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1810 1° gennaio 1810 Ieri sera fu fatta in Duomo la solita funzione assistendovi monsignor Vescovo; e questa sera assistendovi Mons. Vescovo e il Podestà e tre Municipalisti in abito da buffoni da scena accompagnati da 12 veri buffoni della Guardia nostra Civica, il quali non si vergognarono di fare in Duomo gli stessi ruoli degli ufficiali francesi bravamente imparati. Ieri un tal Bernardo Fanton di professione moletta si portò sopra gli argini della Tesina, superiori alle Torri di Quartesolo, lasciò sugli argini alcune bagatelle che aveva in sacco e si lanciò nel fiume. L'acqua lo portò vivo al ponte delle Torri ma non fu possibile salvarlo. 2 gennaio 1810 La scorsa notte i ladri sacrileghi entrarono rompendo in chiesa parrocchiale di Vigardolo, e rubarono due calici ed altra argenteria. Lo stesso è successo qualche giorno fa nella chiesa di Rossano e in quella delle Tezze alla Brenta. 4 gennaio 1810. Partirono per Verona moltissime carra di munizioni che vennero ieri dalla porta di Santa Lucia. Ormai anche tutti quelli che avevano speranza di cambiar governo la vanno perdendo. 7 gennaio 1810. Il freddo oggi 5° sotto il gelo. Vennero da Verona circa 50 soldati a cavallo: sono artiglieri. Più tardi vennero dalla porta di Santa Lucia e di San Bartolomeo circa 700 soldati di fanteria parte in buon ordine parte a brani. 8 gennaio 1810. Partirono per Verona i soldati venuti ieri il freddo a gradi quasi cinque sotto il gelo ma bellissimi sono i giorni. Fine del Volume Sesto *** Memorie di Vicenza scritte per suo uso privato da Arnaldo Arnaldi Primo Tornieri Volume Settimo 9 gennaio 1810. Il freddo a gradi 3 e 2/4 sotto il gelo. Fu spedita una squadra di gendarmi alle Valli dei Signori per opporsi a una truppa di nuovi insorgenti malcontenti e irritati per l'imposta del testatico, che ricusano di pagare. Tutte prove autentiche della dolcezza di questo vezzoso governo. 10 gennaio 1810. La città è spopolata. Tutti accorrono in folla fuor della porta incontro al Caval. Predial per ringraziarlo della condiscendenza che usa nella rata di questo mese, contentandosi di non accrescerla se non di due lire venete circa sopra quelle de’ mesi passati mentre credevasi con

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1° gennaio 1810 Ieri sera fu fatta in Duomo la solita funzione assistendovi monsignor Vescovo; e questa sera assistendovi Mons. Vescovo e il Podestà e tre Municipalisti in abito da buffoni da scena accompagnati da 12 veri buffoni della Guardia nostra Civica, il quali non si vergognarono di fare in Duomo gli stessi ruoli degli ufficiali francesi bravamente imparati. Ieri un tal Bernardo Fanton di professione moletta si portò sopra gli argini della Tesina, superiori alle Torri di Quartesolo, lasciò sugli argini alcune bagatelle che aveva in sacco e si lanciò nel fiume. L'acqua lo portò vivo al ponte delle Torri ma non fu possibile salvarlo. 2 gennaio 1810 La scorsa notte i ladri sacrileghi entrarono rompendo in chiesa parrocchiale di Vigardolo, e rubarono due calici ed altra argenteria. Lo stesso è successo qualche giorno fa nella chiesa di Rossano e in quella delle Tezze alla Brenta. 4 gennaio 1810. Partirono per Verona moltissime carra di munizioni che vennero ieri dalla porta di Santa Lucia. Ormai anche tutti quelli che avevano speranza di cambiar governo la vanno perdendo. 7 gennaio 1810. Il freddo oggi 5° sotto il gelo. Vennero da Verona circa 50 soldati a cavallo: sono artiglieri. Più tardi vennero dalla porta di Santa Lucia e di San Bartolomeo circa 700 soldati di fanteria parte in buon ordine parte a brani. 8 gennaio 1810. Partirono per Verona i soldati venuti ieri il freddo a gradi quasi cinque sotto il gelo ma bellissimi sono i giorni.

Fine del Volume Sesto

***

Memorie di Vicenza scritte per suo uso privato da Arnaldo Arnaldi Primo Tornieri

Volume Settimo

9 gennaio 1810. Il freddo a gradi 3 e 2/4 sotto il gelo. Fu spedita una squadra di gendarmi alle Valli dei Signori per opporsi a una truppa di nuovi insorgenti malcontenti e irritati per l'imposta del testatico, che ricusano di pagare. Tutte prove autentiche della dolcezza di questo vezzoso governo. 10 gennaio 1810. La città è spopolata. Tutti accorrono in folla fuor della porta incontro al Caval. Predial per ringraziarlo della condiscendenza che usa nella rata di questo mese, contentandosi di non accrescerla se non di due lire venete circa sopra quelle de’ mesi passati mentre credevasi con

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ragione che la raddoppiasse dopo aver veduti tanti danari profusi in divertimenti nei mesi passati dagli inconseguenti e impolitici vicentini. La notte scorsa i ladri tentarono la cassa del danaro dei ricchi cambisti Monti, e Guzan, vicino al palazzo Cordellina; erano ben avanzati nella rottura ma si svegliò gente, ed essi fuggirono con il delitto, ma non col danaro. Vennero dalla porta di Santa Lucia moltissimi carriaggi di ritorno dall'armata francese. Nei giorni passati fu derubata sacrilegamente anche la chiesa parrocchiale di Bressanvido. 11 gennaio 1810 . Partirono per Verona i carriaggi venuti ieri, e anche 40 soldati di cavalleria che venne ieri a piedi perché perduti in guerra i cavalli. Quanti spettacoli! Anche in una notte dei primi giorni dell'anno, entrarono ladri forando il muro nella sagrestia della parrocchiale di Settecà; non poterono entrare in chiesa, e asportarono cose di poco valore. 13 gennaio 1810 Gli insorgenti alle Valli fuggirono alla vista della milizia spedita; e otto o nove di essi furono fatti prigionieri, e condotti a Schio. Partì per Verona un picchetto di fanteria venuto ieri sera da Santa Lucia; dalla qual porta venne questa sera un altro picchetto di fanteria di circa cinquanta, seguitato da diversi carri con prigionieri di soldati austriaci tre dei quali, fermatosi il carretto sul nolo alla porta di casa Schio presso San Gaetan, colto il momento fuggirono verso la porta di Santa Lucia e i gendarmi tennero loro dietro per raggiungerli. Non me ne prendo alcun pensiero, e lascio che sfuggano al loro talento. 14 gennaio 1810 Partirono questa mattina per Verona i fanti venuti ieri e venne questa sera dalla porta di Santa Lucia un picchetto di altri sessanta fanti. Si incomincia dai nostri resuscitati Visigoti a demolire il campanile annesso alla chiesa palladiana delle espulse Monache di Santa Maria Nova; il quale dopo quello di San Silvestro, omai mezzo demolito, era il più bello della città. Mi aspetto di vedere così trattato anche il Palazzo della Ragione, né mi farebbe meraviglia. 15 gennaio 1810 Parti per Verona la fanteria venuta ieri. Il freddo a gradi quattro sotto il gelo. Nevicò dall’alba fino al mezzogiorno e al dopo pranzo si vide sul corso qualche slitta plebea. 16 gennaio 1810. Nevicò qualche poco anche nella notte passata. Nella notte passata due ore avanti mezzanotte passò all'altra vita in età di 72 anni dopo una lunghissima malattia sofferta con religiosissima rassegnazione il signor canonico Antonio Branzo Loschi; soggetto e esemplarissimo, piissimo e assai dotto massimamente nel jus canonico. Era amato e stimato da tutti. Col sistema presente di governo, chi sa dirmi quanto tempo passerà prima che in Duomo veggasi eletto il suo successore! Oh! Tempora! Questa sera vennero da Verona circa 600 soldati italiani di fanteria. 17 gennaio 1810. Partirono questa mattina per Padova i suddetti seicento soldati. La scorsa notte i gendarmi andarono per le case e nelle ville suburbane a levar e nuovi coscritti e sparsero il lutto per tutte le famiglie dove li trovarono.

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18 gennaio 1810. Vennero da Castelfranco 360 ussari francesi a cavallo e poca fanteria. Vengono condotti dalle ville in lunghe file accompagnati da gendarmi i poveri giovani villani coscritti. Spettacolo di gran compassione. Le madri e padri li seguon piangendo. Pochi giorni fa in Camisano il signor Domenico Spessati che ivi trovavasi per pubblica commissione, cadde di notte da una scala senza appoggio per cui scendeva senza lume, e restò affatto privo di sentimenti e senza mai riaverli morì la scorsa notte, compianto da tutti perché fornito di egregie qualità e di molta abilità e sollecitudine nei pubblici uffizi, che sostenne sempre con molto decoro, probità e valore. 19 gennaio 1810. Vennero questa sera da Padova 360 ca. soldati di fanteria. Prosegue la tragica scena di coscritti delle nostre ville che vengono a schiere condotti in città e depositati nella caserma o casa di forza di San Biasio. La notte scorsa e questa mattina ha nevicato non poco. 20 gennaio 1810. Partì per Verona la fanteria venuta ieri. 21 gennaio 1810. La scorsa notte di nuovo è caduta non poca neve. E questa mattina sotto una dirottissima pioggia sono partiti verso Verona i 360 soldati a cavallo venuti son pochi giorni: e nella notte passata questi eroi della gran nazione, questi amici dell'uomo si segnalarono in molte case dove alloggiavano con le loro violenze. Un'ora dopo mezzodì giunse dalla porta di Santa Lucia altrettanta e forse più numerosa cavalleria. Questi sono gli avanzi della grande armata che guerreggiò sul Danubio: dal che si vede che fu molto abbattuta. Giunse ancor dalla stessa parte qualche centinaio di fanti. Per la gran pioggia di oggi, questa sera l'acqua del fiume è molto gonfia. 22 gennaio 1810. Un diluvio di pioggia per tutta la notte passata e per tutta questa giornata senza mai un solo istante di interruzione, che ormai questa sera supera quella dell’autunno passato che pur fu grandissima, e a quest'ora giungono nuove di rotte rovinose fatte dal Chiampo e a Montorso. 23 gennaio 1810. Quando si credeva di vedere questa mattina l'acqua cresciuta fuor di misura massimamente perché ha piovuto anche la notte passata, si trova invece il Bacchiglione calato di quasi tre piedi. Laus Deo. A Montebello altra rotta è successa con gravi danni. La Tesina non fu tant’alta. Qui in città il Bacchiglione sormontando la strada in fondo al borgo di Santa Croce portò a drittura la corrente al borgo di San Felice come fece altre volte penetrando furiosamente in molte di quelle case e uscendo sulla strada di San Felice per unirsi all'acqua del Retrone. Per le osservazioni fatte da molti il Bacchiglione non giunse all'altezza del 15 ottobre passato; ma il Retrone lo superò. 24 gennaio 1810

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Partì per Verona la cavalleria venuta a Vicenza pochi giorni fa; e 200 soldati di fanteria partirono fuori della porta di Padova. 28 gennaio 1810. Oggi dopo pranzo vennero da Cittadella 700 soldati di cavalleria, e la sera giunse il maresciallo Magdonal; e andò ad alloggiare dal co. Annibale Tiene.

Étienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald (Sedan, 17 novembre 1765 – Courcelles, 25 settembre 1840) è stato un generale francese, Maresciallo dell'Impero e Duca di Taranto. Sposò nel 1801 Zefirina di Montholon, la vedova del generale Joubert morto in battaglia a Novi nel 1799. Sinceramente repubblicano, si distinse nelle guerre rivoluzionarie francesi, combattendo con valore e abilità, nei Paesi Bassi, sul Reno e in Italia; fu messo da parte da Napoleone Bonaparte per la sua opposizione alla dittatura, A seguito dell'arresto del generale Moreau (15 febbraio 1804) cadde in disgrazia per averlo difeso e ottenne nuovamente il comando di una divisione (in Italia) solo nel 1809. Il Principe Eugenio lo nominò comandante dell'ala destra dell'esercito e si distinse nella capitolazione di Laybach. Nella battaglia di Wagram (6 luglio 1809) si guadagnò il titolo di Maresciallo dell'Impero. Nel dicembre dello stesso anno fu creato duca di Taranto e poco dopo gli fu affidato il VII Corpo d'armata in Spagna. Partecipò alla campagna di Russia al comando del X Corpo d'armata, un corpo eterogeneo costituito da soldati polacchi, vestfalici, bavaresi e prussiani. Combatté valorosamente nelle battaglie di Lützen. Fu tra i più convinti a consigliare l'abdicazione di Napoleone. Nominato pari di Francia da Luigi XVIII, sostenne la Restaurazione finché si ritirò a vita privata (wikipedia)

29 gennaio 1810 Partirono i suddetti 700 soldati di cavalleria verso Verona, e con essi e il sud.o Magdonal. Questa truppa alloggiò per le case come alloggiò ogni altra, perché le caserme sono distrutte: bisognava lasciarvi i frati e le Monache, così si sarebbero conservate. Giunse anche ieri dalla porta di Santa Lucia qualche centinaio di fanti che oggi partirono per Verona. Aspettino che io li chiami indietro. Giungono anche ogni giorno numerose file di coscritti da diverse parti del nostro territorio. Oggetto più compassionevole di questo non so concepire. 30 gennaio 1810. Vennero dalla porta di Santa Lucia circa 600 soldati a cavallo. 31 gennaio 1810. Partirono i suddetti seicento soldati per Verona. Avvenne nei giorni passati nel paese dei Laghi che un masso enorme di neve rotolò giù da una montagna e acquistando nel cader volume o forza schiacciò quattro case in cui restarono morte e sepolte tredici persone. Luttuosa disavventura. Altrettanta cavalleria è giunta dopo pranzo ed anche qualche centinaio di fanteria con molti carriaggi. Ho detto altrove che presentemente si sta lavorando il nuovo estimo ossia Censo di tutti i beni dei cittadini in città e nel territorio. Sono due o tre anni che vi si lavora da molti periti e impiegati; e finora questa inutile fatica fatta a spese nostre costa più di cinquecento mila lire venete; quando sarà terminata non basteranno ottocento mila. I buoni veneti Non tornan più.

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2 febbraio 1810. Partì verso Verona la cavalleria venuta l'altro giorno ma altrettanta ne venne da Cittadella dopo mezzogiorno. Questi sono tutti i reggimenti di cavalleria che tornano indietro dalla guerra fatta in Germania e bisogna alloggiarli in gran parte per le case essendo distrutte le caserme dai loro compagni. 3 febbraio 1810. Questa mattina è partita la cavalleria venuta ieri per Verona. Ha nevicato alquanto questa mattina. Jeri dopo pranzo fu portato il SS. Sacramento per viatico alla signora Paolina Pigatti vedova del q. Signor Giovanni Maria Pigatti medico di molta riputazione. Le fu portato da un parroco del Duomo; ma nell'atto di comunicarla, aprendo la pisside non vi trovò in essa veruna particola. Questo caso merita di essere registrato perché non credo che sia più accaduto. 4 febbraio 1810. Gran truppa francese giunta oggi dopo pranzo dalla porta di Santa Lucia; cioè 500 di cavalleria; e 1500 di fanteria; e questi pure alloggiati per le case tutti quanti. Vedete a che oppressione ci hanno condotti no i francesi, no Napoleone, ma i nostri peccati; e se così si castigano in questo mondo, che sarà nell'altro? Chi non trema a questo pensiero? Eppure pochissimi uomini ci riflettono; e anche tra quelli che vi riflettono qualche poco, chi si emenda? Vennero anche in gran quantità carriaggi ed anche cannoni. Non si può negare che questo non sia un ritorno riflessibile. Ma è egli in conseguenza della pace, o per qualche altro motivo? Questo è ciò che non saprei dire. Fu messo nei giorni passati in libertà il sacerdote Don Giovanni Maria Paù di Gallio, che era detenuto da più di otto mesi a questa parte, ed era ora detenuto ai PP. Riformati per i soliti delitti di esultanza quando vennero gli austriaci. La confusione di questa sera in molte case a motivo di questi alloggi è estrema; né v’ha luogo a ricorso; perché che il cittadino vuole portare i suoi reclami alla Municipalità, trova le sentinelle che gli impediscono l'ingresso. Ecco il regno della felicità ripetiamo ripetiamo

i buoni veneti non tornan più.

5 febbraio 1810. Partirono per Verona i soldati 1500 di fanteria venuta ieri. La sera ne vennero altrettanti di fanteria dalla porta di Santa Lucia con carriaggi e cannoni e alloggiarono nelle case. 6 febbraio 1810. Partì la suddetta fanteria di circa 1500 per Verona. La sera ne giunsero dalla porta di Santa Lucia altri 600 pure di fanteria destinati a fermarsi in Vicenza. Molti di essi alloggiarono nelle caserme accomodate in qualche maniera in questi giorni. 8 febbraio 1810. Vennero da Verona circa 300 soldati a cavallo ma seguitarono il loro viaggio fuori della porta di Santa Lucia. 11 febbraio 1810. Partì per Verona una porzione della cavalleria che da qualche giorno si trova qui e partì per Verona una quantità prodigiosa di carriaggi, di munizioni eccetera che in questi giorni, ed anche oggi, era venuta dalla porta di Santa Lucia.

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A fronte di questo ritorno fissa purtroppo che non v’ha umane speranze di cangiar la nostra deplorabile condizione. Quei creduli stessi che sempre si lusingavano omai sono convinti che non v’è più umano rimedio. 13 febbraio 1810. Per la molta pioggia della scorsa notte il fiume si è gonfiato notabilmente. Vennero da Padova 200 soldati di fanteria. 14 febbraio 1810. Questa mattina partì per Verona la massima parte della fanteria che era in Vicenza. Oggi dalla corte fu condannato il co. Luigi Banca a dover restare come prigione in Santa Corona per un anno. Sono nove mesi che questo cavaliere è arrestato per aver esultato alla venuta degli austriaci; tutto il mondo lo compassiona. Vennero da Santa Lucia circa 50 soldati a cavallo di gendarmi. Questo è il famoso anello che lega il soldato con lo sbirro. 15 febbraio 1810. Vennero da Verona circa 1000 soldati di fanteria. Abbiamo ora in città un gran numero di milizia d'ogni sorte tanto di cavalleria quanto di fanteria, che recano gran incomodo per le strade, dove essi credono esser soli. 16 febbraio 1810. Dirottissima pioggia nella notte passata e brentana non piccola questa mattina. Vennero da Verona 500 soldati di fanteria. I 1000 venuti ieri sono destinati a fermarsi qui. I venuti oggi alloggiano per le case dei cittadini. Estrema oppressione e non piccolo danno massimamente di biancheria. Oggi il degnissimo P.re Tassoni domenicano, soggetto di molto merito e valente predicatore che fu arrestato nel maggio passato per aver dato segni d'allegrezza all'ingresso degli austriaci è stato oggi condannato dalla nostra corte speciale a dover rimanere arrestato altri sei mesi. Chi ha dato il diritto a queste Corti di giudicare gli unti del Signore. Ma che sarà quando questi Unti ora trattati così, sedebunt judicantes i loro giudici nel dì finale? Questa sera l'acqua cresce furiosamente per la dirottissima pioggia di questo oscurissimo giorno; più tardi cominciò a calare. 17 febbraio 1810. Gran pioggia, vento, e piccola scossa di tremuoto che Dio ne guardi nella notte passata. L'acqua è ricresciuta di nuovo, non però a grande altezza. Venne da Santa Lucia poca cavalleria ma una quantità di carriaggi tutti diretti verso Verona. Chi vedrà il fine di questo caos?. 18 febbraio 1810. Passaggio di moltissimi carriaggi diretti a Verona. 19 febbraio 1810. Partirono per Bassano i 500 fanti venuti pochi giorni fa da Verona. Jeri l'altro in un orto che in passato era di casa Scroffa ed ora è di ragione del signor Giovanni Zamunaro perito, il quale orto con casino si trova in fondo al borgo di Santa Lucia ossia dei Scroffa, pochi passi dopo il medesimo borgo voltando peraltro per pochissimo tratto nella prima strada a banda dritta; in questo orto dico, cavandosi in un fosso da Giulio Montemezzo operaio di detto signor Zamunaro nel luogo dove termina quest’orto e confina con terreno di Casa Scroffa, furono ritrovati diversi frantumi di coppi antichi romani, sotto

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essi in uno spazio di pochissimo circuito quattordici o quindici lucerne antiche di terra di forma bellissima e tutte figurate; quattro o cinque delle quali andarono in pezzi sotto la zappa, ma dieci sortirono intatte. Sotto di esse eravi un covacciolo di terra bruciata e carboni; e finalmente sotto questa terra, ossia creta bruciata un mattone ben grosso e ben grande; piuttosto che sepolcro inclinerei a credere che ivi fosse anticamente una fabbrica di lucerne ed altri vasi cretacei tanto più che tutto il fondo di quel contorno è tutto di Creta. Ho acquistato le lucerne ed ecco le figure che rappresentano di rilievo benché nessuna porti iscrizione

due hanno una testa di vitello una un cane che cammina una un uccello che pose il piede sopra un ramoscello e inclina il becco verso il frutto una un uccello con ali alquanto spiegate, la testa alta e con l’unghie si riposa sopra un vaso. una con un cane che afferra una lepre due hanno un capriolo una con un cagnaccio che corre a gran salto una un amorino alato in piedi.

Tutte sono tanto nella forma quanto nel disegno delle figure eleganti e corrette e mostrano di appartenere agli alti secoli del buon gusto. Ho fatto acquisto di tutte. Oggi la nostra corte speziale ha condannato a star relegato in Santa Corona nel convento il sacerdote Don Soprana di San Giovanni Ilarione fino ai primi del 21 giugno, per i soliti delitti di esultazione all'arrivo degli austriaci. Fu detenuto fino dal giugno passato. Ogni dì si vedono queste sentenze che mortificano le oneste persone. 20 febbraio 1810. Giornata assai fredda e di gran vento. 21 febbraio 1810. I Il freddo a gradi quattro sotto il gelo. 22 febbraio 1810 Il freddo gradi 5 e mezzo sotto il gelo. 23 febbraio 1810. Il freddo poco più di 5 gradi sotto il gelo. L'oratorio bellissimo del Rosario presso Santa Corona già da molto tempo è stato volto indegnamente ad uso di carcere; è del tutto pieno di prigionieri. Ora da qualche giorno in qua si è sviluppato tra essi un morbo epidemico che mette apprensione e molti ne muoiono. Gli infetti vengono trasportati nel vicino oratorio detto dei Turchini pur esso destinato a carcere da tanto tempo. Ecco i bei guadagni. Tutti rimangono sbalorditi, perché dopo che seppelliscono i morti fuor di città ognuno credeva che fosse tolto ogni pericolo non pur di infezione, ma anche d'ogni malattia, ed anche di morte. 25 febbraio 1810. Domenica della sessagesima. Giorno bello, placido, alquanto freddo. La processione votiva alla B. V. del Monte, o per dir meglio lo scheletro della processione partì dal Duomo un'ora avanti mezzogiorno. Vi intervenne il Podestà Francesco Anguissola con due Municipalisti che diconsi Savj. Non vi fu il Vescovo perché indisposto, né il Prefetto Magenta. Il Vescovo prese questa infreddatura perché l'altro giorno in mezzo a quell'orrido freddo volle provarsi; e andò alla Chiesa di Monte per mettersi all'ordine per il giorno d'oggi. Ma siccome

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egli è assai diritto, agile e snello nella persona quantunque in età avanzata, e che non può camminare adagio si riscaldò e fu colto da una costipazione, che non gli sarebbe successa se fosse andato con la lentezza della processione, senza far prova preventiva. Fu grande il concorso alla chiesa della Beata Vergine. Non si vede tanto genio di maschere come negli ultimi anni passati. Nonpertanto è uno spettacolo di un carattere affatto nuovo vedere torme di numerosissimi coscritti condotti dai bravi gendarmi trapassar piangendo in mezzo alle allegre e gioconde mascherate.

I buoni veneti non tornan più drizziam le lacrime e gli occhi in su.

La processione era accompagnata dalla nostra meschinissima Guardia Civica che anche in chiesa imitava bravamente l'urlo degli ufficiali della Gran Nazione. Non basta che siamo soggetti ad imposte esorbitanti, continue, incredibili per essere protetti, e difesi da questi magnanimi eroi che ci conviene mettere in piedi e mantenere a nostre spese una Guardia Nazionale che supplisca per loro, che faccia per essi quello che essi dovrebbero fare per noi, mentre li paghiamo al di là d'ogni misura. 27 febbraio 1810 Una porzione della cavalleria ch'era qui partì verso Rimini. Gli infetti prigionieri nell'oratorio soppresso del Rosario furono questa mattina trasportati al lazzaretto, e i prigionieri sani condotti in gran parte nel soppresso convento dei PP. Cappuccini. Vi risovvenga che questo convento con lo stradone che vi conduce è destinato ai pubblici giardinaggi e passeggi di questa fortunata popolazione, e molto finora a nostre spese vi si è lavorato. Non sarà dunque un oggetto di ricreazione deliziosa per la gente che se ne approfitta, il vedere che il giocondo passeggio mette capo in una prigione? O che teste mamalucche! Questa sera fuori della porta di San Bartolomeo due contadini padre e figlio rimasero uccisi di coltello da un tal Vienna. Il figlio restò interfetto per mettersi a difesa del padre. 28 febbraio 1810. Infierisce sempre più nei carcerati infetti e trasportati al lazzaretto in numero di sessanta, l'epidemia e mette in apprensione il Governo della Città. L'oratorio del Rosario di Santa Corona è tutto evacuato, ma tutto rovinato. Rovinate e distrutte dai figli della gran Nazione sono pur le caserme e secondo il solito, seicento soldati di fanteria venuti oggi dalla porta di Santa Lucia sono alloggiati nelle nostre case, e ci fanno fino il carnevale allegramente. Quello che mi fa tremare e questo pensiero: se il peccato viene in questo mondo castigato in questo modo, cosa sarà nell’altro? Vorrei che i Liberi Muratori Illuminati rispondessero a questa interrogazione. Meglio depurato il fatto degli interfetti di ieri sera si è rilevato che il padre, e il figlio Bigarella avendo antica questione col Vienna, vedendo che egli era sopra un albero a bruscare lo chiamarono a basso, e quando egli fu sceso inveirono contro di lui, con bastoni ed egli col coltellaccio che aveva in mano menando da una parte e dall'altra con due colpi mortali gli uccise, e fuggì.

*** 2 marzo 1810. Partì non poca fanteria e cavalleria per Verona; ma nuova fanteria sopraggiunse dalla porta di Santa Lucia. Il cappellano di San Pietro Mussolini il quale fu detenuto fino dal maggio dell'anno scorso per aver esultato all'arrivo degli austriaci, oggi dalla nostra corte speciale è stato con

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dispiacere universale condannato a rimanere detenuto nel convento di Santa Corona dove al presente si trova per un anno cominciando dal dì d'oggi. Povero Don Cristoforo Ferrari? 4 marzo 1810. Gran moltitudine di carriaggi e di attrezzi militari venuti dalla porta di Santa Lucia diretti a Verona unitamente a molta fanteria la quale secondo già il consiladato [consolidato] costume, ci favorisce di alloggiare nelle nostre case, delle quali non ci accorgiamo di essere padroni se non quando paghiamo il Prediale, le imposte civiche, o le ristauriamo. 5 marzo 1810. Oggi venne da Santa Lucia molta fanteria e molta ne partì per Verona. Pur la città ne è tutta piena; ed oggi lunedì grasso non si veggono per le strade che maschere e soldati, la vita dei quali avvelena ogni divertimento perché ci fa conoscere la nostra oppressione. In una di queste ultime passate notti entrati i ladri nella chiesa parrocchiale di Sarmego vi rubarono da empj due pissidi, un calice, e qualche altra argenteria. I delitti crescono a misura che va mancando la religione. 6 marzo 1810. Ultimo giorno di Carnovale. Partì per Verona moltissima fanteria; e ne sopravvenne dalla porta di Santa Lucia; ma non è possibile tenerne un conto esatto; perché ogni dì moltissime vengono milizie di truppa regolata e moltissime partono. Adesso si vede quale esercito questo fosse e di quanta forza.

Fine del Libro Nono

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Memorie della desolata Vicenza una volta Città, ora avanzo di Urine,

scritte da Arnaldo Arnaldi P.° Tornieri per suo uso privato

7 marzo 1810. Primo giorno di quaresima. Partirono molti soldati di fanteria per Verona, ma dopo pranzo ne vennero più di mille dalla porta di Santa Lucia e andarono ad alloggiare in gran parte per le nostre case come è già introdotto il tremendo costume. 8 marzo 1810. Sotto un cielo dirottissimo partirono questa mattina per Verona i fanti 1300 venuti ieri. La pioggia della passata notte ha fatto crescere il fiume ad un segno molto considerabile. 13 marzo 1810 Vennero dalla porta di Santa Lucia 30 cannoni con molte carra di munizioni; indi vennero circa 2000 soldati di fanteria a felicità nelle nostre case dove alloggiano nella massima parte.

I buoni veneti non tornan più Più amato principe Mai non vi fu.

A queste delizie si aggiunge quella del c.o Prediale grand’Aquila della Legione d'onore che viene a riscuotere la rata di marzo nelle stesse misure di quella di gennaro. È ben da ringraziare che non l'abbia cresciuta.

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14 marzo 1810. Partì per Verona la truppa venuta ieri non però tutta. 15 marzo 1810. Questa mattina partì per Verona il rimanente. Vennero da Santa Lucia in gran quantità carri di munizioni. 16 marzo 1810. Il signor arciprete di Sarmego Cazzavillani da molti mesi detenuto ora a San Giuliano, ora a Santa Corona per i soliti delitti di esultanza all'arrivo degli austriaci, oggi è stato assolto dalla Corte e posto in libertà. Nei giorni passati fu per ordine del Governo di Milano chiusa la Loggia dei nostri Liberi Muratori che era in una casa a San Silvestro, e in una delle passate notti furono trasportati e levati tutti gli arredi e attrezzi plutonici che ivi erano; ma siccome si tien questo fatto in sommo silenzio così mi riserbo a darne i dettagli quando saranno più noti. Benché tardo il colpo sarebbe maestro se fosse chiusa per sempre. Questa loggia si trovava adesso in una casa che era del signor Carlo Vicentino. Di più oggi sono stati rilasciati 139 prigionieri che da tanto tempo erano carcerati o come insorgenti, o come fautori degli austriaci. Di più sono stati per ordine del Governo sospesi i pubblici scandalosi giuochi della Roletta e del Faraone. Si ignora finora il motivo di queste novità. Utinam sieno permanenti. Lo desidero ma non lo credo, non lo credo, non lo credo. 17 marzo 1810. Ottanta carri vennero oggi da Santa Lucia diretti a Verona di munizioni, attrezzi militari ec. ec. Rivive la voce che si abbia da cangiar governo e che abbiamo da passare in mano degli austriaci massimamente dopo che Bonaparte è divenuto in questi giorni genero di Francesco II avendo fatto nozze con una di lui figlia; ma non meritiamo tanta felicità; e perciò non lo credo. 21 marzo 1810. Predica in Duomo in questa quaresima il padre Angelo Bigoni, Minor Conventuale. 22 marzo 1810. Non ve l'ho detto? Ecco rimesso pubblicamente il Ridotto dei giochi di fortuna con le loro insegne che da qualche tempo erano state levate. Mi aspetto di vedere riaperta la loggia dei Liberi Muratori ora detti Illuminati di cui fu fondatore Visampt. Gran latrocini nelle case e assalti in più strade della città sono accaduti nella notte passata anche con ferite, e sparo di armi. E cosa fate lanterne? Nel lazzaretto dove sono raccolti i prigionieri infetti di malattia le cose prendono buon aspetto, e quasi tutti guariscono; pochissimi muoiono. Tra i latrocinj della notte passata uno fu tentato nella chiesa parrocchiale di Casale dove entrati i sacrileghi rompendo i muri non rubarono che poche cose perché poco trovarono. 26 marzo 1810. Comincia un bello spettacolo degno di un occhio cristiano. Si incomincia a demolire la bellissima cupola di piombo del bellissimo soppresso oratorio della Beata Vergine del Rosario che esiste sul sacrato di Santa Corona. Questa cupola ha costato alla compagnia del Rosario dieciotto mila ducati; e la ho veduta a fabbricare l'anno 1758: e 52 anni dopo la veggo a terra. Uh! Delitti di questo secolo!

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Vennero oggi da Padova circa seicento soldati di fanteria molti dei quali alloggiarono per le case nostre quantunque già aggravate da altro alloggio di uffiziali. 27 marzo 1810. Questa mattina partì per Verona la suddetta truppa. Ieri sera i condannati dalla Corte, come il co. Luigi Banca, il cappellano di San Pietro Mussolin, di cui ho scritto ed altro, che erano detenuti nel convento di Santa Corona, furono tradotti nella casa di forza eretta nel soppresso convento dei Padri Cappuccini. Questa prigione sarà la vaga prospettiva dei pubblici passeggi e giardini. Risorge Ovidio. Ecco un vasto argomento per comporre un nuovo libro di Metamorfosi. 30 marzo 1810. Parte questa mattina per Verona una numerosissima fanteria con moltissimi carriaggi di attrezzi guerreschi venuti ieri dalla porta di Santa Lucia.

*** 2 aprile 1810. Partirono questa mattina per Verona circa seicento soldati di fanteria che vennero ieri, e che alloggiarono per le nostre case che non si possono più dir nostre se non quando se ne paga il Prediale e l'imposta. 6 aprile 1810. Il generale Menou ha fatto oggi passare la rassegna tutte le truppe che sono in Vicenza. Questa sera uno di quei facchini che accendono i fanali della città, caduto giù dalla scala nell'atto di accendere il fanale ricevette tal percossa che pochi momenti dopo morì.

Jacques François de Menou, ( 1750-1810).

Generale francese che comandò, fra l'altro, il corpo di spedizione francese in Egitto dopo la partenza per la Francia di Napoleone Bonaparte e la morte del generale Jean-Baptiste Kléber, al quale era subentrato al comando.Allo scoppio della era già maresciallo di campo. Fu impiegato come Maresciallo di campo, prima a Parigi e successivamente nell'armata dell'ovest. Nel 1793 combatté in Vandea, fu sottoposto a giudizio per tradimento ma assolto nel 1795. Nel 1798 partì per la campagna d’Egittoe si distinse particolarmente nell'assalto alla città di Alessandria, rimanendo ferito. Si ritirò quindi in Alessandria ove, dopo in cambio dell'impegno al rimpatrio sulla flotta inglese, capitolò il 1ºagosto dello stesso anno. Rientrato in patria, fu nominato amministratore del Piemonte nel 1802, governatore della Toscana nel 1805 ed infine governatore di Venezia. Richiamato in Francia il 23 luglio 1810, morì a Carpenedo, a nord di Mestre. (Wikipedia)

8 aprile 1810. L'arciprete di Loria che molti mesi fa esorcizzò a Loria e a Bassano una femmina ostessa che restò liberata a Bassano nel parlatorio della beata Bonomi è stato condannato dal governo a stare tre mesi nel convento di Santa Corona, e la donna sei in una casa di forza. O tempora! O mores! Ma la donna fu messa tra le vecchie dell'ospitale. La notte scorsa anzi sul principio della notte, sulla strada del Corso faccia a San Gaetano, e in faccia alla sagrestia del Duomo furono assalite persone, e una assai percossa. Dove siamo noi? 10 aprile 1810. Partì per Verona un piccolo corpo di fanteria venuta ieri ed ogni giorno ne vengono da Santa Lucia e ne partono per Verona.

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I Liberi Muratori vivono tranquillamente e senza paura nella loro loggia: sicché non fu vero quanto fu sparso, o se fu vero, l'ordine non ebbe effetto, o fu ritrattato. 12 aprile 1810. Grandissimo e lunghissimo temporale oggi dopopranzo con gran tuoni, assai, pioggia, e grandine. A Bartesinella, a Settecà, alle Torri, ed altrove la grandine fu significante avendo danneggiato tutti gli orti e i fruttari. Una saetta cadde nel palazzo del co. Annibale Tiene alla porta del Castello. Entrò per molte stanze; e la camera dove egli si trovava con due altre persone fu tutta avvampante di fuoco; ma grazie a Dio [non] n’ebbe danno. 13 aprile 1810 Per la gran pioggia di ieri il Bacchiglione è notabilmente cresciuto. 17 aprile 1810 Venuti a questione nella caserma dei Carmini alcuni di quei soldati francesi che ivi alloggiano, uno di essi restò ammazzato oggi dopopranzo. 18 aprile 1810. Mercoledì Santo. Fu fatta la processione del Santissimo per il termine delle Quarantore e fu portato il Santissimo da monsignor Vescovo, accompagnandolo il Podestà Anguissola e cinque Municipalisti. Persistono alcuni increduli a sperare che abbiamo da cangiar governo senza che vi sia alcun umano fondamento. 19 aprile 1810. Giovedì santo. Monsignor Vescovo ha fatta in Duomo la solita funzione pontificale assistendovi il Prefetto Magenta, il Podestà Anguissola e cinque Savj vestiti alla comica, e spalleggiati da trenta più comici soldati della ridicola Guardia Civica i quali imitavano in chiesa gli urli dei loro maestri francesi. Dopo il pontificale il suddetto monsignor Vescovo in mezzo alla cappella maggiore secondo il solito lavò i piedi a dodici poveri. 20 aprile 1810. Venerdì santo. Questa sera fu fatta la processione ora ridotta brevissima della Santa Croce portata da monsignor Vescovo, ed accompagnata dal Podestà Anguissola e cinque Municipalisti. 21 aprile 1810. Sabato santo. Per un grazioso decreto napoleonico inaspettato furon oggi posti in libertà improvvisamente quasi un centinaio di prigionieri detenuti tra i quali

Il co. Luigi Banca Il sig. Baldassare Scorza D. Cristoforo Ferrari cappellano di San Pietro Mussolin D. …… sopra di S. Gio. Ilarion e il P.re Tassoni Domenicano

22 aprile 1810. Giorno di Pasqua di resurrezione. Monsignor Vescovo ha fatto in Duomo il pontificale a cui intervenne il Prefetto Magenta, il Podestà Francesco Anguissola e i Savj Municipalisti vestiti

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buffonescamente, accompagnati dalla buffona Civica Guardia urlante in Duomo all’uso francese. Ieri nell'atto che fu data la nuova a un povero prigioniero della sua liberazione tale fu l'impeto dell'allegrezza che rottagli una vena nel petto di gittata dalla bocca gran copia di sangue restò morto. È dunque vero che un soprassalto di gioia può dar la morte. Ieri pure provenendo dalle parti di Brendola un carro carico di una botte di vino rovesciatosi esso carro schiacciò un uomo e una donna che rimasero estinti. Ieri parimenti passando un legno con quattro forestieri tra cui una signora, il ponte della Tesina a Lisiera per andare a Treviso, il cavalli ebber paura a mezzo il ponte e rincularono a segno di far urtare la carrozza con le ruote di dietro e impetuosamente nelle deboli sponde del ponte, le quali si ruppero; allora il corpo della carrozza distaccandosi dal Bero [?] precipitò nel fiume con tutti i forestieri che v'erano dentro; ma la povera signora restò annegata; gli altri si salvarono. Il Bero col corpo davanti coi cavalli col postiglione restò illeso sul ponte. La povera signora fu veduta e udita nel mezzo dell'acqua cercare e chiedere aiuto, ma nessuno era a portata di soccorrerla. Questo è quel luogo stesso dove io dovevo essere annegato nel passato autunno se non era un miracolo del regnante santo pontefice Pio VII vedi le mie memorie passate. 25 aprile 1810 La scorsa sera fu derubata tutta l'argenteria della chiesa parrocchiale della Molina, entratevi i sacrileghi rompendo il muro secondo il solito. Quattro lampade d'argento, altrettanti candelieri, due calici, turibile ec. Per un resto di religione non toccarono la pisside sacrosanta. Circa mille ducati è il valore dell'argento. Ed in un giorno della passata Settimana Santa un sacrilego ebbe l'ardire di bel giorno di rubare la pisside dall'altare nella chiesa di San Giuliano fuori della porta di Padova. A che eccessi inauditi e i continui siamo noi mai giunti. Essendo stati rilasciati tanti prigionieri, siccome ho scritto, così ora la Chiesa e il convento dei Cappuccini già soppresso son vacui o non servono più ad uso di prigione. Non ho notato come i primi di questo mese per il corso di 20 giorni in circa un forestiere venuto a Vicenza faceva vedere per guadagno una quantità di figure di cera al naturale, tra cui Napoleone ec.; e il luogo in cui le mostrava era l'oratorio della B. Vergine della Concezione il quale quantunque soppresso non è sformato. Cosa, che fece raccapriccio ad ogni anima cristiana.

*** P.° maggio 1810. Questa mattina fu trovata morta in letto nel suo soggiorno Isola di Malo la co. Laura fu moglie del q. Egidio Negri in età di 73 anni. Ieri sera era stata benissimo, cenò con l'appetito senza dar segno alcuno di mal essere. Se vi fu dama che meritasse un elogio funebre questa è dessa perché si distinse in ogni genere di virtù. La pietà e la religione in lei gli fu singolare; la carità oltremisura perché le sue elemosine erano insigni. Benefica con ogni sorta di persone, saggia, prudente e acuta d'ingegno. La morte sua fu subitanea ma non improvvisa perché ieri l'altro era stata ai sacramenti come faceva almeno ogni settimana. Per questi motivi non è da stupire se la sua morte ha commosso tutta la città. [Laura Montanari –ultima dei Leoni-Montanari - era la madre di Ottavia Negri Velo. Cfr. www.bonaparteavicenza.com] 4 maggio 1810. Fu temporale che scaricò tempesta a Montebello e più a Zermenghedo. Passano truppe di non molta fanteria in questi giorni che vengono dalla parte di Bassano, e vanno verso Verona.

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7 maggio 1810. Questa sera venendo io a casa mia due ore prima di mezzanotte dalla conversazione di nostro monsignor Vescovo, avendo il mio servo davanti col fanale acceso incontrai un soldato comune figlio della grande Nazione il quale diede un calcio nel fanale e fracassò il vetro. Questo è un niente; come sarebbe un niente se questa sera, e non è difficile, se facesse lo stesso al padrone; solo lo noto perché si vegga a quale grado arrivi la violenza e l'oppressione. Questo è avvenuto sotto il portico di casa mia in faccia alla porta del palazzo del conte Marco Antonio Trissino dove aveavi una sentinella che tutto vide e niente si mosse. 11 maggio 1810. Giorno di venerdì. Giorno il più funesto e fatale di questo 11 maggio non vi fu. Dal primo giorno della rivoluzione a questa parte con un decreto segnato a Compiègne il 25 aprile passato dal nostro famoso Napoleone, e pubblicato qui questa mattina vengono soppressi tutti i Regolari mendicanti e non mendicanti, ingiungendo loro di deporre l'abito ed ai religiosi Regolari non vicentini di andare alle loro patrie e a tutti di sloggiare dai loro conventi senza peraltro assegnar loro il giorno, che poi fu determinato dal nostro Governo di Vicenza, dentro questo mese per i Regolari, e fino agli 11 luglio per le Monache. Tutti i monasteri a questa nuova alzarono le grida fino al cielo, e in mezzo a questo lutto comparvero in ogni convento i satelliti del governo a prender l'inventario dei mobili. Tutte le chiese dei sopraddetti furono chiuse tutt'oggi fuorché quella della beata vergine di Monte che oggi dopo pranzo fu aperta. Gran danno per questi religiosi e religiose; ma maggiore per noi che restiamo senza ministri della religione. Gran merore [tristezza, dal latino maeror], gran lutto ha portata questa sacrilega operazione in ogni anima ragionevole. Sol ne trionfa il pagano, il giacobino, il Framassone. Un di costoro disse che questa è la più bella impresa che abbia fatto Napoleone da poi che è in trono. Verrà giorno che cangerai linguaggio. Voglia Iddio che sia a tempo. Un altro giorno darò più esatti dettagli di questo funestissimo avvenimento. 12 maggio 1810. S'accresce il lutto e la desolazione di tutta la città per la esecuzione di ieri, vedendo oggi chiuse e mutate tante chiese. Ecco la nota dei conventi e dei monasteri soppressi

I padri Riformati fuori della porta del castello, la Chiesa è chiusa. I padri Filippini, la chiesa è aperta perché sussidiaria del Duomo ma è chiuso il bel nuovo oratorio. I padri domenicani di Santa corona. La bella Chiesa antica e frequentatissima è chiusa. I padri minori osservanti che sono San Francesco di Paola. La chiesa è aperta perché sussidiaria di S. Pietro. I padri conventuali che sono in due soli, e sussistono come cappellani delle prigioni. La chiesa è aperta perché sussidiaria di Santo Stefano. I padri carmelitani scalzi la loro bellissima splendidissima frequentatissima chiesa, è chiusa. I padri serviti della beata vergine di Monte. La chiesa è aperta perché sussidiaria di San Silvestro. Le Monache di S. Pietro. La chiesa è aperta perché parrocchia. Le Monache Cappuccine. La chiesa è chiusa. Le Monache di San Domenico, ora carmelitane. La Chiesa è chiusa. Le Monache dell'Araceli. La Chiesa bellissima e chiusa. Le Monache di Santa Maria Maddalena. La chiesa è chiusa. Le Monache del Corpus Domini. La Chiesa è chiusa. Le Monache di Santa Chiara. La Chiesa è chiusa. Le Monache d'Ognissanti. La Chiesa è chiusa.

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A chi non trema la mano scrivendo la storia di così tremendi delitti. Questo è stato il maggior colpo avventato contro la religione e il colpo universale per tutte le città suggerito dall'odio implacabile contro i consigli evangelici. Ma le porte dell'inferno non prevalebunt. Questo è il frutto dei nostri peccati. Ma non la vogliamo capire, o al più crediamo che sia avvenuto per i peccati degli altri non per i nostri. 13 maggio 1810. Oggi dopo pranzo è morta la contessa Ottavia Pompei vedova del q. Lelio Gualdo di 83 anni. Matrona rispettabilissima e di meriti singolari e degna di ogni encomio, e molto più per le sue cristiane virtù. Non ho notato che da molto tempo è chiuso il lazzaretto, dove erano tradotti i prigionieri infetti di mali epidemici. Grazie a Dio e il male è estinto. 14 maggio 1810 E’ venuto il Cav. Prediale non favoloso vampiro a riscuotere la rata di maggio. Il meschino è ridotto in povertà, facendo vedere pede et digito che quello che gli diamo non gli può bastare. È perciò ha chiesto in civilissima maniera che la rata di questo mese gli sia accresciuta di un sei per cento all'incirca, nessuno ha avuto coraggio di dirgli di no, tanto efficaci furono le sue istanze. La notte passata entrarono i ladri nel convento delle Monache di Santa Maria Maddalena rompendo una ferriata. Nulla rubarono perché le Monache se ne accorsero, mentre per lo sbalordimento in unisono erano ben lontane dal prendere sonno. 15 maggio 1810. Un pugno di povere donne smentiscono tutti i filosofi e i moderni sublimi simili pensatori. Dicevano, componevano, stampavano essi nei libri loro che tutte le Monache stanno per forza nei loro chiostri; che ove si aprisse loro le porte dei conventi allegri e trionfanti ne uscirebbero a lanciarsi in mezzo al mondo. Tutti i chiostri sono atterrati a Vicenza, ma non v’ha una sola di queste vittime che non sia in un estremo lutto e in una inesprimibile desolazione sì che ne morrebbe d'affanno se Dio non infondesse in loro una virtù affatto eroica e che fa stordire sino il temerario libertino; non ve n’ha una che sia uscita e che non pianga e il momento in cui dovrà uscire. Lo stesso è dei poveri Regolari. Andate a credere alle asserzioni di questi impostori. Li chiamo tutti a vedere questo celeste spettacolo, e a negarlo se possono birbanti di prima classe. Due altri spettacoli sorprendenti per i loro contrapposti s’incontrano, e non tanto di raro per le strade. Uno di una truppa di Pagani che si avventano alle spalle di quei Regolari che passano, e li caricano di beffe, d'improperi, di insulti: l'altro di questi medesimi religiosi che soffrono con invitta pazienza ed eroica rassegnazione siffatti oltraggi, e godono anzi pro nomine Jesu contumeliam pati. Ognuno avrebbe creduto che in quel giorno in cui fu intimato ai Regolari e alle Monache il fatale decreto i satelliti che lo intimarono avrebbe dato a ciascuno individuo almeno cinquanta o sessanta ducati e non avrebbero sofferto, che con poca gloria del sovrano i Regolari poveri andassero e le Monache povere mandassero per le case in cerca di biancheria, di scarpe, di camicie ec. siccome fanno. Ma si sono accontentati di dire a loro che

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se hanno perciò bisogno di denaro lo domandino con supplica, e verrà loro consegnata la summa di duecento lire, ma queste verranno poi ad ognuno detratte nella pensione.

I BUONI VENETI NON TORNAN PIU’

16 maggio 1810. La gran pioggia della notte passata à cagionata una notabile escrescenza del fiume che va crescendo questa mattina con rapidità. 18 maggio 1810. Le signore Dimesse finora non sono state comprese nel fulmineo decreto sterminatore sono però state consigliate dal Prefetto a cangiare il loro vestiario che si accosta a quello delle Monache e a vestirsi da secolari ed alcune lo hanno già fatto. Neppure fino a ora sono stati tocchi i fratelli della Compagnia della Croce di Santa Margarita sul Monte Berico. Tutte queste povere Monache e tutti questi Regolari si adoperano per cercare abitazioni in affitto sì che tutta la città è un grandissimo movimento e confusione. Molti e molte non hanno alcun parente e sono poverissimi. Questa è una tragedia delle più commoventi. Le Monache di questa diocesi vicentina sono in numero di 565. Tutte presentano uno spettacolo di virtù eroica che spaventa i filosofi e i libertini. 22 maggio 1810. Furono oggi in volte nel macello anche le Dimesse di Santa Maria nuova, quelle di Santa Croce, di Tiene e di Schio ed anche i fratelli di Santa Margherita sul monte Berico. Oggi furono spediti satelliti in tutti questi luoghi, a demaniarli, e furono chiuse le loro chiese fuorché quella di Santa Croce che resta aperta perché sussidiaria della parrocchia dei Carmine ora detta di Santa Croce perché ivi da molto tempo è trasportato il parroco della parrocchia di Santa Croce. L'affacciarsi a qualunque convento è lo stesso che entrare in una casa che arda per incendio. Visaggi impauriti, persone attonite, altri a correr si veggon di qua, altri di là senza saper dove, i facchini carichi di mobili, mura squallide e desolate, sospiri e gemiti dappertutto. Iddio è stanco di noi e va ritirando la sua religione troppo da noi mal osservata e massimamente da me. 26 maggio 1810. La notte passata fu commesso un delitto di nuova invenzione non più accaduto. Furono rubati 500 ducati nella camera del conte Francesco Anguissola attuale Podestà. Per occultare il delitto il ladro si avvisò di fare una mina sotto esse stanze collocandovi qua e là quattro libbre di polvere conducendo un canale per un muro da lui forato che riuscisse al di fuori nel quale canale collocò un altro cartoccio di polvere. La cosa non riuscì come egli sperava. Diede fuoco alla mina tre ore dopo la mezzanotte si accese il cartoccio ma non comunicò la fiamma per volere di Dio al resto della polvere. Lo scoppio peraltro del cartoccio fu veementissimo, ruppe vetri, fece tremare i muri della casa. Le persone di casa balzarono di letto impaurite. Gli indizi caddero sopra un servo, fu catturato insieme con un altro. Il servo questa mattina confessò il delitto ed oggi dopopranzo fu condotto immanettato in una casa a San Francesco dove aveva nascosto il denaro rubato e fu ricondotto in prigione coi 500 ducati che lo accompagnavano, e che furono i suoi assassini. 28 maggio 1810.

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Escrescenza d'acqua maggiore di quella dei giorni passati per la molta pioggia [di ieri] sera e della notte passata. 30 maggio 1810. Avvicinandosi il termine perentorio che sarà il primo di giugno in cui tutti i Regolari devono aver deposto il loro abito e abbandonare il loro convento e ciò per il decreto di Napoleone il quale de plenitudine potestate ha soppresso qui nel Regno detto d'Italia tutti i Regolari d'ambo i sessi, si veggono ormai diversi di questi martiri passare per le vie della città col capochino impacciati per il nuovo vestiario, pieni di sbalordimento e di confusione, ma più di una eroica rassegnazione. Ognuno si aspettava che i Regolari nel giro di otto dieci anni dovessero finire a poco a poco; ma nessuno si immaginava che una mano divisasse di schiantare tutto ad un colpo questo fruttuosissimo ed antichissimo albero dalle radici. E questa mano potente si fermerà qui. 31 maggio 1810. Giorno dell'ascensione di N.S.G.C. Oltre alla solita festa per la incoronazione di S. M. Cristianissima che ricorre in questo giorno, un'altra ne intreccia oggi ed è l'esultanza per il di lui il matrimonio con la figlia di Francesco II imperatore. Perciò in Duomo vi fu Messa cantata, solenne Te Deum a cui intervenne il nostro mons. Vescovo, il Prefetto Magenta, il Podestà Anguissola, i Municipalisti, i Giudici, gli Impiegati in abiti comici, la Milizia e gli uffiziali in gran gala. Suonarono tutte le campane della città, cioè quelle poche che restano; furono sbarati cannoni. Dopo la funzione del Duomo fu dato il magnifico spettacolo di estrarre a sorte il nome di sei povere donzelle e consegnando loro al tempo del lor Matrimonio duecento lire venete per cadauna. Per questa sorprendente estrazione furono addobbati i tre primi poggioli del palazzo della Ragione, dove si portò la municipalità, il Prefetto, e tutte le cariche per presiedere a questa sorprendente meschinità; e tutta la milizia era schierata nella Piazza, il pubblico invito portava che la sera vi fosse corso di carrozze e di legni; non se ne vide uno. Invece si vedevano sul corso Cappuccini ed altri Regolari provenienti da Padova con gli occhi fitti in terra piangendo la loro e più la nostra disgrazia; alcuni maligni dicevano che questo era il terzo oggetto della festa di questo giorno. La sera le case sul Corso dovettero illuminare le loro finestre e qualche altra casa in altra contrada, oltre i palazzi della Piazza che furono illuminati secondo il solito. Fu questo l'ultimo giorno in cui fu permesso ai Regolari di portare il loro abito religioso. Domani sarebbe un delitto. Fino i Cappuccini hanno dovuto radersi la barba. Proh! Scelus! Non è permesso loro di valersi neppure del nome che avevano in religione. Ha da rivivere il nome del battesimo. Tutto perché si perda ogni idea della loro esistenza Regolare e degli Istituti religiosi tanto utili alla chiesa.

***

P.° giugno 1810. Giorno nel quale fu eseguito il decreto napoleonico che atterra con un soffio tutti gli ordini Regolari. Si portarono dunque oggi i satelliti del demanio ad ogni convento di religiosi a prenderne il possesso, anche a Santa Margherita sul monte Berico, e tutti i religiosi ne uscirono vestiti da preti secolari. Spettacolo luttuosissimo e commovente. In quelle chiese che restano aperte come sussidiarie come ho scritto di sopra saranno collocati sette od otto sacerdoti per uffiziarle, ma tra questi non mai più di tre o di quattro di quell'ordine che lo officiavano prima. Tutto questo pare diretto ad impedire le unioni, e i complotti. Infelice politica di un governo pauroso.

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In altro giorno si farà lo stesso gioco con i conventi di Monache. 3 giugno 1810. Domenica di Santa Corona. Questo è il primo giorno dopo 550 cinquant'anni in cui si sia sospesa la funzione della Santa Spina essendo chiusa la chiesa di Santa Corona la quale peraltro si spera che sarà riaperta. Risorgete antenati e mirate a che è ridotta la vostra Patria e la vostra Religione. Fu ritrovato questa mattina annegato un uomo non finora conosciuto al ponte di San Paolo. Sono tre giorni che il freddo è sensibilissimo. Questa sera è morta la impareggiabile contessa Terenzia Ghellini q. Gallio, attuale superiora delle Dimesse di Santa Maria Nuova in età di 73 anni. La soppressione del collegio delle sue Dimesse accorolla [= la accorò] al maggior segno; e sorpresa da una colica ne fu la vittima. La nuova recente che il loro collegio per fatti maneggi sussisterà (seppur sarà così) giunse a tempo per ravvivarla. Oltre matrona di gran pietà era valorosissima letterata e fornita di grandi talenti. La perdita di questa insigne donna non fu solo sensibilissima alle sue consorelle ma ancora alla città tutta che ella aveva in sommo concetto. 4 giugno 1810. Freddo grandissimo e tale che poche persone erano senza mantello di panno; e non poche imbacuccate in esso. I Regolari, vestiti ora da preti si veggono per le strade in figura di martiri con gli occhi bassi, avviliti, confusi, in una parola fanno comparsa di dire di quelle che sono l'esempio delle più eroiche virtù. Ma gli vado loro dietro per le strade sussurrando loro piano all'orecchio verrà di che sedebitis judicantes i vostri giudici. Vero è però che i libertini, i pagani, e fra massoni non gli insultano per via come io temeva. Vuol dire che sono giunti a far compassione fino ai più insigni birbanti. Comprendete da questo quale e quanta è la loro disgrazia. Io non vorrei essere del sangue lor macchiato e molle. 5 giugno 1810. Prosegue il freddo e la notte scorsa fu brina. 8 giugno 1810. Un soldato francese infermo in una gamba volendo oggi lavarsela nel Retrone cadde nel fiume e si annegò. Avea un compagno che di salvarlo non fu capace. Escono le Monache di già ad una, a due, dai loro conventi, e manifestano quanto sia grande sacrificio che fanno. Poche sono quelle che rientrino nelle case dove nacquero o in seno delle loro famiglie. La massima parte prendono a pigione qualche appartamento dove vi andranno a dimorare a tre, a quattro, a sei di compagnia. Povere martiri! Quanto siete degne di pianto! Chi avrebbe mai creduto che l'odio dei consigli evangelici dovesse giungere a tanto di fracassare in un colpo tutti gli ordini Regolari dell'uno e dell'altro sesso? Uno dei più piccoli danni recati da questo decreto sterminatore degli ordini Regolari è quello della perdita di tante librerie. Eppure a ben considerarlo è danno grandissimo. Ottime e scelte librerie erano in Vicenza quella dei padri Serviti della Beata Vergine di monte Berico, dei padri Domenicani, dei padri Minori Osservanti, dei padri Riformati, dei padri Scalzi ed altre ancora. Tutte queste ora sono fatte in brani e perdute raccolte già dai suddetti Religiosi con tante fatiche e col cavarsi il pane dalla bocca. La notte scorsa fu rubata una cassa di danaro di ragione dell'esattore del Prediale per la somma di L. 20.000 veneziane, e fu trovata la cassa aperta e rotta in mezzo alla strada sulla pontara di casa Nievo Barbarigo.

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10 giugno 1810. Giorno di Pentecoste. Non vi fu in Duomo pontificale. 11 giugno 1810. E’ comparsa improvvisamente una grande escrescenza d'acqua. Jer l’altro un ragazzo arrampicatosi per cercare non so qualcosa sopra le mura vecchie della città che dalla casa nuova camminano verso Pusterla, (trovò in un buco della medesima mura una sporta con dentro una borsa sigillata col sigillo della camera del nostro benefico Cavaliere Prediale; e in detta borsa vi erano quattrocento diciassette Mediolane, che sono venete lire 3753, porzione della somma rubata poche sere fa al suddetto cavaliere nostro svisceratissimo amico. L’Astico e la Tesina furono straordinariamente grandi. 13 giugno 1810. Questa mattina ecco una nuova escrescenza d'acqua poco minore di quella dell'altro giorno. Le giornate sono piovose e questa mattina fu un diluvio di pioggia. Ieri un servo della Co. Margherita Bagatti estrando [sic] una secchia d'acqua dal pozzo di casa del Co Gabriele Anguissola cadde nel pozzo ma tanto si aiutò che accortasi gente fu estratto salvo e soltanto offeso in una gamba. 15 giugno 1810. Questa mattina grazie Dio è stata riaperta la chiesa di Santa Corona che sarà officiata da sette od otto religiosi presi da diversi ordini Regolari soppressi da Bonaparte, ossia da Sua Maestà Cristianissima. 16 giugno 1810 . Questa mattina con gran giubilo dei fedeli e gran dispetto dei pagani (e ne abbiamo molti educati nell'anticamera di Lucifero) fu riaperta la chiesa di San Girolamo che apparteneva ai Padri Carmelitani Scalzi soppressi dall'invitto monarca Napoleone per autorità accordatagli dal suo capriccio. Sarà officiata pur essa da sette o otto religiosi estratti da questo e da quell'altro ordine regolare come quella di Santa Corona. Per il riaprimento di questa chiesa gran merito ha avuto il nostro Rev.mo Mons. Vescovo Zaguri, pieno di consiglio e fortezza che Dio lungamente conservi guai a noi se mancasse. Si è rilevato che il forestiere non ancora conosciuto ritrovato annegato il tre corrente era stato proditoriamente assassinato, e poi gettato nel fiume ma non si sa da chi. Quando io ero giovine, e leggeva nelle metamorfosi di Ovidio la descrizione del caos, non poteva comprendere per quanta tortura dessi alla mia fantasia cosa fosse questo abisso chiamato caos, mi figurava una cosa poi un'altra; nessuno me la dipingeva a mio modo. Ora solo sono arrivato dopo sette anni a comprenderlo perfettamente e a conoscere che vi sono dentro senza speranza di uscirne. 18 giugno 1810. Giornate finora piovose e fredde. Oggi è stato evacuato dalle Monache il convento di Santa Chiara con gran pianti e sospiri. Questo convento peraltro è stato destinato a ricovero delle Monache inferme impotenti o mancanti per l’età di tutti gli altri monasteri, sicché la Chiesa resterà aperta. 19 giugno 1810. Questa mattina e venuta dalla porta di Santa Lucia per fermarsi in Vicenza una cavalleria francese di cinquecento soldati. Questo è quel reggimento autore di quell'orribile scena fatta sull'isola nell’autunno mi pare dell'anno 1807: per cui fu cacciato via da Vicenza con

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l'attestazione che non vi tornerebbe mai più eccolo ritornato. Vero è però che al presente è composto da altri individui, morti essendo nell'ultima guerra di Germania quasi tutti quelli che allora lo componevano. 21 giugno 1810. Giorno del Corpus Domini. La processione quest'anno per la distruzione delle confraternite, di tutti i Regolari, di tutte le arti, di tutti i collegi, sarebbe stata lunga dieciotto o venti pertiche. Perciò un certo uomo che sta a Milano che si chiama Ministro del Culto, titolo inaudito nella Chiesa, prevedendo questa insigne mostruosità, ha scritta una circolare al nostro Vescovo perché inviti a intervenire a questa processione ogni parroco della città con quanti preti o Regolari espulsi dai loro chiostri per l'editto ferale si trovano nella sua parrocchia. La processione partì dal Duomo circa due ore prima di mezzogiorno; monsignor Vescovo portava il Santissimo Sacramento, lo accompagnavano il Podestà Anguissola, i Savi Municipalisti che, i Giudici, gli Ufficiali di rango, la musica militare e due lunghe file di soldati tutti a piedi. La Ruota fu levata a mezzogiorno con gran concorso di plebe. E’ la stessa degli anni andati senza la minima alterazione. Fece il consueto suo giro e fu riposta felicemente un'ora e mezzo dopo mezzogiorno. Otto furono i cavalli che corsero il Pallio, e vinse uno del signor Segala. Pochi legni nobili furono in Campo Marzo; ma molti sterzi di impiegati che sono i trionfanti del secolo e impavidi contro il Prediale che non li giunge, né li può giungere. Terminò la giornata con una festa da ballo del nuovo Casino sulla piazza del Duomo. Una squadriglia di gendarmi di otto o dieci a cavallo che passeggiava sul Corso prima della corsa si è finita in capo di correre alla testa dei Barbari per un vanto meschino di prevenirli. Erano in sei per qualche tratto di strada. Ma finalmente i Barbari la oltrepassarono e tutta la loro gloria andò a terra. Il cavallo vincitore sotto il nome del signor Segala era di una signora russa che da molti anni dimora in queste parti. 24 giugno 1810. Questa sera due soldati comuni francesi si sono affidati alla spada nella strada della Madonna di Arezzo, e uno di essi ha riportate diverse ferite. Uso barbaro e vile! 26 giugno 1810. Oggi il monastero di S. Pietro è stato evacuato interamente dalle Monache. Chi ne ha colpa un altro giorno la pagherà. 30 giugno 1810. Sempre più in maggior numero le Monache piangendo escono dai loro chiostri, per il giorno 10 del venturo ogni convento deve essere vuoto. Nondimeno alcuni di questi conventi sono stati affittati fino al San Martino dal Demanio e perciò vi resteranno in essi alcune Monache ma non in comunità ma come una casa privata senza l'abito religioso, senza clausura. Con questa occasione si è scoperta un'altra gran perdita per questo paese; questa è di tanti bellissimi quadri di mano eccellente che stavano dentro i conventi di Monache, non mai da esse conosciuti; e che ora sono caduti nelle mani Demaniache. Il Padre priore Verlato di Santa Corona oggi mi ha regalato cinque bassi rilievi del secolo credo XIV di pietra che erano nel chiostro superiore di Santa Corona e rappresentano cinque apostoli cioè:

S. Bartolammeo S. Matteo

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S. Giovanni S. Giacomo S. Filippo

L'anno scorso furono carcerate alcune persone per il processo che si forma per quel forestiere che fu trovato annegato vicino al ponte di San Paolo. Circa quei giorni di questo misfatto fu ritrovato anche un bambino con le mani legate in una sporta esso pure annegato. Dentro di questo mese si ha dovuto pagare alla città fracassata la sud.a Colta. O a dir meglio la seconda rata per i beni in Città, Colture, e Ville suburbane ora per nostro danno annesse alla Città per soggiacere alle sue spese di pazzi giardinaggi, di illuminazione notturna eccetera. Questa rata in ragione di lire venete sessanta per ogni lira d'estimo. Dove vanno mai a finire i nostri danari?

I buoni veneti non tornan più.

*** 5 luglio 1810 Tranne i cinque o sei giorni della mietitura che furono bellissimi, tutta questa estate finora fu sempre piovosa o temporalesca benché poco grandinosa, ma ieri e oggi fu tal pioggia che il Bacchiglione oggi allagava la contrada di San Pietro. Ieri per un nuovo ordine venuto al famoso Demanio fu di nuovo chiusa la bellissima ed ampia chiesa di San Girolamo era dei Padri Scalzi fabbricata non ha molto, da essi con incalcolabile dispendio massimamente per i cinque altari tutti di finissimo marmo con lavori di bronzo dorato. E sapete a quale uso si vuole destinata? [frase latina mal scritta] alla fabbrica dei tabacchi; ve lo ripeto alla fabbrica dei tabacchi. Ho detto tutto. Un'altra legge uscita ora dal governo molto saggia per impedire le congiure è questa: che i religiosi e le Monache cacciati pur mo dai loro chiostri non possono abitare più di quattro nelle case particolari e che prendono ad affitto. Quante Monache a quest'ora avevano preso in affitto ed anticipatamente pagata alla rata per albergarvi sette o in otto ed ora si trovano in sommo imbarazzo. 7 luglio 1810. La notte passata. A mezzanotte fu una piccola scossa di tremuoto che Dio ne guardi. Una donna da Cornedo di circa 50 anni storpia da 10 anni in qua in modo da non poter camminare senza le stampelle, piena di fiducia nella Beata Vergine venne in due giorni da Cornedo e giunse jer l'altro in Vicenza; si portò alla B. V. di Monte reggendosi sulle grucce, e ieri mattina ebbe la grazia in chiesa della B.V. Di recuperare la sanità, di abbandonare le stampelle, di discendere dal monte senza nessun appoggio lieta e festante, ringraziando la gran Madre di Dio per questo insigne favore. 9 luglio 1810. Lunedi. Questa mattina un soldato francese sul ponte degli Angeli è stato ucciso da un soldato italiano, anzi vicentino incorporato nell'armata francese. Poche più sono le Monache che rimangono nei Conventi essendo dimani il giorno fatale e perentorio in cui devono sloggiare interamente; e non pure le Monache ma anche le Dimesse, le quali speravano di non essere comprese in questo decreto; e tanto aveano speso per fare valere le loro ragioni. Ma tutto invano. 10 luglio 1810.

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In questo giorno tutte quelle poche Monache che ancora restavano nel loro conventi se ne sono uscite. Quanti fossero in pianto, gli urli di queste vittime si può…. vorrebbe il Metastasio a descriverli. Avrebbero fatto compassione ai cannibali. E uscirono anche le Dimesse. Vero è però che alcune di esse come le Dimesse di Santa Maria nuova, alcune Monache di San Domenico, del Corpus Domini, di Santa Maria Maddalena, poche ore dopo rientrarono, ma in altra figura e cioè come affittuari di un pezzo di quel convento, e ora sito secolaresco. Ed ecco compita la più bella impresa che a favore di tanti suoi simili abbia immaginato il filosofo filantropo, l'amico dell'uomo, il restauratore dell’oppressa umanità, il protettore della religione cattolica, il coronato dal Papa, il sostenitore del Vangelo e dei suoi consigli. Fra gli spettacoli compassionevoli veduti in questi giorni uno fu quello di una cappuccina di Cittadella, del convento di Cittadella ma nativa di Schio; la quale per essere inferma, e non potersi muovere fu condotta prima a Vicenza e poscia il giorno dopo a Schio in casa dei suoi fratelli Fugazzari in un letto adattato sopra un legno. Tra le molte introduzioni fatte in grazia del governo e del costume francese che ha preso tanto piede tra noi vi è una delle tante botteghe d'acquavite e liquori che spuntano continuamente in quasi ogni contrada di questa fracassata città con un concorso di ogni maniera di bevitori. È ripieno il paese di queste eleganti osterie dove prima non v’era una. Queste si lasciano moltiplicare; i chiostri religiosi si distruggono tutti. 12 luglio 1810. I continui temporali con piogge dirotte hanno fatto gonfiare assai considerabilmente il Bacchiglione. 15 luglio 1810. Il caldo a gradi 22 e 2/4. È uscito in questi giorni un ordine del Governo con cui si prescrive di non suonare più le campane né in città né in villa al sopravvenire dei temporali. Ordine molto malinteso, da chi sa per quali fini della santa Chiesa benedice le campane. 16 luglio 1810. Questa sera si suscitò un orribile temporale, che in città non fece danni, ma in alcune ville scaricò una tempesta desolatrice. Le ville più sterminate, e fulminate sono Grantorto, Marola, Lisiera, Lanzè, Quinto, Armeola, Valproto, Pozzo, Fontaniva, Lerin, ed altre, Barban, Albetton. La cosa più rimarcabile si è la mole dei grani della tempesta che non si sono ai giorni nostri veduti mai, perché erano grossi come pugni e come meloni e tal grano molto più ancora. Ne cadde uno a Marola che pesava sei o sette libbre. A Bartesinella dove grazie a Dio non fece gran danno un grano percosse nell'aia il braccio di Antonio Gottardo nostro operaio, e non solo gli recò una gran contusione ma gli lacerò la pelle e gli fece piovere il sangue il che vedendo i contadini non curando l'ordine del governo andarono a suonare le campane e sul momento medesimo cessò interamente la grandine, presente il conte Luigi Bissari che ne rimase sommamente meravigliato, e contento; ed egli stesso me lo asserì. Anche a Settecà dove per mercede dell'Altissimo, il danno non è considerabile, una donna dei Bortoli, che si trovava a zappare nei Palù, venne a casa con la testa ferita e insanguinata. Nel mezzo alla gran disgrazia di tante Monache cacciate dai loro monasteri e respinte in mezzo al mondo, che aveano fuggito, non è piccolo compenso l'edificazione, che tutte tutte tutte queste Monache afflittissime vittime dell'odio contro i consigli evangelici, danno al pubblico, e il rimprovero che danno ai liberatori col contegno con cui camminano per le strade, con la modestia del loro vestiario tanto contrario alla infernale presente scandalosissima moda, e con la pietà e serafica religione con cui usano nelle chiese.

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Questa è una muta predica che sbalordisce e fa fremere i nostri filosofi, i quali ci volevano dare a intendere che le Monache sarebbero volate fuori dai conventi ridendo, e ballando. Dio ha voluto che le virtù finora occulte di queste sue spose siano adesso palesi in faccia a tutto il mondo. Questo fatto innegabile meriterebbe una storia dettagliata e particolare che sarebbe di grandissima edificazione. Non mi sorprenderebbe peraltro che taluna non imitasse la condotta delle sue compagne. Questo mancamento finora non si è veduto. Ma anche pur accadesse, l'esempio di uno di due di poche tra più centinaia niente diminuirebbe la forza del mio argomento. 19 luglio 1810. Credevano le povere Monache che con l'esser cacciate dai loro conventi sarebbero finiti i loro tormenti. Si sono ingannate. Vien loro proibito di alloggiare più di quattro insieme sotto un medesimo tetto. Per conseguenza tante che si erano accordate pigliando d'affitto appartamenti, case e i loro stessi conventi pagando l'affitto per dimorare in sei, in otto, in dieci, adesso bisogna che si dividano, con gran perdita di danaro e con inesplicabile angoscia. Qual corredo di virtù è necessario per resistere a colpi di questa natura, tendenti a farle disperare? 20 luglio 1810. Giornata continuamente piovosa e fredda senza sole e senza tuono, affatto straordinaria pari a quelle che si sogliono vedere ai primi di novembre, e finora questo mese fu quasi tutto piovoso. 23 luglio 1810. Proseguono le giornate sempre piovose, e fredde, a segno che alla sera si vede l'alito della bocca. Non v’ha chi si ricordi più una stagione così straordinaria e sconvolta. Grande è il danno che ne soffre la campagna. Il benignissimo cavalier etrusco Prediale si dichiara peraltro di somma condiscendenza contento di riscuotere in questo mese la sua rata nella stessa summa del maggio passato. Il non crescerla è una generosa indulgenza. Si accusano le Monache disperse per la città delle seguenti gravissime colpe.

P.° Che molte di esse vestono abiti di un colore uniforme. 2.° Che recitano nelle loro case l’ Uffizio quasi a maniera di coro, in maniera tale che con gravissimo scandalo vengono sentite da chi passa per la strada. 3°. Che si lasciano vedere anche nelle processioni ad accompagnare il SS. Sacramento alle quali processioni intervenne anche il loro confessore: altro delitto.

Le castighino. Le rinchiudano nei loro conventi.

4°. Che alcune hanno avuto l'ardire di baciare la mano alla badessa e ricevere da essa la benedizione.

Mirate disordine! Un altro ordine che palesa la pietà e il cattolicismo del suo Autore è quello che comanda di depennare dal calendario il santo canonizzato Pontefice Gregorio VII. Nol potranno però depennare dal suo seggio di gloria in paradiso, né dal cuore dei suoi divoti. Questo santo papa scomunicò giustissimamente l'imperatore Enrico IV. 24 luglio 1810.

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La notte scorsa fu assalito sotto i portici del soccorso il signor Fabris, rubato l’oriuolo ed altro. Chi sarà che ora seguiti a dire, e a credere da stolido od insensato, che l'istituzione dispendiosissima dell'illuminazione della città nelle notti, abbia avuto per oggetto di impedire i latrocinj e gli assalti? 27 luglio 1810. L'ordine di sospendere nelle ville il suono delle campane all'insorgere dei temporali avendo prodotto un general malcontento e anche in qualche luogo qualche animosa resistenza, il governo ha giudicato prudentemente di ritirarlo, e lasciare la libertà di suonare incaricando peraltro il parroco e i fabbricieri di sospenderlo (questa è bella) quando il temporale sia gravido di saette o perpendicolare alla villa. Ingegnosa e filosofica ritirata. 29 luglio 1810. Questa mattina fu riaperta la bella chiesa dell'Araceli, come sussidiaria della parrocchia di Santa Lucia. Preghiamo Dio che stia aperta per sempre. Ma verrà presto chiusa l'antichissima e vasta chiesa parrocchiale di San Michele, e la parrocchia sarà fatta in brani dandone una porzione alle parrocchie circonvicine. Grande sventura è la mia di dover scrivere ogni giorno da 14 anni a questa parte memorie acerbissime e laceranti. Ho voluto fare l'incontro del gabinetto delle mie medaglie ed ecco il risultato Serie imperiale d’argento n. 788 D’oro 2

790 Consolari d’Argento non in serie 201 Greghe d’arg. 5 206 Serie de’ Papi la quale è perfetta in arg. 30 in oro di Pio VI 1 31 ______ 1027 In bronzo Imperiali antiche in serie 4243 Uomini illustri n 316 Greche populorum n 60 monete di diverso genere n 504 ------------------ 5123

in tutto n. 615

*** 6 agosto 1810. Fu temporale dopo pranzo con diluvio di pioggia e colpo di vento; una saetta fuori della porta della Lupia colpì nel palazzo del conte Lodovico Carcano ereditato dal q. Co. Lodovico Volpe suo zio materno. Fece danno ad alcune camere. Abbiamo passata quasi l'estate senza vederla non avendo mai fatto caldo considerabile. 7 agosto 1310. Per la grandissima pioggia di ieri, il fiume è cresciuto considerabilmente.

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Nel mese passato (mi sono dimenticato di notarlo) per alcuni giorni furono fatti vedere in Vicenza diversi animali stranieri, vivi, come un lupo cerviero, un istrice, avoltoi, diversi altri volatili, come il granduca, ed altri; e contemporaneamente in un altro luogo della città si facea vedere un pesce vivo che facea diverse giocosità ed era del genere delle foche; ed anche un nano di 80 anni. Ieri sera dopo il temporale circa l'imbrunire è successo quel fenomeno che a questa stagione succede ogni anno e che non mi sono avvisato mai di notare. Questo è un passaggio sul Bacchiglione attraverso il ponte degli Angeli di milioni e milioni di piccole farfalette bianche che inondano anche le strade vicine, anche quelle fuori della porta di Santa Lucia. Moltissime ne cadono morte per terra e nell'acqua, e il nuvolo è così denso che conviene alle persone che passano sul ponte degli Angeli fermare il passo. Non credo di aver notato che anche la signore Dimesse sono demaniate. Quelle di Santa Croce già sono uscite quasi tutte. Quelle di Santa Maria nuova hanno comprato dal demanio la casa e vi dimoreranno in 12 divise peraltro in tre famiglie perché non vi rimanga vestigio di comunità, ma vivano come private signore in abito secolare e senza chiesa. Tutte queste cose lettor mio carissimo, fanno spavento altissimo in chi nutre qualche sentimento di religione. Ma soprattutto fa spavento il silenzio di Dio. Il Papa si trova prigioniero in certo modo di Bonaparte, e inceppato nella sua autorità e Dio tace. I cardinali sono dispersi per varie città della Francia e Dio tace. Molti vescovi dello Stato ecclesiastico sono stati esiliati, e Dio tace. Il patrimonio di S. Pietro e la sua capitale è stato usurpato, e Dio tace. Tutti i Regolari e le Monache sono state spogliate dei loro abiti religiosi, respinti nel mondo che avevano abbandonato, e Dio tace. Una quantità di chiese abbattuta, spogliate, volte in usi profani, e Dio tace. I beni ecclesiastici divorati e Dio tace. Gli empi trionfanti e i buoni oppressi e perseguitati, e Dio tace. Gli arredi sacri in mano degli ebrei cui furono venduti, e il quali li rivendono per le pubbliche strade. E Dio tace. Questo silenzio di Dio deve farci tremare perché è un segno manifestissimo che egli è irritato per i nostri peccati e fa temere che egli giustamente ponga mano al più formidabile dei suoi castighi minacciato dalle scritture in quelle tremende parole auferetur a vobis regnum Dei. Non lo permetta la sua infinita misericordia. 12 agosto 1810. Stasera nel pubblico teatro fu recitato una commedia scandalosissima che mosse a nausea anche i libertini diretta a mettere in ridicolo i poveri Regolari, le povere Monache. Il paganesimo si avanza a passi di gigante. 13 agosto 1810. Dopo che per diversi anni i grani erano a un prezzo più che discreto, da qualche mese in qua sono cresciuti e impetuosamente. Il frumento va alle venete lire 10 e 10 allo staro, ed il sorgo a L. 10 e 10. Questa sera un forestiero ha galleggiato sull'acqua del Bacchiglione dalla strada dell'Araceli sopra un battello di taffettà che si può portare sotto un braccio tanto è leggero e di poco volume. Egli vi si mette dentro come in un guardinfanti e le cingeva i fianchi pieni fuori le

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mani armate di una spatola che gli servono di remi a dirigerlo e così va per l'acqua felicemente. 14 agosto 1810. Questa mattina è morto il conte Francesco Maria Tornieri q. Alessandro in età di 65 anni marito di mia sorella Laura, per un male chiamato favo vespaio nel collo. Fu un uomo assai religioso, di un carattere aperto e leale e perciò da tutti amato il compianto e massimamente da me. 15 agosto 1810. Giorno natalizio di Bonaparte che compie 41 anno. Fu fatta in Duomo la solita funzione cantando messa il canonico Franzan e dopo di essa il Te Deum assistendovi mons. Vescovo, il Prefetto, il Podestà, la Municipalità, i Giudici, gli Uffiziali, gli Uffiziali della truppa ec. Il Duomo era pieno di soldati. Il Te Deum fu cantato anche nelle parrocchie di città, e di villa. La sera furono semi illuminati i palazzi pubblici. La sera con una solennissima processione con gran copia di lumi e torcie, e con infinito concorso di popolo, fu trasportato il Santissimo sacramento, la reliquia del Preziosissimo sangue ed altre reliquie dalla chiesa di San Michele a quella di Santa Maria (era dei padri Serviti anticamente, poi dei Conventuali) alla piazza della Biada nella quale chiesa di Santa Maria oggi diventa parrocchia in luogo di quella di San Michele; e questa Chiesa antichissima di San Michele rimane chiusa e abolita; ecco perduta un'altra Chiesa ch'era molto ampia, e che aveva delle insigni pitture. La strage ecclesiastica cammina a gran passi. Dove andrà a finire? Le strade del territorio e alcune ville sono infestate da ladroni, e in questi passati giorni sono avvenute aggressioni in gran numero. Nil novum. A misura che manca la religione devono crescere i delitti. 16 agosto 1810. Fu temporale con tempesta a Montecchio Precalzin, a Breganze e in altri luoghi. Chiusa la chiesa di San Michele si è riaperto il già soppresso oratorio di San Nicola da Tolentino, vicino alla medesima come sussidiario della parrocchia. 19 agosto 1810. Proseguono le giornate fresche temporalesche che e sempre temporalesche [sic]; strano sconvolgimento di stagione di cui non si ha memoria. Così è passata l'estate senza che l'abbiamo veduta. A mezzodì giunse dalla porta di Santa Lucia un corpo di cavalleria di circa 800. Gran parte si fermò in città, parte andò ad alloggiare nelle ville per felicitarle. Questa cavalleria è diretta verso la Spagna cui dopo due anni e tre mesi di guerra Sua Maestà Cristianissima non ha potuta ancor soggiogare. La nostra città che nei giorni passati aveva tra i quattro in cinque mila soldati tra la fanteria e la cavalleria, coll’aggiunta d’oggi di questa nuova cavalleria è soffocata in modo che non si può passare per le strade.

I buon veneti non tornan più Vicenza piangili Più ch’altri tu.

20 agosto 1810. Parti questa mattina per Verona la suddetta cavalleria lasciando in alcune osterie taluni della med.ma contrassegni della loro educazione villana e del loro carattere.

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21 agosto 1810. La notte passata fu temporale un gran pioggia, e questa mattina un altro all'ora di terza che per tre ore e mezzo scaricò un non mai interrotto diluvio di pioggia. Nel suo principio scaricò una saetta che andò a colpire a casa Donà vicina alla chiesa di San Rocco, senza gran danno. Cinque minuti dopo della prima ne scoccò un'altra che andò nel convento soppresso di San Francesco ora pieno di soldati perché ridotto a vile caserma. Lo scoppio fu così fiero, che ne caddero tramortiti diversi soldati. Osservo che in quel recinto di San Francesco moltissimi fulmini sono caduti nei tempi andati, come rilevo dalle scritte memorie. L'acqua poi del fiume si è oggi dopopranzo talmente alzata, che si va in battello nelle contrade di San Pietro, e della porta di Padova. In mezzo a queste disgrazie è andata ieri sera in scena nel pubblico teatro Eretenio un'opera in musica che terminò tre ore e mezzo dopo la mezzanotte. Questa è la penitenza che noi facciamo dei nostri peccati, coi quali abbiamo provocato tanti castighi. Un terzo fulmine cadde nel palazzo Volpe, ora Carcano, alla porta della Lupia. 22 agosto 1810. È morta la pia co. Margherita Giacconi, moglie del veronese conte Giovanni Bagatto. Giornata fresca, sempre nuvolosa, e accompagnata più volte da piccola pioggia. Aprite i teatri, miei virtuosi concittadini che le disgrazie subito cesseranno. 23 agosto 1810. È giunta nuova di essersi ieri annegato in Orgiano un figliolino del conte Luigi dalla Banca, di tre anni e mezzo. Finalmente si è mossa la Municipalità a principiare oggi un triduo in Duomo ad petendam serenitatem funzione che per questa cagione, non credo che a questa stagione sia stata fatta mai più. Vi intervenne molta gente, non monsignor Vescovo che non si trova in salute; e credo che i suoi mali derivino dai colpi che con suo sommo dolore vede avventarsi contro la religione senza potervi riparare come vorrebbe. Non vi intervenne il Prefetto Magenta. Vi fu il Podestà Anguissola coi Municipalisti. 24 agosto 1810. Secondo giorno del Tridui. Concorso simile. Non Vescovo, non Prefetto, non Podestà solo vi intervennero alcuni dei Municipali, i quali per la loro carica nulla contano né mai si nominano. Due ore dopo il tramonto del sole è passato per Vicenza venendo da Verona scortato da cinque soldati il viceré Eugenio e ha proseguito il viaggio verso Bassano. 25 agosto 1810. La processione votiva partì dal Duomo un'ora prima di mezzodì. Per darle qualche decoro furono eccitati i parroci delle poche parrocchie che ancora rimangono ad andarvi sotto la loro croce ci ha accompagnati dai Preti, e dai Regolari spogliati del loro abito, che abitano nelle loro parrocchie. A fronte di questo la processione fu molto languida, e breve, non la accompagnavano che tre Municipalisti; e non vi fu Vescovo, né Prefetto né Podestà. Grande peraltro questa mattina il concorso al tempio della gran Regina dei cieli nostra grande Avvocata. Si chiude questa sera il Triduo in Duomo col solito copioso concorso e con l'intervento del Prefetto del Podestà e di alcuni Municipalisti. La notte passata fu derubata tutta l'argenteria della chiesa parrocchiale di Pozzo, fu derubata non in chiesa ma in casa del conte Alessandro Tornieri q. Francesco Maria, dove

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si custodiva credendola più al sicuro. Si calcola il valore di circa 120 ducati. Ve ne meravigliate? Leggete quanto ho scritto al fine del giorno 15 corrente, e cesserà la vostra sorpresa. 27 agosto 1810. In una di queste vicine notti è stata derubata sacrilegamente la chiesa parrocchiale di Lanzé. È venuto ieri da Verona, ed è partito oggi per Padova il ministro dell'interno Vaccari. Andò a visitare le prigioni, ed anche l'ospitale grande di San Bartolammeo, ed altri luoghi. 29 agosto 1810 Anni sono, furono atterrate le muraglie che circondano il Duomo, rubato terreno della Chiesa per ingrandire la piazza del Duomo, come ho notato a suo luogo e fu selciato il contorno della Chiesa con pietre di Monselice, piantandovi basse colonne, tra l'una e l'altra della quale vi sono poste delle catene a difesa del luogo sacro; finalmente gli fu posto un quadrone di marmo a piano terra con queste due parole incise: LOCUM SACRUM. Ora questa mattina messer lo Podestà mandò con sorpresa di tutta la città a levare questa pietra. Povera Chiesa? 30 agosto 1810. Furono questa mattina dispensati i premi agli scolari del liceo; presente il Prefetto, e il Podestà, ed i municipali, ed altre cariche. Dopo di che l’Ab. Meneghelli usci [in] un elogio a Gio. Giorgio Trissino, che assai mi piacque. Questa funzione si è fatta nella sala del palazzo del conte Ottavio Trento al Duomo dove al presente è il Liceo.

*** 1 settembre 1810. Mi trafigge il cuore e il dover scrivere quanto segue. La malattia del nostro impareggiabile e Dio non voglia ultimo Vescovo di Vicenza si è avanzata rapidamente e fa temere una infiammazione nella vescica, per cui soffre dolori e spasimi tormentosi e formidabili. La commozione che ha eccitato in città questo caso in ogni ordine di persone, anche in quelle che diconsi giacobine, e che per nulla contano la religione, perché tutti ne aveano stima e rispetto per le sue rare virtù, singolarmente pietà, scienza, carità prudenza, umiltà ec. si sono aperti tridui in molte chiese. Oggi si apre quello nella cattedrale. La scossa che lo ha attivato fu la soppressione degli ordini Regolari dell'uno e dell'altro sesso fatta da Napoleone Imperatore e re cristianissimo. Fu questo il colpo, a cui non seppe resistere, quantunque esternamente mostrasse della fortezza per non affligger maggiormente le Monache. Piaccia a Dio di esaudir le orazioni di tanti che pregano, e sospende per questo che sarebbe il più tremendo di tutti i castighi, come per sua misericordia ha esaudite le preghiere del passato triduo dopo il quale sono corse, e corrono giornate calde e serene. 2 settembre 1810. La scorsa notte monsignor Vescovo fu preso da un altro assalto di convulsioni che si dubitava di perderlo e gli fu somministrato il santissimo viatico che ricevette da angelo. Questa mattina nella chiesa dei santi Filippo e Giacomo ridotta a sala furono dispensati i premi agli scolari delle scuole normali alla presenza del Prefetto, del Podestà, dei Municipalisti, dei Giudici, ec. Ieri sera mio figlio Francesco incappò nei malandrini, da cui sono infestate quasi tutte le parti del territorio, ma per una particolare provvidenza di Dio felicemente ne uscì. Veniva da Montecchio Precalzino, e giunto pochissimo dopo il tramonto del sole verso il Laghetto presso la strada che guida a Polegie, vide in distanza tre uomini armati di bastoni.

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Sospettò di quello che era, e come era a cavallo, e la cavalla valorosissima, la mantenne sempre di un passo lentissimo, ma la andava preparando ad un tempo stesso ad una fulminante carriera impetuosa. Tanto più crebbe il di lui sospetto, quando avvisò che uno di essi attraversando la strada si era posto dall'altra parte con l'idea di prenderlo in mezzo. Seguitò mio figlio il suo passo lento finché fu presso di loro. Allora un d’essi si appressò per afferrare la briglia; ma in quel punto chiamata la cavalla alla carriera, la cominciò con tal lancio dando con la spalla all'assassino, lo rovesciò a terra. Ebbero un bel corrergli dietro, e gridargli gli altri due: in un momento si tolse volando dagli occhi loro. Dio lo ha [s]campato da un gran pericolo. Sia per sempre benedetto e lodato. Anche in una delle notti passate, nella stradella che va a Santo Stefano dal Corso, fu assalito il signor Francesco Testa, consigliere di polizia, e gli fu rubato l'oriuolo. 3 settembre 1810. Tutte le chiese della città, cioè quelle poche che restano, hanno fatto o fanno tridui per l’infermità del nostro monsignor Vescovo il quale ha qualche miglioramento; ma il concorso edificantissimo e quello di tante Monache, che ogni mattina si portano a ricevere i santi sacramenti alla B. V. di Monte con una divozione che spaventa i framassoni, e i libertini, che fanno risorgere la religione per quel mezzo stesso con cui credevano di distruggerla. Le orazioni, le penitenze che fanno queste anime sante e perseguitate per la salute del degno prelato sono indicibili. Dio le esaudisca come tutti desiderano. È morto il co. Silvio Capra. Questo cavaliere pochissimo abitava in città. La notte scorsa fu derubata l'argenteria dalla Chiesa parrocchiale di Cogolo e dalla chiesa particolare del conte Annibale Tiene alle Garziere. A momenti si potrà dire, che poche chiese del vicentino furono esenti da questi sacrileggi. A misura che languisce la religione, è indubitato che devono crescere i delitti di ogni genere. 8 settembre 1810. Giorno di sabato, Natività di Maria vergine Santissima. Aggravandosi giornalmente la malattia del nostro monsignor Vescovo impareggiabile e dichiarato ormai il caso disperato dai medici di Vicenza, e da Sograffi e da Bonato di Padova, fu di nuovo munito la scorsa notte del santissimo viatico recatogli questa volta dalla cattedrale e rispondendo egli a tutte le preci con sentimenti di insigne pietà; dopo di che chiese egli stesso l'estrema unzione, che gli fu amministrata, e qui pure rispose egli a tutte le orazioni. Avvicinandosi il giorno fece egli celebrare due messe in sua stanza, che ascoltò con grande emozione. Insomma muore da quel santo Vescovo che sempre fu e mi lacera il cuore. Qui Filosofi, qui Liberi Muratori, qui Illuminati, a vedere quomodo moritur justus. La commozione di tutta la città è tale che in ogni famiglia di qualunque condizione pare che v'abbia un moribondo tra le sue mura. Nei dì passati egli mandò don Andrea Manetto suo cappellano al Segretario di Prefettura, al presidente Giovanni Scola, e ad altre primarie Cariche domandando loro scusa se mai avesse mancato ai doveri di Vescovo e di cittadino, esibendosi a fare questo uffizio anche in pubblico. Parole a cui quei signori non seppero che rispondere, se non esaltando una virtù e una umiltà così grande. Il male che ce lo toglie è una cancrena purtroppo ormai formata nella vescica, come dalla siringa si manifesta. Non passa più di 72 anni sempre sano, robusto, infaticabile, non soggetto ad altri mali, che convulsivi e nervosi. Alto, asciutto, e delicatissimo della persona con una gamba forte agilissima, e velocissima nel camminare; sicché pochi potevano tenergli dietro quando andava al passeggio: aveva un aspetto amabile e soave, vero specchio del suo bellissimo cuore. Le sue virtù erano molte e singolari. La sua carità si diffondeva per tutto. Le sue limosine in quest'anno 1810 erano giunte a quest'ora a L. 25.000 venete con l'atto di finissima carità e di umiltà diede egli questa mattina,

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chiamando al letto i suoi preti, e i sacerdoti, chiedendo loro scusa dove avesse mancato verso di loro, e concludendo col distender ambre le braccia, e le palme della mano dicendo così potessi portarvi tutti in paradiso con me, con tutta la mia greggia in queste mie mani, e dire all’eterno Padre Quod dedisti mihi non perdidi ex eis quemquam. Lo che trasse le lagrime da tutti gli astanti. La sua virtù caratteristica fu una somma prudenza per cui si condusse, in tutti questi anni scabrosi in modo di adempiere tutti i doveri di Vescovo, e non irritare il governo francese, ottenere la stima di tutti buoni, e il rispetto e la soggezione dei malvagi, che sono molti. Non parlo della sua dottrina, perché le opere da lui date in luce e prima e dopo ch’è nostro Vescovo ampiamente lo manifestano; eppure avea un’arte finissima di nascondere parlando il suo sapere che non compariva mai quel grand’uomo che era. Questa virtù, che ho sempre ammirata in lui mi faceva sbalordire, era nemico dei puntigli e donava, sacrificava tutto, perdonava tutto. Quantunque si temesse oggi inevitabile la sua perdita, e gli si fosse suonata in più di una Chiesa l'agonia, pure questa sera si riebbe un poco con qualche respiro. Non si credeva che arrivasse alla sera di questo giorno, essendogli stata raccomandata l'anima questa mattina, a cui rispose con grande emozione; ed essendo stato comunicato la scorsa notte per avviso del signor dottor Donato, temendo di non essere a tempo questa mattina, com'era stabilito di farsi solennemente; il quale professor Donato partendo questa mattina per Padova con le lagrime agli occhi si espresse che non altro, che un miracolo può guarire questo male, è che egli sarebbe il primo ad arrestarlo, e così confermarono i nostri medici, e i chirurghi che lo assistevano, anzi aggiunse il medesimo signor Bonato che ascriverebbe a miracolo il poter prolungargli per qualche tempo, e ridurlo ad un cronico, attesa la sua presente situazione, la perdita dei polsi e sudori freddi e singulti continui ec. 10 settembre 1810. Tra le molte devozioni praticate in questi giorni per la vita preziosa del nostro monsignor Vescovo, che pur si trova in qualche miglior situazione dei giorni passati, una è questa degna di esser notata. Nel monastero di San Domenico quando vi erano le Monache domenicane, si custodiva da esse con gran gelosia e riverenza un antichissimo crocifisso miracoloso, a lui ricorrevano nei casi importanti. Quando questo le povere religiose Domenicane furono qualche anno fa cacciate barbaramente dal loro convento, e unite alle Monache Agostiniane del Corpus Domini, trasportarono il crocifisso suddetto nel monastero suddetto del Corpus Domini. Quest'anno poi, in cui nacque la dissoluzione diabolica di tutti i Regolari, e di tutte le Monache, il monastero suddetto del Corpus Domini fu preso ad affitto da diverse Monache parte Domenicane, parte Agostiniane e altre. Ora questo queste buone religiose in questi giorni hanno esposto nel coro interno (perché la Chiesa è chiusa e a lor tolta) il suddetto crocifisso con continui lumi, e con un concorso straordinario continuo di tante altre Monache di ogni ordine, che sono sparse per la città, e vi fanno preghiere così fervorose e commoventi, che cavano il pianto. Questo crocifisso manifesta un prodigio perpetuo, ed è che nel luogo dove un piede è inchiodato sull'altro vi nascono evidentemente dei fiocchi di peli che si allungano sino all'altezza dell’ultima giuntura di un dito di una mano; sono sottili e di color biondo. Le Monache li tagliano, e ripullunano. [sic] Questa mattina ho voluto accertarmene con i miei occhi, e con la mia mano è veramente ho veduto e toccato un mazzetto doppio lungo e largo, e raro vicino al chiodo del piede, perché erano stati tagliati negli scorsi giorni. Questo crocifisso di legno; e fu sempre in gran venerazione presso tutta la città anche nei tempi andati, e ritrovo nelle memorie del conte Raimondo Benassuti, che ad istanza della Città fu esposto nella chiesa di San Domenico l'anno 1704 per la siccità e l'anno 1711 per la mortalità degli animali bovini; intervenendovi

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i Deputati, i Consoli, i Pubblici rappresentanti, Podestà e Capitanio e gran concorso di popolo. Iddio esaudisca, se è di suo beneplacito queste ardenti preghiere. Ed oggi dopopranzo quattro ore dopo mezzogiorno fu esposto il Santo crocifisso di Santa Lucia per la salute del nostro amatissimo Vescovo e restò esposto fino a sera; e quantunque la cosa sia stata improvvisa, vi concorsero in gran quantità d persone di ogni condizione e Monache particolarmente. Si vede nel paese un impegno affatto straordinario per la vita dell'insigne prelato. Tanto nella mattina del giorno 8 corrente la di lui vita era ridotta all'estremo che non pure in grandissima parte della città era invalsa la nuova della sua morte; ma talmente sparsa in tutta la diocesi, che nella chiesa parrocchiale di Caldogno il giorno appresso vi furono fatte le esequie, e celebrato l'Uffizio. 11 settembre 1810. Questa mattina ora di terza con un grande apparato di lumi e tutti gli altari con accompagnamento di più di sessanta torcie nella chiesa ch’era prima dei PP. Serviti, poi dei Conventuali, oggi parrocchia per esservi trasportata quella di S. Michele fu esposto il Preziosissimo Sangue di nostro Signor Gesù Cristo per la salute del nostro mons. Vescovo il quale si trova in miglior situazione, e fa rinascere la comune speranza. Questa insigne reliquia era posseduta da un padre eremitano di Sant'Agostino che alloggiava in allora nel convento non ancora soppresso di San Michele, da me conosciuto e mi pare che si chiamasse padre Boffi. Egli l'aveva avuta dal Papa Lambertini quand'era arcivescovo di Bologna. La teneva in una stanza del convento con somma venerazione tenendovi perpetuamente acceso un lume. Ma finché visse non palesò mai che reliquia fosse per timore di perderla. Finalmente venendo alla morte palesò questo tesoro lasciollo alla chiesa di San Michele, non mi ricordo in quale anno, ma poco prima o poco dopo l'anno 1770: e allora fu che venne collocata ed esposta con una magnifica processione, e fu in seguito ogni anno esposta nella suddetta chiesa di San Michele in un venerdì di marzo fino all'anno presente, in cui fu trasportata processionalmente alla chiesa suddetta dei Serviti alla piazza della Biada. Continuo fu oggi il concorso di gente e soprattutto di Monache edificantissime con terrore del framassonismo, che credendo di scacciare lontano la virtù, se l'ha tirata sotto gli occhi impensatamente. La sera fu riposta la reliquia tra una folla grandissima di popolo e di lumi. Queste funzioni sante fanno anche ravvivare la religione; altra fonte di non previsto dolore per questi birbanti. Questa mattina a terza alla solita Guardia con un gran numero di soldati, e con otto tamburi battenti senza oggetto traversavano il Corso all'imboccatura della contrada del Capitanio. Si impaurirono i buoi sotto un carro di legna, strascinarono furiosamente il carro sotto il portico vicino; i soldati si sbandarono la gente fuggiva. Un di quei buoi si sciolse corse impetuoso per la contrada del Capitanio in Piazza; sorse gran confusione e fuga di gente: di là corse per Santa Barbara verso l'Isola, verso il ponte degli Angeli; e poi volse per Santa Lucia; più di una persona restò …terata; tutto cagionato dall'inutile tamburro francese. 12 settembre 1810. Oggi dopopranzo in Santo Stefano furono esposte per la salute di nostro monsignor Vescovo, che oggi notabilmente ha peggiorato, le insigni reliquie che erano nella soppressa chiesa di San Paolo, e che si esponevano in un venerdì di Quaresima. Vi intervenne buon numero di persone e alla sera furono riposte. Queste reliquie sono della Santissima Croce, della Santa Spina, ed altre. La chiesa era tutta piena di gente: ma pare che Iddio non voglia ritardargli la ricompensa.

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13 settembre 1810. È morto la scorsa notte, tre ore prima di mezzanotte il suddetto monsignor nostro Vescovo Marco Zaguri, ultimo di sua nobile famiglia veneta, e forse ultimo Vescovo, che a Dio non piaccia, di Vicenza. Tra tutte le disgrazie fin qui sofferte questa è la maggiore. È morto nel secondo camerino del vescovado respiciente a mezzodì, cominciando a contare dal muro divisorio a ponente. Iddio non ha voluto che le tante private e pubbliche preghiere gli ritardassero la ricompensa. È morto da Vescovo con atti continui di pietà di edificazione, di rassegnazione, di umiltà, con un'agonia di un minuto e col nome dolcissimo di Gesù e di Maria sulle labbra. Quale sia il lutto di tutta la città, e dei poveri massimamente, non è da dire; molto meno quale sia il mio affanno, avendolo avvicinato, e conosciute le sue rare virtù fin dai primi momenti che venne al governo di questa chiesa, ed avendone ricevuto i sommi benefizi con tutta la mia famiglia che egli amava veramente di cuore. Fu aperto il suo testamento che finisce di formare il suo elogio perché lascia eredi di tutta la sua facoltà di poveri di tutta la città di Vicenza, lasciando peraltro diversi legati. Per varie volte suonarono in questo giorno le campane della Torre, e non si parla che di lui, delle sue virtù, delle sue elemosine, dei suoi costumi illibati. Lo credereste? In un giorno di tanto lutto era stabilito un Pallio di cavalli da corrersi questa sera in Campo Marzo dove erasi eretto un meschino semicircolo di palchi per gli spettatori, il tutto divisato e promosso dagli impresari dell'opera teatrale. A fronte del bisbiglio di tutta la città, lo spettacolo avrebbe avuto luogo se la pioggia caduta per tutto il dopopranzo non avesse impedito questo mostruoso disordine. O tempora! O mores!. 14 settembre 1810. Questa mattina fu portato il cadavero del nostro monsignor Vescovo che conservava un aspetto angelico nel salone del Vescovato, e riposto sopra un cattafalco ben inteso dove eranvi 10 torcie e 14 candellieri. Si cantò ivi l'Uffizio mattina e sera da due Canonici e da sei Preti di ogni parrocchia, dandosi la muta a vicenda. Furono dispensate elemosine ieri, ed oggi a segno tale che non si poteva entrare né uscire dal Vescovato. Suonaronsi tre volte le campane anche delle parrocchie. Mi spiego meglio riguardo a l'Uffizio mortuario in salone questa mattina e questa sera. Due canonici assistettero questa mattina con quattro mansionari del Duomo, con sei preti di una parrocchia e sei di un'altra. Lo stesso si fece anche nel dopopranzo cambiando soltanto le parrocchie, e i soggetti; e lo stesso si farà domani. Il giudice di pace ieri mattina ha messo il sigillo a molte stanze del vescovado, a segno che essendo dentro uno di essi il pastorale d'argento non si poteva avere per metterlo sulla bara. Tutto ciò è in seguito delle nuove leggi. 15 settembre 1810. In tutte le parrocchie e chiese sussidiarie si fanno le esequie con l'Uffizio e messa cantata per il nostro Vescovo. Nel salone del Vescovato si prosegue col metodo di ieri. 16 settembre 1810. Domenica. Giorno del funerale del nostro monsignor Vescovo acclamato da tutti per Santo. Lo spettacolo fu talmente imponente, e grandioso, che sarebbe stato degno di qualunque gran capitale. Si fecero a terza nel salone del vescovato le solite funzioni dei giorni passati. Un'ora dopo vennero in Vescovato il Prefetto in gran gala, il Podestà, i Municipalisti, la Corte di giustizia, i Giudici, e tutte le altre Cariche, che ancora non conosco; venne il clero del Duomo con tutti quelli che dovevano intervenire alla processione del funerale, la quale fece il giro di quella del Corpus Domini; ma al rovescio con l'ordine seguente procedevano 20 tamburi battenti coperti di panno nero; un corpo numeroso di fanteria con l'armi abbassate verso terra. Seguiva il Pantalone della città, con l'asta volta a terra; indi i Piferi,

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ma senza suonare. Poi gli orfani di San Valentino e della Misericordia in numero di 28 ognuno con una cordella di once sei e una moneta di 17 soldi veneti; i loro due commessi ognuno con un candelotto di una libbra, e soldi 30 veneti, coi due loro rettori ognuno con una torcia di libbre quattro, e lire otto venete. Seguivano poi le otto parrocchie, che rimangono nella città non compresa quella del Duomo, ognuna composta di sei preti. Erano in tutti n°48 con torcia ognuno di libbre quattro e lire otto venete. Venivano poi i Maestri di Seminario con il Confalone del Vescovo che era il p.re Domenico Lanza attual priore dei Padri Scalzi soppressi, con sette Religiosi del Vescovato, in tutti n° 19: ognuno con torcia di libbre otto; quattro religiosi della cancelleria ognuno con torcia le libbre 8 ; 2 cappe nere, sei staffieri, due agenti del vescovado, tutti questi con una torcia di libbre otto. Seguiva poi il clero del Duomo, cioè chierici 16, seminaristi 26: ognuno con 1 candella di una libbra; e soldi 30 dei neri; poi mansionari 34 e il cappellano di San Vincenzo (perché le due altre cappellanie di San Vincenzo furono graziosamente Demaniate quando furono vacanti) tutti questi 35 con una torcia ognuno di libbre quattro e lire otto. Poi 11 canonici in cappa magna ognuno con torcia di libbre sei e lire 12 venete. Indi l'arciprete Clementi in piviale nero con torcia di libbre 8 e 1 zecchino veneto. Veniva indi la bara preceduta dal Maestro delle cerimonie, a cui furono furono date due torce, ognuna di libbre sei e lire 12 venete. La bara veniva portata dai beccamorti, ma con quattro Monsignori, che li si appressavano ai quattro lati. Il cadavere era vestito pontificalmente con una pianeta violacee ricamata d'argento con una mitra ordinaria, con un pastorale di legno, perché non si poteva ottenere facoltà di levare i sigilli alla camera, dove erano i suoi arredi vescovili. Ai piedi aveva il suo cappello vescovile verde. Aveva perduto la sua fisionomia, tal che mi dicono, non avrebbesi riconosciuto, perché io nol vidi, né ebbi onore di assistere a nessuna delle funzioni di questi giorni, tanto aveva l'animo lacerato. La banda militare era in mezzo alla strada precedendo la bara; dietro la bara veniva un numerosissimo corteggio di ufficiali della truppa, poi il Prefetto Magenta, il Podestà Anguissola, poi gli altri Uffizi, poi i municipalisti vestiti da comici, poi altro gran numero di ufficiali, militari, dopo i quali veniva un accompagnamento di circa 200 tra nobili e cittadini vestiti molti di essi a lutto, oltre molte livree di famiglie nobili. Chiudeva il convoglio numero di circa 200 soldati di cavalleria a piedi con l'armi rivolta a terra. Entrata la processione in chiesa, fu il cadavere riposto sopra un eminente cattafalco costruito in mezzo alla chiesa a più piani, e molto alto, terminava in una nicchia coperta da un baldacchino nella quale fu collocato il cadavere. Il cattafalco era ornato di statue e di diverse iscrizioni estratte dalla S. Scrittura, che guardavano perfettamente alle virtù del defunto, non mai abbastanza compianto prelato. Ardevano sul catafalco 66 torce di libre 8; 8 candelotti di libbre sei; l'arciprete canonico Clementi cantò la messa di requiem, accompagnata dalla musica; la qual musica costò lire 269 venete; la limosina della messa al canonici mansionari lire 173,12 e al diacono suddiacono sacrista lire 24 e 60. Finita la messa il Prefetto degli studi del seminario don Carlo Bologna recitò una orazione funebre latina di un merito sorprendente, e degnissima del dottissimo soggetto che la compose, e del soggetto virtuosissimo di cui parlava. Ma non ebbe tempo di terminarla perché i militari, che non sanno di latino né di italiano dopo più di mezz'ora diedero l'ordine di cominciare gli spari sulla piazza del Duomo, al fragore dei quali dovette l'oratore sospendere l'elogio. Dopo di che gli furono fatte le esequie secondo il solito dei vescovi, finite le quali i soldati mandarono fuori di chiesa tutte le persone; si chiusero tutte le porte; e si seppellì il cadavere spogliato della pianeta che era tutta pregiudicata dal fumo, in una cassa di larice ben intrecciata in una sepoltura di famiglia particolare vicina a quella degli altri vescovi nella quale l'altro giorno deposti furono i di lui precordi ma ciò professionalmente, e tutto in

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secreto fintanto che venga da Milano, se pure verrà la licenza di seppellirlo in chiesa, e non nei pubblici nuovi cimiteri della campagna. Avremmo da vedere anche questa? La milizia che era sulla piazzola accompagnò con spari continui questa funzione; e sono tutti cittadini rimasti sorpresi al sentire gli elogi e vedere l'impegno anzi l'entusiasmo degli ufficiali tutti francesi per rendergli tutti i possibili onori all'uso loro. Ha finito poi di portarlo alle stelle l'ultima sua testamentaria disposizione, con la quale lascia erede di tutta la sua facoltà il comune di Vicenza perché vada distribuita a beneficio dei poveri indigenti vergognosi non questuanti della città di Vicenza, e borghi, la qual disposizione non avrà pienamente luogo per altro, se non da qui a qualche anno, attesi i legati e vitalizi da lui nobilmente e generosamente lasciati. Questo fu il termine della vita di un tanto Vescovo, insigne per ogni genere di virtù, beneficentissimo verso il prossimo, zelantissimo nella gloria di Dio, e della religione, prudentissimo nell'esercizio dotato di una mente capace di mettere in carta tutti i suoi pensieri con somma facilità; formava egli i memoriali, le risposte al governo, tutto di suo pugno, tenendo sempre pronti copisti continui nell'anticamera. Non parlo delle sue omelie. pastorali, lettere ai parroci, di cui altrove forse ho parlato, e molte delle quali sono stampate e qui e in Roma. Avvedutissimo nella scelta dei parroci, e dei Maestri del seminario del quale avea cura attentissima e lo visitava a qualunque ora. In una parola non gli mancò parte alcuna di vero Vescovo; e spero che sia a godere la ricompensa delle sue virtù. Moltissime persone mentre era esposto oravano ginocchioni dinanzi a lui raccomandandosi alle sue orazioni e chiamandolo santo. Finora ho narrato il diritto di questo giorno, ora in due parole narrerò il rovescio obstupescite coeli. Questa sera si è eseguita in Campo Marzo la corsa di cavalli, che doveva farsi l'altro giorno. Non cercate che ve ne renda conto; sento a dire che non vi sono più di due gentiluomini; il resto plebe, o gente simile alla plebe. Obstupescite coeli super hoc. 17 settembre 1810. Questa mattina all'alba fu temporale che scaricò una saetta in borgo di San Felice nella casa di un bottaro, dove atterrò un cammino né fece altro male. Altra presso il Seminario ma senza danno. Dall'apertura del cadavere del suddetto nostro Vescovo per imbalsamarlo, si è rilevato che non fu altrimenti il suo male una infiammazione della vescica, ma bensì del ventricolo, che poi ne facea risentir la vescica e questo si accorda con quello che disse a me l'ultima volta che uscì di casa, e fu la sera del 28 agosto passato nell'orto di mio figlio Muzio fuori della porta di Santa Lucia, dove spesso veniva a favorirci, e si ricreava. Mi disse dunque ivi passeggiando con me che si sentiva assai male, e che non credeva di superarlo, e tra le altre cose mi disse che il suo salivo era così tenace e viscoso, che gli conveniva estrarlo dalla bocca col fazzoletto. Da questo pur si vedeva il suo male, era nel ventricolo disorganizzato dalla mala digestione e prodotto o dalle passioni d'animo contratte dal dolore profondo cagionato dalla soppressione di tutti poveri religiosi e di tutte le povere religiose. Devo aggiungere alcune cose, però ho messo nel funerale del nostro monsignor Vescovo e delle spese fatte in quest'occasione cioè

nella tumulazione dei precordi, al Parroco un candelotto di libbra; all’Altarista colla croce quattro candelle di oncie quattro; quattro candelloni di libbra al cadavere in Camera; alla Croce come sopra; Per portare il Cadavero in Salone

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alla Croce come sopra; Ai due Parrochi del Duomo, e al Med. delle Ceremonie un candellotto di libbra per cadauno; Torcie 30 e 42 candellotti di libbra al Cattafalco perché rimessi due volte; All’altare eretto in salone candellotti 12 di libbra perché rimessi due volte. Nell’officiatura in salone Sacerdoti 6 per ognuna delle 8 parrocchie, compresi i parroci delle medesime Candellotti 48 di libbra; Alla parrocchia del Duomo mansionari 32: il Vicario di S. Marcello:il P.re Coman aggiunto ai mansionari 34 di libbra; Canonici num. 11 candellotti 1 libbra e mezzo Alle due Cappelle del Vescovado candelloti di libbra 24 perché cambiati due volte;

Nella Processione ho ommesso quanto segue:

Alle croci delle otto Parrocchie candelle dodici si oncie sei con lire una veneta.; Alla croce del Duomo due candellotti di libbra e soldi trenta; Agli altari del Duomo candellotti 80 di libbra, 18 di 2 libbre; a Pantalon Lire sedici sempre venete; Torcie 6 ognuna di lib. 8 all’elevazione della Messa; Al massaro delle Cappuccine le spoglie delle cere del catafalco in salone; Tutto lo spoglio delle cere nella Cattedrale a quella Sagrestia.

[NB. Non sembri pedanteria quest’elenco. Magari è solo fuori luogo. Il Tornieri era il commissario esecutore testamentario del Vescovo.]

Non ho notato che la calca delle persone al giorno di ieri in Duomo, era tanta e tale, che a un numero grandissimo di persone, non fu possibile entrare. Il Prefetto degli studi del Seminario d. Carlo Bologna recitò la sua orazione funebre nel coro da una cattedra rimpetto i signori Canonici, secondo il solito. 18 settembre 1810. Questa mattina i signori canonici elessero vicario capitolare il canonico Malisoni degnissimo soggetto, che fu prima parroco di San Marcello, ed era ora attuale Vicario Generale del fu nostro mons. Vescovo. 19 settembre 1810. La rata del Prediale in questo mese non diminuisce né cresce. Non è piccola grazia. 20 settembre 1810. È giunto decreto, che la parrocchia di San Marco sia trasportata nella chiesa di San Girolamo dei soppressi Carmelitani Scalzi; restando quella di San Marco aperta come sussidiaria. Questa sera in Campo Marzo vi fu una seconda corsa di Pallio come quella del giorno 16; cor.e, cioè con i fantini a cavallo come fu quella; non ho veduta né l'una né l'altra. 21 settembre 1810. Funestissima nuova; è giunto ordine che sia chiusa la chiesa dei padri Filippini. Benché i suddetti padri fossero stati cacciati dalla loro casa di congregazione, pure la chiesa essendo stata dichiarata sussidiaria del Duomo restava aperta, veniva officiata da sacerdoti, ed anche da qualche Filippino con grande concorso di persone, e con gran frutto. Eccoci sempre più avanzati sulla strada del paganesimo. In secondo luogo è stabilito, che la parrocchia di Santa Lucia sia trasportata nella chiesa dell'Araceli restando aperta come sussidiaria quella di Santa Lucia: tutti rovesci di cose.

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Vicenza. Cortile interno del ricovero voluto da Ottavio Trento in un

antico convento benedettino

22 settembre 1810. Questa mattina il conte Ottavio Trento con un atto magnanimo e caritatevole ha donato alla città 85.000 ducati in tanti livelli perché sia istituita una casa di correzione a favore dei poveri. A ciò fu mosso dalla parola, e dall'esempio del fu nostro monsignor Vescovo Zuguri. Dico dell'esempio, perché il detto monsignore ha col suo testamento istituiti eredi i poveri di tutta la sua facoltà. Dico dalla parola; perché in un colloquio che ebbe il suddetto cavaliere con monsignore, non mancò il Vescovo d’insinuargli ardentemente di promuovere questa pista d'istruzione e il testamento poi del Vescovo la determinò interamente. [E’anche da ricordare

che lo stesso Napoleone anni prima consigliò al Trento di beneficare la Città]. 29 settembre 1810. Ecco un bell'ordine consono a tutti gli altri e promotore della religione. Non potranno predicare se non i Parrochi, gli economi e coadiutori loro. Gli altri non potranno senza licenza del Vescovo (questo va bene, e fu sempre), e del Governo; questo va male. Vero è però che questo ordine si appoggia ad un decreto emanato l'anno 1808, il quale per i reclami fatti allora dal nostro vigilante e zelantissimo Vescovo, non ebbe effetto, se non per rapporto alle missioni, e agli esercizi spirituali.

*** 1 ottobre 1810. Ieri ed oggi si sono radunati nella sala Bernarda i tre Colleggi dei Dotti, dei Possidenti, e dei Negozianti di tutta la Provincia per eleggere i Giudici di pace di molti distretti. Paiono cose grandi; e sono di niun momento. 2 ottobre 1810. Sono oggi terminati i suddetti consigli detti francesemente Dipartimentali, che nulla conducono. È venuto oggi da Milano il benigno permesso di seppellire il cadavere del nostro santo Vescovo nella cattedrale presso i suoi predecessori. Mirate atto di grazia degno della ponderazione di tanti giorni. La Chiesa dei Filippini tuttora è aperta, comunque da più giorni sia uscito l'edificante ordine di chiuderla. 4 ottobre 1810. Si sperava come ho notato ai 29 decorso, che l'ordine rapporto ai predicatori evangelici non portasse una conseguenza terribile e universale; ma oggi si è spiegata la decisione corretta

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in un modo preciso; ed è che nessuno se non è parroco, economo, o coadiutore non possa spargere la parola di Dio, se non ne ha facoltà dal governo di Milano. Non basta la Prefettura della Provincia.[frase latina illeggibile] vedete ormai dove sono diretti i fili di questa gran tela? A fare che la religione divenga un affare di politica. Povera Chiesa, che male vi ha fatto, o solenni persecutori, onde volerla opprimere in questo modo? Tutti purtroppo lo aspettavamo, che dopo la morte del Vescovo, dovessimo entrare in un gran mare di guai. Eccone subito uno, e feralissimo. 6 ottobre 1810. Questa sera processionalmente fu portato il Santissimo Sacramento dalla chiesa di S. Marco a quella vicina di San Girolamo dichiarata parrocchia in luogo di quella di San Marco, la quale (oimé!) è deciso che resterà chiusa e soppressa. Appena riposto in trono l'augustissimo Sacramento nella suddetta chiesa di San Girolamo, si diede principio alla novena di Santa Teresa di cui oggi appunto cade il primo giorno. V’ha gente che fa di tutto per sostentare la nostra Religione Cattolica, Apostolica, Romana ma v’ha gente che fa di tutto per distruggerla se potesse. 7 ottobre 1810 Domenica del Santissimo Rosario. Avendo il f. nostro Mons. Vescovo Zaguri, comandato col suo testamento, che la sua croce ingioiellata, che sarà del valore di circa 1000 ducati, sia portata in dono alla Beata Vergine del monte Berico, così questa mattina chi scrive queste memorie, come commissario del di lui testamento portò al S.° Monte la croce suddetta, la consegnò ai piedi dell'altare, ad uno dei cosiddetti fabbricieri. Questi la consegnò al diacono; il diacono al sacerdote apparato in piviale, il quale salì sull'altare, e la mise sul petto della beata vergine, vera scoperta, toltone anche il cristallo. Indi il sacerdote apparato da messa, celebrò la messa cantata in musica solenne, e sempre con la cara immagine che era scoperta per tutto il tempo della messa. La funzione fu assai decorosa; e vi intervennero assai persone. La Madre Santissima difenda questa sua croce da mani rapaci. Un bellissimo elogio ha composto il conte Giuseppe Remondini per il nostro Vescovo eccolo: [Segue l’elogio del Remondini al Vescovo Zaguri, accompagnato da un altro dell’Ab. Morelli da Brescia. Due

pagine fitte in latino che non trascrivo per i soliti motivi di scarsa chiarezza di scrittura. Qualcuno porterà il

lutto per questo? Cta 863 del manoscritto] Sarete curioso di sapere a qual uso sarà destinato il così ben ordinato e il lucidissimo convento dei Padri Scalzi del sud.o S. Girolamo. Vi appagherò. La prima e massima parte di esso ai fabbricatori del tabacco. Oh! Nobile destinazione tanto utile all'umanità! L'altra, dov'era il noviziato, per alloggio dei sbirri delle Finanze. Chi non ammira questa sublimità di pensieri? 8 ottobre 1810. Grandi assalti si sentono spesso per le strade del territorio. Ieri 10 legni furono assaliti sulla strada di Verona alla Gualda. Valorosi gendarmi cosa fate? Piace di registrare un'altra iscrizione venuta da Padova per il nostro mons. Vescovo; ne ignoro l'autore. [Altre due iscrizioni latine-due pagine- a cta 864. Anche qui non è il caso di piangere se non le trascrivo.

L’ottimo Vescovo non me ne voglia] Lo stesso occulto autore ha mandata anche la seguente, che per altro è la stessa ridotta in due periodi. Confrontandola, quanto a me, do la preferenza alla prima. 15 ottobre 1810.

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E’ uscito il tremendo [editto] dell'annua coscrizione formidabile. Questo non precisa il numero. Chiama a darsi in nota quanti in quest'anno 1810 compiono gli anni 20 di età. Padri, madri e mogli, preparate le lagrime ad innaffiare il regno della felicità.

I buoni veneti non tornan più di farli sorgere chi avrà virtù?

18 ottobre 1810. Furono assalite in pieno giorno sulla strada di Tiene al Timonchio sei o sette Sedie, e svaligiate. Tutto dì ne succedono o in un luogo o in un altro. 19 ottobre 1810. Nei giorni scorsi fu saccheggiata sacrilegamente la chiesa parrocchiale di Altavilla. Nil mirum, nil mirum, nil mirum. 25 ottobre 1810. La notte scorsa è stata depredata tutta l'argenteria ed altri arredi della nuova chiesa di Longare. I soliti sacrileghi hanno fatto questo rompendo il muro. Nil mirum, nil mirum, nil mirum. Ieri i commissari del testamento di monsignor Vescovo hanno terminato di vendere all'incanto i di lui mobili del vescovato. Non compresa l'argenteria, che deve tutta essere impiegata in un magnifico ostensorio per la cattedrale; hanno ricavato circa L. 32.000 venete. Il vescovado ora è ridotto una spelonca deserta. Registro un'altra iscrizione per il nostro Vescovo fatta dal nostro canonico Giuseppe Squarzi ……. Ne aggiungo un’altra del P.re Serafino Sbicego, pur vicentino Carmelitano Scalzo. [Seguono le iscrizioni in latino – che, vedi sopra, - non trascrivo. Cta 865 ] 28 ottobre 1810. Per la morte del nostro Vescovo alcuni ordinandi che doveano ricevere gli ordini sacri nei Tempori del passato settembre, indirizzarono al sommo pontefice Pio VII prigioniero in Savona di Sua Maestà Cristianissima da lui coronata, una supplica e vi ebbero favorevole rescritto ed oggi furono ordinati da monsignor Vescovo Mari venuto perciò da Padova. 31 ottobre 1810. Piccola escrescenza d'acqua per la gran pioggia di ieri al piano, che fu neve al Monte.

*** 2 novembre 1810. Nuova piccola escrescenza d'acqua per la molta pioggia di ieri. L'arciprete del Duomo monsignor Clementi ha partecipato al Papa la morte del nostro Vescovo; ed ecco la bella risposta del Santo Padre

PIUS P. P. VII

Dilecto filio Salutem et Apostolicam benedictionem

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La trista notizia da Lei annunziataci a nome di cod.o Capitolo della seguita morte dell'ottimo loro Vescovo, ha riempito il nostro cuore del più acerbo dolore, poiché oltre il danno che la vedovanza della Chiesa specialmente in questi tempi porta al governo ed al bene spirituale dei fedeli, noi dobbiamo di più rattristarci di aver perduto un Vescovo fornito di molte virtù, e che noi tenevamo in quella stima, di cui era ben meritevole. Ella pertanto farà conoscere a tutto il capitolo questi nostri sentimenti di condoglianza, come anco la nostra soddisfazione per la canonica elezione del loro Vicario capitolare, il quale a norma dei sacri canoni supplirà al governo di codesta diocesi finché piace al Signore, che possiamo provvederla d'altro pastore. Intanto restiamo dando di cuore a lei, e a tutto il capitolo l'apostolica benedizione. Datum Savonae die 22 octobris anni 1810: Pontificatus nostri anno undecimo.

PIUS P.P. VII

2 novembre 1810. Un certo Fava da Caravaggio forestiero, che occupava qui una carica che si chiama Intendente della Finanza (una volta si avrebbe detto capo dei dazi) perduto il senno per uno humor melanconico, oggi si ha ferito da se stesso con tre coltellate, grazie a Dio non mortali. 7 novembre 1810. In questi giorni piovosi tutti ed oscuri comparvero di passaggio a nuvole e in una quantità prodigiosa certi piccoli uccelli, che qui si chiamano organetti, volatili tanto graziosi, e belli quanto semplici e mal accorti, perché da se stessi a torme di 50 60 vanno a dare nelle reti di qualunque sorte sono leggerissimi, e saporiti. Hanno il piumaggio simile a quello del fanello ed hanno una macchia di piuma rossigna sul capo. Mi ricordo ancora circa quarant'anni un simile passaggio di questi vezzosissimi uccelli dopo il quale non se ne comparve uno mai più. I maschi hanno anche sul petto una bella macchia rossa. 12 novembre 1810. La notte scorsa in quella meschina stradella dei mugnai che da San Biagio va al ponte di Pusterla, un soldato francese (ahi! nome infausto!) è stato ucciso da un altro soldato; e l'uccisore fu arrestato. Per farvi un cenno dell'ingordissima bestia che chiamasi registro, venuta con l'altro forse peggio di lui a divorare questi paesi, bastivi sapere che per la facoltà lasciata ai poveri dal defunto monsignor Vescovo, i di lui commissari sono stati in necessità di cacciare finora dentro la gola di questo mostro insaziabile circa L. 60.000 venete; altrimenti si cadeva, e queste non bastano. 15 novembre 1810. I grani montano ad un prezzo altissimo dopo di esser stati in questi ultimi anni ad un valore discretissimo, oggi il frumento si vendesi a lire 15 e 20 venete allo staro, ed il sorgo al lire 9 allo staro. 19 novembre 1810. Per il nuovo anno scolastico si è aperto il liceo nel convento soppresso di Santa Corona. Questo si può chiamare il liceo ambulante. Fu per due anni a San Giacomo, indi nel palazzo Trento al Duomo; oggi a Santa Corona. Sarebbe meglio in nessun luogo. 20 novembre 1810

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Fu orrida la notte passata. La valorosa gendarmeria andò contemporaneamente in Città, e nelle ville alla caccia di quegli infelici coscritti di quali furono risparmiati l'anno passato, perché o maritati o unici. Che pianti, che urli di madri, di spose, di fanciulline. Taluno fu colto nel momento in cui si disponeva questa mattina a celebrare il suo matrimonio. Tutte queste famiglie sono desolate. Cari gendarmi, perché non andate ad arrestare tanti assassini di strada, tanti ladri sacrileghi, tante anime scellerate che menano il vizio in trionfo e calpestano la virtù? E tutto questo per un capriccio? Vedete come gli amici dell'uomo trattano l'uomo, come i professori dell'umanità trattano l'umanità come i filosofi trattano i loro simili.

I buoni veneti non vengon più Tornerem ilari? cuccù cuccù

22 novembre 1810. Questa sera fu chiusa irremissibilmente la chiesa dei padri Filippini, che era sul Corso. Chiesa bellissima, nuova benché non ancora terminata, e quel che è più uffiziata continuamente con gran concorso più che qualunque altro della città, e promotrice di un massimo bene in ogni ordine di persone che vi accorreva. Ecco quello che fanno i protettori della religione, come si vantano di esserlo. Che di peggio potrebbe fare se le si dichiarasse nemici? Ma chi non vede, come va avanzando il castigo di Dio provocato dai nostri peccati, che invece di scemare, moltiplicano? 26 novembre 1810. Per l'orrendo diluvio di pioggia nella notte passata, ecco oggi una mediocre escrescenza d'acqua.

*** 2 dicembre 1810. La notte scorsa fu temporale con tuoni forti e lampi e pioggia dirotta che prosegue anche in questa mattina. Sotto questo cielo non pertanto partirono questa mattina per il loro destino diversi poveri coscritti. Mai più la coscrizione non fu così severa come in quest'anno e riflettete, che questi coscritti sono tutti di quel ruolo, che l'anno passato fu risparmiato, o perché infermi, o perché unigeniti, o perché ammogliati. Tra pochi giorni incomincerà la nuova di quest'anno; e i genitori e le mogli allora raddoppieranno gli urli. E’ un orrore trovarsi in città presenti ad uno spettacolo si lagrimevole. 3 dicembre 1810. La notte passata un altro temporale assai più forte di quello dell'altra notte, simile affatto a quelli d'estate con lampi tuoni, diluvio di pioggia, e con un saetta che colpì nel conduttore della torre come da tutti si crede. Anche a Montecchio Precalzino caddero due saette, ed anche in altri luoghi. Il fiume si mantiene molto gonfio ma non eccessivamente. Dai 25 ottobre a questa parte il tempo fu sempre sconvolto e piovoso. Non so di aver detto, che l'ordine riguardo al restringimento della Predicazione è stato da qualche tempo ritrattato. Sussiste però la proibizione di predicare due volte al giorno nella medesima Chiesa, di fare esercizi, e missioni; Tutti indizi di ottimo cattolicismo in chi ne governa. Povera Chiesa perseguitata nei suoi battezzati! 17 dicembre 1810.

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La coscrizione procede severissima, ed ogni giorno si conducono giovani da molte parti con la desolazione delle loro famiglie, e tutti questi sono coscritti di vecchie liste che furono esentati negli [anni] andati. A momenti poi ricomincerà la leva dell'anno presente. Qui ti voglio.

I buoni veneti non tornan più; tu sol puoi renderceli o buon Gesù.

La scorsa notte nella cattedrale fu levato il cadavere di monsignor Vescovo dalla sepoltura della famiglia Dalle Chiavi dove era stato messo in deposito; fu seppellito appié della scalinata della Cappella maggiore in cornu epistulae, sovrapponendovi una lapide di marmo di Carrara con l'iscrizione fatta dal signor Matteo Stacchi, regolata da Lui in qualche parte che la rende un poco diversa da quella che ho trascritta di sopra in questo libro. 19 dicembre 1810. Questa mattina per due ore ha nevicato fortemente. Ecco la iscrizione suddetta posta sul sepolcro di monsignor Vescovo [Non riporto l’iscrizione – quasi una pagina - per le solite ragioni: scrittura non stampatello e pertanto facilità

di errori] Non è possibile l'immaginare o il descrivere a qual portentosa degradazione sieno ridotti in così breve tempo i Conventi soppressi. Tutto è sformato, dilapidato, consunto, atterrato, volto a usi stranieri cosicché se, come non è impossibile, Assur [qui vuol significare il potere

crudele] si pentisse e ridonasse ai religiosi e alle Monache i loro monasteri, non potrebbero andarci più ad abitare senza un immenso dispendio. Forse ciò è fatto anche per toglier loro qualunque speranza. 25 dicembre 1810. Giorno del S. Natale. La scorsa notte poco prima di due ore dopo mezzanotte si sentì una gagliardissima e non breve scossa di tremuoto che Dio per sua misericordia né preservi. La campana della torre diede in quell’atto tre o quattro botti. Questa mattina la Municipalità, non il Prefetto, si portò in Duomo alla messa cantata da un Canonico. Vi intervenne anche il Podestà. 26 dicembre 1810. Essendo nato nei giorni passati un bambino al viceré Eugenio, così questa mattina con l'intervento del Prefetto, del Podestà, e della Municipalità, e di un numero grandissimo di soldati, che occupavano tutto il Duomo, fu cantata messa dal canonico Chiericato, e dopo di essa il Te Deum. La sera furono mediocremente illuminate alquante case sul Corso per invito fatto dal Podestà, così la contrada dei Capitanio, e la Piazza. Preghiamo Dio che questo bambino sia un buon cristiano. 28 dicembre 1810. A mezzodì è morto l'arcidiacono della cattedrale, il degnissimo e mio grande amico canonico Giovanni Balzi ultimo di sua famiglia, ed ultimo arcidiacono, perché questa dignità è abolita dalla mano secolare; anzi finora non si elegge alcun canonico in luogo del morto. Heu tempora! Heu Ecclesia!

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Questo arcidiacono fu molto impegnato per gli affari ecclesiastici; ed amato da tutti. Aveva 72 anni; ma apoplettico da un anno in qua, e scemo in tutto questo tempo di memoria. Si demolisce l'antico campanile di Ognissanti, avendo una mano secolare nemica del suo bene temporale ed eterno, fatto acquisto dal sovrano di quel convento. È messo in vendita il convento della Beata Vergine di Monte, quello di San Giuliano, e credo qualche altro. Bisognerà che quei sette od otto religiosi, che vi albergavano ed uffiziavano quelle chiese con grande impegno nella loro disgrazia di essere secolarizzati da Assur [Assurbanipal, re assiro; sta per persecutore] si trovavano tranquilli con la speranza di non esserne cacciati più fuori, bisognerà, dico, che sloggino, e che non ve ne restino se non due; e allora, come sarà officiata la Chiesa di Monte che è dichiarata dal sovrano Chiesa sua insieme con tutti i portici fatti da noi? Maria Santissima vi preghiamo a difenderci, e preservarci il nostro santuario, che anche adesso dopo le soppressioni veniva con tanto zelo e concorso ufficiato (Queste ultime novità, se viveva il Vescovo non nascevano certamente. Lo rispettavano e lo temevano). 29 dicembre 1810. Una mano secolare ha comprato il convento dell’Araceli col brolo, e ora va demolendo il fabbricato per ridurlo ai suoi disegni. Or questa sera, cadendo una di quelle mure, un povero muratore vi restò sul momento miseramente schiacciato e morto sotto le ruine. 31 dicembre 1810. Il freddo questa mattina gradi quattro sotto la congelazione.