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osì ragionava l’onorevole Filippo Cor- dova, Ministro dell’Agricoltura nei governi Ricasoli, all’indomani dell’U- nità d’Italia, annunciando l’urgenza di un progetto di legge che riorganizzasse per livelli l’istruzione agraria. Secondo un modello importato dagli altri Paesi europei, gli Istituti superiori, le Fatto- rie, le Colonie agrarie e le Istituzioni speciali, si distinguevano per livello di destinazione sociale (proprietari, fatto- ri, “operai della terra”) e per livello di conoscenze culturali (da quelle più scientifiche a quelle più pratiche); nelle intenzioni del legislatore dovevano essere i centri in cui si raccoglieva l’e- redità formativa preunitaria – soprat- tutto degli Stati del Nord Italia – e si diffondeva a tutta la penisola. Allora si cercava di sostenere la princi- pale – e in alcuni territori unica – atti- vità economica del Paese; oggi si assiste ad un rinnovato grande interessamento e al significativo ritorno alla vita dei campi da parte delle giovani generazio- ni. Un ritorno che talvolta è fuga dalle metropoli, dalla “adulterazione” della vita moderna; ma che, con sempre mag- giore frequenza, è una scelta vera, pen- sata, di giovani diplomati e laureati che decidono di dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento; spesso per continuare la tradizione familiare, sempre con competenze aggiornate che recuperano saperi (e sapori…) antichi. Appunto, ragazzi che, con i piedi per terra e lo sguardo al futuro, ritornano nei campi e soli, con le proprie famiglie, in associa- zione cooperativa, danno vita a progetti di produzione in cui si coniugano ambiente e sfruttamento delle risorse, programmazione e diversificazione delle risorse, PC e trattore. La moderna azien- da agricola utilizza sensori di tempera- RI D’ 19 Con i piedi per terra e lo sguardo al futuro IN PRIMO PIANO Con i piedi per terra e lo sguardo al futuro DI DANIELE BARCA C “Signori, tra i provvedimenti necessari all’agricoltura del nostro Paese è per certo urgentissimo l’ordinamento del- l’istruzione speciale agricola; imperocché non può nasce- re desiderio di miglioramenti generali o particolari dove manchi la conoscenza del difetto e del rimedio, né anco- ra, nato il desiderio e cominciate le opere, si può sperare buona riuscita, dove i mezzi per conseguirla non siano universalmente conosciuti e pregiati. Ho creduto pertan- to mio debito proporvi, col qui progetto di legge, di porre la prima base di un ordinamento, dal quale possa il nuo- vo regno aver tosto qualche notevole incremento di ric- chezza e maggiore ripromettersene in avvenire 1 ”. Gli Istituti Agrari in Emilia-Romagna: a scuola di tradizione e di innovazione

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osì ragionava l’onorevole Filippo Cor-dova, Ministro dell’Agricoltura neigoverni Ricasoli, all’indomani dell’U-nità d’Italia, annunciando l’urgenza diun progetto di legge che riorganizzasseper livelli l’istruzione agraria. Secondoun modello importato dagli altri Paesieuropei, gli Istituti superiori, le Fatto-rie, le Colonie agrarie e le Istituzionispeciali, si distinguevano per livello di

destinazione sociale (proprietari, fatto-ri, “operai della terra”) e per livello diconoscenze culturali (da quelle piùscientifiche a quelle più pratiche); nelleintenzioni del legislatore dovevanoessere i centri in cui si raccoglieva l’e-redità formativa preunitaria – soprat-tutto degli Stati del Nord Italia – e sidiffondeva a tutta la penisola.Allora si cercava di sostenere la princi-pale – e in alcuni territori unica – atti-vità economica del Paese; oggi si assistead un rinnovato grande interessamentoe al significativo ritorno alla vita deicampi da parte delle giovani generazio-ni. Un ritorno che talvolta è fuga dallemetropoli, dalla “adulterazione” dellavita moderna; ma che, con sempre mag-giore frequenza, è una scelta vera, pen-sata, di giovani diplomati e laureati chedecidono di dedicarsi all’agricoltura eall’allevamento; spesso per continuarela tradizione familiare, sempre concompetenze aggiornate che recuperanosaperi (e sapori…) antichi. Appunto,ragazzi che, con i piedi per terra e losguardo al futuro, ritornano nei campi esoli, con le proprie famiglie, in associa-zione cooperativa, danno vita a progettidi produzione in cui si coniuganoambiente e sfruttamento delle risorse,programmazione e diversificazione dellerisorse, PC e trattore. La moderna azien-da agricola utilizza sensori di tempera-

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Con i piedi per terra e lo sguardo al futuro

IN PRIMO PIANO

Con i piedi per terra e lo sguardo al futuroDI DANIELE BARCA

C

“Signori, tra i provvedimenti necessari all’agricoltura delnostro Paese è per certo urgentissimo l’ordinamento del-l’istruzione speciale agricola; imperocché non può nasce-re desiderio di miglioramenti generali o particolari dovemanchi la conoscenza del difetto e del rimedio, né anco-ra, nato il desiderio e cominciate le opere, si può sperarebuona riuscita, dove i mezzi per conseguirla non sianouniversalmente conosciuti e pregiati. Ho creduto pertan-to mio debito proporvi, col qui progetto di legge, di porrela prima base di un ordinamento, dal quale possa il nuo-vo regno aver tosto qualche notevole incremento di ric-chezza e maggiore ripromettersene in avvenire1” .

Gli Istituti Agrari in Emilia-Romagna: a scuola di tradizione e di innovazione

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tura per comunicare con un messaggiosul telefono cellulare le mutazioni dimicroclima all’interno di ambientimodificati di coltivazione; oppure regi-stra ed aggiorna tutti i dati utili per l’al-levamento di un capo bovino nel micro-chip del suo radiocollare che, tramiteGPRS per il collegamento satellitare,permette di seguirne anche le mosse alpascolo.Una passione antica e moderna, quel-la della terra, che il più delle voltenasce tra i banchi di scuola; e che lascuola provvede a rinfocolare con con-tinui stimoli di apertura alla novità eall’arricchimento delle proposte for-mative. L’istruzione agraria oggi èmolto distante da quella pensata dalMinistro Cordova ed è, invece, debitricedella grande tornata riformatrice degliordinamenti Professionali e Tecnicinegli anni Novanta. Un Istituto profes-

sionale agrario offre attualmente, alterzo anno, il diploma di qualifica pro-fessionale in Operatore agrituristico,Operatore agroambientale o Operatoreagroindustriale e, nel corso di postqua-lifica, diploma i suoi studenti comeAgrotecnici. Un Istituto tecnico agrarioche, alla fine del percorso quinquenna-le, fornisce il titolo di studio di Peritoagrario e che in questi anni ha cono-sciuto, come sperimentazione diffusa,il cosiddetto “Cerere Unitario”. Insostanza, ha permesso a molti Istitutitecnici di focalizzare la formazionesulle esigenze del territorio grazie allapossibilità di attagliare i percorsi finaliai campi agroalimentare, agroambien-tale, agroterritoriale, del vivaismo edelle colture protette, della valorizzazio-ne delle produzioni zootecniche. L’ef-fettiva equipollenza tra il diploma diAgrotecnico e di Perito agrario, per l’ac-

cesso alle professioni, indica una realtàdi crescita ed una volontà di sintesi deidue diversi ordinamenti, testimoniataanche nella più recente attualità dallalegge n. 40 del 2007 che mira ad isti-tuire, in ciascuna provincia, i “Poli tec-nico-professionali”. Organismi, cioè, dinatura consortile formati dagli Istitutitecnici e professionali, dalle struttureformative accreditate per il consegui-mento di qualifiche (gli attuali percorsitriennali) e diplomi professionali spen-dibili a livello nazionale ed europeo e,infine, dagli Istituti tecnici superioriche sono destinati a sostituire gli attua-li IFTS (percorsi di Istruzione e Forma-zione Tecnica Superiore postsecondarianon universitaria). I Poli diventerebbe-ro, così, veri e propri Campus in cui svi-luppare l’istruzione e sostenere l’avvia-mento al lavoro con un legame fortecon le esigenze produttive ed occupa-zionali del territorio, nonché con gliEnti locali e le associazioni che realiz-zano iniziative di formazione.È questa, già nel presente, l’esperienzadi molti degli istituti agrari dell’Emilia-Romagna, scuole spesso antiche, pre-esistenti all’istituzione statale, chehanno saputo conservare la tradizionedel lavoro contadino riammodernan-dolo con logiche e tecnologie che sonoall’avanguardia, in stretta relazione conRegione, Provincia e Comune e con lerealtà associative del territorio. Il lavo-ro agricolo lungo la Via Emilia, oltre adavere una storia economica e socialeprofondamente radicata, che ha inciso

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Una passione antica e moderna, quelladella terra, che il piùdelle volte nasce tra i banchi di scuola

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e modificato il territorio dandogli unaconnotazione che gli è propria, si carat-terizza per una diversificazione ecce-zionale delle produzioni animali evegetali e, inoltre, nel tempo ha saputoconiugarsi efficacemente con la mani-fattura alimentare, la ristorazione tipi-ca e la ricettività turistica. Con un’aper-tura all’industria, ma anche con unforte legame a quelle piccole e medieaziende che costituiscono la maggio-ranza del tessuto produttivo.Questo è il contesto e, al tempo stesso,lo sbocco professionale dell’istruzioneagraria dell’Emilia-Romagna, dove si ècostruita un’identità forte fondata pro-prio sull’integrazione tra tradizione edinnovazione, tra produzione ed am-biente, tra ricerca aggiornata e risco-perta di procedure antiche.

Dalla terra alla tavola

Come nel caso dell’Istituto “RaineriMarcora” di Piacenza, già oggi un veroe proprio “Campus agroalimentare”dove l’attenzione alla qualità del pro-dotto agricolo fa convivere ambiente ealimenti. A partire dalla struttura sco-lastica che, affiancando al tecnico e alprofessionale agrario l’Istituto profes-sionale alberghiero, realizza un siste-ma formativo a 360 gradi; potremmodire “dal produttore al consumatore”.Una scelta che, ben al di là delle logi-che amministrative di accorpamento,qui ha saputo trovare la quadratura del

cerchio nella proposta di professionilegate al cibo, che guardano ai prodottitipici, ma lo fanno in un’ottica moder-na di ecosostenibilità e rintracciabilitàdella produzione. L’integrazione di tutte queste dimen-sioni del sistema agro-alimentare sifonda sulla moderna attenzione allafiliera da parte del diplomato agrotec-nico: dalla programmazione biotecno-logica della produzione vegetale ed ani-male ai controlli di qualità; dall’orga-nizzazione produttiva, agli aspetti eco-nomici delle scelte aziendali, con untaglio segnatamente vigile alla salva-guardia ambientale. Il concorso, poi, della figura del Tecni-co della Ristorazione permette di por-tare gli alimenti in tavola al ristorantedidattico, dove la cura dedicata allagenuinità della scelta delle materieprime, nonché la tutela della salubrità

dei luoghi di preparazione e dellemodalità di lavorazione dei cibi, sifanno “portata”. Si realizza, così, inambito formativo, quella “filiera corta”che è la tendenza dell’agricoltura deldomani a valorizzare le peculiarità pro-duttive del territorio sulle tavole locali econ ricette tradizionali. Infatti, le piùrecenti riflessioni del mondo agricoloin ambito globale, stanno portando allacritica – la cosiddetta food miles – delmodello di diffusione degli alimentifondato sui grandi spostamenti, percui il pomodoro pachino raccolto inSicilia, per essere venduto a pochi chi-lometri dal luogo d’origine, ne deve farprima altri 1000, per seguire la catenadi distribuzione. La strategia “vissuta”dal “Raineri Marcora”, invece, si legaalla terra e a quel che il territorio ridà,in termini di genuinità, varietà, edanche di ritorno alle tradizioni alimen-

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Si è costruita un’identità forte fondata sull’integrazione tra tradizione ed innovazione, tra produzione ed ambiente

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tari, costituendo uno dei settori econo-mici fondamentali della realtà piacenti-na, nonché chiave del successo dell’a-zienda agroalimentare per il futuro.Con questa pianificazione, è possibileoffrire già nel presente, ai più di 1200studenti iscritti, una prospettiva occupa-zionale, in quanto il ristorante annessoè gestito da una cooperativa di ex alun-ni. Qualcosa di più di uno dei moltepli-ci tentativi di scuola-lavoro che si speri-mentano negli Istituti tecnici e profes-sionali di tutta Italia, indice di una sen-sibilità sociale che, al pari dei prodotti edei piatti tipici, segna questa territoria-lità. Come sottolinea il dirigente scola-stico Mauro Sangermani, il Campus èproprio l’emblema della rintracciabilitàe della territorialità e agli studenti vieneprospettata una formazione che da 40anni è nel tessuto e nel DNA dell’artico-lata realtà agricola della terra piacenti-na. Abbinando gli studi di agraria con

quelli di enogastronomia, si è messo inpratica il concetto “dalla terra alla tavo-la”. Così, a fianco delle produzioni diortaggi, vino, latte, in un’azienda agra-ria di 27 ettari – tutti prodotti biologicicertificati – vi sono 70 bovini che pro-ducono grana e viticolture che – con ilmarchio DOC e l’etichetta denominatacon suggestione “scolastica” Magister –offrono 6 vini, tra cui un passito, unamalvasia, uno spumante brut. Ciò chenon finisce nelle aule, viene messo invendita; assicurando all’azienda agrico-la un bilancio attivo e alla scuola unreinvestimento in aggiornamento ditecnologie e strumenti. Questo patri-monio di competenze è condivisoanche con le scuole medie ed elemen-tari del territorio – i cui bambini posso-no accostarsi agli studi agricoli per ungiorno –, nonché con il carcere di Pia-cenza – una delle sedi coordinate – gra-zie alla creazione, in loco, di una serra.

Prodotti d’origine e controllati

Analoga diversificazione della produzio-ne e, quindi, degli interessi didattici, èrinvenibile presso l’Istituto Superiored’Istruzione per l’Agricoltura e l’Am-biente “Spallanzani” di CastelfrancoEmilia, che propone ai suoi studentitutte le specializzazioni tipiche dell’a-groalimentare modenese. Basti dare unosguardo agli ambienti che compongonola sua struttura e animano i progetti distudio di questo Istituto che accorpa supiù sedi – Castelfranco, Montombraro eVignola – la qualifica professionale con ildiploma tecnico. Alla stalla si affianca ilcaseificio, alla cantina l’acetaia, fino alleserre per le colture floreali ed orticole eall’apiario. E, nel leggere questa varietàdi ambienti di produzione, a chi nonvengono in mente tutti i prodotti tipicidel luogo? Frutta, ortaggi, parmigiano

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reggiano, aceto balsamico, tutti in vendi-ta presso gli spacci della scuola.Qui, integrazione delle risorse significavalorizzazione dei prodotti a denomina-zione d’origine, tutti quei marchi tipiciche l’UE ha provveduto negli anni a sele-zionare e i consorzi produttivi a far cono-scere e riconoscere. Ed anche a colturenon proprio autoctone, ma storicamentepraticate e dimenticate nel tempo. Comenel caso dell’ulivo nella sede di Vignola:coltivazione nota sin dai tempi del Mura-tori ed adattata anche alle caratteristichegelate invernali, grazie alla collaborazio-ne con l’Università, qui ha ripreso vita edha fornito l’incentivo alla Provincia peravviare un piano sperimentale di reinte-gro nei campi, con varietà tipiche dellecolline modenesi.Più “micro”, nel senso delle dimensio-ni della materia prima, invece, è l’at-tenzione che viene riservata ai labora-tori di chimica e biologia. Essi costitui-scono il punto di partenza della ricercaper il miglioramento della produzione,o, come nel caso di Montombraro, l’oc-casione per dedicarsi a ricerche attualied originali, quali le piante officinali,da cui si ricavano prodotti fitoterapicied erboristici. Cantina ed acetaia rispecchiano moltedelle aziende che circondano la scuolasul territorio. La viticoltura producemolto vino da vendere sfuso in dami-giana, nonché selezioni di spumanti,oltre a fornire materia prima per l’in-vecchiamento dell’aceto. Naturalmen-te, aceto balsamico tradizionale diModena, in collaborazione con la stori-ca Consorteria di Spilamberto. Anche il caseificio e l’apiario – cheoggi produce 50 kg di miele l’anno – sisono sviluppati in un’ottica di coordi-namento delle risorse e delle opportu-nità. Il primo è complementare allavoro della stalla, fornendo parmigia-no reggiano – ma non solo… – che èstato insignito di importanti riconosci-menti alla qualità negli anni passati; ilsecondo, attraverso i suoi alveari, è

insieme prodotto messo in vendita,stazione di impollinazione per le col-ture, laboratorio all’aperto per lo stu-dio della biologia degli insetti sociali.La collaudata e fattiva collaborazionecon gli Enti locali ha portato anche adaltre iniziative sempre nella direzionedella salvaguardia dell’ambiente, comel’utilizzo dei frutteti della scuola per lasperimentazione di difese che non fac-ciano uso di insetticidi, ma di strategienaturali. Una cura per l’ambiente adampio spettro, dato che gli studenti hannopartecipato con successo anche ad ini-ziative di carattere propagandistico sul

tema della sostenibilità, come Tred Chal-lenge. In questo modo, oltre a conosceremodalità di salvaguardia dell’ambiente,gli studenti hanno dimostrato confiden-za anche con gli strumenti di comunica-zione dei nuovi media.Le nuove tecniche colturali, le piùmoderne metodologie di allevamento,la trasformazione dei prodotti agricoli ecaseari formano operatori le cui com-petenze trovano spazio nelle numeroseaziende vicine, grazie anche agli stagesche permettono di saggiare sul campoquel che a scuola hanno potuto speri-mentare negli ambienti dedicati. Per

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Le nuove tecniche colturali, le più moderne metodologie di allevamento, la trasformazionedei prodotti agricoli e caseari formano operatori le cui competenze trovano spazio nelle numerose aziende vicine

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avviarsi verso una professione che puòvederli protagonisti a più livelli, siacome operatori che come imprenditori.

Vino, rose ed agroenergie

Anche nel caso dell’Istituto Professio-nale di Stato per l’Agricoltura e l’Am-biente di Persolino, vicino Faenza, ilsito in cui vive la scuola è determinan-te come collante tra tradizione e novità.Infatti le colline digradanti che fannoda sfondo alla località sono natural-mente sede privilegiata per l’agricoltu-ra cerealicola e, nello specifico, per laviticoltura; inoltre, superando questavocazione, il microclima ha permessonegli ultimi anni di sperimentare inlaboratorio prima, in coltura poi, il filo-ne della florovivaistica con la creazionedel Roseto, luogo di sperimentazionedidattica e ambientalistica; e ancoraper la forte connotazione storica del-l’ambiente in cui sorge. Insediamentopreistorico, che attesta un’antica confi-denza tra l’uomo e la terra in quei rilie-vi collinari, confermata dalla vocazione“formativa” del territorio. Risale, infat-ti, al 1885 la prima scuola agricola volu-ta dallo scienziato faentino LodovicoCaldesi, l’allora proprietario della villae dell’azienda dove, dal 1977, graziealla Fondazione omonima, è ospitatol’istituto. Un’antica “fertilità”, quindi,

non solo agricola, ma anche didattica.Qui la connotazione di integrazionenon è data dalla filiera o dalla moltepli-cità di colture, bensì dalla capacità difar convivere quella che è un’affermatatradizione, la vite, con un’apertura acolture di tipo ambientale, come lerose, attraverso una ricerca biologicacondotta nel laboratorio di micropro-pagazione e, sullo sfondo, con la valo-rizzazione delle disabilità, mirata adoffrire sbocchi professionali oltre ildiploma a tutti gli studenti. Nei più di 3 ettari dedicati a viticoltura,nella cantina didattica, la produzionedi “albana passita” fu la prima ad esse-re avviata. Oggi come allora costituisce

sempre l’eccellenza, ma con un nomenuovo (e “parlante”): “L’ultimo giornodi scuola”, un vino DOCG la cui anna-ta 2006 ha collocato la scuola tra iprimi 1000 produttori italiani. Al suofianco, l’“Amabile Persolino”, le puntedi diamante di 20 vitigni diversi colti-vati in maniera moderna e in continuoaggiornamento didattico grazie ancheagli assidui scambi con i Licei agricolifrancesi a vocazione vinicola.Restituire l’aspetto originario della villa esperimentare la branca della florovivaisti-ca, sono state le spinte che da un decen-nio hanno indotto a destinare spazi verdialle piante ornamentali, in particolare allerose, dando vita, così, al Roseto. 500 pian-

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Il futuro più lontano è nell’attenzione alleagroenergie: l’istitutosi sta avvicinando ad un settore in forteespansione che ampliail suo orizzonte a quelle zone in cui sistanno già affermandocoltivazioni per la produzione di energia

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te, 100 varietà compongono questo giar-dino speciale che, analogamente ai gran-di roseti sparsi un po’ dappertutto in Ita-lia, ha anche funzione dimostrativa econoscitiva, grazie ai cartigli che permet-tono di conoscere nome, tipo e caratteri-stiche delle rose, alcune antiche, altre dipiù recente origine. Un lavoro che– come testimoniano il dirigente AugustoDubbini ed il responsabile dell’aziendaagricola, professor Tura – coniuga scuolaed università, avendo preso il via, qualcheanno fa, dal lavoro personalissimo di sele-zione degli innesti del professor Mazzoc-chi dell’Università di Bologna.Da qualche tempo, però, se è possibiledegustare nel calice l’albana ed ammi-

rare specie rare nel roseto, lo si deveanche al laboratorio di micropropaga-zione, l’ambiente specializzato dove,attraverso la tecnica delle colture invitro, da piccole parti di pianta si cercadi ottenere l’intero organismo, clonan-do sostanzialmente l’originale. Unatecnica che è condivisa con il mondodella ricerca e dell’industria e che avvi-cina gli studenti a tutte le fasi del pro-cesso, dal laboratorio alla serra,responsabilizzandoli nei passaggi piùdifficili dello sviluppo della nuovapianta. Oltre alle rose, grazie a stru-mentazioni all’avanguardia si speri-mentano anche innesti ortofrutticolied ornamentali, dal kiwi (selezionate

varietà di kiwi precoce) alla pesca, dallafragola alla felce. Una nuova frontieradi analisi coinvolge anche l’osservazio-ne, lo studio e la sperimentazione suipollini che aiutano a conoscere megliole colture e la loro crescita. Con risulta-ti eccezionali nella frutticoltura, tantoche il pesco (la famosa nettarina) e l’al-bicocco (indicato come le annate dalnome della Fondazione, Caldesi 94,Caldesi 95) selezionati nei laboratoridella scuola sono tra le specie consi-gliate ai produttori del territorio.In tutte queste attività, così come nei nu-merosi rapporti di stage con le aziende li-mitrofe, soprattutto con il mondo dellacooperazione, un ruolo importante è da-to alla partecipazione attiva degli studen-ti con abilità diverse, per i quali sono pre-viste modalità personalizzate di approccioalle professioni dell’agricoltura. Il futuro più lontano è nell’attenzionealle agroenergie: l’istituto si sta avvici-nando ad un settore in forte espansio-ne che, se non va incontro alla vocazio-ne originaria del territorio, amplia ilsuo orizzonte alla Romagna – molti deisuoi studenti provengono da un piùampio bacino – e a quelle zone di agri-coltura più estensiva in cui si stannogià affermando coltivazioni per la pro-duzione di energia. Il futuro prossimo è, invece, un invito: avisitare in primavera, il penultimoweekend di maggio, l’Istituto che apre ilsuo Roseto e l’intera azienda al pubbli-co, per festeggiare l’attività con l’assag-gio – è il caso di dirlo, non solo simboli-camente – de “L’ultimo giorno di scuo-la”. Un invito rivolto a tutti, anche a chila scuola ha da tempo lasciato.

1 Da “CERERE – Rassegna di problemi tecnici edidattici per l’indirizzo agrario dell’IstruzioneSecondaria”, quadrimestrale – anno XII, n. 27,gennaio-aprile 1999 – ITAS “Basile-Caramia” diLocorotondo, Bari.

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