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    Arte delle citt,arte delle corti traxii e xiv secolo

    di Enrico Castelnuovo

    Storia dellarte Einaudi 1

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    Edizione di riferimento:in Storia dellarte italiana, II. Dal Medioevo al Nove-

    cento, 5. Dal Medioevo al Quattrocento, a cura diFederico Zeri, Einaudi, Torino 1983

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    Indice

    Storia dellarte Einaudi 3

    1. Opus francigenum 4

    2. Rappresentare ci che esiste come 22

    3. Per man di quei che me intagliasse in petra 294. Turiboli a forma di edifici e edifici a forma

    di turiboli: arti suntuarie e microtecniche 41

    5. Dilettare gli occhi degli ignoranti ocompiere allo ntelletto de Savi:la pittura agli inizi del Trecento 47

    6. LItalia fuori dItalia 65

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    1. Opus francigenum.

    Nel corso del Duecento, e gi a partire dagli ultimidecenni del xii secolo, avvenimenti nuovi e diversi modi-ficarono laspetto del paesaggio artistico in Italia.

    La coscienza che in questo periodo si fosse verifica-to qualcosa di molto importante presente in GiorgioVasari il quale, non senza qualche contraddizione, fa ini-ziare di qui la prima epoca delle sue Vite; vero che,

    come specifica, anteriormente aveva taciuto i nomi degliartisti perch non li conosceva. in questo momentoche egli situa una scansione determinante, quel celebre1250 in cui

    il cielo a piet mossosi dei begli ingegni che l terren tosca-no produceva ogni giorno, li ridusse alla forma primiera1.

    risaputo come Vasari non avesse gran stima per laproduzione artistica medievale, e che tuttavia ne apprez-zasse, per certi caratteri maggiormente classicheggianti,un certo numero di monumenti, tra cui il fiorentinoSantJacopo che aveva ispirato il Brunelleschi, SanMiniato al Monte, la Cattedrale di Pisa, quella di Luccae poche altre cose. Ora proprio quando gli par di intra-vedere linizio di una nuova vicenda e labbandono inscultura e pittura di modi per lui goffi e mostruosi, che

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    si sviluppa quel genere di architettura trovata daiGoti2 che sar oggetto delle sue pi violente polemiche:

    ... maledizione di tabernacolini lun sopra laltro con tantepiramidi e punte e foglie... risalti, rotture, mensoline eviticci... [che] spesso con mettere cosa sopra cosa, andava-no in tanta altezza, che la fine di una porta toccava loro iltetto3.

    Sappiamo che la sua condanna della nuova architet-tura non fu incondizionata n priva di contraddizioni,che lod il disegno di Orsanmichele:

    ... come si pu vedere in Fiorenza nel ripieno de due archiche fanno le porte principali delloratorio di Orsanmiche-le, i quali sono veramente cose mirabili e con molta dili-genza lavorate4,

    un culmine di quella maniera tedesca5 che altrove

    aveva mostrato di tanto disprezzare, che lui stesso dise-gn, secondo quei modi che aveva grandemente vitupe-rato, una cornicina che nel suo libro doveva accompa-gnare un disegno attribuito a Cimabue6. Resta il fattoche allinterno di un dato periodo Vasari critic i pro-dotti di certe tecniche e lod quelli di altre, di quellecio che diedero:

    ... speranza a coloro che prima facevano larte con stentograndissimo, che tosto doveva venire chi le porgerebbe conpi facilit migliore aiuto7.

    I giudizi di Vasari sullarte italiana del Duecento cifanno conoscere quale grande diversit egli avvertissenella situazione e nello sviluppo delle singole tecniche,un fatto tanto pi significativo in quanto rispondeva auna situazione reale, fortemente differenziata; daltra

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    parte, nel modo in cui egli giudicava i prodotti delle tec-niche medievali cera unopzione di fondo addirittura

    determinante. Lottica del Vasari aveva infatti formatoe tarato i suoi parametri e i suoi strumenti in una situa-zione in cui larte italiana era egemone in Europa, e cicomport una coscienza della sua superiorit spintaanche nel passato e un certo disprezzo per gli aspetti for-mali di altre espressioni artistiche considerate comeestranee alla tradizione italiana. Questo atteggiamento,di cui un celebre esempio nella Vita del Pontormo, siproietta allindietro, s che il Vasari immagina per cosdire un italocentrismo, o meglio una centralit dellaToscana gi per il periodo in cui le sue Vite hanno ini-zio, vale a dire per la met del Duecento. Ci che glisembra poter entrare nello stabilirsi di una certa tradi-zione accettato ed esaltato, il resto respinto.

    Il xiii secolo vedr diffondersi in gran parte dEuro-pa, e giungere a dominare incontrastato, un nuovo mododi costruire, quello che noi chiamiamo gotico e che un

    contemporaneo segnalava come opus francigenum8.Non veniva utilizzato allora un concetto quale quello distile9, di cui siamo oggi abituati a servirci e che invo-chiamo in qualsivoglia occasione, ma a leggere gli inven-tari del tempo ci imbattiamo frequentemente nel ter-mine opus, accompagnato da un aggettivo che ne spe-cifica la localizzazione: lemovicense, anglicanum, roma-num, theutonicum, veneticum, cyprense. Si venivano ad

    indicare in questo modo i prodotti di una certa tecnicaoriginaria di luoghi particolari o in essi attivamente pra-ticata. Cos il nome di Limoges opus lemovicense eraper eccellenza legato agli smalti, mentre quello di Arras opus atrebatense sar pi tardi legato alle tappezze-rie, quelle che ancora oggi noi chiamiamo arazzi, o quel-lo di Lucca alle preziose stoffe qui prodotte come ildiasprum lucanum. Questo strumento classificatorio,adoperato anche per indicare particolari tipi di scrittu-

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    ra, per esempio la littera bononiensis, era particolar-mente utilizzato per i ricami che segno dellimportanza

    e del prestigio grandissimo di questi prodotti eranodistinti in moltissimi tipi a seconda delle materie e delletecniche utilizzate; tra questi il termine pi spesso ricor-rente negli inventari quello di opus anglicanum,che indicava gli ammirevoli ricami inglesi i cui prodot-ti, largamente diffusi in Europa, tanto contribuirono allaconoscenza e alla divulgazione del disegno gotico, par-ticolarmente negli ultimi decenni del Duecento. Unapreziosissima cappa ricamata in opus anglicanum fuinviata da Niccol IV alla Cattedrale di Ascoli Piceno,sua citt natale, nel luglio del 1288, altre appartenneroal domenicano Benedetto XI, papa dal 1303 al 1304 (eduno di questi probabilmente il piviale di San Dome-nico a Bologna oggi nei civici musei della citt)10 unaltro ad Anagni, un altro ai Musei Vaticani, un altroa Pienza. La variet e la ricchezza degli indumenti litur-gici cos ricamati, conservati fuori dellInghilterra, prova

    la loro straordinaria diffusione; le loro date si scalanonegli ultimi decenni del Duecento.Ora, se il termine di opus anglicanum designava

    negli inventari un certo tipo di ricamo fatto in Inghil-terra, che partecip alla evoluzione stilistica della pitturainglese, passando dai modi di Mathew Paris a quelli deisedilia di Westminster, o dello splendido altare dellastessa chiesa, mostrando rapporti con opere variamente

    datate e situate in momenti differenti, quello di opusfrancigenum utilizzato da un cronista tedesco,Burkhard di Hall, per parlare di un edificio. Egli lo usainfatti a proposito della nuova costruzione, iniziata nel1269 e diretta da un peritissimus in architectoria artelatomus qui tunc noviter de villa parisiensi e partibusvenerat Francie, del coro della chiesa di Wimpfen imTal nel Baden. probabile che con questo termineBurkhard volesse alludere a certi particolari tecnici e di

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    esecuzione che potevano essergli stati spiegati, dimo-strati, messi in evidenza dallarchitetto parigino, che

    egli volesse in questo modo indicare certi elementi tipi-ci, addirittura certi trucs datelier identificabili nellacostruzione, il modo di tagliar le pietre per esempio, chelo spingevano a classificare lopera come opus franci-genum, cos come la presenza di certi dati tecnici, diun certo tipo di lavorazione, facevano parlare, a propo-sito delle finestre e dei pilastri dello stesso edificio dimaniera inglese. Ma anche se sarebbe illegittimo e anti-storico tradurre opus francigenum con stile gotico,doveva essere sviluppata la coscienza che un certo mododi costruire avesse unorigine e che questa fosse da rico-noscere in Francia, e pi precisamente nella regioneparigina, nellle-de-France.

    E tuttavia, che si distinguesse un modo di costruireda un altro, che si distinguesse una costruzione piantica da una pi recente e diversamente eseguita, unamaniera romana da una locale11 e che si chiamasse

    francigenum quel modo che pi tardi e in altro luogosi chiamer tedesco e quindi gotico non significache allora si riconoscesse lesistenza di una sorta diunit di fondo che veniva ad accomunare i prodottidelle diverse tecniche. questo un modo di classifica-re che si svilupper pi tardi fino a divenire, con Riegle con Wlfflin, una vera e propria categoria che finia-mo tacitamente per utilizzare anche quando non ne

    riteniamo soddisfacente la formulazione, il che fa sche si accetti come cosa ovvia lesistenza di una archi-tettura, di una scultura e di una pittura gotiche. Inrealt le cose si rivelano assai pi complesse e tutti i ten-tativi di riduzione ad unit mostrano la loro insuffi-cienza a caratterizzare determinate situazioni. Non solopossono esistere e sono esistite diversit e disparitcronologiche per quanto riguarda il percorso delle varietecniche ad unepoca data, per esempio per quanto

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    attiene ai tempi dellinnovazione, non solo poteva avve-nire che per le singole tecniche ci si rifacesse a model-

    li assai diversi, ma anche quando tutto sembra proce-dere sincronicamente assai difficile e artificioso iden-tificare o piuttosto inventare dei minimi comuni deno-minatori egualmente presenti nei prodotti delle varietecniche e identificabili particolarmente dal punto divista formale. Se si definisce larchitettura gotica inbase al modo della distribuzione delle forze, allusodella volta a crociera con costoloni, dellarco acuto, delsistema di contrafforti e archi rampanti, allo svuota-mento delle pareti, alla concentrazione dei pesi sudeterminati elementi, sar impossibile applicare questicriteri a una scultura o a una pittura, anche se una ten-denza allallungarsi delle figure potr prestarsi al para-gone con il verticalismo dellarchitettura gotica. Si pos-sono utilizzare strumenti assai pi sofisticati, come hafatto per esempio Erwin Panofsky in Gothic Architec-ture and Scholasticism12 ravvisando alla base dei vari

    modi di operare in un determinato momento una comu-ne maniera di organizzare le forme che marca sia lastruttura data dal filosofo alla propria argomentazione,sia i modi secondo i quali larchitetto o lo scultore strut-turano la loro materia e ne distribuiscono gli elementi.Potremmo dire per esempio che lAlbero di Jesse raffi-gurato da Benedetto Antelami sullo stipite di un por-tale del Battistero di Parma altrimenti ordinato e

    strutturato nella sua composizione che il tralcio abita-to scolpito un secolo prima da Wiligelmo attorno al por-tale della Cattedrale di Modena, e che la scultura del-lAntelami partecipa di quel nuovo senso dellordineche marca la filosofia scolastica e la produzione artisti-ca gotica. E tuttavia le difficolt che incontriamo avoler ridurre ogni opera a quella matrice comune chechiamiamo stile continuano ad accumularsi. Tentiamo,di fronte ad esse, di trovare delle soluzioni empiriche,

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    ma queste non arrivano a soddisfarci, tanto che LouisGrodecki lamentava questa situazione scrivendo:

    Tutto si svolge come se le questioni delle definizionigenerali stilistiche avessero perduto per noi ogni ragione diattrazione dopo il grande sforzo che in questa direzionehanno fornito gli storici dellarte del primo terzo del nostrosecolo. La scultura gotica non forse quella che corrispon-de allo sviluppo dellarchitettura gotica dellle-de-Francedalla met del xii secolo al Rinascimento del Quattro o delCinquecento?... Questa determinazione cronologica nondovrebbe bastarci?13.

    ed stato proprio Louis Grodecki a porsi recentemen-te il problema di come definire, rispetto per esempio altrattamento dello spazio, la scultura romanica da quel-la gotica, o a interrogarsi sulle origini della pittura goti-ca14. Ora un carattere unificante di ci che chiamiamolo stile gotico dato dal metodo progettuale, dal dise-

    gno. In un periodo in cui gli architetti, capomaestri deigrandi cantieri delle cattedrali, proponevano attraversoil disegno soluzioni e indicazioni agli scultori e ai mae-stri vetrarii15, in cui uno scultore, un orafo, un pittorepotevano essere chiamati ad assumere le responsabilitdi capomaestro (Giovanni Pisano, Giotto, Tino diCamaino, Andrea Pisano, Lando di Pietro, eccetera), ilproblema dellelaborazione di un repertorio comune di

    forme va visto nellottica che deriva da questa partico-lare situazione. essenziale daltra parte che si tenti di restituire la

    coscienza che i contemporanei avevano del distacco esi-stente tra due modi di costruire, di scolpire, di dipin-gere, e che si legga questo problema allinterno dellaquerelle antiqui/moderni che comincia a manifestar-si nel xii secolo e che fa irruzione un po dappertuttonel xiii secolo16. Occorrer a questo scopo interrogarsi

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    sul significato che ai due termini poteva essere attri-buito da artisti che si dichiarano prestantior in arte

    modernis come Guglielmo scultore nel 1162 del pul-pito della Cattedrale di Pisa o come quel doctor Sol-sternus hac summus in arte modernus che progett(1207) il mosaico con la Deesis sulla facciata del Duomodi Spoleto. In questo contesto occorrer anche consi-derare lintroduzione del moderno gesto della preghie-ra, studiato da Gerhard Ladner17 perch sono tutti ele-menti che rivelano la consapevolezza di una frattura chesi andava delineando e che dovranno essere esplorati emessi in relazione prima che si possa affrontare in gene-rale il problema del mutamento stilistico e della coscien-za che tra il xii e il xiii secolo i contemporanei ne ave-vano in Italia.

    E tuttavia poich gotico il termine che gli stori-ci dellarte usano non solo in presenza di un certo siste-ma architettonico, ma anche di un certo modo di strut-turare e di definire le forme, di un certo tipo di pan-

    neggio, di una maniera di trattare la linea, di raffigura-re i volti, gli atteggiamenti, le figure, di fronte a un certonaturalismo che si manifesta nella creazione di formulenuove, pi ricche di informazioni sullapparenza di unramo, di una foglia, di un animale, di quanto non fos-sero le radicali, talora visionarie, stilizzazioni dellepo-ca precedente, sar opportuno usarlo, a condizione dirispettarne il carattere convenzionale, anche se si ven-

    gono cos ad accomunare fenomeni diversi tra cui forsei contemporanei non avvertivano alcuna parentela. Lac-cettare questo termine non significa che si diano perrisolti i problemi di classificazione che restano sempreaperti, come mostra la creazione di nuovi stili di cui siha un esempio nel recente tentativo di battezzare comestile 1200 quella tendenza artistica caratterizzata dauna forte accentuazione classicistica che si manifesta-ta in certe aree dellEuropa settentrionale tra la fine del

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    xii e gli inizi del xiii secolo18. Laver avuto bisogno diintrodurre un nuovo strumento classificatorio indica in

    modo molto chiaro come quelli utilizzati in precedenzasiano sembrati a un dato momento inadeguati a carat-terizzare certi fenomeni che non sembravano pi ricon-ducibili alle definizioni tradizionali del romanico e delgotico e conferma il carattere transeunte, legato a deter-minate situazioni culturali, che ha il sistema degli stili.

    Ci appare evidente anche quando si osservi come,per presentare una certa immagine dello svolgimentodellarte italiana, si abbia spesso la tendenza a metterein opposizione gotico a bizantino, rischiando difraintendere molte situazioni. Quel gran testo che ilGiudizio sul Duecento di Roberto Longhi19 alloriginedi certe forzature, anche se stato proprio esso a per-mettere di guardare con occhi nuovi alla pittura toscanadi questo secolo, e se, con il proporre nuove griglie diselezione e nuove interpretazioni, ha gettato luce su unpaesaggio in cui qualcuno pensava che tutte le vacche fos-

    sero nere. Laver chiarito con forza certe fratturemostrando i danni che potevano derivare da unimmagi-ne non problematica della continuit evolutiva per cui,per esempio, i pittori toscani anteriori a Giotto, i cosid-detti pre-giotteschi, partecipavano dufficio al fenomenodel rinnovamento giottesco ha permesso di ritracciarele mappe della storia artistica italiana; e tuttavia sarbene, a tanti anni dalla sua pubblicazione, non conti-

    nuare a usarlo come unica chiave di lettura e utilizzareogni luce per vedere pi chiaro in questa vicenda.Gli elementi gotici entrarono infatti in modi diversi

    in Italia; talora furono profondamente intrecciati a quel-li bizantini, come nel caso dei dipinti murali frammen-tari attribuiti al Maestro di San Francesco, nella Basi-lica Inferiore di San Francesco ad Assisi o come in tanticasi romani, bolognesi, meridionali attorno alla cortesveva, siciliani, e tutto questo domanda di essere rilet-

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    to in unottica globale. Se spesso ci troviamo di frontea fenomeni che ci sembrano ibridi, ci dovuto al tipo

    di ricezione, totale, parziale, sporadica, degli elementidi un nuovo repertorio figurativo. Comprenderemomeglio certi fatti se li interpreteremo come tentativi ditrasformazione di un sistema condotti con i dati dispo-nibili. Ernst Gombrich ha ricordato come chi imparauna lingua straniera cominci innanzitutto a servirsi delpatrimonio fonico che ha a disposizione per riprodurrequei suoni che non esistono nella propria lingua, ma cheesistono in quella che sta apprendendo. Possiamo inter-pretare, seguendo questo schema, il cosiddetto Zacken-stil tedesco del Duecento, lo stile a zig-zag dai panneggibruscamente spezzati, come una forma di adattamento,o meglio di risposta, al gotico francese, tentata utiliz-zando quelle formule e quegli schemi che gli artisti sas-soni erano abituati ad impiegare20. Certi episodi dellapittura italiana del Duecento, senza avere la coerenzadello Zackenstil, dipendono da cause analoghe, dal-

    ladattamento e dalla ricezione parziale di modelli delgotico francese, condotti utilizzando il repertorio for-male a disposizione. Cos avvertiamo gli echi dellaminiatura luigiana trasformati, modificati, adattati, incerte miniature senesi, come il Trattato della Creazionedel Mondo della Biblioteca Comunale di Siena, in certitratti del Maestro di San Martino, in certe scelte cro-matiche dei mosaicisti romani dove squilla lalta gamma

    di rossi e di blu del gotico francese

    21

    .In realt non si tratter tanto di puntare sulle oppo-sizioni, quanto di aver sempre presente il problema dellemotivazioni che hanno spinto artisti, committenti e pub-blici in Italia ad accettare elementi nordici e di quelleche invece li spingevano a ricevere elementi bizantini22.Molte le ragioni che spingevano a guardare verso Orien-te, e dietro ad esse era una lunga storia, una lunghissi-ma tradizione. A Venezia e nella Sicilia normanna lar-

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    te era orientata verso Costantinopoli, e limpatto dellapittura di icone bizantina era stato determinante sullo

    sviluppo della pittura italiana su tavola del Duecento23

    .Consueto il fatto che dallItalia partissero commissioniverso gli ateliers bizantini, che si trattasse delle porte dibronzo che sin dal 1060 i Pantaleoni e altri magnati del-lItalia meridionale avevano ordinato, della Pala dOrodi San Marco, la cui lunga storia si inizia gi alla finedellxi secolo, di icone, come quella donata nel 1185 daFederico Barbarossa alla Cattedrale di Spoleto, o anco-ra di manoscritti. Erano poi accaduti fatti, come il saccodi Costantinopoli del 1204, che avevano avuto comeconseguenza lo spostamento in Occidente di un certonumero di opere orientali (anche se in misura minore diquanto spesso non si pensi). E quando constatiamo chesolo quattro anni separano il sacco di Costantinopolidalla consacrazione dellabbazia cistercense di Fossano-va, nel Lazio meridionale, dove sono evidenti gli ele-menti borgognoni, ci rendiamo conto che le due cor-

    renti, quella nordico-gotica e quella bizantina, si fannopi pressanti proprio allinizio del Duecento.Fu larchitettura la prima tecnica gotica a discen-

    dere e a espandersi in Italia, pur incontrando delle resi-stenze pi tenaci che altrove. In realt lItalia setten-trionale era stata assai precocemente luogo di esperi-menti condotti su un tipico elemento costruttivo del-larchitettura gotica: la volta a crociera su costoloni.

    Arthur Kingsley Porter, un grandissimo storico dellar-te medievale che ha esplorato le vie dellarchitettura edella scultura europea negli anni dopo il Mille, ha addi-rittura visto nella Lombardia uno dei punti focali dellasperimentazione delle nuove formule architettoniche24

    dallatrio di San Nazzaro Sesia a SantAmbrogio di Mila-no, dalla Cattedrale di Novara alla chiesa di Casalvolo-ne. Le date assai precoci indicate dal Kingsley Portersono state modificate da altri studiosi e oggi si pensa che

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    le pi antiche volte costolonate lombarde non siano ante-riori al 1080 circa. Certo che in Piemonte, in Lom-

    bardia, in Emilia si svolge un fenomeno in qualche modoparallelo a quello che ebbe luogo in Normandia e inInghilterra, senza tuttavia provocare quelle conseguenzee quegli stimoli che nel Nord si verificarono. In realt ilcostolone lombardo non fu lelemento dinamico di unnuovo sistema costruttivo, ma piuttosto un organo dirinforzo, qualcosa che, come stato detto, doveva pudi-camente coprire i punti di incontro delle crociere rego-larizzando lapparenza del paramento murario. Tuttoquel gioco sottile di corrispondenze tra costoloni e strut-ture di supporto che faceva s che il disegno comples-so dei pilastri rispondesse al nuovo modo di scaricare ipesi delle volte su punti e strutture determinate cheaveva luogo al Nord non si manifest in Italia, dovedomina invece unarchitettura statica ove la funzionedel muro resta intatta. C da chiedersi quali elementiabbiano giocato in questa attenta conservazione della

    funzione muraria e se nella muralit italiana non abbiaavuto un ruolo la tradizione decorativa, pittorica. Inogni modo la complicata storia di dubbi, di conflitti, diadattamenti che ebbe a teatro, come ha mostrato RichardKrautheimer25, proprio le volte di molte chiese milanesidel xii secolo chiarisce come le prime esperienze non fos-sero destinate ad avere un radioso avvenire. La precocevolta a costoloni lombarda non fu dunque elemento gene-

    ratore di uno stile e anche gli elementi secondari delrepertorio decorativo gotico selezionati nellarchitetturadellItalia settentrionale, le modanature, i rosoni a dise-gno raggiante, i profili dellapice delle finestre costitui-scono elementi isolati la cui somma non poteva costitui-re un sistema, uno stile26. Le prime chiese autentica-mente gotiche del Duecento, coerenti cio nella struttu-ra architettonica e non solo nella decorazione, restanoisolate: il Battistero di Parma quasi un unicum, con

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    quella struttura nervosa ed evidente che Benedetto Ante-lami doveva avere appreso a dominare nella Francia del

    Nord; SantAndrea di Vercelli, edificato rapidamente apartire dal 1219 grazie ai cospicui lasciti del cardinaleGuala Bicchieri, che aveva guadagnato una fortuna conle missioni di cui il papa lo aveva incaricato in Inghil-terra, non ha futuro. Proprio elementi inglesi, oltrechfrancesi del Nord, si trovano qui innestati a schemi emi-liani e il caso particolarmente significativo perch rive-latore, attraverso la personalit del committente, delleragioni di una ricezione favorevole ai nuovi modi; e certolorigine, la cultura, i viaggi e le esperienze, le preferen-ze e le attese dei committenti ebbero un gran ruolo inqueste vicende. Ci sono relazioni familiari, quella peresempio che i monarchi normanni, i DHauteville, con-servavano con il paese dorigine, relazioni politico-reli-giose come quella di Ruggero II con Suger deSaint-Denis. C il passaggio ininterrotto di pellegrini cheal tempo delle crociate tendono verso la Terra Santa, c

    lassegnazione di privilegi ecclesiastici a chierici origina-ri di Francia e dInghilterra. E poi c la questione dellecongregazioni, degli ordini religiosi nuovi o riformatiche avevano le loro origini o i loro punti di forza sui ter-ritori capetingi: i cluniacensi, i canonici agostiniani, icistercensi27; tutti questi, e pi tardi i francescani e idomenicani, potranno trovare un modo di segnalare equalificare in senso moderno i propri edifici proprio

    attraverso ladozione di nuove formule architettoniche.Resta tuttavia il fatto che anche un ordine fortementecentralizzato di origine francese come quello cistercen-se, la cui culla era in Francia, non sfugg nelle sue costru-zioni italiane a una sorta di conservatorismo ambientaleche lo porta ad accettare al massimo un romanico bor-gognone edulcorato.

    Per tracciare una storia dellaccoglimento e dello svi-luppo delle forme architettoniche gotiche in Italia occor-

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    rer tener presenti molti dati. E in primo luogo il fattoche elementi gotici di diversa provenienza, sia francese

    che inglese, vi arrivano precocemente e vi vengono uti-lizzati in modo non sempre coerente, o almeno non coe-rente con la logica costruttiva delledificio gotico coscome si era sviluppata nel Nord. Sar poi da vederecome questi elementi vengano modificati per tentare diadeguarli e di accordarli alle tradizioni locali (valga pertutti il caso precoce e interessantissimo della Cattedra-le di Piacenza)28 e soprattutto come tanti esempi, vedile precoci volte a crociera con costoloni della Cattedra-le di Cefal o le varie soluzioni introdotte nel SantAn-drea di Vercelli, siano rimasti senza domani, senza con-seguenze, senza filiazioni. LItalia non avr mai unachiesa che possa definirsi per la sua appartenenza algotico raggiante come labbazia di Westminster, leCattedrali di Colonia o di Len29.

    Una resistenza tanto caparbia e continua deve avereavuto delle cause che travalicavano il peso e la vischio-

    sit delle tradizioni formali. Dovettero entrare in giocoanche altri elementi come gli orizzonti culturali e poli-tici, i sistemi di gerarchie e di valori. Certo nelle societurbane in rapido accrescimento e in precoce fase di dif-ferenziazione dellItalia settentrionale e centrale esi-stette una coscienza del proprio ruolo, della propriaimportanza e singolarit (il peso degli interventi deinuovi gruppi sociali nella storia della costruzione della

    Cattedrale di Modena esemplare) e una volontcosciente di riportarsi a Roma come esempio, antenato,modello. In questo senso il caso delle lapidi della Cat-tedrale pisana pi che significativo, come lo il feno-meno generalizzato del reimpiego dei sarcofagi antichie il richiamarsi di decine e decine di citt alle loro ori-gini mitiche o storiche.

    Per una parte importante del paese i rapporti conlimpero bizantino erano ancora straordinariamente

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    attuali: Bari cessa di essere il capoluogo di una provin-cia bizantina per cadere nelle mani dei normanni nel

    1071, lo stesso anno in cui per la sconfitta di Manzikarti bizantini perdono la Cappadocia a profitto dei turchiselgiuchidi. Il fatto che il dominio bizantino sia duratoin Puglia altrettanto tempo che in Cappadocia meritauna riflessione.

    Esistono dunque una moltitudine di fatti che spie-gano questa resistenza cui concorrono cause molto diver-se. Ma in un modo o in un altro la nuova arte non pote-va che impiantarsi in un paese che per certi aspetti eraalla punta del progresso economico e sociale dEuropa.E certi problemi che gli artisti del Nord si erano postia proposito dei caratteri naturalistici della rappresenta-zione trovarono soluzione proprio qui.

    I modi dellarchitettura gotica finirono dunque perimporsi anche se in modo meno coerente e fedele chealtrove30. La nuova chiesa di San Francesco ad Assisi,fondata da Gregorio IX nel 1228 e consacrata, quando

    ormai la realizzazione architettonica ne era da tempocompiuta, da Innocenzo IV nel 1253, fu costruita sumodelli occidentali di chiese a due piani (dalle cappellevescovili alla contemporanea Sainte-Chapelle di Parigi).La Chiesa Superiore in particolare presenta soluzioniarchitettoniche marcatamente nordiche: paragoni sonostati avanzati per la pianta e per certi modi delleleva-zione con la Cattedrale di Angers, con Notre-Dame di

    Digione, con la Cattedrale di Auxerre. Il suo aspettodecisamente gotico, anche se piuttosto provinciale, nonappartiene probabilmente al progetto originale, madovette essere portato avanti quando era generale del-lordine linglese Haymo di Faversham (1240-44).

    I segni della resistenza alle proposte dellle-de-Fran-ce, al modello costruttivo della gabbia aerea appoggiataa contrafforti esili su cui posano altissimi e arditi archirampanti, sono evidenti ad Assisi. Qui gli archi rampanti

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    sono assai bassi, i contrafforti esterni massicci e roton-di. Capitale allinterno il ruolo degli elementi orizzon-

    tali, come il passaggio murale che corre lungo le paretisotto le finestre e si apre un varco dietro i pilastri com-positi: esso modera lo slancio ascensionale delle mem-brature verticali e sottolinea il volume e lo spessoredelle masse murarie31. Lungi dallapparire come unaentit bidimensionale, uno schermo senza profondit, laparete si presenta come un organismo appariscente ecomplesso il cui svuotamento sar suggerito non dal-lappiattimento e dallerosione delle strutture murarie,ma dalle impaginazioni illusionistiche degli affreschi.

    La chiesa di Assisi volle essere nel medesimo tempochiesa-santuario e chiesa conventuale; cripta funerariadestinata a ricevere la tomba di san Francesco (mortoalla Porziuncola ma sepolto in questo luogo dal signifi-cato simbolico: il monte del Paradiso, situato alle portedella citt, da cui il santo era partito) e cappella papale(di qui il progetto a due piani) destinata a marcare il rap-

    porto privilegiato tra i pontefici e il nuovo ordine32.Caratteri spiccatamente gotici ha il Palazzo Papale diViterbo, costruito tra il 1255 e il 1266 e realizzato ingran parte sotto un papa francese, Jacques Pantalon,che aveva preso il nome di Urbano IV (1261-64).

    La Basilica di Assisi uno dei punti nodali del goti-co italiano in quanto si integrano qui molte esperienzeportate avanti in tecniche diverse: vetrate, pittura archi-

    tettura. Le vetrate in primo luogo, la tecnica in cui lapittura gotica ha espresso la sua pi alta capacit crea-tiva. Lampiezza delle finestre, resa possibile dalla muta-ta distribuzione delle spinte nelle nuove strutture archi-tettoniche, trasform la compatta massa muraria dellepareti in uno schermo translucido e policromo, renden-do le chiese simili alle immagini della Gerusalemme cele-ste dalle mura di gemma o al tempio luminoso del Graal.Come grandi stuoie diafane, rigide e risplendenti, le

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    vetrate duecentesche allineano contro lo sfondo deco-rato il caleidoscopico intreccio delle loro scene scom-

    partite entro medaglioni variamente combinati in dise-gni elaborati, ispirandosi al sistema di composizione e diimpaginazione dei tessuti, dei tappeti. In queste operelinsieme dei frammenti di vetro di vario colore, i piom-bi che li uniscono e li tengono insieme, la pittura mono-croma distesa sopra i vetri ad indicare ombre e luci, trat-ti, lineamenti, pieghe, finanche le armature di ferro cheaccompagnano con il loro disegno semplice o complessolimpaginazione delle scene, sono elementi che concor-rono a un comune risultato, la vetrata, appunto, che hacaratteri propri al mosaico, allo smalto, alla pittura e chene ha di esclusivi come quello di farsi penetrare dallaluce del sole e di mutare in tal modo in tutte le ore e lestagioni di tonalit e di gamma cromatica.

    Ora la prima decorazione della Chiesa Superiore diAssisi furono le vetrate: quelle dellabside, innanzitut-to, realizzate da maestri tedeschi, quindi quelle del tran-

    setto e della navata, cui diedero i disegni maestri fran-cesi e italiani33. Monumentali testimonianze pittorichedel nuovo stile erano dunque visibili e si proponevanoaddirittura come modelli quando si inizi la decorazio-ne delle pareti e delle volte della Chiesa Superiore.

    I primi pittori che lavorarono nel transetto nord furo-no certamente nordici, forse inglesi, come stato pro-posto34; ma sar Cimabue a dirigere e a coordinare la

    grande impresa della decorazione che si svolse in granparte, fra interruzioni e riprese, nel nono decennio delDuecento e che vide allopera accanto a lui e ad artistiancora anonimi, come il Maestro della Cattura, ancheDuccio di Buoninsegna, maestranze romane con il Tor-riti e infine il Maestro di Isacco vale a dire, assaiprobabilmente, il giovane Giotto35. Lo stesso Giotto,dirigendo il ciclo delle Storie di san Francesco, terminerlimpresa nel corso dellultimo decennio del secolo36.

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    Successioni e compresenze possono stupirci, in partico-lare quella dellatelier nordico con Cimabue. Ma si gi

    detto che il conflitto nordico-bizantino non era risenti-to dai contemporanei in termini di opposizione esacer-bata. E proprio attraverso il caso di Assisi i cui pitto-ri vennero, come appare in modo sempre pi evidente,selezionati a Roma ci rendiamo conto di come proprioRoma e la curia siano stati unimportante via di pene-trazione e di affermazione del gotico in Italia. Possiamoseguire sui rispettivi sigilli le preferenze dei cardinali,spesso di origine transalpina37; possiamo meglio valuta-re le commissioni papali, ora che gli affreschi tanto pocoleggibili del Sancta Sanctorum lateranense sono statioggetto di studi approfonditi38. E tutto questo ci aiutaa capire come larchitettura della Chiesa Superiore e delPalazzo Papale di Viterbo, le vetrate, i dipinti dell-quipe transalpina ad Assisi, certi particolari degli affre-schi del Sancta Sanctorum siano legati da stretti vinco-li, che si intrecciano strettamente anche allattivit

    romana di Arnolfo e alla formazione del grande Gucciodi Mannaia, lautore del calice assisiate di Niccol IV,i cui smalti translucidi mostrano quale volto assumesse,verso il 1290, lalternativa gotica in Italia.

    Un altro centro propulsore nellelaborazione e diffu-sione del nuovo linguaggio fu la corte degli ultimi Stau-fen, Federico II, Manfredi, cui subentrer una dinastiafrancese che chiamer a Napoli artisti transalpini, quali

    furono gli autori del busto straordinario di san Genna-ro nel Tesoro della Cattedrale di Napoli; e alla culturaangioina andranno ricondotti temi e forme pittoricheche andranno dal Mezzogiorno allUmbria, dalla Tosca-na al Piemonte. E mentre nei tesori delle cattedrali edelle basiliche pi venerate, da Assisi a Bologna, daPadova ad Ascoli Piceno, si accumulano gli splendidiprodotti di oltralpe, troveremo sempre pi spesso neidocumenti di archivio senesi menzione di scultori e di

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    tagliapietre che vengono de ultramontanis partibus,che sono designati come francisine o con altri termi-

    ni che ne indicano lorigine nordica39

    .Al termine di una lenta penetrazione che era durataoltre un secolo e di cui molti canali e relais devono anco-ra ricevere pi forte luce e basti pensare al caso emble-matico di Genova, una citt in cui il rapporto prefe-renziale con Bisanzio non ha escluso una ricezione delgotico assai precoce40, malgrado una resistenza moltotenace, diversamente motivata e fortemente selettiva,lItalia intera, nella variet dei suoi paesaggi artistici,accetta e prende ad elaborare alcuni tra gli elementiessenziali dellopus francigenum.

    2. Rappresentare ci che esiste come .

    Un ruolo importante nellintroduzione in Italia dimaestranze, di modelli (e di problemi) del Nord fu svol-

    to dalla corte di Federico II, che ebbe prevalentementesede nellItalia meridionale. Limperatore confer ungrande significato agli investimenti simbolici e perseguattraverso la propria politica artistica una strategia didominazione. Attraverso le opere che egli commissio-nava volle costruire e comunicare una certa immagine dis, della sua missione, della sua visione del mondo, delsuo progetto di governo. Il carattere fortemente feuda-

    le del Mezzogiorno spiega come qui le iniziative reali eimperiali abbiano avuto unimportanza addiritturadeterminante e fu questo un caso esemplare di come leintenzioni e le attese di un committente giungessero asuscitare e a pilotare una tendenza artistica.

    Federico fu uno straordinario costruttore di chiese(tra i sovrani del Duecento solo san Luigi pu stargli allapari) tanto che la sua azione in questo campo suscit lepreoccupazioni del papato, che al concilio di Lione accu-

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    s espressamente la sua smodata attivit nel costruirechiese, monasteri, edifici sacri41; fu un fondatore di citt

    e progett molti castelli, appoggiandosi ripetutamente inquesta sua attivit edificatoria allordine cistercense42.Egli stimol e provoc il costituirsi di gruppi di sculto-ri, appoggi in ogni modo la rinascita delle forme clas-siche, la riscoperta e lutilizzazione di modelli antichi,si circond di una corte cosmopolita e di un gruppofolto quanto variato di intellettuali. Erede degli impe-ratori svevi e dei re normanni, il suo comportamento fu,per certi aspetti, particolarmente influenzato da questiultimi e dalla loro suntuosa committenza artistica. I redi Sicilia avevano costruito nellisola chiese splendida-mente decorate di mosaici, cappelle palatine nei cui pro-grammi iconografici si sottolineava la potenza e lauto-rit del monarca, coronato da Dio come un imperatore,accompagnato da Cristo e dai due santi patroni dellaChiesa romana, san Pietro e san Paolo: avevano in breveutilizzato le arti figurative come strumenti del potere.

    La dominazione islamica aveva daltra parte introdottoin Sicilia modi e abitudini di abitare particolarmente raf-finati e questa tradizione era stata continuata dai renormanni. I cavalieri che si arrestavano nellisola nelloro lungo viaggio verso le terre della crociata rimane-vano stupefatti: in luogo dei nudi manieri del Nord,dove le grandi sale non erano pi accoglienti di vasticapannoni o di capaci granai, trovavano qui palazzi di

    straordinaria ricchezza, superbamente decorati. Federi-co Il sent il peso di questa eredit, di queste abitudini,e tuttavia per lui non si tratt, come per i monarchi nor-manni, di emulare il fasto dei re sassanidi, dei califfi odegli imperatori bizantini, nello sfarzo dei palazzi, dellechiese, dei grandi cicli di mosaici; il paragone con cuiFederico voleva confrontarsi era pi remoto e pi miti-co: non limpero bizantino che, del resto, dopo ilsacco di Costantinopoli e limposizione di una dinastia

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    occidentale, non era esempio che potesse suscitare imi-tazione entusiastica , ma lantico impero romano,

    matrice e modello degli imperi che si erano susseguiti.Per questo egli promosse una ripresa classicheggian-te nella scultura monumentale, le cui opere assunseroaspetti e forme incredibilmente prossime a quelle del-lantichit che ne erano state modelli. Il problema dellarinascita dellantichit non era certo nuovo al tempo diFederico II e aveva dietro di s una storia gi ricca diepisodi significativi43; e tuttavia le opere che hanno mag-giormente lasciato incerti sulla loro vera origine sono perlo pi sculture federiciane: con Federico II siamo difronte in certi casi ad autentiche copie, a coerenti ope-razioni archeologiche44.

    Dietro questa scelta di gusto cera un programmapolitico, la restaurazione dellimpero, che si manifestanella creazione degli augustali le prime monete doroche da secoli venissero create in Occidente (fino ad allo-ra le uniche monete doro in circolazione venivano da

    Bisanzio e dallIslam) con il profilo dellimperatore coro-nato dalloro, e che si esprime ugualmente nella proget-tazione da parte dello stesso sovrano (Riccardo di SanGermano scrive: ipse manu propria consignavit)45della Porta-ponte di Capua (1234-39), immaginaria rico-struzione di unantica porta di citt, ma nello stessotempo arco trionfale, largamente ornata di sculture for-temente classicheggianti disposte a comporre un signi-

    ficativo programma iconografico laico di esaltazioneimperiale; o ancora nellincisione di gemme e cammei asoggetti classici o cristiani trattati con eccezionale peri-zia, tanto da riproporre ancora pi frequentemente ildilemma posto dalle sculture: antico o neo-antico?

    Il caso delle gemme federiciane singolare e signifi-cativo. Lattrazione medievale per le antiche pietreincise che si manifestata in tante occasioni , il valo-re magico che veniva loro attribuito e per la materia e

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    per le immagini che le segnavano, lammirazione chesuscitavano avevano fatto s che antichi cammei venis-

    sero largamente riutilizzati in oreficerie sacre, in croci,in statue-reliquiari. Furono queste gemme a forniremodelli agli ateliers di glittica dellItalia meridionale. Ilfenomeno non fu, del resto, isolato: splendidi cammeifurono intagliati nella Francia del Nord46. Fino a pochianni addietro molte di queste opere erano consideratedi origine classica, e ci fu causa, tra laltro, di un gravefraintendimento di quel rapporto con lantichit che inalcuni centri dEuropa si era stabilito nel corso del xiiisecolo47.

    Questo atteggiamento favorevole allantichit e allesue forme non ebbe esclusivamente origini politiche. Sitratt anche della volont di trovare strumenti effica-ci per rappresentare certi contenuti. Linteresse del-limperatore per le scienze e per la natura ben notoe questo fin per porre il problema della creazione dinuove formule, nuovi schemi, nuove forme per pre-

    sentare una realt che veniva esaminata in modo nuovoe con nuovi approcci. Il ricorso a uno stile classicisti-co voleva avere una portata moderna, in quanto essopoteva fare piazza pulita delle stilizzazioni visionarieromaniche. Gli elementi gotici che si avvertono nel-larchitettura e nella plastica architettonica non sonoin questo senso in contrasto con i dati pi classicheg-gianti. Nei due casi si tratta di rinnovare il linguaggio

    figurativo in modo da renderlo pi atto a una diversafunzione. Esistette daltra parte un rapporto tra tipodi rappresentazione e stile prescelto, quello pi pros-simo al classico essendo evidentemente il pi indicatoper le rappresentazioni imperiali e in genere per leimmagini a forte significato politico.

    Lincontro tra curiosit ed esigenze di conoscenzadella natura e volont politica di realizzare un preciso eambizioso programma imperiale, che trova nelle imma-

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    gini una sua forma non solo di divulgazione, ma anchedi legittimazione, port Federico II a fare uso larga-

    mente della propria effigie. Abbiamo conservato un certonumero di sue rappresentazioni, da quelle dei sigilli aquella del cammeo della Cattedrale di Praga, agli augu-stali, al ritratto commemorativo nel rotolo dellExultetdella Cattedrale di Palermo, alla statua proveniente dallaPorta di Capua, violentemente danneggiata in un episo-dio di iconoclastia rivoluzionaria e la cui testa ci per-venuta solo grazie a un calco settecentesco. Questa sta-tua doveva sormontare la porta e significativo quantoce ne dice il cappellano di Andrea dUngheria, che era alseguito di Carlo dAngi al tempo della rotta di Manfredia Benevento: Ibique suam ymaginem in eternam etimmortalem memoriam sculpi fecit (e qui fece scolpirela sua immagine a sua memoria eterna e immortale)48. Sifece scolpire anche sul pulpito della Cattedrale di Biton-to, seduto in atteggiamento regale, accompagnato daimembri della sua corte49. Pensiamo anche che certe scul-

    ture come il busto di Barletta, probabilmente frammen-to di una pi ampia composizione, o il celeberrimo cava-liere di Bamberga, statua equestre che rappresenta sanGiorgio allesterno del coro orientale dedicato al santo della Cattedrale di Bamberga, commissionata dal vesco-vo Eckbart ( 1237), molto legato allimperatore, sianosuoi ritratti. In questo caso almeno potremo parlare dicriptoritratto, vale a dire di unimmagine che rappre-

    senta un determinato personaggio del passato con i trat-ti di uno del presente50.La figura di Federico II appare dunque molto impor-

    tante per la nascita del ritratto, un genere che era scom-parso per secoli o che almeno aveva conosciuto una radi-cale modificazione della propria portata e del propriosignificato. Questa scomparsa era stata la manifestazio-ne di un pi generale atteggiamento nei confronti del-lindividuo che port anche al tramonto di un genere let-

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    terario, in qualche modo imparentato al ritratto, comela biografia, che riappare soltanto nel xii secolo con le

    Vidas dei trovatori provenzali, in anticipo dunquesulla rinascita del ritratto figurato. Ora la utilizzazionepolitica della propria immagine da parte dellimperato-re51 (che una cinquantina danni dopo verr ripresa daBonifacio VIII) unita agli interessi naturalistici e allavolont di vedere rappresentate ea que sunt sicut sunt(ci che esiste come , secondo lespressione usata daFederico II nel suo trattato sulla caccia) segnano unmutamento importantissimo nellatteggiamento versolindividuo, un passo capitale per la nascita del ritrattomoderno52. Discenderanno di qui la statua di CarlodAngi scolpita da Arnolfo, le effigi di Bonifacio VIIIo le straordinarie immagini funebri di Enrico VII, diMesser Porrina, del vescovo Orso, insomma la galleriadi ritratti scolpiti negli ultimi decenni del Duecento eagli inizi del Trecento.

    Limperatore fece costruire (e ne segu personalmen-

    te lerezione, come provano le lettere che gli inviavaTommaso da Gaeta) un numero assai importante dicastelli nelle Puglie e in Sicilia, da quello di Foggia aquello di Lucera, a Castel del Monte, a Lagopesole, aCastel Maniace di Siracusa, eccetera. Alcuni, come quel-lo di Foggia, furono sue residenze favorite; altri, resi-denze di caccia, centri di controllo, luoghi di guarni-gioni. Con lui piante, progetti, alzati dellarchitettura

    gotica e della pi antica tradizione architettonica impe-riale discesero nel Mezzogiorno, dove si realizz un con-nubio significativo tra le forme gotiche del Nord, quel-le pi arcaizzanti e conservatrici dellimpero germanicoe quelle classiche; un connubio che avrebbe poi dato allascultura di Nicola Pisano de Apulia la possibilitdi esercitare una egemonia sulla Toscana, e, prima ditutto, sulle due citt ghibelline, Siena e Pisa.

    Le curiosit naturalistiche, tecniche, parascientifiche

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    di cui, ci testimoniano i cronisti e in particolare fraSalimbene e Riccobaldo da Ferrara, limperatore dette

    tante prove spesso singolari e crudeli, si manifestano nelcelebre scritto largamente copiato e illustrato che fu ilDe arte venandi cum avibus, un manuale della caccia conil falcone. Non sar il caso di insistere qui su cosa abbiasignificato dal punto di vista sociale, ma addirittura esi-stenziale, la caccia nel Medioevo53. Lesperienza dellanatura, la sua rappresentazione, la curiosit per le formee i comportamenti degli animali, passano attraverso il fil-tro della caccia e il testo di Federico II trov unecce-zionale illustrazione in artisti che lavoravano alla cortedel figlio Manfredi. Qui venne miniato il celebre esem-plare del De arte venandi oggi alla Biblioteca del Vatica-no, il testo di Pietro da Eboli sui Bagni di Pozzuoli (Br-gerbibliothek, Berna) e una serie di Bibbie di cui la picelebre in Vaticano; qui lavor un copista, Johensis, ilcui nome troviamo su diversi codici illustrati tra 1250 e1260 circa54. Probabilmente lavor nel Mezzogiorno uno

    dei pi grandi e singolari maestri del Duecento, lillu-stratore della Bibbia di Corradino55 (c. 1265-70) dellaWalters Art Gallery di Baltimora, dove quei nessi equei rapporti che si erano manifestati in scultura tramodi classici e modi gotici trovano una parallela dimo-strazione di accordo tra modi gotici e bizantini.

    I dati naturalistici della miniatura dellet degli ulti-mi svevi non rimasero rinchiusi entro le pagine dei codi-

    ci; fu anzi questo un focolare importantissimo per lo svi-luppo dei modi gotici e delliconografia profana nella pit-tura in Italia, dallAbruzzo alla Toscana56. La nascita delritratto, il diffondersi di una imagrie laica vennerocos ad avere il loro crogiuolo e il loro punto di forza nelMezzogiorno ghibellino, dove si era tentato di indaga-re o di mettere a punto una nuova immagine delluomoe del mondo, le cui conseguenze pi immediate si avver-tiranno nel campo della scultura.

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    3. Per man di quei che me intagliasse in petra.

    NellXI canto del Purgatorio Dante nomina e mettea paragone due miniatori, Oderisi da Gubbio e FrancoBolognese, e due pittori, Cimabue e Giotto. Si moltoscritto su quel che rappresenta il fatto che questi nomidi artisti, e dunque di praticanti di unarte meccanica,vengano confrontati con quelli di letterati, e dunque diseguaci di unarte liberale, come anche sul problemadella coscienza di una differenziazione stilistica e quin-di di un meccanismo di superamento, nonch sullin-tenzione moraleggiante che alla base del discorso. Daquesta evocazione si fatta iniziare la letteratura arti-stica italiana, che verrebbe cos ad aprirsi nel nome dellapittura. Altri passi in cui la pittura presente non man-cano, basti pensare al come pittor che con essemplopinga del XXXII del Purgatorio, e tuttavia le operedarte evocate tra il IX e il XII canto del Purgatorio,dove il loro ruolo particolarmente importante, sono

    sculture.Dello scultore vengono evocati i materiali (IX, 94-105):

    L ne venimmo; e lo scaglion primaiobianco marmo era s pulito e terso,chio mi specchiai in esso qual io paio.

    Era il secondo tinto pi che perso,

    duna petrina ruvida ed arsiccia,crepata per lo lungo e per traverso.Lo terzo, che di sopra sammassiccia,

    porfido mi parea s fiammeggiante,come sangue che fuor di vena spiccia.

    Sovra questo tenea ambo le piantelangel di Dio, sedendo in su la soglia,che mi sembiava pietra di diamante.

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    Bianco marmo polito, dunque, pietra ruvida edarsiccia, porfido fiammeggiante e una nobile materia

    che ha laspetto di gemma. Quindiquandio conobbi quella ripa intornoche dritto di salita aveva manco,

    esser di marmo candido e adornodintagli

    (X, 29-32)

    sar il turno delle opere: lAnnunciazione con langelo

    quivi intagliato in un atto soave,che non sembiava imagine che tace.

    (X, 38-39);

    poi

    unaltra storia nella roccia imposta;

    per chio varcai Virgilio, e fe mi presso,acci che fosse alli occhi miei disposta.Era intagliato l nel marmo stessolo carro e buoi, traendo larca santa,

    (X, 52-56).

    Dalla contemplazione di questa scena Dante si muove

    per avvisar da presso unaltra storia,che di dietro a Micl mi biancheggiava.Quivera storata lalta gloria

    del roman principato il cui valoremosse Gregorio alla sua gran vittoria;

    (X, 71-75).

    Si tratta della Giustizia di Traiano, un bassorilievo poli-cromo, questo,

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    ... calcato e pienodi cavalieri, e laguglie nelloro

    sovressi in vista al vento si movieno. (X, 79-81).

    Fino ad arrivare agli esempi di superbia punita inta-gliati nel pavimento (XII, 64-66), che superano quantosi fatto in pittura:

    Qual di pennel fu maestro o di stileche ritraesse lombre e tratti chivimirar fareno uno ingegno sottile?

    I termini stessi di confronto sono cercati nel reper-torio della scultura: ora sono degli atlanti o dei telamo-ni nella cui formosa deformitas sembra di scorgere ilsegno del vecchio stile romanico contro quello nuovo,soave e classico, dellangelo dellAnnunciazione57:

    Come per sostentar solaio o tetto,per mensola tal volta una figurasi vede giugner le ginocchia al petto,la qual fa del non ver vera rancuranascere n chi la vede;

    (X, 130-34);

    ora (XII, 16-21) sono delle lastre tombali gotiche:

    Come, perch di lor memoria sia,sovra i sepolti le tombe terragneportan segnato quel chelli eran pria,

    onde l molte volte si ripiagneper la puntura della rimembranza,che solo a pii d delle calcagne.

    Anche nelle Rime, e questa volta pour cause trat-

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    tandosi di un passo delle rime petrose, limmagine del-lartista, che in Jacopo da Lentini come gi nei proven-

    zali per eccellenza il pittore (... dipinsi una pitturabella, voi simigliante), piuttosto quella dello sculto-re: per man di quei che me intagliasse in petra.

    Dante dunque guarda alla scultura, guarda a NicolaPisano, ch a lui ci rimanda limmagine dellangelo, pursenza nominarlo e preferendo il classico termine di para-gone di Policleto58, guarda anche al nuovo rilievo pitto-rico, tutto fatto di passaggi sottili, di effetti smorzati,che veniva proposto dai senesi.

    Questo interesse di Dante per la scultura, la premi-nenza che viene, con i suoi esempi, ad attribuire a que-sta tecnica spesso stata letta in rapporto alleccezionaleimportanza e novit della produzione plastica toscananella seconda met del Duecento grazie a Nicola e a Gio-vanni Pisano. In realt nella tradizione italiana la scul-tura ha avuto una grande importanza almeno dal xiisecolo in poi senza conoscere eclissi. E le firme degli

    scultori, le iscrizioni che parlano di sculture possono por-tare delle straordinarie testimonianze di una fama chenon diminuisce nel tempo. Lasciamo andare il fatto chela prima firma di un artista medievale probabilmentequella di Magister Ursus sulla lastra di Ferentillo (viiisecolo) e lasciamo da parte per non entrare nel diffi-cile problema del rapporto tra orafi e scultori nelMedioevo europeo leccezionale autocoscienza che

    dimostra nel ix secolo laurifaber Wolvino quandonellAltare doro di SantAmbrogio si fa rappresentareincoronato dal santo. Resta il fatto che alla Cattedraledi Modena allinizio del xii secolo scultura e scultorisono evocati su due diverse lapidi: una quella con lelo-gio dellarchitetto Lanfranco, posta nella zona absidale,dove la prima frase ravvisa proprio nei bei marmi scol-piti la causa dello splendore della chiesa (marmoribussculptis domus haec micat undique pulchris), laltra

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    posta sulla facciata con il celebre elogio di Wiligelmo,apposto, vero, in minori caratteri e che proclama

    Quanto tu sia degno di onore tra gli scultori lo dichia-ra ora la tua scultura, o Wiligelmo.Potremmo continuare a citare epigrafi laudatorie di

    scultori prestantior arte modernis (Guglielmo nel pul-pito oggi a Cagliari), Daedalus alter (Anselmo a Mila-no), Magister bonus (Gruamonte a Pistoia), opifexmagnus (il maestro marmoraro Paolo a Ferentino).Artifex gnarus, colto artefice, si proclama Niccol, cheinvita il pubblico a leggere i versi e le immagini da luicomposte (Legite versus quos descripsit Nicolaus) eproietta il suo successo fin nel lontano futuro (hic con-currentes laudent per saecula gentes), fino ai marmora-ri romani che si proclamano magistri doctissimi59.Anche in Francia in questo periodo abbondano le firme,raramente tuttavia (come nel caso di Gilabertus, vir nonincertus a Tolosa) la firma assortita di un elogio. Ciche poi singolare e rivelatore la scomparsa della firma

    degli scultori in Francia al tempo dei cantieri delle gran-di cattedrali gotiche, scomparsa che accompagnata dallanascita e dal crescere delle firme degli architetti, fattoche indica una ferrea organizzazione del cantiere e unapreminenza assoluta dellarchitetto autentico Bau-meister-Bildhauer60 allinterno di questo. In Italia lafirma dello scultore non sparisce durante il Duecento,anzi attraverso gli esempi ancora tradizionali di Nicola

    (Hoc opus insigne sculpsit Nicola Pisanus, laudeturdigne tam bene docta manus) si giunger a quelle straor-dinarie manifestazioni di autocoscienza e di volont diprevalere che sono le firme autobiografiche superbe,gelose, esclusive di Giovanni Pisano.

    Le firme di Giovanni Pisano, da quella ripetuta sullaFontana di Perugia a quella del pulpito di Pistoia, dove,contro ogni attesa ed abitudine e in nome di una stra-tegia non ancora sperimentata, si proclama migliore del

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    padre (contrariamente a quanto far Tino di Camainonella tomba del vescovo Orso)61, hanno un carattere par-

    ticolare che fa spicco e le distingue, ma con le ultime,con le due iscrizioni del pulpito della Cattedrale di Pisa,che appaiono i maggiori problemi e le maggiori novit.Nella prima egli mette in evidenza come la creativitartistica sia un dono di Dio (Laudo deum verum perquem sunt optima rerum | Qui dedit has puras hominemformare figuras), dono di cui egli partecipa in misuraeccezionale (Christe miserere cui talia dona fuere)provandosi con successo in tecniche diverse quali quel-le della scultura in pietra e in legno e delloreficeria(sculpens in petra, ligno, areo splendida) e incapacedi fare cose brutte quandanche lavesse voluto (Tetrasculpere nescisset, vel turpia, si voluisset). Nella secon-da contenuta una sorta di personale apologia, sor-prendente, rivelatrice, unica. Mai un artista medievaleaveva scritto un simile testo, mai laveva reso pubblicolegandolo indissolubilmente a un monumento di tanta

    importanza. Linizio allude allopera, al suo significatocosmogonico, al suo autore: Circuit hic amnes mundipartesque Johannes: Giovanni ha qui iscritto i fiumi ele parti del mondo... I Padri della Chiesa vedevano neifiumi del Paradiso le figure degli Apostoli, identifica-vano le Virt con le quattro parti del mondo. Giovan-ni allude cos alle statue che reggono il pulpito e chesostengono la Gerusalemme celeste che la cassa del pul-

    pito rappresenta. Lopera e il suo autore sono inscindi-bilmente legati e laccento biografico-apologetico, conlevocazione degli sforzi sostenuti, delle esperienze fatte(plurima temptando gratis discenda, parando quequelabore gravi), prevale immediatamente, in particolarel dove questione delle accuse e delle calunnie patite,della poca cautela (non bene cavi) esercitata. Nellaconclusione afferma la propria assoluta superiorit sfi-dando calunniatori e critici: Se probat indignum repro-

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    bans diademate dignum | Sit hunc quem reprobat sereprobando probat: mostra di essere indegno colui che

    critica chi degno di una corona, e chi riprova prova asua volta di essere riprovevole. Le incomprensioni, letensioni, le rotture tra i committenti e Giovanni ci sononote e lo testimonia il precipitoso abbandono del can-tiere di Siena. Ed appunto Giovanni Pisano il primoartista che ha drammaticamente espresso la coscienzache aveva di se stesso, che ha illuminato i contrasti incui poteva trovarsi coinvolto sapendo di uscirne vinci-tore, e questo artista uno scultore. Tutto ci non signi-fica solo lemergere di un certo tipo di comportamento,la coscienza di una capacit creativa sentita e vissutacome una missione, ma anche laccettazione da parte delpubblico e dei committenti di queste forme di presen-tazione di s partigiana e autoesaltante.

    Questa vicenda, che culmina con laffermazionepolemica scolpita da Giovanni per i contemporanei eper la posterit, conferma la situazione particolare e pri-

    vilegiata della scultura, il suo ruolo di arte-guida, di tec-nica-pilota. Il passaggio al nuovo stile era stato quimeno traumatico che in altri campi. In qualche modocerta scultura romanica emiliana attraverso il suo rap-porto privilegiato con gli elementi classici avrebbe tro-vato modo di sfociare senza rotture nel gotico e ci pro-prio per lassenza di certi accenti e caratteri visionari,per il rifiuto di una trasfigurante stilizzazione delle

    forme. Tra i capitelli di Wiligelmo per la facciata dellaCattedrale di Modena troviamo il motivo che gli ingle-si chiamano della green head, della testa umana fram-mista con elementi vegetali, di cui foglie e tralci for-mano la capigliatura, la barba, i baffi. Un motivo diquesto genere che ha origine classica, per esempio nelcapitello romano con mascherone ed elementi vegetaliusato come acquasantiera nella stessa Cattedrale diModena e che sar ripreso in periodo carolingio nella

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    Cattedra di san Pietro avr un grandissimo successonella scultura gotica del Due-Trecento e si trover per

    esempio in un celebre foglio del libro di Villard deHonnecourt. Ci si spiega agevolmente con linteresseche gli scultori gotici hanno avuto per i motivi vegeta-li che hanno disseminato sui capitelli, gli sguanci, levarie membrature architettoniche. Alla teratologiaromanica si sostituisce la botanica gotica. E se Wili-gelmo ha potuto, in certi elementi del portale, dei capi-telli e delle mensole modenesi, preludere al gotico peruna deliberata scelta naturalistica confermata o ravvi-vata da esempi classici, Niccol con le sue proto sta-tue-colonne di Ferrara e di Verona proceder in questadirezione. Pi tardi allinterno dellopera di BenedettoAntelami sar riconoscibile il mutarsi di certe formule,labbandono di alcune di esse nei panneggi come nelladisposizione dei gruppi e dei personaggi, nella defini-zione dellideale tipo di bellezza. A partire da un certomomento e, in ogni modo, dai Mesi di Parma, sar

    Benedetto Antelami il primo scultore gotico italiano esulla sua strada i dati nuovi della scultura gotica fran-cese saranno assimilati senza apparenti contrasti dalloscultore deiMesi della Basilica di San Marco a Venezia,o dal Maestro deiMesi di Ferrara, tanto pi che era ilsoggetto a spingere energicamente verso soluzioni natu-ralistiche, il che significava gotiche62.

    In molti centri dellItalia settentrionale (tra cui Geno-

    va, in cui elementi che derivano dalla scultura goticafrancese, e in particolare da quella dei transetti di Char-tres, si ritrovano nel portale della Cattedrale di SanLorenzo) lapertura ai nuovi modi si precisa nel corso deiprimi decenni del Duecento e questo in parte dovutoalla radice classica della plastica emiliana, una tradizio-ne stabilita da Wiligelmo. Diversamente andranno lecose in Toscana, dove lesempio di Guglielmo e del pul-pito oggi a Cagliari, ma anticamente a Pisa, si propose

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    come modello e fece largamente scuola in seguaci chedimostrano in un primo tempo grande attenzione alla

    scultura della Provenza, quindi, attraverso lopera delbronzista Bonanno e di maestri attivi al Battistero, svi-lupperanno un rapporto privilegiato con Bisanzio. Glielementi gotici arriveranno in Toscana con maestri ante-lamici e quindi, ad una data che sembra pi precoce diquanto non si sia finora pensato, con larrivo dalla Pugliadi colui che, proveniente dal Mezzogiorno e dai cantie-ri della corte sveva, si firmer Nicola Pisano.

    Proveniente dal Mezzogiorno federiciano egli dovet-te arrivare in Toscana prima della morte dellimperato-re, come sembrano dimostrare le protomi animali che glisono state attribuite convincentemente nella Fontanadei Canali, a Piombino, del 124863. Il fatto ha unim-portanza rilevante perch conferma come la diffusionedella cultura federiciana si sia prodotta indipendente-mente dalla chiusura dei cantieri imperiali. Non si tratttanto di una diaspora di artisti come quella che ebbe a

    teatro Roma, dopo lo stabilirsi della curia nella Franciameridionale (Cavallini a Napoli, Rusuti in Francia, ecc.),ma di un irradiamento che mirava a unegemonia cul-turale, a un rinsaldamento dei legami politici. La costru-zione del castello di Prato un altro esempio di questastrategia.

    possibile che il primo soggiorno di Nicola nellIta-lia centrale abbia avuto luogo a Siena. Ce lo fa pensare

    il fatto che si trovi precocemente a Piombino e che lasua traccia sia cos evidente nelle stupefacenti teste enelle figure di animali che fungono da mensole del trifo-rio e della cupola della Cattedrale di Siena. Limpiegodi teste scolpite come sostegni, come mensole, fu parti-colarmente diffuso nellarte gotica, anche se nelle men-sole allesterno della Cattedrale di Modena Wiligelmo neaveva gi proposto una impressionante galleria. Nellascultura francese e inglese della prima met del Due-

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    cento troviamo un largo dispiegarsi di questo motivo,tanto che, evocando questa pratica per le Cattedrali di

    Salisbury e di Lincoln, si potuto dire che labitudinedi scolpire teste in ogni luogo possibile di un edificio particolarmente inglese64. Le teste di Siena ci riporta-no a un preciso ambiente con la loro variet tipologica(rappresentano volti differentemente caratterizzatisecondo lappartenenza a razze diverse, un motivo chesi trova nella scultura federiciana) e con le curiositnaturalistiche di cui dnno prova, e allambiente dellacorte imperiale ci riporta anche laspetto nordico dialcuni personaggi65. Dopo questa scoperta appare assaiverisimile la tradizione locale secondo cui Nicola sareb-be stato il primo maestro della Cattedrale di Siena66.

    Passato quindi a Pisa Nicola dirige il cantiere delBattistero ed esegue il pulpito per linterno delledificio. questo uno straordinario monumento, splendida edemblematica immagine della citt celeste67, dove con-fluiscono e vengono superate le lezioni dei pulpiti della

    Toscana e dellItalia meridionale, dove gli elementi dellatradizione progettuale gotica e del classicismo federi-ciano trovano un luogo di sintesi, dove la sensibilitanticheggiante del ceto dirigente pisano68 trova un accor-do con larcheologismo imperiale. La vena classica diNicola nel pulpito del Battistero andr molto al di l ditanti episodi revivalisti; il ricchissimo repertorio dimodelli antichi che poteva studiare a Pisa selezionato

    e ricontestualizzato in una nuova situazione

    69

    . La tradi-zione cromatica del Sud messa a profitto per distin-guere le strutture architettoniche dalle lastre scolpitemediante luso di materiali diversi, mentre sono forsesuggerimenti nordici quelli che spingono a far risaltarei rilievi contro sfondi, non musivi come nel Sud, ma fattidi vetri colorati insieme commessi70. Lo stile di Nicolasi evolve verso una maggiore sensibilit gotica negli ulti-mi due riquadri e continuer a crescere nel pulpito di

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    Siena, dove con lui collaborano il figlio Giovanni eArnolfo di Cambio e i pi inafferrabili discepoli Lapo e

    Donato. Da Nicola, come sar il caso di Giotto per lapittura, discende tutta una generazione di artisti e al dil di essa tutta la nuova scultura italiana.

    Arnolfo di Cambio lavorer a Roma, Giovanni Pisa-no erediter il cantiere e la posizione paterna di assolu-ta preminenza a Pisa, ma la situazione non evolve secon-do le linee di uno sviluppo armonico. Arnolfo e Gio-vanni seguono itinerari diversi: Giovanni impone quel-la che sar chiamata da Panofsky la contro-rivoluzio-ne gotica: una scultura espressiva, drammatica, pienadi pathos e di contrasti che si oppone agli equilibri eallarmonia classica. Evocare per larte di GiovanniPisano lombra di una contro-rivoluzione goticarischia di dare unimmagine tendenziosa della sculturatoscana del Duecento e di interpretare larte di Nicolacome unanticipatrice rivoluzione classica che annun-cia il Rinascimento. Ci significa leggere la storia della

    scultura italiana alla luce di quello che avvenuto poipiuttosto che nel quadro della contemporanea situazio-ne europea e ipotizzare una improbabile continuit cheavrebbe permesso di passare direttamente da Nicola alQuattrocento se non fosse stata interrotta e messa incrisi dalla contro-rivoluzione di Giovanni, che proiettin Toscana le inquietudini drammatiche della sculturagotica. Si tratter invece di inserire Nicola ben allin-

    terno di quel filone classicista della scultura europeache si afferma con forza a Reims come ad Auxerre71, cuiseguir un po dovunque una fase espressiva e pateticache ha uno dei suoi punti di forza nelle logge tedesche.

    Sul finire del Duecento Giovanni il pi personale,il pi geniale degli scultori europei. Quando realizza lafacciata della Cattedrale di Siena, compito che inter-rompe bruscamente per contrasti con i committenti,egli modifica fortemente il rapporto scultura-architet-

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    tura a favore della prima; non unarchitetto-scultorecome lo sono i capomaestri delle grandi cattedrali fran-

    cesi, per lui laspetto plastico viene in prima linea ed prevalente sugli altri72. Egli porta allapogeo quel ruolodi tecnica-guida che la scultura aveva conosciuto in Ita-lia con Benedetto Antelami e con Nicola Pisano, i gran-di scultori-capomaestri.

    Intanto, fin dalla fine del Duecento, si sviluppa aSiena una cultura plastica particolare che cerca i suoimodelli non tanto nelle sculture di Giovanni, ma nellapittura di Giotto73. Nasce cos un nuovo rilievo, atten-to a una resa pittorica e sfumata, pi che drammatica-mente plastica.

    Agli inizi del Trecento si presenta una situazionecomplessa: da una parte Giovanni e i suoi pi strettiseguaci, dallaltra ampie aree rimaste fedeli alla tradi-zione di Nicola e non particolarmente sensibili a quelladi Giovanni; infine la scultura senese, i cui protagoni-sti non hanno un comportamento omogeneo, ma mani-

    festano una chiara preferenza per un certo tipo di rilie-vo. Le frontiere non sono cos rigide: per certi tipi discultura potr prevalere un modello, altri modelli peraltri tipi, cos Tino di Camaino appare profondamentemarcato da Giovanni Pisano nella statuetta isolata dellaMadonna col Bambino di Torino (c. 1313) mentre avevamostrato di interessarsi al rilievo pittorico nellaltare disan Ranieri per una cappella del Duomo e oggi nel Cam-

    posanto di Pisa (1306)

    74

    .Una straordinaria inventivit si manifesta nel campodel ritratto, dove gli scultori sembrano precedere i pit-tori nella resa psicologica e fisiognomica, pur senza arri-vare ad un ritratto autonomo slegato dallimmagine tom-bale o celebrativa. Il ritratto di Messer Porrina a Caso-le dElsa (anteriore al 1313), quello dellimperatoreEnrico VII a Pisa (1313-15), quello del cardinal Petro-ni a Siena (1315-17) e quello del vescovo Orso a Firen-

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    ze (1320-21) costituiscono un gruppo assai coerente. Ilritratto in scultura aveva dietro di s una storia gi con-

    sistente con la ritrattistica federiciana, con il Carlo dAn-gi di Arnolfo, con la tomba della regina Isabella dA-ragona, moglie di Filippo lArdito ( 1271) nella Catte-drale di Cosenza, con le immagini tombali di Orvieto,di Viterbo (in particolare il bellissimo Clemente IV inSan Francesco fatto nel 1274 da Pietro di Odorisio), diPerugia, di Roma75.

    Ora i ritratti divengono pi complessi, i personaggisono definiti attraverso una sottile caratterizzazione cheva al di l della tipizzazione. Questo stato probabil-mente possibile attraverso il tentativo di utilizzare capa-cit analoghe a quelle che la pittura andava mostrando.Gli scultori, e in particolare gli scultori senesi, guarda-no ai pittori e nei loro ritratti funebri realizzano ci cuii pittori non erano ancora arrivati. In questo momento anni 10-20 del Trecento il dialogo tra le due tecni-che largamente in corso: Giotto aveva guardato alla

    scultura di Arnolfo, ma anche a quella di Nicola, PietroLorenzetti guarder a quella di Giovanni Pisano e gliscultori senesi guarderanno a loro volta verso la pitturadi Giotto.

    4. Turiboli a forma di edifici e edifici a forma di turi-boli: arti suntuarie e microtecniche.

    Gli orefici fanno loro a quella somilitudine e forma detabernacoli e de turibili da dare incenso; et a quellasomilitudine e forma anno fatto i dificij perch a queglilavori paiano begli; et anche pi si confanno ne lorolauri, che non fanno ne dificij. E questo huso e modoanno auuto, come detto, da tramontani, cio da Tode-schi e da Francesi76.

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    In questo modo un celebre passaggio del Filaretepone due problemi di grande importanza: il nesso che

    lega le microtecniche e le arti monumentali (i taberna-coli e i turibili a forma di dificij) e limportanza pergli orafi di esempi tramontani. Reliquiari e ostenso-ri, pi che trovare i loro modelli nel campo dellarchi-tettura monumentale, utilizzano il vasto repertorio deldisegno architettonico e della teoria progettuale goticaper proporre microesempi di architetture immaginariepi ardite e fantasiose di quelle realmente costruite77. Edaltra parte a fornire uno spunto agli orafi italiani pote-vano essere pezzi di oreficeria tramontani largamen-te presenti nei grandi tesori ecclesiastici. Nellinventa-rio del Tesoro di Bonifacio VIII del 1295 si trova men-zione di un tabernacolo dargento dorato con allinter-no unimmagine della Vergine, coronato da un fastigiodarchi e di guglie (... et desuper ad arcus, ad univer-sa campanilia ad flores) e duno scrigno-reliquiariodoro in forma di chiesa con cinque campanili78. Ora il

    moderno repertorio decorativo di queste suntuosemicroarchitetture poteva venire utilizzato anche inopere di struttura pi tradizionale. questo per esem-pio il caso del Reliquiario della testa di san Galgano delMuseo dellOpera del Duomo di Siena79, una strutturaa pianta centrale a forma di torre, o piuttosto di altotiburio via via rastremantesi verso lalto. La strutturapoligonale del microedificio accentuata da un elemen-

    to tipicamente gotico: i contrafforti torriti che, appog-giati contro gli spigoli, scandiscono per ogni registro ilsuccedersi delle scene, e che sono in realt dei baldac-chini coronati da cuspidi, timpani, loggette, e abitati daangeli. Accanto ai baldacchini molti altri elementi allu-dono al gotico francese, e particolarmente le coppie disanti situate sotto le arcate gemine nel registro media-no, che evocano le vetrate a personaggi delle finestre altedelle chiese gotiche.

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    Siena alla fine del Duecento un attivissimo luogodi produzione per le tecniche suntuarie e gli elementi

    francesi vi trovano una circolazione e una rielaborazio-ne che non vengono necessariamente limitate dallavischiosit e dalle regole della tradizione che invece sifanno sentire in modo particolarmente forte in pittura.

    Tra i pezzi pi moderni qui prodotti sono i sigilli,oggetti di straordinario prestigio, sentiti pressoch comemagici a causa dello strettissimo nesso che li legava alcommittente, che attraverso di essi marcava del suosegno ogni suo atto, ogni documento. Una simile situa-zione fa comprendere come per disegnarli venissero scel-ti i migliori artisti: a Parigi, per esempio, attorno al1320 la confraternita dellOspedale dei Pellegrini di SanGiacomo incaric di progettare il proprio sigillo JeanPucelle, il pi celebre dei miniatori parigini80.

    Da tempo Fritz Saxl aveva sottolineato81 la straordi-naria importanza di questi oggetti per la storia dellascultura medievale, data la loro altis sima qualit e la

    possibilit di essere datati attraverso le figure dei com-mittenti, ma solo recentemente su di essi si sono infit-titi gli studi e le ricerche82.

    Nella gerarchia medievale degli oggetti il sigillo occu-pa una parte di primissimo piano; per avvertirlo bastiricordare come, a suggellare il valore civile del suo affre-sco con laMaest in Palazzo Pubblico, Simone Martiniabbia voluto rappresentare il gran sigillo del comune di

    Siena. Chi lo aveva eseguito, nel 1298, era stato Guc-cio di Mannaia, una delle massime figure dellarte sene-se tra Due e Trecento, di altezza artistica e capacitinnovativa tali che avrebbe potuto costituire unauten-tica alternativa a Giotto.

    Abbiamo la sua firma sul calice che papa Niccol IVdon al tesoro della Basilica di Assisi e che dunquedatabile tra il 1288 e il 129283. in questopera che tro-viamo per la prima volta splendidi esempi della nuova

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    tecnica degli smalti translucidi, posti su placche dar-gento incise e lavorate in modo da essere visibili attra-

    verso la pasta trasparente e colorata dello smalto s daarrivare, come scrive il Vasari, a una spezie di pittu-ra mescolata con la scultura84. possibile, visto chenon se ne conoscono esempi precedenti, che sia statoGuccio di Mannaia a inventare questa maniera, checon la sua capacit di integrare gli effetti cromaticidello smalto a quelli lineari e plastici dellincisione e delrilievo avr uno straordinario successo. Certo cheGuccio di Mannaia sembra conoscere perfettamente esapere utilizzare i modi gotici francesi della secondamet del Duecento, che tendono verso una espressivitsempre pi accentuata, contorcendo i riccioli delle chio-me e delle barbe, imprimendo ai corpi una inclinazio-ne ondeggiante, mentre le ombre tendono a rilevare levesti e le pieghe divengono pi profonde, caratteri tuttiche appaiono per esempio nelle illustrazioni del minia-tore parigino Matre Honor, che lavor per il re Filip-

    po il Bello. Negli smalti del calice di Guccio di Man-naia ad Assisi, le capigliature, i volti, le lunghe ditaangolose, le pieghe profonde nei panneggi degli abiti deipersonaggi rappresentati mostrano come Guccio diMannaia avesse compreso lo spirito e le forme di que-sto momento di espansione europea della pittura goti-ca, che ha nellespressivit e nella drammaticit i suoidenominatori comuni. In questo senso lo stile di Guc-

    cio di Mannaia presenta delle convergenze, dei paral-lelismi estremamente interessanti con quello delle vetra-te della grande quadrifora del braccio sinistro del tran-setto (sud) della Chiesa Superiore di San Francesco adAssisi. questo un fatto molto significativo, perch dauna parte mostra lincidenza di queste vetrate transal-pine sul campo artistico italiano, dallaltra permette diimmaginare lesistenza presso i francescani di una gran-de ricettivit verso certi aspetti patetici e drammatici

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    della pittura gotica, frutto di una intensa sensibilitvisiva.

    Lo stile di Guccio non riesce ad affermarsi come pos-sibile alternativa a Giotto, ma tuttavia influenza straor-dinariamente la pi giovane generazione degli orafi sene-si, quella di Tondino di Guerrino e di Andrea Riguar-di85 e verr ad essere una componente presente nello stiledi Simone e di Pietro Lorenzetti. Possiamo addiritturaconsiderare che il gotico espressivo di Guccio di Man-naia abbia rappresentato una carta vincente per le-spansione dellarte senese, poich se questa conoscer inEuropa una diffusione tanto grande ci sar possibileproprio a causa dellassimilazione del gotico espressivodi matrice nordica. Sar tra laltro attraverso questacapacit precocemente acquisita che la pittura senesepotr proporre e far accettare i nuovi schemi tridimen-sionali della rappresentazione che in questo modopotranno riscuotere ladesione e lapprezzamento entu-siastici da parte del pubblico e dei committenti del

    Nord.Al tempo di Guccio ha inizio il primo momento del-lespansione di Siena. Nel 1301 un ramaio senese,Manno Bandini, creer a Bologna limmagine dominan-te ed enigmatica di Bonifacio VIII, sempre per Bonifa-cio VIII, per il cardinale Gentile da Montefiore e quin-di, seguendo la curia in Provenza, per Clemente V, ilprimo papa avignonese, lavora un orafo senese, Tauro86.

    Lo smalto translucido acquister un vasto prestigio euna grandissima fortuna: in questa tecnica preziosa esuggestiva che sono state eseguite alcune delle piimportanti opere della storia dellarte senese del Tre-cento, come lo stupendo ciclo con le Storie di san Gal-gano del Reliquiario di Frosini o come il celebre Reli-quiario del Santissimo Corporale della Cattedrale diOrvieto, fantasmagorica facciata di chiesa gotica inminiatura, tutta animata da smalti di Ugolino di Vieri.

    Enrico Castelnuovo - Arte delle citt, arte delle corti tra xii e xivsecolo

    Storia dellarte Einaudi 45

  • 7/29/2019 155545249 Castelnuovo Enrico Arte Delle Citta Arte Delle Corti Tra Xii E Xiv Secolo

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    Questa pittura, fatta di un materiale eletto, duro e colo-rato come le gemme, lascia trasparire il rilievo intaglia-

    to sulla placca dargento per comporre ununica imma-gine dallincerto spessore, prodigiosa e accattivante. Neimicromonumenti degli orafi il suo prestigio e il suo ruolopossono essere simili a quelli delle vetrate, con in piqualcosa di prezioso e di sofisticato.

    Le influenze francesi che erano giunte a Guccio diMannaia arrivarono a Siena anche per altri canali. certo, per esempio, che lillustratore di un trattato sullacreazione del mondo (conservato a Siena nella Bibliote-ca degli Intronati) della fine del xiii se