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93 D.M. COSI Dall’entusiasmo al metodo: Culianu incontra Bianchi

DOI 10.1484/J.ASR.1.103460

DARIO M. COSI

Dall’entusiasmo al metodo: Culianu incontra Bianchi*

Se sia migliore il primo Culianu o l’ultimo Culianu1 (oppure il secondo, il quinto, il terzultimo…, dal momento che tante e diverse sono state le tappe della sua vita e le fasi della sua attività scientifica) non è evidentemente un problema che io sappia risolvere. L’occasione di questo intervento e le mie competenze mi spingono soltanto a sof-fermarmi sugli anni milanesi, tra il 1973 e il 1976, in cui si realizzò il fecondo incontro tra il giovane esule romeno e il suo primo vero maestro nel campo della Storia delle religioni, Ugo Bianchi.

L’incontro di Culianu con Bianchi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (a partire dall’autunno del 1973) non fu uno dei consueti, più o meno freddi e convenzionali, incontri tra un maestro e un allievo, in cui il secondo viene guidato dal primo nello sviluppo della sua formazione scientifica con indica-zioni bibliografiche, con suggerimenti e con consigli. Si trattò, al contrario, di qualcosa di speciale. Tale incontro fu vitalizzato cer-tamente dalla straordinaria personalità dei due interlocutori, l’uno dotato di inesauribile sapienza, di rigorosa attenzione all’accura-tezza metodologica e soprattutto di «costante benevolenza e sere-nità di giudizio»,2 l’altro fornito di mente acutissima, di letture enciclopediche e di inesausta sete di sapere. Esso coincise, inoltre, per un verso con il periodo della maturazione, da parte di Bianchi, di alcune delle sue formulazioni scientifiche più caratteristiche (per es. la definizione di religiosità di tipo mistico, la posizione

* Ringrazio Daniela Dumbravă per alcuni preziosi suggerimenti. La responsabilità di quanto ho scritto – comunque – rimane naturalmente mia.

1 H.-R. PATAPIEVICI, Ultimul Culianu, Bucureşti, Editura Humanitas, 2010.2 Come riconosce Culianu nella breve nota senza titolo premessa al suo

Gnosticismo e pensiero moderno: Hans Jonas (Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 1985), nota datata Groninga, 19 luglio 1982, p. 9.

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sulle origini dello gnosticismo) e della precisazione o elaborazione di nuove tipologie storico-religiose (la tipologia della “doppia crea-zione”, quella della “colpa antecedente”). Per altro verso Culianu giunse a Milano, dopo la triste esperienza dei primi mesi trascorsi in Italia, tra Perugia, Trieste, Latina e Roma, con la speranza3 vivis-sima di aprire una nuova e più serena stagione della sua avven-tura umana e scientifica, proiettata più solidamente verso il sogno americano4 e la “sequela” di Eliade, e insieme con un notevolis-simo bagaglio (per un giovane di ventitré anni) di conoscenze e di esperienze di ricerca e di scrittura costruito in Romania.

Per questi motivi mi pare di poter affermare che l’incontro con Bianchi è stato per la formazione scientifica di Culianu una vera rivoluzione, una svolta decisiva che lo ha posto per la prima volta a contatto diretto5 con nuovi argomenti e con importanti aperture internazionali, ma soprattutto con il rigore metodolo-gico e con la accuratezza filologica di cui il maestro romano era severo custode. Dall’entusiasmo al metodo.

Ricordo per esempio chiaramente lo stupore e l’ammirazione che ci prese entrambi quando Bianchi – come primo compito scientifico – ci affidò, nel novembre del 1973, un pacco di fogli ciclostilati contenenti un lunghissimo elenco di titoli bibliogra-fici sullo gnosticismo, evidentemente frutto dei lavori prepara-tori al Colloquio del 1966, con l’incarico di verificare la presenza di tali lavori nella Biblioteca della Cattolica ed eventualmente richiedere l’acquisto di quelli mancanti. Entrambi conoscevamo qualche cosa dello gnosticismo. Io avevo visto a Padova, nella Biblioteca dell’allora Istituto di Filologia greca, un grosso (e imma-gino oggi prezioso) fascicolo contenente gli handouts delle rela-zioni presentate al Colloquio, dono di Carlo Diano, già Direttore

3 Nonostante egli confessi, riferendosi al trasferimento a Bucarest, nel 1967, per frequentare l’Università, che gli fu sempre difficile adattarsi ai trasferimenti che lo portarono ad abitare in varie parti del mondo (in uno scritto “politico” pubblicato negli Stati Uniti: Păcatul împotriva Spiritului, in «Agora», I [1987], ripubblicato in Păcatul împotriva Spiritului. Scrieri politice, Bucureşti, Editura Polirom, 1999, 20052, pp. 172 seq.).

4 G. ROMANATO, Ricordo di Ioan Petru Culianu (1950-1991), in «Annuario dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia», II (2000), pp. 447-452, in partic. p. 452.

5 Sono infatti soltanto epistolari i primi contatti di Culianu con Eliade, che risalgono (con l’invio di alcune delle prime pubblicazioni realizzate in Romania) al 1971: T. CULIANU-PETRESCU, O biografie, in «Observator Cultural», LXXXVII (23 Octombrie 2001).

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dell’Istituto e Preside di Facoltà, che aveva partecipato al Collo-quio come uditore, fascicolo che conteneva anche alcuni dei testi non comparsi, infine, nella pubblicazione a stampa, e Giovanni già all’epoca mostrava di conoscere quasi tutto. Eppure fummo entrambi ammirati e sgomenti di fronte all’enorme quantità di lavoro e di conoscenze che quei fogli ruvidi e già un po’ ingialliti ci rivelavano e che a noi evidentemente erano ancora sconosciuti. Ma già in quelle prime settimane dell’anno accademico 1973/1974 Bianchi ci andava lentamente rivelando, nelle sue lezioni in Cat-tolica, i segreti dello gnosticismo, suscitando curiosità e ammira-zione sempre crescenti e seminando stimoli che hanno prodotto evidentemente – e non soltanto in Culianu – frutti fecondi. Scrive Giovanni nella Prefazione ai Miti dei dualismi occidentali (datata Wassenaar, 11 novembre 1986, cito dalla traduzione italiana, p. 11): «nel novembre del 1973, quando abbandonai gli studi indiani […] per avventurarmi tra le nebbie caliginose ma affascinanti dello gnosticismo». L’anno successivo, 1974/1975, il Corso in Cattolica trattò del dionisismo e poi ancora, nell’anno accademico 1975/1976, della “colpa antecedente”.

Le testimonianze scritte sull’incontro tra Culianu e Bianchi sono numerose. Alcuni tra i biografi di Culianu, per esempio, segnalano l’importanza di questo incontro, assumendo che fino a quel momento il giovane romeno era ancora nel suo campo di studi piuttosto un “dilettante” e che il modo di intendere la ricerca scientifica era a quel tempo ancora differente in Occidente rispetto alla Romania.6

Anche Gianpaolo Romanato, uno tra i migliori amici di Culianu nei suoi anni milanesi e certamente quello che maggiormente ha scritto su di lui,7 afferma, per parte sua: «Il suo insegnamento [di

6 G. CASADIO, Ioan Petru Culianu, ovvero la Storia delle religioni come vita e come arte, in «Archaeus», VI (2002), pp. 313-324; E. ZOLLA, Ioan Petru Culianu, 1950-1991, Alpignano, Alberto Tallone Editore, 1994; Ted Anton (Eros, Magic and the Murder of Professor Culianu, Evanstone, Northwestern University Press, 1996, p. 80) afferma: «Under Bianchi he learned the methods and skills of professional historian of religion in the West».

7 G. ROMANATO, Ioan Petru Culianu in Italia e in Olanda. Lettere, ricordi, impressioni, in «Studia Patavina», L (2003), pp. 185-197; ID., Culianu: ricordo di un amico, in Ascension et hypostases initiatiques de l’âme. I. Mystique et eschatologie à travers les traditions religieuses. Actes du Colloque international d’histoire des religions “Psychanodia” (Paris, Inalco, 7-10 septembre 1993), edd. A.A. Shishmanian, D. Shishmanian, Paris, Les Amis de I.P. Couliano, 2006, pp. 9-15 e 525-551;

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Bianchi] aveva molto giovato a Culianu, soprattutto sotto il pro-filo della disciplina intellettuale e del metodo filologico»8 e altrove ricorda «la presenza di un maestro come Ugo Bianchi, professore alla Cattolica di Storia delle religioni, che seppe dar forma e di-sciplina alla sua vocazione per le tradizioni religiose».9 Sottoli-neando, dunque, soprattutto la forma e la disciplina della ricerca scientifica e il metodo filologico.

Numerose e significative sono infine le attestazioni esplicite di stima e di riconoscenza espresse direttamente da Culianu nei confronti di Bianchi. Accanto ai consueti e un po’ convenzionali ringraziamenti espressi in apertura di quasi tutti gli scritti del primo periodo, spiccano soprattutto alcune espressioni che espri-mono appunto il riconoscimento dell’azione di guida metodolo-gica e di richiamo al rigore di una seria ricerca accademica.10

Nel suo primo scritto in Italia (e in italiano) – se si esclude una breve presentazione di un poeta romeno e una recensione all’edi-zione francese del volume sulle religioni australiane di Eliade11 –, la Nota su La Vergine delle rocce di Leonardo, comparso nel fasci-colo 49, del 1975, della rivista dell’Università Cattolica «Aevum» (alle pagine 389-393, riprodotto poi in Iter in silvis, alle pagine 141-

ID., Ioan Petru Culianu. L’esperienza dell’esilio in Italia, Relazione presentata al Colloquio Italo-romeno promosso dalla Fondazione G. Cini e dall’Istituto Romeno di Venezia (Venezia, 14-16 febbraio 2002), in «Transylvanian Review», XVI (2007), pp. 52-66. Cfr anche D. DUMBRAVĂ, Patania soarecelui sau despre cum ne aducem aminte de dizidenti. Interviu cu Gianpaolo Romanato despre Ioan Petru Culianu, in Ioan Petru Culianu. Memorie si Interpretare, ed. N. Gavriluta, Iaşi, Editura T, 2002, pp. 31-43.

8 G. ROMANATO, Ricordo di un amico: Ioan Petru Culianu, in Religion, Fiction, and History. Essays in Memory of Ioan Petru Culianu, ed. S. Antohi, 2 voll., Bucureşti, Nemira, 2001, I, pp. 74-152, in partic. p. 150 (trad. rom. Amintirea unui prieten: Ioan Petru Culianu, in Ioan Petru Culianu. Omul si opera, ed. S. Antohi, Bucureşti, Polirom, 2003, pp. 101-161).

9 ROMANATO, Ricordo di Ioan Petru Culianu, p. 448.10 Vanno forse segnalati, in questo senso, i primi paragrafi de La “passione” di

Sophia nello gnosticismo in prospettiva storico-comparativa, in «Aevum», LI (1977), pp. 149-162 (= in Iter in silvis. Saggi scelti sulla gnosi e altri studi, Messina, Edizioni Dott. Antonino Sfameni, 1981, pp. 1-14), che riproduce una Relazione letta in occasione della Seduta della Società Italiana per la Storia delle Religioni (affiliata alla I.A.H.R.) a Roma il 12 giugno 1976.

11 Dan Laurenţiu, in «Fiera Letteraria», IL (1973), p. 15; IOAN P. CULIANU, in «Aevum», XLVIII (1974), pp. 592 seq., rec. Mircea Eliade, Religions australiennes, Paris, Payot, 1972. Si aggiunga Note sur opsis et theoria dans la poésie d’Eminescu, in «Acta Philologica», VI (1974), pp. 2-7, la cui copia dell’estratto in mio possesso è datata a mano da Culianu stesso “settembre 1973”.

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145), Culianu afferma che U. Bianchi «mi stimolò ad una maggiore rigorosità scientifica».

Nella breve nota senza titolo premessa al suo Gnosticismo e pen-siero moderno: Hans Jonas, del 1985, nota datata Groninga, 19 luglio 1982, Culianu scrive (p. 9): «per aver portato a termine questa breve monografia […] sono largamente debitore al professore Ugo Bianchi, il magister milanese […]. È a lui che è spettato il compito, ingrato perché paterno, di canalizzare il mio impeto giovanile in forme compatibili col rigore accademico occidentale».

E ancora nella già citata Prefazione ai Miti dei dualismi occidentali, datata 1986: «Mi vanto di aver avuto come guru Ugo Bianchi: non ne conosco di migliori. Egli mi convertì ai dualismi d’Occidente».

Infine un significativo accenno alla guida scientifica del mae-stro compare anche nella cartolina spedita a Bianchi da Assisi il 22 luglio del 1974:12 «(a Parigi)… inizierò il lavoro sull’interessante argomento da Lei proposto – questa volta spero in maniera filolo-gico-storica rigorosa».

D’altro canto non si può negare che in momenti successivi al periodo milanese, e talora nei medesimi testi appena citati, Culianu (ormai il quarto o quinto Culianu…) abbia espresso qualche cautela e qualche presa di distanza nei confronti delle posizioni scientifiche di Bianchi, pur riconoscendone sempre l’alto ma-gistero e senza mai accennare a critiche esplicite. Del resto Giovanni Casadio13 ha ricordato la delusione e il rimpianto di Bian-chi, nel 1987, di fronte alla tesi di dottorato di Culianu sulle gnosi dualistiche (a Parigi) che poi diventò Miti dei dualismi occidentali.

Nella nota al volume su Jonas, datata 1982, Culianu (p. 9) defi-nisce Bianchi «magister milanese abbandonato ma non tradito»; poi, a proposito del «compito […] di canalizzare il mio impeto giovanile in forme compatibili col rigore accademico occiden-tale», riconosce che tale «trapasso […] sembrava imperfettamente riuscito», anche se infine afferma che esso «si è dimostrato, a più lungo andare, abbastanza conforme alle attese» e infine, dopo aver ricordato «un maestro in grado di offrire ai discepoli il lusso del dibattito e del dissenso» e «il sapore unico di quelle lunghe discussioni in cui si confrontano punti di vista e si cercano solu-

12 D. DUMBRAVĂ, The Unpublished Correspondence between Ugo Bianchi and Ioan Petru Culianu, in «Archaeus», XIV (2010), pp. 93-120, in partic. p. 100 (si tratta del testo II).

13 CASADIO, Ioan Petru Culianu, in partic. pp. 314 seq.

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zioni», conclude, forse con una punta di rimpianto: «Confesso che non era proprio questa la posizione del professore Ugo Bianchi, e forse non era neanche mia, se non per il desiderio di alimentare un dialogo sempre denso e, per me, quasi di importanza vitale».

E ancora nella Prefazione ai Miti dei dualismi occidentali, datata 1986 (p. 11): «Egli mi convertì ai dualismi d’Occidente, ma ottenne da me soltanto un’adesione parziale alle sue opinioni, una conver-sione a metà che talvolta diventava contrasto, nel corso di lun-ghe e appassionanti conversazioni con lui».

Ricordiamo infine quanto Culianu avrebbe affermato, riferen-dosi al suo primo maestro, nell’intervista rilasciata a Emanuela Guano, ad Arezzo, nella primavera del 1990, come riportato da Daniela Dumbravă:14 «Una persona che ho imparato a stimare e ad apprezzare, anche se ho avuto l’impressione che qualche volta in questo non ci sia stata reciprocità».

Il riconoscimento, da parte di Culianu, del ruolo di Bianchi nella formazione della sua personalità di studioso scientifica-mente attrezzato, si può apprezzare con chiarezza – come già si diceva – nella già citata Nota su La Vergine delle rocce di Leonardo, pubblicata nel 1975, su cui concentro ora la mia attenzione. Nell’a-sterisco apposto al titolo, dopo vari ringraziamenti (tra cui quello rivolto a Bianchi, «il quale mi stimolò ad una maggiore rigorosità scientifica»), il giovane studioso romeno scrive: «Le pagine che seguono sono lo sviluppo di una delle note finali del mio lavoro di laurea sul Platonismo nella scuola ficiniana». Si tratta, dunque, di una importante testimonianza del momento che si potrebbe definire “di cerniera” tra la fase romena e quella milanese. Sempre in questo asterisco Culianu avverte che le note che comparivano nella sua tesi del 1972 «andavano intese […] entro i presupposti metodologici dell’intero lavoro […] Uno di questi presupposti era quello di “archetipo”, nel senso che Eliade dà a tale termine e non nel senso junghiano». Questa precisazione e questa cauta presa di distanza è con tutta verosimiglianza il risultato del confronto con Bianchi sulla figura scientifica di Eliade, confronto che già alla metà del 1974 prendeva corpo intorno al manoscritto inviato

14 D. DUMBRAVĂ, Marturia ultimei “secvente imprevizibile”, in «Revista 22», XV (2006) (862: 15-21 septembrie 2006): «o persoana pe care am invatat sa o stimez si sa o apreciez, chiar daca am senzatia ca uneori nu a fost si reciproc».

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in lettura dall’allievo al suo maestro.15 Difficile dire se tale testo sia davvero, come pensa la Dumbravă,16 una delle prime copie del manoscritto del libro su Eliade, pubblicato nel 1978, oppure la prima versione del saggio (datato Assisi, luglio-agosto 1974), pub-blicato nei Cahiers de L’Herne sempre del 1978.

La Nota in questione prende esplicitamente le mosse da alcune osservazioni contenute in due studi, importanti ma assai gene-rali, degli anni Cinquanta,17 e continua indicando come fonti della scena (che, come è noto, mostra la presentazione di Gio-vanni Battista, il bambinetto sulla sinistra, al figlio Gesù) i testi di alcuni Vangeli apocrifi e in particolare segnalando, per la collo-cazione della scena leonardesca in una grotta, riferimenti nume-rosissimi e vari al platonismo, all’ermetismo e al mitraismo. Ma, essendo Leonardo «omo sanza lettere» – precisa Culianu –, non si tratterebbe di citazioni coscienti, da uomo colto, ma di semplici riecheggiamenti dell’ideologia, della moda del tempo (Culianu, Nota, p. 390), di «rinvii ad antiche forme di immaginazione […] all’inesauribile fonte archetipale che meglio viene espressa in linguaggio mitologico ed artistico che non in concetti chiari e di-stinti» (Culianu, p. 393).

Questo imbarazzante modo di affastellare paralleli soltanto formali, senza alcuno sforzo di ricercare e documentare sicuri tramiti e accertabili derivazioni storiche, e facendo al contrario riferimento a problematiche immagini archetipiche, in qualche modo universali ed eterne, viene chiaramente colto – con evidente disagio – dall’estensore anonimo della brevissima nota esplicativa che accompagna la segnalazione bibliografica della Nota nell’An-née Philologique: «Le tableau de Léonard de Vinci présente des particularités relevant de formes d’imagination platonicienne, orphique, pythagoricienne et mithriaque. Il est vraisemblable que le peintre ne reprenait pas ces motifs en homme conscient et cultivé, mais comme un créateur qui puise à la source des arché-types». Come esempio di questo modo di procedere, citiamo

15 Come risulta dalla lettera di Culianu a Bianchi del 17 luglio 1974: DUMBRAVĂ, The unpublished Correspondence, p. 100 (si tratta della lettera I).

16 DUMBRAVĂ, The unpublished Correspondence, p. 110, nt. 1.17 A. CHASTEL, Art et humanisme à Florence au temps de Laurent le Magnifique.

Études sur la Renaissance et l’Humanisme platonicien, Paris, Presses Universitaires de France, 1959 (trad. it. Torino, Einaudi, 1964); F. BÉRENCE, La Renaissance italienne, Paris, La Colombe, 1954.

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soltanto la nota 4: «La teoria (del) Trauma der Geburt non appar-tiene a Otto Rank se non nel suo sviluppo moderno. Il primo ad accennarvi era stato Simone il Mago».

Naturalmente non si vogliono negare i ben noti rapporti di Leonardo con l’Accademia Neoplatonica di Firenze, raccolta intorno a Marsilio Ficino, ma ci pare necessario mantenere deci-samente le distanze da quella corrente di studi che, prendendo spunto dalla singolare personalità di Leonardo, dall’incredibile poliedricità dei suoi interessi, dall’alone di mistero che circonda la sua criptica scrittura, ha nel tempo, prima e soprattutto dopo Dan Brown, costruito la leggenda del Leonardo “esoterico”, dei “misteri” celati nei suoi dipinti, del dispensatore di crittografie e di imma-gini subliminali. Né si vuole sottovalutare il piccolo mistero della mancata accettazione della tavola (nel 1493) da parte della com-mittenza, la Confraternita dell’Immacolata Concezione, che aveva richiesto l’opera per la nuova cappella della chiesa di San Fran-cesco Grande, a Porta Vercellina. Più che a obiezioni nei confronti di segrete simbologie pagane, nascoste da Leonardo tra le pennel-late sapienti del suo dipinto, mi pare che almeno una parte della critica pensi piuttosto al più verosimile influsso su di lui di certe particolari teorie teologiche diffuse in quegli anni a Milano.18

E per concludere vorrei ricordare alcuni minuscoli indizi che possono forse rivelare come Culianu avesse evidentemente co-scienza dei limiti scientifici di questo scritto e cercasse in qualche modo di difendersi in anticipo da eventuali critiche. Nell’asterisco apposto al titolo viene nominata anche, come argomento della sua tesi romena, La Madonna nel Sole di Pisanello, in cui sarebbe «indi-viduabile un motivo iranico presente anche nel manicheismo». Ma nella riproduzione fotomeccanica della Nota comparsa nel 1981 in Iter in silvis il titolo attribuito da Culianu a questo dipinto scompare, apparentemente in seguito a una frettolosa rasura. L’opera a cui si fa riferimento dovrebbe essere, invece, Madonna col Bambino, Sant’Antonio Abate e San Giorgio e ancora va segnalato che nel volumetto in questione la Nota è stata collocata verso la fine, al terz’ultimo posto, precedendo soltanto uno scritto su Emi-nescu e uno su Bulgakov.

18 Per esempio quelle del francescano Amadeo Mendez da Sylva, fonda-tore a Milano in quegli anni della Confraternita degli Amadeiti e autore di una discussa Apocalypsis Nova: cfr F. BONTEMPI, Leonardo da Vinci e la tradizione ebraica, Welland, Soleil, 1998.

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Segnalo infine che ancora nell’asterisco Culianu, dopo avermi ringraziato per i suggerimenti e le correzioni, afferma: «D. Cosi osservò che la bibliografia è lontano dall’essere completa». Accettando ora di buon grado la precoce critica alla mia cattiva fama di pignolissimo censore delle bibliografie altrui, osservo che sulle ventotto note dell’articolo in questione due (la 13 e la 28) sono notevolmente più lunghe delle altre, poiché ammassano con poco ordine riferimenti bibliografici di vario genere al tema del sim-bolismo religioso della caverna e che sull’estratto di questa Nota che Culianu mi ha a suo tempo donato (datandolo con raffinatezza Mediolani Kal. Sept. MCMLXXV) la dedica suona: «[…] chiedo venia per questo tipo di ricerca di cui non mi occuperò (mai) più».

Abstracts

Negli anni trascorsi a Milano, tra il 1973 e il 1976, si realizzò per Ioan Petru Culianu il fecondo incontro con il suo primo vero maestro nel campo della Storia delle religioni, Ugo Bianchi. La scoperta di nuovi temi di studio e soprattutto il richiamo costante a una rigorosa accuratezza metodologica condussero il giovane esule romeno a una più cosciente maturità scientifica, come dimostrano le testimonianze dei biografi di Culianu e alcune tra le sue stesse dichiarazioni. Il suo primo scritto in Italia (e in italiano), la Nota su La Vergine delle rocce di Leonardo, del 1975, che sviluppa una parte della sua tesi di laurea condotta in Romania, rappre-senta, con i suoi pregi e insieme con le sue ingenuità, la testimonianza del passaggio «dall’entusiasmo al metodo».

During the years Ioan Petru Culianu spent in Milan, 1973 to 1976, the fruitful encounter with his first real teacher in the field of the History of Religions, Ugo Bianchi, took place. The discovery of new subjects of study and, above all, the demand for rigorous methodological accuracy led the young exile from Romania to a more conscious scientific maturity, as shown by Culianu’s biographers as well as some of his own statements. His first text written in Italy (and in Italian), Nota su La Vergine delle rocce di Leonardo (1975), elaborates on a part of his Romanian doctoral thesis and demonstrates, with all its merits and naivety, the transition ‘from enthusi-asm to method’.

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