10 politiche pubbliche in sardegna il futuro delle nuove generazioni. politiche capaci di resistere...

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C ONSIGLIO REGIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO CREL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO LA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DELLE POLITICHE PUBBLICHE IN SARDEGNA 10 PRESIDENZA

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C O N S I G L I OR E G I O N A L EDELL’ECONOMIAE DEL LAVORO

CREL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO

LA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DELLEPOLITICHE PUBBLICHE IN SARDEGNA10

PRESIDENZA

CREL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO

PRESIDENZA

Pubblicazione a cura del Consiglio Regionale dell’Economia e del Lavoro Sardegna.Hanno collaborato Antonello Anziani, Paola Casula, Rossana Floris.

CREL SardegnaVia Roma, 253 – 09125 CagliariTel. 070 606 4404 - 4541Fax. 070 606 4955Email: [email protected]

Stampa LITHOSgraficheVia Garigliano, 11/1309122 CagliariTel. 070 275132

SOMMARIO

7 PresentazioneGino Mereu, Presidente Crel Sardegna

Incontro - Dibattito 29 ottobre 2008Politiche Pubbliche: valutarne gli effetti per migliorarne l’efficacia

11 IntroduzioneGino Mereu

15 “Sono soldi ben spesi?” - Perchè e come valutare gli effetti del-le politiche pubblicheAlberto Martini

97 InterventoFrancesco Pigliaru

101 InterventoConcetta Rau

Seminario 19 gennaio 2009Politiche Pubbliche: valutarne gli effetti per migliorarne l’efficacia

107 Programma

109 IntroduzioneGiovanni Sistu

113 Chi ha bisogno della valutazione degli effetti? Attori, regole,incentivi e risorse di un gioco imperfettoMarco Sisti

159 Verso una nuova funzione di controllo e valutazione delle poli-tiche regionali. L’esperienza del Consiglio Regionale dellaLombardiaGiuseppina Dantino

191 “I nuclei e l’attuazione dei Piani di Valutazione” - Incontro deiRete NUVVLodovico Conzimu

211 Il Piano di valutazione della Politica regionale unitaria 2007-2013 della Sardegna: un processo in itinereCorrado Zoppi

241 Documento finale del 21 gennaio 2009

251 Composizione Crel Sardegna

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PRESENTAZIONEGino Mereu - Presidente Crel Sardegna

Quando il professor Francesco Pigliaru, in occasione della presentazio-ne del rapporto annuale 2008 del CRENoS, mi parlò di “Valutazione”, rea-lizzai appieno l’importanza della tematica, e l’incidenza che essa avrebbepotuto avere sulla economia e sulla vita pubblica regionale.

Presi l’impegno, in quella circostanza, di sottoporre all’attenzione deiConsiglieri quelle riflessioni comuni per verificare la possibilità di un appro-fondimento seminariale.

Tutti i componenti l’assemblea del Crel manifestarono grande interessedecidendo di procedere alla organizzazione di due seminari di studio, non-ché alla individuazione di autorevoli relatori, capaci di illustrare l’argomen-to partendo dalle realtà dove tale pratica è già stata sperimentata, o in via disperimentazione.

La base scientifica dell’iniziativa venne assicurata dalla collaborazionedel CRENoS, resosi immediatamente disponibile.

In altri Paesi, Stati Uniti in particolare, la Valutazione dell’Impatto del-le Politiche Pubbliche è prassi comune da circa 40 anni, e un numero rilevan-te di autorevolissime agenzie di ricerca operano in questo settore.

In Italia e nelle Regioni non si va oltre il monitoraggio delle risorsedisponibili utilizzate, e dei relativi settori di intervento.

I limiti di tale osservazione sono evidenti: non si valuta la qualità e l’ef-ficacia dell’intervento, e non si entra nel merito della scelta politica.

Le conseguenze e gli effetti di questo confine si evidenziano maggior-mente al termine e all’inizio della Legislatura, allorquando le forze politichesi confrontano sui programmi. Chi è all’opposizione tende a dimostrare chetutto quello realizzato in precedenza è sbagliato e va cancellato, chi è alGoverno, al contrario, tende a dimostrare che tutto ciò che è stato fatto vabene. Ambedue senza distinguere ciò che ha conseguito buoni risultati daquello che si è dimostrato inefficace e, soprattutto, senza aver compiuto unanecessaria e attenta analisi delle idee proposte.

Senza strumenti seri di Valutazione, lo stesso cittadino elettore non vienemesso nelle condizioni di giudicare con obiettività quanto è stato realizzato neiprogrammi delle forze politiche che si contendono il consenso degli elettori.

All’interno del volume vengono riportate qualificate opinioni di studio-si della materia e di dirigenti intenti ad avviare, pur tra numerose difficoltà,le prime interessanti esperienze in altre realtà regionali.

L’opinione prevalente che è emersa individua nel Consiglio regionale ilsoggetto Istituzionale più appropriato per procedere alla individuazione dichi deve eseguire la “Valutazione”.

I Consigli regionali, infatti, stanno perdendo ruolo a favore degli esecu-tivi ma, attraverso l’assunzione di questo compito, potrebbero trarne un for-

te beneficio. Essi possono garantire sulla indipendenza, autonomia e autore-volezza del soggetto preposto a questa importante funzione.

Per rendere credibili gli esiti della Valutazione, infatti, sono queste lecaratteristiche indispensabili.

L’auspicio del Crel è che si possa avviare, in Sardegna come nelle altreRegioni, e a livello nazionale, una concreta attività di Valutazione, nella con-vinzione che essa possa costituire un elemento di progresso economico e cul-turale.

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INCONTRO - DIBATTITO29 OTTOBRE 2008

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Vi ringrazio per aver accolto l’invito a partecipare a questo incontro-dibattito col prof. Alberto Martini. Il tema che affrontiamo è ancora pococonosciuto ma ritengo di grande interesse, e destinato, almeno questo è l’au-spicio, a diventare di ordinaria attualità.

Ringrazio il prof. Alberto Martini, del Dipartimento POLIS, Facoltà diScienze Politiche, dell’Università del Piemonte Orientale di Alessandria, ilquale ha accolto con grande cortesia, l’invito del Crel rendendosi disponibi-le a parlarci di Valutazione dell’impatto delle politiche di cui è profondoconoscitore nonché studioso. Sono a conoscenza del fato che il prof. Marti-ni sull’argomento sta elaborando un nuovo testo, che auspico venga resodisponibile a breve, e sul quale attendiamo oggi qualche anticipazione.

L’iniziativa odierna è realizzata in collaborazione con il Crenos, e inparticolare grazie al contributo del prof. Francesco Pigliaru. Al termine del-l’illustrazione, il prof. Martini è disponibile a rispondere alle eventualidomande che vorrete porgli, in modo da alimentare un dibattito. In partico-lare l’invito è rivolto al prof. Pigliaru, con riferimento alla esperienza acqui-sita come Assessore regionale della Programmazione.

Vorrei esprimere qualche breve considerazione personale, prima didare la parola al relatore. Sono oramai quarant’anni che mi occupo di pro-blemi economici, sociali e politici della Sardegna, anni durante i quali hooperato come sindacalista. Un aspetto mi ha sempre colpito nella vita e nel-la gestione della cosa pubblica: sembrava impossibile porre in atto una qua-lunque strategia di medio e lungo respiro, che andasse oltre la legislaturacorrente.

Gran parte delle politiche, infatti, avevano come proiezione soltanto lafine della legislatura, quasi che il fine ultimo dell’azione di governo fossel’appuntamento elettorale. Ciò, quindi, ha significato che gli atti e gli effettidell’azione di governo, dovevano essere visibili e ben percepiti dall’elettorenel momento in cui veniva chiamato al voto per il rinnovo dell’Assemblearegionale.

Questo dato, che imponeva risposte soprattutto nella Finanziaria di finelegislatura, in base ai bisogni quotidiani e dei campanili, ha sempre impedi-to una vera programmazione e strategie di lungo termine.

L’assenza di strategie, e soprattutto di verifica dei risultati ha compor-tato, nel tempo, un nefasto gioco delle parti. Ossia, ad ogni cambio di qua-dro politico e comunque ad ogni avvio di legislatura, si ripeteva la stessamusica e lo stesso ritornello: tutto quello realizzato in precedenza veniva cla-morosamente bocciato o considerato sbagliato. Si doveva ricominciare dac-capo con nuove proposte, spesso utili solo a legittimare l’azione del nuovo

INTRODUZIONE DEL CRELGino Mereu - Presidente Crel Sardegna

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quadro politico. Nuove politiche che venivano regolarmente bocciate conl’inizio della successiva legislatura.

Era evidente che la collettività ben poco poteva fare in questo gioco del-le parti, le quali si contendevano il governo della Regione. L’elettore, privodi strumenti di valutazione per poter giudicare con obiettività, veniva coin-volto in questo gioco e, come spesso accade agli sportivi in pantofole, parte-cipava solo come tifoso di una delle parti, e non con la possibilità di incide-re nelle decisioni.

In questi ultimi anni, dopo pressanti richieste pervenute dalle partisociali e dall’Unione Europea, si è arrivati almeno ad imporre un monitorag-gio della spesa. “Pratica” che non sempre viene messa in atto, e che eviden-zia esclusivamente l’entità delle risorse impegnate, senza però valutare l’ef-fetto prodotto dalle politiche e dalle azioni di governo.

Questa legislatura ha segnato un vero e proprio capovolgimento del-l’impostazione programmatica rispetto al passato. Finalmente abbiamo avu-to un Programma contenente una strategia di medio e lungo periodo, cheguardava a problemi mai affrontati prima per miopia politica. Si sviluppavacosì una lungimirante programmazione orientata a guardare lontano e a ciòche urgentemente necessitava, al fine di recuperare il divario esistenterispetto alle altre Regioni europee. Cultura, informazione e alta formazione,salvaguardia e tutela del patrimonio culturale e ambientale, riappropriazio-ne del territorio, e rivendicazione delle aree occupate da servitù militari cheparevano intoccabili.

Questa nuova fase politica avrebbe necessità di due cose:

• uno strumento adeguato, autonomo e indipendente, di valutazione del-l’impatto delle politiche, per evitare che quanto di buono ed efficace èstato programmato e realizzato, incontri nuovamente gli stessi ostacoli;

• una maggior cultura, senso di responsabilità e maturità collettiva, talida valutare con obiettività le buone politiche, chiunque le porti avanti,poiché, se valide, non possono e non devono essere azzerate ad ogniscadenza elettorale, ma semmai sostenute lasciando lo spazio necessa-rio per le dovute correzioni e miglioramenti.

Sono queste le condizioni attraverso le quali possono svilupparsi lebuone politiche, in grado di fornire risposte immediate alle emergenzeriguardanti il futuro delle nuove generazioni. Politiche capaci di resistereagli assalti e alle aggressioni all’ambiente, capaci di valorizzarlo e utilizzar-lo nella maniera giusta per i cittadini di oggi e di domani, senza egoismi;politiche capaci di investire su cultura, formazione e innovazione, che nonpossono per la loro stessa natura produrre risultati in tempi brevi, ma chesono essenziali per competere nel mondo globale. Con questi presupposti, ilpolitico lungimirante potrà essere compreso e giudicato dagli elettori inmaniera obiettiva per il valore della sua azione.

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A questo punto, sorgono alcune domande che rivolgo direttamente alprof. Martini, e anche ai presenti:

• Si può concretamente compiere un passo avanti rispetto al monitorag-gio previsto attualmente dall’Unione Europea per le risorse che erogaalle Regioni?

• Sono orientate in questa direzione le valutazioni delle politiche attuatedalla programmazione regionale su qualcuno dei fondi europei?

• A che punto si trovano le esperienze di altri Paesi all’avanguardia, comeStati Uniti e nord Europa?

• Le prime buone pratiche realizzate in alcune Regioni italiane hanno giàfornito risultati interessanti?

• Esiste una struttura modello capace di valutare l’impatto delle politichein maniera scientificamente corretta, attendibile e autonoma?

• Spetterebbe al Consiglio regionale o all’esecutivo individuare tale strut-tura?

• Quale può essere l’indicazione del percorso da suggerire a una Regionecome la Sardegna, qualora decida di avviare una sperimentazione divalutazione dell’impatto delle politiche?

Cedo ora la parola al prof. Martini.

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Grazie per quest’invito al dot-tor Mereu, al Crel e al professorPigliaru.

Sono soldi ben spesi? È unadomanda che ha tante accezionidiverse, ve ne darò una particolare: cisi può chiedere se sono soldi ben spe-si da un punto di vista di equità, se ègiusto spendere soldi su una certainiziativa a favore di un certo grup-po. Ci si può chiedere sono soldi benspesi nel senso forse più tradizionaledel termine, se sono spesi in modoefficiente, cioè senza sprechi. Ci sipuò chiedere se sono soldi ben spesida un punto di vista di correttezzaprocedurale, rispettando le procedu-re, se nessuno se li mette in tasca.

Affronto questa domanda daun punto di vista molto più partico-lare, che riguarda gli effetti dellepolitiche e la capacità delle politichepubbliche, che adesso definirò, diincidere e di risolvere i problemi; èun’accezione molto particolare,quindi, voglio sottolineare la nongeneralità di quello che dirò. Èimportante focalizzarsi su un pro-blema alla volta e non cercare diessere omnicomprensivi.

Infatti, il peggior servizio chepotrei fornirvi oggi sarebbe tentaredi convincervi che la valutazionepuò fare tutto. Non voglio lasciarvicon quest’impressione, in particola-re, non la valutazione di cui vi parloe mi occupo; non può fare tutto. Nonvoglio convincervi che esiste uninsieme di “tecniche scientifiche”, le

quali, se applicate fedelmente, fannofunzionare e migliorare la PubblicaAmministrazione. Togliamoci que-st’illusione scientista.

Ciò che migliora la PubblicaAmministrazione è la volontà dimigliorarla. La valutazione puòessere uno strumento che non fun-ziona sempre, quindi, non vogliolasciarvi con l’impressione che que-ste sono tecniche magiche che, seapplicate, a prescindere dagli incen-tivi che hanno gli attori a compor-tarsi in modo virtuoso, hanno deglieffetti ideali. Sono uno strumento.Ci vuole una volontà alla base, puòdarsi che questa ci sia, però dobbia-mo verificare la volontà di migliora-re, non sostituire lo strumento allavolontà, fondamentalmente politica,di migliorare il funzionamento dellaPubblica Amministrazione.

Quindi, è un’affermazione dimodestia, se volete; poi sono con-vinto che queste tecniche siano utili,molto potenti e convincenti, e pro-ducano risultati plausibili, però van-no messe nella giusta luce.

La valutazione, di cui vi parlo,degli effetti delle politiche può ser-vire a qualcosa solo se c’è qualcunoche è disposto a mettere in discus-sione quello che fa, o fanno altri, inmodo intellettualmente onesto; que-sta è la condizione fondamentale,l’onestà intellettuale da parte diqualcuno che è disposto a mettersiin discussione e non soltanto a met-tersi in mostra.

“SONO SOLDI BEN SPESI?” - PERCHÉ E COME VALUTAREGLI EFFETTI DELLE POLITICHE PUBBLICHEAlberto Martini - Università del Piemonte Orientale e Progetto Valutazione

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Se avete sentore, questo lo chie-do a voi, di qualche policy makerche sia disposto a mettere in discus-sione le proprie politiche, quello dicui vi parlo è rilevante; se non c’è letecniche non servono a nulla.

Facciamo finta che esista qual-che policy maker disposto, perragioni di convinzione personale, diconvenienza, di pressioni esterne, didesiderio sincero di migliorare, amettere in discussione quello che fae a verificare se quello che fa serve onon serve. Qui faccio un’affermazio-ne impegnativa, quelli che di voi miconoscono sanno che faccio questeaffermazioni spesso un po’ pesanti:il mondo della valutazione è pienodi millantatori e di venditori di ariafritta. La regola numero uno chevoglio lasciarvi è: non fidatevi di chiparla di valutazione. Neanche delsottoscritto, ma usatela come regolagenerale, perché in questi dieci anni,da quando opero in questo settore esono tornato dagli Stati Uniti, laparola valutazione è dilagata inmodo assolutamente sconsiderato.Parlano tutti di valutazione, tuttimillantano credito e vendono ariafritta. Il mio ruolo è quello di intro-durre delle cautele in questo mondoun po’ sconsiderato, e l’UnioneEuropea, la Commissione Europea(lo dico perché l’ho detto in tantesituazioni), ha una responsabilitàgrossa, di aver fatto della valutazio-ne un po’ una burla. Torneremo suquesto, sono sicuro che queste affer-mazioni susciteranno delle reazioni.

Soprattutto non fidatevi. Que-sta è una regola di condotta, di chiusa acriticamente la diade “efficien-za ed efficacia”. È un po’ la spia diun approccio tendenzialmente poco

meditato e superficiale alla valuta-zione. Qui faccio una battuta: “Sol-dato, com’è il rancio? Ottimo edabbondante, efficiente ed efficace”!Ormai efficienza ed efficacia sonodiventate due parole che si usano,così, liberamente senza realmentemeditare quello che ci sta dietro.

Propongo una diversa distin-zione tra due tipologie di interventopubblico, questa è una distinzionefondamentale per mettere a fuocoquello di cui sto parlando: tra pre-stazioni ricorrenti ed azioni per ilcambiamento. Questo prende spun-to da una distinzione che si fa negliStati Uniti tra produce service (pro-durre un servizio), e produce chan-ge (produrre un cambiamento); conun gioco di parole si potrebbedistinguere tra prestazione pubblicaed azione pubblica. Sono terminiche ho inventato io, non hanno unarilevanza giuridica. Per prestazionepubblica: tutta l’attività della Pub-blica Amministrazione che soddisfai bisogni riconosciuti e ricorrenti,dalla scuola alla sanità, all’ordinepubblico, l’attività corrente dellaPubblica Amministrazione; non èquello di cui parlo io. Io mi occupodi azioni pubbliche, ossia attivitàche mirano a modificare comporta-menti e condizioni con lo scopo dirisolvere un problema collettivo. Sipotrebbe dire, banalizzando molto:servizi pubblici sono quelli che chia-mo prestazioni pubbliche; le politi-che pubbliche sono le azioni tese adun cambiamento.

Vi propongo questo grafico perinquadrare il problema. Sull’asseverticale ci sta l’intensità del cam-biamento, sull’asse orizzontale larilevanza in termini di spesa. Le pre-

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stazioni/servizi pubblici sono moltopiù rivelanti in termini di spesa, masono molto poco leggibili comeorientate al cambiamento; mentre lepolitiche pubbliche, intese comeazioni, sono molto più orientate alcambiamento, connotabili comeorientate al cambiamento, ma dalpunto di vista della spese sono mol-to meno rilevanti. Il vertice estremosono le politiche regolative, che dalpunto di vista della spesa non han-no molto rilevanza, non costano sol-di, ma sono tutte orientate al cam-biamento; perciò non sono presta-zioni, ma azioni.

Adesso metto fuori proporzio-ne i triangoli ed i trapezi per farvivedere alcune tipologie principali diquello che intendo per azioni politi-che pubbliche. Innanzitutto, al topdi questa piramide ci stanno le poli-tiche regolative, esempio: divieto difumo nei locali pubblici la patente apunti. Sono azioni tese a modificarecomportamenti di popolazioni bendeterminate: i fumatori ed i guida-tori indisciplinati. Queste sono poli-tiche regolative orientate al cambia-mento, ma poco costose dal puntodi vista della spesa pubblica.

Poi vengono tutte le politichedi incentivazione, ad esempio, gliaiuti alle imprese e gli incentivi alleassunzioni, e farò degli esempi con-creti di valutazione di queste politi-che. Sono tutta una famiglia di azio-ni pubbliche che tendono a modifi-care i comportamenti, incentivandocomportamenti desiderabili da par-te di attori economici, soprattuttosono gli aiuti alle imprese, ma anchei baby bonus, gli incentivi dati allecoppie per avere più figli, per avereil terzo figlio rientrano in queste

politiche di incentivazione dove sicerca di modificare, tramite incenti-vi, il comportamento di individui,famiglie ed imprese. Questa è unaclasse particolare di politiche pub-bliche.

Poi c’è l’offerta di servizi confinalità di cambiamento, esempio:sostegni alla imprenditorialità, laprevenzione in sanità. Sono offertedi servizi, che però sono leggibili,interpretabili e valutabili come azio-ni tese ad un cambiamento in unadirezione desiderata.

Adesso le riproporziono, leazioni e le politiche sono, in realtà,la punta dell’iceberg, il grosso del-l’attività pubblica sono prestazioni eservizi pubblici. Sono tutte le politi-che o gli interventi di trasferimento:le pensioni e le indennità di disoccu-pazione; i servizi a domanda indivi-duare: la scuola, la sanità e i traspor-ti; i servizi a domanda collettiva: ladifesa, la giustizia e l’ordine pubbli-co. Vedete che da un punto di vistadella spesa quelle che chiamo pre-stazioni pubbliche sono prevalenti;dal punto di vista del cambiamentosono prevalenti le azioni pubbliche.

Tutto questo discorso è per con-vincervi del fatto che valutare il suc-cesso di una politica è cosa bendiversa dal valutare la performancedi un servizio, sono due approccidiversi, non sono incompatibili, mariguardano domini diversi. In segui-to farò anche qualche considerazionesul valutare la performance di unservizio. Però quello che a me inte-ressa, e credo sia comunque impor-tante, anche se non generalizzabile epervasivo, sia valutare il successo diuna politica intesa come tentativo dicambiare comportamenti e condizio-

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ni di una particolare propria azionein una direzione desiderata. L’ap-proccio alla valutazione del successodi una politica è diverso dall’approc-cio di valutare la performance di unservizio, nonostante qualcuno tendaa dire: “ma è tutto lo stesso perché ètutto efficienza ed efficacia”; non èvero. La strumentazione, i dati neces-sari, il tipo di back ground che ènecessario per il valutatore, è diversonel caso si valuti il successo di unapolitica da quello in cui si valuta laperformance di un servizio.

Mi occupo di come si valuta ilsuccesso di una politica, ma convin-cetevi del fatto che non è leggibiletutta l’azione della Pubblica Ammi-nistrazione sotto l’ottica di valutareil successo di una politica.

Le due domande principali checi si pone quando si valuta il succes-so di una politica, sono: com’è stataattuata? Ha ottenuto gli effetti desi-derati? Quindi, sono soldi ben spe-si? Questa domanda generale, tra-sversale a tutta l’attività della Pub-blica Amministrazione qui è decli-nata in questo senso molto preciso:com’è stata attuata la politica e,soprattutto, ha ottenuto gli effettidesiderati?

Il discorso è ancora astratto, maadesso diventerà concreto. Faccio ilprimo esempio di politica pubblicaintesa come tentativo di modificarecomportamenti per risolvere unproblema. Gli esempi che posso faresono infiniti, ne faccio quattro, per-ché sono cose di cui mi sono occupa-to, quindi i risultati che vi facciovedere li ho ottenuti direttamentecon i miei collaboratori.

Questa è una politica un po’strana, però esiste, è stata approva-

ta: incentivi alle imprese per la sta-bilizzazione dei precari. L’idea èquella di combattere il lavoro preca-rio dando alle imprese sussidi con-dizionati al fatto che trasformino uncontratto di lavoro precario di unproprio dipendente, collaboratore atempo determinato o Co.Co.Pro. inlavoratore a tempo indeterminato.Questa è una cosa piccola, però èemblematica di un’ampia tipologiadi politiche caratterizzate, comedicevo prima, dal tentativo di favo-rire comportamenti desiderabili daparte di attori economici offrendoloro un incentivo condizionatoall’adozione di quei comportamenti,cioè vogliamo che gli attori econo-mici facciano delle cose che non fan-no, o fanno in maniera limitata, glidiamo dei soldi per farlo. Questa èun’intera classe di politiche, di cuil’esempio che vi offro è un caso par-ticolare.

In questo caso particolare, ano-nimo perché il policy maker nonvuole che se ne parli in pubblicoperché è un po’ imbarazzato dairisultati della mia valutazione,comunque, l’ha commissionata, poii risultati erano imbarazzanti. Que-sto Ente Pubblico, che resterà inno-minato, ha stanziato nel 2007 circa10.000.000 di euro, (che non sonoproprio noccioline), per offrire con-tributi alle imprese, 5.000 euro cia-scuna, che avessero assunto a tempoindeterminato propri collaboratori aprogetto o tempo determinato.Quindi: “io ho un tempo determina-to, lo trasformo in tempo indetermi-nato e questo Ente Pubblico mi dà5.000 euro di incentivo, o di pre-mio”. Sono sicuro che in Sardegnaavrete politiche di incentivazione di

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questo tipo, magari non questa inparticolare, ma non vi suona cosìstrano dare soldi alle imprese perfare delle cose.

Come valuto il successo di que-sta politica? Come faccio a dire sesono soldi ben spesi? Ma le doman-de cruciali, e sono domande crucialiper questo tipo di politiche pubbli-che, sono: le imprese richiedono gliincentivi? Assumono i precari?Quindi, qual è il tiraggio della misu-ra, qual è il tasso di partecipazione?Questa è una domanda di tipodescrittivo relativamente facile.

Quella che è difficile, questa èla sfida intellettuale di cui vogliorendervi partecipi oggi, è: gli incen-tivi modificano i comportamenti,cioè inducono ad assumere i preca-ri? Questa è una domanda moltopiù difficile, a cui è molto più diffici-le rispondere perché coinvolge unanozione fondamentale di causalità,cioè sono gli incentivi che causanol’assunzione di precari o questisarebbero stati assunti comunque? Ècosì, in generale, per qualunqueincentivazione alle imprese c’è que-sta domanda di fondo: l’avrebberofatto comunque e, quindi, sono sol-di buttati dalla finestra, o l’hannofatto grazie agli incentivi, quindisono soldi ben spesi?

Prendiamo il primo scenario:nessuna impresa richiede i contribu-ti per la stabilizzazione dei precari:Qui la valutazione è semplice: lapolitica è un fallimento, nessuno harichiesto i contributi, l’effetto sullestabilizzazioni dei precari è zero;fine della valutazione. Questo è loscenario in cui nessuna impresarichiede i contributi, il bando vadeserto.

Lo scenario due, invece, è mol-to più probabile ed implicitamentepiù rilevante e si è verificato in que-sto caso. Le imprese richiedono tuttii contributi disponibili, il take uprave è 100%, il tiraggio è 100%, tuttipartecipano, tutte le imprese richie-dono i contributi fino ad esaurimen-to dei fondi. La domanda resta: lapolitica è un successo? L’effetto sul-le stabilizzazioni può essere ancorazero, il fatto di spendere i soldi nonsignifica che abbiamo prodotto uneffetto, non significa che sono soldiben spesi, è molto più complicatorispondere a questa domanda edoccorrono concetti adatti a questasituazione, che sono quelli di effetto.Probabilmente nessuno di voi oquasi, tranne qualche eccezione,spero, ha sentito parlare del termine“controfattuale”, adesso spiegocos’è. Controfattuale è ciò che sareb-be successo se non avessimo fattoqualcosa, è un concetto filosofico, sevolete, che però è fondamentaleanche dal punto di vista empiricoper rispondere alla domanda: lapolitica ha avuto effetti? Bisognaconfrontare ciò che è successo dopol’applicazione della politica, del ten-tativo di cambiamento, con ciò chenon sarebbe successo se non avessi-mo fatto quella politica.

Però voglio ribadire che questoè un concetto fondamentale per valu-tare le azioni pubbliche. Non vogliolasciarvi con l’impressione che sia unconcetto fondamentale per tutta lavalutazione di tutta l’attività pubbli-ca. É un concetto fondamentale in unambito ristretto, che è quello in cuivogliamo capire se i cambiamentiavvenuti sono avvenuti grazie ai sol-di che abbiamo speso.

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Nel caso specifico delle impresee dei sussidi alla stabilizzazione deiprecari non solo soldi ben spesi se leimprese che hanno richiesto i contri-buti avevano intenzioni di stabilizza-re i precari comunque, anche inassenza di incentivo; allora, se l’aves-sero fatto comunque, possiamo con-cludere che non sono soldi ben spesi.

Sono soldi ben spesi, viceversa,se la politica raggiunge l’obiettivo difar assumere i precari, che sarebberorimasti precari se non ci fosse statol’incentivo.

Poi come si fa è tutto un altropaio di maniche, però l’importante èmettere a fuoco l’obiettivo cognitivofondamentale, dobbiamo capirecosa sarebbe successo in assenza dipolitica pubblica per stabilire l’effet-to e, quindi, per stabilire se l’obietti-vo è stato raggiunto e se i soldi sonoben spesi.

In una frase più coincisa: sonosoldi ben spesi se la politica produ-ce gli effetti desiderati, che sembraun po’ una tautologia, tante paroleper arrivare ad un concetto. L’im-portante è ricordare, soprattutto perquesto tipo di politiche, che spende-re tutto non è lo stesso che produrrel’effetto desiderato; spendere tutto,in certe situazioni, può voler direbuttare i soldi dalla finestra.

Nel caso specifico il nostro enteha speso 10.000.000 di euro in pochesettimane, una prima tranche di mil-le contributi sono andati a ruba, agennaio 2007; seconda tranche dimille contributi a settembre 2007,anche questi esauriti in poche setti-mane; quindi, un grande successo, eil policy maker in questione dichia-ra ai giornali: “Grazie ai nostri con-tributi duemila precari hanno trova-

to lavoro”. Poi ci ha chiesto di veri-ficare se era vero, quindi onore almerito, poi però non vuole che sidica in giro, ma è umano.

Come si misura l’effetto sullestabilizzazioni di precari in questapolitica? Occorre stimare quantiprecari le imprese avrebbero assun-to in assenza di contributi e fare ladifferenza rispetto a quanti sono sta-ti assunti con i contributi; occorrestabilire il controfattuale, ciò chesarebbe successo in assenza di con-tributi.

“Sliding doors”, chi non havisto il film? È un film sul controfat-tuale, c’è lei che corre nella metropo-litana e le sliding doors si chiudonoe c’è uno scenario, quello in cui restafuori e la sua vita ha un percorso;poi si ripete la scena e lei entra nellametropolitana, arriva a casa e trovail fidanzato a letto con l’amica e lasua vita prende un corso completa-mente diverso. È l’unico film sulcontrofattuale che abbia visto.

Adesso che ho attirato la vostraattenzione con questa graziosa fan-ciulla, vi faccio vedere la scienza.Questo grafico non è così difficile,sull’asse orizzontale c’è il tempo, dagennaio 2004 a gennaio 2008, la poli-tica è stata attuata in quelle due bar-re verticali, la prima tranche a gen-naio 2007, la seconda tranche a set-tembre 2007, quindi quella è la poli-tica pubblica attuata: mettere adisposizione delle imprese millesussidi per stabilizzare i precari.Quelle linee che vedete, quella lineanera, solida, è l’andamento delle tra-sformazioni di contratti precari incontratti a tempo indeterminato inquesta circoscrizione geografica, cheresterà innominata. Vedete, c’è un

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andamento crescente nel tempo, mamolto irregolare, in realtà, irregola-rissimo ed affetto da stagionalità,come vi potreste aspettare. I picchibassi sono il mese di agosto, ad ago-sto meno persone vengono assuntee, in particolare, meno contratti pre-cari vengono trasformati in contrattia tempo indeterminato. I picchi altisono i mesi di gennaio e settembre,molti contratti iniziano a gennaio e asettembre. Quello che abbiamo fattoè molto semplice dal punto di vistastatistico, abbiamo stimato unmodello che riproduce l’andamentotra gennaio 2004 e gennaio 2007, lalinea tratteggiata, che è costruitasulla base di un modello previsiona-le, stimato sull’andamento reale deidati, e abbiamo fatto una semplicis-sima proiezione, che è quella lineatratteggiata da sola, da gennaio 2007a gennaio 2008; quello è ciò che imacroeconomisti chiamano il ten-denziale, è la nostra stima di quelloche sarebbe successo in assenza diincentivi.

Proseguendo, prima del 2007non c’erano incentivi, questo è unrequisito fondamentale di questavalutazione. Si valuta l’effetto diuna politica nuova, di una sorpresa;tra il 2004 ed il 2007 non c’eranoincentivi alla stabilizzazione deiprecari, il mercato del lavoro funzio-nava per conto suo, e tra i 500 ed i1.000 precari venivano stabilizzati inquest’area geografica ogni mese.Nel gennaio del 2007 ce ne saremmoaspettati un certo numero, nel set-tembre 2007 un altro numero.

Questo è il controfattuale cosìcome noi lo stimiamo sulla base del-la storia passata, cioè ciò che sareb-be successo se non ci fosse stata la

politica. L’effetto è lo scostamentotra ciò che è successo e ciò che cisaremmo aspettati in assenza dipolitica, quindi la distanza tra lalinea blu, che è quello che è succes-so, e la linea tratteggiata, quello chesarebbe successo, è la nostra misuradell’effetto scientifica, se volete,rigorosa, io direi, intellettualmenteonesta dell’effetto della politica.

Facciamo un po’ di conti peressere concreti. L’effetto sembraessere di circa 500 stabilizzazioni agennaio e circa 200 a settembre,quindi 700 stabilizzazioni addizio-nali sulle 2.000 finanziate. I nostriconti dicono che quelle addizionali,rispetto a quelle che sarebbero suc-cesse comunque, sono 700. Ciascunastabilizzazione comprata dall’EntePubblico costa, in realtà, 14.000euro, perché loro hanno speso20.000.000 di euro per finanziarne2.000. Noi diciamo che di queste2.000, 1.300 sarebbero successecomunque, sulla base del trand pro-iettato in avanti; 700 sono quellecomprate, causate dall’Ente Pubbli-co, dalla politica, quindi non costa-no 7.000 euro ciascuna, ma stabiliz-zare un precario costa 14.000 euro.

Sono soldi ben spesi? Uno puòcominciare ad avere dei dubbi chevalga la pena spendere 14.000 europer causare la stabilizzazione di unprecario.

Ma ho un dubbio: le stabilizza-zioni sono andate così anche altro-ve, in assenza di incentivi? Abbiamousato due Enti Pubblici limitroficome gruppo di controllo, perché ilvalutatore deve essere scetticoanche rispetto ai risultati che ha rag-giunto. Ci siamo detti: prendiamocircoscrizioni limitrofe, Enti Pubbli-

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ci territoriali limitrofi che non hannoattuato questa politica e vediamo seè successa la stessa cosa. Purtroppoè successa la stessa cosa, nell’Ente“Y” nessun incentivo nel 2007, quin-di in quelle due barre verticali non èstata attuata nessuna politica pub-blica di quel tipo, però c’è un effettocomunque. Vuol dire che non è cau-sato dagli incentivi, ma da movi-menti generali nel mercato del lavo-ro. Abbiamo fatto con l’ente “W”, lostesso esercizio, ed anche lì c’è lostesso effetto. Quindi, con una pro-cedura leggermente più sofisticatadi differenze nelle differenze abbia-mo scontato quello che succedevanegli Enti limitrofi da quello che èsuccesso nell’Ente che ci interessa-va: è risultato che l’effetto addizio-nale è quasi nullo, a gennaio c’èquella piccola differenza, però guar-date settembre, sono praticamenteidentici.

Ad essere generosi, le stabiliz-zazioni causate dagli incentivisono circa 200 sulle 2.000 finanzia-te. Facciamo un po’ di conti:10.000.000 di denaro pubblico percausare 200 stabilizzazioni addi-zionali, fa 50.000 euro a stabilizza-zione; quindi, costa 50.000 eurostabilizzare un precario. Apparen-temente costa 5.000 euro, ma que-sto, considerando un’efficaciatotale, un effetto totale, cioè consi-derando che la mia azione pubbli-ca ha modificato i comportamentidelle imprese, che diversamentenon avrebbero assunto questi pre-cari. L’analisi che abbiamo fattomostra che sarebbe successocomunque, perché è successoanche altrove. Quello che abbiamospostato sono 200 imprese, che

abbiamo indotto ad assumere pre-cari, e costa 50.000 euro assumereun precario, che equivale alla retri-buzione di due anni. Su questo c’èun po’ da riflettere.

Sono soldi ben spesi? Alla fineresta una questione politica. La valu-tazione dà degli strumenti per riflet-tere e, in particolare, per dare un giu-dizio di questo tipo su politiche diincentivazione. È cruciale avereinformazione plausibile su qual èl’effetto della politica, quindi occorreun metodo per ricostruire la situazio-ne controfattuale, non basta certoqualche fantasioso indicatore diimpatto, bisogna fare un’analisi diquesto tipo, di tipo controfattuale.

Secondo esempio di politicapubblica: prevenzione degli infortu-ni sul lavoro. Anche questo va mol-to di moda, anzi, va più di moda deiprecari, si fa anche parecchia retori-ca. Si usano diversi strumenti perprevenire gli infortuni sul lavoro:interventi regolativi, sanzionatori, esi può usare formazione preventiva,formare i lavoratori ad essere piùattenti nell’uso degli strumenti e nelrispetto delle regole di prevenzione.

Ci siamo chiesti: la formazioneè efficace nel prevenire gli infortunisul lavoro? Applicata ad un casoparticolare, i cantieri dell’alta veloci-tà Torino – Milano. È stata un’operaciclopica realizzata tra il 2004 ed il2006 per le Olimpiadi, per la preci-sione tra Torino e Novara. Noi cioccupiamo della parte Piemontese;la Regione Piemonte ha speso un1.500.000 di euro per finanziare cor-si di formazione per prevenire gliincidenti sul lavoro.

La domanda è: sono soldi benspesi? Cioè la prevenzione serve

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effettivamente a prevenire gli inci-denti sul lavoro?

Altro grafico, non vi facciovedere equazioni, ma un po’ di gra-fici ve li devo far vedere. Sull’asseorizzontale c’è il tempo, come quasisempre in questi grafici, misurato intrimestri, dall’inizio, da quando illavoratore viene assunto, alla finedel cantiere. Sull’asse verticale,quello 02 – 04 sono numero di infor-tuni per mille giorni di lavoro. Con-sideratelo come una percentuale,comunque quello che conta è il livel-lo. La cosa interessaste è che i blusono quelli che hanno ricevuto unaformazione intensa; i rossi una for-mazione blanda, di tipo generale,non specifica alla mansione chesvolgevano; i verdi non hanno rice-vuto nessuna formazione. Visto cosìpuò portare alla conclusione sba-gliata: la formazione aumenta gliincidenti sul lavoro, perché quelliche sono stati formati hanno piùincidenti, che decrescono nel tempo,di quelli che hanno ricevuto menoformazione e hanno molto più inci-denti che quelli che hanno ricevutoformazione. È un caso ovviamentedi causalità inversa: giustamente laformazione è stata data a quelli cheerano più esposti a rischio di inci-denti. Queste differenze indicanosoltanto che sono stati formati ilavoratori più a rischio di infortu-nio.

Questo lo mettiamo da parte;confrontare formati e non formatisarebbe sbagliato se vogliamo capirese la formazione serve o non serve.Per ricavare l’effetto della formazio-ne non si possono confrontare lavo-ratori formati e non formati perchél’implicazione sarebbe che la forma-

zione fa aumentare gli incidenti;però molto facile sarebbe dire:“Guardiamo l’andamento nel tem-po”. La formazione è avvenuta piùo meno a metà o ad un certo puntonel corso della vita del cantiere, odel contratto del lavoratore, ed il fat-to che questa linea sia decrescentenel tempo può essere interpretatocome effetto della formazione. Infat-ti così, l’ha interpretata la RegionePiemonte, che ha detto: “Gli inci-denti tra prima della formazione edopo la formazione sono diminuitidel 23%, quindi la formazione è ungrande successo”.

In realtà, questo è successoanche per chi non ha fatto formazio-ne, quindi c’è qual cos’altro, c’è ilfatto che nella vita di un cantiere lelavorazioni più pericolose sonoall’inizio del cantiere. C’è una dina-mica spontanea negativa, che tendea ridurre gli incidenti nel corso del-la vita del cantiere. Non possiamoattribuire quell’andamento negativocome effetto della formazione, dob-biamo applicare una procedura leg-germente più sofisticata, non cosìintuitiva: calcolare l’incidenza degliinfortuni prima e dopo la formazio-ne per i formati. Mettiamo che questisiano incidenti avvenuti prima deicorsi di formazione, e questi avvenu-ti dopo i corsi di formazione. C’è unadifferenza, però se imputiamo unadata di formazione per i non formatie calcoliamo la differenza pre e postanche per i non formati, diciamo cheformazione per i non formati sarebbeavvenuta, la procedura è più sofisti-cata, ma comunque intuitivamente, ametà, abbiamo anche un prima edopo per i non formati. Questi sono inumeri reali: 07 incidenti prima della

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formazione per i formati, 056 dopo laformazione per i formati; ed è unabella caduta.

Però per i non formati, quelliche non hanno fatto formazione, c’èuna caduta tra 021 e 012: Quello èl’effetto della formazione, l’effettodifferenziale. Se voi fate 071 meno021, fa 050; però 056 meno 012, fameno di quello. Quindi, c’è unoschiacciamento. Questo è indizio delfatto che c’è un effetto, e si può rica-vare il controfattuale facendo 071,quello che è successo prima dellaformazione ai formati, meno la dif-ferenza che osserviamo tra i non for-mati, che è 009, 021 meno 012, che è062. Quello 062, sulla base di questalogica, è quanti incidenti ci sarem-mo aspettati tra i formati se nonavessero fatto la formazione. Però seabbiamo 056, l’effetto è 056 meno062, 006, che è una riduzione del9,6%, che è meno del 23%, confron-tando soltanto il pre e post dei for-mati, ma è comunque qualcosa, èuna riduzione del 10%.

Adesso poi riprendo il grafico. Ilmessaggio che voglio lanciarvi è chebisogna avere cautela nell’attribuiremeriti e demeriti ad un intervento; seavessimo fatto il confronto tra forma-ti e non formati avremmo conclusoche la formazione è dannosa; facen-do un confronto prima e dopo per iformati avremmo concluso con unottimistico meno 23%. E la RegionePiemonte ha detto “Abbiamo ridottodi un quarto gli incidenti grazie allaformazione”. È un po’ ottimisticoperché attribuisce tutta la dinamicaspontanea alla politica; il doppioconfronto formati e non formati, pri-ma e dopo, con e senza, porta ad unmodesto 9,6 %. È un risultato scienti-

fico questo, è vero, incontrovertibile?È comunque soggetto ad un assunto,che è quello che la dinamica cheosserviamo per i non formati sisarebbe riprodotta per i formati iden-ticamente; questo è un assunto arbi-trario, che imponiamo sui dati, non èvero, è una nostra presunzione.

Quindi, l’assunto cruciale è chepossiamo sottrarre da 071, quello dacui siamo partiti, meno 009, ma que-sto non è scientifico, è un assuntoarbitrario. Abbiamo raggiunto unrisultato più plausibile, più realisti-co, ma non è un risultato oggettivo;l’oggettività è sostanzialmenteimpossibile, la plausibilità, l’onestàintellettuale sono possibili e sonoperseguibili; l’oggettività assoluta,la verità assoluta non è di questomondo, non è di queste cose.

Penultimo esempio: la patentea punti. Questa è una politica moltofacile da valutare, soprattutto nellasua dimensione più evidente: lariduzione dei morti sulle strade.Questi sono anche dati reali, sull’as-se orizzontale c’è il tempo in annidal ’79 al 2004, la patente a punti,come ricordate, è stata introdottanell’estate del 2003. Quello chevedete è l’andamento decrescente,nel tempo, dei morti per incidentestradale tra la fine degli anni ‘70 el’inizio di questo secolo, l’andamen-to è tendenzialmente decrescente;quindi, come faccio a stabilire sequell’ultimo quadratino rappresen-ta una riduzione reale? Il modo piùintuitivo è quello di confrontarlocon l’anno precedente, confrontareil 2003 con il 2004, e chiamare quelloeffetto della patente a punti.

In realtà, l’andamento nel tem-po è irregolare, quindi è più oppor-

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tuno utilizzare un modello, adesempio, far passare una linea rettatra i punti che rappresenta il trend;proiettare il trend in avanti ed otten-go quei punti tratteggiati. Quello è ilcontrofattuale, una stima, quello chesarebbe successo al numero di inci-denti stradali se non ci fosse stata lapatente a punti; la stima viene fuorimeno 484 decessi,. Quindi, secondoquesto modello la patente a punti haridotto gli incidenti stradali di circa500 in un anno.

Però è arbitrario far passareuna linea retta, non tiene conto delfatto che negli ultimi anni c’era untendenziale aumento degli incidentistradali. Un modello leggermentepiù sofisticato è un modello nonlineare: faccio passare una parabola,proietto in avanti questo trend nonlineare ed ottengo un effetto di circa1.000 decessi ridotti dalla patente apunti.

Qual è la verità? La verità nonla possiamo raggiungere, possiamoragionevolmente dire che la patentea punti ha risparmiato tra le 500 e le1.000 vite umane nel primo anno diattuazione. Però questo è un esem-pio di scuola, che infatti ho introdot-to anche nel libro che sto pubblican-do, perché è molto semplice nellasua struttura logica ed aiuta a riflet-tere sul controfattuale, su come sipuò ricostruire la situazione contro-fattuale, che è ciò che sarebbe suc-cesso se le cose fossero andate avan-ti secondo il loro trend naturale.

Questa non vi dico cos’è per-ché è una cosa che riguarda la Sar-degna. È una Legge di finanzia-mento delle imprese, ma non soquale sia perché sto aiutando undottorando di ricerca ad analizzare

questa Legge. Voglio soltanto farvivedere la logica, che è un’altra logi-ca diversa da quella temporale. Hodeciso di introdurre questo casoper introdurre un po’ di variazioni.Fino adesso avete avuto le cose cheriguardano il tempo, sull’asse oriz-zontale adesso c’è la posizione ingraduatoria, tra 0 e 150 ci sono leultime ammesse in graduatoria adun finanziamento pubblico, tra la160esima e la 300esima sono le pri-me 150 escluse. Questo tipo diapproccio, che si chiama confrontointorno al punto di discontinuità,sfrutta la discontinuità generata dauna graduatoria; i primi 150 hannoricevuto l’incentivo pubblico, lesuccessive 150, pur non essendomolto diverse perché sono contiguein graduatoria, non hanno ricevutoil finanziamento pubblico. Sull’asseverticale c’è la probabilità di cessa-zione a tre anni di distanza, quindila probabilità di sopravvivenza,vedete come c’è una discontinuitànetta tra le ammesse al finanzia-mento, che indipendentemente dal-la posizione in graduatoria hannouna probabilità di cessazione del40%. Quelle non ammesse in gra-duatoria, non ammesse al finanzia-mento, ma subito dopo in gradua-toria, non sono così diverse allealtre, ma hanno una probabilità dicessazione di 20 punti percentualepiù alta.

Questa discontinuità attornoalla soglia è un chiaro indizio che lapolitica sta funzionando perchéabbiamo dato sussidi ad alcuneimprese e non dato sussidi ad alcu-ne imprese abbastanza simili, per-ché contigue in graduatoria, le unecessano con una probabilità del

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40%, le altre cessano con una proba-bilità del 60%. Quel 20% di differen-za è chiaramente l’effetto della poli-tica. Poi dopo la 240 esima vedeteche la probabilità di cessazioneaumenta addirittura, vuol dire che ilvero confronto va fatto per una ban-da molto più ristretta, bisogna pren-dere le prime 70 – 80 escluse, le pri-me escluse e le ultime incluse edattorno a quella soglia il confrontorivela effettivamente l’effetto dellapolitica.

Questi sono quattro esempi dicome, utilizzando la logica contro-fattuale, si può determinare se unapolitica ha avuto effetto o non haavuto effetto.

Morale: valutare gli effetti diuna politica pubblica non è un’ope-razione scientifica, non credo si deb-ba usare il termine scientifico, ma sidebba usare il termine rigoroso esoprattutto il termine onestà intel-lettuale; bisogna avere chiari qualisono gli obiettivi cognitivi che ci sipone e perseguirli con rigore edonestà intellettuale.

L’approccio controfattuale, dicui vi ho fatto vedere alcuni esempi,si applica solo alle politiche, inter-venti mirati a produrre un cambia-mento che potrebbe prodursicomunque. Valutare le prestazioni,cioè i servizi pubblici, richiede unaltro approccio; quindi, dimentica-tevi tutto quello che vi ho detto. Se ilvostro obiettivo è quello di valutarele prestazioni di servizi pubblici,l’approccio dominante è quellobasato sulla triade: efficienza, effica-cia ed economicità; smitizziamole!Cosa vogliono dire questi tre termi-ni? Efficienza vuol dire minimizzarei costi evitando sprechi; efficacia

vuol dire soddisfare le aspettativedell’utente e gli standard di qualità,non c’è controfattuale qua; economi-cità vuol dire acquistare senza farsifregare, detto papale papale.

Al di là di tutta la retorica dimolti termini altisonanti: obiettivi,rendimenti, benefici, indicatori, dicui è piena questa lettura, buonandamento della Pubblica Ammini-strazione, quindi prestazioni e servi-zi, significa contenere i costi e miglio-rare la qualità; qui non ci sono effettida misurare, ma si tratta di valutarese i costi sono stati contenuti e se laqualità è migliorata.

Una cosa da importante tenerpresente, che nel discorso sull’effi-cienza ed efficacia si perde, è che èdifficile perseguirli entrambi. C’èchiaramente un trade off tra costo equalità. Vi presento un grafico fan-tasioso, diverso da quelli passati, daquelli che vi ho fatto vedere prima,perché qui la logica è completamen-te diversa. Esiste probabilmente unafrontiera di possibilità tra qualità econtenimento del costo, al di là diquesta frontiera non si può andare.E se ci si trova sulla frontiera, la scel-ta è fondamentalmente di tipo poli-tico: se rinunciare alla qualità percontenere i costi, o aumentare laqualità ed aumentare i costi. Di fat-to, ci si trova spesso al di sotto dellafrontiera, quindi in posizioni in cui,con scelte di tipo tecnico, non biso-gna fare scelte di tipo politico. Inteoria, si può migliorare la qualità econtenere i costi; di fatto, la tenden-za è quella di rinunciare ad uno afavore dell’altro: la storia del mae-stro unico, ce la contino o non ce lacontino, è una misura di conteni-mento dei costi che rappresenta un

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sacrificio in termini di qualità, quin-di è uno spostamento in questa dire-zione. Eravamo già in una situazio-ne lontana dalla frontiera dell’otti-mo, ci siamo spostati o se fossimostati sulla frontiera, comunque, cisaremmo chiaramente spostati ver-so il contenimento dei costi, ma conun sacrificio in termini di qualità.

Qui la vera sfida non è l’analisicontrofattuale, non sono le cose chevi ho raccontato, ma è la creazionedi standard di costo e di qualità, espostare l’attività pubblica con deglistandard sempre più sfidanti versola frontiera. Una volta raggiunta lafrontiera, la scelta tra costo e qualitàdiventa una scelta di tipo politico enon tecnico.

Per concludere questa provoca-zione, abolirei i termini efficienza edefficacia. I giuristi mi saltano sem-pre addosso, lo faccio apposta perfarmi saltare addosso ma quello checonta è il costo e la qualità delle pre-stazioni pubbliche, e la sfida è rico-noscere il trade off tra i due ed indi-viduare gli standard giusti; questa èla partita della valutazione delleprestazioni pubbliche.

Se parliamo di effetti delle azio-ni, o delle politiche pubbliche, par-liamo di un insieme più ristretto ecircoscritto di attività pubbliche,quelle mirate ad un cambiamento, ela sfida qui, invece, è quella che viho illustrato con gli esempi, di rico-struire il controfattuale quando ciò èpossibile.

Ma la chiave di tutto, per torna-re al punto che ho sottolineatoall’inizio, è che qualcuno si ponga ladomanda “Sono soldi ben spesi?”,senza sapere la risposta. È necessa-rio che esista un dubbio da parte di

qualcuno sul fatto che i soldi sianoben spesi e non ci sia una presunzio-ne di efficacia o di perfezione.

Chi si deve porre questa doman-da? Qui vengo ad alcune considera-zioni che rispondono anche alle solle-citazioni che mi dava il dottor Mereuall’inizio, se lo può porre l’Esecutivo.È abbastanza naturale che una Giuntasi ponga il problema se sono soldi benspesi. Ma l’Esecutivo non basta,secondo me, è importante il ruolo del-l’assemblea legislativa, del ConsiglioRegionale nel caso specifico delleregioni, come motore, come stimolo aporsi le domande se i soldi sono benspesi. Le forze sociali dovrebbero por-si quest’interrogativo; i media, in Ita-lia il discorso dei media è particolar-mente delicato, sono particolarmentecarenti rispetto alla realtà statunitensecome stimolo alla verifica dei risultatidell’azione pubblica.

Voglio segnalarvi l’esperienzaamericana di legislative oversight,che abbiamo tradotto in Italia con“controllo delle assemblee sullepolitiche degli interventi regionali”,e abbiamo dato vita al progetto“Capire”, che significa controllo del-le assemblee sulle politiche degliinterventi regionali, a cui aderisceanche il Consiglio Regionale dellaSardegna, ed è il tentativo di stimo-lare i Consigli Regionali a farsi cari-co del ruolo di controllori dell’attua-zione delle Leggi e dell’efficacia del-le politiche; quello che in inglese sichiama “legislative oversight”, con-trollo delle assemblee legislative.

Per concludere, una volta postala domanda, e ci vuole qualcuno cheponga la domanda sinceramente:“Sono soldi ben spesi?”, sia riguar-do alle azioni pubbliche, sia riguar-

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do alle prestazioni pubbliche, occor-re fare molte cose. Occorre metterlaa fuoco, scegliere il metodo, e perquesto ci vogliono competenze tec-niche; trovare i dati, ma non esisto-no in natura, bisogna andarseli atrovare e si devono costruire. Lascusa che spesso si sente “I dati nonci sono”, è una bugia con le gambecorte, i dati si trovano, si costruisco-no, purché ci sia la volontà di porsiquesta domanda. Si tratta di trarrele conclusioni e di utilizzare i risul-tati per decidere. Se manca quest’ul-timo elemento, a cascata diventatutto inutile.

Quindi, è una questione fonda-mentalmente di volontà politica,non voglio con questo sminuire ilmio ruolo e quello dei tecnici, maquest’impresa non può essere affi-data ai tecnici; o esiste la volontà diporsi, da parte dei policy maker, indiscussione, mettere in discussionequello che fanno e verificare glieffetti di quello che fanno, o la qua-lità ed i costi delle prestazioni che iloro enti erogano diventa un eserci-zio abbastanza sterile.

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ica?

Com

e faccio

a d

ire

se s

ono

“sold

i ben s

pesi”?

45

Le d

om

ande c

rucia

li

Le

im

pre

se

ric

hie

do

no

gli

ince

ntivi?

Assu

mo

no

i p

reca

ri?

Gli

ince

ntivi m

od

ific

an

o i

co

mp

ort

am

en

ti?

In

du

co

no

ad

assu

me

re i p

reca

ri?

46

Scenario 1

: n

essuna

impre

sa r

ichie

de i

contr

ibuti

La

po

litic

a è

un

fa

llim

en

to

Effe

tto

su

lle s

tab

ilizza

zio

ni d

ei

pre

ca

ri =

ZE

RO

47

Scenario 2

: le im

pre

se

richie

dono tutti i contr

ibuti

dis

ponib

ili

La

po

litic

a è

un

su

cce

sso

?

L’e

ffe

tto

su

lle s

tab

ilizza

zio

ni p

an

co

ra e

sse

re Z

ER

O!

48

Occorr

ono c

oncetti

adatti alla

situazio

ne

In p

art

icola

re

quello

di “e

ffetto”

e

di “c

ontr

ofa

ttuale

49

NO

N s

ono s

old

i ben s

pesi se

le im

pre

se c

he h

anno

richie

sto

i c

ontr

ibuti

avevano inte

nzio

ne d

i

sta

bili

zzare

i p

recari

com

unque (

anche in a

ssenza

di in

centivo)

50

Sono s

old

i ben s

pesi se la

polit

ica r

aggiu

nge l’o

bie

ttiv

o d

i

fare

assum

ere

pre

cari c

he

sare

bbero

rim

asti p

recari s

e

non c

i fo

sse s

tato

l’in

centivo

51

Sono s

old

i ben s

pesi se la

polit

ica p

roduce g

li effetti

desid

era

ti

Spendere

tutto n

on è

lo

ste

sso c

he p

rodurr

e

l’effetto d

esid

era

to

52

Il n

ostr

o E

nte

ha

sp

eso

5 m

ilio

ni

in p

och

e s

ett

ima

ne

Un

a p

rim

a t

ran

ch

e d

i 1

00

0

contr

ibuti a

iniz

io 2

007

Se

co

nd

a t

ran

ch

e d

i 1

00

0

contr

ibuti a

fin

e 2

007

53

Co

me

si m

isu

ra l’e

ffe

tto

su

lle

sta

bili

zza

zio

ni d

ei p

reca

ri?

Occorr

e s

tim

are

quanti p

recari

le im

pre

se a

vre

bbero

assunto

in

assenza d

i contr

ibuti e

fare

la

diffe

renza r

ispetto a

quanti s

ono

sta

ti a

ssunti c

on i c

ontr

ibuti

54

Occorr

e s

tabili

re il

CO

NT

RO

FA

TT

UA

LE

= c

iò c

he

sa

reb

be

su

cce

sso

in

asse

nza

di

co

ntr

ibu

ti

55

56

Scosta

mento

= e

ffetto

57

In q

uesto

caso l’e

ffetto p

are

essere

di 500 s

tabili

zzazio

ni a

iniz

io 2

007 e

circa 2

00

a fin

e 2

007

(700 s

tabili

zzazio

ni addiz

ionali

sulle

2000 fin

anzia

te)

58

Cia

scuna s

tabili

zzazio

ne

“co

mp

rata

” d

all’

En

te

pu

bb

lico

co

sta

in

re

altà

10

mil/

70

0 =

14

.00

0 e

uro

e n

on

5.0

00

eu

ro!

59

Un d

ubbio

: le

sta

bili

zzazio

ni

so

no

an

da

te c

osì

an

ch

e

altro

ve

, in

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nza

di

ince

ntivi?

Usati d

ue E

nti p

ubblic

i

limitro

fi c

om

e g

ruppo d

i

contr

ollo

60

ste

ss

o “

eff

ett

o”!

61

ste

ss

o “

eff

ett

o”!

62

L’e

ffe

tto

ad

diz

ion

ale

è q

ua

si

nu

llo

63

Ad

esse

re g

en

ero

si, le

sta

bili

zza

zio

ni ca

usa

te

da

gli

ince

ntivi so

no

circa

20

0

sulle

2000

finanzia

te

64

Ma 1

0 m

ilioni/200 =

50.0

00 e

uro

Costa

50.0

00 e

uro

sta

bili

zzare

un p

recario!

65

Sono s

old

i ben s

pesi?

Pe

r d

are

un

giu

diz

io d

i

qu

esto

tip

o è

cru

cia

le

ave

re in

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azio

ne

pla

usib

ile s

u q

ua

l è

l’e

ffe

tto

de

lla p

olit

ica

66

Occo

rre

un

me

tod

o p

er

rico

str

uire

la

situ

azio

ne

co

ntr

ofa

ttu

ale

Non b

asta

cert

o q

ualc

he

fanta

sio

so “

indic

ato

re di

impatto”

67

Secondo e

sem

pio

di

polit

ica p

ubblic

a: la

pre

venzio

ne d

egli

info

rtuni sul la

voro

(d

ivers

i str

um

enti:

regole

, sanzio

ni,

form

azio

ne p

reventiva)

68

La f

orm

azio

ne è

effic

ace n

el pre

venire g

li

info

rtuni sul la

voro

?

Evid

enza d

ai cantieri d

ei

treni ad a

lta v

elo

cità T

O-M

I

69

Fo

rma

zio

ne

in

ten

sa

Fo

rma

zio

ne

bla

nd

a

Ne

ss

un

a f

orm

azio

ne

70

inte

ns

a

bla

nd

a

ne

ss

un

a

Qu

este

dif

fere

nze

ind

ican

o s

olt

an

to c

he

so

no

sta

ti f

orm

ati

i

lavo

rato

ri p

iù a

ris

ch

io

di in

fort

un

io

71

Pe

r rica

va

re l’e

f fe

tto

de

lla

form

azio

ne

non s

i possono c

onfr

onta

re

lavora

tori form

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non-

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(l’i

mplic

azio

ne s

are

bbe c

he la

form

azio

ne fa a

um

enta

re

gli

incid

enti!)

72

Fo

rmazio

ne i

nte

nsa

Ten

tazio

ne

di

att

rib

uir

e t

utt

a l

a

dim

inu

zio

ne

osserv

ata

alla

form

azio

ne

- 23%

73

intensa

nessuna

L’a

ndam

ento

para

llelo

tra form

ati e

non form

ati

suggerisce c

he l’e

ffetto

è m

olto p

iù p

iccolo

74

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ola

re l’in

cid

enza

degli

info

rtuni prim

a e

dopo la form

azio

ne p

er

i fo

rmati

75

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puta

re”

una d

ata

di

form

azio

ne p

er

i non-

form

ati e

calc

ola

re la

diffe

renza p

re-p

ost

76

0,0

71

0,0

56

0,0

21

0,0

12

0,0

71-

0,0

9=

0,0

62

Co

ntr

ofa

ttu

ale

?

77

0,056

0,062Effetto?

-0,006

-9,6%

78

Caute

la n

ell’

attribuire m

eriti e

dem

eriti a

d u

n inte

rvento

Confr

on

to form

ati n

on-f

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la form

azio

ne è

dannosa

Confr

onto

prim

a-d

opo p

er

i fo

rmati:

Un o

ttim

istico –

23%

Doppio

con

fronto

form

ati n

on-f

orm

ati:

Un p

iù m

odesto

– 9

,6%

79

0,0

71

0,0

56

0,0

21

0,0

12

Assu

nto

cru

cia

le

0,0

71-

0,0

9=

0,0

62

80

Ultim

o e

sem

pio

:

la p

ate

nte

a p

unti

Ha r

idotto i m

ort

i

sulle

str

ade?

81

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055

0

060

0

065

0

070

0

075

0

080

0

085

0

090

0

0

79

80

81

82

83

84

85

86

87

88

89

90

91

92

93

94

95

96

97

98

99

00

01

02

03

04

an

ni

numero di decessi

intr

od

uzio

ne

pa

ten

te a

pu

nti

82

500

055

0

060

0

065

0

070

0

075

0

080

0

085

0

090

0

0

79

80

81

82

83

84

85

86

87

88

89

90

91

92

93

94

95

96

97

98

99

00

01

02

03

04

an

ni

numero di decessi

intr

od

uzio

ne

pa

ten

te a

pu

nti

Eff

ett

o=

-484

83

intr

od

uzio

ne

pa

ten

te a

pu

nti

Eff

ett

o=

-1094

84

Mora

le:

Va

luta

re g

li e

ffe

tti d

i u

na

po

litic

a p

ub

blic

a n

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era

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ne

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ntifica

”,

ma

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ò e

sse

re f

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a c

on

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e o

ne

stà

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ale

85

L’a

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roccio

co

ntr

ofa

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pp

lica

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lo a

lle

po

litic

he

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Inte

rventi m

irati a

pro

durr

e u

n

cam

bia

mento

(che p

otr

ebbe

pro

durs

i com

unque)

86

Va

luta

re le

pre

sta

zio

ni,

cio

è i s

erv

izi p

ub

blic

i,

rich

ied

e u

n a

ltro

ap

pro

ccio

Quello

dom

inante

è b

asato

sulla

dia

de E

ffic

ienza e

d

Effic

acia

87

Anzi, la t

riade

Effic

ienza

Effic

acia

Econom

icità

88

Sm

itiz

zia

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ffic

ien

za

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inim

izza

re i c

osti,

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nd

o

“sp

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ett

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de

ll’u

ten

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nd

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di q

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ità

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89

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di tu

tta la r

eto

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olti

term

ini a

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ti

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iett

ivi, r

en

dim

en

ti,

be

ne

fici, in

dic

ato

ri)

Bu

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de

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A

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nific

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- C

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ten

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-

Mig

liora

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à

90

Difficile

pe

rse

gu

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Tra

de

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ra

co

sto

e q

ua

lità

91

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dere

questa

pro

vocazio

ne

Effic

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Effic

acia

92

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e q

ualit

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La

sfid

a è

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osce

re il

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de

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div

idu

are

gli

sta

nd

ard

“g

iusti”

93

Effe

tti d

elle

azio

ni/ p

olit

ich

e

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bb

lich

e

La

sfid

a è

ric

ostr

uire

il

co

ntr

ofa

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(qu

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ossib

ile)

94

Ma la c

hia

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i tu

tto è

che q

ualc

uno s

i ponga la

dom

anda “

Sono s

old

i

ben s

pesi?

Senza g

sapere

la r

isposta

!

95

Chi si deve p

orr

e

questa

dom

anda?

• L’ E

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tivo

• L’ A

sse

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gis

lativa

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96

Una v

olta p

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la

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co

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sio

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Uti

lizzare

i r

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ltati

per

decid

ere

!

Sono venuto per ascoltareAlberto Martini perché sapevo cheavrei imparato, infatti ho preso unsacco di appunti.

Però volevo polemizzare un atti-mo con lui su un punto; più che pole-mizzare, segnare una visione legger-mente diversa sulla parte che riguar-da ciò di cui si occupa il libro che ilprofessor Martini sta scrivendo, unlibro bianco sulla valutazione dellepolitiche, soprattutto sul perché in Ita-lia se ne fa così poca rispetto ad altresituazioni.

A me è sembrato che le primedieci slide fossero, forse, eccessiva-mente pessimiste su questo punto;mi pare di capire che Alberto Marti-ni dice “Incrociate le dita e sperateche là fuori ci sia qualcuno onesta-mente interessato ad ascoltare unavalutazione rigorosa ada die”, il checertamente è una condizione suffi-ciente perché le cose avvengano.Però questo significa, forse, arrivarealla seguente conclusione, che se inItalia si fa pochissima valutazione laspiegazione sarebbe in una distribu-zione sfortunata dell’onestà intellet-tuale tra i politici rispetto a paesi neiquali si fa, invece, molta valutazio-ne. Ora non è che sia lontanissimodal credere una cosa del genere,però forse quello che sappiamo del-la statistica mi induce a pensare chenon dovrebbe essere così, ma poipossiamo pensare che siano mecca-nismi di selezione politica diversi epossiamo cominciare a scrivere

modelli su questo punto; ma lascia-mo per un attimo perdere.

Proprio in un incontro organiz-zato da Alberto Martini, da Trivella-to, per il consiglio italiano dellescienze sociali, ho avuto l’occasionedi sentire il parere di esperti interna-zionali, dai quali credo di avere avu-to molti suggerimenti e di avereimparato molto. Lì tendenzialmenteun’opinione, non dico prevalente,ma certamente diffusa, era più omeno la seguente: si fa valutazionequando si entra in una situazione diprofonda crisi per convincere “lapolitica” ad accettare la valutazione.Sto semplificando in modo brutale,è un po’ necessario che ci sia unasituazione di crisi importante.

Questo di per sé mi sembraabbastanza convincente, penso chel’Italia abbia generato un debitopubblico in relativamente pochianni, con la percezione che non cifossero praticamente vincoli dibilancio percepiti. Se non c’è vincolodi bilancio percepito, non c’è l’in-centivo alla scelta; se non c’è l’incen-tivo alla scelta, non c’è l’incentivo acapire, a chiederci se stiamo spen-dendo bene. Sto suggerendo chel’Italia è in un percorso nel quale haritenuto di potersi permettere difare a meno di valutazione, e stosuggerendo che stiamo entrando inuna situazione, voglio fare l’ottimi-sta, ovviamente, abbastanza negati-va, in realtà, nella quale forse sicreerà una maggiore domanda di

97

Francesco Pigliaru - Università di Cagliari

98

valutazione rispetto al passato per-ché i vincoli di bilancio saranno pre-sumibilmente più stringenti.

Il rappresentante tedesco mipare ricordasse la storia più o menocosì: la Germania faceva pochissimavalutazione, ma quando c’è statal’unificazione ed è stato chiaro che ilander ricchi avrebbero dovuto met-tere un sacco di soldi per finanziareinvestimenti a favore delle vecchieregioni della Germania dell’est, inquel momento è emersa una fortissi-ma domanda di valutazione d’im-patto da parte dei lander che questisoldi mettevano. Qui di nuovo si hauna situazione di crisi, di nuovo unapercezione forse anche un po’impaurita, certamente preoccupata,delle norme economiche, quindi diun vincolo di bilancio molto chiara-mente presente per ottenere un cam-biamento.

Penso che l’Italia che si avviaverso un disordinatissimo e rischiosofederalismo fiscale, sia un’Italia nellaquale la domanda di valutazionedovrebbe emergere da vari ambiti e,quindi, è giusto prepararsi ed avereAlberto Martini qui per cominciaread accendere qualche motore e conti-nuare a ragionarci.

Un secondo motivo per cui,secondo me, ma su questo il profes-sor Martini ha un’esperienza sullaquale si può tornare per manifestareottimismo o pessimismo rispettoalla sua esperienza, qui più dedutti-vamente penserei che con un po’ dianimazione sui politici la situazionespecifica della forma di governodelle Regioni italiane dovrebbe, nor-mativamente, creare di nuovo unpotenziale interessante per doman-da di valutazione.

Ora mi butto in politica. Lacaratteristica fondamentale dellaforma di governo regionale italianaè quella in cui i checks and balancesnon sono disegnati, qualcuno si èdimenticato di disegnarli, essenzial-mente, come direbbe Sartori, si ècreata una forma di governo chepunta tutto su un unico parametro:la stabilità. Per ottenere grande sta-bilità disegna una situazione, nellaquale l’esecutivo ha dei ruoli forti echiarissimi, nel quale si capisce unpo’ meno quello che deve fare illegislativo, certamente dovrebbeavere un grande ruolo nel controllo,ma spesso non ha strumenti peresercitare in modo appropriato que-sto controllo.

Allora, lì vedrei di nuovo l’op-portunità di infilare la cultura dellavalutazione, non come una culturadi rissa politica, ma come una cultu-ra di confronto, anche basato su datifattuali, che valutano le politicheche sono in grandissima parteresponsabilità dell’esecutivo.

Non dovrebbe essere questo unterreno sfavorevole alla valutazione,perché quest’ultima irrobustirebbe,comunque, una delle componentinella funzione del controllo chedeve essere svolta, attività legislati-ve che in questo momento hannoproblemi di identità abbastanzachiari, identità che dovrebberoacquistare attraverso l’organizzarsidentro un sistema della valutazione,nel quale si definisce chiaramentequello che deve fare l’esecutivo ed ilmodo in lui il legislativo può con-trollare, e così via.

So che se ci sono là fuori politi-ci magnifici, con la massima onestàintellettuale, pronti ad assorbire tut-

99

te le migliori informazioni possibili,quelle più rigorose possibili; bene,questo è il mondo migliore che pos-siamo augurarci, ma forse anche inun mondo subottimale rispetto aquesto ci sono almeno due buonimotivi per ritenere che si possaspingere nella direzione della valu-tazione. Uno, perché purtroppo ciarriva una crisi che renderà chiaris-simi i vincoli di bilanci enormi, checrea domanda di valutazione, aiuta-ta anche dalle preoccupazioni chevedo crescere intorno al modello difederalismo fiscale. Due, perché c’èuna forse crisi d’identità almeno diun lato della politica, nel senso delruolo dei Consigli Regionali chedentro un sistema nel quale si facciabuona valutazione, vedrebbero cer-tamente crescere la capacità di con-trollare l’attività di un esecutivomolto forte.

Faccio una previsione, che saràfacilmente smentita: penso che lastagione della valutazione in Italia,almeno a livello regionale, stia pervedere un’importante accelerazio-ne; sarebbe molto importante nontrovarsi impreparati. Da questopunto di vista monitorare, capirecosa stanno facendo altre Regioni, ineffetti, diventerà un punto impor-tante, se c’è qualche best practice làfuori sarebbe davvero essenzialeaverne informazioni accurate.

Questo è più o meno quanto.Naturalmente siamo una Regioneche queste cose, i rendimenti di unavalutazione fatta bene sono propor-zionali all’importanza del bilancioregionale nel PIL regionale. Ora qui,non so se il professor Martini sa, sia-mo in una Regione il cui bilanciotocca i 9.000.000.000, il cui PIL è di

32.000.000.000. Questa fu la faccia diJohn Martins quando disse: “Maquesto è uno stato sovietico?”, “No,non è uno stato sovietico, è una nor-male Regione autonoma italiana”.

Quindi, abbiamo un sacco diincentivi per cercare di capire se isoldi sono spesi bene oppure no,perché l’impatto di quella spesa sul-l’economia è assolutamente gigante-sco, anche se le spese per le politi-che, nel senso delle spese per ottene-re dei cambiamenti, sono una picco-la parte rispetto naturalmente allaspesa totale, ma una piccola parte diuna cosa molto grande, rispettoall’economia reale, poi quella checonta davvero in una Regione inritardo.

101

Sono stata iscritta all’associa-zione italiana di valutazione dallasua nascita, ho fatto un sacco di cosesulla valutazione nella mia espe-rienza, quindi, sono assolutamentein grado di capire i metodi rispettoalla domanda: Stiamo spendendobene o male?”.

Nella mia esperienza operativa,quindi di policy maker reale, qualisono le cose che oggi, nella miaesperienza, mi sono convinta sianole difficoltà rispetto a questi proces-si? Uno, che è emerso anche negliesempi, il più emblematico quellodelle valutazioni sugli incentivi alleimprese, ma ce ne sono mille altri. Iltipo di valutazione più strategicaper verificare se hai utilizzato benele risorse o le hai spese male, è lavalutazione d’impatto, però la valu-tazione d’impatto, per vedere l’im-patto vero, necessita di un lasso ditempo che purtroppo non è compa-tibile.

Allora, dov’è che dobbiamomigliorare, certamente anche levalutazioni di impatto, dove ci sono.Però non dobbiamo pensare allevalutazioni così per tutti, ma biso-gna distinguere i vari interventi,quello che può avere un impatto e,quindi, non uno strumento generi-co, ma specifico intervento perintervento; non è detto che la valu-tazione sia valida per ogni interven-to nella stessa modalità.

Quello che sicuramente, inve-ce, le Pubbliche Amministrazioni

devono migliorare, anche cultural-mente i politici, sono gli obiettiviche ogni singolo intervento devedare, quindi una valutazione dirisultato che può essere nel tempoanche verificata. Faccio un esem-pio, nella politica di semplificazio-ne amministrativa, dove la GiuntaRegionale ha fatto moltissimi sfor-zi, perché noi siamo arrivati nel2004, non avevamo praticamentenessuno sportello unico operativo,ed ovviamente verificando o valu-tando la semplificazione ammini-strativa come un fatto molto strate-gico per le imprese perché i tempiinvestiti nella burocrazia vengonodistolti dalle altre attività, (ed oggi,a detta della banca mondiale il Pae-se Italia è all’ottantunesimo posto),rispetto a fare impresa. Abbiamouno dei gap più alti rispetto ai pae-si europei, dovendo sempre di piùabituarsi alla realtà che si competein un contesto internazionale, o ciadeguiamo e mettiamo le nostreimprese nelle stesse condizionidegli altri, altrimenti non possiamopretendere neanche da loro che cisia competitività.

Abbiamo investito moltissimonegli sportelli unici, abbiamo creatoun sistema molto innovativo, cheanche Regioni avanzate sotto questoprofilo, penso all’Emilia Romagna,ci hanno richiesto per adeguare iloro sistemi. Però tutto questo nonportava ad un accorciamento deitempi per il rilascio delle autorizza-

Concetta Rau - Assessore Regionale dell’Industria

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zioni. Allora, monitorando questasituazione abbiamo pensato di fareuna Legge che in silenzio assenso, inautocertificazione, imponeva allePubbliche Amministrazioni di vede-re il progetto in venti giorni e poi, insilenzio assenso, avevi la concessio-ne edilizia, di fatto. Credo siamol’unica Regione. Abbiamo fatto poiun monitoraggio della Legge, que-sto è risultato positivo. Per me lavalutazione è questa, ovviamenteuna valutazione più strutturata for-se non ci avrebbe dato gli stessirisultati. Credo che dobbiamo abi-tuarci sempre di più a porci obietti-vi precisi e cercare di calibrare gliinterventi a seconda se gli obiettivisono stati raggiunti o non sono statiraggiunti.

Il primo problema è questo.Il secondo problema è che la

cultura della valutazione non deveessere solo dei politici, ma deveessere delle organizzazioni sindaca-li, delle associazioni di categoria;deve essere diffuso, altrimenti perun politico fare un determinatointervento su cui la valutazione fos-se negativa, non sarebbe percepitoin Italia come un fatto positivo per-ché ha fatto la valutazione, ma ver-rebbe strumentalizzato nelle primepagine dei giornali.

La valutazione funziona se èuna cultura diffusa e, quindi, tutte leforze economiche e sociali vedonol’aspetto della valutazione positiva-mente; se questo fosse possibile,allora si sareppe spinti a farla.

Il terzo punto è: chi fa le valuta-zioni, perché l’Italia è un Paese dovese ne fa poca, ma quando anchericerchi soggetti super partes, checomunque ha una esperienza conso-

lidata. Allora, forse il fatto che si fac-cia poca valutazione in Italia fa sìanche che siano poco conosciutequeste figure professionali. Pensoad alcune iniziative che ha fatto laRegione fin dall’inizio, la valutazio-ne dei dipendenti della Regione e,quindi, anche gli incrementi, i premidi produttività dati a seconda delleperformance che vengono fatte.Vengono valutati dall’Assessore chevaluta i Direttori Generali, i Diretto-ri Generali che valutano quelli chestanno al di sotto, a cascata.

È ovvio che è molto complicatauna valutazione di questo genere,allora abbiamo ricercato analoghiesempi in altre Regioni, abbiamochiesto al Formez, abbiamo chiestoad un po’ di soggetti, perché, in real-tà, misurare le performance in tutti icampi e legare delle premialità cre-diamo sia una modalità per rag-giungere dei risultati migliori.Anche qua non è semplice, sicura-mente questa scarsa diffusione dellavalutazione porta al fatto che ci sia,anche da parte del Governo centra-le, scarsa diffusione. Lo diceva Fran-cesco Pigliaru prima, sarebbeimportante conoscere tutte le bestpractice attivate dalle altre Regioni odal Governo centrale su azioni divalutazione; credo che anche leRegioni in questo dovrebbero esseresupportate.

Cresce anche la cultura dellavalutazione perché penso che non cisiano solo politici che non voglianocapire se i loro soldi sono spesi beneo male, ma credo se uno lo fa nell’in-teresse collettivo e generale, anzi,sia molto interessato a capire que-sto; quindi, anche a capire qualisono gli interventi di miglioramen-

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to. Positivamente tutto quello che cipuò passare, professore, siamodisponibili ad accettarlo e, anzi, aprenderlo come indicazione utilissi-ma, come suggerimento positivoper le nostre politiche.

POLITICHE PUBBLICHE19 GENNAIO 2009

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PROGRAMMA

Seminario “Politiche Pubbliche: valutarne gli effetti per migliorarne l’ef-ficacia”Cagliari, 19 Gennaio 2009

Introduzione ai lavoriGiovanni Sistu, Consigliere CREL

Chi ha bisogno della valutazione degli effetti? Attori, regole, incentivi erisorse di un gioco imperfettoMarco Sisti, Progetto di Valutazione - Dipartimento di Scienze economiche e finan-ziarie Università di Torino

Verso una nuova funzione di controllo e valutazione delle politiche regio-nali. L’esperienza del Consiglio Regionale della LombardiaGiuseppina Dantino, Dirigente Servizio Valutazione Processo Legislativo e Politi-che regionali del Consiglio Regionale della Lombardia

“I nuclei e l’attuazione dei Piani di Valutazione” - Incontro dei ReteNUVVLodovico Conzimu, Regione Autonoma della Sardegna - Nucleo di valutazione everifica e degli investimenti pubblici

Il Piano di valutazione della Politica regionale unitaria 2007-2013 dellaSardegna: un processo in itinereCorrado Zoppi, Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici dellaRegione Autonoma della Sardegna

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INTRODUZIONEGiovanni Sistu - Consigliere Crel Sardegna

Molto brevemente, a nome del Crel, riprendo gli elementi che hannomotivato ad approfondire, in collaborazione con il CRENOS, gli aspettiriguardanti il tema della valutazione. Possiamo dire che questo è un argo-mento tipicamente da Crel. Esso, infatti, vuole avere una funzione proposi-tiva, che sta nel suo statuto, e quindi esplorare anche spazi che fino a questomomento sono stati analizzati solo parzialmente. Se questo ruolo, comeabbiamo cercato di fare in questi anni, si consolida anche attraverso contri-buti innovativi, va a tutto merito del funzionamento dell’istituzione.

Quindi, l’interesse del Crel per questa materia trova la sua motivazionedi fondo nella necessità di contribuire veramente a migliorare la natura del-l’informazione utilizzata nel processo legislativo, al fine di rendere più con-sapevoli e razionali le decisioni assunte, sia dalla Giunta, sia dall’AssembleaRegionale. Ne discende l’opportunità di contribuire a ridurre, per riprende-re un’espressione che ha usato anche il professor Martini, la conflittualitàpolitica sulle questioni di fatto, circoscrivendola invece alle questioni suivalori che decisamente sono più importanti da questo punto di vista.

Nel concreto, appare sempre più diffusa la convinzione che il migliora-mento della qualità dell’azione legislativa possa passare attraverso l’attiva-zione di un meccanismo efficace di feed back, che restituisca all’organo legi-ferante informazioni sull’attuazione delle Leggi già approvate, e sulla rica-duta che esse hanno avuto sul territorio regionale.

L’inclusione di clausole valutative nei testi di molti Paesi, come giusta-mente sottolineava il Presidente, costituisce una prassi consolidata da moltotempo. Recentemente, l’uso di queste clausole è andato largamente diffon-dendosi nella legislazione italiana, ma dietro la proposizione della normafinora è mancato un adeguato retroterra culturale, frutto della presenza dinotevoli incertezze concettuali e di un inadeguato apparato organizzativo. Amaggior ragione, quindi, sono interessanti le relazioni di oggi proprio per-ché evidenzieranno i fatti nell’ambito che alcune Regioni italiane hannosaputo realizzare.

Merita di essere ricordato il fatto che, recentemente, alcune clausolevalutative sono comparse in tre importanti Leggi approvate dal ConsiglioRegionale della Sardegna, la Legge 12 del 2007, la Legge 7, sempre del 2007,e poi la Legge Statutaria. In questo caso iniziamo a dotarci di un apparatonormativo che richiama clausole valutative, e si tratta di capire come poi nel-la pratica questo tipo di indirizzo verrà tradotto.

Inoltre, ricordiamo che sono stati presentati dall’osservatorio economi-co della Sardegna i primi rapporti di valutazione di due Leggi Regionali. Lavalutazione degli incentivi alle imprese, sulla base della Legge Regionale15/94; la valutazione dell’effetto dell’imposta sulla nautica, sugli scali e sul-

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le presenze di unità da diporto in Sardegna, che era stata introdotta, ricorde-rete, con l’articolo 4 della Legge Regionale 4 del 2006. Ricordiamo che all’in-terno del centro regionale di programmazione è presente un nucleo di valu-tazione, della cui attività parleremo in seguito.

Bisogna sottolineare, questo è lo spirito del Crel, come la positività diqueste prime esperienze appare ancora limitata dall’assenza di un’azionesistematica di integrazione dei principi della valutazione, e della molteplici-tà degli strumenti applicabili nelle pratiche legislative, e nelle pratiche attua-tive rispetto all’apparato legislativo.

Avevo qualche appunto sui principi e sugli strumenti utilizzati, eviden-ziati dal professor Martini nel precedente incontro con sufficiente dettaglio,con una certa ricchezza di esempi. Ricordo semplicemente tre di questi stru-menti, fra le metodologie più importanti che potranno essere utili ancheall’esperienza sarda: innanzitutto la cosiddetta analisi degli effetti, cioè lavalutazione, lo strumento attraverso il quale capire in che misura un inter-vento contribuisce a produrre il cambiamento osservato. Chi lavora nellaPubblica Amministrazione ha spesso necessità di capire se le politiche adot-tate aiutano a risolvere i problemi sui quali intendono incidere. Per rispon-dere a domande di questo genere è possibile ricorrere ad un particolare tipodi valutazione, ossia l’analisi degli effetti. Non mi soffermo troppo sui det-tagli, però lo scopo della valutazione, in questo caso, è quello di stimarequanta parte del cambiamento osservato in un certo fenomeno di interesse,sia attribuibile in senso causale alla politica adottata, e quanta parte invecesia dovuta a cause diverse. Adottare tecniche di questo tipo, come ci ricor-dava il professor Martini, è quello che realmente dà la misura dell’efficaciadi una scelta legislativa.

L’altro strumento largamente utilizzato è la cosiddetta analisi diimplementazione, con cui si cerca di capire in che misura l’attuazione diun intervento si discosta dal disegno originale, e quali criticità ha incontra-to. Accade spesso che i decisori pubblici abbiano a disposizione pocheinformazioni utili a capire le modalità di attuazione delle politiche cui han-no dato impulso, e questo succede soprattutto nei processi caratterizzatidalla presenza di azioni di più attori. Esiste, quindi, molto spesso, unadistanza notevole fra le finalità che hanno mosso un certo intervento pub-blico, disegnato da un ente nazionale o regionale, e le attività effettivamen-te realizzate a livello locale. Abbiamo avuto più di un’esperienza anche inquesti anni. Da questa scarsità di informazioni deriva un’esigenza conosci-tiva alla quale è possibile rispondere ricorrendo al tipo di valutazione cheva sotto il nome di analisi di implementazione delle politiche pubbliche.Anche in questo caso, ovviamente, si tratta di seguire un percorso di infor-mazione e di analisi territoriale che richieda, lo si capisce immediatamen-te, un’attività di tipo sistematico e non occasionale, o legata a pochi indi-catori, come spesso succede per molte delle iniziative di Legge, ed anche,più in generale, nell’ambito dei finanziamenti comunitari.

Infine, la cosiddetta analisi di performance, con cui si vuole capire se

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un’organizzazione impegnata nell’erogazione di servizi svolge il suo compi-to in modo soddisfacente. Con l’espressione si fa riferimento al tentativo digiudicare i vari aspetti dell’operato di un’organizzazione, di un organismo,di un servizio, mettendo chi la dirige e chi la controlla nelle condizioni diprendere decisioni più consapevoli riguardo al suo funzionamento. In que-sto caso il termine performance indica l’insieme delle caratteristiche deside-rabili di un’organizzazione, i costi, la qualità delle prestazioni, i volumi del-le attività, le ricadute sull’ambiente esterno, che poi saranno sottoposte avalutazione.

Non mi dilungo oltre, è molto più interessante certamente ascoltare inostri ospiti. Quello che possiamo sottolineare è che negli ultimi anni ci sonostate diverse esperienze. Anche alcuni progetti finanziati all’interno dellafunzione pubblica, ricordo, fra gli altri, il Progetto Capire, che ha operatoanche nel nostro ambito regionale con risultati che forse non sono stati parialle attese. Ci sono, comunque, altre iniziative di grande interesse che inquesto momento vengono declinate.

Quindi, è grande certamente, da parte del Crel, in virtù delle propriefunzioni, l’interesse a capire quale strada possa essere percorsa all’internodella nostra Regione, anche sulla base delle esperienze regionali che inizia-no già a consolidarsi in altre aree, e realizzare ancora una volta quella fun-zione propositiva, propria del Consiglio, e che ha cercato di espletare in que-sta legislatura.

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Buongiorno a tutti. Desideroringraziare il Crel e il suo Presiden-te per l’invito rivoltoci ad esserepresenti per parlare di un tema checi appassiona e ci impegna quotidia-namente, e su cui è piacevole trova-re momenti di discussione e diriflessione comune.

Lavoro all’interno del “Proget-to Valutazione” che, preciso, non èun ente che nasce all’interno del-l’università, è il braccio operativo diun’associazione nata nel ’97 per ini-ziativa di alcuni enti privati e pub-blici che decidono di scommettereinvestendo sulla valutazione dellepolitiche. Non è un’iniziativa sol-tanto universitaria, che si svolge inambiente accademico, con i pregi e idifetti di ciò che si svolge all’internodi un’università, è qualcosa che hauna prerogativa rivolta verso unaricerca applicata e plausibilmenteutile alle Pubbliche Amministrazio-ni. All’interno delle nostre attività ènato anche il progetto “Capire”, alquale in precedenza ha fatto riferi-mento il professor Sistu.

Dopo la conversazione con ilPresidente Mereu ho titolato questarelazione “Chi ha bisogno dellavalutazione degli effetti?”. È un tito-lo un po’ strano, quindi ho avutobisogno di specificarlo meglio conun sottotitolo rendendolo partico-larmente lungo “Attori, regole,incentivi e risorse di un giocoimperfetto”. Mi sembra che in Italiadi valutazione si parli molto, e si

parla molto anche di valutazionedegli effetti. Spesso però non cidomandiamo a chi questa dovrebbeservire, per prendere quali decisionied attraverso quali meccanismiincentivanti dovrebbe funzionare.

Quindi, questa relazione hacome punto di partenza due insod-disfazioni, due forti grida di doloreda parte di chi si occupa di valuta-zione ormai da molto tempo. Essanon nasce oggi, ed è un po’ stranoparlarne nel 2008, come se fossequalcosa di nuovo. In realtà, la valu-tazione nasce negli Stati Uniti neglianni ’60, ma in Italia ed in Europa sene parla dal 1993. Quindi, ci sonogià almeno quindici anni di espe-rienze, o ci dovrebbero essere.

Questa relazione ha come pun-to di partenza due insoddisfazioniche spiegano anche il titolo. La pri-ma è quella per il mancato impiegodella valutazione degli effetti, e del-la valutazione in genere nei processidecisionali pubblici. Se ne parla dal’93, ma se ne fa molto poca, nono-stante nella mia attività mi sia capi-tato di parlare con una molteplicitàdi persone. La settimana scorsa misono trovato presso la CommissioneEuropea, e interloquivo con il capounità responsabile della valutazionedei fondi strutturali a livello euro-peo. Mi capita spesso di relazionar-mi anche con Consiglieri Regionali,docenti accademici e funzionari.Tutti quanti sono fortemente con-vinti che di valutazione degli effetti

CHI HA BISOGNO DELLA VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI? ATTORI, REGOLE, INCENTIVI E RISORSE DI UN GIOCO IMPERFETTOMarco Sisti - Progetto di Valutazione - Dipartimento di Scienze economiche e finanziarieUniversità di Torino

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ci sia un grande bisogno, che sia unacosa positiva, utile, eccetera, peròciò che si coglie è una grande distan-za tra ciò che viene enunciato equello che viene concretamente rea-lizzato.

Questa è la prima grandeinsoddisfazione, se volete è ancheprofessionale, dopo aver investitocosì tanto.

L’altra insoddisfazione, altret-tanto grande, è rispetto alla retoricacorrente sulla valutazione, e allemiracolose conseguenze che essadovrebbe produrre sulle decisionipubbliche. Mi sembra che quandose ne parla manchi una buona dosedi realismo e di pragmatismo. Siconsegnano alla valutazione aspet-tative grandiose, dopo di che irisultati sembrano andare in tutt’al-tro senso.

Giusto per farvi vedere che nonsi tratta soltanto dell’ennesimolamento all’italiana, vi porto un arti-colo di circa dodici anni fa, di unostudioso statunitense, che coincidecon la nascita della nostra associa-zione. L’articolo era questo: “Se laproduzione delle idee pubbliche edelle conoscenze sulle politichepubbliche sono così importanti, per-ché gli analisti di politiche sono cosìdepressi?”.

Ora abbandoniamo un attimola dimensione psicoanalitica, e cer-chiamo di leggerla nel nostro conte-sto concreto. Potremmo parafrasarequesto titolo a nostro uso e consu-mo nel seguente modo, e questa èuna riflessione che vi invito a faredurante la mia relazione, durantequella di Pinuccia, e magari neldibattito successivo: “Se valutare lepolitiche è così utile per elaborare

interventi più efficaci – cosa che iocredo naturalmente – perché divalutazione se ne fa così poca?”.Negli Stati Uniti c’è una produzio-ne di valutazione che è impressio-nante. Secondo me, questo è il pun-to di inizio di una discussione chevorrebbe arrivare a costruire unsistema di valutazione funzionanteall’interno di una Regione, delloStato, eccetera.

Quindi, prendiamo le distanzeda una rappresentazione troppo ste-reotipata della valutazione, cosìcome ci viene mostrata all’interno diatti ufficiali e documenti. Ho ripre-so, giusto per non far torto a nessu-no, una serie di esempi, di atti edocumenti ufficiali che fanno riferi-mento alla valutazione in un modoquanto meno ingenuo. Vi cito unatto che non riguarda le Regioni male università, l’istituzione delle lau-ree specialistiche. È un Decreto delMinistero del 2000 e, tra la miriadedi lauree specialistiche che vennerocreate all’epoca, in seguito alla rifor-ma del sistema universitario, unaera dedicata proprio alla valutazio-ne: “Classe delle lauree specialisti-che in metodi per l’analisi valutato-ria dei sistemi complessi”, poi è sta-ta poco applicata. Addirittura, ottoanni prima, si pensava di dare vita aclassi di lauree specialistiche peranalisti e valutatori.

Vi leggo la declaratoria di que-sta laurea perché è indicativa dellegrandi aspettative che vengonoassegnate alla valutazione: “I lau-reati, nei corsi di laurea specialisticadella classe, devono avere le compe-tenze necessarie per intervenire nelprocesso di decisione, di monitorag-gio, di valutazione di politiche e

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programmi, offrendo al decisoree/o al controllore elementi di giudi-zio ex ante e ex post – solitamente,chi è pratico di valutazione dei fon-di strutturali sottolinea, anche in iti-nere, che è un po’ la catechesi di chifa valutazione in quell’ambito –sugli effetti previsti o reali dell’azio-ne, riducendo la complessità del-l’ambito decisionale, migliorandol’efficienza, l’efficacia e la qualitàdell’attività anche dal punto di vistaorganizzativo, ottimizzando lerisorse disponibili e favorendo i pro-cessi di trasparenza. Questa è laclassica mission impossible che vie-ne assegnata di solito al valutatore:“Fai tutte queste cose”.

Allora, primo punto, non esi-ste uno strumento, un metodo, unapersona, tanto meno dei neo lau-reati, che riesca a fare tutte questecose, che possa soddisfare tuttequeste aspettative. Eppure, di que-ste aspettative sono pieni i docu-menti. Ho dato una lettura ai pianidi valutazione di cui ci parlerà suc-cessivamente il dottor Conzimu, siriempiono pagine e pagine riguar-do la valutazione, quello che diottimo dovrebbe produrre. In real-tà, essa può rispondere ad alcunedomande, e sperare che le rispostepossano essere utili. Aspira amigliorare l’efficacia, ma da lì a riu-scirvi, bisogna riflettere su qualipossono essere gli strumenti ed imeccanismi possibili.

Non solo della valutazione, madei processi decisionali. Questo èuno schema un po’ complicato cheritrovo sempre su qualsiasi manua-le, su qualsiasi volume. L’ultimaedizione l’ho ripresa dalla guida perla valutazione pubblicata dall’Unio-

ne Europea, quindi ha anche il bene-placito ufficiale della Commissione.Vedete questa rappresentazione,insoddisfacente e un po’ consolato-ria del processo decisionale pubbli-co, e di come la valutazione possaincidere sulle decisioni pubbliche cisono i bisogni, i problemi, il pro-gramma, la politica pubblica che sistruttura in obiettivi, input e outputche, di conseguenza, si trasformanoin risultati, in effetti, in patti. Lavalutazione è quella magica formu-letta che dovrebbe mettere in comu-nicazione tutte queste parti. Si valu-ta l’efficienza dell’utilizzo degliinput nel produrre gli output, piut-tosto che l’efficacia del modo in cuigli obiettivi si sono trasformati poiin risultati concreti. Viene descrittoeffettivamente come un gioco per-fetto, questa è un po’ l’idea.

Ma funziona davvero così? Perchi pensa al disegno istituzionaledella valutazione all’interno diun’Amministrazione Pubblica,costituita da persone e da uffici, fun-ziona davvero così? Non ho maivisto realizzato questo tipo di dise-gno, l’ho sempre trovato moltoinsoddisfacente, e non ci consente difare dei concreti passi avanti suquello che bisognerebbe venissemesso in atto per stimolare l’effetti-va produzione di conoscenza, per-ché il mondo delle politiche pubbli-che è più simile a quest’immagine,cioè ad un’immagine labirinticadove gli attori si muovono secondologiche e dinamiche a volte pocorazionali. I processi decisionalisono, in realtà, dei giochi imperfetti,ambigui, dall’esito incerto, domina-ti a volte da convinzioni sbagliate,dalla continua ricerca di soluzioni di

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compromesso, a volte dal puro caso.Cosa può fare il modesto valutatorenei confronti di un processo decisio-nale di questo tipo? Quindi, nonassegniamogli incarichi troppo one-rosi.

Perché la valutazione, che effet-tivamente tende verso una raziona-lizzazione del processo decisionalepotrebbe o dovrebbe funzionare?

Se si intende davvero fare, equesto è un grosso “se”, della valu-tazione, in particolare quella deglieffetti, un modo per migliorare l’in-tervento del disegno pubblico,occorre avere piena consapevolezzadella sfida che si sta affrontando, eche si tenti di sciogliere alcuni nodifondamentali. Io ne ho trovati quat-tro, probabilmente non sono esau-stivi, però sono le quattro domandealle quali è impossibile non rispon-dere se s’intende fare, davvero enon, per finta.

Innanzitutto, a quali domandesi vuole dare risposta. Sistu ha fattoun’elencazione dei tipi di analisi chepossono essere adottati per impara-re qualcosa sul funzionamento el’utilità delle politiche pubbliche.Quella è la domanda che sta dietroad una valutazione, è fondamentaleper capire che tipo di valutazione sideve fare, che tipo di metodo si deveapplicare, ma soprattutto è fonda-mentale per capire chi e perchédovrebbe essere interessato a darerisposte a queste domande. Questoè il nodo fondamentale, per questoho intitolato la relazione: “Chi habisogno della valutazione deglieffetti?”. Non era soltanto un modoretorico, è proprio una domandareale: chi è interessato a trovare del-le risposte a domande sugli effetti

della politica pubblica? La rispostanon è banale, non può essere dataper scontata. In seguito, vi mostreròi processi diversi che vengono uti-lizzati negli Stati Uniti e in Europa.

Quali regole e quali incentivipossono aiutare a far prendere sulserio la valutazione, e non conside-rarla un mero adempimento for-male e un inutile dispendio didenaro per la collettività? Perché sipùò correre anche questo rischio:ossia che si tenti di fare qualcosa diutile e, invece, si finanzino attivitàsbagliate.

Quali risorse finanziarie e pro-fessionali occorre mettere in campoper realizzare tale analisi?

Non ho naturalmente tutte lerisposte a queste domande, peròpossiamo riflettere insieme, possia-mo mettere a disposizione l’espe-rienza che stiamo realizzando conmolta fatica all’interno del ProgettoCapire, e con altre iniziative.

Per darvi qualcosa di concreto,sul quale ragionare e discutere, vipresento un esempio di valutazionedegli effetti che ci permette di com-piere qualche riflessione e, soprat-tutto, mi consente di chiarire da unpunto di vista metodologico, checosa s’intende quando si parla divalutazione degli effetti.

Parliamo di lavoro protetto,uno strumento utilizzato tradizio-nalmente per i disabili, agli inizidegli anni ’70, che viene propostonegli Stati Uniti e soprattutto nelnord Europa, come politica attivaper il reinserimento lavorativo disoggetti fortemente emarginati dalmercato del lavoro. In particolare, sirivolge a quattro categorie di sog-getti: ex detenuti, ex tossicodipen-

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denti, giovani drop out dalla scuoladell’obbligo e beneficiari cronici disussidi di povertà. È un interventomolto dispendioso, all’epoca mipare che il costo del trattamento persingolo individuo fosse di circa8.000 dollari. Aveva quindi sensodomandarsi se quegli 8.000 dollariper ciascuno individuo fossero soldiben spesi o meno. Prima di genera-lizzarlo su tutto il territorio naziona-le, come forma di intervento, ci sichiede: il lavoro protetto, come poli-tiche del lavoro, è efficace nell’au-mentare le chance di reinserimentolavorativo di questi soggetti? Unadomanda molto banale che viene inmente a qualsiasi cittadino: i soldiche spendiamo per realizzare queldeterminato intervento sono soldiben spesi o meno? Quell’interventofunziona o non funziona? Serve onon serve a rispondere al problemache abbiamo? Sembra una domandada dare quasi per scontata, da rea-lizzare su tutti gli interventi, eppuresembra che non si riesca a trovarepersone interessate a dare risposte.

La dimostrazione è un tipo divalutazione un po’ particolare, per-ché dimostration sta per esperienzapilota, di fatti, e prima di generaliz-zare quest’intervento in quattordicilocalità degli Stati Uniti, altrettanteassociazioni no profit, che sono unasorta di nostre cooperative, operantisul territorio, vengono incaricate diorganizzare dei laboratori di lavoroprotetto per pulizie di edifici, incari-chi di sorveglianza, piccola edilizia.In pratica, in questo consiste l’inter-vento, cioè nel dare la possibilità aquesti soggetti emarginati di svolge-re il loro lavoro in un ambiente pro-tetto, rinunciando al sussidio di

povertà in cambio di una borsalavoro. L’idea è che questo producaun effetto sulle loro chance occupa-zionali.

Quindi, i partecipanti sonoinviati presso questi laboratori daassistenti sociali, centri di disintossi-cazione, altre strutture di assistenza.Tra il marzo ’75 e il dicembre ’78, cir-ca 10.000 persone sono impiegatenei quattordici laboratori di lavoroprotetto. La durata massima del-l’esperienza è di dodici mesi, conpunte occasionali fino a diciotto e lapermanenza media è di circa settemesi. Alla conclusione delle espe-rienze i partecipanti, se vogliono,vengono aiutati a trovare lavoro nelmercato del lavoro regolare. Questaè la costruzione, un intervento abba-stanza semplice, ce ne sono di similianche in Italia.

Quello che lo rende particolareè il fatto che si sia messo in piedi unapparato valutativo, teso a produrreinformazioni sul fatto che questo siao meno servito ad aumentare le pro-babilità di occupazione dei trattati,così si dice in gergo.

Vi faccio vedere che cosa è suc-cesso per la prima delle categorie didestinatari. Nel grafico si fa riferi-mento alle donne dipendenti dalsussidio di povertà da più di treanni negli Stati Uniti. Soprattuttoall’epoca, ma anche adesso, un gros-so problema è rappresentato dalledonne madri. Negli Stati Uniti c’èun grosso problema di adolescentiche hanno bambini, e che entrano inun meccanismo vizioso di dipen-denza dal sistema assistenziale pub-blico, dal quale poi è difficile farleuscire perché poi anche la genera-zione successiva entra all’interno di

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questo circuito. Nell’asse delle ascis-se vedete i mesi trascorsi dall’iniziodel lavoro protetto, nell’asse delleordinate trovate la percentuale dioccupati. Essa misura su qualedimensione si vuole produrre uneffetto attraverso quest’intervento;al punto zero è il momento in cui iltrattamento non è ancora in vigore;nel momento in cui arriva in vigore,per questo gruppo di donne si hauna crescita, naturalmente percostruzione, fino a quasi il 100%.Come vedete, già dopo tre mesi lapercentuale è un pochino più bassadel 100%, alcuni si sono già stufati epreferiscono tornare ad essere disoc-cupati e si continua con una decre-scita più o meno lenta fino al diciot-tesimo mese, che è il periodo massi-mo si durata del trattamento, poi sistabilizza intorno al 40%. Quindi,abbiamo inizialmente una percen-tuale di occupati pari al 20%, sonodi solito piccoli lavoretti, baby sit-ting piuttosto che lavori parziali,quindi non tutti quanti i trattati era-no totalmente disoccupati. Sale al100%, scende lentamente, e si stabi-lizza al 40% dal diciottesimo mese.

La domanda è: questa politicala definireste efficace oppure no allaluce di questi dati? Il ConsigliereRegionale che ha finanziato questapolitica è contento o non è contento?Oppure, il Presidente della Giunta,l’Assessore, il funzionario, il diri-gente amministrativo, è contento omeno di questa politica? È efficace onon è efficace? Ha prodotto deglieffetti o non li ha prodotti? Prendia-mo le due posizioni e fingiamo diessere in un Consiglio Regionale. Sesono chi ha proposto la politica, dicoche è stata efficace perché mi ha

aumentato di 20 punti la percentua-le di occupati: dal 20% siamo arriva-ti al 40%. Se sono un Consiglieredell’opposizione ho tutto l’interessea dire che, in realtà, ho speso un sac-co di risorse e ben il 60% sono statesprecate, quindi, la politica è statainefficace.

Sono due posizioni sbagliateperché l’ambizione della valutazio-ne degli effetti consiste nel ricono-scere che in parte le cose sarebberocambiate ugualmente, cioè che ilcambiamento che si osserva non èinteramente attribuibile alla politi-ca, le cose cambiano indipendente-mente dalla politica, l’ambizionedell’analisi degli effetti è riconoscerequanta parte del cambiamentoosservato è attribuibile alla politicastessa.

È per questo che si fa valutazio-ne, in questo caso sperimentale. Eper rispondere alla domanda se lapolitica è stata efficace o meno, inrealtà, si è deciso di selezionare chiriceveva il trattamento. Le 10.000persone impiegate nei laboratori dilavoro protetto non erano tutte quel-le inviate dalle strutture assistenzia-li, ne sono state inviate circa 3.400 inpiù, che sono state escluse mediantesorteggio. È un po’ quello che avvie-ne per testare l’efficacia dei farmaci,dei trattamenti di cura, a qualcunosi dà il farmaco, a qualche altro si dàun placebo, non si dà nulla. In que-sto caso, si riproduce la stessa cosaper gli interventi di natura sociale. Ilcampione per la valutazione è costi-tuito da 3.200 trattati sui 10.000, e da3.400 di un gruppo di non trattatiche viene definito gruppo di con-trollo, che poi sono divisi nei quat-tro gruppi target che abbiamo visto

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in precedenza. I membri di entram-bi i gruppi vengono intervistati ogninove mesi per ricostruire la loro sto-ria lavorativa, con un impiego dirisorse notevole infatti, intervistare7.000 persone, seguirle nel tempo èuna cosa che costa molto. In Italiac’è l’abitudine, forse spaventati dalcosto, di non seguire non solo quelliche non ricevono il trattamento, maanche quelli che lo ricevono, cioè sifa il trattamento e poi ci si dimenti-ca completamente di chiedersicom’è andata a finire.

La linea blu rappresenta pro-prio il gruppo di controllo per ledonne non trattate; le cose cambianoanche per coloro che non hannoricevuto il trattamento, magari lecondizioni del mercato del lavorosono cambiate, è cambiata la con-giuntura economica, e dal 20% si èsaliti a circa il 35%, quindi c’è uneffetto di più del 20% o, meglio, c’èun effetto di circa 5 punti percentua-li. Questo risultato non sarà più sog-getto ad una discussione di naturapolitica, riguardo al fatto che l’inter-vento abbia prodotto o meno effetti;l’intervento ha prodotto un effetto,per questa popolazione, che è stabi-le intorno a quella determinata per-centuale. Su quello non ci può esse-re discussione, ci può essere discus-sione sul fatto che quella percentua-le sia troppo bassa, cioè che in realtàci aspettavamo un effetto moltomaggiore, o che potevamo raggiun-gere lo stesso effetto con un inter-vento meno costoso, o che quel tipodi lavoro è poco meritevole, nel sen-so che emargina coloro che lo rice-vono in quanto gli fa fare lavori discarso livello, ma non che non abbiaprodotto degli effetti.

La stessa cosa si ha anche sul-l’altra dimensione: il reddito mensi-le in dollari, si ripropone più o menola stessa dinamica.

Se si cambia categoria di desti-natari, osserviamo che possonocambiare anche gli effetti; eccoun’altra semplificazione che a voltesi sente: la politica è efficace o nonè efficace tout court? La politicapuò essere efficace per alcuni sog-getti e non esserlo per altri; anchequesto significa ragionare un po’sul target degli interventi pubblici,non pensare in modo troppo super-ficiale. In questo caso questi sono igiovani drop out della scuola del-l’obbligo, cioè quelli che hannointerrotto la scuola dell’obbligo eche rimangono esclusi dal mercatodel lavoro perché hanno acquisitopoche competenze professionali.Anche in questo caso, al momentozero è al 30%, sale circa al 97% neitre mesi. Scende più drasticamente,probabilmente, perché i giovani siscocciano prima di andare al lavo-ro, rispetto alle madri, e più o menointorno al diciottesimo mese abbia-mo quest’andamento piuttostoaltalenante; anche in questo casoc’era un gruppo di controllo, si sco-pre che in realtà l’effetto è pari azero, cioè che addirittura le curverelative ai due gruppi s’intrecciano.

La stessa cosa se guardiamoall’altra variabile: reddito mensile.Qui sembra che l’effetto sia addirit-tura negativo, cioè che gli abbia fat-to male prendere il trattamento. Inrealtà, è un’illusione ottica. I dati inquesto caso ci dicevano che quelladifferenza non è statisticamentesignificativa, cioè che non possia-mo dire che effettivamente fosse

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negativa, la possiamo prenderecome pari a zero.

Questo per descrivere cosa è lavalutazione degli effetti; una cosa diquesto tipo può essere utile? Chi neha bisogno? Nel caso di supportwork l’attore principale era il con-gresso, che assegnava inizialmenteil mandato valutativo, quasi tutte levalutazioni nascono dall’assemblealegislativa che impone la valutazio-ne. Questa è finanziata da un pooldi Ministeri (Lavoro, Giustizia, Sani-tà e Politiche Sociali), poi avete vistoche per la realizzazione è un po’mista, ci sono organizzazioni noprofit e così via, considerando ancheorganizzazioni del privato sociale.In particolare, buona parte del costodella valutazione è pagata da fonda-zioni private, in questo caso dal ForFoundation, che non è un’istituzio-ne pubblica, ma che può avere inte-resse a produrre conoscenza sul fun-zionamento e sull’utilità di una poli-tica pubblica interessata a risolveree a sperimentare soluzioni per risol-vere un problema.

Quarta cosa, che penso possainteressare: viene costituita unanuova organizzazione no profit spe-cializzata in analisi e valutazione, laMain Power Dimostration ResearchCorporation, che ancora oggi conti-nua ad esistere, ed è uno degli istitu-ti specializzati in valutazione cherappresenta una delle grandi ammi-raglie negli Stati Uniti. Non c’entranulla con la Main Power lavoro inte-rinale.

Dato che all’epoca non c’eranodelle competenze professionaliimmediatamente disponibili peraffrontare uno sforzo organizzativoin termini valutativi di questo tipo,

si realizza un istituto ad hoc checontinua ad operare tranquillamen-te sul mercato della valutazione, chenegli Stati Uniti è piuttosto florido.

Le risorse. Il costo totale dellapolitica è di circa 82 milioni di dolla-ri, dell’epoca; il costo della valuta-zione è di 11 milioni di dollari, circail 14%, una cifra molto rilevante. Maquesta è una politica molto partico-lare, che nasce per produrre cono-scenza sulla sua efficacia, quindi ègiustificato il fatto che si dedichinocosì tante risorse alla valutazione.Dei restanti 71 milioni di dollari, cir-ca 50 provengono da finanziatorinazionali, la restante spesa è copertadai governi locali, della vendita deibeni e dei servizi prodotti dai parte-cipanti e dallo storno dei sussidi dipovertà, che molti avrebbero ricevu-to se non avessero partecipato all’in-tervento. Quindi, c’è un’azionediretta, anche nella fase realizzativadei governi locali, dato che questa èuna politica che nasce per produrreconoscenza, anche nella funzione diapprendimento da parte dei governilocali, quattordici, che partecipanoalla realizzazione della politica.

Gli esiti. Non è detto che aduna valutazione ben fatta corrispon-da l’esito decisionale sperato. Siritorna al discorso di prima: i pro-cessi decisionali sono errati, succedeche i risultati positivi spingono mol-to, alla fine degli anni ’70, a racco-mandare l’applicazione di quest’in-tervento su larga scala per le madridipendenti da un sussidio di pover-tà. Il cambiamento di clima, dopol’elezione di Reagan nel 1980, nonconsente però l’estensione di questapolitica, semplicemente quella erauna politica dell’amministrazione

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Carter che aveva finanziato un belpo’ di interventi, anche qualchespreco, e la battaglia di Reagan con-tro ogni forma di lavoro finanziatodal pubblico conta tra le sue vittimeanche Support Work, che però erauna politica che aveva ampiamentedimostrato la sua efficacia.

Quindi, una cosa è la matura-zione di conoscenza rispetto al fun-zionamento e l’utilità di una politi-ca, altra è che questa serva a prende-re decisioni migliori; non esiste unmeccanismo spontaneo di trasferi-mento da conoscenza a decisioni.Questa dovrebbe essere un’ingenui-tà da abbandonare quando si parladi valutazione delle politiche pub-bliche.

Più in generale, oltre a que-st’esempio, ho tentato di sottolinea-re alcune differenze esistenti tra lavalutazione fatta negli Stati Uniti equella nata in Europa nell’ambitodei fondi strutturali europei. Il pro-cesso di valutazione made in USAcoinvolge sempre attori di naturadiversa, ed assumono sempre unruolo importante le assemblee legi-slative, a qualsiasi livello, non sol-tanto l’assemblea federale, maanche di singoli stati. C’è un’interes-sante esperienza che va sotto ilnome di “Legislative program eva-luation”, che riguarda le singoleassemblee legislative statali. La fun-zione principale è l’apprendimentocollettivo, che può suonare vaga-mente retorico, ma è veramentel’unica funzione che assolve a que-sto tipo di valutazione. Prevedel’esistenza di istituzioni no partisandedicate esclusivamente alla pro-mozione di informazioni sulle poli-tiche, ci sono istituzioni forti che

hanno il ruolo di produrre cono-scenza sulle politiche, ve ne cito trea livello federale: GovernmentAccountability Office che sarebbe laCorte dei Conti italiana, nasce comeCorte dei Conti, ma subisce una tra-sformazione notevole e negli anni’70 cambia radicalmente la suastruttura, nel 2001 cambia anche ilnome, non è più General Accounta-bility Office che riconduceva a unatradizione di revisione dei conti, madiventa Government AccountabilityOffice. Considerate che ha circa3.300 dipendenti, lavora esclusiva-mente per il Congresso, ha comereferente il Congresso, circa la metàsono statistici, economisti, ricercato-ri sociali, che fanno esclusivamentevalutazione delle politiche pubbli-che e funzionano da interfaccia.

Il CBO è il Congressual BudgetOffice, una struttura più piccola, chesi occupa in particolare di politichefiscali.

Il Congressual Research Servi-ce, anche questo è interessante, èuna struttura che nasce fondamen-talmente come biblioteca del Con-gresso, a poco a poco si trasforma elavora, la sua produzione principaleè quella di elaborare degli short bre-ef, cioè dei piccoli documenti sudeterminati temi di politica pubbli-ca, che trasferisce ai Deputati eSenatori. É l’unica struttura chelavora in forma confidenziale. IlGAO ha tutto quanto pubblico, ilCongressual Research Service inve-ce lavora soltanto.

In più, interessante per l’espe-rienza regionale, a livello di singo-le assemblee statali ci sono degliorganismi interni, delle unità divalutazione, che lavorano riprodu-

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cendo in scala più piccola il lavoroprodotto dal GAO. Di solito hannocome riferimento una commissioneparitetica, perché il principio chevale è che la funzione è no parti-san, non appartiene né a maggio-ranza, né ad opposizione, maall’istituzione in quanto tale. Unacosa interessante, il direttore delGAO dura in carica quindici anni,questo significa che è al di fuori diqualsiasi tipo di politica.

La stessa cosa, naturalmente inpiccolo, avviene per questi organi-smi statali, naturalmente anchel’elezione e la nomina di questidirettori è abbastanza complicataperché, di solito, è del Presidente odel Governatore su proposta dell’as-semblea legislativa.

Questa è la cosa che rendeancora più caratteristica l’esperien-za statunitense: esiste un mercatoplurale profondo, nel quale è possi-bile recuperare le competenze pro-fessionali più adeguate. Nel temposi è strutturato veramente un merca-to ingente, naturalmente stimolatodalle commesse pubbliche. Vi cito iquattro principali, ma ce ne sonotantissimi che fanno valutazione adal alto livello, anche in piccole socie-tà: uno è l’Urban Institute con sedein Washington; il Main Power cheabbiamo visto prima; poi la RandCorporation che ha una sede anchein Olanda, sono tutte quante societàprivate che lavorano non soltantonegli Stati Uniti, ma anche all’estero;poi il Mathematica Policy Research.La cosa interessante è che se visitatei loro siti trovate tutto il materialeche producono.

C’è una grande attenzione, nonparagonabile a quella esistente da

noi, alla divulgazione dei risultati ealla funzione dei mezzi di comuni-cazione che devono far da tramitetra le istituzioni e la collettività, tut-ti i risultati non solo sono pubblici,ma vengono spiegati al pubblico.

Il processo di valutazione madein Europe, di fatto, coinvolge, percom’è costruito, soltanto le struttureamministrative dell’esecutivo. Aquesto punto, che incentivo puòavere la struttura amministrativadell’esecutivo a porre domande diquesto tipo sugli effetti delle politi-che e, quindi, di realizzare studi divalutazione? Nessuno. Essi hanno,giustamente, un solo problema:mandare avanti la baracca, far fun-zionare le cose, spendere le risorseche gli sono state assegnate. Quindi,la funzione principale che svolgequest’apparato valutativo consistenel rassicurare gli altri, la Commis-sione Europea, eccetera, il ConsiglioRegionale talvolta, che i soldi sianostati spesi, le attività realizzate; chepoi quei soldi siano stati ben spesi equelle attività realizzate abbianodato gli effetti sperati, quello è tuttoda vedere.

Non vi sono istituzioni ad hocche operano nel processo di valuta-zione, se non alcuni uffici internialla stessa amministrazione, nelquale lavora anche il dottor Conzi-mu, ma con ruoli molto dubbi;quanta valutazione fanno i nuclei divalutazione che operano all’internodelle regioni?

Il mercato è assolutamentepoco plurale e, soprattutto, pocospecializzato. Ci sono grandi societàdi consulenza che fanno di tutto, sisono buttati nella valutazione deifondi strutturali per business, natu-

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ralmente, senza fare nomi, ErnstYoung, società di consulenza orga-nizzativa, che si improvvisano. Pur-troppo dall’altra parte non c’è unacommittenza consapevole, attenta,incentivata a fare le cose per bene,per cui va benissimo Ernst Young,risolve il problema, prende l’incari-co e produce un rapporto nei tempistabiliti che accontenta la commis-sione e non disturba nessuno. Bandiper la valutazione che non conten-gono precise domande, e non sicapisce che cosa vogliano sapere. Disolito sono pacchetti chiavi in manoassegnati ai valutatori indipendentiche svolgono l’attività più o menobene, a seconda della professionalitàche si trovano all’interno, dell’one-stà intellettuale, del rigore metodo-logico, eccetera.

Poca trasparenza sui risultati,rapporti voluminosi di difficilecomprensione, di dubbia utilità;chissà se li legge qualcuno?

Chiudo con un segnale diattenzione. Non cadete nell’erroredi pensare che manchino le risorse,cioè che questa cosa non sia partitaperché le risorse non sono state suf-ficienti. Vi faccio vedere questatabellina che ho realizzato per l’oc-casione, sono soltanto le risorse allo-cate dal Cipe in attuazione dellaLegge 144/99. Era una Legge finan-ziaria che costringeva, di fatto, lePubbliche Amministrazioni Regio-nali e i Ministeri centrali a dotarsi dinuclei di valutazione, quindi ognianno Regioni, Stato e Ministeri han-no ricevuto un bel po’ di risorse cir-ca 98 milioni di euro a livello regio-nale tra il 2001 e il 2008; non so nem-meno se sono tanti o ne sono pochi,però sono un po’ di risorse. Mi pia-

cerebbe sapere quanta valutazione èstata fatta. A livello statale 27 milio-ni di euro: interessante. Funzioniorizzontali corrispondono a 13milioni di euro, ossia funzioni dicoordinamento, per le quali si eranoposti il problema di mettere in retequesti nuclei, di farli lavorare, ecce-tera. Anche lì chissà cosa è avvenu-to. Però, in un totale di 140 milionidi euro dal 2001 al 2008, mi piace-rebbe che qualcuno, arrivati a que-sto punto, si domandasse se ha fun-zionato tutto, che cosa non ha fun-zionato, per riprogrammare inmodo prospettico.

Per venire qui ho chiesto ad unacollega dell’unità di valutazione alMinistero del Bilancio se avevanofatto i calcoli di quanto era la sommaspesa per la valutazione dei fondistrutturali a livello regionale. Natu-ralmente nessuno conosce la rispo-sta, perché non la conoscono al Mini-stero del Bilancio, quindi probabil-mente immagino non la conosca nes-suno; ma così, in modo “spannome-trico” vi dico che molto probabil-mente si duplica questa somma.Quindi, è stato speso un bel po’.

Concludo qui e lascio al dibatti-to successivo.

Il progetto di cui vi andrà a par-lare la dottoressa Dantino del Consi-glio Regionale della Lombardia, ilProgetto Capire, sarà costato circa50.000 euro l’anno. Quindi, nel giu-dicare l’esperienza, tenete conto cheper il nucleo di valutazione dellaLombardia sono stati assegnati dalCipe 9 milioni di euro, non spesi;questo per dire che le risorse perfare qualcosa c’erano.

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Dopo questa spiegazione moltodettagliata e precisa fatta dal profes-sor Sisti su cosa s’intende per “Valu-tazione degli effetti”, proverò adillustrare il tentativo di passare dal-le parole ai fatti, che abbiamo realiz-zato nella Regione Lombardia. Ilnostro progetto nasce alla fine del1999 per iniziativa di un DirettoreGenerale che si era reso conto, giàallora, che con le riforme costituzio-nali (del ’99 e del 2001) e con l’ele-zione diretta dei Governatori, si eracreata una asimmetria tra organilegislativi ed esecutivi.

Quando abbiamo cominciato aragionare su questi temi (e sullavalutazione), si era affermata nel-l’opinione pubblica una maggioreattenzione ai risultati delle decisionipubbliche. Si cominciavano ad usarele tre “e”: efficacia, efficienza ed eco-nomicità anche nei Consigli. Comin-ciava ad essere evidente che i tradi-zionali strumenti di controllo, chehanno caratterizzato la vita delleassemblee legislative, non avevanoprodotto gli effetti sperati. La fun-zione di controllo era già presenteall’interno di tutti gli statuti regiona-li, ma si era tradotta prevalentemen-te in atti di sindacato ispettivo (inter-pellanze, interrogazioni). Più che amotivazioni di conoscenza, in realtà,rispondevano a logiche di relazionecon il collegio elettorale di riferimen-to. Qualcuno sollevava un problemasu qualcosa e allora il Consiglierefaceva l’interrogazione o l’interpel-

lanza, che in qualche caso produce-va risposta da parte dell’Assessore,del Presidente della Regione, ma inmolti casi non sortiva neanche que-st’effetto. Quindi strumenti del tuttoinadeguati rispetto alle finalità cono-scitive di cui stiamo parlando, per-ché non si proponevano di verificarein modo sistematico come andavanole cose, ma erano per lo più dettateda ragioni di consenso rispetto aipropri elettori.

Questo era il contesto nel qualeè maturata l’esigenza, da parte delnostro Consiglio, di cominciare adanalizzare le modalità per renderepiù forti le assemblee, che vivevanouna stagione di grande crisi identi-taria (e che dura tuttora), a fronte diesecutivi fortissimi non solo in ter-mini di investitura del Presidente,ma anche di strumentazione che sisono dati: forte delegificazione,strumenti operativi molto snellianche dal punto di vista dell’Ammi-nistrazione; quindi, leggi contenito-re, poi atti decisionali a cura degliorgani amministrativi.

Tutte le Regioni pubblicanodei rapporti sulla Legislazione. Seandate a guardare, negli ultimianni, l’iniziativa legislativa delleGiunte si è molto rafforzata. Il pro-cesso di elaborazione delle leggi,che dovrebbe essere prerogativadelle assemblee legislative, si è spo-stata prevalentemente in capo agliEsecutivi, con percentuali che van-no dal 70 al 90% dei casi. In assem-

VERSO UNA NUOVA FUNZIONE DI CONTROLLO E VALUTAZIONE DELLE POLITICHEREGIONALI. L’ESPERIENZA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIAGiuseppina Dantino - Dirigente Servizio Valutazione Processo Legislativo e Politiche regio-nali del Consiglio Regionale della Lombardia

160

blea si vota, ma la costruzione delladecisione legislativa, quindi l’indi-viduazione delle soluzioni ai pro-blemi che motivano un nuovo inter-vento legislativo, nascono prevalen-temente dentro l’Esecutivo.

A partire da questi dati abbia-mo cercato di ragionare, nei diversiConsigli, su come affrontare questotema dal punto di vista istituziona-le. Abbiamo quindi dato vita ad unprogetto, che è nato come progettonon partisan già nella composizio-ne: eravamo due Regioni del Cen-trodestra e due Regioni del Centro-sinistra, La Lombardia e il Piemonte(che allora era di Centrodestra) el’Emilia e la Toscana. Non solo leRegioni individuate erano caratte-rizzate da maggioranze diverse, maanche la guida politica del progettoera affidata ad un comitato di indi-rizzo formato da due consiglieri,uno di maggioranza ed uno diopposizione per ciascuna Regione.L’idea era quella di mettere allospecchio consiglieri che interpreta-vano ruoli differenti in contesti dif-ferenti; questo ci ha aiutato a farcapire alle maggioranze dei diversicontesti che quando le forze politi-che si trovavano all’opposizione (oquando le stesse forze erano algoverno), vivevano in modo analo-go i problemi connessi alla valuta-zione, sia che fossero di Centrode-stra che di Centrosinistra: le mag-gioranze avevano più resistenze, leopposizioni la vedevano come pos-sibile strumento di conflitto politico.Questi atteggiamenti erano analo-ghi sia nelle regioni di centrodestrache di centrosinistra.

Ci siamo resi conto che eraimportante costruire un progetto e

un’attività che fosse istituzionale,fuori da queste logiche, e che fosseguidata da consiglieri con un inte-resse cognitivo rispetto a questo, enon da un interesse di parte. La cosanaturalmente non è stata così sem-plice, poi lo vedremo.

Ci siamo chiesti che significatopossiamo attribuire al termine “con-trollo” in un’Assemblea Legislativa.I problemi tecnici ve li ha descrittiMarco Sisti, ma ci sono anche, perchi lavora dentro le istituzioni, pro-blemi di concretizzazione dentro learene decisionali politiche che sonomolto complicati.

Prima di arrivare a definire unadiversa accezione del termine “con-trollo”, abbiamo cominciato a riflet-tere e a ragionare sul fatto che ledefinizioni dentro agli statuti nonavevano un oggetto, non si parlavadi che cosa bisognava controllare.Le leggi sono decisioni tese a risol-vere i problemi collettivi, quindiuno dei problemi che si pone neldefinire il controllo è l’utilità di que-sto controllo. Che cosa serve al deci-sore, consigliere regionale, per por-tare avanti l’attività di controllo?Serve, innanzitutto, capire, com-prendere se e in che misura le leggiche si emanano per risolvere undeterminato problema, hanno con-tribuito (o meno) a risolverlo, maoccorre anche ragionare intornoall’analisi di implementazione,quindi verificare se le previsioni diun progetto di legge, di un pro-gramma, poi hanno avuto concretaattuazione, ed attraverso qualimodalità. Capire se hanno avutosuccesso chiedendo agli attori ingioco se dal loro punto di vista lecose stanno andando bene, oppure

161

se si rende necessario intervenireper poter riorientare l’intervento.

Le modalità per farsi un’opi-nione, e capire come stanno andan-do le cose sono molte, e hannoanche degli apparati metodologicidi natura diversa.

Come diceva Sisti, queste cono-scenze ovviamente non si produco-no in modo spontaneo, servonostrutture capaci di attivare questiprocessi. Tenete conto che quandoho cominciato quest’attività avevopochissimo personale, non specia-lizzato in analisi e valutazione dellepolitiche regionali, ed eravamo unUfficio nell’ambito del ServizioCommissioni. Nel 2004 è stato isti-tuito il Servizio Valutazione Proces-so Legislativo e Politiche regionali.Quindi, un percorso molto lungo efaticoso per poter disporre di quat-tro o cinque risorse umane specializ-zate e rappresentano credo, la situa-zione più attrezzata a livello di Con-sigli regionali.

Per passare dal controllo allavalutazione, non da un controllogenerico e formale, ma ad un con-trollo che si occupi di come sono sta-te attuate le Leggi, per comprenderese hanno avuto risultati positivi,bisogna anche istituire strutture chesiano in grado di innescare questiprocessi; questo è ciò che noi abbia-mo tentato di fare in questi anni. Daquesto lavoro di riflessione e di con-fronto con i politici è nato il nostroprogetto. Lo sto sintetizzando, ma èstata una fatica enorme. Abbiamofatto un ciclo di seminari per i poli-tici sulla valutazione. Abbiamo chia-mato Gloria Regonini, uno dei piùgrandi docenti di analisi delle politi-che pubbliche in Italia. abbiamo rea-

lizzato quattro seminari per i consi-glieri; abbiamo prodotto note infor-mative interne sulla valutazione;abbiamo fatto marketing sullanostra attività. Abbiamo impiegatosette-otto anni per cominciare avedere cambiare le cose. È in questomodo che siamo arrivati alla defini-zione di controllo dell’attuazionedelle leggi, e valutazione degli effet-ti delle politiche regionali. Questadefinizione ci sembrava chiarisse unpo’ meglio di che cosa si dovevaoccupare una moderna assemblealegislativa, con l’obiettivo di costrui-re conoscenza condivisa in una logi-ca non partisan sulle concrete moda-lità di attuazione di leggi e politicheregionali.

“CAPIRe” è nato nel 2002 dallapartnership di quattro Consigli, manel corso di questi anni l’attività delprogetto ha coinvolto molte altreRegioni, tra cui la Sardegna che par-tecipa adesso al corso di alta forma-zione. Siamo passati dai quattroConsigli ai sedici attuali. La Confe-renza dei Presidenti dei Consigliregionali, nel 2006, ha assunto diret-tamente il progetto, quindi ne ha inqualche modo recepito l’utilità e laserietà. Lo scorso anno abbiamo sot-toscritto a Matera, tutti i Consigliaderenti al progetto, un documentodi indirizzo che impegna i Consiglisu linea guida per affermare la valu-tazione dentro le assemblee legisla-tive. In ottemperanza a questi impe-gni abbiamo avviato un corso di altaformazione che è partito ad ottobredalla Lombardia e avrà sede in Sar-degna il 18 di febbraio 2009. È uncorso che durerà un anno, con ses-sioni mensili di tre giorni e si terrànelle sedi regionali che hanno aderi-

162

to al progetto. Infine, sono stati isti-tuiti servizi ed uffici all’interno deidiversi Consigli regionali con ilcompito di avviare pratiche valuta-tive.

Tutto questo percorso ha pro-dotto l’attivazione di piccoli nucleidi tecnici che si sono fatti promotoridella cultura della valutazione. Perfare questo si sono dovute affronta-re molte resistenze, anche in ambitotecnico. Superare una visione piùtradizionale del ruolo dirigenziale,più attento ai processi formali didecisione che ai contenuti delle poli-tiche regionali, non è stato semplice.

Nel 2004 il Consiglio Regionaledella Lombardia, per il lavoro svol-to tra il 2000 e il 2004, ha riconosciu-to l’esperienza che era in corso e haistituito un servizio dentro al Consi-glio Regionale, definendolo “Servi-zio Valutazione Processo Legislativoe Politiche regionali”. Questo fattosegna un cambiamento di culturaperché s’introduce il termine valuta-zione per definire una funzione stra-tegica del Consiglio.

Un passo avanti è stato com-piuto. Con quale compito? L’ideaera come porre quelle domandeincisive di valutazione, di cui parla-va Marco Sisti prima, senza scatena-re conflitti tra maggioranza edopposizione non abituate all’utiliz-zo di questi strumenti nel nostroPaese. L’idea è stata quella di inseri-re dentro le Leggi, che vengonoapprovate nel corso dell’istruttorianelle commissioni consiliari, dellenorme che individuano obiettividalla valutazione, soggetti chedevono produrre informazioni alConsiglio, i tempi di resa di questeinformazioni.

Naturalmente non è che questecose ci siamo messi a farle sponta-neamente come struttura. Abbiamoindividuato come committente poli-tico il Presidente della Commissionedi riferimento. La negoziazione e larichiesta: “Presidente, cosa ne dice,lavoriamo per inserire una clausolavalutativa?”, era una negoziazioneasimmetrica che avveniva tra me e ilPresidente di Commissione con gliovvi limiti di un rapporto di questotipo.

Devo dire che in questi annil’attenzione è cresciuta, probabil-mente grazie anche all’imparzialitàche abbiamo dimostrato rispettoall’attività che abbiamo svolto.Abbiamo iniziato ad inserire questenorme dentro ai progetti di legge,ma non ci siamo fermati lì, perchéper definire quali erano le coseimportanti, sulle quali poi si dovevarendicontare, non era sufficienteuna lettura del testo di legge. Permeglio comprendere le ragioni del-l’intervento legislativo ci siamosempre rapportati alle strutture del-l’Esecutivo che seguivano la materiao il problema in esame. Per costrui-re le clausole valutative, oltreall’analisi del testo di legge e alladocumentazione correlata, abbiamosviluppato forti sinergie con le strut-ture dell’Esecutivo per verificare sele nostre ipotesi trovavano confer-ma o per confrontarci su alcune que-stioni.

Le prime esperienze di avvio diprocessi valutativi nascono attraver-so le clausole valutative utilizzatenelle nuove leggi come meccanismidi innesco di processi di rendiconta-zione che solo in una fase successivaproducono informazioni utili per

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comprendere attuazione e risultati.La progressiva introduzione di clau-sole valutative che consentono unachiara identificazione dei soggettiincaricati di rendicontare, delleinformazioni da fornire e dei tempientro i quali produrre tali informa-zioni, ha consentito di evidenziare ilimiti delle generiche norme di ren-dicontazione usate in precedenza.Frasi del tipo “la Giunta ogni annoinvia al Consiglio una relazione sul-l’attuazione e sui risultati della leg-ge” sono presenti in molte leggiregionali. In Lombardia sono unasettantina le leggi che contengononorme di questo tipo e, tra queste,una ventina generano realmente lerelazioni previste. Perché? Moltoprobabilmente un mandato cosìgenerico mette in difficoltà chi deverispondere. Si possono generare dueeffetti diversi. O non si manda nullao si mandano troppe informazioniproducendo di fatto lo stesso risul-tato vale a dire scarso interesse escarso apprendimento.

L’utilizzo di clausole valutativeaveva anche un altro pregio. Con-sentiva di spostare nel tempo i risul-tati della valutazione. Come promo-tori del progetto volevamo evitareche queste nuove funzioni potesseroessere lette con timore da chi avevaresponsabilità di governo nelleRegioni. Le clausole valutative inne-scano processi di rendicontazione alungo termine (due-tre anni) e lescadenze possono anche essere indi-viduate nella Legislatura successi-va. Questo approccio ha tentato diminimizzare i timori di conseguen-ze sgradite.

Contestualmente questa diver-sa attenzione ai tempi per la rendi-

contazione ci ha consentito di aprireun confronto su questo aspettoanche con le strutture dell’Esecuti-vo. Per chiarire questo tema faccioun esempio. Lo scorso anno la Giun-ta ha approvato una legge di soste-gno alla competitività. Questa leggecontiene una norma di rendiconta-zione un po’ sul modello delle clau-sole valutative, ma il problema deitempi è stato sottovalutato. La leggeinfatti ripropone la presentazioneannuale della relazione al Consiglio.

Pensate che quella legge pro-muove lo sviluppo dell’internazio-nalizzazione, del capitale umano,ricerca e innovazione, imprendito-rialità, etc.

La mia struttura ha avviato unprimo monitoraggio per censire gliatti emanati in attuazione di quellalegge. Dopo sei mesi erano più ditrenta e le diverse Direzioni nonsapevano esattamente cosa avesseroprodotto gli altri. Il nostro censi-mento dopo sette-otto mesi avevaconsentito anche a loro di saperecosa era stato realizzato in terminidi atti prodotti.

La previsione contenuta nellalegge di relazione dopo un annosugli “impatti” prodotti era irreali-stica. Questo esempio è utile per farcomprendere che stimare tempi con-grui e ragionevoli per chiedere con-to richiede già una certa conoscenzadei problemi attuativi che le leggihanno in relazione alla loro com-plessità.

L’altro strumento utilizzato perintrodurre pratiche valutative sonole Note informative sull’attuazionedelle politiche. Come illustrato inprecedenza ci sono leggi regionaliche contengono norme di rendicon-

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tazione che impegnano l’Esecutivo arelazionare al Consiglio.

A partire da queste relazioniabbiamo cominciato a sperimentarecome organizzare queste informa-zioni per rendere comprensibile aiconsiglieri obiettivi, strategie adot-tate, attori coinvolti e risultati del-l’attuazione. Anche in questo casoc’è stata un’alleanza di lavoro con lestrutture della Giunta per verificarese la nostra analisi avesse colto iproblemi e le opportunità dell’inter-vento analizzato.

Abbiamo anche cercato dicomunicare efficacemente attraver-so report sintetici ed una graficaaccattivante.

Anche le Note informativesono nate come strumento di cono-scenza che, attraverso l’analisi del-l’attuazione, possono fornire ele-menti utili per valutare il successo ei problemi incontrati da un inter-vento promosso per risolvere undeterminato problema.

Mi fermo sulla valutazione, riba-dendo che si tratta di una funzionepolitica, non è una funzione esercita-bile dalle strutture. Il compito chehanno gli uffici, che sostengono i con-siglieri è quello di supporto informa-tivo, dare le informazioni, poi la deci-sione, se e come utilizzare questi stru-menti, deve tornare al decisore politi-co perché sono loro i titolari dell’atti-vità legislativa e della funzione diindirizzo e controllo. Quello chenaturalmente bisogna fornire sono glistrumenti ai consiglieri, perché comedicevamo prima le informazioni nonsi generano spontaneamente.

Questo è un elenco delle clau-sole valutative che abbiamo intro-dotto in questi anni, non sono mol-

te, ma noi abbiamo preferito che cifosse consapevolezza, forse ne pote-vamo introdurre di più, ma abbia-mo voluto investire più tempo affin-ché ci fosse modo di consolidarel’esperienza. Questo porta via moltotempo. Abbiamo fatto anche delleclausole sperimentando, perchéquando si avvia un processo di que-sto tipo bisogna partire da testi chesiano il meno conflittuali dal puntodi vista politico, perché sappiamoche anche per i politici queste sonoesperienze nuove e ci vuole cautelanell’utilizzo.

Uno dei nostri obiettivi eraquello di evitare che la valutazionediventasse un ulteriore terreno discontro politico. Per questo abbiamoinsistito affinché le Commissionicomprendessero questi temi, abbia-mo parlato a lungo con i consiglieri,con i relatori dei provvedimenti.Insomma abbiamo evitato di agiresenza far capire le cose, altrimenti iproblemi ce li saremmo ritrovatidopo. Abbiamo cercato di costruireun percorso di consapevolezza con iconsiglieri, che è stato molto lungo,ma credo che non potrà generarestupore, perché ora conoscono mag-giormente il percorso intrapreso.

Un ulteriore elemento di atten-zione che segnalo è il problema del-le competenze tecniche necessarieper svolgere queste attività. Comesapete gli apparati tecnici dei Consi-gli sono composti prevalentementeda personale con competenze giuri-diche. Solo negli ultimi anni si reclu-tano profili diversi: economisti, sta-tistici, esperti in comunicazione. Maper essere in grado di svolgere leanalisi che vi ha mostrato il prof.Sisti, ci vogliono competenze alta-

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mente specializzate. Non era possi-bile reperire quelle competenze tra ifunzionari e i dirigenti regionali. Persvolgere quei compiti, ma anche peraffidate un progetto di ricerca valu-tativa all’esterno, se non si vuolessere ostaggio degli istituti di ricer-ca, servono persone altamente qua-lificate. Sia per le funzioni che sipossono svolgere direttamente(clausole valutative e Note informa-tive) sia per eventuali missioni valu-tative (da affidare all’esterno) si ren-de necessario poter disporre di per-sonale in grado di elaborare autono-mamente e di interloquire con capa-cità critica con istituti di ricercaesterni.

Che competenze devono averele figure professionali che voglionoattivare questo circuito virtuoso, dicui abbiamo cercato di parlare que-sta mattina? Devono sapere indivi-duare le domande a cui le analisidevono dare risposte perché altri-menti si rimane sempre nel genericoe nel vago; specificare quali sono lefonti normative a cui ricorrere e letecniche di rilevazione da impiegareper la raccolta delle informazioninecessarie; prevedere i tempi e glieventuali costi legati alla raccolta eall’analisi dei dati; indicare modalitàdi diffusione e di utilizzo dei risulta-ti delle analisi, perché una valuta-zione, se non viene comunicata, ècome non averla fatta. La valutazio-ne ha un senso ed un’utilità se vienediffusa non solo ai consiglieri, maanche agli attori che ruotano intornoagli interessi che riguardano quellapolitica.

Accanto a queste competenzedi base bisogna seguire lo svolgi-mento dei processi di attuazione

curando i rapporti con tutti i sogget-ti che sono coinvolti nella produzio-ne e nella rielaborazione delle infor-mazioni. Bisogna inoltre curare unacomunicazione efficace dei risultatidell’analisi. Si tratta di competenzemultidisciplinari e che sono riassu-mibili nella figura dell’analista dipolitiche.

Nel nostro Consiglio abbiamoistituito questo nuovo profilo pro-fessionale, abbiamo fatto un concor-so, si è concluso nel dicembre del2008 ed abbiamo assunto due anali-sti. Quindi abbiamo avviato ancheun processo di rinnovamento dellefigure professionali. Abbiamo deigiovani laureati che hanno le com-petenze di base per fare questo tipodi attività. Naturalmente non tutti iConsigli sono nelle stesse condizio-ni, quindi abbiamo agito su più pia-ni dentro al progetto “CAPIRe”. LaLombardia è riuscita a istituire ilprofilo, per altri Consigli abbiamopensato ad un corso di alta forma-zione, che durerà un anno, ne parla-vo prima, è partito a novembre2008, finirà ad ottobre del 2009.Abbiamo fatto un mix di iniziative,che consentano a tutti i Consigli, siaa quelli che sono più avanti e chehanno delle strutture dedicate, sia aquelli che hanno solo qualche fun-zionario cui è stata affidata questafunzione e che, quindi, attraverso ilcorso dovrebbero acquisire una for-mazione di base. Il corso è quindi unmodo per condividere gli elementidi conoscenza minimi e per sensibi-lizzare i Consigli ai temi della valu-tazione.

Sottolineo ancora che bisognafar sì che il controllo e la valutazio-ne siano un processo istituzionale

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basato sulla condivisione di cono-scenze e per queste ragioni quest’at-tività deve essere guidata da unalogica non partisan.

Il Consiglio Regionale dellaLombardia ha approvato a maggio,poi è stato promulgato a settembre,il nuovo Statuto della RegioneLombardia. Un primo risultatolegato anche alla nostra attività èl’articolo 14 dello Statuto che pre-vede la funzione di controllo, cosìcome l’abbiamo definita oggi con-trollo dell’attuazione delle leggi evalutazione degli effetti delle poli-tiche. Il secondo elemento positivointrodotto dallo Statuto e che segnaulteriormente l’istituzionalizzazio-ne della funzione, è l’articolo 44 colquale si prevede l’istituzione di uncomitato politico denominato“Comitato paritetico di controllo evalutazione”. Questo organismoverrà istituito secondo le norme delregolamento che ne deve discipli-nare l’istituzione e la composizio-ne. La Commissione Statuto stalavorando proprio in questi mesisul nuovo testo di regolamento.Anche su questo aspetto abbiamocercato di dare un contributo, d’in-tesa con il Presidente della Com-missione e il relatore del provvedi-mento, su un’ipotesi di articolatoche individua modalità di funzio-namento e composizione non parti-san di un organismo che si deveoccupare di avviare processi valu-tativi da mettere a disposizionedelle commissioni consiliari.

Questo processo di istituziona-lizzazione è molto rilevante perchéconsente un ancoraggio statutario apratiche di lavoro poco conosciute econ una storia molto recente.

Tuttavia è del tutto evidenteche non bastano le norme per unreale cambiamento. Si renderànecessario supportare con moltoimpegno il nuovo organismo politi-co previsto. È auspicabile che i com-ponenti del Comitato Paritetico diControllo e Valutazione si appassio-nino e costruiscano una propriaautorevole expertise.

Sappiamo che nel nostro Paesenon ci sono molte altre esperienzecui guardare e saranno i primi adover cimentarsi con questo ruolo.

Le uniche esperienze che han-no qualche analogia sono il FriuliVenezia Giulia e l’Umbria. Nel pri-mo caso però la differenza più rile-vante consiste nel fatto che la Presi-denza del Comitato è affidata soloall’opposizione. Nel caso dell’Um-bria, invece, l’organismo politicodedicato al controllo ed alla valuta-zione ha anche funzioni di verificadella qualità della Legislazione unpo’ sul modello del Comitato per laLegislazione della Camera deiDeputati.

Però vedete che un po’ di cam-biamento è in atto. Noi abbiamopuntato su un organismo politicodedicato a questa funzione marcan-done la natura non partisan. Vedre-mo, perché il dibattito è in corso, sela votazione in Commissione Statu-to riuscirà a portare a termine que-sto percorso di costruzione di unorganismo che possa essere commit-tente della valutazione, rafforzandoe legittimando maggiormente anchel’attività della struttura.

Credo che alcune importantiscelte siano state fatte, ma la stradaè assolutamente in salita per le que-stioni tecniche di cui parlava Marco

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Sisti prima, sia per i processi di isti-tuzionalizzazione e di organizzazio-ne di cui ho cercato di parlare io.Molto dipenderà anche dalla nostracapacità di dimostrare l’utilità per idecisori di avere un ruolo rafforzatoda queste informazioni e da questistrumenti. Se dimostreremo che laqualità dei nostri prodotti può esse-re utile, questo ci farà fare dei passiavanti. Molto dipenderà anche dal-l’attenzione che la politica metteràsu questo tema, che non è la pana-cea, non è la soluzione di tutti i pro-blemi, ma è uno degli strumenti chepotrebbero concorrere a renderemigliore l’azione pubblica, e quindiuna progressiva affermazione dellavalutazione, come strumento diapprendimento e non come ulterio-re strumento di conflitto politico.

Queste sono le questioni. Vi hoportato due o tre prodotti che abbia-mo fatto, ve li lascio, sono noteinformative; le trovate anche sul sitodel Consiglio Regionale della Lom-bardia c’è una sezione, si chiama“Analisi delle politiche regionali”,dove sono pubblicate tutte le nostrenote informative e le clausole valu-tative. Ora voglio citarvi un caso chepuò evidenziare l’utilità di analizza-re le politiche regionali.

In Lombardia abbiamo una leg-ge di sostegno ai piccoli comuni cheattraverso una serie di misure sipropone di contrastare lo spopola-mento e migliorare lo svilupposocio-economico.

Su questa legge, d’intesa con lestrutture della Giunta, abbiamo rea-lizzato due Note informative chehanno preso in esame le misureadottate sia a favore dei residentiche degli Enti locali. Uno dei risulta-

ti dell’analisi riguardava l’utilizzodi una misura rivolta alle piccoleimprese in fase di start-up. L’inter-vento consisteva nella riduzionedell’aliquota IRAP. Questa analisiha evidenziato un dato inatteso.Infatti a fronte delle oltre 4000imprese, nate nel periodo preso inconsiderazione, solo 56 avevano fat-to richiesta per l’agevolazione. Unfatto decisamente inaspettato in unmomento in cui da ogni posizioneveniva evocata la riduzione delleimposte come misura prioritaria perle imprese.

Racconto questo episodio persegnalare come a volte l’approfon-dimento e l’analisi mettano in luceeventi inattesi. In questo caso speci-fico la Giunta ha potuto porsi il pro-blema di indagare le ragioni di com-portamenti non previsti. Le ragionipotrebbero essere molteplici: cipotrebbe essere un problema diinformazione oppure potrebbeesserci un problema di costi buro-cratici superiori ai benefici economi-ci della misura o altro ancora. Si èreso evidente, però, che andavanoindagate le ragioni alla base di unoscarso utilizzo di un beneficio, sucui la Regione aveva puntato perfavorire le nuove imprese, in zoneritenute svantaggiate.

Questo per dire come un’attivi-tà di questo tipo, pur con pocherisorse (questa analisi l’abbiamo fat-ta noi direttamente) può mettere inmoto meccanismi virtuosi diapprendimento e di conoscenza, chepossono consentire all’Esecutivo dimigliorare la propria attività. Inquesto caso, l’organo Legislativo haavuto un ruolo propositivo di meri-to, perché questa analisi l’abbiamo

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presentata in un briefing alla Com-missione competente che avevaapprovato quella legge di agevola-zione ai piccoli comuni e, in qualchemodo, ciò ha dato un ruolo all’As-semblea Legislativa per un’eventua-le riorientamento degli interventi.

Per rispondere alla domandadel Dott Mereu, credo che scriverein una legge che una cosa si devefare, non dia garanzie sulla concretaattuazione della valutazione. Riten-go che questi processi nascano dalbasso, così com’è avvenuto dentro ilprogetto “CAPIRe”, non è un pro-cesso top down “Si dispone che ven-ga fatta la valutazione”, poi si valu-ta. Credo, proprio che per la com-plessità che la valutazione comportanon possa che nascere da nuclei chesi sensibilizzano, che poi si organiz-zano e si aggregano, a partire da unacultura condivisa. Moltissime leggisi richiamano alla valutazione, ilproblema è perché non si fa? Ladomanda che poneva prima Sistitorna di attualità “Perché non sifa?”. Le ragioni sono probabilmentemolteplici: una è, a mio parere, laseguente. Il termine valutazione,non nascondiamocelo, evoca senti-menti contraddittori, chi deve esserevalutato (o chi si sente valutato)generalmente non è così contento.

Vi ricordo che quasi tutti iGoverni sulla questione della valu-tazione hanno avuto dei problemi.Ricordo che quando era Ministrodell’Istruzione Berlinguer stava percadere il Governo sul tema dellavalutazione degli insegnanti.

Dentro la Pubblica Ammini-strazione la valutazione dei dipen-denti è ancora un obiettivo, si sonoinventati dei meccanismi, ma incon-

tra molte resistenze perché non c’èl’abitudine a valutare, non c’è la cul-tura della valutazione. Per quantoriguarda i dipendenti, ad esempio,se si lega troppo la questione dellavalutazione solo ad aspetti econo-mici e non al fatto che questo è unostrumento di apprendimento e dicrescita che serve a far capire allepersone i propri punti di forza e didebolezza, se non ci si dedica tem-po, se non si fa capire che è uno stru-mento gestionale e non uno stru-mento punitivo per dare più o menosoldi e basta, è ovvio che venga con-trastato. Far capire al personale, io ciprovo da dieci anni, che quell’altroha lavorato più di te e quindi meritaqualcosa di più, è un’impresa. Chilavora nella Pubblica Amministra-zione credo possa capire quanto siacomplicato questo cambiamento.

Immaginate, nel caso delleAssemblee Legislative, quanto siadifficile trovare consensi per la valu-tazione delle politiche, quanto siadifficile che la politica valuti le pro-prie decisioni. Questo è il punto. Ladifferenza tra noi e gli Stati Uniti èche mentre la tradizione anglosasso-ne nasce da una filosofia empirista epragmatica, fondata sul fatto che sideve verificare se e come funzionanole cose; nella nostra tradizione per-meata da una filosofia idealistica,quella hegeliana, che ci caratterizza,il confronto è tutto centrato sui valo-ri. Nella nostra cultura c’è ancora laconvinzione che se faccio una legge,il problema è risolto. È difficile chesorga il dubbio che magari quellalegge non riesce ad essere attuataperché poi lungo il suo percorsoattuativo incontra dei problemi, operché erano state destinate risorse

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economiche e poi si scopre che è suc-cesso qualcos’altro e i soldi sono sta-ti spostati di un’altra parte perché c’èla crisi, o perché è sorto un problemaimprevisto.

Allora, se non si parte, comedice il prof. Martini, dal ragionevoledubbio che qualcosa possa non averfunzionato, è chiaro che questo mec-canismo non si metterà mai in moto,ma bisogna che tutti, a partire daitecnici, si faccia un atto di modestiae si capisca che una decisione legi-slativa non è detto che funzioni, nonperché qualcuno ha buone intenzio-ni e altri hanno cattive intenzioni,ma perché la nostra capacità di pre-vedere è limitata, perché nella vita cisi presentano delle cose diverse daquelle che avevamo pensato. Alleleggi succede esattamente la stessacosa. Ogni mattina vado in ufficio,ho in testa il mio “to do to day” e poifaccio delle altre cose, perché inva-riabilmente succede qualcos’altro.

Pensate che le leggi abbianouna sorte diversa? Il problema è chela legge, ripeto, è un’intenzione, l’at-tuazione è un’altra cosa, chi poideve far le cose è soggetto ad altriimprevisti. Il percorso che porta airisultati è molto lungo ed accidenta-to. Bisogna superare una visionemanichea e prendere atto che le cosespesso vanno in modo diverso dacome le abbiamo immaginate.

Bisogna sapere che la valuta-zione evoca timori in chi governa eche suscita interessi di parte per chiè all’opposizione. Trovare un modoper superare questi timori è fonda-mentale.

Se non si cambia rispetto a que-sto, è difficile che la valutazione nelnostro Paese abbia successo.

Io credo che la crisi a cui sonogiunte le Assemblee Legislativedebba necessariamente affrontareanche questi aspetti. Il potere dicontrollo dovrebbe essere rafforza-to, ma anche in termini di risorseumane messe a disposizione. Anchesu questo aspetto ci vuole un inputpolitico. Se la spinta non nasce dagliorgani interni alle Assemblee Legi-slative, se la funzione di controllo evalutazione non viene vista daidecisori come una importante inno-vazione che rafforza i Consigli, èdifficile che la buona volontà deisingoli o di piccole sperimentazionipossano cambiare le cose.

Le azioni sono anche azioni discelta organizzative dentro alleassemblee legislative; guardate che inumeri sono importanti, Sisti parla-va del GAO. Io ho incontrato ildirettore del centro ricerche del con-gresso e della biblioteca degli StatiUniti (loro fanno interventi puntua-li sui singoli consiglieri) ed horiscontrato che siamo a distanzeabissali in termini di investimentodi risorse; se ricordo bene loro han-no 700 dipendenti specializzati peraree di policy. Ripeto, io ho dovutopenare cinque anni per avere unconcorso che mi ha dato due perso-ne: la differenza mi pare evidente.

Allora, se non c’è la consapevo-lezza di questo, non è che se lo scri-viamo in una legge le cose cambianoautomaticamente. Bisogna tirarsi sule maniche e lavorare intensamente,affrontare le questioni, avere lacapacità di sensibilizzare i politici,bisogna avere però anche la capaci-tà di capire quando devi fare unpasso indietro. Io la prima analisil’ho fatta sui funghi epigei, freschi e

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conservati, per non creare problemi.Adesso ci stiamo occupando dicompetitività, però è chiaro chebisogna avere l’intelligenza di agirecon gradualità e di non partire datemi fortemente conflittuali, perchébisogna prima costruire condizionidiverse. Bisogna avere consapevo-lezza di sé, del ruolo e di dove si è,agire di conseguenza e, qualche vol-ta, fare un passo indietro per poi far-ne due avanti.

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Innanzitutto, mi scuso perchél’intervento non è stato preparatocome avrei voluto, nel senso chenon sarà sistematico, ma è dovuto alfatto dell’assenza da parte delnostro direttore, che per i motivi checonoscete non è potuto essere pre-sente oggi.

Credo sia importante la presen-za del nostro nucleo e, che vi rendaedotti delle attività che si stannosvolgendo in questo periodo e quel-lo che è stato fatto in passato.Soprattutto per rispondere alle sol-lecitazioni che prima Marco Sisti halanciato, in quanto deve essere undovere da parte di una PubblicaAmministrazione, quale il nucleo divalutazione, rendere trasparentel’attività che è stata svolta in questianni.

Il nucleo di valutazione è natocon la Legge 144 del 1999 che all’ar-ticolo 4 prevede l’istituzione dinuovi organismi, che avrebberodovuto essere presenti in tutte leRegioni e nelle Amministrazionicentrali, ossia nei Ministeri.

Proprio in questa normativa sievince come personalità, intellet-tualmente lungimiranti, in questocaso Fabrizio Barca, hanno dato uninput fondamentale affinché si affer-masse nella Pubblica Amministra-zione la cultura della valutazione.

Quest’impulso non proviene dalbasso, non si genera all’interno delleAmministrazioni che dovrebberoessere direttamente interessate all’im-

plementazione di questo tipo di atti-vità, in quanto è da considerarsi utilepoiché fornisce una conoscenza, che èspendibile nell’ambito del proprioagire istituzionale, ma è, come ricor-dato in precedenza, frutto di menti,come dire, “illuminate” che promuo-vono questo tipo di azione, ossia lavalutazione, affinché si innesti stabil-mente nell’ambito della PubblicaAmministrazione italiana.

Per quanto riguarda la RegioneSardegna, all’epoca vi è stato unmero recepimento formale, non cre-ando una struttura ex novo, maindividuando il Centro Regionale diprogrammazione quale unità divalutazione, sulla base della consi-derazione che questo ufficio era ilsoggetto che già in precedenza sioccupava di attività compatibili, oquantomeno complementari con lavalutazione, come la programma-zione, in particolare dei fondi strut-turali. Inoltre, si deve sottolinearecome già in passato il CRP abbiarivestito un ruolo connotato da unforte spirito innovatore per l’ammi-nistrazione regionale, gestendo unpartita fondamentale per la nostraIsola come il Piano di Rinascita.

Successivamente, parliamoormai di due anni fa, il nucleo è sta-to riorganizzato, anche in questocaso grazie ad un’altra personalità“illuminata”, che mi piace ricordarevisto che è qui presente, l’ex Asses-sore Pigliaru, il quale ha rivisitatol’organizzazione del nucleo stesso,

“I NUCLEI E L’ATTUAZIONE PIANI DI VALUTAZIONE” - INCONTRO DEI RETE NUVVLodovico Conzimu - Regione Autonoma della Sardegna - Nucleo di valutazione e verificae degli investimenti pubblici

192

prevedendo una nuova struttura,composta dal personale internoall’Amministrazione, ma anche dasoggetti esterni all’Amministrazio-ne Pubblica, sette nuovi componen-ti che provengono dal mondo acca-demico e non solo.

Rispetto all’argomento di oggi,il nucleo ha avuto mandato di redi-gere un Piano di Valutazione che sidovrebbe occupare delle politicherelative alla nuova programmazio-ne 2007/2013, prendendo in consi-derazione sia gli interventi finanzia-ti con i fondi strutturali provenientidall’Unione Europea, che i fondiFAS (Fondi per le Aree Sottoutiliz-zate) di carattere nazionale. Proprioin questo aspetto risiede la novitàdel nuovo ciclo programmatico, inquanto rispetto al passato vi è unnotevole cambiamento. In prece-denza queste due fonti di finanzia-mento erano organicamente e fun-zionalmente distinte, con la pianifi-cazione degli interventi che seguivadiverse modalità di attuazione egestione; mentre in questa nuovafase si è pensato, in maniera oppor-tuna, di convogliare, concentrare ifondi e programmare per prioritàcongiunte.

Il Piano di Valutazione ha ilcompito di selezionare le valutazio-ni che si intendono implementarenell’ambito dell’Amministrazioneregionale, dettando una serie diregole e di modalità di condotta perrilevare e contemperare le richiesteche provengono da diversi soggetticoinvolti nell’attuazione delle diver-se policy, cioè della politiche regio-nali, attuatori ma anche destinatari.Si prendono gli impegni precisi contutti gli stakeholder, quegli attori

coinvolti a vario titolo dalle politi-che stesse, come il partenariato eco-nomico e sociale, o, in ultima istan-za, i cittadini.

Le finalità che persegue il pia-no, sono di diverso tipo, ma tuttesono accomunate da un unico prin-cipio ispiratore, rendere conto aifinanziatori, coloro che hanno inve-stito delle risorse ingenti su unadata politica, un dato intervento eche quindi vorrebbero e dovrebberoconoscere gli effetti prodotti da que-sti. Ma non solo, anche sapere comeè stata implementata quella specifi-ca politica. I finanziatori intensi insenso lato, con accezione estensivache può arrivare a ricomprenderegli stessi cittadini che con la fiscalitàcontribuiscono in maniera indirettaall’attuazione di queste politiche. Larendicontazione e la trasparenzadevono essere considerate le pre-messe concettuali da cui ogni valu-tazione dovrebbe partire.

Come dicevamo prima e comehanno ricordato i relatori che mi han-no preceduto, la valutazione serve aspiegare, a fornire quegli elementi diconoscenza rispetto ai possibili risul-tati, e in questo caso viene utilizzatauna parola che a Marco Sisti forse nonpiacerà, impatti, ovvero quali sono glieffetti di lungo periodo di quel datointervento e politica.

Tutto questo “accumulo di cono-scenza” a cosa dovrebbe servire?Cioè, quali sono le finalità proprie chedovrebbe fornire questo tipo di attivi-tà? La prima risposta è orientare ledecisioni sulle politiche. La valutazio-ne fornisce una serie di informazioniche il decisore dovrebbe utilizzarenell’ambito della propria attività, contutte le difficoltà che prima abbiamo

193

ricordato. Naturalmente questo piùampio set conoscitivo può permetteredi migliorare la gestione delle policy,non avendo quindi un ruolo di sup-porto per il decisore finale, ma ancheper chi attua le politiche stesse. Finali-tà che ha un notevole rilievo, in quan-to la valutazione svolgendo questafunzione di migliore e maggiore com-prensione della realtà, offre gli stru-menti per capire come quel tipo dipolitica può avere sortito effetti o èstata realizzata.

Valutare il passato per pro-grammare il futuro è un auspicio,anzi, una precisa indicazione che ilQuadro Strategico Nazionale ponecome linea guida fondamentale daparte delle Amministrazioni Regio-nali, e non solo. Valutare il passatosignifica gettare uno sguardo al pre-cedente periodo, POR 2000/2006, incui sono stati finanziati e realizzatiinterventi con un notevole ammon-tare di risorse pubbliche. Si pone,quindi, un dovere, quasi di carattereetico ed istituzionale nel cercare dicapire in che modo sono state utiliz-zate quelle risorse e che effetti han-no sortito. Tutto questo deve con-durre l’Amministrazione Pubblica,con maggiore consapevolezzarispetto agli esiti dei propri inter-venti, a ridefinire gli obiettivi dellapropria azione.

Il Quadro Strategico Nazionaleè una cornice programmatica dilivello nazionale in cui vengonodefinite le dieci priorità che dovreb-bero orientare l’azione amministra-tiva a livello periferico. Tali direttiveprogrammatiche si declinano, nelleamministrazione regionali, in cui sidevono definire le modalità attra-verso cui attuare tutti gli interventi.

Per quanto riguarda la valutazioneil QSN richiede che vengano formu-late domande di valutazione perquanto possibile circoscritte, ovveroevitare che siano di carattere troppogenerale, comportando la predispo-sizione di mandati valutativi, a cuidifficilmente si può dare seguitoperché non si hanno i mezzi e le pos-sibilità, in quanto a volte risultacomplicato, se non alquanto impro-babile, definire quel nesso fonda-mentale di causa – effetto tra inter-vento e risultati che si dovrebberoanalizzare.

Per circoscrivere queste doman-de è necessario tener conto di alcunedimensioni, come, per esempio, l’in-dividuazioni di una particolare cate-goria di destinatari, sui quali le poli-tiche hanno sortito degli effetti.Ancora, tener conto dell’ambito terri-toriale definito, che potrebbe avereuna scala differente, come nel nostrocaso, la Regione, ma anche a livelloprovinciale.

Inoltre, si dovrebbero indivi-duare gli oggetti propri della valuta-zione tra gli strumenti, gli interventiche hanno attuato le politiche stesse:per esempio, le leggi di agevolazio-ne, vedi Legge 15, piuttosto cheinterventi di più ampio respiro, pen-siamo ai progetti integrati territoriali.Effetti su particolari categorie diutenti destinatari: imprenditori, sog-getti svantaggiati, aree di carattereterritoriale (Province e Comuni).

Alla luce delle precedenti con-siderazione, il Piano di Valutazionedefinisce dei criteri per individuarequali siano le domande di valuta-zione da portare avanti. Tali criteritengono conto, per esempio, se nelpassato vi è stato un investimento di

194

risorse pubbliche notevole su unparticolare intervento, su una politi-ca, e se questo tipo di investimentosi caratterizza come una prioritàstrategica che la Regione ha indivi-duato, determinando una continuitànella strategia. Questi elementi deb-bono essere ritenuti quali validi”indicatori” che guidano la sceltadelle tematiche su cui poter effettua-re delle valutazione.

Le valutazioni possono essereimplementate, secondo diversemodalità, possono essere interneovvero realizzate direttamente all’in-terno dell’Amministrazione Regiona-le, in questo caso, dal nucleo di valu-tazione; oppure esterne, individuan-do dei soggetti (come le società diconsulenza), che su mandato da partedell’Amministrazione Regionale svol-gono questo tipo di attività.

Una terza possibilità è quelladell’autovalutazione, che potrebbeessere accessoria e funzionale alleprime due, in cui gli stessi attuatoridegli interventi delle politiche, sipongono il problema rispetto acome è stata attuata la politica stes-sa e quali sono stati gli effetti che,secondo loro, questo tipo di inter-vento ha sortito.

Rispetto a questi input vedia-mo alcuni esempi di cosa valutare.Con riferimento alla programmazio-ne cosiddetta unitaria, sono statiprevisti degli step dal punto di vistavalutativo e temporale, che deriva-no da quello che ha definito in pre-cedenza Marco Sisti, come una sortadi catechesi, essendo l’insieme delleindicazioni che vengono fornite dal-l’Unione Europea. Rispetto al perio-do in cui una valutazione si dovreb-be realizzare, questa verrà definita

in itinere ex post, se gli interventiconsiderati, sono rispettivamente incorso d’opera o vengono valutatiquando questi sono stati già realiz-zati.

In questa nuova fase program-matica non sono stati previsti parti-colari limiti temporali per condurrele ricerche valutative, né questedevono essere orientate dalle fontidi finanziamento utilizzate; mentre,in passato la valutazione dovevatener conto della linea finanziariache sosteneva gli interventi e que-st’ultimi si valutavano in quanto,per esempio, finanziati dal FondoSociale Europeo, piuttosto che daaltri fondi, senza tener conto delleintegrazioni fra questi.

Il focus della valutazione,attualmente si sofferma sulla policynel suo complesso, a prescinderedalle fonti di finanziamento che suquesta vanno a convergere.

Ribadiamo l’assoluta necessitàdi circoscrivere le domande di valu-tazione, individuando in un numerolimitato di interventi affinché si pos-sa dare risposte concrete, non sirimanga nel vago, fornendo quelleinformazioni che possono essereutilizzare e definire meglio la pro-pria programmazione.

In questa slide potete vedere idiversi step che vengono indivi-duati a diverso titolo, sia nei rego-lamenti comunitari che negli atti diindirizzo da parte del Ministerodello Sviluppo Economico; l’attivi-tà di valutazione dovrebbe, e così è,iniziare nel 2008 e proprio in questigiorni stiamo avviando una primaricerca valutativa sui Centri di Ser-vizi per il Lavoro, con una tappaimportante nel 2010 con valutazio-

195

ni che dovrebbero riguardare leattività in essere della programma-zione 2007/2013. Per questo ultimoaspetto, credo che non riusciremo amantenere l’impegno cosi comeprevisto nell’ambito del piano, inquanto la programmazione delnuovo periodo si sta ancoraavviando, quindi non ritengo chequesto tipo di valutazioni potrannoessere messe in campo.

I contenuti del piano riguarda-no essenzialmente i seguenti ele-menti: le risorse umane, finanziarie,organizzative, che la Regione mettein campo per poter rispondere aquesti quesiti; la tempistica; i temi divalutazione, che vengono indivi-duati secondo i criteri che primaabbiamo ricordato; le regole permodificare eventualmente le scelte, itemi e le domande stesse di valuta-zione.

Questa slide è superata inquanto come voi vedete alla fineviene esplicitato cosa non contiene ilPiano di Valutazione e all’epoca,quando abbiamo presentato il pia-no, ossia nel maggio dello scorsoanno, in effetti non conteneva ogget-ti e domande di valutazione, men-tre, allo stato attuale hanno trovatospazio nel PdV. Questi sono statiindividuati, con l’apporto delle par-ti economico – sociali, con interlocu-zioni e con il confronto con i sogget-ti che gestiscono queste politiche,ovvero le Autorità di Gestione. Letematiche su cui concentrare le ana-lisi valutative vertono su diversiargomenti, uno dei quali è il centroservizi per il lavoro, un altro sulladispersione scolastica, sull’innova-zione tecnologica, sulla svilupporurale e sullo sviluppo locale in

ambito urbano.In questa slide si è rappresentato

l’assetto organizzativo del piano, ossiacome viene attuato il Piano di Valuta-zione; sembra un po’ complesso edarticolato, ma cercherò di renderlomaggiormente intelligibile. Viene evi-denziato il confronto tra il partenera-riato istituzionale, economico e socia-le, e il gruppo di coordinamento delPiano di Valutazione, composto daisoggetti che istituzionalmente hannotitolarità nell’attuazione delle politi-che, in primo luogo le Autorità diGestione, coordinato dal responsabiledel Piano di Valutazione, individuatonel direttore del di Valutazione. Il con-fronto deve portare all’individuazionedelle tematiche di valutazione, su cuisuccessivamente, intervengono degliappositi gruppi di lavoro tematici chedovranno attivarsi per la definizionedi domande di valutazione con lecaratteristiche, descritte in preceden-za, circoscritte, chiare, con oggettiesplicitamente definiti.

Per garantire che il livello dellevalutazioni sia affidabile è stato pre-visto, nell’ambito del PdV, uno stee-ring group, una sorta di comitatoscientifico, che deve presiedere allaqualità delle ricerche. Per tali ragio-ni, all’interno di questo steeringgroup, sono presenti delle figureprofessionali altamente qualificatedal punto di vista scientifico e meto-dologico, con la precipua funzionedi indirizzo per i gruppi di lavoroche hanno il compito di svolgere lericerche valutative.

In questa slide sono presenti iquattro ambiti tematici in cui sidovranno effettuare le valutazioninell’ambito del Piano di Valutazione.

In questa slide potete vedere

196

la ricerca valutativa avviata in que-sti giorni, è interna, quindi è lostesso che ha avuto l’incarico diprocedere nella valutazione suiCentri Servizi per il Lavoro dellaRegione Sardegna.

La scelta di questo tema è det-tato da diversi fattori e sulla basedei criteri ricordati in precedenza. Inparticolare, considerando il fattoche è stato stanziato un’ingentemole di risorse sia nella passata pro-grammazione che in quella attuale:48.000.000 di euro a valere sul POR2006 mentre, per quanto riguarda ilPOR FSE 2007/2013, 33.000.000 dieuro. In totale siamo all’incirca sugli80.000.000 di euro, per una riformadi notevole rilievo come quella sulcollocamento pubblico. Quindi ilpassaggio delle competenze e fun-zioni nell’ambito delle politiche atti-ve per il lavoro, dal livello naziona-le, a quello territoriale delle Provin-ce. Comunque, ritornando sullerisorse messe a disposizione per lavalutazione la cifra si aggira attornoai 100.000 euro. La proporzione nonrispetta gli ammontari finanziariallocati in casi medesimi in altrerealtà, come gli Stati Uniti, e a livel-lo europeo. Quindi, capite quantosia difficile, per le risorse a disposi-zione dell’Amministrazione Regio-nale per questo tipo di attività, ten-tare di dare risposte a tutte i quesiti.

Queste sono le domande valuta-tive poste dal committente, che nelnostro caso è l’AmministrazioneRegionale: i servizi innovativi erogatidalla CSL, cioè le nuove funzioni dipolitiche attive del lavoro, incontro tradomanda ed offerta del lavoro, orien-tamento e autoimpiego, di fatto, han-no realizzato progressi significativi

nell’inserimento lavorativo? È unadomanda importante, anche se biso-gnerebbe intendersi sul termine“significativi”, e qual è lo scostamen-to, rispetto al passato, che può definir-si significativo.

Un altro aspetto è la formazio-ne degli operatori CSL.

La terza domanda riguarda unargomento sempre presente nel-l’ambito delle politiche dell’UnioneEuropea, ovvero la considerazionedell’ottica di genere. Un’altra que-stione attiene ai possibili accordi esi-stenti, molto importante anche que-sto nell’ambito dei Centri Servizi diLavoro, tra strutture pubbliche eprivate. Mentre l’ultima domanda siconcentra sull’analisi del sistemainformativo del lavoro.

Questi sono i cinque quesiti,molto circoscritti e precisi, che sonostati formulati dal gruppo di coordi-namento e, in particolar modo, dallaAutorità di Gestione del FSE, chegestisce i fondi a valere su questotipo di servizi.

Rispetto a queste domande ilha cercato di elaborare un percorsoper giungere a fornire risposte, perquanto possibile, esaustive.

In questa slide, invece, potetevedere le figure coinvolte nell’ambitodi questa ricerca, e i tempi e i costi pre-visti per realizzarla, che si possonoritenere tollerabili per le capacitàfinanziarie di qualsiasi Amministra-zione Pubblica. Per quanto riguarda itempi, sono previsti 6 – 8 mesi, del tut-to compatibili con le finalità ultime ditale ricerca, ovvero indirizzare e daredelle informazioni che possono essereutilizzate nel ridefinire una politicache si sta attuando e realizzando.

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Introduzione1

Il Nucleo di Valutazione e Veri-fica degli Investimenti Pubblici del-la Regione Autonoma della Sarde-gna (NVVIP) ha la responsabilitàdella redazione del “Piano di valu-tazione della politica regionale uni-taria 2007-2013” (PdV). La pro-grammazione regionale deve essereaccompagnata da un piano di valu-tazione, ai sensi del Quadro Strate-gico Nazionale (QSN): “L’esplicita-zione di risorse, attività e tempisticasarà preferibilmente espressa in pia-ni di valutazione da definirsi in tem-po utile all’avvio tempestivo delleattività – quindi da predisporre, inuna prima versione, entro il 2007 - eda integrare progressivamente aseconda delle esigenze, fermorestando il rispetto delle indicazionie degli specifici obblighi del Regola-mento Generale dei Fondi struttura-li. In particolare, come anche previ-sto dall’art. 48 del Regolamento(CE) n. 1083/2006, le Amministra-zioni chiariscono, nei piani (e nelleloro integrazioni) o nei documentidi programmazione e loro atti inte-grativi, la dimensione e articolazio-ne delle risorse dedicate alle attivitàdi valutazione con attenzione alla

loro congruità in relazione agli spe-cifici obiettivi conoscitivi. Inoltre, siimpegnano a mettere a disposizionedei valutatori tutte le evidenze deri-vanti sia da precedenti attività diindagine e valutazione (in relazioneagli specifici temi di interesse), siadall’attività di sorveglianza dei pro-grammi ivi incluse le evidenze delmonitoraggio. A tal fine, va in parti-colare assicurata tempestività ecompletezza dei dati di monitorag-gio, la cui struttura di dettagliodovrà tenere conto della loro funzio-ne conoscitiva anche ai fini dellavalutazione.” (QSN, paragrafoVI.2.3, p. 266)

Ai sensi della Delibera CIPE n.166 del 21 Dicembre 2007, recante“Attuazione del Quadro StrategicoNazionale (QSN) 2007-2013”, “IlPiano di valutazione rappresenta lostrumento attraverso cui organizza-re le valutazioni. Entro il Febbraio2008, ciascuna delle amministrazio-ni prima citate approva un unicoPiano per l’insieme della politicaregionale unitaria per il periodo2007-2013 negli ambiti di propriaresponsabilità e lo presenta, primadell’approvazione e in occasionedegli aggiornamenti, ai Comitatie/o altri organismi incaricati dell’at-

IL PIANO DI VALUTAZIONE DELLA POLITICA REGIONALE UNITARIA2007-2013 DELLA SARDEGNA: UN PROCESSO IN ITINERECorrado Zoppi - Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici della Regione

Autonoma della Sardegna

1 Questo saggio è frutto del lavoro comune degli autori. Corrado Zoppi ha cura-to, in particolare, la seconda sezione; Lodovico Conzimu ha curato la terza,quarta e quinta sezione. L’introduzione e le conclusioni sono state curate daentrambi gli autori.

212

tività di Sorveglianza sulla pro-grammazione.” (paragrafo 6).

Un piano di valutazione è pre-visto anche nel Programma Operati-vo Regionale della Sardegna relati-vo al Fondo Europeo di SviluppoRegionale (FESR) per il periodo2007-2013 (POR-FESR 2007-2013),approvato dalla Commissione Euro-pea con la Decisione C(2007)5728):“Particolare attenzione sarà dedica-ta alla rilevazione e valutazionedegli effetti occupazionali degliinterventi, come indicato dal relati-vo Documento di lavoro della Com-missione. Allo scopo di stimare l’im-patto occupazionale degli interventisono individuati indicatori compa-rabili al livello più opportuno (asseprioritario o attività) ai quali sonoassociati valori iniziali e target. Infi-ne si prevede la predisposizione diun piano di valutazione delle attivi-tà, della periodicità e delle risorsefinanziarie e umane necessarie.”(paragrafo 5.3.3).

Il NVVIP ha elaborato una pri-ma stesura del PdV, approvata conla Delibera della Giunta Regionale(DGR) n. 12/25 del 26 Febbraio2008. Successivamente, ha elabora-to un primo aggiornamento, appro-vato dal Gruppo di Coordinamentodel PdV (GdC) nello scorso Novem-bre, che definisce le ricerche valuta-tive che ne costituiscono la sua pri-ma attuazione.

La prima stesura del PdV nedefinisce l’impostazione metodolo-gica e procedurale, e ne delinea lemodalità attuative. L’aggiornamen-to ne individua la prima attuazione,con l’identificazione dei temi divalutazione all’interno di alcunericerche valutative.

In questo momento, due dellecinque ricerche valutative dell’ag-giornamento stanno cominciandoad essere attuate, riferite, rispettiva-mente, alla valutazione delle politi-che regionali per i servizi per l’im-piego e per la ricerca e l’innovazio-ne. Le altre tre, concernenti la valu-tazione delle politiche regionali perlo sviluppo locale, lo sviluppo rura-le e l’abbandono scolastico, giàstrutturate per quanto riguarda itemi di valutazione, saranno avviateentro il primo semestre del 2009,facendo tesoro delle buone pratichesviluppate attraverso l’attuazionedelle prime due.

Questo saggio presenta, in ter-mini critici, nelle sezioni che seguo-no, alcuni aspetti significativi delPdV. Nella seconda sezione sidiscute l’approccio metodologicodel PdV e il ruolo dei diversi attori-chiave nel suo processo attuativo.Nella sezione successiva si analizzala messa in pratica della metodolo-gia del PdV per la definizione diuna delle ricerche valutative cuisopra si è fatto cenno, quella sullavalutazione delle politiche regionaliper l’abbandono scolastico. Si met-tono in evidenza, inoltre, alcuneproblematiche tecniche che si pre-sentano nello sviluppo del PdV,legate alla complessità dei fattoriche entrano in gioco nella valutazio-ne di politiche messe in atto dal-l’amministrazione regionale. Nellaquarta sezione si fa cenno adun’esperienza valutativa interessan-te, la Valutazione ambientale strate-gica (VAS) dei piani urbanisticicomunali (PUC) dei Comuni degliambiti di paesaggio costieri dellaSardegna in adeguamento al Piano

213

paesaggistico regionale (PPR)2, inquanto foriera di suggerimentiimportanti per lo sviluppo dellericerche valutative del PdV.

1. Il ruolo degli attori-chiave nel proces-so del PdV

Il PdV è concepito come unostrumento di aiuto alla decisioneper l’amministrazione regionale e,come tale, orientato all’inclusivitàed all’incrementalità. L’idea di fon-do è che la valutazione della politicadell’amministrazione regionale, chesintetizza ed orienta una molteplici-tà di interessi, di istanze, di poten-ziali apporti e di aspettative, non sipossa efficacemente attuare senzacomprendere ed interpretare, ed inqualche modo tenere in considera-zione, tutti i punti di vista che entra-no in gioco. Il processo, quindi,deve configurarsi come inclusivo,quanto più possibile; fino al puntoin cui è dato includere. Un proces-so, quindi, che è in continuo diveni-re, come in continuo divenire sonogli interessi dei soggetti che vi han-no un ruolo, ed i soggetti stessi. Èun processo che è teso ad includereed è mirato a migliorare la propriaefficacia, cioè la propria capacità dileggere, analizzare, interpretare, iprocessi attuativi in atto ed il ruoloche in essi può e deve svolgere l’am-ministrazione regionale.

Il PdV è utile, ha ragion d’essere,se include i soggetti ed incrementa laconoscenza, e solo a queste condizio-ni ha senso destinare risorse, finanzia-rie ed umane, alla sua realizzazione.È questo il punto di partenza percapirne la strutturazione, ed ancheper evidenziarne, in corso d’opera, ipunti nodali e le debolezze.

L’inclusione dei diversi puntidi vista è servita, in questa fase ini-ziale, per capire cosa è di interessevalutare, cioè cosa è utile capire, inrelazione alle politiche regionalifinora attuate, che possa dare indi-cazioni efficaci per lo sviluppo dellaprogrammazione unitaria 2007-2013. Non solo lo sviluppo di unprocesso inclusivo è servito a que-sto, ma, anche, maieuticamente, asuscitare nei soggetti-chiave un inte-resse alla valutazione. In altre paro-le, forse per la prima volta, molti deifunzionari dei diversi servizi degliassessorati regionali, e dei membridel partenariato istituzionale, eco-nomico e sociale, si sono posti il pro-blema del se, in che termini e cosa,valutare, cioè se, e con riferimento aquali politiche della Regione, abbiasenso, sviluppare ricerche valutati-ve. Questo è, indubbiamente, unapproccio alla valutazione bendiverso rispetto a quello, di dubbiautilità, delle valutazioni rituali,spesso confuse con le azioni dimonitoraggio, della programmazio-

2 Approvato con la DGR n. 36/7 del 5 Settembre 2006. La Regione Sardegna ha,anche, stabilito le procedure per la VAS di competenza regionale con la DGR n.24/23 del 23 Aprile 2008, ed emanato delle Linee-guida per la valutazioneambientale strategica dei piani urbanistici comunali, delle quali una prima ste-sura è disponibile su Internet al seguente indirizzo: http://www.sardegnaterri-torio.it/ documenti/6_83_20070706101540.pdf [ultimo accesso:2 Gennaio 2009].

214

ne 2000-2006, in larga parte ripropo-ste anche per il 2007-2013 dall’Unio-ne Europea.

La Figura 1 dà conto, in manie-ra schematica, dell’approccio inclu-sivo che caratterizza la stesura delPdV ed il suo aggiornamento3.

Il GdC, istituito ai sensi delDecreto n. 6-GAB dell’Assessoredella Programmazione, Bilancio,Credito e Assetto del Territoriodell’11 Aprile 2008, ha stabilito, nel-la riunione del 20 Maggio 2008, chevenissero approvati, quali punti di

3 L’attuazione del PdV si basa sulle attività del GdC di cui fanno parte, comemembri effettivi, cioè aventi diritto di voto, il Responsabile del PdV, cioè il Diret-tore del NVVIP, che lo presiede, le Autorità di gestione dei programmi operati-vi regionali del FESR e del FSE (Fondo Sociale Europeo), del programma svilup-po rurale del FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) e deiprogrammi di cooperazione territoriale, l’Autorità ambientale, l’Autorità regio-nale per i diritti e le pari opportunità, tre componenti del NVVIP, ed il Diretto-re del Servizio affari regionali e nazionali della Presidenza, in quanto responsa-bile delle attività di coordinamento per l'attuazione, il monitoraggio ed il con-trollo degli Accordi di Programma Quadro (APQ), Molti altri funzionari del-l’amministrazione regionale e rappresentanti delle parti sociali e di enti ed asso-ciazioni della società civile partecipano a titolo consultivo.

Figura 1. Assetto organizzativo del PdV (Elaborazione: F. Mazzeo Rinaldi)

215

partenza per la definizione didomande di valutazione, e, quindi,per lo sviluppo di ricerche valutati-ve secondo quanto previsto dall’art.9 del Regolamento interno delGruppo di Coordinamento del Pia-no di Valutazione per la politicaregionale unitaria 2007-2013 (appro-vato nella riunione del 20 Maggio2008 del Gruppo di Coordinamen-to), i seguenti temi di valutazione:

1) sviluppo rurale: effetti con-giunti delle politiche e pro-grammi relativi alla promozio-ne dello sviluppo rurale; effettiattribuibili al programma lea-der;

2) ricerca ed innovazione tecnolo-gica: integrazione tra sistemadella ricerca scientifico-tecnolo-gica e sistema imprenditoriale;bassa propensione delle impre-se sarde ad investire in R&S;

3) sviluppo locale: interventi perlo sviluppo urbano; politicheper il recupero e la valorizza-zione dei beni culturali in rap-porto con lo sviluppo turistico;

4) occupazione: efficacia e validitàdi alcuni strumenti adottati per:l’imprenditorialità giovanile efemminile, l’auto-impiego, “ilfinalizzato aziendale”, i serviziper l’impiego, il ProgrammaMaster & Back.

In seguito, su richiesta pervenutada parte del Direttore Generale dellaDirezione Generale della PubblicaIstruzione, si è aggiunto ai temi sopraelencati il seguente: “Insuccesso scola-stico – Rapporto con il sistema tra-sporti «Pendolarità scolastica»”.

Il GdC ha stabilito, nella mede-sima riunione del 20 Maggio, dicostituire un gruppo di lavoro tema-tico, ai sensi dell’art. 5 del Regola-mento interno sopra citato, per cia-scuno dei temi sopra elencati.

È stato richiesto, durante lastessa riunione, ai membri di dirittoeffettivi ed ai partecipanti a titoloconsultivo del GdC, l’indicazione dipersone esperte per la costituzionedi questi gruppi di lavoro tematici.L’invito è stato, successivamente,esteso ai membri del “Partenariatoistituzionale, economico e socialeallargato”, un organismo ancoranon costituito formalmente, di cuifanno parte rappresentanti delleparti sociali e di enti ed associazionidella società civile, durante la riu-nione, appositamente convocata dalDirettore del Centro Regionale diProgrammazione, tenutasi presso ilCentro Regionale di Programmazio-ne il 25 Giugno.

Il coinvolgimento dell’ammini-strazione regionale e di una vastarappresentanza della società civilecostituisce, dunque, almeno formal-mente, il punto di partenza dellaprima attuazione del PdV, che svi-luppa ricerche valutative riferite allaprogrammazione 2000-2006, che vaa chiudersi, in termini di realizza-zione degli interventi finanziati,entro il primo semestre del 2009.

Il GdC tende a funzionare daorgano direttivo, in cui si definisco-no indirizzi che trovano sviluppo, inprimo luogo, nell’elaborazione dilinee e tematiche di ricerca. Que-st’elaborazione è di una molteplicitàdi soggetti, tutti, o, almeno, unagran parte di quelli che - aventicompetenza per la definizione e/o

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l’attuazione delle politiche, pianifi-catori o progettisti, beneficiari –hanno un ruolo-chiave nelle politi-che da valutare. Il GdC ha definito,dunque, la strutturazione tematica el’articolazione complessiva dellericerche valutative, fondandole sul-la discussione ed il confronto svi-luppato da gruppi tematici in cui lediverse istanze, aspettative, bisognivalutativi, hanno potuto essere rap-presentati.

I resoconti dei gruppi di lavororelativi ai cinque temi di valutazio-ne sono stati discussi in una succes-siva riunione del GdC, in cui è statadefinita la strutturazione delle cin-que ricerche valutative che costitui-scono la prima attuazione del PdV.Le cinque tabelle che seguono ripor-tano la sintesi dei temi e delledomande valutative.

Tabella 1. Sviluppo rurale (Elaborazione: F. Mazzeo Rinaldi, A. Mandari-no, G. Miozzi, P. Tavera)

Tema della Domande Tipologia dei Territoriovalutazione valutative destinatari

Effetto dei diversi Esistono esperienze Popolazione Aree campionestrumenti di particolarmente rurale da definireattuazione della virtuose, su più in sede dipolitica di dimensioni, predisposizionesviluppo rurale da prendere del disegnosulla diversificazione a riferimento? di valutazione.delle attività Quali sono statieconomiche ed i meccanismi allail miglioramento base di tale successo?della qualità E quale tipologia di della vita strumento-intervento

ha meglio funzionato, per quali gruppi e in quali contesti? In questo ha svolto un ruolo fondamentale l’imprenditorialità femminile e la crescita culturale e professionale prodotta dalla formazione?

217

Tabella 2. Ricerca e innovazione tecnologica (Elaborazione: A. Saba, A. Spano)

Tema della Domande Tipologia dei Territoriovalutazione valutative destinatari

Quali sono stati i Quali sono state le Imprese Intera regioneprincipali effetti ricadute in terminiprodotti dalle di capacità di attrarrepolitiche regionali imprese esterne?in tema di ricerca ed innovazione Qual è stata la Impresetecnologica? distribuzione delle

imprese beneficiarie per settore e per tipologia?

Qual è stata la Impresedestinazione effettiva delle risorse per tipologia di spesa?

Quali sono stati i Imprese,risultati prodotti dai enti pubbliciprogetti di ricerca ed innovazione tecnologica (eventuale inserimento in reti scientifico-pro-duttive nazionali e internazionali di settore; creazione di conoscenza, introduzione di innova-zioni tecnologiche, brevetti, prototipi, prodotti e servizi innovativi, ecc.)?

Quali sono state le Impresericadute in termini economici e finanziari (ricavi derivanti dallo sfruttamento degli output prodotti, reddito prodotto, ecc.)?

Quali sono state le Imprese, enti ricadute in termini pubblicidi efficienza?

Quali sono stati gli Impreseeffetti sulla creazione di nuove imprese e sui tassi di mortalità delle imprese sorte grazie a progetti di ricerca ed innovazione tecnologica cofinanziati con fondi pubblici?

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Tabella 3. Sviluppo locale, interventi per lo sviluppo urbano (Elaborazio-ne: V. Cossu, L. Conzimu, G. Miozzi, A. Saba)

Tema della Domande Tipologia dei Territoriovalutazione valutative destinatari

Qualità della vita È aumentata la fruizione Enti Locali, Centri urbaninelle aree urbane dello spazio urbano campione di maggiori, centri

da parte dei cittadini, utenti a cui urbani intermedi,in termini quantitativi somministrare unione die qualitativi? appositi comuni daSi registra un questionari selezionare conrafforzamento della modalità dacoesione sociale? definire nel

disegno valutativo.È migliorato il sistema Enti Locali,della mobilità interna enti gestori deied esterna ai centri servizi diurbani, con diminuzione trasporto campionedella congestione, di utenti a cuidell’inquinamento somministrareacustico e di quello appositi atmosferico? questionari

È migliorata la qualità Enti Locali,della vita nelle aree gestori dei servizi,urbane, in particolare campione di nelle aree periferiche utenti a cui e in quelle dismesse, somministrarecon particolare attenzione appositiai bisogni dell’infanzia, questionariall’integrazione sociale e alla lotta alla marginalità?

È migliorata la qualità Enti gestori,dei servizi culturali? campione di Sono cresciute le attività utenti a cui di valorizzazione del somministrarepatrimonio locale di tale appositinatura, attraverso la questionaripromozione della sua conoscenza e un’appropriata attività di divulgazione?

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Tabella 4. Occupazione (Elaborazione: L. Conzimu, G. Garau, G. Miozzi)

Tema della Domande Tipologia dei Territoriovalutazione valutative destinatari

Centri dei Servizi Gli interventi finora Utenti dei Tutto il per il Lavoro realizzati a supporto CSL e CESIL territorio

della creazione e messa regionalea regime dei CSL Operatori dei suddiviso perhanno fatto realizzare CSL e CESIL gli ambitisignificativi progressi su cui operanonella ricerca del lavoro Province i CSL*(con riferimento ai contesti territoriali in cui Strutture operano i singoli Centri)? privateIn particolare si vuole che operanovalutare l’impatto sull’incontrooccupazionale e quanto domanda/i servizi “innovativi” offerta di hanno intercettato i lavorobisogni. Le stesse domande possono essere anche riferite ai CESIL.

Qual è la formazione, rivolta agli operatori dei CSL, più idonea a soddisfare le esigenze degli utenti del servizio?

È stata presa in considerazione l’ottica di genere nell’erogazione dei servizi per l’impiego? Se si secondo quali modalità?

Esistono modalità di raccordo tra strutture pubbliche (anche a loro interno) e private allo scopo di ottimizzare l’incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro?

Come sta funzionando il SIL? Quanta parte della domanda e offerta viene intercettata (vedi domanda 3); come sono utilizzate le informazioni in esso conte-nute (da parte dei CSL, per monitorare l’andamento locale e complessivo del mercato del lavoro); possibilità di incrociare altre banche dati.

* Si deve comun-que tener contoche è attualmentein corso una appo-sita ricerca com-missionata da par-te della Provinciadi Sassari all’IN-SAR relativamentealla qualità deiservizi attivati sulproprio territorio esulle eventuali cri-ticità emerse, conrichieste in tal sen-so provenientianche dalle Pro-vince del Sulcis edi Olbia – Tempio.

220

Tabella 5. Insuccesso scolastico (Elaborazione: G. Garau, P. Tavera,C.Zoppi)

Tema della Domande Tipologia dei Territoriovalutazione valutative destinatari

Insuccesso Politiche per il pendolarismo Studenti, Tutta lascolastico e coordinamento degli orari insegnanti, Regione

scolastici e per la realizzazione personale ATAdi reti scolastiche e di rapporti con il territorio, politiche per il miglioramento delle strutture scolastiche. Possibili problema-tiche da approfondire: organiz-zazione e coordinamento dei servizi di trasporto pubblico in rapporto al pendolarismo, anche con riferimento al coordinamento dei Comuni per l’offerta dei servizi della scuola per l’infanzia e primaria, ed ai tempi per il raggiungimento delle strutture scolastiche dai luoghi di residenza; strutture per l’accoglienza nelle scuole.

Politiche di investimento per la formazione dei docenti ed insuccesso scolastico nelle diverse filiere scolastiche. Possibili problematiche da approfondire: aggiornamento e formazione di docenti in house oppure appaltati all’esterno; continuità delle politiche di investimento; formazione e risultati nelle diverse tipologie di scuola (per l’infanzia, primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore); politiche della formazione e motivazione dei docenti; differenziazione della professionalità del docente a seconda della tipologia di scuola e del suo contesto sociale.

Politiche di investimento nelle strutture scolastiche ed insuccesso scolastico. Possibili problematiche da approfondire: investimenti per ed utilizzo di biblioteche, laboratori, laboratori informatici, materiali per la didattica; informatizzazione nei processi di gestione.

221

Non vi è dubbio che il lavoropreparatorio relativo ai temi ed alledomande valutative rappresenti unprocesso importante per la crescita,nell’amministrazione regionale del-la Sardegna, di una cultura dellavalutazione che si configura, certa-mente, come significativamenteinnovativa, rispetto alle esperienzeprecedenti, fondamentalmente rela-tive a valutazioni quasi sempre svi-luppate da valutatori indipendentiesterni all’amministrazione. Vistecome atti obbligatori in relazione aprocessi programmatori ed attuati-vi, che comportano lavoro in più peruffici già abbastanza oberati da sca-denze ed adempimenti. I membridel GdC e del partenariato istituzio-nale, economico e sociale, per lomeno quelli che si sono coinvolti inmaniera efficace nei gruppi di lavo-ro e nelle discussioni che li hannoaccompagnati e ne hanno sintetizza-to le conclusioni, hanno operato inmaniera proattiva rispetto al proces-so di definizione delle ricerche valu-tative, in cui la domanda di valuta-zione non è etero diretta, ma endo-processuale.

In altre parole, il PdV nasce perrispondere ad esigenze dei soggetti-chiave della politica regionale unita-ria, ed ha senso se di queste esigen-ze c’è coscienza e se queste esigenzeè possibile concettualizzarle edargomentarle, in maniera sistemati-ca, in termini di domanda di valuta-zione.

Questo aspetto, certamentepositivo ed innovativo, del PdV,consente, anche, di evidenziarnealcuni limiti, certamente da supera-re, certamente superabili. Il primolimite è rappresentato dall’ancora

timido interesse che i membri delGdC hanno manifestato nei con-fronti della valutazione e del PdV.La domanda di valutazione emersa,sintetizzate dalle cinque ricerchevalutative più sopra richiamate, è,per ora, più frutto di sollecitazionida parte del NVVIP che di una con-vinzione radicata sulla sua utilitàper la programmazione delle politi-che di investimento. Questo si evi-denzia sia dalla dinamica delle dueriunioni plenarie dal GdC finorasvolte, che, soprattutto, dalla totalemancanza di alcuna osservazionealle proposte di prima definizionedelle ricerche valutative avanzatemediante due “consultazioni periscritto” ai sensi dell’art. 13 delRegolamento del GdC, proposteapprovate nella loro stesura origina-ria, che è quella riportata nelleTabelle 1-5.

Altro aspetto problematico ècostituito dalla pressoché totalemancanza di una cultura tecnicadella valutazione, che si evidenzianella grande difficoltà ad enuclearequestioni che possano essere util-mente affrontate tramite ricerchevalutative. Questa problematica si èevidenziata soprattutto nei lavoridei cinque gruppi che hanno defini-to le domande valutative dellaTabelle 1-5. I partecipanti a questigruppi esterni al NVVIP hannomanifestato, infatti, un grande entu-siasmo per l’importanza della valu-tazione come esigenza dei program-matori ed aiuto alla decisione, comemomento di acquisizione e sistema-tizzazione della conoscenza per ladefinizione delle politiche di inve-stimento. Questo, però, si è tradottoin aspettative eccessive, spesso asso-

222

lutamente slegate da qualunqueragionamento sulla disponibilità diosservazioni e di informazioni, osulla disponibilità ed applicabilitàdi approcci metodologici adeguati.

L’attuazione del PdV potrebbeconsentire di aiutare ad affrontare idue aspetti problematici e, se non disuperarli del tutto, almeno di miglio-rare la qualità della cultura dellavalutazione. In primo luogo, diri-genti e funzionari dell’amministra-zione regionale potrebbero rendersiconto dell’effettiva utilità delle ricer-che valutative, quando ne vedesseroattuata qualcuna, ad esempio quellerelative ai temi delle Tabelle 1-5, e neutilizzassero proficuamente i risulta-ti per migliorare la programmazionee l’attuazione delle politiche di lorocompetenza. In secondo luogo, l’in-terazione del NVVIP con i membridel GdC e del partenariato istituzio-nale, economico e sociale, nel proces-so attuativo delle ricerche valutativepotrebbe far sì che si diffonda unacultura tecnica che aiuti a compren-dere meglio come costruire, realisti-camente, dei processi valutativi effi-cacemente attuabili, cioè che possanocontare su metodologie applicabili, ebasi di dati disponibili e tecnologiedisponibili.

Un’esperienza di definizione di unaricerca valutativa del pdV: le politicheper l’abbandono scolastico

Le problematiche dell’abban-dono scolastico sono molto signifi-cative nell’ambito regionale sardo e,già da molto tempo, la Regione hadefinito ed attuato interventi volti adiminuirne la portata.

Recentemente, la stessa Regio-ne ha adottato, con la DGR n. 52/18del 3 Ottobre 2008, un “Pianod’Azione per il raggiungimentodegli obiettivi di servizio2007/2013”. Il Piano d’Azione ten-de a conseguire la premialità, legataal raggiungimento degli obiettivi diservizio 2007-2013, secondo un mec-canismo di incentivazione, definitodalla Delibera CIPE n. 82 del 3 Ago-sto 2007, che introduce un sistemadi competizione fra le regioni delMezzogiorno con riferimento allapolitica regionale unitaria (Fondistrutturali, Fondi FAS, Fondi ordi-nari delle Regioni) ed è legato alconseguimento di risultati verifica-bili e predefiniti nell’erogazione dialcuni servizi (istruzione, servizi dicura alla persona, gestione del servi-zio idrico e dei rifiuti) consideratiessenziali per la qualità della vita,l’uguaglianza delle opportunità deicittadini e la convenienza a investiredelle imprese.

Tra questi obiettivi di servizio,ve n’è uno, definito nel modoseguente “Elevare le competenzedegli studenti e la capacità diapprendimento della popolazione”,il cui conseguimento è strettamentelegato alla diminuzione dell’abban-dono scolastico, in quanto il suo rag-giungimento è definito, insieme adaltri parametri, dall’indicatore, relati-vo proprio all’abbandono scolastico,“Percentuale della popolazione inetà 18-24 anni con al più la licenzamedia, che non ha concluso un corsodi formazione professionale ricono-sciuto dalla regione di durata supe-riore ai 2 anni”. L’obiettivo è fissatoal 20% al 2009 ed al 10% al 2013. Lasituazione sarda al 2006 è al 28,3%.

223

Tabella 6. Quadro logico relativo all’Obiettivo “Elevare le competenzedegli studenti e la capacità di apprendimento della popolazione” del“Piano d’Azione per il raggiungimento degli obiettivi di servizio2007/2013” (Fonte: Allegato alla DGR 52/18 del 3 Ottobre 2008, p. 33)

OS Obiettivo Obiettivo Azioni/Opzioni Contributo/? Fontespecifico operativo strategiche

I Diminuire 1.1 Implementare 1.1.1 completare 1.500.000 POR Sardegnagli gli strumenti l’archivio digitale 2007/13 FSEabbandoni a supporto della della scuola, compren- Asse IV - Ob.scolastici programmazione, dente tre anagrafi: operativo h.5.2

gestione, edilizia scolastica,controllo e offerta formativa,valutazione popolazione scolastica

1.1.2 Valutazione 30.000 L.R. n.2/2007,delle azioni art. 27 e

L.R. n. 3/2008

1.2. Coordinare 1.2.1 Governance di 4.000.000 POR Sardegnale politiche 1° livello: Patti forma- 2007/13 FSEdell’istruzione, tivi territoriali Asse IV - Ob.formazione e operativo l.2mercato del lavoro

1.2.2 Cabina di regia 500.000 POR Sardegna 2007/13 FSE Asse IV - Ob. operativo h.5.2

1.3. Aumentare 1.3.1 Azioni sui 5.350.000 L.R. n. 31/84, l’offerta di servizi trasporti per la scuola art. 6, lett. Acomplementari dell’obbligo

1.3.2 Libri di testo 24.194.315 L. 448/98

1.3.3 Libri in como- 12.000.000 L.R. n. 3/2008,dato d’uso agli art. 4, com. 1,studenti delle lett. Ascuole secondarie

1.3.4 Contributi ai 20.000.000 L.R. n. 2/2007,Comuni per art. 27, com. 2,l’assegnazione di lett. Dborse di studio 5.000.000 L.R. n. 3/2008, agli studenti art. 4, com. 1,

lett. L

1.3.5 Contributi ai 33.650.000 L. n. 62/2000Comuni per l’asse-gnazione di borse di studio a sostegnodella spesa per l’istruzione delle famiglie

224

1.4. Migliorare 1.4.1 Azioni infra- 29.346.990 L. n. 23/96 –le strutture strutturali: ade- L.R. n. 3/2008,scolastiche guamento edifici art. 4per aumentare e razionalizzazione l’attrattività della rete degli 30.000.000 L.R. n. 2/2007,del sistema immobili scolastici art. 27, com. 2scolastico finalizzata ad

assicurarne un pieno 57.007.000 PO FESRutilizzo anche a Sardegnafini extrascolastici 2007/13 Asse

II - linea 2.2.1.a

28.078.000 PO FESR Sardegna 2007/13 Asse II - linea 2.2.1.b

7.743.000 PO FESR Sardegna 2007/13 Asse V - linea attività 5.1.3.a

1.5. Elevare le 1.5.1 Recupero dei 3.000.000 PO FSEcompetenze saperi fondanti Sardegnadel personale 2007/13 Assescolastico IV - lineaper diminuire attività h 1.1gli abbandoni

5.000.000 PO FSE Sardegna 2007/13 Asse IV - linea attività h 2.1

1.5.1 Recupero dei 5.000.000 PO FSEsaperi fondanti Sardegna

2007/13 Asse IV - linea attività h 3.2

4.400.000 PO FSE Sardegna 2007/13 Asse IV - linea attività h 5.1

2.000.000 PO FSE Sardegna 2007/13 Asse IV - linea attività h 5.2

2.000.000 PO FSE Sardegna 2007/13 Asse IV - linea attività i 2.1

225

23.000.000 PO FSE Sardegna 2007/13 Asse IV - linea attività L 4.3

15.000.000 PO FSE Sardegna 2007/13 Asse IV - linea attività L 4.4

1.5.2 Sviluppo 3.600.000 FSE Sardegnaprofessionale 2007/13 Asse dei docenti IV - linea

attività h . 5.1

I Migliorare 1.6. Migliorare 1.6.1 Costruzione 30.000.000 POR Sardegnail livello le strutture delle reti 2007/13 FESRdelle scolastiche Asse I - lineacompetenze per aumentare attività 1.2.2.adegli la capacità di studenti trasferimento

di conoscenze nel sistema scolastico

1.7. Elevare le 1.7.1 Attivazione dei 148.970.000,00 L.R. n. 2/2007,competenze laboratori curriculari art. 27, com. 2di base degli sui saperi fondanti studenti ed extracurriculari

1.8. Elevare le 1.8.1 Potenziamento 9.000.000,00 POR Sardegnacapacità di trasfe- delle tecniche e 2007/13 FSErimento delle delle metodiche Asse IV - lineaconoscenze di trasferimento attività h.3.1nel sistema delle conoscenzescolastico

1.8.2 Borse di 1.300.000,00 L.R. n. 2/2007, studio SSIS art. 27, e L.R.

n. 3/2008, art. 4

1.9. Sensibiliz- 1.9.1 Sensibiliz- 2.000.000,00 L.R. n. 2/2007, zare il personale zazione dei docenti art. 27, e L.R.scolastico sulle sulle prove n. 3/2008, art. 4metodiche di OCSE PISAvalutazione

TOTALE Obiettivo Specifico I 512.669.305

226

La ricerca valutativa fa riferi-mento alle politiche che, nel Pianod’Azione, vengono individuate comeriferimenti attuativi per le opzionistrategiche legate al perseguimentodell’obiettivo di servizio appenarichiamato. Queste, nel quadro logi-co del Piano, sono identificate in rela-zione ad “azioni/opzioni strategi-che” legate agli obiettivi operativiconnessi agli obiettivi specifici del-l’obiettivo di servizio.

Il quadro sintetizzato nellaTabella 6, tratta del Piano d’Azione.Come è facile rendersi conto daquanto specificato nell’ultimacolonna della Tabella, vi sono alcunepolitiche di spesa il cui effetto è giàvalutabile, in relazione agli obiettividel Piano, ed alcune altre per le qua-li queste valutazioni non sono attua-bili, in quanto politiche ancora daavviare. Va, inoltre, posto in evi-denza che possono entrare a far par-te della ricerca valutativa anchealcune politiche di spesa già attuatenel corso della programmazione2007-2013, segnatamente quellerelative all’Asse III “Risorse uma-ne”, Misura 3.6 “Prevenzione delladispersione scolastica e formativa”,del POR Sardegna 2000-20064, cui ilPiano d’Azione non fa cenno, inquanto già realizzate.

Quanto finora richiamato, a pro-posito del background della ricercavalutativa relativa alle politicherivolte alla mitigazione del fenome-no dell’abbandono scolastico, è il pla-fond della discussione del gruppo dilavoro tematico che si è costituito perla definizione della ricerca valutati-va, secondo l’impostazione dello svi-luppo del PdV delineata nella secon-da sezione. Una sintesi della discus-sione è riportata nell’Appendice.

La ricerca valutativa si trova,attualmente, nella fase iniziale, inquanto ancora non ne è stata svilup-pata analiticamente l’articolazione,al di là della definizione delledomande valutative riportate nellaseconda colonna della Tabella 5. Laproblematicità dell’avvio di questaricerca valutativa, come anche del-l’avvio di quelle relative allo svilup-po rurale (Tabella 1) ed allo svilup-po urbano (Tabella 3), è da indivi-duare nella notevole complessità deiprocessi da valutare. La valutazionedi questi processi implica, infatti,l’analisi di politiche piuttosto etero-genee con riferimento ai beneficiari,alle modalità attuative, ai soggetticompetenti per l’attuazione ed aitempi dell’attuazione.

Se, infatti, si esamina l’ultimacolonna della Tabella 6, che indica la

4 Policy field “Promozione e miglioramento del sistema formativo, dell’orientamen-to nell’ambito di una politica di apprendimento nell’intero arco della vita al fine di:agevolare e migliorare l’accesso e l’integrazione nel mercato del lavoro, miglioraree sostenere l’occupabilità e promuovere la mobilità professionale”, Obiettivo III.2:C.2 Prevenzione della dispersione scolastica e formativa (POR Sardegna 2000-2006,p. 328, documento disponibile su Internet all’indirizzo http:// www.regione.sar-degna.it/ argomenti/ europa/ programmazione_europea/ 2000-2006/ por/ [ulti-mo accesso: 5 Gennaio 2009], approvato con Decisione C (2007) 1991 del 30 aprile2007 del Parlamento Europeo).

227

provenienza delle risorse disponibi-li per la realizzazione delle azioniper il conseguimento degli obiettivioperativi relativi al primo degliobiettivi di servizio del Pianod’Azione, si nota quanto segue.

Vi sono diverse politiche dispesa già attuate, che dovrebberoessere tenute in considerazione perlo sviluppo del disegno di una ricer-ca valutativa volta a capire quantosiano state efficaci per diminuire gliabbandoni scolastici.

Queste politiche sono leseguenti:

1) Legge regionale (L.R.) n.2/2007 (legge finanziaria 2007),art. 27 recante “Disposizioni afavore dell’istruzione”, e n.3/2008 (legge finanziaria 2008),art. 4 recante “Disposizioni afavore dell’istruzione, della cul-tura, dello spettacolo e dellosport”, commi 1-5;

2) L.R. n. 31/1984 (Nuove normesul diritto allo studio e sul-l’esercizio delle competenzedelegate), art. 6 recante “Scuoladell’obbligo”, lett. A, concer-nente il servizio di trasporto;

3) Legge (L.) n. 448/1998 (Misuredi finanza pubblica per la stabi-lizzazione e lo sviluppo), art. 27recante “Fornitura gratuita deilibri di testo”;

4) L. n. 62/2000 recante “Normeper la parità scolastica e dispo-sizioni sul diritto allo studio eall’istruzione”;

5) L. n. 23/1996 recante “Normeper l’edilizia scolastica”;

6) Asse III “Risorse umane”,

Misura 3.6 “Prevenzione delladispersione scolastica e forma-tiva”, del POR Sardegna 2000-2006.

È evidente come l’abbandonoscolastico sia un fenomeno comples-so e come sia complicato sistematiz-zarlo e, conseguentemente, assume-re un punto di vista per valutare lepolitiche pubbliche che hanno cerca-to di mitigarlo. Servizio di traspor-to, edilizia scolastica, formazionedei docenti, fornitura dei libri ditesto, realizzazione di esperienze dilaboratorio: la pubblica amministra-zione (Stato, Regione, Provincia,Comune) ha messo in atto, e tuttoramette in atto, politiche diversificate,eppure, indubbiamente, tutte pro-fondamente interrelate. È a questopunto che, per ora, si è fermata l’ela-borazione della ricerca valutativache, certamente, avrà un impulsoimportante dalla costituzione delloSteering Group. Lo sviluppo futurodella ricerca si gioca sulla definizio-ne di una metodologia che riesca aindividuare una modalità valutativache attui una riduzione della com-plessità che non conduca a trascura-re aspetti importanti di quanto fino-ra è stato messo in atto.

L’approccio da seguire nellosviluppo della ricerca deve tenereconto dell’eterogeneità delle politi-che. Questa eterogeneità indica chesarebbe probabilmente poco pro-duttivo sposare una metodologiacome foriera dei risultati più pro-mettenti, in quanto gli effetti dellepolitiche sono spesso sovrapposti epoco distinguibili gli uni dagli altri.Anche le basi di dati disponibili nonsono omogenee e, spesso, non ci

228

sono proprio. Gli obiettivi dellediverse politiche attuate sono diffi-cilmente riconducibili ad un quadrologico unitario e, quindi, nella valu-tazione, vale quanto Bezzi (2007)nota a proposito del conferimentodel mandato della ricerca valutati-va: “Se l’evaluando è un program-ma, e ci poniamo entro un approcciocentrato sugli obiettivi […], la lorodefinizione acquista un’importanzaenorme, dirimente; e poiché spessogli obiettivi sono male definiti,imprecisi, oscuri, allora il primocompito del valutatore è di rico-struirli, fornendo almeno un’ipotesiin merito al committente, per poiavviare il processo valutativo.” (p.180) In altre parole, seguendo ilrichiamo di Bezzi, si pone comeprioritario, nella ricerca valutativasulle politiche per l’abbandono sco-lastico, una focalizzazione univoca,in termini di punto di vista, perl’identificazione degli obiettivi,rispetto ai quali, poi, si definirà l’ap-proccio metodologico per la valuta-zione.

Con riferimento alla metodolo-gia, o, meglio, alle metodologie, vasottolineato che la complessità dellaricerca valutativa sulle politiche perl’abbandono scolastico richiederàuna notevole elasticità e versatilità,quindi l’utilizzo e l’integrazione didiversi approcci metodologici. Cer-tamente, un riferimento importanteè quanto trattato da Manski e Gar-finkel (2007), che propongono diconsiderare attentamente l’opportu-nità di scomporre problemi valutati-vi complessi in problemi più sem-plici e relativamente autonomi gliuni dagli altri, le cosiddette “valuta-zioni in forma ridotta.” Queste

valutazioni, che potrebbero riferirsi,come ipotesi di partenza, alle seipolitiche elencate sopra, dovrebbe-ro, in seconda, battuta, tenere inconto e discutere le interazioni spa-ziali e temporali tra le politiche, e trai relativi soggetti attuatori.

Saranno rilevanti, infine, per lacostruzione del disegno della ricercavalutativa, la sintesi del dibattito suiparadigmi (quantitativo e qualitati-vo) relativi alla costruzione del dise-gno della ricerca valutativa di Pat-ton (2007), e l’introduzione allavalutazione “scientifica realistica”di Pawson e Tilley (2007). Pattonsottolinea l’importanza delle narra-zioni, della tradizione, di ciò che èintrinsecamente non quantificabile,a fronte di una ricerca del datoquantitativo che può essere priva difondamento o addirittura contro-producente. Pawson e Tilley pongo-no in evidenza come il disegnovalutativo, per essere scientifica-mente fondato, deve contestualizza-re, quindi problematizzare, i risulta-ti cui perviene e deve saper definirescientificamente le modalità diattuazione di questa contestualizza-zione.

2.Considerazioni conclusive: L’espe-rienza della VAS dei PUC in adegua-mento al PPR come riferimento signifi-cativo di buone pratiche per la definizio-ne delle ricerche valutative del PdV

Una buona pratica di valutazio-ne da cui è auspicabile che il PdV,soprattutto per quanto riguarda laricerca valutativa sulle politiche perl’abbandono scolastico, caratterizza-te, come più sopra sottolineato, da

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una notevole complessità, è rappre-sentata dall’esperienza, in atto, rela-tiva alla VAS dei PUC in adegua-mento al PPR.

Non vi è dubbio che l’evaluan-do della VAS dei PUC in adegua-mento al PPR sia molto diverso daquelli assunti in questa prima attua-zione del PdV, e, tuttavia, è moltoimportante il metodo assunto nelprocesso della VAS perché si confi-gura come inclusivo ed incrementa-le, cioè avente quelle caratteristichenecessarie perché un processo valu-tativo come quello relativo alle poli-tiche dell’abbandono scolastico pos-sa efficacemente svilupparsi. Inaltre parole, la VAS che si sta svilup-pando per i PUC in adeguamento alPPR costituisce un riferimentoimportante ed esportabile per ladefinizione di processi valutativicomplessi. A conclusione di questosaggio si ritiene, quindi, significati-vo proporre alcune riflessioni riferi-te a questo particolare approccioalla valutazione.

Condizione per l’efficacia dellaVAS, nello spirito della Direttiva n.42/2001/CE (da qui in avanti indi-cata come “Direttiva”), che la disci-plina, è la sua attitudine cooperati-va, a livello istituzionale, tra autori-tà competenti per il processo pianifi-catorio e autorità preposte al proces-so valutativo, e, anche, al sua attitu-dine inclusiva, cioè il suo orienta-mento a favorire, e, anzi, a catalizza-re la partecipazione delle comunitàlocali, del “ pubblico,” al processopianificatorio-valutativo.

Il punto b dell’articolo 2 dellaDirettiva sottolinea come il processovalutativo debba essere costituito,tra l’altro, da “ consultazioni,” e che

i risultati delle consultazioni debba-no essere “valutati” nel processodecisionale. Dunque, la VAS deveprevedere momenti in cui le comu-nità si esprimono, fasi di collazione,sistematizzazione ed interpretazio-ne delle istanze espresse, ed unaloro esplicita integrazione nelledecisioni sulle politiche di piano.

Una questione fondamentale,con riferimento a questo primo pun-to, è costituita dall’identificazionedei soggetti da consultare, cioè del “pubblico.” Il pubblico è costituito(art. 2, punto d) da tutte le persone,fisiche o giuridiche, che, potenzial-mente, sono interessate dal piano oprogramma per il quale si sta svi-luppando la VAS. Si tratta di unadefinizione molto larga, in linea conquella della Convenzione di Aar-hus. Tuttavia, la definizione di pub-blico si estende anche ad associazio-ni, organizzazioni e gruppi, nonnecessariamente dotati di personali-tà giuridica, come, d’altronde, si evi-denzia al comma 4 dell’articolo 6.La definizione di pubblico viene,dunque, lasciata volutamente vaga,in vista di una sua identificazionerigorosa “ secondo la normativa e laprassi nazionale,” (art. 2, punto d)come, anche, alla legislazione nazio-nale è lasciata la definizione delleprocedure attraverso cui le consul-tazioni si attuano.

Una precondizione fondamen-tale delle consultazioni è la pubblici-tà della proposta di piano o pro-gramma per il quale si sta svilup-pando la VAS e del Rapportoambientale. Anche a riguardo diquesta problematica la Direttivalascia piena libertà agli Stati membridi definire le procedure che si riten-

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gano adeguate ai contesti nazionali.Va perseguito, tuttavia, in modoefficace l’obiettivo di consentire alpubblico – che va identificato inmaniera precisa secondo quanto giàmesso in evidenza – di esprimere,nelle (successive) consultazioni ilproprio parere, “ in termini con-grui” (art. 6, comma 2).

Sempre con riferimento al pub-blico, bisogna rilevare che il comma4 dell’articolo 6 della Direttiva con-ferisce agli Stati membri la preroga-tiva di individuare quali siano i set-tori del pubblico interessati dall’iterdecisionale, i quali settori, che costi-tuiscono un sottoinsieme dell’interopubblico, saranno consultati epotranno partecipare attivamente alprocesso di VAS. Questa prerogati-va è di particolare rilevanza, perché,se da un lato potrebbe indurre dina-miche ad excludendum da parte dellapubblica amministrazione nei con-fronti di alcuni potenziali attori(scomodi) del processo di piano,dall’altro costringe la stessa pubbli-ca amministrazione ad individuareattori ben specifici nei confronti deiquali deve assumersi responsabilitàprecise, per quanto riguarda pubbli-cità, consultazione e integrazionenel processo decisionale.

Un aspetto importante delleconsultazioni, che coinvolge, seppu-

re indirettamente, anche il pubblico,è la designazione delle autorità che,per le specifiche competenzeambientali, devono essere consulta-te nel processo di VAS e che potreb-bero interagire con il pubblico (art.6, comma 3, della Direttiva). Anchein questo caso, e contestualmentealla definizione dei tempi e dellemodalità della pubblicità e delleconsultazioni del pubblico, la Diret-tiva lascia campo libero agli Statimembri, che devono garantire, nellanormativa di recepimento dellaDirettiva, che tutte le autorità com-petenti in materiale di ambiente(controlli, pianificazione, gestione)siano realmente e pienamente coin-volte. Sembra, pure qui, che unapproccio ad hoc dia più garanzie,nella pratica, rispetto ad una casisti-ca pienamente codificata nella nor-mativa. È da notare che un approc-cio ad hoc deve essere, comunque,rigorosamente normato, nel provve-dimento legislativo di recepimentodella Direttiva, in modo da nongenerare equivoci nella sua applica-zione5.

È necessario, per lo sviluppo diuna cultura della partecipazione aiprocessi della pianificazione territo-riale che in Italia ed in Sardegna ènotevolmente deficitaria – e su cui,secondo la Direttiva, si basano la

5 Si tratta di questioni giuridiche e tecniche di significativo momento, soprattuttonella fase di definizione dei provvedimenti legislativi di recepimento dellaDirettiva, come si mette bene in evidenza nel documento “Attuazione dellaDirettiva 2001/42/CE concernente la valutazione di determinati piani e pro-grammi sull’ambiente,” pubblicato nel sito Internet dell’Unione Europeahttp://www.europa.eu.int/comm/environment/eia/sea-support.htm [ultimoaccesso: 26 Gennaio 2009], che costituisce un’attenta disamina di alcuni puntiparticolarmente problematici concernenti il recepimento della Direttiva nellelegislazioni nazionali.

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VAS e l’integrazione dei principidello sviluppo sostenibile nellaprassi della pianificazione del terri-torio – tenere conto di due aspetticoncorrenti. In primo luogo è neces-sario definire in maniera rigorosacome questa partecipazione si strut-tura e si sviluppa; in secondo luogoè fondamentale che il pubblico,coloro che partecipano – con la lorocultura, il loro vissuto, il loro tempo– vedano riconosciuto il propriocontributo e ne sperimentino l’effi-cacia.

Il secondo punto dovrebbeessere garantito dal recepimentodell’articolo 9 della Direttiva, ed ènecessario non sottovalutarlo, tantopiù in una fase iniziale, fortementesperimentale, del processo di VAS,con una pubblica amministrazioneper niente avvezza a dare una cor-retta, puntuale ed esaustiva infor-mazione su piani e programmiadottati e/o approvati, soprattuttoin campo urbanistico. Si tratta diun campo problematico ben pre-sente a Davoudi che sottolinea(2003, p. 126):

Chiarezza e trasparenza rap-presentano due rilevanti prerequisi-ti per sviluppare fiducia e relazionidi lunga durata tra cittadini e stato.Questo è particolarmente rilevantein riferimento alla chiarezza su ciòche è e ciò che non è suscettibile diessere influenzato dalla partecipa-zione pubblica Fuorviare le personecirca lo scopo del loro apporto nelprocesso decisionale può indurrealla lunga a mancanza di fiducia ecinismo.

Per quanto riguarda il primopunto, si tratta di individuare unastrada, o, meglio, alcune possibili

strade, per perseguire efficacementeil coinvolgimento del pubblico, che,secondo la Direttiva, si fonda supubblicità – cioè informazione fina-lizzata alla conoscenza – e consulta-zioni.

Vi è un aspetto, non seconda-rio, di natura giuridico-formale,che consiste nella definizione degliappropriati provvedimenti legisla-tivi per il recepimento dell’articolo6 della Direttiva. Non vi è dubbio,infatti, che, perché la VAS divengaprassi nell’integrazione delle tema-tiche ambientali ed inerenti lo svi-luppo sostenibile nella prassi dellapianificazione strategica, occorraun solido ed efficace impalcato giu-ridico, che ne definisca tecnicamen-te il significato, e che obblighi lapubblica amministrazione, aidiversi livelli, a sviluppare processidi pianificazione strategica cheimplichino la VAS (Sheate et al.,2001). Vi è, quindi, un aspetto dinatura tecnica, di particolare inte-resse per la programmazione, che ècostituito dalla definizione dimetodologie per la pubblicità e leconsultazioni del pubblico in rela-zione al processo valutativo.

Il processo attualmente avviatoin Sardegna, di attuazione delD.Lgs. n. 4/2008 che recepisce laDirettiva, pone una grande attenzio-ne, nel disegno della valutazione,alla definizione inclusiva ed incre-mentale degli obiettivi delle politi-che che devono essere valutate, edalla partecipazione reale di tutti gliattori-chiave al processo, che riguar-da sia la valutazione ex-ante chequella in itinere. La novità del casosardo, ed il suo interesse in terminidi esportabilità, è riconoscibile nel

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fatto che la metodologia è in fase diavanzata sperimentazione, in quan-to ormai diversi Comuni e Provincestanno attuando processi valutatividi VAS, in cui, endoprocessualmen-te, si definiscono gli obiettivi delprocesso pianificatorio/valutativo,e si prendono le decisioni relativealle azioni di piano/programma chesi ritiene idonee a perseguire il siste-ma degli obiettivi

La significatività della VAS del-la Sardegna si identifica nel fatto chela Regione ha definito delle linee-guida che non solo garantiscono for-malmente lo sviluppo di un proces-so inclusivo ed incrementale, ma,soprattutto, ne scandiscono le tap-pe, in maniera tale che il soggettoprocedente, cioè un Comune o unaProvincia, abbia tutto l’interesse acoinvolgere tutti i soggetti poten-zialmente coinvolti, enti pubblici,privato profit, privato non-profit,associazioni e singoli cittadini, perarrivare, in maniera quanto più spe-dita possibile, alla conclusione delprocesso valutativo, che implical’approvazione del piano e la suaentrata in vigore.

Come si vede, infatti, nellaTabella 7, il processo valutativo, cheaccompagna la definizione del piano(e poi ne accompagna anche l’attua-zione), è scandito da una serie di fasiche, nell’interesse di tutti i soggetti-chiave, devono essere messe in attocon responsabilità ed attenzione.

Non è ragionevole che i sogget-ti-chiave si chiamino fuori dal pro-cesso perché, nella migliore delleipotesi, essendo l’intero processovalutativo alla luce del sole, questoloro atteggiamento sarebbe conside-rato, dai loro interlocutori locali,

una manifestazione di insipienza odi accidia.

È evidente che la VAS qui sopradescritta è un processo valutativoex-ante ed in itinere, ed in ciò si dif-ferenzia dalle ricerche valutative delPdV, che sono ex-post, e che la VASè finalizzata a trovare la stradamigliore per rappresentare tutti gliinteressi ed i bisogni che sono ingioco e, soprattutto, a sintetizzare iconflitti così da far sì che, quantopiù possibile, nelle scelte di piano siriconoscano tutti gli attori-chiave.È, quindi, un processo valutativofondamentalmente orientato allaricerca del consenso su scelte orien-tate alla tutela delle risorse ambien-tali ed allo sviluppo sostenibile. E,tuttavia, una delle sue caratteristi-che precipue, nella sua attuazionesarda, è la sua inclusività ed incre-mentalità attuata, che costituisce,come sottolineato, un aspettoimportante per ricerche valutativeapplicate a processi complessi come,ad esempio, le politiche per l’abban-dono scolastico.

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Tabella 7. Modalità partecipative nel processo di VAS dell’adeguamento diun PUC al PPR (Fonte: Assessorato della Difesa dell’Ambiente, Servizio del-la sostenibilità ambientale e valutazione impatti, 2007)

FASE Soggetti Modalità di Numero dicoinvolti partecipazione incontri

FASE 0 - Autorità Comunicazione formale indirizzata 0Prepara- competente all’autorità competente con cui si zione informa dell’avvio della procedura

per la redazione del PUC

Soggetti Individuazione dei soggetti competenti 0competenti in materia ambientale da coinvolgere.in materia Comunicazione formale indirizzata aidi VAS soggetti competenti in materia

ambientale con cui li si informa dell’avvio della procedura di VAS e della possibilità di partecipare al processo di elaborazione del PUC e di valutazione ambientale

Pubblico Individuazione del pubblico interessato. 0Pubblicazione di apposito avviso, sull’Albo comunale e sul sito Internet, contenente la prima definizione degli obiettivi di piano.

FASE 1 - Soggetti Invio preliminare del documento di uno o piùOrienta- competenti scoping ai soggetti con competenzemento inmateria ambientali. Discussione del documento

di VAS di scoping con i soggetti con competenze ambientali e verbalizzazione dei contributi espressi.

FASE 2 - Soggetti Rappresentazione della bozza di PUC uno o più inElabora- competenti (comprensiva del rapporto ambientale) relazione allazione e in materia o della revisione in progress, discus- dimensione delredazione di VAS sione aperta ai soggetti competenti Comune e delle

in materia ambientale e verbalizzazione emergenzedelle osservazioni presentate. ambientali

Pubblico Metodologia partecipativa: inviointeressato preliminare ai soggetti individuati

come pubblico interessato della bozza del PUC (comprensiva del rapporto ambientale) o della revisione in progress. Svolgimento dell’incontro, eventualmente articolato in gruppi di trenta persone, ognuno seguito da un facilitatore esperto. Raccolta e raggruppamento delle opinioni espresse.

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Pubblico Metodologia partecipativa: invio preliminare ai soggetti individuati come pubblico interessato della bozza del PUC (comprensiva del rapporto ambientale) o della revisione in progress. Svolgimento dell’incontro, eventualmente articolato in gruppi di trenta persone, ognuno seguito da un facilitatore esperto. Raccolta e raggruppamento delle opinioni espresse.

FASE 4 - Pubblico Diffusione della notizia dell’avvenuto 0Informa- deposito del PUC, del rapporto ambientale zione e della sintesi non tecnica, attraverso:

pubblicazione sull’Albo del Comune; affissione di manifesti; pubblicazione sul sito Internet del Comune; pubblicazione sul BURAS; pubblicazione su due quotidiani a diffusione regionale.

FASE 5 - Soggetti Invio preliminare del PUC adottato e del unoConsul- competenti rapporto ambientale, presentazione deltazione in materia PUC e del rapporto ambientale, discus-

di VAS sione, verbalizzazione dei risultati.

Pubblico Presentazione (tra il XV ed il XLV giorno due o più indalla pubblicazione della notizia dell’av- relazione allavenuto deposito) del PUC adottato e del dimensionerapporto ambientale al pubblico, suddiviso del Comunein gruppi di trenta persone, seguiti da faci- e dellelitatori esperti. Raccolta e catalogazione emergenzedelle osservazioni espresse dal pubblico. ambientali

Pubblico Invio preliminare ai soggetti individuatiinteressato come pubblico interessato del PUC

adottato e del rapporto ambientale. Svolgimento di uno o più incontri, tra il XV ed il XLV giorno dalla pubblicazione della notizia dell’avvenuto deposito, seguiti da facilitatori esperti, per gruppi di circa trenta persone. Raccolta e catalogazione delle osservazioni espresse dal pubblico.

FASE 10 - Pubblico Pubblicazione sul BURAS degli esiti della 0Informa- valutazione ambientale del PUC con indica-zione sulla zione delle sedi ove è possibile prendere decisione visione del PUC approvato e di tutta la

documentazione oggetto dell’istruttoria. Messa a disposizione, anche attraverso la pubblicazione sul sito Internet, del parere motivato espresso dall’autorità competente, della dichiarazione di sintesi e delle misure adottate in merito al monitoraggio.

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3. Riferimenti bibliografici

Assessorato della Difesa dell’Am-biente, Servizio della sostenibi-lità ambientale e valutazioneimpatti (2007), Linee guida per laValutazione ambientale strategicadei piani urbanistici comunali,documento disponibile suInternet all’indirizzo http://www.sardegnaterritorio.it/documenti/ 6_83_20070706101540.pdf [ultimo accesso: 23Gennaio 2009].

Bezzi,C. (2007), Il disegno della ricercavalutativa, FrancoAngeli, Mila-no.

Davoudi S. (2003), “ La partecipa-zione nella pianificazione per lasostenibilità,” Urbanistica,55(120), pp. 119-129.

Manski, C.F. e I. Garfinkel (2007),“Valutazione strutturale e valu-tazione in forma ridotta,” in: N.Stame, a cura di, I classici dellavalutazione, FrancoAngeli,Milano. Testo originale: “Intro-duction,” in: C.F. Manski e I.Garfinkel (1992), EvaluatingWelfare and Training Programs,Harvard University Press,Cambridge, MA, Stati Uniti.

Patton, M.Q. (2007), “Il dibattito suiparadigmi: una sintesi utilitari-sta,” in: N. Stame, a cura di, Iclassici della valutazione, Franco-Angeli, Milano. Testo originale:“The paradigm Debate and Uti-litarian Synthesis,” XII capitoloin: M.Q. Patton (1997), Utiliza-tion-focused Evaluation, Sage,Thousand Oaks, CA, Stati Uniti.

Pawson, R. e N. Tilley (2007),“Un’introduzione alla valu-tazione scientific realistica,” in:

N. Stame, a cura di, I classici del-la valutazione, FrancoAngeli,Milano. Testo originale: “AnIntroduction to Scientific Real-ist Evaluation,” in: E. Chelim-sky e W. Shadish, a cura di,Evaluation for the 21st Century,Sage, Thousand Oaks, CA, Sta-ti Uniti.

Sheate W., S. Dagg, J. Richardson, R.Aschemann, J. Palerm e U. Ste-en (2001), SEA and Integration ofthe Environment into StrategicDecision-Making, Final Report,Volume 1: Main Report, Volume2: Country Reports, Volume 3:Case Studies, CEC Contract No.B4-3040/99/136634/MAR/B4,ICON (Imperial College Con-sultants Ltd.), Londra, RegnoUnito.

4. Appendice: Sintesi della discussionedella Riunione del GRUPPO TEMATI-CO SU “Definizione di una ricercavalutativa delle politiche per la mitiga-zione dell’abbandono scolastico” del 15Luglio 2008

Partecipano al gruppo tematico:un funzionario dell’Assessorato del-la Pubblica Istruzione della RegioneAutonoma della Sardegna (RAS),dirigenti della CGIL, della CISL edella CONFSAL, tre componenti delNVVIP, una Consulente Senior delCentro Regionale di Programmazio-ne della RAS per il Piano d’Azionerelativo al meccanismo di incentiva-zione legato agli obiettivi di serviziodel QSN 2007-2013, un funzionariodella Confindustria, un rappresen-tante dell’Autorità per i diritti e lepari opportunità regionale.

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La riunione è introdotta da unapresentazione (NVVIP) dal titolo“Gruppo tematico del Piano di Valu-tazione della politica regionale unita-ria 2007-2013: Istruzione – l’abbando-no scolastico”, che propone di foca-lizzare la discussione sull’individua-zione di domande di valutazioneconcernenti le politiche attuate dallaRegione Sardegna per affrontare ilproblema della dispersione scolasti-ca e degli scarsi risultati evidenziatidai test OCSE-PISA in relazione allaliteracy concernente la comprensionedi testi e la matematica.

Tutti i partecipanti concordanosulla seguente posizione, espressaoriginariamente da un dirigente del-la CISL. È fondamentale, per ladefinizione di domande di valuta-zione concernenti il gruppo temati-co, individuare quali, tra le politicheattuate dall’amministrazione regio-nale nel recente passato, per le qualisiano disponibili dati ed informa-zioni che ne rendano fattibile lavalutazione, siano importanti davalutare in funzione della program-mazione attuale (2007-2013). Certa-mente, una domanda di valutazioneimportante è rappresentata dallaquestione della dispersione scolasti-ca, cioè da come le politiche del-l’amministrazione regionale hannoaffrontato questo tema nel recentepassato, da come, in termini di pro-cesso, hanno funzionato i diversiprogetti finanziati, e da quale impat-to l’attuazione di questi progetti haavuto sul fenomeno.

Un partecipante (ConsulenteSenior CRP) sottolinea che va tenu-to presente che la valutazione deveriguardare tutte le politiche regiona-li concernenti la domanda di valuta-

zione individuata. In altre parole,valutare le politiche relative alladispersione scolastica non significavalutare solo l’attuazione dellaMisura 3.6 del POR 2000-2006, ma,anche, tutto quanto è stato attuatoattraverso altri strumenti di finan-ziamento.

A questo proposito, un altropartecipante (Assessorato P.I.) sotto-linea come, nel recente passato,diversi finanziamenti, oltre quellirelativi alla citata Misura del POR2000-2006, siano stati erogati per farfronte a problematiche probabil-mente legate alla dispersione scola-stica: finanziamenti per offrire servi-zi agli studenti pendolari; finanzia-menti per diminuire il carico finan-ziario dei libri scolastici per i bilancidelle famiglie; finanziamenti per ilaboratori didattici extracurricularie curriculari.

Per quanto riguarda le proble-matiche dell’insuccesso scolasticolegato al pendolarismo, si pone ilproblema, da affrontare nella defini-zione del disegno valutativo, dicapire se, e in quale misura, il pen-dolarismo costituisca una causa rea-le dell’abbandono scolastico. Si sot-tolinea che uno studio recente delCRiMM (Centro di Ricerca suiModelli di Mobilità dell’Universitàdi Cagliari) indica che, con riferi-mento alla provincia di Oristano,non si individui un legame causaletra insuccesso scolastico e pendola-rismo, il che pone l’accento sullanecessità dell’identificazione rigoro-sa delle cause del fenomeno disper-sivo, nella definizione del disegnovalutativo.

Un partecipante (Pari opportu-nità) indica tre punti da tenere pre-

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senti per la definizione del disegnovalutativo: 1) il legame tra disper-sione scolastica, e fenomeni connes-si, e le differenze di genere (ladispersione scolastica è molto piùaccentuata nella popolazionemaschile che in quella femminile);2) la questione delle differenze nelfenomeno dell’insuccesso scolasticolegate all’indirizzo di studio (perchégli studenti degli istituti professio-nali “falliscono” di più?); 3) bisognaanalizzare, in relazione al disegnovalutativo, la questione se siano piùefficaci programmi rivolti alla miti-gazione della dispersione scolastica“appaltati” all’esterno delle struttu-re scolastiche oppure programmigestiti ed attuati “in house” nellestrutture scolastiche. Si sottolineacome sia disponibile un documentoimportante per gli argomenti tratta-ti, dal titolo “Report di monitorag-gio delle scuole del secondo ciclo inSardegna”.

Un partecipante (CGIL) ponein evidenza che, in aggiunta ed acomplemento dei punti evidenziatinel precedente intervento, vannoconsiderate, nella definizione deldisegno valutativo, le problemati-che della razionalizzazione dellarete scolastica.

Un partecipante (CONFSAL)chiede che, nella definizione deldisegno valutativo, l’organizzazio-ne delle elaborazioni e la loro divul-gazione siano orientate a criteri disemplicità e leggibilità da parte diun pubblico quanto più ampio pos-sibile, e che lo sviluppo logico deicontenuti sia facilmente comprensi-bile a portatori di sapere non tecniconel campo della valutazione dellepolitiche pubbliche.

Un partecipante (NVVIP) indi-ca come un punto fondamentale,nella definizione di un disegnovalutativo per la dispersione scola-stica, un’attenta e precisa definizio-ne del modello di rilevazione e rac-colta dei dati. A questo proposito,cita come riferimento esemplare unrecente lavoro sviluppato dalla Pro-vincia di Sassari.

Un partecipante (NVVIP) sotto-linea che la definizione del disegnovalutativo deve tenere conto diun’attenta definizione delle causedella dispersione scolastica. Solocon un’ipotesi forte circa le cause èragionevole valutare le politiche,quali che siano, messe in atto permitigare il fenomeno della disper-sione scolastica. L’efficacia dellepolitiche si può misurare solo se,preliminarmente, si definiscono lecause del fenomeno negativo. Se,infatti, un progetto o un sistema diprogetti, sono definiti ed attuati inmaniera soddisfacente, ma non inci-dono sulle cause della dispersionescolastica, è evidente che la loro effi-cacia non potrebbe essere valutatain termini positivi, ancorché il pro-cesso di attuazione soddisfi i requi-siti della coerenza interna.

Si richiede (CISL e Confindu-stria) di considerare anche la possi-bilità di sviluppare una ricerca valu-tativa sul Programma Master &Back.

***

In conclusione, il gruppo tema-tico ritiene di proporre al GdC unadomanda di valutazione caratteriz-zata nei termini seguenti.

Valutazione delle politichemesse in atto dall’amministrazione

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regionale per affrontare il problemagenerale della dispersione scolastica(o dell’insuccesso scolastico), orien-tativamente nell’arco temporale2000-2006, con l’obiettivo di avereutili indicazioni per la programma-zione 2007-2013.

Il disegno valutativo dovràtenere conto dei punti seguenti.1) Dovrà essere, preliminarmente,

analizzato il fenomeno delladispersione scolastica in Sarde-gna per evidenziarne le cause.Solo la disponibilità di un qua-dro logico relativo alle cause(problema generale, problemidi I livello, problemi di II livel-lo,…) potrà consentire di defi-nire un disegno valutativoappropriato.

2) La disponibilità, il riferimentoterritoriale ed il livello di detta-glio dei dati e delle informazio-ni, è parte integrante del dise-gno valutativo, sia per la defini-zione del quadro logico (analisidi contesto, analisi SWOT), cheper la valutazione degli impattidelle politiche.

3) Tra le cause che generano il pro-blema della dispersione scolasti-ca possono, tentativamente, enon esaustivamente, indicarsi: ilpendolarismo, la non razionali-tà dell’organizzazione della retescolastica, la mancanza di coor-dinamento tra organizzazionedel trasporto degli studenti eorari scolastici, la non adeguatapreparazione degli insegnanti,la fatiscenza delle strutture sco-lastiche, l’inadeguatezza delleattrezzature disponibili, la nonefficace programmazione delle

attività curriculari ed extracurri-culari, ecc..

4) Vanno tenuti presenti: 1) il lega-me tra dispersione scolastica, efenomeni connessi, e le diffe-renze di genere (la dispersionescolastica è molto più accentua-ta nella popolazione maschileche in quella femminile); 2) laquestione delle differenze nelfenomeno dell’insuccesso sco-lastico legate all’indirizzo distudio (perché gli studentidegli istituti professionali “fal-liscono” di più?); 3) bisognaanalizzare, in relazione al dise-gno valutativo, la questione sesiano più efficaci programmirivolti alla mitigazione delladispersione scolastica “appalta-ti” all’esterno delle strutturescolastiche oppure programmigestiti ed attuati “in house” nel-le strutture scolastiche.

5) Nella definizione del disegnovalutativo, si dovrà tenere pre-sente la notevole complessitàdel fenomeno della dispersio-ne scolastica e del sistema dipolitiche messe in atto nelrecente passato per affrontarlo.Si dovrà analizzare quali diqueste politiche abbia sensovalutare (PON Istruzione2000-2006, POR 2000-2006,L.R. 31/84 e 25/93, ecc.), inrelazione al quadro logico defi-nito preliminarmente, di qualidati ed informazioni ci siabisogno per sviluppare unavalutazione efficace, e se siaragionevole e finanziariamen-te fattibile mettere in atto azio-ni di raccolta di questi dati ed

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informazioni, qualora questinon siano disponibili.

6) Lo sviluppo del disegno valu-tativo dovrà tenere conto sia diesigenze di valutazione dell’ef-ficacia delle politiche in relazio-ne al funzionamento internodei singoli progetti, che perquanto riguarda l’incidenza suiproblemi identificati nel qua-dro logico.

7) Vanno analizzati con attenzio-ne, anche in termini critici, dalpunto di vista delle modalità dirilevazione, i test OCSE-PISArelativi alla verifica delle com-petenza in lettura e matemati-ca, che fanno rilevare una situa-zione piuttosto negativa deivalori medi della literacy deglistudenti sardi rispetto a quellidegli studenti italiani, come vaanalizzato attentamente il lega-me tra queste rilevazioni ed ilfenomeno dell’insuccesso sco-lastico.

8) per quanto riguarda la valuta-zione del Programma Master &Back, si ritiene opportuno indi-carlo come riferimento perun’eventuale ricerca valutativa,tenendo, comunque, presenteche una riflessione più sistema-tica sulla questione è di perti-nenza del gruppo tematico n. 4(occupazione: efficacia e validi-tà di alcuni strumenti adottatiper: l’imprenditorialità giova-nile e femminile, l’auto-impie-go, “il finalizzato aziendale”, iservizi per l’impiego, il Pro-gramma Master & Back).

***

Il GdC ha recepito le indicazio-ne del gruppo tematico nei terminidi un primo disegno della ricercavalutativa secondo le domande divalutazione riportate nella secondacolonna della Tabella 5.

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Introduzione

L’attenzione crescente che nelrecente periodo è emersa con riferi-mento all’importanza di introdurre,a supporto delle attività delle istitu-zioni legislative, tecniche e strumen-ti di valutazione (nelle sue varie for-me: controllo sull’attuazione, verifi-ca dei risultati raggiunti, analisi del-le ricadute sul contesto socio-econo-mico, etc…) ha spinto il Crel a dedi-care due seminari di lavoro sul temadella valutazione delle politichepubbliche, organizzati in collabora-zione col CRENoS, e destinati a fareil punto dell’azione istituzionale edi ricerca su questo tema, e fornireelementi di riflessione al Consiglio,utili ai fini della propria azione diproposta alle istituzioni regionali.

L’interesse del Crel per la mate-ria trova la sua motivazione di fon-do nella necessità anzitutto di con-tribuire a migliorare la natura delleinformazioni utilizzate nel processolegislativo, al fine di rendere piùconsapevoli e razionali le decisioniassunte sia dalla Giunta sia dall’As-semblea regionali. Ne discende l’op-portunità di contribuire a ridurre laconflittualità politica sulle questionidi fatto, circoscrivendo tale conflit-tualità alle questioni sui valori. Nelconcreto appare sempre più diffusala convinzione che il miglioramentodella qualità dell’azione legislativapossa passare attraverso l’attivazio-ne di un meccanismo di feedback

che restituisca all’organo legiferanteinformazioni sull’attuazione delleleggi già approvate e sulla ricadutache esse hanno avuto sul territorioregionale.

L’inclusione di clausole valuta-tive nei testi di legge di molti Paesieuropei costituisce da tempo unaprassi consolidata. Anche nella legi-slazione italiana l’uso di questeclausole è andato largamente diffon-dendosi, ma dietro alla proposizio-ne della norma è finora largamentemancato un adeguato retroterra cul-turale, frutto della presenza di note-voli incertezze concettuali, istituzio-nali e di un inadeguato apparatoorganizzativo.

Nel recente periodo, clausolevalutative sono comparse in treimportanti leggi approvate dal Con-siglio Regionale della Sardegna, laL.R. 31 ottobre 2007 n. 12, la L.R. 7agosto 2007, n. 7, la Legge Statutariadella Regione Sardegna, L.R. 12giugno 2006, n. 9. Inoltre sono statipresentati dall’Osservatorio Econo-mico della Sardegna i primi duerapporti di valutazione di due leggiregionali (la Valutazione degliincentivi alle imprese sulla base del-la legge regionale n. 15 del 1994 e laValutazione dell’effetto dell’impostasulla nautica sugli scali e sulle pre-senze di unità da diporto in Sarde-gna introdotta con l’art. 4 della Leg-ge regionale n. 4 del 2006) ed è statocostituito all’interno del CentroRegionale di Programmazione il

DOCUMENTO FINALE DEL 21 GENNAIO 2009a cura del Crel

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primo Nucleo di Valutazione degliInvestimenti Pubblici. Tuttavia sia-mo di fronte ad esperienze che nonsono integrate all’interno di unsistema valutativo propriamente eopportunamente costruito e codifi-cato, oltre che affiancato dalla mol-teplicità degli strumenti applicabilinelle pratiche legislative.

La necessità di valutare glieffetti di una politica o di un pro-gramma nasce fondamentalmentedalla necessità di rispondere alladomanda se l’intervento sia stato omeno efficace e se abbia inciso posi-tivamente sul problema che si inten-deva risolvere.

Su questo fronte assume cen-tralità il tema della responsabilitàdell’amministrazione pubblica inte-sa come capacità di generare “valo-re” per la comunità di riferimento,di misurare e rendere riconoscibiletale “valore” e di rendere conto allacollettività delle proprie azioni edegli effetti prodotti.

Ciò determina la necessità didisporre di un sistema esplicito diregole, principi e metodi in base aiquali l’amministrazione pubblica aivari livelli (regionale e locale) è chia-mata a rendere conto ai diversi por-tatori di interessi dei risultati delproprio operare nel perseguimentodei propri fini istituzionali.

Accade così che sorgano unamolteplicità di necessità valutativeanche in funzione delle relazioni chesi instaurano tra:

• Consiglio Regionale (organolegislativo) e Giunte (organoesecutivo). La riforma in sensopresidenziale, rafforzando ipoteri dell’organo esecutivo, ha

di fatto ridotto fortemente ilpotere di iniziativa legislativain precedenza saldamente nellemani dell’organo elettivo ditipo rappresentativo. Accadecosì che nasca l’esigenza sem-pre più forte da parte del Con-siglio di valutare l’operato del-la Giunta e l’efficacia delle poli-tiche/programmi/norme. Inquesto caso si è di fronte adun’evoluzione e rafforzamentodel “potere di controllo” pro-prio del Consiglio che fa della“valutazione” lo strumentoattraverso il quale responsabi-lizzare la Giunta nel rendereconto del modo con cui è statoamministrato il potere;

• Amministratori pubblici emanagement al quale competematerialmente la gestione dellerisorse per l’attuazione dellepolitiche/ programmi regionali;

• Rappresentanti eletti/Ammini-stratori pubblici e cittadini elet-tori, i quali hanno il diritto dipoter verificare il rispetto del“patto elettorale” e il buon fun-zionamento dell’apparatoamministrativo, svolgendo alcontempo, nelle proprie formeorganizzate, anche da soggettoproponente aggiustamenti omodifiche e da tutori dell’inte-resse pubblico. La valutazionefavorisce la partecipazione deicittadini all’azione amministra-tiva, aumentando il livello diconoscenza delle attività e lacondivisione dei risultati.

Nasce la necessità di definirestrumenti di misurazione e mecca-

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nismi di valutazione dei risultati diuna certa politica/programma inmodo da soddisfare i fabbisognireciproci di trasparenza e responsa-bilità.

Proprio i principi che sonoposti alla base dei vari sistemi divalutazione ne hanno finora rallen-tato la diffusione in ambito naziona-le e regionale. Le differenti tradizio-ni culturali e amministrative, l’orga-nizzazione, la natura delle attivitàsvolte ed i livelli di governo fanno sìche la valutazione sia perseguita invario modo nei diversi Paesi.

Mentre, infatti, la cultura dellavalutazione (e della rendicontazioneche è l’altra faccia della stessa meda-glia) è ampiamente diffusa nei Paesianglosassoni ed è considerata unacondizione necessaria e parte inte-grante dell’attività di governo, inItalia, pur a fronte di una generaleadesione ai principi suddetti, si regi-stra una altrettanto profonda resi-stenza. Questo ha fatto sì che, neiPaesi anglosassoni, la valutazioneabbia assunto una crescente rilevan-za tanto da spingere a riformare ivari sistemi secondo principi dimaggiore trasparenza e rendiconta-bilità verso l’esterno e introdurreorganismi e strumenti in grado divalutare l’attività di governo in con-dizioni di terzietà.

In Italia, il processo, pur in atto,stenta a decollare e procede coningiustificata e colpevole lentezza.

Fondamentalmente ciò è dovu-to alla errata convinzione da partedi chi governa (Giunta e sua mag-gioranza al governo) che la vittoriaelettorale costituisca di per sé unpresupposto di validità indiscutibiledelle decisioni assunte e, dunque,

qualsiasi politica/programma onorma attuata non può che produr-re effetti benefici per il solo fatto diessere espressione/prodotto diquella Giunta o maggioranza. Dal-l’altra parte, l’opposizione tende adutilizzare strumentalmente i risulta-ti dell’azione di governo, enfatiz-zandone limiti e insufficienze, edunque a preferire il permanere diun quadro di forte incertezza suglieffetti delle politiche che non con-sente di individuare in manierachiara la loro efficacia. In mezzo sicolloca il management pubblicoanch’esso poco disponibile a sotto-porre il proprio operato ad una seriavalutazione e dunque refrattarioall’introduzione di soluzioni esternee più propenso a percorrere “stra-de” interne più controllabili. Da quil’avversione a vedere valutati dasoggetti terzi sulla base di procedu-re scientifiche i risultati dell’azionedi governo.

Eppure proprio l’evoluzionedei sistemi socio-economici, caratte-rizzata da crescenti elementi diincertezza e imprevedibilità, unita-mente ad una modesta crescita eco-nomica, dovrebbe convincere tuttidella necessità di poter disporre disistemi di controllo interni ed ester-ni trasparenti ed efficaci e di stru-menti in grado di favorire rispostechiare al fabbisogno informativo, alfine di evidenziare il livello di rag-giungimento degli obiettivi e le col-legate aree di responsabilità (politicie manager).

Come ben rilevato infatti dalProf. Ugo Trivellato nel suo “LaValutazione degli Effetti di PolitichePubbliche: Paradigma e Pratiche” afronte di “un miglioramento osser-

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vato, l’obiezione è che esso avrebbepotuto verificarsi comunque, percause diverse dall’intervento, equindi l’effetto potrebbe essere nul-lo, o addirittura negativo, pure inpresenza di un miglioramento.Seguendo la stessa logica, nel casoopposto di un peggioramento osser-vato, l’obiezione è che le cose sareb-bero potute andare ancora peggio:l’intervento può quindi avere uneffetto positivo pur in presenza diun peggioramento”.

Eppure, come peraltro preci-sato anche dal Prof. Alberto Marti-ni in sede di seminario del Crel,politici (di maggioranza come diopposizione), management pub-blici e le stesse organizzazioni eco-nomiche e sociali sembrano prefe-rire queste “fallacie concettuali”alla possibilità di disporre di unacorretta informazione controfat-tuale grazie alla quale “l’effetto diun intervento è la differenza traquanto si osserva in presenza del-l’intervento e quanto si sarebbeosservato in sua assenza”.

“La convinzione della bontàdelle proposte fa premio su unatteggiamento di apprendimentoper prova ed errore nell’introdurre eridisegnare al meglio le politiche”afferma il Prof. Trivellato.

All’interno del vasto insiemedi esperienze di ricerca ed applica-zione dei principi della valutazio-ne delle politiche pubbliche, illu-strate dal Prof. Martini nel corsodel suo intervento davanti al Crel,alcuni percorsi assumono un parti-colare interesse per le ricadutepotenziali nell’ambito del nostrosistema regionale. Si richiamano inparticolare:

• l’analisi degli effetti, con cui sivuole capire in che misura unintervento contribuisce a pro-durre il cambiamento osserva-to. Chi lavora nella pubblicaamministrazione ha spesso lanecessità di capire se le politi-che adottate aiutano a risolverei problemi sui quali intendonoincidere. Per rispondere adomande di questo tipo è pos-sibile ricorrere ad un particola-re tipo di valutazione: l’analisidegli effetti. In questi casi loscopo della valutazione è sti-mare quanta parte del cambia-mento osservato in un certofenomeno d’interesse sia attri-buibile in senso causale allapolitica adottata e quanta partesia invece dovuta a cause diver-se. Per compiere tale stima ènecessario ricostruire la cosid-detta situazione controfattuale,ovvero ciò che sarebbe accadu-to se l’intervento non avesseavuto luogo.

A livello internazionale questotipo di valutazione è conosciuta conil nome di treatment effect approacho di impact analysis.

• l’analisi d’implementazione,con cui si vuole capire in chemisura l’attuazione di un inter-vento si discosta dal disegnooriginario e quali criticità haincontrato. Spesso accade che idecisori pubblici abbiano adisposizione poche informazio-ni utili a capire le modalità diattuazione delle politiche cuihanno dato impulso. Soprattut-to nei processi caratterizzatidalla presenza e dall’azione di

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più attori, esiste una distanzanotevole tra le finalità che han-no mosso un certo interventopubblico, disegnato da un entenazionale o regionale, e le atti-vità che sono state realizzate alivello locale. Da questa scarsitàdi informazioni deriva un’esi-genza conoscitiva, alla quale èpossibile rispondere ricorrendoal tipo di valutazione che vasotto il nome di analisi d’imple-mentazione delle politiche pub-bliche. Analizzare l’implemen-tazione di una politica pubblicasignifica raccogliere informa-zioni per capire come le inten-zioni dei decisori si siano tra-sformate in attività e servizi e,soprattutto, quali criticità sianoemerse durante il percorso di“trasformazione” e come siapossibile correggerle.

A livello internazionale questoapproccio alla valutazione è cono-sciuto con diversi nomi, tra i qualiimplementation research e processanalysis sono forse i più comuni.

• l’analisi di performance, concui si vuole capire se un’orga-nizzazione impegnata nell’ero-gazione di servizi svolge il suocompito in modo soddisfacen-te. Con l’espressione analisi diperformance si fa riferimento altentativo di giudicare i variaspetti dell’operato di un’orga-nizzazione, mettendo chi ladirige o chi la controlla nellecondizioni di prendere decisio-ni più consapevoli riguardo alsuo funzionamento. In questo contesto il termineperformance indica l’insieme

delle caratteristiche desiderabi-li di un’organizzazione - i costi,la qualità delle prestazioni, ivolumi di attività, e le ricadutesull’ambiente esterno- chesaranno sottoposte a valutazio-ne.

A livello internazionale questoapproccio alla valutazione è cono-sciuto con il nome di performancemeasurement.

Esperienze di valutazione

Come si è già avuto modo dirilevare, la valutazione delle politi-che pubbliche costituisce una prati-ca ormai ampiamente diffusa e radi-cata, in particolare nei paesi anglo-sassoni e, particolarmente, negli Sta-ti Uniti d’America, le cui primeesperienze di valutazione risalgonoaddirittura agli anni ’60. Ma anchenel nord Europa, in Germania e neipaesi scandinavi, si registrano prati-che consolidate.

Nel nostro Paese, negli ultimianni alcune interessanti esperienze,seppure con risultati non semprecorrispondenti alle attese, hannocontribuito alla declinazione opera-tiva dei principi della valutazione.Ne richiamiamo due fra le più signi-ficative.

Il progetto CAPIRe (Controllodelle Assemblee sulle Politiche e gliInterventi Regionali) è un’iniziativapromossa dalla Conferenza dei Pre-sidenti dell’Assemblea, dei Consigliregionali e delle Province Autono-me. Il progetto ha la missione di ela-borare idee e strategie per migliora-re le capacità di controllo sull’attua-

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zione delle leggi e di valutazionedell’efficacia delle politiche in senoalle assemblee legislative. Si intendefavorire l’Esercizio della funzione dicontrollo delle Assemblee regionali,mediante l’adozione di nuovi stru-menti legislativi ed organizzativi.Alla base vi è l’idea che le Assem-blee elettive, se intendono svolgereun ruolo più incisivo in seno ai siste-mi di governo locale, devono attrez-zarsi al loro interno per ricevere edelaborare informazioni complesse alfine di capire cosa è accaduto inseguito all’approvazione di una leg-ge regionale; di apprendere se lesoluzioni adottate si sono dimostra-te utili a risolvere il problema collet-tivo che ha motivato l’interventodella Regione; di portare alla luce edapprofondire le cause di eventualimalfunzionamenti o inefficienzedell’apparato amministrativo chia-mato all’attuazione delle politicheregionali; infine di giungere piena-mente informati al confronto conl’Esecutivo e gli altri attori, istituzio-nali e non, presenti nel territorioregionale.

Un’altra esperienza che puòessere presa ad esempio è quella delConsiglio regionale della Lombar-dia.

La consapevolezza dell’impor-tanza strategica che le informazioniassumono nei processi decisionalipubblici ha indotto il Consiglioregionale della Lombardia ad adot-tare nuovi strumenti informativi asupporto della funzione legislativa edella funzione di indirizzo e con-trollo. Il dovere di “fare delle buoneleggi” implica anche il compito diraccogliere ed utilizzare le informa-zioni necessarie a verificare se e

come le leggi approvate sono staterealmente attuate e a capire se e inche misura le politiche promosse datali leggi abbiano ottenuto gli effettidesiderati.

L’esercizio di una funzione cosìdelicata richiede l’assistenza di unastruttura tecnica dedicata e specia-lizzata nell’analisi di leggi e politi-che. A tal fine è stato istituito, nel2004, il Servizio Valutazione Proces-so Legislativo e Politiche Regionali.L’analisi di leggi e politiche regiona-li si articola in due fasi diverse: pri-ma dell’approvazione dei progettidi legge (analisi ex-ante) e dopol’approvazione delle leggi (analisiex post). A queste si aggiungonoattività di approfondimento e ricer-ca su temi specifici riassunti nelloschema seguente:

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Proposte

Sulla base delle esperienzematurate in ambito internazionale enazionale il Crel ritiene che unaserie di principi e di strumentiattuativi conseguenti possano entra-re a far parte della prassi istituzio-nale nella nostra Regione, in ragionedell’imprescindibile importanza chel’azione di valutazione delle politi-che pubbliche riveste nell’abito deisuoi processi di sviluppo.

Il Crel ritiene che il documento –denominato Carta di Matera, fruttodelle riflessioni e delle esperienzematurate dai livelli istituzionali edagli staff di supporto coinvolti nella

realizzazione del progetto CAPIRe esostenuta dalla Conferenza delleAssemblee Legislative delle Regioni edelle Province Autonome – costitui-sca un punto di riferimento fonda-mentale e auspica che Giunta e Consi-glio Regionale promuovano azioniconseguenti e coerenti con esso.

Innanzitutto si tratta di fare inmodo che il Consiglio regionalericonosca nel “controllo sull’attua-zione delle leggi e valutazione dellepolitiche” l’insieme di attività neces-sarie ad esercitare una rinnovatafunzione di controllo.

Ciò significa dare una rispostaconcreta sull’esigenza di accounta-bility

1democratica, dotandosi di

Analisi dei Progetti di IDEELegge (ex ante) Dossier ex-ante

Clausole ValutativeRaccolte e Quaderni di Documentazione su Progetti di Legge

Analisi delle Politiche Note InformativeRegionali (ex post) Missioni Valutative

Rapporti sulle Politiche Regionali

Documentazione, Studi Raccolte e Quaderni Monograficie Approfondimenti Studi e Approfondimenti

Fonte: Consiglio Regionale della Lombardia

1 Il dizionario traduce il termine accountability (dal latino accomptare) con “respon-sabilità” e con esso si intendono infatti i sistemi/strumenti orientati ad informa-re i cittadini circa il livello di raggiungimento degli obiettivi, le collegate aree diresponsabilità e la misurazione dei risultati, aumentando in questo modo illivello di conoscenza delle attività amministrative, la condivisione dei risultati ela confrontabilità fra realtà diverse sia sullo stesso territorio nazionale che inter-nazionale.

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“strumenti concreti, istituzionali,legislativi ed organizzativi, che con-sentano ai diversi soggetti coinvoltidi essere gli effettivi interpreti del-l’istanza di una maggiore accounta-bility proveniente dalla società”.

Si tratta inoltre di promuovereil diffondersi di una logica biparti-san (o come dicono alcuni noparti-san) che ispiri l’attività di controllosull’attuazione delle leggi e lavalutazione degli effetti delle poli-tiche/programmi. Ciò significapromuovere la costituzione diorganismi politici autorevoli esuper partes in grado di promuo-vere e vigilare sull’attività di con-trollo e valutazione da affidare astrutture tecniche fortemente pro-fessionalizzate di provata compe-tenza e indipendenza.

È fondamentale prevedere l’in-clusione nelle leggi istitutive di politi-che pubbliche delle cosiddette clauso-le valutative, specifici articoli di leggeattraverso i quali si attribuisce unchiaro mandato informativo ai sog-getti incaricati dell’attuazione dellastessa legge fissando gli obiettivi conriferimento ai quali avrà luogo lavalutazione, indicando il modo in cuila valutazione dovrà essere svolta, fis-sando lo stanziamento finanziario peril suo svolgimento.

Tali clausole hanno lo specificoobiettivo di “costringere” i diversiattori ad avviare processi valutativisulle politiche, ma non sono certosufficienti e, anzi rischiano di essereinefficaci, se non trovano terrenofertile su particolari condizioni cul-turali e istituzionali.

L’organo legislativo ha un ruo-lo fondamentale e decisivo nel pro-muovere l’attività di controllo e

valutazione, spetta ad esso prevede-re specifici mandati a “rendere con-to su attuazione ed effetti” e inserir-li nelle leggi più rilevanti.

Ma per assicurarsi che la valu-tazione possa realmente trovare dif-fusione nella pratica di governo sitratta di prevedere risorse certe eadeguate inserite permanentementenel bilancio regionale, e l’attività delConsiglio regionale deve prevedereadeguati spazi e momenti di lavoroper lo svolgimento dell’attività dicontrollo e valutazione, attraverso lacostituzione di commissioni o comi-tati paritetici.

Un ruolo fondamentale vienesvolto dalle strutture tecniche dedi-cate che dovrebbero essere dotate dielevata autonomia professionale. Atal fine andrebbe anche promossa laformazione di apposite figure pro-fessionali, come quella dell’analistadi politiche, che trovino spazioinnanzitutto nell’organigramma delConsiglio regionale, ma anche neisoggetti ai quali viene affidata losvolgimento della valutazione.

Esiste poi la necessità di assicu-rare una migliore interlocuzione traEsecutivo e Consiglio. Appare chia-ro infatti che l’attività di controllo evalutazione non deve in alcun modotradursi in una strumentale ingeren-za nell’azione dell’esecutivo, madeve piuttosto tradursi in un mezzoattraverso il quale migliorare l’atti-vità della Giunta. Ciò richiede l’in-staurarsi di un dialogo costante e dimomenti espressamente dedicati diconfronto.

Infine, ma assolutamente fon-damentale, gli esiti delle attività dicontrollo e valutazione devono tro-vare ampia diffusione, interna e

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esterna, presso tutti gli stakeholder.Ciò significa, non solo assicurarecon tutti i mezzi informativi dispo-nibili la loro fruizione, ma fare inmodo anche che la forma in cui ven-gono prodotti sia utile a coglierel’obiettivo fondamentale di far con-correre i vari portatori d’interessead una migliore conoscenza degliesiti delle politiche. In sintesiandrebbero evitati documenti o rap-porti criptici come quelli finora pro-dotti dai vari organi regionali chepoco o nulla servono per compren-dere l’efficacia e gli effetti delle poli-tiche/programmi.

Riassumendo, risulta impor-tante:

• diffondere la cultura della“valutazione delle politiche”,coinvolgendo direttamente imembri eletti del Consiglioregionale e l’esecutivo regiona-le, quali promotori delle attivitàdi valutazione e primi utilizza-tori dei risultati delle analisicondotte;

• accompagnare le struttureinterne delle istituzioni regio-nali nella realizzazione di atti-vità informative sempre piùtrasparenti e complete;

• svolgere missioni valutative,Alcuni Consigli regionali han-no introdotto un nuovo stru-mento per il controllo sull’at-tuazione delle leggi e la valuta-zione degli effetti delle politi-che: si tratta della cosiddettamissione valutativa. In effetti,le attività informative “a lungotermine” indotte dalle clausolevalutative possono non soddi-

sfare interamente le esigenzeconoscitive sull’attuazione del-le leggi e gli effetti delle politi-che. È possibile che fatti nuovio eventi inaspettati faccianosorgere la necessità di appro-fondire qualche aspetto dellalegge che la clausola non avevaprevisto. Oppure che la legge inquestione non contenga alcunaclausola valutativa. Per questomotivo è utile prevedere chel’attività di controllo e valuta-zione, oltre ad essere innescatadalle clausole, possa essereavviata, nel corso della legisla-tura, in seguito alla richiesta diuna singola commissione consi-liare oppure di una quota mini-ma di consiglieri (ad esempioda un decimo dei consiglieriregionali). Con l’adozione distrumenti di questo tipo i consi-glieri divengono essi stessi, al difuori del processo legislativo,promotori e committenti di atti-vità di controllo e valutazione.

• elaborare note informative. Lestrutture tecniche di alcuneassemblee legislative elaboranoperiodicamente a favore deiConsiglieri Note informativesulle politiche regionali. Si trat-ta di documenti di sintesi cheriassumono in poche pagine lostato d’attuazione della legge ei principali risultati da questaottenuti. Le informazioni conte-nute in tali Note sono perlopiùtratte dalle relazioni preparatedalla Giunta in risposta al man-dato informativo imposto dalleclausole valutative.

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• far crescere le competenze pro-fessionali dei funzionari impe-gnati in attività di controllo evalutazione, attraverso l’orga-nizzazione di specifici percorsidi formazione;

• dar vita ad una comunità dianalisti di politiche regionaliche possano scambiarsi espe-rienze e riflessioni duranteseminari e i convegni, oppureattraverso l’uso della rete construmenti quali il blog e la webconference.

• finanziare adeguatamente epermanentemente l’attività dicontrollo e valutazione.

Vi sono inoltre due fondamen-tali meccanismi che vanno introdot-ti e che riguardano:

• il processo di definizione dellepolitiche;

• l’assetto istituzionale per assi-curare una valutazione indi-pendente dall’esecutivo e tra-sparente nei confronti dei citta-dini;

Il processo di definizione dellepolitiche deve essere basato su

• l’evidenza dei fatti, documen-tata in maniera adeguata;

• una consultazione approfondi-ta e fortemente focalizzata sulle“policy issues”

L’assetto istituzionale dovrebbeprevedere una chiara separazionedell’esecutivo dalle funzioni di con-trollo e valutazione degli effetti del-le politiche che dovrebbe esseresvolta da agenzie indipendenti,

dotati di elevata specializzazione,che operano per conto del Consiglioregionale o su propria iniziativa.

Vi è poi un ulteriore elementoche appare fondamentale: la valuta-zione va progettata a partire dalmomento in cui si inizia a disegnarela politica/programma.

Ciò richiede l’avvio immediatodi un confronto tra organo esecuti-vo, organo legislativo e tutte le partiinteressate che è finalizzato achiarire e definire anticipatamentegli obiettivi e gli indicatori di risul-tato, consentendo di circoscrivere leinformazioni che bisognerà pro-durre e dunque stabilire la loro rile-vazione.

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COMPONENTI DEL CREL SARDEGNA

Presidente: Mereu Ginodesignato UIL

Vice Presidente: Porcu Francescodesignato CNA e CONFARTIGIANATO

I Consiglieri: Abis Carlodesignato CONFESERCENTI

Angioni Ignaziodesignato LEGACOOP

Bianco Marco Antonio designato COLDIRETTI

Carbini Pietrodesignato CISAL

Carta Fabriziodesignato CISL

Canu Verdianadesignata Pari Opportunità

Cirina Ennio Giuseppedesignato CONFCOOPERATIVE

Paolo Enrico Dessìdesignato APISARDA

De Giudici Massazza Annadesignata CONFSAL

Farru Gian Pierodesignato FORUM TERZO SETTORE

Grecu Marcodesignato CGIL

Manca Salvatoredesignato CISL

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Marilotti Luisadesignata Consigliera di Parità

Marras Giuseppinodesignato CNA e CONFARTIGIANATO

Mele Giannaritadesignato CGIL

Melis Giuseppedesignato CONSIGLIO REGIONALE

Moro Mariodesignato CISL

Muledda Gesuinodesignato CIA

Muntoni Isabelladesignata UIL

Piludu Antoniodesignato CGIL

Ruiu Andreadesignato CISL

Saba Paolodesignato CONFESERCENTI

Saba Robertodesignato CONFINDUSTRIA

Sistu Giovannidesignato CONSIGLIO REGIONALE

Uda Francodesignato FORUM TERZO SETTORE

Verona Giuseppedesignato CONSIGLIO REGIONALE