

1. Promozione del risparmio energetico;

2. Maggiore utilizzo delle fonti rinnovabili;

3. Diffusione della produzione elettrica distribuita.

Il Piano Energetico Ambientale Regionale - PEAR individua le linee di programmazione e di indirizzo della politica energetica ambientale nel territorio regionale.

Con delibera del 16 febbraio 2005 la Regione Marche ha approvato il Piano Energetico Ambientale Regionale.

Attualmente, il mutato contesto economico e normativo (Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso di energia da fonti rinnovabili - D.lgs. 28/2011 - D.M. 15 marzo 2012 "Decreto Burden Sharing") ha reso necessario procedere all'aggiornamento del PEAR al fine di perseguire i nuovi obiettivi 2020 in materia di fonti rinnovabili.

L’adeguamento del Piano Energetico Ambientale Regionale alla nuova normativa e al nuovo contesto economico, prevede:

• l'analisi della situazione energetica attuale: bilancio energetico regionale e valutazione dei risultati dell’attuazione del PEAR 2005;

• l'individuazione degli scenari e degli obiettivi della politica energetica regionale al 2020;

• l'individuazione delle azioni e degli strumenti per il rafforzamento della strategia energetica regionale.

L’impianto in progetto, con una produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di circa 335 kWh/anno, contribuisce, seppur in piccola parte, al raggiungimento degli obiettivi previsti dal PEAR.

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5 QUADRO PROGETTUALE DI RIFERIMENTO

Si riportano a seguire i dati amministrativi e tecnici di sintesi dell’impianto micro-idroelettrico proposto, rimandando al paragrafo 9 e 10 dell’elaborato R01 - “Relazione Tecnica” per la descrizione tecnica del progetto e alle Tavole Grafiche - Tav 200, 300, 400 per l’inquadramento planimetrico delle opere esistenti e di progetto.

CARATTERISTICA U.M. VALORE

Salto geodetico m 100,19

Salto netto (escluse perdite di carico) m 98,82

Portata media annua di concessione l/s 47,17

Portata massima derivabile di concessione l/s 55,00

Potenza media nominale di concessione kWe 46,3

Potenza massima (ai sensi del punto 11.6 del DM 10/09/2010) kWe 49,0

energia media annua producibile GWh/a 0,335

Si riportano a seguire i dati di sintesi delle portate idriche richieste in concessione.

Uso idroelettrico

Portata massima: Qmax= 55,00l/s

Portata media: Qmed= 47,17l/s

Portata minima: Qmin= 18,77l/s

Periodo di prelievo 12 mesi/anno

Prelievo 24 ore giorno per 365gg/anno

Volume massimo di prelievo: 1.484.332m3/anno

Uso industriale (lavaggio e lavorazione inerti)

Si precisa che la committenza è titolare di una concessione per piccola derivazione idrica ad uso industriale assentita dalla Regione Marche con atto n. 106/96 del 21/4/1996 e Disciplinare del 19/4/1989 in repertorio con n. 9736 con validità trentennale dal 01/10/1985 in favore della Ditta “Piciacchia Luigi”. La suddetta concessione prevede ad oggi l’utilizzo di acqua di falda, in misura di 10,00 l/s, prelevata da un’area sorgiva costituita da 3 distinte sorgenti, captate per il lavaggio di inerti all’interno di una zona di cava dismessa. Per tale concessione verrà richiesto il rinnovo, prima della scadenza, secondo un nuovo piano di derivazione che prevede un’integrazione d’uso ai fini idroelettrici.

Periodo di prelievo 9 mesi/anno

Portata massima: Qmax= 10l/s

Portata media: Qmed= 4,25l/s

Portata minima: Qmin= 0,50l/s

Periodo di prelievo: 9 mesi/anno (gen, feb, mar, apr, mag, giu, lug, ago e set)

Prelievo 16 ore giorno per 273gg/anno

Volume massimo di prelievo: 88.504m3/anno

Si riporta a seguire una tabella riepilogativa del piano di derivazione richiesto in concessione contenente anche il Deflusso Minimo Vitale previsto dalla normativa vigente e le portate effettivamente rilasciabili al Fosso Cavone. Si ricorda che le portate utilizzabili ai fini industriali saranno comunque restituite al Fosso Cavone, mentre quelle ad

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uso idroelettrico saranno restituite al Fiume Tronto. (per maggiori approfondimenti vedi Par. 7, 8, 9 dell’elaborato R01 - “Relazione Tecnica” e R05 “Relazione Idrogeologica”).

Uso idroelettrico Uso Industriale Deflusso Minimo Vitale Portata realmente rilasciata Mese (l/s) (l/s) (l/s) (l/s)

GEN 50,00 3,34 80,02 80,02 FEB 55,00 10,00 136,42 162,36 MAR 55,00 10,00 111,60 120,99 APR 50,00 3,66 80,49 80,49 MAG 50,00 2,43 78,64 78,64 GIU 52,97 10,00 94,46 94,46 LUG 55,00 10,00 99,44 100,74 AGO 50,00 1,02 76,53 76,53 SET 50,00 0,50 75,75 75,75 OTT 32,43 0,00 48,65 48,65 NOV 18,77 0,00 46,54 46,54 DIC 46,85 0,00 70,27 70,27 Q medie 47,17 4,25 83,23 86,29

5.1 Illustrazione delle ragioni della soluzione prescelta sotto il profilo localizzativo, funzionale e delle alternative

Le alternative progettuali proponibili si basano in genere o sulla scelta del sito, in base alle sue caratteristiche, o sulle tecnologie utilizzabili, oppure sulla cosiddetta Alternativa 0, ovvero la non realizzazione dell’opera proposta.

La scelta del sito, nel caso in questione, è avvenuta in seguito alle seguenti caratteristiche dello stesso:

• presenza della disponibilità della risorsa idrica e del salto idraulico necessario alla produzione idroelettrica;

• presenza di opere esistenti riutilizzabili al fine del progetto limitando gli impatti sulle componenti ambientali circostanti;

• congruenza delle opere in progetto con gli strumenti di Pianificazione urbanistica e territoriale esistenti;

• irrilevante visibilità dell’opera da parte di recettori sensibili dal punto di vista paesaggistico;

• Possibilità di realizzare nuove opere in aree di irrilevante valore ambientale ed ecosistemico e al contempo possibilità di rispettare le aree di maggior pregio grazie al recupero di opere esistenti.

La scelta della tecnologia proposta, come si vedrà in seguito, è avvenuta al fine di minimizzare ogni impatto possibile sul territorio circostante, impiegando le migliori soluzioni tecniche esistenti sul mercato e prevedendo interventi mirati e scarsamente impattanti sulle componenti interessate.

In questa logica si sono analizzate esclusivamente due diverse soluzioni progettuali:

Alternativa “ZERO”: l’ipotesi “ZERO”, intesa non tanto come quadro della situazione attuale, bensì come possibilità che nessun intervento sia realizzato, rappresenta una chiara involuzione e/o degrado nel tempo delle opere e dei manufatti esistenti, che in parte rappresentano un importante riferimento di archeologia industriale e di aggregazione sociale che ha contraddistinto l’abitato di Pescara del Tronto nei secoli passati. Si ricorda che la vecchia centrale idroelettrica rappresentava un importante traguardo per la cittadinanza di Pescara del Tronto per renderla indipendente dal punto di vista energetico. Tale valore è confermato dalla forma societaria che allora fu scelta per la realizzazione e la gestione dell’impianto, che vedeva protagonista l’intera popolazione del piccolo borgo raccolta in cooperativa. La scelta dell’alternativa “zero” comporterebbe negare la possibilità di realizzare un nuovo impianto idroelettrico ripristinando e ristrutturando i vecchi manufatti che altrimenti andrebbero a

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degradare, comportando una perdita della memoria storica dei luoghi e soprattutto anche potenziali rischi per la sicurezza dei luoghi.

Alternativa “UNO”: in base alle scelte per l’individuazione del sito suddette, l’alternativa “UNO” è intesa come migliore alternativa progettuale possibile sia in termini di BAT, sia di localizzazione, sia di opportunità, soprattutto considerando la contingenza dei manufatti esistenti e la possibilità di un loro ripristino grazie a tecniche di risanamento conservativo a ridotto impatto ambientale.

5.2 Scelta tecnologica effettuata

Una centrale idroelettrica è un complesso di opere e macchinari che raccoglie e convoglia volumi d’acqua da una quota, superiore, ad un’altra, inferiore, allo scopo di valorizzare l’energia potenziale idraulica che viene trasformata dal macchinario di centrale in energia elettrica.

In generale, una centrale idroelettrica è costituita da:

− opera di captazione delle acque alla quota più alta;

− opere di trasporto delle acque;

− macchinari che trasformano l’energia idraulica in energia meccanica e quest’ultima in elettrica;

− opera di restituzione delle acque.

Nel caso specifico le acque ad uso idroelettrico derivano da opere di captazione esistenti e funzionati presenti all’interno di un’area di cava che ad oggi sono convogliate, tramite condotte anch’esse esistenti, in parte all’uso industriale concessionato ed in parte scaricate al Fosso Cavone.

Il progetto proposto prevede di convogliare le acque derivate (a meno del DMV) verso un locale centrale esistente ai fini della produzione idroelettrica e successivamente restituirle al Fiume Tronto.

Il trasporto delle acque alla centrale idroelettrica avverrà in parte con condotte realizzate ex-novo (opere esclusivamente interrate e prevalentemente interne all’area di cava lungo la viabilità esistente) ed in parte attraverso il risanamento conservativo di condotte esistenti.

In particolare le acque addotte dalle opere di captazione saranno convogliate in una vasca di carico seminterrata, da realizzare ex-novo, in cui le portate in ingresso verranno ripartite tra l’uso idroelettrico, l’uso industriale e il rilascio del DMV.

Dalla vasca di carico, le acque ad uso idroelettrico verranno convogliate, con una condotta forzata, al locale centrale dove verranno valorizzate ai fini della produzione di energia elettrica. La condotta forzata verrà realizzata in parte ex-novo ed in parte risanando una condotta esistente (circa 100m) a servizio di un vecchio impianto idroelettrico ad oggi dismesso.

Sempre dalla vasca di carico, il DMV ed eventuali esuberi idrici verranno convogliati attraverso una condotta esistente al Fosso Cavone.

Il gruppo di produzione verrà istallato all’interno di un locale esistente a servizio del vecchio impianto idroelettrico che allo scopo verrà appositamente ristrutturato.

Le acque turbinate verranno restituite al Fiume Tronto attraverso la condotta di restituzione esistente a servizio del vecchio impianto idroelettrico.

Le centrali idroelettriche sono definite ad acqua fluente se la portata utilizzata nelle centrali coincide in ogni istante, a meno del deflusso minimo vitale, con la portata disponibile presso le opere di derivazione.

Quando invece in corrispondenza della presa, viene realizzato un serbatoio di accumulo delle portate naturali, che vengono poi avviate alla centrale in base alle esigenze di un programma di produzione, allora la centrale viene

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detta a serbatoio o a deflusso modulato. In entrambi i casi la portata avviata alla centrale varia nel tempo, per tale motivo la potenza delle macchine installate viene utilizzata appieno solo in alcuni periodi dell’anno in quanto l’impianto è dimensionato sulla massima portata disponibile per un periodo, ritenuto adeguato, di circa 30 giorni.

Nella fattispecie, la conformazione dei luoghi ha fatto ritenere opportuna la scelta di un impianto puntuale e ad acqua fluente, il quale prevede la captazione delle acque e lo sfruttamento della risorsa idrica in corrispondenza di un locale esistente.

Al fine dell’ottimizzazione e della razionalizzazione nell’uso della risorsa si è optato per l’istallazione di una turbina tipo Pelton ad asse orizzontale alloggiata nel locale centrale a quota inferiore del piano campagna. Il gruppo di produzione proposto ha un elevato valore di resa al fine di garantire il più razionale uso della risorsa.

5.3 Descrizione fasi del ciclo produttivo, caratteristiche tecniche dell’impianto

Descrizioni fasi del ciclo produttivo

Le fasi del ciclo produttivo possono essere riassunte come di seguito specificato:

1) Captazione delle acque e conduzione fino alla vasca di carico;

2) Convogliamento delle portate ad uso idroelettrico dalla vasca di carico al gruppo di produzione posto in centrale.

3) Produzione di energia elettrica, attraverso il gruppo turbina-alternatore del tipo Pelton ad asse orizzontale, allacciato alla rete BT attraverso opportuno trasformatore elevatore, ed immissione della stessa in rete.

4) Restituzione in alveo delle acque valorizzate idroelettricamente attraverso la condotta di restituzione.

Descrizione tecnica delle opere

Si riporta a seguire una sintesi delle opere previste per la realizzazione del progetto, rimandando all’elaborato R01 - Relazione Tecnica - Paragrafo 6 e relativi elaborati grafici, per maggiori approfondimenti.

Opera di Captazione S1 Opera esistente e funzionante la cui derivazione è ad oggi concessionata per 10l/s ad uso industriale. L’opera di derivazione è a gravità e verrà mantenuta nella configurazione attuale previa manutenzione straordinaria di pulizia e efficientamento.

Opera di Captazione S2 Opera esistente e funzionante la cui derivazione è ad oggi restituita in toto al Fosso Cavone tramite condotte anch’esse esistenti. L’opera di derivazione è a gravità e verrà mantenuta nella configurazione attuale previa manutenzione straordinaria di pulizia e efficientamento.

Opera di Captazione S3 Opera esistente e funzionante la cui derivazione è ad oggi restituita in toto al Fosso Cavone tramite stramazzo anch’esso esistente. L’opera di derivazione è a gravità e verrà mantenuta nella configurazione attuale. Il progetto non prevede prelievo da tale opera, né quantomeno interventi sulla stessa.

Condotta di adduzione S1 Le condotte che ad oggi convogliano le acque derivate dall’opera di captazione S1 a delle vasche per il lavaggio inerti (uso industriale) sono esistenti e parzialmente funzionanti. Il progetto prevede la sostituzione delle stesse tramite la posa di una nuova condotta interrata lunga 168,47m, il cui tracciato interesserà esclusivamente la viabilità sterrata esistente interna all’area di cava. La nuova condotta convoglierà le acque derivate ad una nuova vasca di carico da realizzarsi in prossimità delle vasche esistenti per il lavaggio degli inerti.

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Condotta di adduzione S2 Le condotte che ad oggi convogliano le acque derivate dall’opera di captazione S2 al Fosso Cavone verranno dismesse. Le acque addotte dalla captazione S2 saranno convogliate alla nuova vasca di carico per l’uso idroelettrico ed industriale tramite la posa di una nuova condotta interrata lunga 163,68m, il cui tracciato interesserà esclusivamente la viabilità sterrata esistente interna all’area di cava.

Condotta di scarico acque ad uso industriale esistente La condotta che ad oggi scarica le acque utilizzate presso le vasche per il lavaggio degli inerti al Fosso Cavone (lunga 108m) verrà conservata e utilizzata per il rilascio del DMV e delle portate in esubero rispetto al piano di derivazione. La conservazione della condotta, ai fini del progetto, prevede interventi puntuali di manutenzione atti a garantirne la funzionalità.

Nuova Vasca di carico Il progetto prevede la realizzazione di una nuova vasca di carico, ai fini idroelettrici, che verrà realizzata nelle immediate vicinanze delle attuali vasche per il lavaggio degli inerti. La vasca avrà un ingombro a terra di circa 28m2 e sarà parzialmente interrata. La vasca riceverà le acque derivanti dalle opere di captazione S1 e S2 e alimenterà l’uso industriale (presso le vasche di lavaggio inerti) e l’uso idroelettrico (presso il locale centrale). Dalla nuova vasca di carico, il DMV ed eventuali esuberi idrici, rispetto al piano di derivazione, verranno restituite al Fosso Cavone attraverso la condotta di scarico anzidetta.

Condotta forzata Ai fini della produzione idroelettrica, le acque in uscita dalla nuova vasca di carico verranno convogliate, attraverso una condotta in pressione, fino al locale centrale dove un gruppo di produzione (turbina + alternatore) le valorizzerà ai fini energetici.

Nella logica di minimizzare gli impatti sull’ambiente, con il progetto si propone di recuperare un tratto di condotta forzata esiste (a servizio del vecchio impianto idroelettrico dismesso) per un tratto di circa 100m. Tale scelta, anche se economicamente non vantaggiosa, consentirebbe di interferire in modo irrilevante sulla vegetazione esistente (esclusivamente circa 7m in habitat naturale: dalla SP n. 129 alla vecchia vasca di carico).

A tal fine verrà realizzata una nuova condotta forzata ∅ 250mm interrata, dalla nuova vasca di carico fino alla vecchia vasca di carico, per una lunghezza di 254,01m e rifunzionalizzata la condotta in pressione esistente, attraverso un intervento di relining, per i restanti 100,09m. Gli interventi di relining non richiedono opere di scavo e vengono eseguiti operando esclusivamente all’interno della condotta senza interagire con l’ambiente esterno.

Fabbricato di centrale idroelettrica. Il progetto prevede di recuperare il locale centrale esistente (a servizio del vecchio impianto idroelettrico dismesso) posto presso la nuova Strada Statale n. 4, per l’installazione del gruppo di produzione e la valorizzazione ai fini idroelettrici della risorsa. Il recupero del locale centrale esistente prevede esclusivamente il rifacimento del tetto, l’adeguamento degli interni della struttura e l’installazione di nuovi infissi, lasciando inalterate le opere murarie perimetrali e quindi la percezione visiva dello stesso.

L’edificio della centrale contiene il gruppo turbina-generatore, il trasformatore, la centralina oleodinamica, i quadri BT ed, infine, il sistema di telecontrollo.

Per l’accesso ordinario del personale al locale centrale è predisposta una scala larga 120 cm, mentre per l’accesso della strumentazione sarà possibile utilizzare una botola apribile all’interno della copertura, tale botola sarà utilizzabile anche in caso di straordinaria manutenzione per la movimentazione ed estrazione della strumentazione.

L’allacciamento alla rete elettrica di distribuzione locale è effettuato in bassa tensione con un tratto di linea interrata.

L’armadietto di consegna al gestore locale è collocato fuori terra a livello del piazzale antistante la centrale.

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Apparecchiature elettromeccaniche

La centrale è dotata di un sistema di logiche programmabili, che ne consentono l'esercizio senza personale in presidio, pur essendo disponibile in zona in caso di comprovante necessità, è perciò equipaggiata di dispositivi che ne consentono il controllo in remoto.

Dette logiche programmabili permettono l’avviamento automatico e la permanenza in servizio della centrale, mentre l'arresto è controllato da due sistemi binati uno dei quali di sicurezza.

E’ prevista l’installazione di n. 1 Pelton ad asse orizzontale, per poter turbinare una portata massima di 55l/s. La

potenza installata è di circa 49 kW.

Dal punto di vista elettromeccanico, il gruppo turbina/alternatore è allacciato alla rete di distribuzione attraverso un unico trasformatore elevatore ed è munito di tutte le protezioni previste delle norme vigenti

Condotta di restituzione La realizzazione del progetto prevede il recupero della condotta di scarico esistente (lunga circa 26m) che ad oggi collega il Fabbricato di centrale con il Fiume Tronto passando al disotto della Strada Statale n. 4 “Salaria”. Per la rifunzionalizzazione della condotta di restituzione sono previsti esclusivamente interventi di pulizia che non richiedono opere di scavo, ma che possono essere realizzati dall’interno della condotta stessa.

Cavidotto di connessione alla linea di distribuzione elettrica nazionale Il fabbricato di centrale idroelettrica sarà connesso in bassa tensione (tensione nominale 380V) alla linea di distribuzione elettrica nazionale tramite cavidotto interrato lungo circa 400m. Il cavidotto verrà posto in opera lungo la Strada Statale n. 4 e collegherà un armadietto da realizzare accanto al locale centrale, ad una cabina esistente posta circa 350m a sud presso un’area industriale.

Il tracciato del cavidotto di collegamento è riportata nelle Tavole Tematiche allegate al progetto, Tav 1.500 e segue le indicazioni contenute nel Preventivo di connessione alla rete BT di Enel Distribuzione per Cessione Totale cod. Rintracciabilità n. 70390353 (vedi Documentazione Amministrativa - Preventivo di connessione)

Si ricorda che la pubblica utilità dell’impianto comprende anche le opere di rete necessarie alla connessione, di conseguenza, nel caso di opere elettriche inamovibili, si provvede all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

5.4 Modalità di gestione nelle differenti condizioni di esercizio Durante il normale funzionamento, con portata minore della Qmax, l’impianto deriva la disponibilità idrica, a meno del DMV, la quale viene turbinata e rilasciata in alveo del Fiume Tronto appena a valle del locale centrale.

Il DMV è rilasciato attraverso la condotta di scarico esistente in un pozzetto posto sulla cunetta di monte della S.P. n. 129, anch’esso esistente, che recapita al Fosso Cavone (vedi Tavole Grafiche - Tav 200 e 400).

Nel caso di portate disponibili maggiori della Qmax, l’impianto continua a funzionare con la portata massima e le portate in esubero congiuntamente al DMV vengono scolmate dalla vasca di carico alla vasca di servizio e recapitate verso il Fosso Cavone nelle modalità descritte precedentemente (vedi Tavole Grafiche - Tav 300).

In qualsiasi caso di fermo impianto le portate in ingresso alla vasca di carico vengono deviate direttamente al Fosso Cavone.

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5.5 Cumulo con altri progetti

Al fine di valutare il possibile effetto di cumulo degli impatti indotti dall’intervento analizzato con quelli derivanti da eventuali progetti in via di realizzazione nell’intorno significativo dell’area, si è eseguita una ricerca nell’elenco dei progetti in procedura di Verifica di Assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale e di Valutazione di Impatto Ambientale pubblicato nel Portale WEB ufficiale della Regione Marche. Dalla ricerca è emersa la presenza di una derivazione idrica ad uso potabile assentita alla società CIIP SpA - Cicli Integrati Impianti Primari - Viale della Repubblica, 24 - 63100 Ascoli Piceno - C.F. - P.IVA e N.Iscr. R.I. di AP: 00101350445, per un volume idrico di prelievo massimo pari a 200l/s. La verifica della cumulabilità degli impatti indotti dai due progetti sulle componenti ambientali acque sotterranee e acque superficiali è stata trattata in apposito studio idrogeologico (vedi elaborato R05 - Relazione Idrogeologica).

Dallo studio idrogeologico condotto è emerso come i due progetti derivino acque sotterranee da due distinti complessi idrogeologici caratterizzati ognuno da un proprio sistema di ricarica e di deflusso sotterraneo, per cui i progetti suddetti non producono cumulo nell’impatto prodotto sulla componente ambientale acque sotterranee.

Allo stesso modo, entrambi i progetti prevedono la restituzione delle acque caratterizzanti il DMV e l’esubero dei prelievi rispetto al piano di derivazione idrica presso l’area di testata del Fosso Cavone. In entrambi i progetti è previsto, comunque, il rilascio del DMV dettato dalla normativa vigente calcolato indipendentemente dalla presenza o meno di altri progetti. Per i motivi anzidetti esiste un fenomeno di cumulo positivo dei due progetti sulla componente acque superficiali, in quanto i rilasci in alveo risultano raddoppiati (o comunque superiori) rispetto al DMV necessario a garantire la salvaguardia della componente biocenotica del Fosso Cavone.

5.6 Utilizzo e consumi di risorse ambientali

L’intervento, che prevede la realizzazione di una centrale micro idroelettrica, rientra tra le opere per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e quindi per sua natura prevede un consumo minimo (se non nullo) di risorse ambientali ed inoltre ha la capacità di valorizzare la risorsa idrica al fine della produzione di un bene primario come l’energia elettrica.

Nelle aree a maggiore vocazione ambientale (aree interne a SIC), il progetto proposto prevede il risanamento ed il recupero di opere esistenti che costituiscono un patrimonio storico (archeologia industriale) e sociale importante per la comunità di Pescara del Tronto, tutto ciò senza comportare rilevanti sottrazioni di suolo agrario e di superfici interne ad habitat naturali.

Le superfici utilizzate dal progetto per la realizzazione di nuove opere sono riportate nella tavola seguente da cui si evince che il progetto interessa:

• area degradata (ex area di cava) per una superficie di 444,57m2, con un volume di scavo pari a 489,20m3 di cui 333,18m3 di terreno movimentato riutilizzabile per la chiusura degli scavi da cui provengono;

• superficie asfaltata della viabilità esistente (S.P. n. 129 e S.S. n. 4) per una superficie di 326,40m2, con un volume di scavo pari a 404,64m3 di cui 245,76m3 di terreno movimentato riutilizzabili per la chiusura degli scavi da cui provengono;

• superficie naturale con vegetazione antropogena per una superficie di 7,0m2, con un volume di scavo pari a 7,56m3 di cui 5,46m3 di terreno movimentato riutilizzabili per la chiusura degli scavi da cui provengono.

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Tabella riepilogativa delle opere di nuova realizzazione con indicazione della superficie di suolo utilizzata, il volume di scavo previsto per la

realizzazione dell’opera (V. scavo) e il volume di terreno scavato e riutilizzabile in sito (Terreno riutilizzato)

L’esubero di terreno movimentato dal progetto e non riutilizzato per la tombatura degli scavi (circa 317m3) potrà essere utilizzato, recependo eventuali indicazioni provenienti dagli Enti preposti, al fine di concorrere al ripristino ambientale dell’area di cava.

Il progetto prevede l’utilizzo di opere di captazione idrica esistenti e funzionanti, che attualmente derivano acqua di falda e la scaricano presso il Fosso Cavone. In base a quanto detto, la realizzazione dello stesso progetto non comporta un aggravio nell’utilizzo della risorsa idrica, bensì una valorizzazione ai fini energetici del salto idraulico esistente tra il punto di derivazione e quello di restituzione. Allo stesso modo si evidenzia come in realtà la risorsa utilizzata sia l’energia potenziale dell’acqua senza un reale consumo di nuova risorsa.

5.7 Produzione di rifiuti

Fase di cantiere

La tipologia di rifiuti prodotta sarà quella delle operazioni di cantiere, ossia rifiuti speciali (parte IV del DL 152/06) quale carta, ferro e acciaio, materiale edilizio in esubero inutilizzato, plastica e PVC. Tuttavia, si prevede un'azione analitica per la certificazione del rifiuto e quindi la conseguente tipologia di smaltimento.

Fase di esercizio

Una volta realizzato l’impianto micro idroelettrico non è prevista alcuna produzione di rifiuti connessa al ciclo produttivo.

5.8 Inquinamento e disturbi ambientali

Il presente paragrafo analizza le potenziali fonti di inquinamento e di disturbo ambientale connesse alla realizzazione del progetto valutando gli effetti della realizzazione dell’opera e dell’esercizio della stessa.

EMISSIONI IN ATMOSFERA:

La centrale idroelettrica che si intende realizzare non produce per sua natura emissioni in atmosfera di alcun tipo.

Durante la fase di cantiere, in virtù sia della tipologia delle lavorazioni da eseguire (opere di scavo e lavorazioni edili), sia delle attrezzature utilizzate (autocarri, autogru), si possono stimare emissioni da motore endotermico (NOx, CO e CO2) e l’emissione di polveri, entrambe di entità ridotta. Tali emissioni risultano comunque di scarsa rilevanza anche se commisurate ad un eventuale effetto di cumulo con le emissioni derivanti dal normale traffico stradale circostante.

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L’emissione di polveri in fase di cantiere sarà comunque mitigata attraverso un’adeguata umidificazione dei terreni, mentre quelle connesse ai motori endotermici tramite l’utilizzo di mezzi di ultima generazione (Euro 4 o Euro 5).

Dopo la chiusura del cantiere e la messa in esercizio dell'impianto, le emissioni saranno pressoché nulle.

RUMORE

La realizzazione dell’impianto in progetto prevede una modesta produzione di rumore sia in fase di cantiere che in fase di esercizio. Al fine di valutare al meglio tale pressione ambientale si è redatto apposito studio (vedi Elaborato R08 - Previsione impatto Acustico) da cui si evince che il progetto è conforme alla normativa esistente in materia, rispettando i valori di accettabilità di inquinamento acustico in termini di emissioni, immissioni e valore limite di differenziale.

VIBRAZIONI

La realizzazione dell’impianto in progetto prevede la produzione di vibrazioni di modesta entità sia in fase di cantiere che in fase di esercizio.

In fase di cantiere le vibrazioni sonno connesse alla presenza delle macchine operatrici che trasmettono al suolo le vibrazioni di parti in movimento (motore, cardani etc.). Le vibrazioni descritte assumono un valore irrilevante a pochi metri dal mezzo e risultano esercitate esclusivamente in orario diurno per un periodo limitato di giorni.

In fase di esercizio l’impianto produce vibrazioni esclusivamente nel locale centrale dove il gruppo turbina alternatore, avendo parti in rotazione, può trasmettere al suolo le vibrazioni del sistema.

Il gruppo turbina alternatore è comunque ottimizzato per ridurre al minimo le vibrazioni emesse dal sistema a vantaggio della resa. Le vibrazioni emesse dal gruppo di produzione sono trasmesse alla fondazione del locale e smorzate in corrispondenza del contatto fondazione/terreno naturale. In base a quanto detto le vibrazioni emesse all’interno della locale centrale sono impercettibili e non significative all’esterno dello stesso.

SCARICHI IDRICI

Poiché le opere di progetto non prevedono alcun scambio di sostanze con l’acqua turbinata e data la metodologia di funzionamento del gruppo di produzione, si può ragionevolmente assumere che la produzione idroelettrica lascerà invariate le caratteristiche chimico fisiche delle acque utilizzate, senza prevedere alcuna tipologia riconducibile a scarico idrico domestico e/o industriale.

RADIAZIONI IONIZZANTI

Non saranno utilizzate sorgenti ionizzanti sia durante che dopo il cantiere; le caratteristiche geologiche non fanno temere in alcun modo per la presenza di fonti di radioattività respirabile, tipo gas Radon 222.

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CAMPI ELETTRICI ED ELETTROMAGNETICI:

Le caratteristiche principali di una linea elettrica sono la tensione di esercizio, misurata in chilovolt (kV) e la corrente trasportata, che si esprime in Ampére (A).

Le tensioni di esercizio delle linee elettriche in Italia sono 0,4 e 15 kV per la bassa e media tensione, 132, 150, 220 e 380 kV per l´alta e altissima tensione. Dalla tensione di esercizio dipende l’intensità del campo elettrico generato, che aumenta all’aumentare della tensione della linea. La tensione di esercizio è un parametro costante all’interno della linea: quindi per una linea ad una data tensione, il campo elettrico in un determinato punto risulta costante nel tempo.

Nello spazio l’intensità del campo elettrico diminuisce all’aumentare della distanza dalla linea e dell’altezza dei conduttori. Il campo elettrico ha la caratteristica di essere facilmente schermabile da oggetti quali legno, metallo, ma anche alberi ed edifici: tra l’esterno e l’interno di un edificio si ha una riduzione del campo elettrico che è in funzione del tipo di materiale e delle caratteristiche della struttura edilizia.

Ad esempio se al di sotto una linea a 380 kV si possono misurare valori di campo elettrico di 4,5-5 kV/m, all’interno di edifici posti nelle vicinanze della linea si riscontrano livelli di campo di 10-100 volte inferiori, a seconda della struttura del fabbricato e del materiale usato per la costruzione.

L’intensità del campo magnetico dipende invece proporzionalmente dalla corrente circolante. Tale corrente è variabile nel tempo in dipendenza dalle richieste di energia e mediamente può assumere valori da alcuni Ampere ad un migliaio di Ampere, a seconda della linea elettrica.

Anche l’intensità del campo magnetico diminuisce nello spazio all’aumentare della distanza dalla linea e dell’altezza dei conduttori. A differenza del campo elettrico, però, il campo magnetico non è schermabile dalla maggior parte dei materiali di uso comune, per cui risulta praticamente invariato all’esterno e all’interno degli edifici. Ad esempio se si misurano livelli di campo magnetico di 2-3 µT sotto una linea a 380 kV, all’interno di edifici vicini i valori di campo rilevati risultano di entità paragonabile.

Il progetto proposto prevede apparecchi in bassa tensione, come in bassa tensione sarà il cavidotto interrato di collegamento alla linea di distribuzione dell’energia elettrica. I campi elettrici ed elettromagnetici generati dall’impianto e dalle opere di connessione avranno livelli di campo assimilabili a quelli prodotti da una civile abitazione.

Il progetto presentato assicura sia il rispetto del limite di esposizione al campo elettrico pari a 5 kV/m come disposto all’art. 3 comma 1 del D.P.C.M. 8 Luglio 2003, sia il rispetto dell’obiettivo di qualità pari a 3 microtesla come disposto all’art. 4 del D.P.C.M. 8 Luglio 2003.

5.9 Rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate

L’opera in progetto non prevede per sua natura l’utilizzo in fase di cantiere e di esercizio di sostanze pericolose che possano arrecare danno alla salute pubblica e all’ambiente. Anche le tecnologie utilizzate non prevedono in nessun modo rischi diretti ed indiretti sul lungo e sul breve periodo a persone cose ed ambiente naturale.

Durante la fase di cantiere i principali rischi di incidenti sono connessi alle normali attività di cantiere edile e possono interessare: all’interno del cantiere gli addetti alle lavorazioni, mentre all’esterno del cantiere il traffico veicolare nel punto di ingresso ed uscita degli autocarri.

Entrambe le tipologie di rischio verranno opportunamente valutate nella stesura del Piano di Sicurezza e Coordinamento del cantiere che riporterà le precauzioni da adottare al fine di mitigare ogni classe di rischio (segnaletica stradale, rispetto delle norme vigenti per la sicurezza sui cantieri temporanei e mobili, etc.).

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Alla fase di cantiere è connesso anche il rischio di crollo a seguito delle opere di scavo, tale rischio è stato opportunamente valutato e sono state adottate tutte le precauzioni atte a scongiurare il verificarsi di instabilità dei terreni. A tal proposito si rimanda alla Relazione Geologica, Idrogeologica e idraulica.

In fase di esercizio il funzionamento della centrale idroelettrica non comporta rischi per l’incolumità pubblica e per l’ambiente.

5.10 Regimazione delle acque

Fase di Cantiere

Durante la fase di cantiere le opere esistenti verranno utilizzate, laddove possibile, per allontanare le acque di falda che scaturiscono dalle captazioni esistenti garantendo l’attuale deflusso e recapito delle acque.

Laddove necessario verranno realizzate condotte provvisionali per bypassare i tratti in lavorazione garantendo sempre il deflusso delle acque verso il fosso Cavone.

I lavori in scavo verranno realizzati per avanzamenti progressivi ricoprendo quotidianamente ogni stato di avanzamento.

In fase di esercizio le acque di falda verranno addotte secondo le modalità descritte al paragrafo 5.4.

5.11 Operazioni di manutenzione previste

La centrale sarà dotata di un sistema di logiche programmabili, che ne consentono l'esercizio senza personale in presidio, pur essendo disponibile in zona in caso di comprovante necessità, è perciò equipaggiata di telecomandi a distanza.

Dette logiche programmabili, consentono l’avviamento automatico e la permanenza in servizio, mentre l'arresto è controllato da sistemi binati adeguatamente impostati per la massima sicurezza.

La manutenzione ordinaria della centrale viene fatta su base settimanale o mensile.

La manutenzione straordinaria della centrale viene fatta su base quindicennale in relazione allo stato di usura dei macchinari e prevede la condizione di fermo impianto.

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6 QUADRO AMBIENTALE

6.1 Aspetti Climatici

La caratterizzazione e lo studio delle condizioni climatiche rivestono una particolare importanza nello studio dei fenomeni di inquinamento atmosferico e i cambiamenti che interessano l'ambiente; è noto ,infatti, che la persistenza degli inquinanti nei bassi strati dell'atmosfera e l'insorgenza di particolari fenomeni di inquinamento, come gli episodi di smog fotochimico, sono favoriti da particolari condizioni meteoclimatiche (stabilità atmosferica, situazioni di inversione termica al suolo, elevata insolazione associata ad assenza di vento ecc.).

Il territorio marchigiano è caratterizzato da una ristretta pianura costiera, la cui larghezza varia da poche centinaia di metri a qualche decina di chilometri, sovrastata da una fascia di colline piuttosto basse, intorno ai 300-400 m, che sono solcate da valli trasversali percorse da fiumi per lo più a carattere torrentizio. Alla zona collinare seguono le prime pendici della dorsale appenninica, con un’altitudine di 600-800 m; la retrostante barriera montana raggiunge in più tratti i 1500-1800 m, fino a superare i 2000 m nella catena dei Monti Sibillini, la cui cima più alta, il Monte Vettore, tocca i 2476 m. Numerosi valichi e passi fra i 600 e i 1000 m interrompono la continuità dei rilievi, permettendo agevoli comunicazioni fra le Marche e le regioni limitrofe.

L’Appennino marchigiano ha una struttura molto complessa, costituito com’è da diverse linee orografiche con andamento pressoché parallelo e direzione N/NW – S/SE.

Si distinguono così la linea del Falterona, tra il Colle dei Mandrioli e quello di Scheggia; la linea del Catria, che si estende dal monte omonimo al Pennino; la linea del S. Vicino, che si prolunga fino ai Sibillini; le due linee minori del Montefeltro, una delle quali comprende il Monte Carpegna; quindi al centro la linea che culmina con il Monte Acuto e, infine, più ad est quella più breve del Monte Conero, che si affaccia sull’Adriatico.

Tra queste linee orografiche ed il mare si distende la zona delle colline, una successione trasversale di rilievi digradanti dall’Appennino verso il litorale. Le loro sommità sono arrotondate e debolmente ondulate con forme morbide ed attenuate, mentre sui loro pendii compaiono a volte i tipici “calanchi”, ossia profondi solchi scavati dalle acque dilavanti.

Tale fascia collinare è incisa da lunghi e tortuosi avvallamenti, nei quali scorrono i fiumi che hanno un corso breve, con pochi affluenti ed a carattere saltuario. Il corso superiore è incassato tra i monti del retrostante Appennino, mentre quello inferiore si allarga su fertili vallate, i cui nomi sono quelli dei rispettivi fiumi: tra le principali, la Valle del Foglia, del Metauro, dell’Esino, del Potenza, del Chienti, del Tenna, dell’Aso e del Tronto [Mennella, 1970].

Le caratteristiche climatiche del territorio marchigiano sono influenzate ad oriente dall’esposizione verso l’Adriatico, che esercita la sua azione debolmente mitigatrice nei confronti degli afflussi di masse d’aria relativamente fredda da nord e da est, e ad ovest dalla presenza dell’Appennino, il quale ostacola il corso delle correnti occidentali, per lo più temperate ed umide, predominanti alle nostre latitudini.

Essendo l’Adriatico un mare quasi chiuso, incassato e poco profondo, il carattere di marittimità delle aree costiere risulta attenuato e per qualche aspetto diviene addirittura ininfluente, specie nelle zone a nord del Monte Conero e nel corso dell’inverno.

In sintesi, la dinamica dei fenomeni meteorologici sulle Marche nelle varie stagioni può essere così schematizzata:

• in inverno, il tempo perturbato proviene solitamente da est o nordest: afflussi di aria fredda dall’Europa balcanico-danubiana causano nevicate anche sulle coste. Nondimeno, i periodi di brutto tempo abbastanza intensi e prolungati si hanno in correlazione con la formazione e l’approfondimento di depressioni sul Tirreno, che richiamando aria umida dal Mediterraneo e aria fredda da settentrione, generano corpi nuvolosi, che risalgono la penisola italiana secondo un moto ciclonico e scaricano il loro contenuto di acqua precipitabile sulle Marche sotto forma di piogge frequenti e copiose;

• in primavera, le condizioni meteorologiche sono all’insegna della variabilità, a causa dei reiterati ritorni di masse d’aria fredda da nordest e dell’arrivo di aria umida di origine atlantica, che portano tempo instabile; l’espansione o il regresso dell’area anticiclonica delle Azzorre dal Mediterraneo condiziona in

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modo determinante, rispettivamente, il perdurare del bel tempo o di quello caratterizzato dalle piogge e dagli acquazzoni primaverili;

• in estate, la regione può avere tempo perturbato soprattutto ad opera dell’instabilità a carattere locale, perché le depressioni atlantiche in transito da ovest verso est seguono traiettorie più settentrionali, interessando marginalmente l’alto Adriatico. Possono comunque verificarsi rapide variazioni diurne della nuvolosità, più accentuate lungo la fascia appenninica ove si formano cumuli imponenti;

• in autunno, si raggiunge il massimo apporto delle precipitazioni, per il fatto che sia le perturbazioni atlantiche provenienti da nordovest, che le depressioni mediterranee vanno ad interessare direttamente la regione; inoltre le perturbazioni risultano particolarmente attive, poiché le masse di aria subiscono l’intensa azione destabilizzatrice del Mar Mediterraneo, che, a fine estate ed inizio autunno, ha ancora una temperatura relativamente alta e quindi elevato risulta il suo contributo in vapor d’acqua [Murri e Fusari, 1987].

Nella seguente tabella sono riportati i dati climatici della vicina stazione metereologica di Arquata del Tronto.

Rispetto al clima, la realizzazione del progetto non può che condurre ad effetti positivi portando ad una diminuzione dell’emissione di gas clima alteranti derivati dalla produzione di energia elettrica da combustibili fossili.

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6.2 Aspetti Geologici

La ricostruzione del quadro geologico strutturale dell’area di studio è stata possibile grazie all’interpretazione dei molteplici dati bibliografici presenti in letteratura di cui si riporta a seguire una lista di quelli presi come riferimento :

• Carta Geologica d’Italia Foglio 132 - Norcia - scala 1:100.000 e relative note illustrative;

• Carta Geologica Marche - Progetto: “Unico Territoriale Geologico” 1:10.000, Sezioni n. 337040 e 337080;

• Carta Geologica del Piano di Tutela delle Acque della Regione Marche (l’Allegato A.1.2 Tav. 2 e l’Allegato A.1.5 Tav. 77 “Ambiente fisico del Bacino del Tronto);

• Carta Geologica realizzata dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini - 1:50.000,

• Atti della Conferenza sulle acque profonde nelle Marche, Università degli Studi di Camerino (1989);

• La pubblicazione “Impatto delle Variazioni Climatiche sui sistemi idrogeologici: il caso della sorgente Pescara d’Arquata (Appennino Umbro-Marchigiano, Italia), Dragoni et al. 2003;

• La pubblicazione “Studio idrogeologico per l’identificazione, la caratterizzazione e la gestione degli acquiferi del Parco Nazionale dei Monti Sibillini”, Boni et al. 2010.

Dall’analisi bibliografica e dai rilievi in loco è stato ricostruito il complesso quadro geologico strutturale dell’area che è il risultato delle principali fasi deformative che hanno interessato l’Italia centrale e, quindi, la catena appenninica umbro-marchigiana, a partire dal Giurassico (LAVECCHIA, 1985; BONI ET AL., 1986).

La catena appenninica umbro-marchigiana, in particolare, è caratterizzata da pieghe parallele e sovrascorrimenti neogenici a vergenza principalmente Nord-orientale (CALAMITA & DEIANA, 1986). L’elemento tettonico più rilevante dell’area coincide con il sovrascorrimento dei Monti Sibillini a cui sono collegate le principali strutture plicative tra cui la sinclinale di Forca di Presta e la macropiega anticlinalica a monte dell’area di studio.

Tuttavia, numerose faglie normali dislocano o invertono le strutture compressive ivi presenti, come quella che interseca le pendici del M. Vettoretto (direzione NW-SE) e quella nei pressi di Capodacqua che ha dislocato il thrust dei Sibillini. Tra i sistemi di faglie normali più significativi, ovvero il sistema Monte Vettore-Monte Bove e Monte Castello-Monte Cardosa, si colloca il Piano Grande Castelluccio, una depressione tettonica allungata in direzione N30°-40°E, colmata da depositi fluvio-lacustri e chiaramente delimitata da faglie bordiere.

I punti di scaturigine oggetto di studio sono collocati in corrispondenza dell’avanpaese del fronte di accavallamento dei monti Sibillini, ai piedi del versante Sud-orientale di monte Macchialta. (vedi immagine a seguire e TAV 115A)

Il versante risulta caratterizzato da estesi affioramenti prevalentemente calcarei localizzati nella zona medio sommitale, formati da rocce calcaree riferibili alle formazione della serie delle Scaglie, delle Marne a Fucoidi e della Maiolica (Serie Umbro – marchigiana), accavallate dall’azione compressiva del thrust dei Monti Sibillini sui terreni riferibili ai termini basali della Formazione della Laga.

Il sovrascorrimento risulta troncato dalla presenza di una struttura di natura distensiva che ha comportato la dislocazione verticale della scaglia tettonica Umbro – marchigiana.

Tali strutture tettoniche sono però mascherate dalla presenza di una potente coltre detritica, costituita da ghiaie calcaree di pezzatura variabile fra le ghiaie minute ed i blocchi, contenute in matrice per lo più sabbioso limosa.

I depositi detritici si dispongono lungo una fascia pedemontana che ricopre la porzione inferiore del versante Sud – orientale di monte Macchialta (ivi compresa l’area in esame), ed in corrispondenza del fondovalle si interdigita con i depositi alluvionali del fiume Tronto.

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Si riportano a seguire le litologie affioranti nel contesto geologico analizzato:

• Depositi quaternari continentali: costituiti da depositi lacustri, alluvionali e detritici;

• Flysch della Laga (Miocene sup.): costituito da depositi torbiditici in strati da sottili a medio spessi di arenarie, arenarie siltose e livelli argilloso-marnosi;

• Marne con Cerrogna (Burdigaliano p.p. – Tortoniano medio): è costituita da marne, marne calcaree e marne argillose di colore marrone scuro e da torbiditi calcaree. Lo spessore complessivo è di circa 300 m.

• Scaglia cinerea (Eocene sup-Oligocene sup.): è formata da calcari marnosi e marne di colore grigio verdastro. La porzione inferiore è più calcarea; quella superiore è più marnosa. Lo spessore è di circa 100-150 m;

• Scaglia Rosata (Cenomaniano-Eocene): con tale denominazione si intende l’insieme delle formazioni della Scaglia Bianca, della Scaglia Rossa e della Scaglia Variegata. Tale unità è costituita, nel complesso, da calcari e calcari marnosi di colore biancastro e rosato con strati di spessore variabile dai 20 ai 40 cm e da marne e marne calcaree policrome con calcari biancastri. Lo spessore della formazione si aggira intorno ai 350 m;

• Marne a Fucoidi (Appiano p.p.-Cenomaniano p.p.): è formata da sedimenti calcarei, calcareo-marnosi, marnosi ed argilloso marnosi, variamente alternati a livelli calcarenitici. La stratificazione è piuttosto sottile, la colorazione è verdastra con toni rossastri ed il contenuto marnoso aumenta verso l’alto; lo spessore complessivo è variabile dai 70 ai 150 m;

• Maiolica (Titonico pp.-Aptiano p.p..): è costituita da calcari micritici biancastri a frattura concoide con selce grigia in liste e noduli. La stratificazione è compresa tra 30 e 40 cm. Lo spessore della formazione si aggira intorno ai 300 m;

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SCHEMA GEOLOGICO DELL’AREA DI ALIMENTAZIONE DEI PUNTI DI SORGENZA COSTA LE CESE (RIELABORAZIONE DELLA “CARTA GEOLOGICA” DEL PARCO NAZIONALE DEI MONTI SIBILLINI)

• Calcari diasprigni (Calloviano-Titonico inf.): è formata da calcari micritici con selce policroma in liste e noduli e da calcari granulari silicei. La colorazione d’insieme è prevalentemente grigio-verdastra. La stratificazione varia dai 5 ai 10 cm, mentre lo spessore complessivo della formazione è di circa 150 m;

• Calcari e marne del Sentino (Pliensbachiano p.p.-Bathoniano): sono costituiti da alternanze di calcareniti grigie e giallastre, marne e marne argillose grigio-verdi, in cui si rinvengono noduli o liste di selce policroma. Gli strati hanno spessori di 15-20 cm;

• Formazione del Bosso (Pliensbachiano p.p.-Bathoniano): è formata da alternanze di calcari e calcari marnosi di colore rosso e di marne rossastre e verdoline (Rosso Ammonitico), che, nella parte superiore, passano a calcari micritici beigebiancastri, con selce in liste e noduli (Calcari e marne a Posidonia). Nel complesso lo spessore è di 250 m;

Area di sorgenza Costa le Cese

Trhust dei Monti Sibillini

Faglia diretta

Trhust dei Monti Sibillini

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• Corniola (Lotharingiano-Pliensbachiano p.p.): è costituita da calcari micritici marnosi nocciola e spesso grigiastri, ben stratificati, con selce grigia o nerastra in liste e noduli e livelli pelitici grigio-verdi, particolarmente abbondanti nella parte alta. Lo spessore complessivo è dell’ordine di 300-500 m;

• Calcare massiccio(Hettangiano-Sinemuriano p.p.): è formata da calcari biancastri-avana o nocciola in grossi banchi con ooliti organizzati in strati da spessi a molto spessi. A causa dell’intensa fratturazione, conseguente a fenomeni tettonici, è difficile riconoscere la giacitura. I pozzi AGIP Burano e Fossombrone, che raggiungono le evaporati triassiche consentono di stimare lo spessore di detta formazione in circa 800-900 m.

Al fine di illustrare i rapporti tettonici e stratigrafici che mettono in contatto le formazioni geologiche descritte si è prodotta una sezione geologica che da M. Macchialta scende fino alla S.P. N. 129 passando per l’area di sorgenza (vedi TAV 116 A).

Nella sezione geologica è evidente come la formazione della Maiolica risulti piegata a formare un’anticlinale con fianco orientale rovescio a monte dell’area di studio per poi piegare ancora in una sinclinale con al nucleo la formazione della Scaglia s.l. in prossimità della master fault del sovrascorrimento dei Monti Sibillini. Il sovrascorrimento, come anche il fianco orientale della sinclinale, risulta tagliato da una faglia diretta (con vergenza occidentale) che abbassa la formazione della maiolica di circa 200m mettendola in contatto con le formazioni flyschoidi dei Monti della Laga. I punti di scaturigine di Costa le Cese sono tutti collocati a valle dei 2 sistemi di taglio descritti, mentre un’altro punto sorgivo denominato sorgente Pescara d’Arquata è posto pochi metri a monte degli stessi.

Da un punto di vista geologico non si evidenziano fenomeni di impedimento alla realizzazione del progetto e allo stesso tempo il progetto proposto non può condurre ad aggravi del rischio geologico attuale.

6.3 Aspetti Morfologici

L’area in esame ricade in un contesto montano, caratterizzato da rilievi elevati, versanti scoscesi, valli strette ed incassate con incisioni dei versanti dal profilo accentuato.

I punti di scaturigine di Costa le Cese sono posti ad una quota compresa tra 766 e 730m slm nella parte bassa del versante Sud-occidentale di Monte Macchialta, che fa parte del massiccio dei Monti Sibillini (Appennino Umbro-Marchigiano).

Il versante interessato dal progetto mostra un profilo articolato, con pendenze molto accentuate che evidenziano l’esistenza di almeno due ordini di terrazzamento fluviale. Alla base, il versante digrada verso l’area più pianeggiante del fiume Tronto dove si registra il passaggio litologico tra i depositi della serie carbonatica umbro-marchigiana e quelli flyschoidi miocenici che, essendo maggiormente erodibili, generano una morfologia più dolce. Nel tratto di versante interessato dall’affioramento flyschoide si registrano comunque brevi ma brusche variazioni di pendenza, con tratti che raggiungono la verticalità in corrispondenza dell’affioramento delle testate di banconi arenacei.

La valle del Fiume Tronto si presenta in questa zona stretta (larghezza variabile tra i 60 e i 200 m) con versanti asimettrici.

Per quanto riguarda l’idrografia, lungo i versanti carbonatici la densità di drenaggio è molto bassa; i corsi d’acqua sono poco sviluppati e caratterizzati da una pendenza molto elevata. I fossi che si generano scorrono rettilinei verso valle, spesso molto incisi e a volte effimeri disperdendo le loro portate all’interno dei depositi di versante.

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INQUADRAMENTO DELL’AREA MORFOLOGICA DI INTERESSE

Presso l’area di studio è presente il fosso Cavone il cui deflusso superficiale si origina in corrispondenza del ponte della S.P. n. 129 a monte dell’abitato di Pescara del Tronto grazie alla venuta a giorno di acque sorgive e alla restituzione delle portate in esubero derivanti da varie opere di captazione tra cui quelle in progetto.

Il fosso Cavone, dopo un percorso di circa 360m ed un dislivello di circa 80m, recapita in sinistra idrografica del fiume Tronto.

Da un punto di vista morfologico non si evidenziano fenomeni di dissesto di impedimento alla realizzazione dell’impianto idroelettrico e allo stesso tempo il progetto proposto non può condurre a fenomeni di instabilità locale o diffusa, né quantomeno innescare fenomeni di erosione accelerata.

Piano di Castelluccio

Monte Macchialta

Monte la Selva

Area di intervento

Fiume Tronto

Orlo di scarpata superiore

Orlo di scarpata inferiore

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6.4 Aspetti Idrogeologici

L’idrogeologia dell’area di studio è strettamente legata al complesso ed articolato quadro geologico e strutturale descritto, in cui la circolazione idrica sotterranea è governata dalle litologie presenti, con le loro permeabilità, e dai contatti tettonici/stratigrafici che le mettono in mutuo contatto.

In funzione quindi del comportamento delle litologie presenti nei confronti della circolazione idrica sotterranea si sono operati degli accorpamenti che hanno permesso di definire otto complessi idrogeologici principali:

COMPLESSO CALCAREO: rappresentato dalla formazione della Corniola e dal Calcare massiccio; in particolare, è costituito da calcari micritici, ben stratificati, con selce e noduli di selce e da calcari in grossi banchi con ooliti, organizzati in strati da spessi a molto spessi. Il tipo di permeabilità è per fratturazione e carsismo. Il grado di permeabilità relativa può essere considerato tra elevato e molto elevato, a causa dell’intensa fratturazione, conseguente ai fenomeni tettonici. Così come avviene in tutti gli acquiferi carbonatici, la circolazione idrica sotterranea ha carattere prevalentemente basale e, pertanto, non è in alcun modo condizionata dagli spartiacque superficiali. Essa è invece fortemente condizionata, nel suo deflusso, dalle discontinuità strutturali importanti (faglie dirette, faglie inverse, sovrascorrimenti), oltre che dall’andamento plano-altimetrico dei depositi meno permeabili posti ai margini.

COMPLESSO MARNOSO-CALCAREO SELCIFERO: è costituito dai depositi dei Calcari diasprigni, dei Calcari e marne del Sentino e della Formazione del Bosso; in particolare, si tratta di un’alternanza di calcari micritici con selce in liste e noduli, calcari granulari silicei, calcari marnosi, marne e marne argillose. Esso è permeabile per porosità e per fessurazione, ma il suo grado di permeabilità relativa è piuttosto basso, a causa delle continue intercalazioni di livelli marnosi e argillosi poco permeabili.

COMPLESSO CALCAREO SELCIFERO: è costituito da calcari micritici con selce in liste e noduli della formazione della Maiolica. Il tipo di permeabilità è per fratturazione e carsismo. Il grado di permeabilità relativa risulta elevato per la presenza di una rete di fratturazione molto sviluppata ed intersecata da numerosi sistemi di faglie.

COMPLESSO MARNOSO-ARGILLOSO-CALCAREO: è formato da sedimenti calcarei, calcareo-marnosi, marnosi ed argilloso marnosi, variamente alternati a livelli calcarenitici della formazione delle Marne a Fucoidi. La stratificazione è piuttosto sottile, lo spessore complessivo è variabile dai 70 ai 150 m. Esso è permeabile per porosità e, subordinatamente, per fratturazione. Il grado di permeabilità è piuttosto basso, sia per la presenza di discontinui livelli poco permeabili sia per il locale riempimento delle fratture con depositi impermeabili. Questo complesso ha un ruolo idrogeologico importante, in quanto funge da impermeabile a contatto con gli altri complessi carbonatici, condizionando così la circolazione idrica sotterranea.

COMPLESSO CALCAREO MARNOSO: è costituito da calcari e calcari marnosi stratificati e da marne e marne calcaree policrome con calcari biancastri della Scaglia rosata (formazioni della Scaglia Bianca, della Scaglia Rossa e della Scaglia Variegata). Il tipo di permeabilità è per fratturazione e carsismo. Il grado di permeabilità relativa risulta medio-alto per la presenza di una rete di fratturazione molto sviluppata ed intersecata da numerosi sistemi di faglie.

COMPLESSO MARNOSO-CALCAREO MARNOSO: è formato da marne e calcari marnosi della Scaglia cinerea. La porzione superiore è più marnosa. Esso è permeabile per porosità e, subordinatamente, per fratturazione. Il grado di permeabilità è piuttosto basso, sia per la presenza di discontinui livelli poco permeabili sia per il locale riempimento delle fratture con depositi impermeabili. Questo complesso ha un ruolo idrogeologico importante, in quanto funge da impermeabile a contatto con gli altri complessi carbonatici, condizionando così la circolazione idrica sotterranea.

COMPLESSO ARENACEO-MARNOSO-ARGILLOSO: è costituito da depositi torbiditici in strati, da sottili a medio spessi, di arenarie, arenarie siltose, marne e marne calcaree e livelli argilloso-marnosi della formazione delle Marne con Cerrogna e del Flysch della Laga. Affiora lungo i margini del massiccio carbonatico, a volte coperto dalla coltre dei sedimenti detritico-alluvionali recenti, posti ai margini degli stessi massicci. Esso è permeabile per porosità e, subordinatamente, per fessurazione. Il grado di permeabilità relativa è complessivamente basso e, talora, pressoché nullo.

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COMPLESSO GHIAIOSO-SABBIOSO-ARGILLOSO: è rappresentato dai depositi lacustri ed alluvionali, costituiti da sedimenti ghiaiosi, sabbiosi e limosoargillosi, oltre che da detriti di falda, costituiti da clasti di dimensioni variabili derivanti prevalentemente dalla degradazione del massiccio carbonatico retrostante, immersi in una matrice sottile più o meno abbondante. Esso è permeabile per porosità. Il grado di permeabilità dell'intera associazione litologica si può considerare medio-alto, anche se, in realtà, è variabile da zona a zona in funzione della granulometria dei depositi.

Sulla base degli accorpamenti descritti si è prodotta una Carta Idrogeologica (vedi TAV 116 B) che ha permesso di delineare i bacini idrogeologici di alimentazione delle principali sorgenti presenti nell’area: Sorgente Pescara d’Arquata (sfrutta per uso idropotabile), Sorgente Capodacqua (sfrutta per uso idropotabile), Sorgente Costa le Cese (oggetto di questo studio).

L’assetto geologico-strutturale, generato dal susseguirsi di differenti fasi deformative, ha condizionato notevolmente la circolazione idrica sotterranea. L’analisi dei complessi rapporti stratigrafico-tettonici esistenti tra le diverse formazioni riscontrate nel settore meridionale dei Monti Sibillini consente di individuare il bacino di alimentazione dell’area sorgiva di Costa le Cese definendo, allo stesso tempo, anche quelli ad esso più prossimi.

In particolare, il tamponamento esercitato dalla fascia cataclastica del sovrascorrimento dei Monti Sibillini, nell’area della sorgente Pescara d’Arquata, ha dato origine alla scaturigine, plasmando la formazione delle Marne a Fucoidi (Complesso marnoso-argilloso-calcareo) a formare una barriera impermeabile sottoimposta che ha permesso alla falda presente all’interno della formazione della Scaglia s.l. (Complesso calcareo-marnoso) di intercettare la superficie topografica.

Sorgente Pescara d’Arquata

L’area di alimentazione della Sorgente Pescara d’Arquata è costituita essenzialmente dall’acquifero della Scaglia s.l. della sinclinale di Forca di Presta (vedi Tavole 115 A, 115 B, 116 A e 116 B).

I suoi limiti idrogeologici possono essere così definiti:

- a N-NE, dalla fascia cataclastica associata alla discontinuità tettonica che lo pone a contatto con il complesso calcareo selcifero (Maiolica);

- a NE, dal sovrascorrimento dei Monti Sibillini;

- ad E, dal contatto stratigrafico con il complesso marnoso-argilloso-calcareo (Marne a Fucoidi);

- ad W-SW, dal contatto stratigrafico con il complesso marnoso-argilloso-calcareo (Marne a Fucoidi);

- nell’area a Sud di Colle di Giove, da quello tettonico con il complesso calcareo.

Si individuano due principali direzioni di deflusso della falda: una orientata pressappoco N-S, l’altra, con andamento SW-NE (vedi Tavole Tematiche - Tav 115 B). Il recapito preferenziale della falda è la sorgente Pescara d’Arquata, captata dalla società Cicli Integrati Impianti Primari S.p.A. (CIIP) per uso idropotabile acquedottistico con una portata massima di concessione pari a 200l/s. La sorgente ha una portata media annua di 263l/s (periodo di riferimento 1933-2010).

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Sorgenti Costa le Cese

Il bacino idrogeologico che alimenta le sorgenti oggetto di questo studio è posto immediatamente a ovest di quello della sorgente Pescara d’Arquata ed è rappresentato dal complesso calcareo selcifero (Maiolica), nell’area di Monte Pellicciara – Monte Macchialta. L’area di ricarica è rappresentata dalla porzione della formazione della Maiolica che affiora nell’area con una superficie di circa 7,712 km2 intorno alle vette di M. Pellicciara e M. Macchialta ed è delimitato:

- ad Est, dal complesso marnoso-argilloso-calcareo (Marne a Fucoidi);

- ad Ovest, dal contatto con il complesso marnoso-calcareo selcifero;

- a Nord-Nord/Ovest, da una delle faglie bordiere del Piano Grande, probabilmente quella che corre, con direzione SW-NE, lungo il versante Nord occidentale di Monte Guaidone;

- a Sud dal complesso marnoso-argilloso-calcareo (Marne a Fucoidi) e dalle strutture di taglio che lo separano dal complesso Calcareo di Colle Giove;

Le acque, una volta infiltratesi nell’area di ricarica scorrono all’interno della Formazione della Maiolica con direzione di flusso sud orientale e nord orientale seguendo il sottostante contatto stratigrafico con il complesso marnoso-calcareo-selcifero (Calcari Disprigni) verso i punti di scaturigine di Costa le Cese (vedi Tavole Tematiche - Tav. 115 A, 115 B, 116 A e 116 B).

Proseguendo verso est il flusso sotterraneo scorre al disotto della falda della Sorgente d’Arquata da cui risulta completamente isolato grazie alla formazione delle Marne a Fucoidi (vedi Tavole Tematiche - TAV 116 B).

Proseguendo ulteriormente verso est, il flusso sotterraneo incontra il sovrascorrimento dei Monti Sibillini e il complesso arenaceo-marnoso-argilloso (Flysh della Laga) che ne ostacolano il deflusso verso il basso, quindi il livello freatico sale fino alla quota di circa 800m dove abbandona il complesso calcareo selcifero (Maiolica) e defluisce per via ipodermica all’interno dei depositi di versante verso il fondovalle (vedi Tavole Tematiche - Tav 116 A e 116 B). Laddove il deflusso ipodermico intercetta la superficie topografica si originano le scaturigini di interesse di questo lavoro.

In base a quanto detto si evidenzia come il bacino di ricarica ed il deflusso sotterraneo che alimenta le sorgenti di Costa Le Cese siano completamente distinti da quello che alimenta la sorgente Pescara d’Arquata per cui non sussiste possibilità di cumulo tra le due derivazioni.

Sorgenti Capodacqua

Ancora più ad Ovest, invece, è possibile individuare il bacino di alimentazione della sorgente Capodacqua, captata dalla società Cicli Integrati Impianti Primari S.p.A. (CIIP) per uso idropotabile acquedottistico (Qmedia 1960-1978 = 637 l/s) e costituito dal complesso calcareo (formazioni del Calcare Massiccio e della Corniola). In particolare, è delimitato (vedi Tavole Tematiche - Tav. 115B)

• a Nord, dal contatto stratigrafico/tettonico con il complesso marnoso-calcareo selcifero, che va da Monte Cappelletta a Piano Santiario;

• ad Est, dal sovrascorrimento del complesso calcareo (Corniola) su quello calcareo selcifero (Maiolica);

• ad Ovest, dall’allineamento tettonico che, partendo dal versante occidentale di Monte Serra, giunge fino a Monte Utero;

• a Sud, dal sovrascorrimento del complesso calcareo (Corniola) sul complesso flyschoide arenaceo-marnoso-argilloso.

In base a quanto detto si evidenzia come il bacino di ricarica ed il deflusso sotterraneo che alimenta le sorgenti di Costa Le Cese siano completamente distinti da quello che alimenta la Sorgente Capodacqua per cui non sussiste possibilità di cumulo tra le due derivazioni.

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6.5 Aspetti Uso del Suolo

L’area di studio è inserita in un contesto agricolo che manifesta segni di degrado e di forte antropizzazione contrapposti ad aree naturali di notevole valenza ambientale. In particolare tutta l’area di cava presenta un elevato grado di antropizzazione che ha confinato la vegetazione nelle zone perimetrali o dove l’attività di escavazione è stata compiuta in tempi più lontani. La cava, ad oggi dismessa, presenta al suo interno un’attività industriale di lavorazione inerti di proprietà della committenza. Verso valle, l’area di cava è bordata dalla Strada Provinciale n. 129 che la separa dai sottostanti boschi ripariali del Fiume Tronto. La parte alta di questi boschi risente notevolmente della presenza della viabilità e della linea MT, che l’attraversa longitudinalmente a mezza costa, con prevalenza di specie alloctone e antropogene in cui prevalgono arbusti ed alberi di Robinia pseudoacacia. Verso il fondovalle, il querceto diventa prevalente e l’area acquisisce maggiore valenza ambientale. I boschi ripariali vengono nuovamente interrotti verso valle dalla S.S. n. 4 che li divide dalla vegetazione idrofila di fondovalle di notevole valenza ambientale.

Quanto descritto concorda con il Programma europeo CORINE (Coordination of Information on the Environment) Land Cover, che classifica l’area oggetto di studio con il codice 1.2.1 “Aree industriale o commerciali”, nella parte alta presso la zona di cava, e con il codice 3.1.1 “Boschi di latifoglie” nella parte bassa del versante e nel fondovalle (Vedi Tavole Tematiche - TAV 153).

Si precisa che le nuove opere di progetto interesseranno esclusivamente l’area di cava e la viabilità esistente (per una superficie di circa 771m2), mentre nelle aree a maggiore valenza ambientale è previsto il risanamento di opere esistente che non prevede interventi di scavo. Come eccezione a quanto detto, il progetto prevede un brevissimo tratto di nuova condotta forzata interrata (circa 7,0m di lunghezza e 7,0m2 di superficie) che interesserà la vegetazione arbustiva al disotto della SP n. 129 (Vegetazione antropogena a Robinia pseudoacacia).

Si riporta a seguire una tabella riepilogativa delle superficie di terreno interessate dal progetto.

Tabella riepilogativa delle opere di nuova realizzazione con indicazione della superficie di suolo utilizzata, il volume di scavo previsto per la

realizzazione dell’opera (V. scavo) e il volume di terreno scavato e riutilizzabile in sito (Terreno riutilizzato)

In base a quanto detto la realizzazione del progetto prevede un limitato consumo di suolo in aree di scarsa valenza ambientale relativamente alla realizzazione delle condotte di adduzione delle sorgenti S1 e S2, di un tratto della condotta forzata e della vasca di carico. Tale consumo è per lo più mitigabile e reversibile in quanto dovuto ad opere interrate, in cui il suolo movimentato sarà velocemente colonizzato dalla vegetazione preesistente. L’impatto sarà comunque mitigato riutilizzando il suolo vegetale asportato per la posa delle condotte per la tombatura superficiale degli scavi. Nel tratto di scavo per la posa della nuova condotta forzata dalla S.P. n. 129 alla vasca di carico esistente, il rinverdimento sarà incentivato dalla posa di fascinate con talee vive e idrosemina.

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6.6 Aspetti Vegetazionali

Al fine dello studio degli aspetti vegetazionali dell’area oggetto di intervento è stata eseguita un’indagine volta a delineare le potenzialità nonché la presenza di specie vegetali protette e/o habitat di particolare interesse.

Lo studio è stato focalizzato alle aree interessate dalla realizzazione di nuove opere, ossia all’interno dell’ ex area di cava e sulla cunetta di valle della S.P. n. 129. È da sottolineare che all’interno dell’area di cava le opere di progetto interesseranno esclusivamente parte della viabilità sterrata esistente dove la vegetazione è confinata ai margini della stessa e nulla lungo il tracciato transitato. Per quanto concerne la cunetta di valle della S.P. n. 129, l’area interessata dalle opere occupa una superficie di circa 7,0m2 in cui è presente una vegetazione arbustiva a prevalenza antropogena.

Detto ciò, si è comunque provveduto ad analizzare il sito per individuare eventuali specie vegetali protette o di rilevanza naturalistica potenzialmente interessate dalle opere.

Approccio metodologico

La prima operazione effettuata è stata quella dell’individuazione delle condizioni fitoclimatiche e dei tipi vegetazionali potenziali.

Per Vegetazione potenziale si intende come sarebbe il contesto floristico se l'uomo con la sua attività non facesse altro che “assecondare gli equilibri e le naturali spontanee tendenze evolutive della vegetazione.”

Quindi dopo aver effettuato un rilievo floristico puntuale si può determinare quanto la situazione reale sia distante dalla situazione potenziale e si riesce a stabilire il grado di disturbo che possiede un determinato contesto ambientale. Il rilevo in campo appunto è stato condotto in piena attività vegetazionale e con molte specie vegetali in fase di fioritura, in un momento in cui le specie più rigogliose ancora non hanno sopraffatto quelle inferiori e quindi in una fase con la massima varietà floristica.

Questo ha permesso un facile e completo riconoscimento anche delle specie meno presenti o con sviluppo meno rigoglioso. L’indagine vegetazionale è stata condotta con il metodo Braun-Blanquet nel quale oltre all’individuazione delle specie presenti, viene anche analizzata la loro copertura e l’indice di sociabilità. Nel rilievo Braun-Blanquet sono riportati i seguenti indici:

COPERTURA :

+) copertura trascurabile ;

1) inferiore al 5% ;

2) tra il 6% e il 25% ;

3) tra il 26% e il 50%;

4) tra il 51% e il 75% ;

5) copertura superiore al 75%;

SOCIABILITA’:

1) individui di una stesa specie isolati;

2) individui di una stessa specie riuniti in piccoli gruppi;

3) individui di una stessa specie riuniti in piccole colonie, alcune delle quali coprono il 25% della superficie;

4) individui di una stessa specie riuniti in colonie estese tali da coprire almeno il 50 % della superficie;

5) individui di una stessa specie che costituiscono popolamenti puri.

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Le aree di studio hanno superfici di circa 100 mq e sono state localizzate nei punti che saranno soggetti a maggiori impatti da parte delle installazioni che verranno realizzate o dai cantieri. In ultima analisi, sulla base del rilievo floristico vegetazionale, il sito analizzato è stato ricondotto, ove possibile, ad un tipo forestale ben determinato.

Quindi qui di seguito per ogni stazione rilevata è riportata una scheda con indicate le seguenti informazioni: descrizione del sito, vegetazione potenziale, scheda di rilievo Braun-Blanquet, situazione reale in riferimento alla situazione potenziale, tipo forestale del sito analizzato ed eventuali note.

Siti analizzati

Sono state analizzate le principali aree dove verranno realizzate le nuove opere ed in particolare:

• L’area di sedime dell’opera di captazione della sorgente S1 e della viabilità di cava lungo cui verrà posta in opera la nuova condotta di adduzione S1;

• L’area di sedime dell’opera di captazione della sorgente S2 e della viabilità di cava lungo cui verrà posta in opera la nuova condotta di adduzione S2;

• L’area di sedime del tratto di nuova condotta forzata interrata che dalla S.P. n. 129 scende verso la vasca di carico esistente (cunetta di valle). In particolare in questa stazione è stata analizzata anche la vegetazione circostante la vasca di carico esistente.

AREA OPERA DI CAPTAZIONE S1

Vegetazione potenziale Querceti, carpineti

Altitudine 766,60 m slm

Inclinazione 0%

Copertura totale: 0,5%

Superficie 100 mq

Strato Arboreo Copertura: 0 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

- - -

Strato Arbustivo Copertura: 0 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

- - -

Strato erbaceo Copertura: 0,5 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

Plantago lanceolata + 1

Avena fatua + 1

Taraxacum officinale + 1

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AREA OPERA DI CAPTAZIONE S2

Vegetazione potenziale Querceti, carpineti

Altitudine 766,07 m slm

Inclinazione 0%

Copertura totale: 7%

Superficie 100 mq

Strato Arboreo Copertura: 0 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

- - -

Strato Arbustivo Copertura: 2 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

Sambucus nigra 1 1

Rubus fruticosus 1 1

Clematis vitalba 1 1

Strato erbaceo Copertura: 5 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

Plantago lanceolata 1 1

Avena fatua 1 1

Taraxacum officinale 1 1

Ranunculus sceleratus 1 1

Poa pratensis 1 1

Hordeum murinum 1 1

Rubus fruticosus 1 2

Sorghum halepense 1 1

Urtica dioica 1 2

Artemisia verlotorum 1 1

Lolium pratense 1 1

Cynodon dactylon 1 2

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AREA CUNETTA S.P. N. 129

Vegetazione potenziale Querceti Altitudine 737,50 m slm Inclinazione 40° Copertura totale: 50% Superficie 100 mq

Strato Arboreo Copertura: 5 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

Robinia pseudoacacia 1 2

Strato Arbustivo Copertura: 25 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

Robinia pseudoacacia 2 3

Sambucus nigra 1 1

Rubus fruticosus 2 3

Clematis vitalba 1 2

Ailantus spp 2 2

Strato erbaceo Copertura: 20 %

SPECIE COPERTURA SOCIABILITA’

Plantago lanceolata 1 2

Avena fatua 1 1

Taraxacum officinale 1 1

Ranunculus sceleratus 1 1

Poa pratensis 1 1

Hordeum murinum 1 2

Rubus fruticosus 1 1

Sorghum halepense 2 2

Urtica dioica 1 1

Artemisia verlotorum 1 2

Lolium pratense 1 1

Cynodon dactylon 2 2

Sulla base di quanto descritto, si può affermare che il progetto in esame non pregiudica in alcun modo la situazione ambientale e naturalistica della zona, nel senso che l’interazione prodotta con l’assetto vegetazionale esistente è marginale e interessa specie non protette. L’impatto generato sulla scarsa vegetazione esistente è comunque mitigabile e reversibile. A tal proposito si precisa che nel tratto di scavo per la posa della nuova condotta forzata dalla S.P. n. 129 alla vasca di carico esistente, le specie arbustive ed erbacee rimosse verranno rimpiazzate con fascinate di talee vive e idrosemina. Nella scelta delle talee da utilizzare per la mitigazione degli impatti verranno privilegiati arbusti di prugnolo e biancospino, in quanto specie potenzialmente presenti in zona e

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utili alla riproduzione del lepidottero Eriogaster catax (specie protetta ed inserita tra gli ambiti di tutela della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE).

6.7 Aspetti Faunistici

Per la definizione della presenza, nel territorio in questione, delle diverse specie di animali vertebrati, è stato necessario l’utilizzo di una pluralità di metodi, selezionati in base al loro livello di attendibilità e alla possibilità di controlli incrociati dei risultati al fine di un’ulteriore conferma dei dati raccolti. Le metodologie adottate sono state la ricerca bibliografica e museologica, l’inchiesta per somministrazioni di interviste dirette e l’indagine di campo.

Tale analisi ad ampio raggio nasce dal bisogno di rilevare, per ogni specie, l’habitat e l’areale di azione, in modo tale da poter meglio appurare il disturbo che l’intervento potrebbe recare agli animali. Si è considerato, oltre alle conseguenze dirette su ogni singola specie, anche le ripercussioni derivanti da un’eventuale interferenza sullo stato attuale dell’ecosistema.

L’area studiata si caratterizza per essere una zona ai margini del bosco che si distende lungo il versante della montagna coprendo diversi micro-habitat (fossi, siepi, aree incolte, l’adiacente bosco), favorisce una particolare ricchezza specifica.

Mammiferi: la classe dei mammiferi presenta molte specie elusive difficili da individuare, per questo si è ricorso al riconoscimento di tracce. Evidenti i tipici scavi effettuati dal cinghiale anche presso le aree messe a coltura. La ricerca non ha tenuto conto dei chirotteri per mancanza di informazioni e difficoltà nell’effettuare contatti.

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Rettili e Anfibi: l’ambiente boschivo, e la presenza di fonti d’acqua nelle vicinanze dell’area investigata, costituisce un micro-habitat ideale per ospitare varie specie di rettili ed anfibi.

Uccelli: la classe degli uccelli, nel sito studiato, presenta una buona ricchezza di specie soprattutto in virtù dei micro-habitat presenti. Per ogni specie è stata attribuita una delle seguenti categorie fenologiche: stazionaria (S), estivante (ES), estiva nidificante (EN), svernante (W), di passo (P), accidentale (A, per le specie contattate una sola volta). Dalla tabella, quindi, si evince come le caratteristiche idrogeologiche, vegetazionali e microclimatiche del sito consentano la presenza di diverse specie, durante tutte le stagioni.

Airone cenerino Ardea cinerea S Codirosso Phoenicurus phoenicurus A Gallinella d’acqua Gallinula chloropus S Tordo sassello Turdus iliacus A

Germano reale Anas platyrhynchos S Beccamoschino Cisticola juncidis A

Codirosso spazzacamino Phoenicurus ochruros S Forapaglie Achrocephalus schoenobaenus A

Fagiano Phasianus colchicus S Luì verde Phylloscopus sibilatrix A

Picchio verde Picus viridis S Beccaccino Gallinago gallinago P-W

Picchio rosso maggiore Picoides major S Passera scopaiola Prunella modularis P-W

Ballerina bianca Motacilla alba S Pettirosso Erythacus rubeculla P-W

Usignolo di fiume Cettia cetti S Luì piccolo Phylloscopus collybita P-W

Capinera Sylvia atricapilla S Passero d’Italia Passer Italiae ES

Cinciallegra Parus major S Usignolo Luscinia megarhynchos EN

Gazza Pica pica S Sterpazzola Sylvia communis P-EN

Taccola Corvus monedula S Verzellino Serinus serinus W-EN

Cornacchia grigia Corvus corone cornix S Lodolaio Falco subbuteo A

Storno Sturnus vulgaris S Quaglia Coturnix coturnix A

Passera mattugia Passer montanus S Averla capirossa Lanius senator A

Fringuello Fringilla coelebs S Colombaccio Columba palumbus A

Verdone Carduelis chloris S Piro piro culbianco Tringa ochropus A

Cardellino Carduelis carduelis S Merlo Turdus merola S

Strillozzo Miliaria calandra S Cuculo Cuculus canorus ES

Poiana Buteo buteo S Upupa Upupa epops ES

Tortora Streptopelia turtur ES Falco pellegrino Falco peregrinus S

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Pesci: vedi paragrafo 6.8.4

Invertebrati: tra gli invertebrati potenzialmente presenti in zona si segnala il lepidottero Eriogaster catax (specie protetta ed inserita tra gli ambiti di tutela della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE). Si precisa che le aree in cui verranno realizzate le nuove opere del progetto sono poste a quote elevate rispetto all’habitat naturale della specie e che non verranno in alcun modo interessati habitat naturali associati alla vita e alla riproduzione dell’ Eriogaster catax come l’habitat 6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco - Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee), e alle piante legnose che ricolonizzano gli ambienti di prateria secondaria del 6220* Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero - Brachypodietea

Per maggiori approfondimenti circa l’incidenza delle opere sugli habitat naturali protetti si rimanda all’elaborato R09 “Studio di screening di incidenza ambientale” allegato al progetto.

Per quanto riguarda gli invertebrati acquatici (Fosso Cavone e F. Tronto), si rimanda al Paragrafo 6.8.3

6.8 Definizione del modello idrobiologico

La caratterizzazione della rete idrografica superficiale è impostata sulla determinazione di numerosi parametri che assumono rilevanza sia ai fini di una comprensione delle caratteristiche naturali dell’acqua che dei possibili stravolgimenti indotti dalle attività antropiche. Sulla sovrapposizione fra il funzionamento naturale e quello patologico possono essere impostati i piani di tutela delle risorse idriche superficiali, ma anche profonde, e le azioni da mettere in campo per promuovere il risanamento. Questo quadro di insieme, già di per se complesso, può richiedere ulteriori approfondimenti e interventi di caratterizzazione volti a chiarire l’impatto prodotto da progetti o opere che non apportano ulteriori inquinanti, ma che ne modificano l’impatto sulle componenti viventi. A tal fine si è fatto riferimento ai piani di monitoraggio predisposti in ambito regionale (ARPAM), al Piano Tutela Acque della Regione Marche, a quelli specifici messi a punto nell’ambito della gestione delle aree naturali (Rete Natura 200) e a quelli proposti per la progettazione di specifici interventi.

Un ulteriore aspetto da considerare è la necessità di ricorrere all’utilizzazione di standard di qualità per la valutazione dei risultati scaturiti dalle attività di monitoraggio. Per quanto riguarda gli ambienti fluviali si fa comunemente riferimento agli standard di qualità inseriti nell’allegato al Decreto legislativo n.152 dell’aprile 2006. Nello specifico si fa riferimento alle Sezione B dell’allegato 2 che definisce “Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative, per la classificazione ed il calcolo della conformità delle acque superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicoli e ciprinicoli”.

L’obiettivo del presente paragrafo è quindi quello di valutare gli effetti potenziali della realizzazione dell’impianto sulle componenti biologiche degli ecosistemi acquatici interessati quali: Fosso Cavone e Fiume Tronto.

6.8.1 Caratterizzazione idrobiologica

Si riportano a seguire i dati presenti in letteratura circa la caratterizzazione idrobiologica del Fosso Cavone (interessato dalla diminuzione delle portate addotte dalle sorgenti di Costa le Cese) e del Fiume Tronto in corrispondenza del punto di restituzione delle acque turbinate (interessato da un aumento seppur modesto di portate).

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6.8.1.1 Fosso Cavone

La caratterizzazione idrobiologica del Fosso Cavone è stata eseguita poco a monte della confluenza con il Fiume Tronto in quanto la presenza di una notevole vegetazione, di un alveo scosceso fortemente incassato e di portate consistenti, hanno impedito misure dirette nel punto di restituzione del DMV di progetto.

6.8.1.1.1 Caratteristiche chimico-fisiche - Fosso Cavone

Si riportano a seguire i parametri chimico-fisici del Fosso Cavone misurati prima dell’immissione nel Tronto da una campagna di analisi condotta da CIIP SpA.

ANALISI CHIMICO FISICHE E BIOLOGICHE CONDOTTE SULLE ACQUE DEL FOSSO CAVONE. * PARAMETRI MISURATI IN DATA 11/05/2011

APPLICAZIONE DEI LIMITI DI LIVELLO DI INQUINAMENTO ESPRESSO DAI MACRODESCRITTORI AI PARAMETRICHIMICO-FISICI E BIOLOGICI DEL

FOSSO CAVONE (TABELLA 1 ALLEGATO A D.LGS 152/99 E SMI)

I livelli di ossigenazione si mostrano buoni, con solo una leggera sovrassaturazione; il livello di inquinamento chimico da azoto è contenuto (livello II per l’azoto nitrico) mentre quello legato alla contaminazione da fosforo risulta leggermente più accentuato, ricadendo in III classe. L’ inquinamento biologico ricade in II classe quindi la contaminazione da Escherichia Coli è ridotta. La conducibilità elettrica specifica risulta bassa. Il pH mostra valori basici, compatibili con l’ambiente indagato.

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6.8.1.1.2 Habitat - Fosso Cavone

Le attività di monitoraggio ambientale condotte sul Fosso Cavone sono limitate, alla valutazione dell’habitat fluviale attraverso l’applicazione dell’ Indice di Funzionalità Fluviale e l’Habitat Assessment, a causa della tipologia ambientale del corso d’acqua stesso (particolarmente inforrato, elevata pendenza dell’alveo, estrema turbolenza, assenza di unità di mesohabitat idonee alla colonizzazione di molte componenti delle biocenosi acquatiche) e delle particolari condizioni di deflusso connesse alla notevole portata.

Nel versante lungo cui scorre il Fosso Cavone, la densità di drenaggio è molto bassa e l’entità del ruscellamento ridotta; ne consegue che i corsi d’acqua come quello in esame sono poco sviluppati e caratterizzati da una pendenza molto elevata, assumendo la morfologia di “ fossi” , che recapitano in sinistra orografica del Fiume Tronto (Celico, 2011).

Per l’applicazione dell’IFF e dell’Habitat Assessment il corso d’acqua è stato idealmente suddiviso in 3 tratti omogenei (vedi immagine a seguire:

- Tratto 1: a monte del secondo ponticello (tratto interessato dallo scarico delle sorgenti di Costa le Cese);

- Tratto 2: a valle del ponticello (tratto boscato);

- Tratto 3: tratto terminale intubato.

SUDDIVISIONE IDEALE DEL FOSSO CAVONE IN TRE TRATTI AI FINI DELL’APPLICAZIONE DELL’IFF E HABITAT ASSESSMENT

ll Fosso Cavone ha origine poco a monte del ponte sulla S.P. n. 129, in corrispondenza dello scarico delle portate di esubero della sorgente Pescara d’Arquata, delle sorgenti di Costa le Cese e di altre scaturigini. In questo primo

Tratto 1

Tratto 2

Tratto 3

Fiume Tronto

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tratto, il fosso forma una cascata che attraversa l’abitato di Pescara del Tronto, circondata, dunque, da un territorio antropizzato. Le portate derivanti dalle opere di captazione oggetto di questo studio sono ad oggi restituite al Fosso Cavone attraverso una caditoia esistente sulla cunetta di monte della S.P. n. 129 che con una tubazione immette le acque raccolte subito a monte della cascata anzidetta.

Il primo tratto analizzato termina in corrispondenza del ponticello interno al centro abitato di Pescara del tronto.

A valle del suddetto ponticello, il corso d’acqua attraversa un territorio boschivo e meno antropizzato fino alla briglia, che rappresenta il primo di 3 grossi salti presenti lungo il corso d’acqua. A valle dell’ultimo salto il Fosso Cavone risulta intubato, sino a poco prima della sua immissione nel Fiume Tronto, poco prima dell’attraversamento della S.S. n. 4.

I risultati degli indici applicati per la valutazione dell’habitat fluviale sono riportati nelle due tabelle seguenti.

INDICE DI FUNZIONALITA’ FLUVIALE (IFF) DEL FOSSO CAVONE

HABITAT ASSESSMENT DEL FOSSO CAVONE

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Come si può osservare, il Fosso Cavone è risultato possedere un livello di funzionalità fluviale piuttosto basso e quindi una scarsa capacità di autodepurazione, nonché un livello di integrità dell’habitat piuttosto compromesso a causa della presenza di numerosi elementi di artificializzazione. Il territorio circostante risulta antropizzato e la continuità e l’ampiezza delle formazioni funzionali presenti in fascia perifluviale risultano scarse. L’efficienza di esondazione è ridotta in relazione alla morfologia a V della valle in cui il corso si sviluppa, e la presenza di elementi idromorfologici distinguibili è scarsa, con predominanza di riffle. Nello specifico, la funzionalità fluviale che, nel primo tratto risulta “mediocre-scadente” , migliora leggermente nel tratto a valle del ponticello, grazie soprattutto ad un lieve miglioramento della vegetazione perifluviale, ma si annulla completamente nel tratto terminale in cui il fiume scompare perché completamente intubato.

Il Fosso Cavone, dunque, è caratterizzato da una generale alterazione dell’ambiente fluviale e del territorio circostante e mostra una scarsa idoneità ittica sia per la presenza di numerosi elementi artificiali, tra cui un tratto intubato e tre salti “ invalicabili” , sia per la ridotta presenza, nei tratti più naturali, di rifugi e substrato colonizzabile.

In base a quanto detto la realizzazione del progetto può produrre impatti nel tratto del Fosso Cavone maggiormente antropizzato (Tratto 1) con un basso livello di funzionalità fluviale, uno scarso livello di integrità dell’habitat e una scarsa idoneità alla vita ittica (presenza di barriere antropiche).

6.8.1.2 Fiume Tronto

I potenziali impatti che la realizzazione del progetto può indurre sul Fiume Tronto sono circoscritti alla sezione fluviale corrispondente al punto di restituzione delle acque derivate ad uso idroelettrico (“sezione di verifica”)., dove è prevista l’immissione di nuove portate per un valore pari a Qmax= 55l/s e Qmed= 47,17l/s

Al fine di quantificare gli effetti potenziali della realizzazione dell’impianto sulle componenti biologiche degli ecosistemi acquatici del Fiume Tronto è utile quantificare le portate naturali transitanti in alveo.

Si riportano a seguire i dati di portata del Fiume Tronto, pubblicati dal Servizio Idrografico del Ministero dei LL. PP. (Pubbl. n. 17) per i periodi 1926-1942, 1946-1963-1970, per la stazione idrometrica Tolignano di Marino (AP) posta circa 28 km a valle dell’area di interesse.

ESTRATTO PUBBLICAZIONE N. 17 DEL SERVIZIO IDROGRAFICO NAZIOANLE - SEZIONE IDROGRAFICA TOLIGNANO DI MARINO (AP)

In base a modellazioni idrologiche basate sul rapporto tra le superfici dei bacini idrografici sottesi alla stazione idrometrica di Tolignano di Marino e presso la “sezione di verifica”, è possibile stimare l’ordine di grandezza delle portate in alveo del Fiume Tronto presso la “sezione di verifica” stessa.

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Si riportano a seguire i dati di portata ottenuti con il metodo proposto presso la “sezione di verifica”.

VALUTAZIONE QUANTITATIVA DELLE PORTATE TRANSITANTI NELL’ALVEO DEL FIUME TRONTO PRESSO LA “SEZIONE DI VERIFICA”

Si riporta a seguire una tabella di confronto tra i dati delle portate naturali transitanti in alveo del F. Tronto presso la “sezione di verifica” e quelli delle portate restituite dal progetto in base al piano di derivazione proposto (vedi paragrafo 5).

Dalla tabella suddetta appare evidente come le portate restituite dal progetto al F. Tronto, presso la “sezione di verifica”, rappresentino massimo il 2,75% delle portate naturali transitanti in alveo e quindi ininfluenti sulla sezione fluviale bagnata.

Nonostante quanto detto si riporta a seguire una caratterizzazione idrobiologica del Fiume Tronto presso la “sezione di verifica” analoga a quella prodotta per il Fosso Cavone

6.8.1.2.1 Caratteristiche chimico-fisiche - Fiume Tronto

Si riportano a seguire i parametri chimico-fisici del F. Tronto a monte della confluenza del Fosso Cavone (assimilabili a quelli preso la “sezione di verifica” posta 200m a monte) misurati durante una campagna di analisi condotta da CIIP SpA.

ANALISI CHIMICO FISICHE E BIOLOGICHE CONDOTTE SULLE ACQUE DEL F. TRONTO A MONTE DELLA

CONFLUENZA DEL FOSSO CAVONE. * PARAMETRI MISURATI IN DATA 11/05/2011

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APPLICAZIONE DEI LIMITI DI LIVELLO DI INQUINAMENTO ESPRESSO DAI MACRODESCRITTORI AI PARAMETRI

CHIMICO-FISICI E BIOLOGICI DEL FIUME TRONTO (TABELLA 1 ALLEGATO A D.LGS 152/99 E SMI)

Le analisi condotte evidenziano livelli di ossigenazione ottimali; l’inquinamento chimico da azoto è contenuto (livello II per l’azoto nitrico), come anche quello legato alla contaminazione di fosforo. L’inquinamento biologico ricade in prima classe, quindi la contaminazione da Escherichia Coli è pressoché nulla. La conducibilità elettrica specifica risulta bassa. Il pH mostra valori basici, compatibili con l’ambiente indagato.

6.8.1.2.2 Habitat - Fiume Tronto

Di seguito si riportano i risultati dell’applicazione dei protocolli IFF e Habitat Assessment, applicati sul F. Tronto, subito a valle dell’opera di restituzione ed in corrispondenza della confluenza con il F.so Cavone, per una lunghezza complessiva di circa 250 m,

SUDDIVISIONE DEL F. TRONTO IN FUNZIONE DELL’APPLICAZIONE DEGLI INDICI IFF E HABITAT ASSESSMENT

F. Tronto: Tratto 1

F. Tronto: Tratto 2

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L’applicazione degli indici ha portato alla suddivisione del tratto in oggetto in 2 sottotratti a causa della variazione di alcuni dei parametri considerati:

- Tratto 1: lungo circa 100 m dal ponte scendendo verso valle;

- Tratto 2: lungo circa 150 m a valle del primo e comprendente la confluenza del Fosso Cavone;

I due tratti si presentano piuttosto diversi dal punto di vista morfologico e diverse sono le caratteristiche idrologiche del corso d’acqua. Il tratto di monte si presenta mediamente pi�turbolento, a singolo alveo e con elevata velocità di corrente. Il tratto di valle è invece caratterizzato da un esteso ambiente di “ riffle” con acque basse ed estesi ambienti laterali in sponda idrografica sinistra. Sulla sponda destra aumentano decisamente la profondità e la velocità di corrente.

Il Fiume Tronto mostra una funzionalità fluviale ed una qualità dell’habitat tendenzialmente buone anche se penalizzate nel tratto a monte della confluenza dall’assenza, in vari punti e in entrambe le sponde, della vegetazione perifluviale primaria e dalla presenza di erosione delle rive. La qualità dell’habitat risulta maggiore nel tratto di valle, per i medesimi motivi di cui sopra, ricadendo in seconda classe (giudizio “buono”) a differenza del tratto di monte che ricade in terza (giudizio “discreto”).

INDICE DI FUNZIONALITA’ FLUVIALE (IFF) E HABITAT ASSESSMENT DEL F. TRONTO NEI TRATTI ANALIZZATI

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6.8.2 Macrofite

Lo studio delle macrofite presenti nel tratto di interesse del Fiume Tronto è desunto da informazioni bibliografiche, in particolare si è fatto riferimento ad una campagna di indagini condotta nel 2011 di cui a seguire si riportano i dati salienti. Si precisa che i dati riportati vanno interpretati in chiave descrittiva della comunità macrofitica e non hanno lo scopo di definire un indice trofico ed ecologico di dettagliato.

I campionamenti di macrofite sono stati eseguiti sui due tratti del Fiume Tronto precedentemente descritti, che si presentano piuttosto diversi dal punto di vista morfologico ed idrogeologico. Il tratto di monte si presenta mediamente più turbolento, a singolo alveo e con elevata velocità di corrente. Il tratto di valle, invece, caratterizzato da un esteso ambiente di riffle con acque basse ed estesi ambienti laterali in sponda idrografica sinistra. Sulla sponda destra aumentano decisamente la profondità e la velocità di corrente.

La comunità macrofitica nei due tratti indagati appare abbastanza diversa sia per quel riguarda le coperture totali e relative dei taxa presenti, che per il numero e la varietà dei medesimi.

Nel tratto 1 la copertura totale a macrofite interessa il 50% dell’alveo ed è dominata dalle alghe, responsabili praticamente della totalità della copertura. Muschi ed Angiosperme sono presenti solo in modo sporadico e con scarsa copertura (inferiore al 5%). La forzante maggiormente responsabile di tale distribuzione sembra essere la grande velocità di corrente unita all’elevata turbolenza riscontrabili nella zona a riffle. Nella zona ad acqua più profonda e a riffle-run, invece, la comunità è molto meno espressa e comunque sempre dominata dalle alghe. La minor presenza di ambienti laterali e la minor diversificazione dei substrati sono primariamente responsabili della relativa banalizzazione della comunità.

Il tratto due presenta maggiori possibilità di colonizzazione per le macrofite, ciò nonostante la comunità ricopre solo il 10% dell’alveo ed e prevalentemente rappresentata da alghe che nel complesso rappresentano il 70% di questa copertura. Il restante 30% e suddiviso equamente tra muschi e angiosperme, con la presenza sporadica di una specie di equiseto e una di epatica. E interessante notare che gran parte di quella che e la copertura ad angiosperme nell’alveo bagnato e rappresentata da una specie (Petasites hybridus) che non e strettamente legata all’ambiente acquatico ma domina le barre di ghiaia e sabbia affioranti a centro alveo e si trova ad essere parzialmente o totalmente sommersa sui margini dei medesimi in funzione della aumentata portata del fiume. A questa specie se ne accompagnano altre tre di cui una è stata solo ascritta al genere Ranunculus senza poter scendere a livello di specie per la mancanza di fiori, e le altre due appartengono alla famiglia Graminaceae ma sempre per la mancanza di elementi fiorali non e stato possibile effettuare una determinazione certa a livello di specie. Una distribuzione di questo tipo può essere interpretata soprattutto con l’ampia presenza di ambienti laterali e di substrati molto diversificati.

Le condizioni idrologiche sono molto variegate ed anche l’ombreggiamento parziale dell’alveo influisce più come variabile nel creare habitat differenti che non come vera e propria forzante ecologica in grado di influenzare lo sviluppo della comunità macrofitica.

COPERTURA DA PARTE DEI DIVERSI TAXA NEL TRATTO 2 DEL F. TRONTO

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Di seguito si riporta il numero di taxa rinvenuti nelle due stazioni ripartito tra alghe, briofite e fanerogame.

DATI RELATIVI ALLA COMUNITA A MACROFITE RINVENUTA SUL F. TRONTO NEI TRATTI DI INTERESSE

Nella tabella seguente sono presentati i dati caratteristici del Tratto 1, in grassetto i taxa che rientrano nel calcolo dell’indice.

DATI RELATIVI ALLA COMUNITA’ A MACROFITE DEL F. TRONTO NEL TRATTO 1 (PRESSO PONTE ESISTENTE)

Tratto 2 Tratto 1

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Nella tabella seguente sono presentati i dati caratteristici del Tratto 2, in grassetto i taxa che rientrano nel calcolo dell’indice.

DATI RELATIVI ALLA COMUNITA’ A MACROFITE DEL F. TRONTO NEL TRATTO 2 (PRESSO CONFLUENZA F. CAVONE)

Nelle tabelle a seguire sono riportati i dati dell’indice IBMR e del valore EQR.

INDICE IBMR E VALORE EQR - F. TRONTO - TRATTO 1 (PRESSO PONTE ESISTENTE)

INDICE IBMR E VALORE EQR - F. TRONTO - TRATTO 2 (PRESSO CONFLUENZA F. CAVONE)

L’applicazione dell’indice IBMR ha permesso, nei limiti dei dati disponibili, un giudizio dello stato ecologico dei tratti del Fiume Tronto di interesse soddisfacente, in cui la comunità campionata si è rivelata in entrambe le stazioni abbastanza ricca, variegata e ben articolata ad occupare di tutti i diversi microhabitat presenti.

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6.8.3 Macrobenthos

Si riportano a seguire i dati sui macroinvertebrati presenti in letteratura per i tratti di interesse del Fiume Tronto.

TAXA DI MACROINVERTEBRATI BENTONICI PRESENTI NEL FIUME TRONTO NEI TRATTI DI INTERESSE E RELATIVO GIUDIZIO DI

QUALITÀ (METODO APAT)

I punteggi STAR_ICMI mostrano una qualità al limite tra ottimale e buona, con un valore leggermente superiore per la stazione presso la confluenza con il Fosso Cavone, dove si osserva una maggiore densità di Plecotteri ed Efemerotteri, che rappresentano il taxon più sensibile relativamente alla qualità dell’ambiente, anche se la densità totale degli individui campionati risulta nettamente inferiore.

Si precisa che la realizzazione del progetto non comporterà alcuna variazione nelle portate in alveo transitati presso il Tratto 2 (confluenza con il Fosso Cavone), mentre verranno leggermente aumentate (incremento massimo di 55l/s su una portata naturale media di 5.750l/s) le portate transitanti nel Tratto 1.

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6.8.4 Pesci

Si riportano a seguire i dati presenti in letteratura circa la popolazione ittica rilevata lungo il Fiume Tronto nei Tratti di interesse tra cui non esiste alcuna discontinuità che impedisca ai pesci il libero spostamento. Si ricorda invece come la presenza di barriere naturali nella parte bassa del Fosso Cavone impedisca la risalita della fauna ittica.

In base ai dati di letteratura riferiti ad un campionamento eseguito con elettrostorditore nel mese di novembre 2011, si riporta a seguire il numero di pesci pescati, distinti per specie, con i relativi dati di peso, lunghezza minima, media e massima.

NUMERO DI ESEMPLARI PESCATI NEL FIUME TRONTO IN OGNUNO DEI TRATTI DI INTERESSE, DISTINTI PER SPECIE, CON I

RELATIVI DATI DI PESO, LUNGHEZZA MINIMA, MEDIA E MASSIMA

La comunità ittica risultata composta esclusivamente da trote fario (Salmo (trutta) trutta) e vairone (Leuciscus souffia). La popolazione di trota fario risultata più abbondante nel Tratto 2, dove è caratterizzata da una struttura più equilibrata e diversificata, con una buona percentuale di soggetti giovani, anche 0+, e individui di varie taglie (anche superiori ai 30 cm). Il numero di vaironi campionato risulta, invece, esiguo e al di sotto delle potenzialità del corso d’acqua.

In sintesi, la comunit�ittica del Fiume Tronto nel investigato, risulta composta da una popolazione di trota fario consistente e ben strutturata e da una popolazione di vaironi.

Ai sensi del “Piano delle Acque del Parco” , il Fiume Tronto �classificato come “zona superiore della trota” dalle sorgenti fino alla diga di Arquata del Tronto e come “zona inferiore della trota” a valle della medesima.

Sulla base di quanto riportato nel suddetto Piano, la zonazione fluviale da adottare per i corsi d’acqua del Parco Nazionale dei Monti Sibillini prevede che nella zona superiore della trota la specie caratterizzante è la trota fario, accompagnata da scazzone e vairone, considerate specie rare, mentre nella zona inferiore della trota è la trota fario accompagnata da vairone, considerato comune, e da barbo, considerato raro.

I tratti in esame ricadono all’interno della “zona superiore della trota” e pertanto la comunità ittica rilevata in letteratura, costituita da una buona popolazione di trota fario, accompagnata da rari esemplari di vairone, rispecchia in pieno la vocazionalità ittica dell’area.

6.8.4.1 Indice ISECI

I campionamenti riportati in letteratura sono situati a poche centinaia di metri l’uno dall’altro, in un tratto fluviale del Tronto senza alcune interposizione di barriere alla libera circolazione dei pesci. Ai fini dell’applicazione dell’indice ISECI, si sono quindi considerate le due stazioni come una sola. I dati riportati evidenziano la presenza di una popolazione piuttosto ben strutturata in classi d’età e consistente di trota fario, i cui esemplari però sono attribuibili in parte al ceppo mediterraneo ed in parte al ceppo atlantico, con possibilità della presenza di “ ibridi” tra i due ceppi. E’ stata inoltre rilevata la presenza del vairone.

Dal punto di vista zoogeografico, il tratto potrebbe essere attribuito ad una zona mista a Salmonidi della Regione Italico-peninsulare (con fauna ittica attesa rappresentata dalla sola trota fario di ceppo mediterraneo

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“probabilmente alloctona” e a Ciprinidi a deposizione litofila della Regione Italico-peninsulare (con specie attese: vairone, cavedano, rovella, barbo comune, anguilla, cobite comune, cagnetta (Zerunian, 2009).

Ai fini dell’applicazione dell’ISECI è possibile ascrivere tutto il tratto unicamente alla zona zoogeografica-ecologica dei Ciprinidi a deposizione litofila. Con la presenza di una sola specie nativa su 7 e con la presenza di una specie aliena, l’indice ISECI risulta pari a 0,24 (presenza di specie indigene= 0,14; condizione biologica= 0; ibridazione = 0,1; presenza specie aliene = 0; presenza specie endemiche = 0), corrispondente ad un giudizio sintetico che definirebbe lo stato ecologico della comunità ittica “Scarso” .

6.9 Aspetti ecosistemici

Un ecosistema è una porzione di biosfera delimitata naturalmente ed è costituito da una comunità (biocenosi - componente biotica) e dall'ambiente fisico circostante, il geotopo (che fa parte di una ecoregione - componente abiotica), con il quale si vengono a creare delle interazioni reciproche in equilibrio dinamico.

Un ecosistema viene definito come un sistema aperto, con struttura e funzione caratteristica determinata da:

• flusso di energia

• circolazione di materia tra componente biotica e abiotica.

Vi sono, nella classificazione antropologica, due grandi tipologie di ecosistema:

• Ecosistema generalizzato: è un ecosistema in cui si trova una grande complessità di specie animali e vegetali che vivono in simbiosi tra loro e il cui squilibrio può portare a gravi reazioni a catena.

• Ecosistema specializzato: è un ecosistema che produce molto in termini agricoli ma impoverisce la terra (es. latifondo a monocoltura).

Da un altro punto di vista, si distinguono:

• Ecosistemi naturali che, una volta raggiunto l'equilibrio ecologico (climax) hanno una elevata produttività lorda e una produttività netta nulla;

• Ecosistemi artificiali, con una minore produttività lorda e con una produttività netta positiva (quelli agricoli) o negativa (quelli urbani).

Di seguito sono individuati e descritti i tratti tipici dell'area interessata dall'intervento che presenta caratteristiche comuni a più ecosistemi:

AREE PRODUTTIVE E/O CON ELEVATO DISTURBO ANTROPICO

Rientrano in tale tipologia le aree urbanizzate dei centri abitati, dei poli artigianali ed industriali (abitato di Pescara del Tronto, area di cava, zona industriale di Pescara del Tronto) con i loro edifici e pertinenze, le principali vie di comunicazione stradale e ferroviaria, le aree utilizzate in modo costante dall’uomo con cadenza giornaliera. Tutte le situazioni suddette sono accompagnate, in genere, da un alto grado di artificialità e/o da una diversificata azione di disturbo sulla componente faunistica. Le conseguenze negative sugli animali selvatici possono essere generate da azioni dirette (interazione con le attività antropiche) od indirette (assenza di siti disponibili per le attività vitali, presenza di recinzioni che ostacolano la mobilità etc.) In alcuni casi alcune specie paiono beneficiare nelle immediate vicinanze dell'uomo di alcuni fattori positivi (protezione dai predatori naturali, presenza di risorse alimentari originate dalle attività antropiche, etc.) che riescono a porre in secondo piano gli elementi negativi della coesistenza con l'uomo.

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AMBIENTE BOSCHIVO NATURALE

Il bosco è un ecosistema dove vivono diversi tipi di vegetali e animali.

E’ un'associazione vegetale composta da piante a portamento arboreo che si estende nelle zone submontane in condizioni climatiche condizionate dai consistenti abbassamenti termici nel periodo invernale. La vegetazione è composta prevalentemente da specie termomesofile o mesofile a foglia caduca, con presenza sporadica di piante termofile.

La vegetazione è prevalentemente composta da alberi a foglia larga e caduca (latifoglie decidue), eliofile e mesofile o termomesofile. Rispetto alla foresta sempreverde, si tratta di una formazione a volta più luminosa che lascia lo spazio allo sviluppo di un sottobosco ricco di specie sia per la perdita delle foglie nella stagione fredda, sia per la chioma più lassa nella stagione primaverile-estiva.

AMBIENTI AGRICOLI E DI CONTIGUITA’ ALL’ECOSISTEMA FLUVIALE

Si tratta in parte di un tipo fisionomico tipico dei primi stadi di ri-naturalizzazione delle rive o degli ex coltivi. Si caratterizza con formazioni giovanili di diverse specie, a seconda della situazione, mantenute come tali sia a seguito dell’azione naturale di erosione/deposito di rive e sedimenti da parte delle acque, sia come evoluzione spontanea di aree soggette negli anni immediatamente precedenti a lavorazioni di modificazione delle sponde. La composizione vegetale è varia e spesso dominata da specie relativamente comuni (Rosa sp., Cornus sanguinea, Rubus spp., Salixfragilis, Salix. alba, Ciematis sp., Sambucus nigra, Phragmites australis, Typha i., Arundo donax) in genere di basso valore biologico ed alte erbe (Urtica spp., Artemisia Spp., Daucus sp., Daciylis glomerata, ecc.). In essi si possono inserire anche aree agricole adibite a pascolo in cui la presenza dell’uomo è sporadica o limitata a determinati periodi dell’anno. La vegetazione è meno varia rispetto alle aree precedenti e condizionata all’uso a pascolo che determina una selezione delle specie erbacee più resistenti (infestanti).

Le aree a dominanza di vegetazione arbustiva rappresentano situazioni importanti per la maggioranza delle specie faunistiche presenti o potenzialmente presenti nell’area, in particolare come situazioni di rifugio, alimentazione e riproduzione. Tale habitat pur originato da interventi spesso artificiali (lavori in alveo o nelle sponde) presentano il minor grado di antropizzazione, proprio in ragione della loro fisionomia.

ALVEO FLUVIALE

Vengono considerate in questa categoria le aree permanentemente occupate dalle acque che nello specifico dell'area di interesse presentano acque più o meno basse con corrente veloce. L'alveo fluviale presenta una buona ampiezza caratterizzato da una pendenza blanda dovuta alla riprofilatura condotta con la realizzazione della traversa.

Le acque presentano una loro laminazione e il fondo è generalmente costituito da ciottoli e ghiaie. Le specie tipiche sono quelle della zona a ciprinidi anche se le condizioni di inquinamento ne pregiudica la presenza delle specie meno adattive e resistenti.

Ai fini di una valutazione oggettiva della qualità dell’ecosistema acquatico si rimanda al paragrafo

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6.10 Aspetti paesaggistici

Le Marche sono attraversate dall’Appennino Umbro-Marchigiano che si separa a Forca Canepine dall’Appennino Tosco-Emiliano. Nel territorio settentrionale le cime più alte non superano i 2000 m, ma scendendo verso sud troviamo la catena dei Monti Sibillini, con il Monte Vettore che è la vetta più alta della regione. Il paesaggio desolato si presenta con distese montuose, spoglie di vegetazione, dove spuntano le nude rocce calcaree, insieme a piccole zone di cespugli, interrotte da qualche bosco. La zona collinare forma una fascia territoriale larga dai 20 ai 30 km dalla costa.

L’altezza delle colline si aggira intorno ai 400 m a causa dell’acqua che per anni ha corroso le rocce calcaree e argillose delle montagne; spesso troviamo delle zone con frequenti dislivelli irregolari e piccole valli sparse.

Il territorio è essenzialmente montuoso/collinare per un terzo della Regione con una precisa caratterizzazione morfologica determinata dall'andamento sostanzialmente parallelo delle aste vallivo-fluviali che scendono perpendicolarmente ai rilievi appenninici. La parte collinare scende fino alla costa dove è presente una piccola striscia pianeggiante.

Il paesaggio marchigiano si caratterizza per una presenza antropica capillare sul territorio, con la relativa rete di infrastrutture di trasporto. Negli ultimi 10 anni vi è stato un incremento della frammentazione del tessuto urbano e delle aree industriali; in ambito agricolo, aumenta la frammentazione dei seminativi, delle consociazioni e dei sistemi colturali complessi, mentre diminuisce la frammentazione delle aree agricole accompagnate da spazi naturali; in ambito forestale e seminaturale, aumenta la frammentazione dei boschi misti e delle aree a vegetazione sclerofilla (macchie arbustive ed arboree per lo più di tipo cespuglioso), queste ultime in aumento, mentre diminuisce la frammentazione nei pascoli.

In conclusione, i due fenomeni che emergono come i principali motori di trasformazione su base decennale del paesaggio marchigiano sono l’espansione e la diffusione di aree industriali e residenziali da un lato, e la perdita dei sistemi agricoli tradizionali a vantaggio prevalentemente della ricolonizzazione spontanea del bosco.

L’abitato di Pescara del Tronto non è contraddistinto da un particolare stile architettonico e antiche strutture medioevali si intervallano a recenti costruzioni ad uso abitativo e di edilizia rurale.

Il paesaggio locale è dominato dalla presenza della cava di materiali inerti ad oggi dismessa e dalla presenza di importanti vie di comunicazione quali la SS n.4 Salaria e la SP n. 230 che sovrasta l’area di cava. Gli anzidetti elementi antropici sono intagliati in un contesto scenico ambientale di indubbio valore, quale la Valle del Fiume Tronto. La valle è contraddistinta da versanti scoscesi boscati interrotti da salti verticali dove affiorano le testate dei banconi arenitici.

In riferimento al paesaggio descritto, si precisa che le opere di progetto non inficeranno in alcun modo la percezione visiva della vallata e dei luoghi, specificando che le principali opere saranno interrate e non sono previste realizzazioni di nuovi manufatti fuoriterra. Unica eccezione è fatta per la nuova vasca di carico che verrà realizzata all’interno dell’area di cava con un’altezza di circa 1,0m al disopra del piano campagna.

Poichè l’opera è di ridotte dimensioni (superficie di circa 28m2) e di modesta altezza (circa 1,0m), l’impatto visivo della stessa potrà essere ampiamente mitigato con la messa a dimora di una cortina arbusti scelti fra specie presenti in zona.

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6.11 Ricchezza relativa alla qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali

L’area di intervento presenta notevoli segni di degrado che riguardano il paesaggio, gli ecosistemi e le varie componenti ambientali che la contraddistinguono, dovuti alla presenza costante dell’uomo e delle sue attività, dovute anche alla vicinanza del centro urbano, delle vie di comunicazione e dell’area estrattiva.

Il progetto proposto prevede l’uso della risorsa idrica per produrre energia elettrica senza in alcun modo cambiare le caratteristiche chimico-fisiche della stessa. La valorizzazione idroelettrica della risorsa idrica non prevede il consumo o il depauperamento di risorse naturali, piuttosto previene il consumo di combustibili fossili (per la produzione di energia da fonti fossili) e garantisce un miglioramento dello stato di inquinamento atmosferico (riduzione dell’emissione di gas climalteranti).

L’acqua derivata ai fini idroelettrici è restituita all’interno dello stesso sistema idrogeologico da cui è prelevata, senza in alcun modo inficiare la risorsa o minarne i meccanismi di ricarica. L’acqua è derivata con opere di captazione a gravità che non possono intaccare le riserve, né quantomeno impedire che la risorsa si rigeneri e si rinnovi con i cicli delle stagioni.

Allo stesso modo, il consumo di suolo previsto dalla realizzazione dalle opere è limitato e relativo per lo più ad opere interrate che ad ultimazione dei lavori garantiscono comunque la ripresa della vegetazione.

In quest’ottica la realizzazione del progetto nell’area di intervento non comporta un’ulteriore pressione ambientale, ma si inquadra bensì come un miglioramento nell’uso delle risorse, in un luogo in cui le risorse sono state deteriorate senza trarne le specifiche potenzialità.

Si precisa inoltre che la capacità di autorigenerazione dimostrata dal contesto ambientale nel recente passato, sarà sicuramente anche in grado di assorbire le pressioni condotte dalla realizzazione del progetto per raggiungere velocemente e nuovamente uno stato di “climax”, che prevede senza disturbi l’esercizio dell’impianto.

In base a quanto detto, appare evidente come la realizzazione del progetto non pregiudica le risorse naturali esistenti, ne quantomeno varia la capacità di rigenerazione attuale delle stesse risorse.

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7 CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO SULLE SINGOLE COMPONENTI ANALIZZATE E INTERVENTI DI MITIGAZIONE

La presente sezione dello Studio di Impatto ambientale costituisce la parte riepilogativa dello Studio stesso e viene estesa analizzando gli impatti attesi su ognuna della componenti ambientali sopra descritte.

Si ritiene necessario evidenziare che i contenuti dei paragrafi precedenti hanno evidenziato sostanzialmente impatti poco significati sull’ambiente dell’intervento proposto dalla ditta Piciacchia Srl; non solo, ma si ritiene ancorché importante delineare gli aspetti socio economici dell’intervento stesso, ai fini di una corretta valutazione dei benefici e dei costi per la collettività e l’ambiente che il progetto in argomento rappresenta.

7.1 Verifica degli impatti sulla componente Socio Economica

La disponibilità di risorse energetiche e la capacità di convertirle in forme destinabili agli usi finali sono fattori chiave nello sviluppo industriale e nella funzione pubblica di provvedere alla collettività quei servizi vitali che possono garantire e migliorare la qualità della vita.

Tradizionalmente, l’energia è stata vista come il motore del progresso economico di un paese; tuttavia, la sua produzione, il suo utilizzo e i suoi effetti hanno prodotto una crescente pressione sull’ambiente, sia dal punto di vista del consumo delle risorse, che da quello dell’inquinamento dell’aria e in generale della compromissione dell’ambiente e del territorio.

E’ evidente che un incremento dei consumi energetici annuali pro-capite di un paese, fondati maggiormente sull’uso delle fonti fossili, si traduce in una crescente insostenibilità del proprio modello di sviluppo; appunto per monitorare questo aspetto fondamentale della sostenibilità, la Divisione per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU (UN-DSD) ha inserito nel proprio set di indicatori di sostenibilità anche il consumo energetico annuale pro-capite e la quota di consumo energetico da fonti rinnovabili (FER), che possono essere facilmente desunti dalla stima del bilancio energetico del territorio.

Fabbisogni energetici locali

La Regione Marche ha adottato una pianificazione energetica mediante la redazione del PEAR (Piano Energetico Regionale) che partendo dalla situazione attuale, delinea gli indirizzi e/o gli obiettivi da raggiungere per il 2020.

A tal proposito la relazione per l’anno 2013 “Dati statistici sull’energia elettrica in Italia”, pubblicata annualmente da Terna, rileva un deficit di produzione energetica sulla rete di distribuzione regionale delle Marche di 5.028,5 GWh a fronte di una richiesta di 7.369,9 GWh.

La produzione regionale nell’anno 2013 è stata per 682,4 GWh di origine idroelettrica, per 462,5 GWh di origine termoelettrica tradizionale, 0,5 GWh di origine eolica e per 1.195,7 GWh di origine fotovoltaica.

La produzione regionale copre attualmente circa il 30% della richiesta elettrica, posizionando la Regione Marche tra quelle in cui il deficit elettrico è percentualmente tra i più elevati a livello nazionale. A tale proposito il PEAR afferma che tale deficit produttivo comporta una serie di riflessioni sull’opportunità di prevedere un incremento della potenza installata e soprattutto sulla qualità e sulla quantità delle nuove installazioni.

Sempre secondo il PEAR “il ruolo delle energie rinnovabili è considerato fondamentale e deve essere affrontato a monte di qualsiasi altra considerazione”.

Il PEAR continua dicendo che la tendenza verso il raggiungimento del pareggio elettrico è un obiettivo strategico del PEAR stesso.

Produzione energetica

La presente iniziativa, prevede la potenza installata delineata nella seguente tabella:

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SITO POTENZA

(KWe)

ENERGIA PRODOTTA

(MWhe/a) TEP PRODOTTI

PESCARA DEL TRONTO 46,30 335,00 77,05

La soluzione progettuale proposta, dunque, avrà una produzione energetica annua di circa 335,00 MWhe/a ovvero 77,05 TEP che seppur di piccola entità si inquadra ugualmente come un contributo migliorativo in relazione agli obiettivi del PEAR per il 2020.

Riduzione emissioni in atmosfera (CO2)

L’obiettivo regionale al 2020 è quello di ridurre le emissioni del 25%. Nel frattempo, tuttavia, è necessario rispettare una prima scadenza che è quella del 2012, anno di verifica definitiva degli obiettivi del Protocollo di Kyoto relativamente al primo adempimento relativo al periodo 2008-2012.

L’obiettivo che la Regione Marche si è prefissa di raggiungere per la riduzione di emissioni complessive regionali di gas serra, espressi in CO2 equivalente, è in linea al trend nazionale e/o comunitario fissato per il 2020.

La conversione, TEP prodotti da FER senza processi termici, rispetto a tonnellate risparmiate di CO2 emessa, è 1:3, ossia 1 TEP = 3 t CO2, da cui si ottiene che la realizzazione della soluzione progettuale proposta comporterà una riduzione di CO2 equivalente pari a 231,15 ton/anno.

Si precisa che l’intervento progettuale proposto, oltre che a contribuire al raggiungimento degli obiettivi del PEAR come sopra indicato, prevede il riutilizzo di parte delle opere della vecchia centrale idroelettrica funzionate fino agli anni ’60 che era stata realizzata da un’associazione cooperativa degli abitanti di Pescara del Tronto per poter essere autosufficienti dal punto di vista energetico.

7.2 Portata dell’impatto

L’impatto potenziale generato dalla realizzazione del progetto si realizza interamente all’interno del Comune di Arquata del Tronto (AP) che presenta una popolazione di 1.254 residenti di cui 624 maschi e 630 femmine, distribuiti sul territorio comunale con una densità di 13,6 Ab/km2. All’interno dello stesso Comune il progetto prevede infatti la presenza delle opere, delle derivazioni idriche e dei tratti di corso d’acqua interessati dalle variazioni delle portate (F. Tronto e Fosso Cavone). La popolazione potenzialmente interessata dalla realizzazione del progetto è esclusivamente quella dell’abitato di Pescara del Tronto costituita indicativamente da 100 residenti.

In base a quanto detto appare evidente come la realizzazione del progetto abbia una portata di impatto molto limitata che può essere ampiamente sostenuta nel rapporto costo benefici connesso alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

7.3 Ordine di grandezza e della complessità dell'impatto

La tipologia di intervento vede la realizzazione di una centrale micro idroelettrica che utilizza le acque dell’area di sorgenza Costa Le Cese. Il bacino idrogeologico di alimentazione di tali sorgenti ha una superficie di 7,71km2.

Le portate richieste in concessione prevedono un prelievo massimo di 55l/s e medio di 47,17l/s.

Le variazioni delle portate interesseranno una parte del Fosso Cavone (per una lunghezza di circa 300m) e un tratto del Fiume Tronto ( dalla restituzione dell’impianto alla confluenza con il Fosso Cavone per una lunghezza di circa 300m).

La realizzazione del progetto prevede una modesta occupazione di suolo attualmente adibito a: ex area di cava (area degradata), zona di espansione (da PRG), viabilità esistente e area boscata.

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L’impatto potenzialmente generato dalla realizzazione del progetto prevede una complessità bassa che interessa in modo limitato diverse matrici ambientali all’interno di una ristretta porzione di territorio. Vengono esclusi dall’impatto particolari endemismi o aspetti estendibili all’area vasta.

7.4 Verifica degli impatti sulla componente climatica

Rispetto al clima, la realizzazione del progetto non può che condurre ad effetti positivi portando ad una diminuzione dell’emissione di gas clima alteranti derivati dalla produzione di energia elettrica da combustibili fossili.

Sulla componente climatica, il progetto prevede quindi impatti negativi irrilevanti in fase di cantiere e impatti positivi nella fase di esercizio. Gli impatti in fase di cantiere sono comunque reversibili e mitigabili.

7.5 Verifica degli impatti sulla componente geologica

Per la realizzazione del progetto è prevista la movimentazione di 901,4m3 di terreno di cui 584,40m3 verranno riutilizzati per la tombatura degli scavi da cui provengono. I restanti 584 m3 saranno caratterizzati ambientalmente e, qualora non contaminati potranno essere utilizzati, recependo eventuali indicazione dagli enti preposti, per le attività di riambientamento dell’ex area di cava.

Le aree interessate dal progetto non presentano condizioni geologiche di ostacolo alla realizzazione dello stesso e il progetto, come proposto, non può condurre a fenomeni di dissesto geologico.

L’impatto sulla componente geologica può ritenersi limitato alla fase di cantiere, in cui si avranno i movimenti terra che altereranno l’assetto esistente. Bisogna tenere conto però del netto miglioramento addotto dal progetto dal riambientamento di un’area degradata.

Sulla componente geologica, il progetto prevede quindi impatti negativi irrilevanti in fase di cantiere e impatti positivi nella fase di esercizio. Gli impatti in fase di cantiere sono comunque reversibili e mitigabili.

7.6 Verifica degli impatti sulla componente morfologica

La realizzazione del progetto interessa un’area di versante stabile che intervalla forti acclività a zone semipianeggianti. Gli interventi proposti sono stati valutati per non interferire con la stabilità dei luoghi e non prevedono modifiche morfologiche allo stato dei luoghi.

In base a quanto detto la realizzazione del progetto è ininfluente sulla componente morfologica locale sia in fase di cantiere che di esercizio.

7.6 Verifica degli impatti sulla componente idrogeologica

7.6.1 Verifica degli impatti sulla componente acque sotterranee

La realizzazione del progetto non prevede impatti sulla risorsa acque sotterranee in quanto le derivazioni di interesse sono attive e funzionanti da anni e non sono previsti interventi volti a modificare l’attuale sistema di captazione e/o volumi di prelievo.

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7.6.2 Verifica degli impatti sulla componente acque superficiali

La realizzazione del progetto prevede la derivazioni di acque di falda, ad oggi dirette al Fosso Cavone, per valorizzarle ai fini energetici e restituirle al F. Tronto. Le portate del Fosso Cavone verranno quindi diminuite per un tratto di circa 300m di un valore massimo di portata pari a 55l/s, medio di 47,17l/s e minimo di 18,77l/s.

L’acqua sottratta al Fosso Cavone verrà restituita al Fiume Tronto che in un tratto lungo circa 300m (dalla restituzione dell’impianto alla confluenza con il Fosso Cavone) registrerà un aumento delle portate per un valore massimo di pari a 55l/s, medio di 47,17l/s e minimo di 18,77l/s

Gli effetti più evidenti di una captazione idrica sull’habitat fluviale di un corso d’acqua sono quelli dovuti all’artificializzazione del regime idrologico e alla riduzione di portata. L’habitat subisce quindi, in primo luogo, un’alterazione di tipo quantitativo, che comporta una riduzione del volume idrico, della superficie bagnata dell’alveo e dei parametri idraulici come la velocità di corrente, la profondità dell’acqua e la turbolenza. Dal punto di vista qualitativo, la diminuzione di velocità di corrente, di profondità dell’acqua e di turbolenza comporta, inoltre, una perdita della diversità idraulico–morfologica; in generale si assiste ad una banalizzazione a livello di mesohabitat, con la scomparsa dei tratti di acque poco profonde e veloci quali riffle e run; l’acqua residua si concentra nelle pool, che per la loro struttura conservano il volume d’acqua al loro interno, pur riducendosi il tempo di ricambio (Humprey et al., 1985). La conformazione dell’alveo è un fattore di primaria importanza nel determinare la gravità e la natura dell’impatto sull’habitat idraulico - morfologico: a parità di riduzione di portata, le pool e i tratti con alveo inciso in genere subiscono una minore perdita di superficie bagnata rispetto ai tratti a riffle – run e a quelli con alveo ampio e piatto. Un alveo di morbida molto ampio potrebbe causare un’eccessiva dispersione del deflusso residuo, riducendolo ad un riffle di modestissima profondità o addirittura ramificato in piccoli rivoli.

Dal punto di vista delle modalità temporali di derivazione delle acque, la situazione peggiore è rappresentata dal caso in cui il deflusso rilasciato è uniforme lungo l’anno; ciò elimina le naturali variazioni di portata nell’arco delle stagioni, che assolvono sia ad una funzione di mantenimento della morfologia e della geometria dell’alveo, sia al compito di “innescare” alcuni meccanismi comportamentali per le biocenosi acquatiche. Questo tipo di problema è meno grave nei casi in cui le portate di morbida eccedono con frequenza la capacità di derivazione massima dell’opera di presa; in questi casi infatti le portate di sfioro si aggiungono a quelle rilasciate in condizioni di magra e ricreano, almeno parzialmente, un andamento idrologico simile a quello naturale.

Le condizioni idrologiche e la qualità dell’ambiente fluviale influenzano il tipo di taxa rappresentati nella comunità macrobentonica, il loro numero complessivo e il numero di individui con cui ciascun taxon è presente (Wells & Demas, 1979 in Al-Lami et al., 1998). La riduzione della portata naturale di un corso d’acqua determina sia una riduzione della densità della comunità macrobentonica, che un cambiamento qualitativo della comunità stessa (Saltveit et al., 1987). La riduzione del deflusso in alveo determina un impatto anche sulle popolazioni ittiche che dipende da vari fattori. Le caratteristiche morfologiche e idrauliche di un torrente sono elementi determinanti per la possibilità di colonizzazione da parte delle comunità biologiche e in particolare della fauna ittica, il cui svolgimento dell’intero ciclo vitale (alimentazione, accrescimento, riproduzione) richiede la presenza di diverse tipologie di habitat fluviale. Un habitat fluviale ottimale dovrà essere caratterizzato da un elevato grado di diversità idraulico - morfologica al suo interno: sarà necessaria la presenza di zone a riffle dove sia possibile svolgere l’attività alimentare e la deposizione delle uova, ma anche di pool ad esse contigue e collegate, dove gli adulti possano trovare rifugio. La riduzione di volume idrico e di tirante idraulico può comportare che i pesci si troveranno più esposti ai predatori e alle avversità climatiche, o che addirittura non potranno sopravvivere per l’insufficiente profondità; in un alveo stretto e profondo o comunque ricco di pool, questo tipo di impatto potrà essere parzialmente mitigato e permettere la presenza di punti di raccolta dell’acqua sufficientemente profondi per fornire protezione visuale dai predatori, capacità di omeostasi termica e uno spazio vitale sufficientemente ampio anche per grossi pesci. La riduzione del deflusso naturale al valore costante del deflusso minimo comporta una riduzione nel numero di pesci e di biomassa (Ovidio et al., 2004). Al diminuire della portata tendono a scomparire le zone di acque basse a corrente veloce (riffle – run), importanti quali zone di alimentazione, riproduzione e stazionamento dei giovani Salmonidi; l’assenza completa di tali tratti può rendere impossibile la

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riproduzione e impedire quindi la possibilità di autosostentamento di una popolazione di trote (Bundi et al., 1990).

La riduzione di portata nei periodi di siccità riduce l’umidità del suolo presso le rive e determina un rallentamento della crescita e, all’estremo, la morte della vegetazione riparia. La riduzione di deflusso e l’alterazione del regime idrologico naturale può influire, oltre che sulla crescita, anche sul successo riproduttivo e sulla possibilità di attecchimento delle giovani piantine (Stromberg & Patten, 1990). In particolare, una portata insufficiente durante la stagione di diffusione dei semi può causare l’insediamento delle nuove piante in zone troppo vicine all’alveo e quindi particolarmente vulnerabili agli eventi di piena.

Portate elevate possono essere richieste poco prima della dispersione dei semi, in modo tale da assicurare la presenza di suoli sufficientemente umidi in cui essi possano germinare. Il livello dell’acqua poi non deve scendere troppo bruscamente, per permettere alle giovani piante di sviluppare sufficientemente l’apparato radicale in profondità, affinché sia loro garantito l’apporto idrico anche nei periodi di siccità (Scott et al., 1993). La diminuzione della portata favorisce le specie che normalmente occupano le zone inondate solo in caso di piena (p.e. salici; Petts, 1984), mentre genera una situazione avversa per quelle che sono adattate ad essere sommerse frequentemente, di norma le più vicine all’alveo bagnato (Harris et al., 1985), come p.e. gli ontani. La vegetazione acquatica in alcuni casi può trarre vantaggio dall’appiattimento delle portate; le macrofite in particolare traggono giovamento dalla riduzione della velocità di corrente e della turbolenza.

Stima dell’impatto

Un apporto ridotto dell’acqua derivata dalle opere di captazioni di Costa le Cese al Fosso Cavone non determina particolari effetti negativi sull’ecosistema fluviale in esame, valutato sulla base dei dati prodotti al paragrafo 6.8.

I dati evidenziano, infatti, un habitat fluviale caratterizzato da livelli di ossigenazione ottimali, inquinamento chimico contenuto e biologico pressoché nullo. Il fosso presenta una funzionalità fluviale piuttosto bassa ed una qualità dell’habitat piuttosto compromessa, fattori questi legati all’antropizzazione dell’alveo e alla scarsa presenza della vegetazione perifluviale e non al regime delle portate. Inoltre, la presenza di un alveo particolarmente inciso (sezione a V) con pool profonde, garantisce una variazione contenuta del perimetro bagnato al variare delle portate. Allo stesso tempo, il rilascio di un DMV modulato da parte del progetto, unitamente alle naturali portate in alveo, garantirebbero comunque e sempre i naturali cicli biologici e fisici che si realizzano in alveo a vantaggio della salvaguardia dell’ecositema fluviale del Fosso.

Allo stesso modo, l’entità del deflusso lasciato defluire in alveo, come DMV e portata naturale, appare congrua a mantenere l’omeostasi termica del tratto del Fosso Cavone analizzato. Tale considerazione è supportata dall’alta quota del corso d’acqua, dalla pendenza dell’alveo e conseguente elevata velocità di flusso e dell’adeguata ombreggiatura che protegge l’alveo all’interno di una profonda incisione. In tali condizioni, il rischio di innalzamento delle temperature del Fosso Cavone al di sopra dei limiti sopportati dagli organismi oligostenotermi durante il periodo estivo è sicuramente trascurabile.

Per quanto riguarda il Fiume Tronto, l’entità delle portate addotte dal progetto rappresentano mediamente lo 0,82% delle portate naturali transitanti in alveo, con valori massimi pari al 2,75%. Considerando il rapporto anzidetto, appare evidente come le variazioni di sezione bagnata, velocità del flusso, trasporto solido etc. siano trascurabili ai fini della salvaguardia dell’ecosistema fluviale. Analoga considerazione vale anche ai fini dell’omeostasi termica. Ricordando inoltre, che le acque addotte dal progetto al Fiume sono di origine sorgiva e quindi di elevata qualità in termini chimico fisici, si può ragionevolmente assumere che non verranno modificate le caratteristiche qualitative delle acque del Fiume Tronto nel tratto di interesse, ne a valle dello stesso.

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, si conclude che l’impatto dovuto all’alterazione quantitativa e qualitativa degli habitat idraulici e morfologici a seguito della realizzazione del progetto assume verosimilmente entità trascurabile sul comparto idrobiologico del Fosso Cavone e del Fiume Tronto. Gli impatti anzidetti, seppur irrilevanti, si realizzano esclusivamente nella fase di esercizio e risultano comunque essere mitigabili e reversibili.

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7.7 Verifica degli impatti sulla componente Uso del Suolo

Come precisato al paragrafo 6.5, le nuove opere di progetto interesseranno esclusivamente l’area di cava e la viabilità esistente (per una superficie di circa 771m2), mentre nelle aree a maggiore valenza ambientale è previsto il risanamento di opere esistenti che non prevede interventi di scavo. Come eccezione a quanto detto, il progetto prevede un brevissimo tratto di nuova condotta forzata interrata (circa 7,0m di lunghezza e 7,0m2 di superficie) che interesserà la vegetazione arbustiva al disotto della SP n. 129 (Vegetazione antropogena a Robinia pseudoacacia).

All’interno dell’area di cava, le opere di scavo per la posa delle condotte forzate interesseranno esclusivamente la viabilità esistente priva di alcun tipo di vegetazione (circa 427m2). Inoltre, essendo le nuove condotte completamente interrate non sono previsti impatti visivi delle opere ed è garantito un rapido rinverdimento qualora la viabilità di cava fosse dismessa. Circa 17 m2 di area di cava verranno occupati dall’unica nuova opera parzialmente fuori terra (1,0 m dal p.c.), ossia dalla nuova vasca di carico. L’opera verrà realizzata in aderenza alle vasche esistenti in area produttiva priva di vegetazione.

Il progetto non prevede variazioni di destinazione d’uso del territorio ed interesserà una superficie totale di 777 m2 di cui 444 in area di cava, 326 su viabilità pavimentata esistente ed esclusivamente 7m2 in area naturale interessata da vegetazione antropogena a Robinia pseudoacacia.

In base a quanto detto è evidente che l’occupazione di territorio da parte del progetto è irrilevante in termini di entità e qualità delle aree occupate. Gli impatti prodotti sulla componente uso del suolo, seppur di modesta entità, si realizzano in fase di cantiere e risultano essere mitigabili e reversibili.

7.8 Verifica degli impatti sulla componente vegetazionale

In base a quanto dettagliato al paragrafo 6.6, il progetto in esame non pregiudica in alcun modo la situazione ambientale e naturalistica della zona, nel senso che l’interazione prodotta con l’assetto vegetazionale esistente è marginale e interessa specie non protette. In particolare, la realizzazione del progetto non prevede l’abbattimento di specie arboree ed interesserà alcuni esemplari arbustivi ed erbacei non tutelati per una superficie di circa 7m2. L’impatto generato sulla scarsa vegetazione esistente è comunque mitigabile e reversibile. A tal proposito si precisa che nel tratto di scavo per la posa della nuova condotta forzata dalla S.P. n. 129 alla vasca di carico esistente, le specie arbustive ed erbacee rimosse verranno rimpiazzate con fascinate di talee vive e idrosemina. E’ prevista anche la realizzazione di circa 10m di cortina arbustiva a mitigare la realizzazione della nuova vasca di carico e schermare la visibilità dei prospetti nord ed est della stessa. Nella scelta delle talee da utilizzare per la mitigazione degli impatti verranno privilegiati arbusti di prugnolo e biancospino, in quanto specie potenzialmente presenti in zona e utili alla riproduzione del lepidottero Eriogaster catax (specie protetta ed inserita tra gli ambiti di tutela della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE).

Per quanto sopra, è possibile assumere che gli interventi in progetto non alterano in modo sensibile la componente vegetazionale locale, anzi ne migliorano la qualità e la sostenibilità a favore di specie faunistiche protette grazie all’adozione di interventi di mitigazione che prevedono l’impianto di nuovi arbusti scelti appositamente a tale scopo. Gli impatti indotti dal progetto sulla componente vegetazionale sono quindi di modesta entità e riferibili esclusivamente alla fase di cantiere, gli stessi hanno natura reversibile e mitigabile.

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7.9 Verifica degli impatti sulla componente faunistica

La realizzazione del progetto prevede modesti impatti sulla componente faunistica legati alla fase di cantiere e di esercizio. Nella fase di cantiere i potenziali impatti sono legati alla presenza di macchine operatrici che generano rumore e vibrazioni esclusivamente in ambito diurno. Tale impatto, seppur di scarsa entità, risulta essere reversibile e mitigabile ed interessa le aree marginali del cantiere in cui si realizzano le lavorazioni.

In fase di esercizio, i potenziali impatti prodotti dal progetto sulla componente faunistica sono legati alla produzione di rumore da parte di parti meccaniche in movimento all’interno del locale centrale. Tale impatto risulta essere di scarsa entità, reversibile e mitigabile.

7.10 Verifica degli impatti sulle componenti ecosistemiche

In base a quanto riportato ai paragrafi 6.8 e 6.9 la realizzazione del progetto può comportare impatti di scarsa entità sugli aspetti ecosistemici degli habitat fluviali e delle aree antropizzate. Gli impatti potenzialmente prodotti dal progetto sugli habitat fluviali sono relativi esclusivamente alla fase di esercizio e risultano essere di scarsa entità, reversibili e mitigabili. Nei paragrafi anzidetti si è dimostrata l’ampia capacità degli habitat rilevati di sostenere le pressioni esercitate dalla realizzazione del progetto in termini di variazione delle portate, rumore e vibrazioni prodotte.

Habitat di aree antropizzate sono potenzialmente interessati dal progetto da impatti legati sia alla fase di cantiere che di esercizio. Nella fase di cantiere sono prodotti disturbi connessi alla presenza delle macchine operatrici con emissioni in atmosfera, rumore, vibrazioni e movimentazione di terreno. Tali impatti sono esclusivamente di natura reversibile e mitigabile e ampiamente sostenibili dalle varie componenti coinvolte in termini di entità e qualità del disturbo. In fase di esercizio i potenziali impatti si riducono esclusivamente alle emissioni di rumore e vibrazioni del locale centrale, che assumono carattere reversibile e mitigabile. Anche in questo caso gli impatti sono di scarsa rilevanza e ampiamente sostenibili dall’ecosistema coinvolto.

7.11 Verifica degli impatti sulla componente paesaggistica

La realizzazione del progetto non prevede nuove opere fuori terra ad eccezione di una vasca di carico che verrà realizzata all’interno di un’area degradata e appositamente schermata da barriere arbustive. Per i motivi suddetti e riportati al paragrafo 6.9, la realizzazione del progetto non produce impatti significativi sul paesaggio e la percezione scenica dei luoghi.

8 INTERVENTI DI MITIGAZIONE

Nonostante l’intervento in progetto produca impatti di scarsa rilevanza sulle componenti analizzate, sono state comunque previste opere di mitigazione al fine di ridurre/azzerare le pressioni esercitate.

L’intervento proposto nasce dallo studio delle migliori tecnologie presenti sul mercato ponderando le scelte tecniche con le peculiarità del paesaggio e dell’ambiente. L’utilizzo di tecnologie innovative ha permesso da un lato di minimizzare le superfici di ingombro dell’impianto e dall’altro il raggiungimento delle maggiori prestazioni energetiche risparmiando materia prima ed impatti sulle componenti ambientali. Anche nella scelta dell’ubicazione dell’impianto e delle relative opere accessorie si è utilizzata una logica volta alla minimizzazione degli impatti sulle componenti biotiche e abiotiche nel rispetto dell’identità del paesaggio.

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L’attenta progettazione, il corretto inserimento paesaggistico dell’opera, il rispetto della conformazione naturale del sito, sono tutti elementi che all’atto della definizione del layout di progetto ne definiscono le migliori misure di mitigazione.

La logica degli interventi di mitigazione dell’opera, oltre a utilizzare i criteri progettuali sopra descritti, si concentra prevalentemente sul mantenimento dell’attuale uso dei terreni e nel ripristino/valorizzazione delle opere esistenti che hanno un carattere identitario dei luoghi.

Nonostante quanto detto precedentemente, al fine di inserire nel modo più armonioso possibile le opere nel contesto ambientale e paesaggistico circostante, sono state adottate delle misure mitigative e delle soluzioni esecutive tali da ridurre l’impatto del nuovo impianto di produzione di energia rinnovabile. Le misure che si intendono adottare saranno le seguenti (vedi anche Tavole Tematiche - Tav. 1300):

• Realizzazione di apposita schermatura a perimetrazione dei prospetti nord ed est della nuova vasca di carico mediante piantumazione di arbusti. Nella scelta delle specie arbustive verranno privilegiati il prugnolo ed il biancospino, in quanto specie potenzialmente presenti in zona ed utili alla riproduzione del lepidottero Eriogaster catax (specie protetta ed inserita tra gli ambiti di tutela della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE).

• Realizzazione di fascinate/viminate con talee vive per la stabilizzazione e la difesa dall’erosione del tratto di scavo della nuova condotta forzata dalla S.P. n. 129 alla Vasca di carico esistente. In particolare, oltre agli interventi suddetti, l’area di scavo verrà ulteriormente protetta con la posa in opera di biostuoia e successiva idrosemina. Le talee utilizzate per le fascinate verranno scelte come previsto al punto precedente, mentre l’idrosemina verrà eseguita con specie erbacee presenti in loco a rapido accrescimento. Si precisa che le soluzioni proposte sono comunque aperte al recepimento di indicazioni/prescrizioni eventualmente formulate dagli Enti competenti in materia in sede di autorizzazione del progetto.

• Schermatura con pannelli fonoassorbenti ed infissi fonoisolanti del locale centrale al fine di minimizzare la pressione sonora emessa all’esterno del manufatto.

• Ripristino della condotta forzata esistente tramite interventi di risanamento conservativo (relining) a basso impatto ambientale.

• Ripristino della condotta di restituzione esistente tramite interventi no-dig.

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9. PROBABILITÀ, DURATA, FREQUENZA E REVERSIBILITÀ DELL'IMPATTO

La determinazione degli impatti è stata condotta attraverso un metodo qualitativo per verificarne la sensibilità, la reversibilità e la mitigabilità di ogni interferenza riconosciuta. L'analisi, infatti, si sviluppa su una sintetica scala di valori riferiti alla sensibilità dell'impatto in relazione al pregio ambientale ed all’intensità del fattore di disturbo, alla reversibilità del danno e alla mitigabilità dell'impatto; lo schema di attribuzione dei valori è il seguente:

CATEGORIA

IMPATTO COD. IMP. DEF. IMPATTO DESCRIZIONE

-2 Molto Sensibile Impatto negativo che modifica una o più componenti in modo molto evidente

-1 Sensibile Impatto negativo che modifica una o più componenti in modo evidente.

0 Nullo/irrilevante Nessun impatto o impatto irrilevante.

Sensibilità

1 Favorevole Impatto che determina benefit positivi.

0 Irreversibile Impatto che determina condizioni di modifica permanente

Reversibilità

R Reversibile Impatto che determina condizioni di modifica temporanea ripristinabile con il tempo

0 non mitigabile Impatto i cui effetti non possono essere attenuati da specifici interventi

Mitigabilità

M Mitigabile Impatto i cui effetti possono essere attenuati in maniera significativa tramite specifici interventi

Per ciascun fattore ambientale, il grado di impatto è indicato dalla somma dei valori della categoria sensibilità; la somma degli indicatori “R” e “M” per le categoria reversibilità e mitigabilità rappresenta una sorta di bonus che smorza l'impatto ipotizzato.

Di seguito si riporta la tabella riepilogativa degli impatti prodotti dalle due ipotesi in cui oltre alle componenti specifiche ambientali, è stata introdotta quella socio economica in relazione alla produzione energetica da FER.

Questa relazione ha delineato le tendenze e le tipologie degli impatti in relazioni alle diverse componenti ambientali verificate (vedi Matrice di verifica degli impatti potenziali)

La tabella, seppur indicativa, mostra fondamentalmente un miglioramento del sito grazie all'ipotesi progettuale “UNO” la quale pur evidenziando degli impatti negativi durante le fasi di cantiere, registra un beneficio tendenziale per la fase di esercizio; di seguito si riporta il grafico riepilogativo.

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Allegato 1 Matrice di verifica degli impatti potenziali

Ipotesi “0”Alternativa

“UNO”

-15

-10

-5

0

5

10

in opera post operam

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L’alternativa “UNO” rispetto all’ipotesi “0” mostra impatti prevalenti durante la fase di cantiere, sempre di natura

reversibile e mitigabile, che tuttavia vengono totalmente compensati durante l’esercizio; tale aspetto è garantito

da un più razionale uso della risorsa, dal ripristino e dalla conservazione di parte del patrimonio identitario dei

luoghi e dal ripristino, seppur limitato, di un’area degradata (ex area di cava).

Gli impatti individuati nell’alternativa “UNO”, rappresentano fattori reversibili che tendono totalmente nel tempo

ad azzerarsi a tal punto da assumere valori positivi; un comportamento differente è assunto dall’ipotesi “Zero”,

dove gli impatti ponderati non sono né reversibili né tanto meno mitigabili, in linea ovviamente con la filosofia

intrinseca della soluzione ipotizzata (mancato intervento e dunque inviluppo nel tempo). In questa logica, si è

attribuito, per l’ipotesi “0”, un impatto negativo per le componenti Acque sotterranee, Geologia, Geomorfologia e

Aree antropizzate. In particolare la componente Acque sotterranee è stata penalizzata nella valutazione

dell’Ipotesi “0”, in quanto ad oggi sfruttata (derivazioni esistenti e funzionanti) senza un’adeguata valorizzazione

della stessa in termini qualitativi ed energetici. Allo stesso modo, sempre nell’Ipotesi “0”, si sono attribuiti impatti

negativi alla componente geologica e geomorfologica, in quanto il mancato riambientamento dell’area di cava,

anche se parziale, comporta comunque una chiara involuzione dei luoghi che può condurre, negli anni, anche a

fenomeni di dissesto.

In fase di esercizio (post operam), si è attribuito volutamente un impatto negativo all’alternativa “UNO” per la

componente acque superficiali in virtù delle modifiche, seppur accettabili, indotte dal progetto all’attuale

deflusso superficiale. Si ricorda a tal proposito che è stata dimostrata la piena sostenibilità dell’intervento da

parte delle componenti biotiche e abiotiche degli habitat fluviali interessati (vedi paragrafo 6.8) e che l’impatto

anzidetto è di natura reversibile e mitigabile. Allo stesso modo gli interventi previsti sempre per l’alternativa

“UNO”, essendo limitati e adattati alla configurazione delle opere esistenti, consentono un ottimo inserimento

ambientale/paesaggistico delle opere e una migliore mitigabilità degli stessi, introducendo anche una

valorizzazione intrinseca del sito.

Il risultato sull’intero sito, a completamento delle lavorazioni, sarà quello non solo di mantenere alto il livello

ambientale ed ecologico, bensì di implementarlo grazie al recupero di manufatti storici ed identitari per i luoghi

nel pieno rispetto dell’assetto idromorfologico locale.

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10 INCIDENZA AMBIENTALE

Poichè le opere in progetto ricadono completamente all’interno dell’Area Naturale Protetta “Parco Nazionale dei

Monti Sibillini” e parzialmente nel Sito di Interesse Comunitario IT5340012 “Boschi ripariali del Tronto”, è stato

redatto apposito studio di screening di incidenza ambientale ai sensi del DPR n. 357/97 e della DGR Marche n.

220/2010 (vedi Elaborato R09).

Dai risultati dello studio condotto, emerge come la realizzazione del progetto può condurre a possibili impatti che

riguardano il potenziale degrado o danneggiamento dei seguenti habitat naturali:

• 9 1 A A Boschi orientali di quercia bianca;

• 9 1 E 0 Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior;

• N C 1 Bosco deciduo di Robinia pseudoacacia.

Nello stesso studio si è illustrato come tali impatti siano limitati e scarsamente significativi su ognuno degli habitat

analizzati, determinando un’incidenza non significativa del progetto proposto sul SIC IT5340012 e sull’area vasta

analizzata.

11 CONCLUSIONI

L’intervento in progetto si inserisce in un contesto ambientale antropizzato che da anni testimonia l’utilizzazione della risorsa idrica da parte dell’uomo. Il progetto prevede la valorizzazione di acqua sorgiva che ad oggi viene derivata e restituita in corso d’acqua superficiale senza un’adeguata valorizzazione in termini energetici sociali ed ambientali. La stessa risorsa è stata, fino agli anni sessanta, fonte di orgoglio e autosufficienza per la popolazione di Pescara del Tronto che l’ha valorizzata attraverso un piccolo impianto idroelettrico capace di assolvere al fabbisogno energetico dell’abitato. Non a caso l’impianto fu costruito e gestito direttamente dagli abitanti attraverso un’associazione consortile. Il progetto proposto dalla ditta Piciacchia Srl ha lo scopo di valorizzare tale risorsa anche attraverso il recupero e la ristrutturazione dei manufatti esistenti che a tale scopo furono eretti.

Le scelte progettuali proposte consentono una perfetta integrazione delle opere nel contesto paesaggistico ed ambientale esistente. Nuove opere verranno realizzate esclusivamente in aree degradate (ex area di cava) o lungo la viabilità esistente, mentre nelle aree a maggior pregio ambientale sono previsti esclusivamente interventi di recupero e ristrutturazione di opere esistenti.

Nel complesso il progetto proposto prevede interventi diretti su terreni naturali per una superficie totale di circa 7m2, presso un’area contigua alla viabilità esistente con vegetazione prettamente antropogena, caratterizzata dalla predominanza di Robinia pseudoacacia.

Nel presente studio sono stati valutati i possibili impatti connessi alla realizzazione del progetto sulle componenti biotiche, abiotiche e sociali presenti.

Dalla valutazione è emerso come le varie componenti siano strutturate in modo tale da sostenere i potenziali impatti condotti dal progetto, senza che si verifichino depauperamenti delle risorse e degrado del quadro ambientale ed ecosistemico locale, anzi sono stati evidenziati effetti benefici che il progetto può condurre nella valorizzazione dei luoghi in termini ambientali e sociali.

I potenziali impatti prodotti dalla realizzazione del progetto interessano principalmente l’ecosistema fluviale del Fosso Cavone, dove le accortezze progettuali adottate contestualmente ad un adeguato piano dei prelievi, garantiscono la salvaguardia delle caratteristiche funzionali ed idrobiologiche del corso d’acqua.

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Committente: Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag.

b 12/2014 80/80 DITTA PICIACCHIA Srl Via Bucciarelli, 15 63096 – Arquata del Tronto (AP)

IGR Srl Via Adriatica 111/G – 06135 - Perugia Tel. 075.7910039 – Fax: 075.5977527 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

Per le motivazioni descritte, al termine dell’indagine, si può affermare che l’entità dell’intervento proposto non solo non intacca significativamente l’equilibrio ecosistemico locale, ma si inquadra come la migliore azione di ripristino e di contestuale valorizzazione del sito ricoprendo un importante interesse sotto il profilo ambientale, storico, paesaggistico ed industriale.