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In memoriam P. Battista Mondin 02/2015 29/07/1926 ~ 29/01/2015 Profili biografici saveriani

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In memoriam

P. Battista Mondin

02/2015

29/07/1926 ~ 29/01/2015Profili Biografici Saveriani 02/2015

Edizioni CSAM scrl (BS)

Profili biografici saveriani

P. Giambattista Mondin S.X.

Monte di Malo (Vicenza – Italia) Parma (Italia) luglio gennaio

Prologo

Il 25 maggio 2002, indirizzando una lettera al superiore generale Rino Ben-zoni (2001–2013), così p. Giambattista Mondin scriveva: «Ti ringrazio di tutto cuore per la tua stupenda lettera gratulatoria, in occasione del 50° della mia Ordinazione sacerdotale. La conserverò tra i ricordi più belli di questo fausto evento. Colgo l’occasione per esprimere la più viva riconoscenza alla Congregazione [saveriana] per avermi avviato agli studi accademici che mi erano più adatti e per avermi affi dato l’insegnamento della Filosofi a, prima nel nostro Liceo di Desio (MB) e di Tavernerio (CO) e poi nella Pontifi cia Università Urbaniana [di Roma], dove ho potuto contribuire alla formazione sacerdotale di varie generazioni di giovani aspiranti missionari. Tutto è stato grazia dell’amore infi nito di Dio, che ho cercato di servire fedelmente con l’insegnamento, con l’apostolato e con la penna».

Non c’è dubbio che l’atteggiamento di gratitudine abbia contraddistinto “le Opere e i Giorni” di p. Mondin che ha abbandonato il suo cuore al rendi-mento di grazie costante e gioioso per gli innumerevoli e indicibili doni rice-vuti da Dio. «Tutto è grazia!»: tutto, per lui, è motivo di gratitudine a Dio,

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perché «ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della Luce» (Giacomo 1,17).

In realtà, la consapevolezza della gratuità dei doni ricevuti “dall’alto” portò p. Mondin a fare la sua “confessione di lode” al Signore, che in ogni evento è stato per lui il Dio “Fedele e Verace”: confessione che è stata non solo la “memoria del cuore”, ma anche, e specialmente, “il sangue vivificante” della sua relazione con Dio e con gli uomini.

Ne abbiamo una conferma nel suo testamento spirituale /1° gennaio 2002, di cui diamo ampi stralci:

Ringrazio il Signore per i moltissimi doni con cui ha voluto arricchire la mia vita […]: dal dono della fede cristiana, del battesimo, dell’Eucaristia, del sacerdozio, della vocazione missionaria al dono dello studio […] e dello sport che con la bicicletta mi ha permesso […] di esercitare un efficace apostolato nel mondo del ciclismo.

Ringrazio poi la Santissima Trinità per avermi rivelato il mistero del suo amore […]: il Padre è il primo Amante, il Figlio è il primo Amato, lo Spirito Santo è la reciprocità dell’Amore […].

Ringrazio inoltre la Madonna, Madre di Dio e della mia anima, che ha sempre custodito con sollecitudine materna, difendendola dalle insidie del male […].

Ringrazio i miei Angeli custodi, che mi hanno assistito in maniera co-stante e prodigiosa, facendomi uscire praticamente illeso da una lunga serie di pericoli mortali e per le ispirazioni che mi hanno dato nel mio lavoro di studioso.

Ai miei cicloamatori di tutto il mondo lascio come ricordo indelebile i monumenti della Madonna del ciclista e dell’Angelo del ciclista, perché impa-rino a coltivare assiduamente due devozioni fondamentali della vita cristiana.

Infine esprimo un vivissimo ringraziamento alle persone – sono tante – che mi hanno voluto bene: i genitori, i fratelli, le sorelle, i parenti, i superiori, i confratelli, gli amici, i benefattori. Chiedo perdono a chi ho recato dispiacere oppure ho dato scandalo per miei eventuali comportamenti scorretti.

Affermare, pertanto, che il suo percorso esistenziale e spirituale fu un Ma-gnificat — un brindisi a Dio e, in lui, ai fratelli che gli sono stati compagni di viaggio — non è per niente improprio. Di fronte ai tanti doni materiali e spirituali ricevuti dal Signore, il “Misericordioso”, p. Mondin, «lieto nella speranza, costante nella tribolazione, perseverante nella preghiera» (Romani 12, 12), fece propri gli accenti dell’inno di gioia e di lode del Salmista in onore del Dio fedele e liberatore: « Alleluja! Al Signore cantate! / Anima mia da’ lode al Signore. / Per tutta la vita loderò il Signore, / canterò al mio Dio / fino all’ultimo mio respiro» (Salmo 146 [145], 1–2).

P. Gio Batta Mondin

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Il percorso biografico

Mondin nacque il 29 luglio 1926 a Monte di Malo, un comune di 2.920 abi-tanti (al 31 dicembre 2013), a 850 metri di altezza, della provincia di Vicenza, in Veneto. Famiglia contadina, gente semplice, con i piedi per terra.

Fu battezzato una settimana dopo, il 3 agosto, nella parrocchia di San Giuseppe, con un nome seguito da un soprannome: Giovanni [il] Battista. Fu l’indicazione premonitrice di un carattere e di un destino. Giovanni è nome di origine ebraica, vuol dire «Dono di Dio»; Battista: «Che impartisce ai discepoli il battesimo di conversione in remissione dei peccati».

Per la cronaca, la comunità maladense si sente, oggi, gratificata da un duplice dono prezioso, ricevuto dalla munificenza di p. Mondin, loro “cit-tadino onorario” (il Consiglio comunale gli aveva conferito la cittadinanza onoraria di Monte di Malo il 4 giugno 2005). In effetti, il primo dono sono due stupendi capitelli: uno alla Madonna che appare a due ciclisti e un altro in cui un Angelo sospinge un ciclista verso la Madonna, entrambi come ricordo indelebile della sua devozione alla Madonna e agli Angeli custodi; il secondo dono sono la sua intera opera, vale a dire un centinaio di libri (ne presenteremo un elenco pressoché completo in Appendice), e oltre mille articoli pubblicati in una vita di studi e ricerche filosofiche, teologiche e antropologiche, custoditi adesso nella Biblioteca civica di Monte di Malo.

Fin dagli anni adolescenziali, il ragazzino Giambattista si era appassio-nato alla vita della chiesa ascoltando o leggendo la vita dei santi e facendo il chierichetto. Mentre si addensavano le nubi dell’imminente, tragico conflitto mondiale (la Seconda guerra mondiale), egli sentì crescere a poco a poco in lui una scelta e una determinazione: dedicarsi alla vita religiosa.

Terminate le elementari, infatti, egli si trovò davanti alla possibilità di prendere la strada della Scuola pubblica o quella del Seminario. E a propo-sito della sua vicenda vocazionale, egli rivelava in un’intervista raccolta da p. Filippo Rota Martir e pubblicata nel numero di maggio 2012 del mensile Missionari Saveriani:

La mia vocazione è nata anzitutto in famiglia. Mio padre, durante il liceo era entrato nel seminario diocesano di Vicenza. Nella Prima guerra mondiale egli fu arruolato e promosso tenente, combattendo sul Monte Grappa. Finita la guerra, non rientrò in seminario e conobbe una brava ragazza, la mia mamma. Si sposarono ed ebbero quattro figli, educati in modo splendido.

A tale proposito sono molto grato ai miei genitori, che col dono della vita mi hanno dato l’esempio di una fede profonda, di una laboriosità assidua e di una sobrietà essenziale, e ai sacerdoti della mia parrocchia, ai quali devo la mia vocazione sacerdotale e missionaria.

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Nel frattempo, sono diventato chierichetto, e questo mi ha instradato verso la vita sacerdotale. Abitavo a circa due chilometri dalla chiesa. Durante la settimana, c’era una prima messa alle 5.30 del mattino, in estate. Ci tenevo molto a servire la prima messa, sì che arrivavo davanti alla porta della chiesa prima ancora che l’aprissero.

Nel mio paese eravamo una trentina di ragazzi della mia classe e cinque di noi avevamo sentito la chiamata del Signore. Bisognava che fossimo sistemati in diverse congregazioni religiose e il parroco scelse lui stesso, dove mandarci.

Io fui “assegnato” ai Saveriani di Vicenza, dove era rettore p. Pietro Uc-celli, una persona molto spirituale. Avevo undici anni quando, nel settembre del 1938, mio padre mi portò con il calesse a Vicenza, fino al seminario dei saveriani.

Frequentò le medie a Vicenza (1938–41) e il ginnasio a Grumone, in provincia di Cremona (1941–43). L’ingresso formale nella Congregazione saveriana avvenne il 7 settembre 1943, a diciassette anni, iniziando il noviziato a San Pietro in Vincoli (RA). Fu un anno di preparazione alla vita religiosa-missionaria, «modulato sull’intreccio tra coltivazione dello spirito e tenuta psicologica, fatto apposta per verificare la saldezza dell’Io», percorrendo così le tappe della lunga formazione saveriana.

Emessa, il 5 novembre 1944, la professione temporanea dei voti, dal 1944 al 1947 frequentò il primo anno del liceo classico a Castel Sidoli (PC), dove, a causa della Seconda guerra mondiale, era stato trasferito lo studentato filoso-fico dei saveriani, e gli altri due a Parma; fu assistente e insegnante degli alunni del ginnasio a Zelarino (1947–48); dal 1948 al 1952 seguì il corso di teologia prima nel seminario di Parma, poi a Piacenza.

I suoi formatori colsero la natura del giovane Mondin e la coltivarono con molta applicazione ma, insieme, con rispetto, stando a ciò che egli ebbe a rivelare in anni successivi.

Di questi lunghi e, a volte, burrascosi anni di formazione, ai quali Mon-din si sobbarcò tenacemente, p. Nicola Masi, suo condiscepolo, ci dà un resoconto sommario:

«Conobbi Mondin alla scuola apostolica di Vicenza, agli inizi dell’anno 1940. Un anno bellissimo e… anche turbolento: noi alunni avevamo un caratterino che spesso creava duri contrasti! […] Ci temevamo ma, al tempo stesso, ci stimavamo e ci volevamo bene. Così, crescemmo uno vicino all’altro, dagli anni del ginnasio a quelli della teologia, aiutandoci e stimolandoci. Non posso dimenticare l’anno di noviziato a San Pietro in Vincoli, in provincia di Ravenna. Il maestro dei novizi ci abituò all’austerità e alla do-

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nazione totale di noi stessi. C’era la guerra. I soldati tedeschi ci portarono a fare le postazioni per i cannoni. Finito l’anno di noviziato, volevamo andare a Parma per l’emissione della professione religiosa e per continuare gli studi. Non c’erano più mezzi di trasporto. Così decidemmo di andare a piedi — 214 Km! — a Parma. Poi, a causa della guerra, sfollammo da Parma in un vecchio castello, nella provincia di Piacenza. Freddo e fame! Ma fu là che aumentò sempre più la voglia di aiutarci e di comportarci da veri fratelli […]. Mondin era uno sgobbone ma non disdegnava le partite di calcio, anzi. E soleva dire compiaciuto: «Nel calcio ero un buon difensore. Ero abbastanza robusto e spaccavo le gambe agli attaccanti, e bisognava stare attenti».

Nel 1950, con l’emissione della professione perpetua dei voti religiosi, la Congregazione lo accolse definitivamente come suo membro. Fu ordinato sacerdote il 29 marzo 1952 a Piacenza. Significativa per una visione chiara dei suoi anni di formazione è la prima predica che p. Mondin rivolse ai fedeli di Monte di Malo, durante la celebrazione della Prima Santa Messa solenne, il 12 aprile 1952. La riportiamo quasi integralmente di seguito.

«Sono stato spesso segno di contraddizione: tutti i cristiani hanno questa caratteristica perché seguaci di Cristo, segno di contraddizione per tutto il mondo, specialmente al giorno d’oggi. Tuttavia credo che io lo sia stato in modo speciale […]. Mi ricordo che dopo il primo anno d’Istituto, durante le vacanze, un mio compagno mi chiese cosa volessi diventare, ed io francamente gli risposi: “Prete, se il Signore vorrà”. E lui: “Tu ti farai prete quando io mi farò suora”. Pure durante le vacanze, ancora vestito di giacchettina da collegio, tornando dal medico di famiglia che ero andato a salutare, m’imbattei in tre comari che, a qualche passo di distanza da me, confabulavano. Una domandava: “Chi xelo quel toso?” e l’altra rispondeva: “El toso de Bepi Poldo!”. “E cosa falo?” “El studia prete”. “Da prete, quelo lì, ma go paura che el fassa come so papà”. Ho riferito questo non solo per smentire le comari, ma anche per riabilitare la memoria di mio padre. Sta di fatto che la Provvidenza ha voluto da certe buone persone il sacrificio delle loro aspirazioni, perché potessero diventare padri di numerose altre vocazioni […]. Al riguardo, il cuore di mio papà può essere oggi pieno di consolazione perché, dopo aver avuto una figlia suora missionaria (Rina che è entrata nella Congregazione delle “Misionarie di Maria” e oggi lavora nella missione della Repubblica Democratica del Congo, N.d.R.), ha oggi anche un figlio missionario.

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Inoltre, quando frequentavo la quarta ginnasio, avevo incominciato, durante le vacanze estive, a non star bene di salute, correndo il pericolo di non poter ritornare all’Istituto. Fui sottomesso a radiografia, mi diedero delle cure ed ebbi salute da vendere. Cosicché in quindici anni di studio non fui mai a letto una volta con la febbre, e da gracile pulcino quale ero, ebbi salute da vendere. Ancora, i miei compagni di quinta ginnasio incominciarono a dubi-tare della mia vocazione, perché in quell’anno tutti i miei più stretti amici avevano tagliato la corda. A giudizio comune, anch’io avrei fatto la stessa fine. Ma così non fu! Invero, le grandi prove vennero verso i vent’anni, alla fine del liceo e durante la teologia. Allora stavo proprio per tagliare la corda, ma il Signore, nella sua bontà infinita, non lo permise. È Dio che ha voluto la mia vocazione e, nonostante il parere della maggioranza di coloro che mi avevano avvicinato e la mia indegnità e talora la mia indolenza, a trionfare è stata la sua volontà […]. Così, a Dio va oggi, innanzitutto, il mio ringraziamento. Sono ormai pronto ad andare dove lui vorrà, a fare tutto quello che lui vorrà. Gli ho dato tutto per l’avvento del Regno e per la salvezza delle anime […]. Il mio ringraziamento va anche, in modo speciale, a quelle anime sante che hanno speso per me le loro preghiere e le loro opere buone, quando la mia vocazione era in pericolo, a causa della mia indegnità o della mia poca generosità. Sono esse che l’hanno salvata».

Dal 1952 al 1959 compì gli studi superiori negli Stati Uniti d’America (USA), dove conseguì un “Master Degree” (M.A.) in filosofia al Boston College, l’U-niversità della Compagnia di Gesù a Boston, e successivamente un “Dottorato di Ricerca” (Ph.D.) in Storia e Filosofia della Religione alla Harvard Univer-sity di Cambridge / Massachusetts. L’argomento del suo lavoro fu: The Prin-ciple of analogy in protestant and catholic Theology (Il principio dell’analogia nella teologia protestante e cattolica). «Questa è stata una grossa conquista, egli dirà nell’intervista suddetta, e non darei via questo titolo neppure per ven-ti cardinalati». E sempre un “Grazie!” profondo ai superiori che gli avevano concesso di battere la strada d’interessi verso cui egli aveva manifestato una particolare predilezione. Negli stessi anni fu insegnante di latino e italiano nel seminario saveriano di Holliston / Massachusetts.

Rientrato in Italia nel 1959, fu professore di filosofia nel Liceo saveriano (con sede prima a Desio e poi a Tavernerio ) dal 1959 al 1968. Nell’accettare questo incarico, egli scriveva al superiore generale Giovanni Castelli (1956–66): «La ringrazio di cuore per avermi dato il raro privilegio di addottorarmi all’Università di Harvard. Cercherò di usare la scienza accumulata in questi

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anni per il bene dei nostri studenti e della Chiesa». Nel frattempo, ottenne la “Libera Docenza” in Storia della filosofia medievale (1966), che esercitò presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore / Milano.

Dal 1963 al 1965 p. Mondin partecipò al Concilio Vaticano II, dalla seconda sessione, come perito personale, cioè consigliere teologico di mons. Giovanni Gazza, suo confratello e vescovo di Abaetetuba, PA (Brasile Nord): «Mi chiese di venire ad aiutarlo a Roma, rivelava p. Mondin. Non avendo la nostra Congregazione molti teologi di professione, toccò a me sostenerlo nel difficile compito di “padre conciliare”. Il mio contributo fu soprattutto quello di aiutarlo nelle discussioni e nel metterlo al corrente delle questioni ecclesiologiche che si dibattevano».

A questo proposito, egli scriveva in un suo articolo “Un saveriano per caso al Concilio”, pubblicato nel maggio del 2013 da Missione Oggi, mensile dei missionari saveriani:

«Tra i singolari favori che Dio mi ha concesso c’è anche quello della mia partecipazione al Concilio Vaticano II – un’esperienza straordinaria che fu tra le più belle della mia vita […]. Io vissi codesto avvenimento ecclesiale con entusiasmo e speranza, nella ferma convinzione che da esso sarebbe scaturita una nuova era nella vita della Chiesa. Il Concilio, infatti, mi permise sia di respirare una vera aria nuova, una ventata di freschezza, sia di confrontarmi con i grandi teologi del mio tempo: Henri de Lubac, Yves-Marie Congar — un genio della teologia rispetto a me —, Marie Dominique Chenu, Joseph Ratzinger, Hans Küng, Bernard Lonergan e Cornelio Fabro. Essi lasciarono un’impronta molto forte sulle questioni nodali del Concilio, sia, al tempo stesso, di prendere contatto direttamente con alcuni osservatori delle Chiese separate, prote-stanti e ortodossi […]. Fui, inoltre, affascinato dall’idea che il Concilio dovesse essere “pa-storale”. Difatti, “i vescovi, riuniti in San Pietro, nella luce del discorso di apertura di Giovanni XXIII, Gaudet Mater Ecclesia, dell’11 ottobre 1962, alla condanna degli errori preferirono un’esposizione positiva e convincen-te delle verità da accogliere e da testimoniare” […]. Di quel lontano 1962, non si può non rievocare l’inizio e la grande ispi-razione giovannea, da cui tutto ebbe inizio. A mio giudizio, ci fu veramente l’ispirazione dello Spirito Santo […]. Di quei lontani anni, pertanto, oltre alle immagini ormai sbiadite e in bianco e nero, sopravvive nella mia memoria lo spirito di profezia e di modernità del Concilio, il cui copioso lascito è ancora da studiare nella sua attualità e da applicare nella sua completezza […]. Concordo con Benedetto XVI che la lezione del Concilio non è stata ancora accolta nella sua interezza. Molti parlano di “Vaticano III”, ma io

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penso che sia ancora lontano quel tempo, perché, a mio giudizio, buona parte dell’eredità e dell’impianto del Vaticano II non appare ancora attua-ta e molti dei suoi insegnamenti hanno ancora oggi uno spessore profetico che guarda lontano: guarda al futuro della Chiesa. Di qui alcune domande legittime e niente affatto retoriche: Che ne è di quell’evento storico? Che ne è di quella passione che allora ci avvinse? Il Concilio è ancora la stella polare oppure ha perso la sua azione propulsiva? Domande, queste, che esigono risposte. In un’epoca in cui i problemi sembravano superare le sue forze (fame, energia nucleare, ecologia, relativismo, ecc.), il Concilio invitava tutto il popolo di Dio a farsi carico di nuovi compiti per realizzare un umanesimo autentico, plenario, e chiamava ogni cristiano a dare il proprio contributo, ciascuno secondo le proprie forze, così da far maturare nel mondo i frutti del regno di Dio: giustizia, solidarietà, pace, speranza, gioia, amore».

Nel 1968 p. Mondin, accettando la Cattedra di Storia della Filosofia offertagli dalla Pontificia Università Urbaniana di Roma — Ateneo fondato nel 1627 da Papa Urbano VIII —, iniziò il suo lungo magistero romano. All’Urbaniana insegnò ininterrottamente per oltre trent’anni (1968–2001) come Professore Ordinario, e vi ricoprì anche le cariche di Decano della Facoltà di Filosofia dal 1972 e di Vicerettore dell’Università.

Studioso enciclopedico, p. Mondin coltivò con eguale interesse e compe-tenza tutti i principali ambiti della filosofia e della teologia, in sede sia storica sia teoretica. Difatti, il suo vasto e profondo sapere filosofico e teologico si concretò in un’ingente produzione di circa 100 libri, tradotti in varie lingue, e di oltre un migliaio di articoli scientifici. Oltre che valente scrittore, egli fu un apprezzato conferenziere.

Il suo rapporto, poi, con gli alunni provenienti da tantissime nazioni era improntato da apertura e dialogo, da disponibilità e accoglienza, da condivi-sione e comunicazione, da solidarietà e familiarità, da cordialità e semplicità evangelica: qualità, queste, divenute costitutive del suo essere e operare, e che gli consentirono di svolgere la propria vocazione di “missionario saveriano” insegnando oltre che scrivendo, consapevole sempre che «se grande è il merito di convertire anime a Dio, non meno grande è quello di preparare nuove reclute per le future conquiste» (cfr. Regola Fondanentale dell’Istituto saveriano, 25).

Difatti, «il suo magistero di studioso instancabile, scrive il professor Mario Pangallo, si è realizzato in tutta la sua dimensione missionaria prin-cipalmente nella Pontificia Università Urbaniana — l’Università delle Missioni della Chiesa —, dove p. Mondin ha formato per trent’anni nume-

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rosi sacerdoti, religiosi e religiose, laici dei cinque continenti, molti dei quali destinati a operare e insegnare nei Paesi di Missione, al servizio della Nuova Evangelizzazione».

Molti studenti e studiosi hanno espresso la loro gratitudine a p. Mon-din per essere stato il loro maestro dalla cattedra e con gli scritti, come, per esempio, Lorella Congiunti, professore straordinario di Filosofia della natura e Vice Rettore della Pontificia Università Urbaniana: «Sono entrata a inse-gnare nella Facoltà di Filosofia dell’Urbaniana, quando p. Battista Mondin ne stava uscendo, e ho assistito con grande commozione alla giornata in suo onore che il decano mons. Guido Mazzotta gli aveva dedicato […]. Ho avuto l’onore di conoscerlo molto bene, partecipando insieme a lui a un Congresso in Messico, dedicato a Ismael Quiles, pensatore gesuita peraltro recentemente citato da papa Francesco nella Evangelii Gaudium. Allora era il 1998 ed era appena uscita l’Enciclica Fides et Ratio, che lo faceva gioire in modo speciale, avendo egli dedicato tutta la propria vita all’armonia tra ragione e fede. Era un uomo molto colto, conscio delle proprie capacità, ma anche un religioso molto semplice, un sacerdote disponibile e accogliente, capace di condividere e comunicare».

Dal canto suo, p. AntonioTrettel attesta: «Sul piano umano era sempli-ce, cordiale, sorridente. Non aveva certo l’aria monumentale che la sua fama internazionale avrebbe potuto suggerirgli. Con noi, suoi studenti, era serio ed esigente, ma fuori dall’aula non si dava per niente le arie del gran professore, e lo sentivamo soprattutto come confratello. Penso che questo suo stile sempli-ce, immediato e cordiale sia frutto anche della formazione umana e universi-taria “democratica” ricevuta negli Stati Uniti d’America […]. Un altro aspetto che mi ha sempre colpito positivamente in Mondin, era la sua semplicità e la cordialità del tratto con tutti, che egli accoglieva sempre con il sorriso».

Don Mario Neva, a sua volta, ora insegnante di Filosofia nel Seminario “St. Paul” di Djimé in Benin, così ricorda con semplici parole p. Mondin, mentre intende con tale ricordo “offrirgli con gratitudine il frutto di un lavoro cominciato con lui e che ancora continua”: «P. Battista Mondin […], decano della Facoltà di Filosofia dell’Università Urbaniana di Roma, fu il re-latore della mia tesi di Licenza e di Dottorato (1979–85). Cinque anni di duro lavoro. In entrambi i casi, fu lui ad affidarmi i titoli e i percorsi dopo avermi pubblicamente “testato” con una lezione sul “Duns Scoto” di Etienne Gilson. Nel primo caso si trattava di un testo, ancora in francese, circa il rapporto tra “Scienza contemporanea e Metafisica”. Il secondo si concentrava su Amato Masnovo, grande studioso di san Tommaso, circa il rapporto tra “Certezza logica e Metafisica”. In poche parole m’indicò la strategia complessiva di pen-siero per uscire dal “Circolo ermeneutico” heideggeriano, vale a dire, dall’i-nevitabile soggettivismo, senza nulla abbandonare lungo la via, ma sfociando nella verità oggettiva […]. Padre Battista Mondin fu un uomo simpatico,

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semplice, umorista, atleta, chiaro nella vita e nel pensiero. Una bella persona davvero. Grazie, professore!».

A Roma svolse anche importanti collaborazioni con la Santa Sede, come Consultore delle Sacre Congregazioni del Clero, delle Cause dei Santi e per l’Educazione Cattolica. Come Presidente per molti anni dell’ADIF (Asso-ciazione dei Docenti Italiani di Filosofia) organizzò una decina di Congressi nazionali, di cui curò anche la pubblicazione degli Atti.

Fu, inoltre, Direttore dell’Istituto Superiore per lo studio dell’Ateismo; ideatore, socio fondatore e Presidente della SITA (Società Internazionale Tommaso d’Aquino); socio ordinario di numerose Accademie e di Società filosofiche italiane e internazionali, in particolare della Pontificia Accademia di S. Tommaso d’Aquino, cui appartenne anche come Membro del Consiglio accademico.

Infine, quale giornalista pubblicista, fu collaboratore ordinario dell’Os-servatore Romano dalla fine degli anni Sessanta al 2005, con il notevole contri-buto di 500 articoli; membro dell’Ordine dei Giornalisti: a tale riguardo, egli fu nominato cavaliere di “Mark Twain”, per «outstanding contribution to Modern Journalism» (per il preminente contributo al Giornalismo Moder-no). Fu un conferenziere molto richiesto in Italia e all’estero. Partecipò anche ad almeno trenta Congressi mondiali.

Il 9 aprile 2003, il Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi gli conferiva la medaglia d’oro e il diploma di prima classe, riservati ai Benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte, con la seguente motivazione: «È il degno riconoscimento e la doverosa testimonianza di gratitudine per la Sua insigne attività a vantaggio della collettività nazionale e della costante dedizione volta al processo culturale e scientifico delle giovani generazioni».

Una pagina importante p. Mondin la scrisse anche nel mondo dell’alpinismo e particolarmente in quello del ciclismo. Lo affermò egli stesso in un’inter-vista rilasciata a L’Osservatore Romano della Domenica: «Senza fare dello sport non potrei vivere. Crollerei. Li ho fatti un po’ tutti: dall’alpinismo al calcio, alla palla a volo, alle bocce, al ciclismo. Quando ero all’Università di Harvard, negli Stati Uniti, praticavo la pallacanestro. Adesso mi dedico alla bicicletta. Mi alleno tre giorni la settimana».

L’alpinismo fu lo sport che egli amò di più e per il quale era fisicamente più preparato. «Sin da piccolo egli aveva mostrato la sua resistenza alla fatica, scrive Renato Serpa, facendo impegnative escursioni sul Monte Summano e sul Pasubio. Ma ci fu un ventennio della sua vita (1960–80), prima di dedicarsi ai grandi “Ciclopellegrinaggi”, in cui durante l’estate ha coltivato l’alpinismo

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in grande. Insieme con un paio di studenti o di amici ha dato l’assalto a tutte le vette più alte dell’arco alpino e delle Dolomiti […]. Ma l’impresa più memo-rabile l’ha effettuata nel 1973, compiendo insieme a don Carlo Molari, senza alcuna guida, basandosi esclusivamente sulla sua ormai solida esperienza alpinistica, la scalata del monte Kenia (5000 m.). Fu un’impresa ardimentosa, per il cui successo p. Mondin non ha mai cessato di ringraziare il Signore».

Tuttavia a molti, più che come filosofo o come teologo, p. Mondin, per la sua passione per la bicicletta, era noto come il “prete volante”, il “pedale di Dio”, l’“apostolo in bici”, il “padre Bartali”. Era soprattutto il “padre spiritua-le” dei cicloamatori. In proposito, Luigi Leggeri, presidente dell’“UDACE”, la più grande associazione ciclistica italiana, gli aveva scritto nel 1971: «Cono-sciamo tutti le sue doti di tenace ciclomotore, ma, anche se fosse il migliore di tutti, vorrei chiederle il grande favore di rinunciare a disputare il Giro in veste di un rappresentante di un gruppo sportivo, ma di parteciparvi come cappellano, cioè come padre spirituale di tutta la comitiva».

La prima pedalata, invero, non gli fu benigna, come lui stesso confidò a p. Filippo Rota Martir nell’intervista succitata:

Avevo undici anni quando mio padre mi portò con il calesse a Vicenza, fino al seminario dei saveriani. Per venire a trovarmi comprò una bicicletta da donna, così poteva venire a trovarmi anche mia sorella più grande. Ri-tornando a casa durante le vacanze, cominciai a usare la bicicletta. Al primo tentativo ho inforcato un reticolato e ho fatto una bella bu-cata nella gomma davanti e un bel capitombolo. Ricordo che era domenica e avevo un bel vestito azzurro nuovo. Avevo anche un cartoccio pieno di zucchero per portarlo a mia zia. Ruppi il sacchetto dello zucchero, ma mia zia mi accolse ugualmente facendomi festa. Per loro quello zucchero, pur mischiato a polvere e sabbia, era sempre una manna. Questo è stato il primo grande incidente ciclistico, il primo di una lunga serie. Fu così che nacque in me la passione per il ciclismo, lo sport che ho praticato di più.

La bicicletta da corsa fu la sua fedele “segretaria”, che lo accompagnò, animò e ispirò per oltre quarant’anni. «La bicicletta era diventata per p. Mondin indi-spensabile, attesta p. Luigi Lo Stocco, e anche necessaria da non saperne fare a meno. Libero dagli impegni universitari e dai suoi studi, era solito prendere la sua bicicletta, mettersi in strada, pedalando senza sosta, e arrivare alla meta che si era prefisso. La bicicletta era diventata una sua abitudine ma anche la sua maniera per potersi mantenere sempre in forma, con un fisico, nonostante gli anni, sempre in linea. La bicicletta era anche diventata una maniera per riflet-tere altrimenti sui grandi temi dei suoi, in contatto con la natura e con le tante persone che incontrava […]. Un giorno, mi disse, parlando del più e meno, in

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un momento di estrema amicizia: “Luigi, quando sono in bicicletta, sento non solo lo sforzo della fatica del pedalare e il sudore che riempie tutto il mio corpo, ma anche una certa leggerezza di spirito, cosicché comincio a vedere le cose in un modo diverso e mi accorgo che in questo modo mi avvicino alla meta finale” […]. Nello stare in bilico costante su quelle due ruote c’era tutta la poliedrica personalità di un uomo sempre entusiasta, di un religioso severo e tollerante insieme, di un uomo di fede che cercava sempre di semplificare le cose e di arrivare all’essenziale».

Correre in bicicletta fu il suo passatempo e il suo riposo: un elemento insostituibile della sua esistenza. «Piuttosto un libro di meno, diceva a Mario Arceri, giornalista del Corriere dello Sport, ma smettere di correre no. Ad esempio, per partecipare all’ultimo “Enagiro”, quello dei veterani, ho fatto spostare un congresso internazionale […]. È l’unico hobby che mi concedo. E mi alleno: faccio, in media, sui 250 chilometri la settimana in inverno e 550 in estate, gare escluse […]. Considero il ciclismo una delle for-me più valide di attività fisica. È uno sport autonomo, che si pratica quando se ne ha voglia, che offre moltissime risorse igieniche, culturali, spirituali. Come tutti gli sport intensivi, poi, ritengo che contribuisca a temprare il carattere: ci vuole spesso una forza di volontà notevolissima per superare ostacoli a volte veramente duri».

A questo riguardo, Pier Luigi Fornari scriveva su Avvenire / 2 feb-braio 2015:

L’immagine della corsa conviene al p. Battista Mondin, teologo e filosofo, infaticabile studioso così come appassionato ciclista. In qualche modo, infatti, nella sua opera si ritrovano alcune qualità del grande campione del pedale, come la disponibilità allo sforzo prolungato e la postura equilibrata che consente maggiore dinamicità di movimento. Ritroviamo in lui anche una qualità che solo a volte si accompagna alla statura del grande atleta, cioè la disponibilità al sacrificio in favore degli altri, della squadra, fino al punto di sintonizzare la pedalata sciolta al ritmo dei meno dotati. Così Mondin armonicamente integra, in linea con il grande Ma-gistero ecclesiale, due istanze che si sono contrapposte fino allo scisma, nella storia del Cristianesimo: conoscibilità o non conoscibilità di Dio. «La teologia negativa e quella positiva sono quasi come le ruote di una bicicletta, ha scritto Mondin. Come la bicicletta non può andare avanti, se le due ruote non vanno assieme, così non ci può essere una teologia valida, se la via negativa e positiva non sono adoperate insieme. La via positiva da sola conduce all’antropomorfismo, all’idolatria, alla bestemmia. La via negativa conduce all’agnosticismo e all’ateismo».

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Con la bici p. Mondin percorse più di cinquecentomila chilometri. Partecipò a una ventina di giri ciclistici della durata media di una settimana, organizzati dall’UDACE, dai Bancari Lombardi e dalla Società Ciclistica Trevigliese. Que-sti giri gli fecero gustare la soddisfazione di scalare i Grandi Passi delle Dolo-miti (Falzarego, Pordoi, Sella, Gardena, S. Pellegrino, Valles, Stelvio Bernina) e delle Alpi (Vars, Izoard, S. Bernardo, Moncenisio, Galibier, Isoard). Compì pure una serie di grandiosi ciclopellegrinaggi attraverso tutti i Paesi europei e due volte in Terra Santa.

Agli amici cicloamatori di tutto il mondo dedicò uno dei suoi libri: L’Eu-ropa in bicicletta. La storia dei ciclopellegrinaggi ai Santuari mariani del vec-chio Continente. (1984). «Ho scritto queste pagine, dirà nel Prologo, per i miei amici, sia quelli che hanno pedalato con me sia quelli che mi sono stati sempre col loro cuore vicini. Le ho scritte per condividere con loro le mie esperienze, i miei interessi, le mie conquiste. E le ho scritte anche per dare loro un perenne attestato di riconoscenza per l’assistenza che mi hanno dato nella realizzazio-ne d’imprese veramente ardimentose, da molti ritenute pazzesche».

Nel suo paese natio fece erigere due bellissimi capitelli: uno alla Madonna del Ciclista e l’altro all’Angelo del Ciclista, di cui si è detto sopra. L’inaugura-zione del capitello alla Madonna (si trova verso la fine di una salita piuttosto impegnativa, con uno sfondo di montagne davvero incantevole) ebbe luogo il 15 settembre 1985.

Per l’inaugurazione del capitello, il papa Giovanni Paolo II fece pervenire a p. Mondin il seguente telegramma: “Circostanza inaugurazione a Monte di Malo Capitello dedicato alla Madonna dei Ciclisti – Sommo Pontefice nel rivolgere a lei e partecipanti sportivi benaugurante saluto – li affida insieme a tutta la cittadinanza – alla materna tutela della Madre di Dio – propiziatrice felice incremento di fraterna solidarietà – mentre invia di cuore implorata benedizione apostolica”.

Il 15 maggio 2001 la Pontificia Università Urbaniana celebrò la conclusione dei trentatré anni d’insegnamento di p. Mondin, con una solenne assemblea accademica. Fu un sentito e vivo momento di comunione, di festa, di amici-zia e soprattutto di riflessione sulla Missione della Chiesa nel mondo e nella cultura, agli inizi del Terzo Millennio.

Nella sua “Lezione magistrale” p. Mondin trattò il tema La grandezza metafisica di san Tommaso, ripercorrendo «tutti gli aspetti più importanti del genio e dell’opera di san Tommaso: un grandissimo teologo, grandissimo ese-geta, grandissimo metafisico, insistendo soprattutto nella metafisica dell’atto di essere, caratteristica dell’Aquinate, e nella distinzione reale tra essenza ed essere, che consente la risoluzione degli enti nell’Essere sussistente».

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In precedenza mons. Mario Pangallo, professore Ordinario di Storia del-la Filosofia Patristica e Medievale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e professore Incaricato di Filosofia dell’essere presso la Pontificia Uni-versità Lateranense di Roma, aveva presentato, secondo la forma accademica della “Laudatio”, la figura e l’opera di p. Mondin.

Nella Laudatio il professor Pangallo affrontò l’argomento della missione della Chiesa in Mondin, cui riconobbe il merito d’inquadrare le problema-tiche missionarie in una prospettiva cronologica e di approfondimento sto-riografico, senza rinunciare alla sintesi dottrinale. Rilevò inoltre un aspetto che rimane decisivo della stessa antropologia di p. Mondin: la promozione umana, intesa come sussistente nell’ordine dello spirito. Un impegno, que-sto, che da sempre ha accompagnato e ispirato l’apostolato missionario, che mai fu opera di “colonialismo culturale”, bensì annuncio e testimonianza del Vangelo nel rispetto delle verità delle culture indigene, oltre che impegno di difesa delle popolazioni contro l’arroganza dei moderni conquistadores […]. Richiamò infine un altro aspetto decisivo della teologia missionaria di Mon-din: la distinzione tra missione e dialogo interreligioso. Quest’ultimo può dirsi autentico se riconosce la cultura dell’altro, ne studia le idee, le dottrine, le tradizioni, sa ascoltarlo, sa eventualmente mettersi in discussione e riesce a verificare tale cultura con sincerità e onestà.

Le parole affettuose del Rettore Magnifico, mons. Ambrogio Spreafico, e la consegna a p. Mondin della Croce “pro Ecclesia et Pontifice” avevano con-cluso «un momento d’intensa e sincera vicinanza all’insigne Accademico, che è andato ben oltre i confini di un saluto di congedo».

In concomitanza le Edizioni Studio Domenicano (ESD) / Bologna pubblicavano il volume Antropologia, Metafisica, Teologia – Studi in onore di Battista Mondin, filosofo, teologo e ciclista. «Le Edizioni Studio Domenicano, scriveva p. Vincenzo Ottorino Benetollo O.P., direttore della Casa Editrice, sono molto liete di pubblicare questi studi in onore di p. Battista Mondin. Anzitutto perché desiderano dimostrargli la loro riconoscenza per aver da lui ricevuto e potuto diffondere il frutto maturo della sua attività di studioso e scrittore, e in secondo luogo perché i trentaquattro Autori di questo libro sono personaggi di spicco del panorama filosofico-teologico attuale, che volentieri hanno acconsentito a partecipare a questa Festschrift (“Pubblicazione celebra-tiva”, ndr), come riconoscimento dei meriti di Battista Mondin, la cui pro-duzione scientifica continua ad essere un valido strumento di formazione».

Il volume, a cura di Renato Serpa, docente di Storia, Filosofia e Scienze umane nei licei statali, si articola in quattro parti e un’Appendice. «La prima contiene una presentazione sintetica dello stesso p. Battista Mondin sui line-amenti principali del suo pensiero antropologico, metafisico e teologico, in cui delinea i contributi originali che in questi ambiti ha offerto all’attenzione degli studiosi e degli studenti, che vogliono avvicinarsi a queste impegnative

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discipline. Le tre parti centrali sono riservate ai tre campi principali delle sue innumerevoli ricerche filosofiche, teologiche, storiche e teoretiche, vale a dire l’Antropologia, la Metafisica e la Teologia. Vi sono raccolti trentaquattro studi, di cui circa la metà riproduce contributi già in precedenza pubblicati su Divus Thomas, Sacra Doctrina, L’Osservatore Romano, La Scuola Cattolica o su altre riviste. Mentre l’altra metà contiene contributi scritti per la miscella-nea. Al termine del libro, in Appendice sono presentati un elenco pressoché completo della sua vastissima Bibliografia e una “parentesi sportiva” su Mon-din ciclista».

Il 16 giugno 2001 p. Mondin celebrò il suo 50° anniversario di sacerdozio a Monte di Malo che per l’occasione si era mobilitato per onorare degnamente il più illustre dei suoi abitanti.

La Messa solenne fu presieduta dal cardinale Agostino Cacciavillan, che nell’omelia illustrò i meriti religiosi e culturali di p. Mondin, presentandolo come missionario di Cristo e dell’uomo e come apostolo della bicicletta.

Dopo la cerimonia religiosa, il sindaco Stefania Carollo conferì la cit-tadinanza onoraria a p. Mondin: un atto definito singolare – primo nella storia del paese – e dovuto a un personaggio altrettanto singolare. In seguito fu inaugurata la sezione della Biblioteca locale che raccoglie, oggi, l’opera completa di p. Mondin.

La cerimonia fu suggellata dai discorsi del professor Giorgio Penzo dell’Università di Padova, del consigliere regionale Nadia Qualarsa e del presi-dente della Provincia Manuela Dal Lago. Vittorio Campagnolo rappresentava il mondo del pedale, per rendere omaggio alla nota passione di p. Mondin per la bici.

«Una giornata intensissima, fu il commento di p. Mondin, e ne sono feli-cissimo e commosso, perché è stata accolta, nel mio paese natale, la mia intera produzione scientifica. La mia riconoscenza verso le autorità e la gente che ha partecipato è grande. Ringrazio la SS. Trinità per questo mio cinquantesimo di sacerdozio e di ricerche. Di più non potevo avere».

A parer nostro, adesso p. Mondin andrà studiato, oltreché letto. Con il suo lascito bisognerà fare i conti ancora a lungo.

In cammino verso l’approdo della Luce

Nello «Stato del personale», al nome di p. Battista Mondin rimasero aggiun-te, per tredici anni, le parole In cura. Egli visse, infatti, quegli anni in lotta sia con i postumi degli incidenti ciclistici (ben sette e alquanto gravi!) sia con gli acciacchi della “terza età”, alla quale non si sfugge.

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Non ingannino però le parole In cura. Certo, le sue condizioni di salute erano assai cagionevoli, e tuttavia, pur vivendo “appartato, ma non isolato” prima al quarto piano della Casa saveriana di Via Aurelia 287, a Roma, e poi a quello della Casa Madre, a Parma, p. Mondin non rimase inoperoso, anche quando, a causa dei malanni fisici, si sentiva torchiato, stremato e in agonia, ma continuò a proiettarsi verso l’avventura gioiosa di calare ancora le reti per la pesca e di sperimentare, come e più che negli anni precedenti, la potenza di «Dio misericordioso e pietoso». E prese di nuovo il largo, gettando le reti sulla parola del Maestro (cfr. Luca 5, 1–11).

Quegli anni di lunga degenza furono inaspettatamente molto proficui. Fu, infatti, in grado di partecipare come conferenziere ad alcuni congressi nazionali e internazionali, mentre la sua bibliografia si arricchì di altri otto volumi, tra cui primeggiano il Dizionario storico e teologico delle Missioni e Maria, Madre della Chiesa – Piccolo trattato di Mariologia.

A proposito del Dizionario, il professor Mario Pangallo scriveva su “L’Os-servatore Romano”, 3 febbraio 2002:

Soprattutto dal Concilio Vaticano II e dalla Costituzione Apostolica Ad Gentes, che richiamava esplicitamente la natura missionaria della Chiesa nel suo pellegrinaggio terreno (cfr AG 2), la riflessione teologica sulle missioni e sulla missionarietà ha conosciuto un deciso incremento in termini di studi e di pubblicazioni, compresi alcuni validi dizionari specifici, più sullo sfondo, invece, è rimasta la ricerca propriamente storica intorno allo sviluppo dell’e-vangelizzazione nei secoli e al suo diffondersi nei vari continenti.

Il nuovo Dizionario storico e teologico delle Missioni, scritto da p. Battista Mondin per i tipi della “Urbaniana University Press”, si propone di colmare questa lacuna nel panorama editoriale, offrendo un lessico in cui le proble-matiche missionarie sono inquadrate in una prospettiva cronologica e di ap-profondimento storiografico, senza tuttavia rinunciare a un inquadramento teologico delle tematiche.

P. Mondin […] è un missionario saveriano e da più di trent’anni insegna Storia della Filosofia e Antropologia in quella che lui stesso ha voluto defi-nire, nella Presentazione del volume, una «fucina di missionari e di cultura missiologica» […].

L’analisi dei lemmi selezionati per il Dizionario permette di evidenziare una struttura articolata in cinque grandi sezioni: i protagonisti dell’azione missionaria, i maggiori temi della teologia missionaria, i problemi concernenti il rapporto tra missione e mondo contemporaneo, il confronto con le grandi religioni, cristiane e non cristiane, compresi i nuovi movimenti religiosi, e infine le teologie sviluppatesi in ambiente missionario […].

A colpire il lettore è l’impegno costante [dei protagonisti delle missioni che abbracciano l’intera storia della Chiesa] per la promozione della persona

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umana che accompagnò l’apostolato missionario. Diversamente dall’im-magine che parte della pubblicistica odierna tende ad accreditare, l’azione missionaria non fu opera di «colonialismo culturale», ma annuncio del Vangelo nel rispetto del contenuto di verità delle culture indigene incontrate nei Nuovi Mondi, oltre che strenua difesa delle popolazioni sottomesse contro l’arroganza dei moderni conquistadores […].

Sulla scia della Redemptoris Missio – la grande Enciclica del Papa Giovan-ni Paolo II che ha tracciato alla Chiesa del terzo millennio cristiano le linee fondamentali dell’azione missionaria di fronte ai nuovi «areopaghi» del nostro tempo –, Mondin invita a distinguere il dialogo inter-religioso e la mis-sione, evitando di porli in contrasto o, all’opposto, di considerarli equivalenti.

Scrive l’Autore, in conclusione della voce Dialogo ed evangelizzazione: «C’è un’ampia area di dialogo con le religioni non cristiane per quanto riguarda i valori umani. Non così quando il dialogo si apre al campo specifi-catamente teologico. Questo risulta evidente se diamo uno sguardo alle più cristologie che sono proposte in India, nelle Filippine, in Crea, in Giappone, nelle quali si rischia, in nome del dialogo, di privare la figura di Cristo della sua assoluta originalità, della sua esclusività, della sua trascendenza» […].

Merita inoltre una segnalazione il rigore storico con cui sono esaminati anche gli insuccessi e le difficoltà incontrate dallo slancio missionario a causa delle incomprensioni culturali tra la mentalità europea e le esigenze missio-narie di accostarsi con coraggio alle tradizioni religiose presenti nei paesi di missione […].

Il Dizionario costituisce indubbiamente un ottimo strumento per una più profonda intelligenza della dimensione essenzialmente missionaria del-la Chiesa, per le straordinarie vicende di eroismo cristiano e di santità che infiorano la storia dell’evangelizzazione, suggellate non di rado dal martirio dei protagonisti, Qui risiede forse un pregio non certo usuale per un Lessico teologico, quello di offrirsi anche come occasione per la formazione e l’edifi-cazione spirituale del lettore, e non semplicemente come strumento culturale di consultazione […].

Il piccolo trattato di mariologia vuole essere, a sua volta, un segno concreto della profonda devozione di p. Mondin alla Madre di Dio e madre nostra. Sto-ricamente la sua devozione alla Madonna gli fu trasmessa dalla sua mamma che, già quando egli aveva quattro anni, lo aveva portato, l’8 settembre 1930, al Santuario di Santa Libera di Malo.

«Da sacerdote, dice p. Mondin, ho cercato di diffondere la devozione alla Madonna in molti ambienti, specialmente in quello dei ciclisti, per i quali ho organizzato grandiosi ciclopellegrinaggi a tutti i più celebri santuari mariani d’Europa».

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Come i suoi precedenti trattati su Cristo e sulla Trinità, anche questo sulla Vergine Maria si apre con l’esposizione della mariologia biblica (I capi-tolo); segue una sintesi dello sviluppo della mariologia attraverso gli studi dei Padri, degli scolastici, dei teologi moderni e contemporanei (II capitolo); poi si presenta la mariologia del Magistero ecclesiastico, attraverso le definizioni dogmatiche delle grandi verità mariane (III capitolo); alla fine si offre una rivisitazione del mistero mariano nella cultura attuale (IV capitolo).

«In questo piccolo trattato mariologico, evidenzia l’Autore, il nostro di-scorso su Maria vuole essere un discorso strettamente teologico: non filosofico né storico né psicologico. Il nostro unico fondamento è la Parola di Dio. Noi intendiamo essere soltanto umili ascoltatori e fedeli interpreti della sua Parola […]. Ne segue che il nostro studio su Maria, saldamente radicato nella testi-monianza della Scrittura e della Tradizione, interpella la nostra soggettività, perché se il visibile dell’icona è percettibile a tutti, l’invisibile si offre solo a chi si avvicina con cuore umile e docilità interiore».

Intanto il ritmo vitale di p. Mondin si rallentava sempre di più, e anche il suo passo si raccorciava, cosicché egli era convinto che «la vita si sconta vivendo», perché, una volta giunti all’ultimo approdo, sovrabbonda la Misericordia, mentre nel dolore e nell’umiliazione del proprio graduale disfacimento ci si purifica.

Quella purificazione si accentuò oltre misura verso la fine del 2014. Fu allora, forse, che egli, rivestito soltanto della corazza della fede in Dio «che risana i cuori affranti / e fascia le loro ferite» (Salmo 146, 3), deve aver recitato con voce flebile: La mia lunga giornata / da un meno e un più è segnata: / un giorno di meno / che da Gesù mi divide: / un giorno di più che mi avvicina, / crescendomi anziano, lo spero, per il Cielo (da un frammento de Le Poesie di Clemente Rèbora).

Fu a notte inoltrata del 29 gennaio 2015 che p. Giambattista Mondin, raggiunta la piena «anzianità», approdò al porto della Luce, «quella che illumina ogni uomo» (Giovanni 1, 9).

In occasione della morte di p. Mondin, la Congregazione dei Santi e la Ponti-ficia Università Urbaniana avevano inviato al Superiore Generale dei saveriani i seguenti messaggi di condoglianze:

Congregazione dei Santi esprime sentite condoglianze occasione pio transito del venerato padre Battista Mondin. Lo ricordiamo nella preghiera con senti-menti di stima e gratitudine per sua diligente e qualificata collaborazione con questo Dicastero come Consultore. Santi e Beati lo accolgano in Paradiso.

P. Gio Batta Mondin

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Angelo Card. Amato, S.D.B., PrefettoMons. Marcello Bartolucci, Acivescovo SegretarioP. Boguslaw Turek, C.S.M.A, SottosegretarioMons Carmelo Pellegrino, Promotore della fede.03 / 02 /15

Abbiamo appena appreso della dipartita in cielo del nostro amatissimo P. Giambattista Mondin, un eminente studioso che ha operato con encomiabile dedizione per lunghissimi anni nella nostra Università.

Rimane nel cuore dei suoi colleghi e soprattutto dei suoi tanti studenti la figura di un uomo di Dio da cui traspariva una semplicità evangelica.

Lo affidiamo al Vostro Protettore, San Francesco Saverio, e preghiamo per lui certi che gode la visione eterna.

P. Alberto Trevisiol, Rettore Magnifico della Pontificia Università Urba-niana.

30 / 01 / 2015

Domenico Calarco S.X.

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APPENDICE

OPERE di BATTISTA MONDIN

Etica

Etica e politica

Filosofia

Filone e Clemente: saggio sulle origini della filosofia religiosaAntropologia filosofica. Manuale di filosofia sistematicaLa Metafisica di S. Tommaso D’Aquino e i suoi interpretiStoria dell’antropologia filosoficaAntropologia filosofica e filosofia della cultura e dell’educazioneEpistemologia e cosmologiaLogica, semantica e gnoseologiaOntologia e metafisicaStoria della metafisica (1)Storia della metafisica (2)Storia della metafisica (3)Ermeneutica, metafisica, analogia in s. TommasoHistory of mediaeval philosophy (Storia della filosofia medievale)Dizionario enciclopedico di filosofia, teologia e moraleIl sistema filosofico di Tommaso d’AquinoCorso di storia della filosofia (1)Corso di storia della filosofia (2)Corso di storia della filosofia (3)L’uomo: chi è?I filosofi dell’OccidenteIntroduzione alla filosofia. Problemi, sistemi, filosofiLa filosofia dell’essere di s. Tommaso d’Aquino

Teologia

The Principle of Analogy in Protestant and Catholic TheologyMaria, Madre della Chiesa. Piccolo trattato di mariologiaDizionario storico e teologico delle MissioniDizionario enciclopedico del pensiero di san Tommaso d’AquinoEssere cristiani oggi. Guida al cristianesimoIl problema di Dio. Filosofia della religione e teologia filosofica

P. Gio Batta Mondin

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La cristologia di san Tommaso d’Aquino. Origine, dottrine principali, attualità

Storia della teologia (1)Storia della teologia (2)Storia della teologia (3)Storia della teologia (4)Dove va la teologia?La nuova teologia cattolica (da Karl Rahner a Urs von Balthasar)Gli abitanti del cieloGesù Cristo salvatore dell’uomoLe cristologie moderneLa chiesa sacramento d’amoreLa trinità mistero d’amoreDizionario dei teologiIntroduzione alla teologiaDio: chi è? Elementi di teologia filosoficaScienze umane e teologiaCultura, marxismo e cristianesimoI teologi della liberazioneIl problema del linguaggio teologico dalle origini a oggiFilosofia e cristianesimoAntropologia teologicaI teologi della speranzaI grandi teologi del XX secolo (1)I grandi teologi del XX secolo (2)I teologi della morte di DioDizionario enciclopedico di filosofia, teologia e morale. SoftwareFilosofia della cultura e dei valoriLe realtà ultime e la speranza cristianaIl ritorno degli angeli – Trattato di angeologia

ReligioneNuovo dizionario enciclopedico dei papi. Storia e insegnamentiCommento al “Corpus Paulinum” (expositio et lectura super epistolas

Pauli apostoli) (2)The Popes of the modern Ages. From Pius IX to John Paul IILa chiesa primizia del regno. Trattato di ecclesiologiaMito e religioni. Introduzione alla mitologia religiosa e alle nuove reli-

gioniL’uomo secondo il disegno di Dio. Trattato di antropologia teologicaPreesistenza, sopravvivenza, reincarnazione

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Teologie della prassiL’eresia del nostro secolo

Società

Storia dell’antropologia filosoficaAntropologia filosofica. L’uomo: un progetto impossibile?Una nuova cultura per una nuova società

Agiografia

Tommaso d’Aquino, Teologo, Filosofo, MisticoSan Guido Maria Conforti, Fondatore dei Misionari Saveriani.

In memoriam: profili biografici saveriani

Direttore Responsabile: Mario MulaRedazione: Domenico Calarco

Impostazione grafica: Gian Paolo Succu

Edizioni: CSAM scrlvia Piamarta 9 – 25121 Brescia (BS)

Pubblicazioni: Missionari Saverianiviale Vaticano 40 – 00165 Roma

Roma 2015

Tipografia Leberit Srlvia Aurelia 308 – 00165 Roma

Finito di stampare: 15 luglio 2015

In memoriam

P. Battista Mondin

02/2015

29/07/1926 ~ 29/01/2015Profili Biografici Saveriani 02/2015

Edizioni CSAM scrl (BS)

Profili biografici saveriani