1.il contributo dell'utente - user-generated content (e intro)
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Description: Tesi di Laurea 2010 - Cap. 1 (e introduzione) Dal tubo catodico a YouTube: come è cambiata la creatività pubblicitaria in videoTRANSCRIPT
UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO Interfacoltà di Economia – Lettere e Filosofia
Corso di Laurea Specialistica in Comunicazione d’Impresa
Dal tubo catodico a YouTube: come è cambiata la creatività pubblicitaria in video
Relatore: Chiar.mo Prof. Angelo GHIDOTTI
Tesi di Laurea di: Luca Claudio TEMPORELLI
Matricola n. 3706646
Anno Accademico 2009/2010
INDICE
INTRODUZIONE ....................................................................................................................... 3
1. IL CONTRIBUTO DELL’UTENTE – User-Generated Content ....................................... 6
LA CULTURA PARTECIPATIVA ONLINE: ............................................................................ 6
USER-GENERATED CONTENT E YOUTUBE ...................................................................... 11
LA MOTIVAZIONE DEGLI UTENTI ...................................................................................... 18
LE CARATTERISTICHE DEGLI UGC .................................................................................... 22
2. LA RISPOSTA DELLE AZIENDE – User-Generated Advertising ................................ 27
LE CARATTERISTICHE DEGLI UGA .................................................................................... 27
STIMOLI E SPONTANEITÀ..................................................................................................... 34
EFFICACIA E FUTURO ............................................................................................................ 41
USER-GENERATED MARKETING ........................................................................................ 46
3. CREATIVITÀ, DIVERTIMENTO E SUCCESSO – L’effetto virale .............................. 49
MILIONI DI CLICK ................................................................................................................... 49
STRATEGIE DI VIRAL MARKETING .................................................................................... 54
IL CONTENUTO DEI VIRAL VIDEO ..................................................................................... 60
EMULAZIONE E SPOOFABILITY .......................................................................................... 64
4. COINVOLGERE L’UTENTE – Interattività e Personali zzazione .................................. 71
INTERACTIVE VIDEO ADVERTISING ................................................................................. 71
L’INTERATTIVITÀ SU YOUTUBE ........................................................................................ 78
PERSONALIZZAZIONE E PROFILAZIONE .......................................................................... 86
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5. IL PANORAMA MEDIA – Convergenza e Integrazione ................................................. 95
CONVERGENZA MEDIATICA ............................................................................................... 95
IL RUOLO DI YOUTUBE ....................................................................................................... 102
YOUTUBE MOBILE ............................................................................................................... 110
6. CHOOSE A DIFFERENT ENDING - Il caso e l’intervista ai creatori ......................... 113
INTRODUZIONE ALLA CAMPAGNA ................................................................................. 113
BRIEF E ANALISI DEL TARGET ......................................................................................... 115
STRATEGIA E IDEA CREATIVA ......................................................................................... 117
REALIZZAZIONE E CONTENUTI ........................................................................................ 119
MEDIA PLAN .......................................................................................................................... 122
RISULTATI .............................................................................................................................. 124
CONCLUSIONE ..................................................................................................................... 127
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ....................................................................................... 130
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................... 130
SITOGRAFIA ........................................................................................................................... 132
VIDEO DI YOUTUBE ............................................................................................................. 139
RINGRAZIAMENTI .............................................................................................................. 145
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INTRODUZIONE
YouTube nasce il 15 febbraio 2005, fondato da Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim,
mentre il primo video, ‘Me at the zoo' viene caricato da Karim il 23 aprile successivo. Il sito si
configura come una piattaforma di video-sharing che ben presto raggiunge una certa popolarità,
benché il successo vero e proprio arrivi solo quando Google lo acquista il 10 ottobre 2006, al
corrispettivo di 1,65 miliardi di dollari in azioni proprie.
Attualmente YouTube è il terzo sito web più visitato al mondo dopo Google e Facebook, ogni
giorno vengono visualizzati circa 100 milioni di video e caricati 65.000 nuovi filmati. Dal 19
giugno 2007 esistono differenti versioni del sito in base alla locazione geografica dell’utente,
realizzate in diverse lingue, tra cui l'italiano.
YouTube è al centro di numerosi dibattiti che riguardano il suo modello di business, il rapporto
con le aziende dell’intrattenimento, la relazione con la Comunità di utenti, l’appartenenza ad
una cultura partecipativa legata al web 2.0 e molti altri temi che verranno citati nella discussione
ma che ne costituiscono soltanto un necessario contorno.
Infatti, oggetto della presente dissertazione è la dimensione di YouTube legata al mondo
dell’advertising e in particolare alla creatività pubblicitaria. Pertanto, l’esposizione, nell’analisi
delle forme espressive stimolate dalla piattaforma, nell’interrogazione sui rinnovati ruoli di
aziende e utenti nel web 2.0 e nel confronto con i media tradizionali, avrà come prospettiva
esclusiva il punto di vista creativo.
Il metodo d’indagine è stato necessariamente influenzato dalla limitatezza della bibliografia di
riferimento: questo fatto ha implicato una ricerca di materiale all’interno del web, in particolare
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su blog e siti d’informazione dedicati all’advertising, ma soprattutto ha concentrato l’attenzione
su ciò che è avvenuto all’interno della piattaforma nel periodo di analisi.
Infatti, fondamentale per la realizzazione dell’elaborato si è dimostrata l’osservazione diretta del
sito, delle campagne pubblicitarie e dei video pubblicati al suo interno, così come l’utilizzo in
prima persona di tutti gli strumenti della piattaforma: in questo modo la discussione ha potuto
includere anche il punto di vista di un fruitore abituale di YouTube e selezionare i casi più
significativi per ogni tema.
Per quanto riguarda gli argomenti trattati, il primo capitolo si occupa del ruolo fondamentale
assunto dagli utenti e in particolare dei contenuti da essi generati, una delle peculiarità del web
2.0 che in YouTube ha trovato grande sviluppo in relazione al formato video. Tali contributi
costituiscono un’ampia parte dei materiali pubblicati e rappresentano l’innovatività creativa
della piattaforma stessa, distribuita in diverse forme.
Infatti, il tema è alla base anche dei successivi due capitoli, i quali ne analizzano delle
realizzazioni particolari: il secondo tratta di quei materiali user-generated che si legano
all’advertising e che pertanto interessano da vicino le aziende, mentre il terzo si occupa dei
video che presentano caratteristiche originali sotto il profilo della creatività tali da condurli ad
un’elevata popolarità in tutto il mondo.
Il quarto capitolo, nondimeno, si interessa del ruolo dell’utente ma lo analizza dal punto di vista
delle aziende, esaminando le iniziative che esse hanno messo a punto per avvicinarsi alle sue
richieste: in particolar modo, YouTube fornisce un buon esempio delle possibilità offerte
dall’interattività, dalla personalizzazione e dalla profilazione degli utenti.
Invece, il quinto capitolo presenta un panorama dei media e un’analisi del processo di
convergenza che ne sta modificando il mercato e che coinvolge anche YouTube; a questo
proposito, un paragrafo è dedicato alla versione del sito per mobile phone, la quale sta
acquisendo una sempre maggiore importanza.
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Infine, il sesto capitolo tratta un caso, quello della campagna ‘Choose a different ending’,
realizzata dall’agenzia AMV BBDO per la Metropolitan Police di Londra: quest’esempio è stato
scelto perché in grado di sintetizzare tutti gli aspetti citati nella discussione ma anche di
evidenziare la centralità di YouTube all’interno di un’iniziativa di comunicazione integrata.
L’importanza di fornire una descrizione adeguata di tale esempio ma soprattutto la necessità di
completare l’analisi teorica con un’indagine ‘sul campo’ ha spinto ad approfondire il caso con
un’interrogazione diretta ai creatori della campagna.
Per questo motivo, mi sono personalmente recato nella sede di Londra dell’AMV BBDO per
realizzare un’intervista ad Adam Kennedy, Account Manager nella realizzazione di ‘Choose a
different ending’: i contenuti della conversazione completano la discussione dei temi più
importanti trattati all’interno del capitolo.
Inoltre, l’esperienza nella sua globalità si è rivelata molto significativa per aver stimolato
l’intraprendenza che il presente elaborato necessitava, pertanto la sua importanza è stata
trasmessa all’interno di tutta la trattazione.
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1. IL CONTRIBUTO DELL’UTENTE
User-Generated Content
LA CULTURA PARTECIPATIVA ONLINE:
Il web esiste ormai da parecchio tempo, le nuove generazione lo utilizzano per ogni necessità
informativa, si parla da qualche anno di ‘nativi digitali’ e di ‘digital divide’ fra chi è connesso e
chi non lo è, si scrive delle problematiche emerse nel tempo, si osserva e si ipotizza come si
evolverà in futuro. Il web è un’infinita rete di collegamenti che raggiungono ogni luogo della
Terra in pochi secondi, eppure da un decennio circa si parla di una sua evoluzione, il web 2.0.
Che cosa mancava a questo strumento così rivoluzionario da renderne necessaria una nuova
versione? Mancavano le persone.
I media e le imprese avevano traghettato i loro business sul nuovo mezzo, avevano trovato un
nuovo spazio ma vi procedevano senza un modello che tenesse conto delle peculiarità del
mezzo e delle possibilità d’azione per gli utenti. Il web 2.0 è finalmente la rete delle persone, è
l’interazione fra utenti e con il medium, è la possibilità per chiunque non solo di entrare in
contatto con gli altri ma di gestire tale relazione, non solo di osservare ma anche di mostrarsi.
Per il fatto di essere generato da milioni di soggetti diversi, il web 2.0 è una realtà che avanza e
muta, così fra qualche anno la definizione potrebbe risultare già obsoleta o comunque differente
da quella attuale. Oggi, il web 2.0 sono le centinaia di migliaia di blog, vlog e forum che
nascono e si arricchiscono di contributi ogni giorno, i post, i commenti e i dibattiti nelle chat,
sono i 500 milioni di utenti di Facebook e il potere di Twitter di muovere le masse, sono le
fotografie su Flickr e i check-in di Foursquare, sono le persone che costruiscono la più grande
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enciclopedia al mondo, Wikipedia, e quelle che, per divertimento o per passione, trasmettono se
stesse in un video di YouTube.
Il web 2.0 oggi è formato da esperienze eterogenee, nate a partire da motivazioni anche molto
differenti, tuttavia accomunate da un processo che interessa il web da circa un decennio e che
negli ultimi anni continua a segnalare nuove iniziative: la diffusione di una cultura
partecipativa, dove la partecipazione risulta legata alle nuove possibilità offerte dall’online, ma
allo stesso tempo si propone come l’espressione di un bisogno delle persone di mostrarsi al
mondo.
La cultura partecipativa esiste dal momento in cui l’uomo ha sentito il bisogno di esprimersi,
mostrarsi e confrontarsi, ma attraverso il web ha conosciuto un nuovo modo di esistere e di
proporsi, proprio perché tale medium è nato a partire dallo stesso desiderio di condivisione e di
relazione. Per questo è importante capire sia il significato originale della cultura partecipativa,
sia le caratteristiche che ne hanno determinato una nuova esistenza nel mondo dell’online.
Da un punto di vista storico, la cultura partecipativa è parte della cultura popolare, l’insieme di
espressioni create dalle persone in risposta ad un bisogno universale cui tuttavia non
corrisponde un paritario accesso ai media. Essa ha sempre offerto la possibilità di mostrarsi in
modo democratico e pertanto chiunque partecipa alla cultura popolare ogni volta che un’azione
produce un riverbero nella comunità.
Per questo motivo essa viene solitamente considerata secondo due accezioni opposte: in senso
peggiorativo, ovvero come cultura di massa e commerciale, costituita da contenuti per un
pubblico allargato, contrapposta alle élite e alla cultura ‘alta’, e in senso celebrativo, ovvero
come cultura della gente, essenzialmente originale e spontanea, genuina e vernacolare.
Tuttavia, le due definizioni sono giunte ad un punto d’incontro nel momento in cui un mezzo, il
web per l’appunto, ha permesso che ciò avvenisse su scala globale, sebbene ciò abbia
comportato una perdita di alcuni dei caratteri originali di entrambe le accezioni: oggi la cultura
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della gente non è più confinata nella sfera del privato ma anzi viene mostrata addirittura al
mondo intero, mentre la cultura di massa di stampo capitalistico diviene cultura della
partecipazione, ovvero non più imposizione da parte dei produttori sui consumatori ma
confronto e produzione congiunta.
Ricercando degli esempi, per quanto riguarda la diffusione di contenuti privati sul web, si può
osservare che nella tag cloud di Flickr, la ‘nuvola’ che riporta le tag1 più ricercate sul sito,
mostrando nel carattere più grande le prime della classifica e con caratteri sempre più piccoli le
seguenti, propone nel carattere maggiore il termine ‘wedding’ (matrimonio): centinaia di
milioni di utenti del sito hanno pubblicato fotografie di ogni contenuto, ma più di ogni altro è
rappresentato un momento tipicamente familiare e riservato, tuttavia ritenuto così importante da
dover essere mostrato.
Lo stesso vale per YouTube: già nei primi anni di attività, diversi autori hanno sottolineato
come molti video dei primi YouTuber riprendessero i protagonisti nelle loro camere da letto. Lo
stesso spazio una volta dedicato a scrivere il proprio diario o a riflettere sui propri pensieri, ora
fa da cornice per il vlog, ovvero il video-diario, con la differenza che quest’ultimo esce
dall’ambiente vernacolare e diventa accessibile da milioni di persone.
Si tratta di due esempi che chiariscono come la cultura popolare abbia perso la sua natura
privata per venire esposta addirittura attraverso il mezzo più accessibile del pianeta. Non può
esistere un giudizio di valore sulla nuova identità della cultura popolare ma solamente una
considerazione di come la vita di ognuno di noi oggi possa divenire accessibile da chiunque
altro, segno di un cambiamento di cui le persone avvertivano il bisogno e di un medium che lo
ha consentito.
1 Tag: termini associati ad immagini (come nel caso di Flickr o Facebook), video (YouTube), mappe
geografiche, post,… che descrivono l'oggetto e rendono possibile la classificazione e la ricerca per parole
chiave. Sono aggiunte da chi carica il contenuto o da altri secondo criteri arbitrari; tipicamente ad ogni
oggetto sono associate più tag.
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Per quanto riguarda invece la seconda accezione di ‘cultura popolare’, ovvero la cultura di
massa, non è possibile affermare che essa stia perdendo i propri caratteri esteriori: i contenuti
che troviamo oggi su internet sono spesso pensati per un pubblico massificato e addirittura
maggiormente globalizzato.
Tuttavia, è in atto un cambiamento che riguarda la produzione dei contenuti, un’eventualità
difficilmente riscontrabile nel mondo moderno delle aziende, tanto che esso appartiene a
quell’ampio fenomeno denominato ‘post-moderno’.
Infatti, in alcuni casi, il produttore dei contenuti online è la stessa persona che fruisce tali
contenuti. In relazione a tale particolarità, alcuni autori parlano di prosumers, ovvero di
producer (produttore) e consumer (consumatore) accorpati nello stesso soggetto: l’importanza
crescente di questa figura altera la tradizionale sequenza produttiva dell’industria culturale e
costringe le aziende ad adeguare il proprio modello di business (Garfield, 2009).
È necessaria un’analisi a partire dai fattori che hanno motivato tale cambiamento e che hanno
portato alla diffusione della cultura partecipativa nel mondo dell’online. Gli elementi più
importanti sono due: la sempre maggiore accessibilità alle tecnologie digitali e un certo tipo di
spostamento nella relazione di potere fra industria media e consumatori, il quale potrebbe anche
essere letto come una conquista di spazio da parte di questi ultimi ma anche come una nuova
modalità di presentarsi al mondo.
Per quanto riguarda il primo fattore, occorre sottolineare che esso è un presupposto necessario
per lo sviluppo del fenomeno partecipativo allargato, tuttavia le innovazioni tecnologiche
sarebbero state fine a sé stesse se non fosse esistito un bisogno latente insito nelle persone di
mostrare un lato di sé da sempre nascosto e personale. Come detto, la stessa nascita del web si
deve al bisogno di comunicare e di essere connessi al mondo intero.
Infatti, dallo sviluppo di un pensiero di partecipazione, dove la componente attiva raggiunge e
interessa finalmente anche lo spettatore, è nato il web partecipato, ovvero il web 2.0, nel quale
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una parte di contenuti non viene sottoposta dalle aziende agli utenti, ma viene creata dagli utenti
stessi per altri utenti, non lasciando tuttavia invariato il loro rapporto con i produttori.
L’analisi si sposta dunque sul secondo fattore, il cambiamento dell’offerta, che genera una
maggiore complessità all’interno del mercato attuale. La distinzione fra produttori e utenti
rimane valida ma l’appartenere alla seconda categoria oggi non presuppone più l’impossibilità
di appartenere anche alla prima: Flickr, YouTube, MySpace, Foursquare sono espressioni di
bisogni degli utenti, soddisfatti dalla loro stessa iniziativa e non più dai produttori tradizionali.
È fondamentale sottolineare che per queste piattaforme web, la co-generazione di contenuti da
parte degli utenti è anche co-generazione di valore: per questo essi hanno assunto un ruolo
fondamentale e ricevono una crescente attenzione da parte delle aziende, sia da quelle che
creano contenuti, sia da quelle che ricercano nuove forme di inserzioni pubblicitarie e
promozionali nel mondo dell’online. Tuttavia, l’adeguamento delle aziende al fenomeno è
ancora ad una fase iniziale di un lungo processo che porterà a conoscere più a fondo e a
supportare i contributi generati degli utenti.
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USER-GENERATED CONTENT E YOUTUBE
Flickr, YouTube, Foursquare sono nuove forme di partecipazione che coinvolgono gli utenti dal
lato della generazione dei contenuti: il loro contributo è fondamentale per la nascita e la crescita
di queste piattaforme. Flickr non potrebbe esistere senza l’upload di milioni di foto degli utenti,
YouTube in mancanza dei video prodotti dagli utenti perderebbe circa il 50% dei propri
contenuti e diverrebbe una vetrina per i principali programmi televisivi e per i trailer dei film, i
blog addirittura non esisterebbero se le persone non pubblicassero notizie, informazioni e
aggiornamenti, Foursquare infine si sta diffondendo sfruttando il desiderio degli utenti di
lasciare una traccia di sé nel mondo.
Benché la generazione di contenuti non sia stata originata dalla nascita del web ma presenti
esempi di quasi un secolo fa, come le ‘lettere al direttore’ della stampa periodica, pubblicate a
partire dagli anni ’30, nell’attuale contesto del web 2.0 si dimostra fondamentale e alla base
della cultura partecipativa legata al mondo dell’online.
Per indicare questi contenuti si utilizzano le locuzioni inglesi User-Generated Content (UGC),
Consumer-Generated Media (CGM) or User-Created Content (UCC): nel corso della
discussione si utilizzerà la prima soluzione, della quale è necessario fornire una definizione.
L’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) definisce gli UGC in
base a tre caratteristiche di base:
Innanzitutto, deve essere soddisfatto il requisito della pubblicazione: benché gli utenti siano
liberi di creare contenuti e mantenerli privati, si considerano UGC i materiali che vengono
pubblicati e pertanto diventano accessibili al pubblico generale o quantomeno ad una sua parte,
per esempio ad un gruppo selezionato di persone.
In secondo luogo, il fatto stesso di poter essere considerati dei contenuti richiede uno sforzo
creativo da parte dall’utente nel momento della realizzazione, ovvero una progettazione e
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un’elaborazione, per quanto minime (benché sia difficile stabilire quale sia il livello minimo di
sforzo creativo ammissibile, rimane una valutazione dipendente dal contesto), che diano al
contenuto caratteri di interesse e originalità.
Per quanto riguarda l’interesse, esso non è un criterio necessario per la pubblicazione, mentre
risulta fondamentale per la visibilità: è il pubblico a giudicare se un contenuto sia valevole o
meno di essere fruito, tuttavia anche un prodotto privo di qualsiasi attrattiva o significatività può
essere pubblicato.
Invece, un discorso più approfondito merita il carattere dell’originalità: innanzitutto, la semplice
pubblicazione di contenuti generati da altri (per es. dai media) non può essere considerato un
UGC, anzi si tratta di una violazione di copyright. Un discorso differente, invece, riguarda le
rielaborazioni dell’utente di materiale pubblicato da altri: dato che la riedizione prevede
un’aggiunta di valore e uno sforzo creativo, potrebbe essere considerata originale, anche se non
si sottrae ma anzi amplifica la discussione a riguardo del copyright.
Il dibattito intorno alle rielaborazioni degli utenti prende in considerazione due nozioni, l’una
giuridica, il copyright, e l’altra legata alle pratiche tipiche del web, ovvero la redazione o
editing: essa viene definita come la modificazione di un materiale generato da altri (che siano i
media tradizionali o altri utenti), la quale crea un secondo contenuto originale, il quale a sua
volta può essere editato da altri utenti.
La questione conosce sempre nuovi sviluppi soprattutto grazie a YouTube, sia per la sua politica
di pubblicazione dei contenuti, sia per la giurisprudenza che nasce al suo interno, dove ogni
caso, ogni causa legale e ogni pratica innovativa creano novità che poi si diffondono nel web.
Infatti, all’art. 8 dei Termini di Servizio della piattaforma si afferma:
8.1 Quando l'utente carica o pubblica Contenuti su YouTube, contestualmente concede:
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A. a YouTube, una licenza per il mondo intero, non esclusiva, gratuita, trasferibile (con
diritto a concedere sub-licenze) ad usare, riprodurre, distribuire, preparare opere
derivate, visualizzare ed eseguire tali Contenuti in connessione alla fornitura del
Servizio ed in altro modo in connessione con la fornitura del Servizio e dell'attività
commerciale di YouTube, comprese, a titolo meramente esemplificativo, la promozione
e la ridistribuzione di tutto o parte del Servizio (e delle relative opere derivate) [in
qualsiasi formato e tramite qualsiasi canale di comunicazione];
B. a ciascun utente del Servizio, una licenza per il mondo intero, non esclusiva, gratuita, ad
accedere ai suoi Contenuti tramite il Servizio e ad usare, riprodurre, distribuire,
preparare opere derivate, visualizzare ed eseguire tali Contenuti nella misura permessa
dalla funzionalità del Servizio ed ai sensi dei presenti Termini.
Quest’ultimo comma convalida la possibilità dell’editing e introduce un elemento fondamentale
per la comunità di YouTuber, quello della collaborazione e della generazione di contenuti da
parte di più utenti attraverso il re-editing e la pubblicazione di video di risposta che possono (o
meno) riprendere il contenuto del video originario.
Come si può facilmente comprendere, il concetto stesso di UGC e la politica di YouTube aperta
alle innovazioni e desiderosa di offrire all’utente-generatore nuove possibilità, vicine alle sue
richieste, portano con sé delle novità che modificano le normali condizioni di pubblicazione e
che potrebbero infine condurre ad un rinnovamento dei diritti legati ad essa.
In questo senso, Hartley (2008) propone che la nozione di redazione sostituisca quello di
copyright, adducendo alcune evidenze in favore del primo: innanzitutto, sottolinea che il
consumo è divenuto fonte di creazione di valore e si è trasformato da sola lettura a lettura e
scrittura, pertanto il concetto stesso di autore e quello di catena del valore delle industrie
culturali sono ormai superati.
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Inoltre, egli ritiene che la redazione del materiale di terzi spesso non avvenga al fine di aggirare
il copyright ma per condividere alcune parti di un contenuto ritenute significative. In sostanza,
questa pratica, che può essere definita citazione, è diversa dalla pubblicazione di interi
programmi, non solo per la durata limitata ad alcuni spezzoni, ma soprattutto per il pensiero che
ne sta alla base.
Anche Bruns (2007) suggerisce che si tratti di una nuova forma di produzione culturale legata
alla cultura partecipativa e sviluppatasi a partire da un uso comune dei mezzi di comunicazione,
differente dall’utilizzo a cui siamo abituati, legato invece alla proprietà privata dei media e alla
distinzione inequivocabile fra produzione e consumo.
Tuttavia, il concetto di copyright è ancora giuridicamente valido ed è intuibile che rimarrà tale
ancora a lungo dato che le aziende hanno interesse a mantenere inalterata la situazione sia nei
media tradizionali sia nel mondo del web.
Una particolare evenienza, estremamente diffusa sulla piattaforma di YouTube, ha generato e
continua a generare proteste e cause legali da parte dei media tradizionali: essa si verifica
quando un utente pubblica un contenuto, lasciandolo aperto a modificazioni da parte di altri, ma
non ne possiede i diritti, i quali appartengono invece ai media. Ciò avviene, per esempio,
quando l’utente pubblica gli highlights della partita di calcio oppure gli spezzoni della serie tv
trasmessa in prima visione la sera precedente.
Questo fenomeno, sul quale YouTube non pone alcun filtro, limitandosi a rimuovere i video
qualora pervengano proteste da parte dei possessori dei diritti, ha generato nei pochi anni di
esistenza del sito una serie sterminata di cause legali, ma anche una situazione di anomalia fra
YouTube e le grandi aziende media e dello spettacolo.
Infatti, il sito si configura nei confronti di queste ultime come un nemico a causa della
diffusione di contenuti protetti da copyright di cui si è detto precedentemente, una risorsa per le
politiche di comunicazione (talvolta gioca entrambi i ruoli per le stesse aziende) e addirittura un
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partner dal momento in cui ha deciso di dividere i profitti con chi genera contenuti di elevato
valore. Quello che si evince è che le aziende non vogliono abbandonare il modello tradizionale
legato al copyright ma nemmeno perdere l’occasione di sfruttare tutte le potenzialità di un
nuovo strumento in rapida ascesa.
Per di più, oltre alla violazione di copyright che genera possibili perdite di audience e mancati
guadagni in caso di investimenti pubblicitari sui propri contenuti pubblicati da altri, nei casi in
cui il contenuto originale risulta ben identificato, l’azienda o il media che lo ha generato
potrebbe anche trovarsi in disaccordo con i temi o le caratteristiche del nuovo contenuto oppure
potrebbe ritenere compromessa la propria immagine.
Un video fra i più visti2 su YouTube nel mese di luglio 2010 è stato uno spoof3 del commercial
Vigorsol Cult ‘Tricheco’ nel quale l’animale gioca con un ragazzo, il cui volto è però stato
sostituito da quello dell’ex Commissario Tecnico della Nazionale di calcio Marcello Lippi,
colpito dal tricheco (QR Code 1). Il video è concepito con un intento ironico ma potrebbe essere
ritenuto lesivo dall’azienda Vigorsol, dato che il commercial è facilmente riconoscibile.
QR Code 1 - ‘Lippi e Tricheco’
2 Tutti le cifre e i riferimenti numerici sono aggiornati al momento in cui sono stati inseriti nella
dissertazione o comunque a non prima del luglio 2010. 3 Spoofing: reinterpretazione ironica o goliardica di un video, se ne parlerà nel terzo capitolo.
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Come si può intuire da queste prime considerazioni, YouTube si configura come una
piattaforma fondamentale per lo sviluppo degli UGC e delle pratiche ad essi legate, occorre
analizzare che peso possiede all’interno del sito di video-sharing questo tipo di contenuti.
Soffermandosi sui dati della piattaforma si nota che gli UGC occupano circa il 50% dei video
pubblicati contro il 42% occupato da contenuti provenienti dai media tradizionali, ai quali si
aggiunge un 8% di cui non è possibile stabilire la provenienza (un dato interessante se si pensa
alle differenze di strumentazione per la progettazione e la realizzazione dei video).
La suddivisione in due grandi aree di origine dei video porta alcuni autori (Burgess & Green,
2009) a parlare addirittura di ‘due YouTube’ poiché la differenza di provenienza si riflette anche
nei contenuti: infatti, fra gli UGC i generi più frequenti sono vlog, video musicali, materiale dal
vivo, mentre fra i contenuti dei media tradizionali (una parte dei quali viene continuamente
rimossa perché non autorizzata dagli stessi) spiccano informazione, sceneggiati, video musicali,
materiale promozionale.
Inoltre, è possibile analizzare come si comportano i due gruppi di contenuti all’interno delle
classifiche fornite da YouTube, dato che esse sono degli indicatori di popolarità e gradimento.
Innanzitutto, occorre notare che gli UGC non sono in testa in ogni categoria, anzi i gusti del
pubblico di YouTube si dimostrano molto legati alla media agenda tradizionale, tanto che nella
categoria Più Visti due terzi dei video proviene proprio dai media e in particolare riguarda
l’informazione. Invece, per quanto riguarda la classifica dei Preferiti, categoria importante
perché esprime il gusto personale (infatti nella divisione per generi domina la musica), si denota
una ripartizione quasi perfetta tra i due gruppi.
L’importanza della cultura partecipativa legata alla piattaforma emerge invece in due categorie,
i Più Risposti e i Più Discussi, dove la situazione è ribaltata rispetto ai Più Visti, dato che i due
terzi dei contenuti sono UGC. Si registra una grande predominanza dei vlog, i quali per loro
natura stimolano il commento, la critica e la pubblicazione di video di risposta.
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A questo punto sembra spontaneo chiedersi quali siano le classifiche da tenere in
considerazione, se occorre guardare il numero di contatti assoluti oppure soffermarsi su quei
video che richiedono attenzione e stimolano il confronto fra utenti. Una risposta corretta non
esiste: dal punto di vista della cultura di YouTube è evidente che l’interesse vada posto
sull’interazione con l’utente, tuttavia gli investimenti pubblicitari si basano sul classico sistema
degli OTS4.
Per questo motivo è agevole comprendere perché gli annunci pubblicitari più tradizionali (pre-
roll, mid-roll, post-roll, sovraimpressioni) siano concentrati sui video generati dai media;
tuttavia, a questa motivazione va aggiunta la difficoltà a pianificare sugli UGC: le aziende
investitrici non possono sapere né quando un utente deciderà di pubblicare il proprio materiale
né quale contenuto esso rappresenterà.
A riguardo della distinzione fra i ‘due YouTube’, per comprendere la cultura partecipativa del
sito di video-sharing non è necessaria una distinzione netta fra la produzione professionale e
quella amatoriale: i contenuti circolano e vengono fruiti dagli utenti senza fare troppo caso alla
fonte. La piattaforma pertanto si dimostra un mezzo potenzialmente molto innovativo,
fondamentale per gli UGC, ma anche legato ad alcune pratiche dei media tradizionali.
Invece, la distinzione si dimostra significativa per l’OECD, il cui terzo ed ultimo criterio per
definire gli UGC riguarda il carattere non professionale delle creazioni degli utenti. Il 50% di
contenuti di YouTube generati dagli utenti di cui si è precedentemente detto è l’esempio di
come tale materiale non rispetti le routine e le pratiche professionali, per il fatto di non avere un
indirizzo commerciale e un obiettivo di profitto economico, ma semmai sia legato ad una serie
di compensi impliciti ed espliciti relazionati ai fattori motivazionali che spingono alla sua
creazione.
4 OTS: Opportunity To See, misura della copertura del target group di una campagna pubblicitaria
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LA MOTIVAZIONE DEGLI UTENTI
La provenienza non professionale di alcuni materiali porta con sé alcuni caratteri, la cui
valutazione combina spesso giudizi sia positivi sia negativi poiché essi si rivelano sia generatori
di novità che di problematiche nuove.
Il più evidente di questi caratteri è la soggettività: l’utente non esperto nella generazione e nella
pubblicazione ritiene più significativi i materiali che dal suo punto di vista appaiono tali, senza
tener conto di ciò che effettivamente interessa la propria audience, tanto più che il suo obiettivo
primario non è quello di accontentare un pubblico quanto di soddisfare un proprio bisogno.
La soggettività insita nella creazione degli UGC talvolta porta alla pubblicazione di contenuti
innovativi, divertenti, ironici, mentre in altri casi genera materiali insignificanti, tecnicamente
imperfetti e magari anche non originali, ricalcati sulla base dei contenuti classici dei media. Il
web è pieno di esempi in entrambi i sensi, video e fotografie visti e commentati da milioni di
utenti così come contributi che non apportano nulla al già ampio panorama di pubblicazioni
online.
Ciò nonostante, dal punto di vista degli utenti il fatto di generare un contenuto di successo o di
elevato valore stilistico o narrativo, così come la volontà di ricercare l’innovazione o la
perfezione tecnica non ha grande importanza. Ad essi interessa l’idea di pubblicare per rendersi
visibili al mondo, per mettere in mostra il proprio essere e la propria creatività, per parlare di sé
attraverso fotografie, video, musica.
Il celebre pay-off di YouTube ‘Broadcast yourself’ sintetizza perfettamente ciò che per gli
utenti significa tale piattaforma di condivisione: il suo successo planetario si deve infatti all’aver
saputo soddisfare questo bisogno latente di molti utenti. Le caratteristiche e la ricchezza del
video come medium che permette movimento, colori, musiche, racconti, e l’attenzione per le
richieste dei suoi fruitori hanno reso YouTube il mezzo di pubblicazione degli UGC più
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conosciuto, ma molti altri esempi sono presenti nella rete, sia a riguardo del video-sharing che
di altre forme di pubblicazione, segno dell’apprezzamento delle possibilità offerte dal web 2.0.
‘I post, therefore I am’ sintetizza Rishad Tobaccowala, CEO di Denuo, una società di
consulenza digitale sottolineando l’importanza di inserirsi in una comunità, ma anche
semplicemente di entrare nella massa, di non essere tagliati fuori. Per molti utenti tali
motivazioni hanno un valore estremamente elevato, superiore a quello di un compenso:
pertanto, occorre interessarsi a fondo delle ragioni che riescono a giustificare una così alta
partecipazione al fenomeno degli UGC online.
Bob Garfield, nel suo testo ‘The chaos scenario’ (2009), si domanda perché George Masters
abbia dedicato cinque mesi e parecchie risorse economiche per creare un commercial per la
Apple (QR Code 2), pur non lavorando per l’azienda di Cupertino né ricevendo in cambio
alcuna ricompensa. Masters risponde semplicemente: ‘perché mai qualcuno dovrebbe dedicare
tempo a qualcosa di cui è appassionato?’
QR code 2 – ‘Viral iPod Movie’
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L’esempio riguarda una singola esperienza e non può certo considerarsi valido per tutti i
contenuti pubblicati sul web dagli utenti, tuttavia è evidente che esistano varie motivazioni che
spingono le persone a creare e a pubblicare del materiale senza attendersi né desiderare una
ricompensa economica. Si tratta di un processo complesso da indagare ma fondamentale da
analizzare poiché esso modifica i rapporti alla base della realizzazione, della pubblicazione e
della remunerazione dei contenuti online.
Lo studio delle motivazioni è sempre stato al centro della ricerca psicologica e sociologica:
un’indagine specifica a riguardo dei fattori che spingono gli utenti a produrre e pubblicare
contenuti propri è stata compiuta da Daugherty, Eastin & Bright (2008). Le loro ipotesi
prevedevano che gli individui fossero guidati da diverse motivazioni contemporaneamente e che
esse fossero correlate positivamente con l’attitudine verso gli UGC.
L’analisi si è basata sulle quattro motivazioni funzionali individuate da Katz (1960), ovvero
‘social’, ‘ego-difensive’, ‘knowledge’, ‘utilitarian’, e su una quinta aggiunta da Smith (1973),
‘value-expressive’. I risultati si sono rivelati molto interessanti poiché solamente le prime due
motivazioni risultano significativamente correlate in modo positivo, mentre l’ultima in senso
negativo.
Quest’ultimo dato viene motivato sostenendo che ‘value-expressive’ riflette le convinzioni
morali, spesso associate a temi e questioni controverse (ad esempio, religione, etica, politica),
mentre la maggior parte degli UGC riguarda l’intrattenimento ed è incentrata su argomenti
umoristici e leggeri.
Per quanto riguarda la seconda ipotesi, i tre autori hanno dimostrato l’esistenza di una relazione
fra l’attitudine positiva verso gli UGC, il loro consumo e la loro realizzazione. In particolare, è
risultato che il consumo influenza positivamente sia l'atteggiamento del consumatore verso gli
UGC sia la creazione di tali contenuti, mente l'atteggiamento stesso agisce da mediatore nella
relazione tra le dimensioni di consumo e creazione degli UGC.
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Infine, lo studio ha riscontrato un’importante differenza fra coloro che creano gli UGC e coloro
che li consumano in termini di fruizione dei contenuti: i consumatori sono maggiormente inclini
a ricercare fotografie e video, ovvero tendono ad adottare un approccio passivo, mentre i
creatori di UGC sono più interessati ai mezzi che permettono di presentare un'espressione di sé
e forniscono possibilità più ricche per comunicare, perciò sfruttano soprattutto blog, forum e siti
web personali.
Tipo Consumatori Creatori
Video 48,9% 21,1%
Immagini 51,1% 44%
Audio 19,1% 9,9%
Blog 23,4% 40,8%
Disegni 6,8% 7%
Forum 20,6% 46,5%
Siti web 25,5% 42,3%
Wiki 11,7% 4,2%
Altro 8,3% 11,3%
Tab. 1 – Consumo di UGC per tipologia per Consumatori e Creatori di UGC
È importante sottolineare che il gruppo di creatori di contenuti rappresenta il 22% del campione
analizzato ma spende in media 112 minuti in una giornata tipo nella fruizione e nella creazione
di UGC.
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LE CARATTERISTICHE DEGLI UGC
La motivazione degli utenti risulta fondamentale per comprendere gli UGC, ma è analizzare il
loro risultato sulla fruizione di YouTube, perché alcuni riscuotano un successo enorme, a volte
maggiore persino dei contenuti pubblicati dai professionisti della comunicazione, quali siano i
punti di forza e le debolezze che aiutano o impediscono di raggiungere milioni di contatti, infine
per quale motivo essi divengano così importanti anche per le aziende.
Innanzitutto, come precedentemente affermato, gli UGC hanno un carattere amatoriale, ovvero
sono ideati e realizzati da non professionisti, i quali non seguono regole convenzionali ma
lasciano libero sfogo alla propria creatività, seppur in qualche caso essi siano influenzati dalla
narrazione e dalle tecniche tradizionali e le loro espressioni si limitano ad una copia di un
modello già collaudato e diffuso.
Nonostante sia innegabile che una certa parte del materiale user-generated non offra nulla o
quasi dal punto di vista tecnico o artistico, un’altra parte si dimostra innovativa e genuina: non è
tanto importante domandarsi quanto grande sia questa seconda parte, bensì capire perché alcuni
esempi di UGC siano in grado di raggiungere e coinvolgere un numero così elevato di persone e
di spingere alcune aziende, anche di grandi dimensioni e di notorietà internazionale, ad
interessarsene per rinnovare la propria comunicazione.
In questo senso, il motivo per il quale gli UGC hanno in potenza la possibilità di cambiare il
mondo della comunicazione, o quantomeno di offrire ad esse una nuova via, riguarda la loro
credibilità: sono contenuti generati da utenti che non hanno alcun interesse commerciale. Questo
carattere, nel momento in cui viene associato ad un prodotto o ad una marca, ovvero si apre al
commerciale, sembra mantenere una certa credibilità e continua ad essere apprezzato dagli altri
utenti della comunicazione: tale tema verrà approfondito nel successivo capitolo, mentre ora
occorre effettuare un’analisi delle caratteristiche che rendono necessario l’interessamento delle
aziende a questa forma di contenuti.
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A riguardo del carattere della credibilità, occorre sottolinearne la precarietà che espone questi
contenuti (e i suoi fruitori) ad alcuni pericoli, di cui sono già stati protagonisti alcuni casi, come
è successo per uno dei primissimi vlog a raggiungere un grande successo tramite YouTube,
quello di Lonelygirl15.
A partire dal luglio 2006 la giovane Bree
alias Lonelygirl15 ha postato alcuni video
parlando dei suoi problemi adolescenziali e
attirando 300.000 visite ad ogni nuova
pubblicazione. Il video-diario, completato
da rimandi ad altri social network, ha
suscitato subito parecchia perplessità fra gli
YouTuber a riguardo dell’autenticità.
Il dibattito ha coinvolto numerosi utenti e persino la stampa fino a quando è stato rivelato
l’attività di due produttori indipendenti alle spalle della storia, pensata come una vera e propria
sit-com. Si è trattato di un esperimento ma al tempo stesso ciò ha creato il primo esempio della
violazione di quell’autenticità e spontaneità che YouTube rappresentava, e quindi anche della
credibilità di tutti i suoi utenti.
Infatti, la credibilità non può che basarsi su un rapporto di fiducia che si costruisce fra chi
pubblica e chi fruisce un contenuto, processo agevolato, nel caso di questi contenuti, dal fatto
che entrambi i soggetti sono utenti e non aziende (se non mascherate), i quali non hanno
interesse ad ingannare altri utenti.
Addirittura, nel web spesso accade che chi pubblica contenuti ritenuti non adatti al contesto
venga raggiunto da altri utenti e segnalato o isolato. La segnalazione può avvenire da parte di
chiunque ritenga non adatto un contenuto, mentre il ruolo di isolare un altro utente viene
solitamente svolto da una Comunità, ovvero dagli utenti che senza interesse personale si
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dedicano profondamente ad un’iniziativa, proponendone (anche implicitamente) una via di
sviluppo e garantendone nel tempo un equilibrio fra innovatività e continuità.
L’esistenza di una Comunità, la quale attraverso l’esperienza e il riconoscimento del proprio
lavoro da parte degli utenti e di esperti esterni (media tradizionali e autori che se ne sono
occupati) spesso assume un certo potere, apre le porte ad un dibattito sulla necessità di un filtro
che in alcuni casi, a causa della sua inevitabile arbitrarietà, rischia di sconfinare nella censura.
Un esempio di ciò è fornito da Wikipedia, uno dei casi più rilevanti dell’impatto esercitato dagli
UGC, sia per numero di contatti giornalieri, sia per l’idea pretenziosa e tuttora rispettata di
creare un insieme di saperi attraverso la collaborazione di non professionisti, appassionati e
motivati ad esprimersi a riguardo dei temi prediletti.
All’interno del sito web, benché pubblicazione e modificazione delle voci siano aperte a tutti, la
maggior parte dei contenuti è pubblicata, modificata e soprattutto gestita da un gruppo di
wikipedisti, i quali oltre a funzionare da motore di propulsione per la diffusione e la crescita del
portale, hanno costituito una vera e propria Comunità, all’interno della quale si accede con
determinati requisiti legati all’elevato utilizzo e all’approfondita conoscenza del portale stesso
(per esempio, un numero minimo di modifiche alle voci enciclopediche, un arco di tempo di
attività a partire dall’iscrizione).
Gli appartenenti alla categoria possiedono alcuni poteri che possono esercitare nella gestione
delle voci enciclopediche. Per esempio, un utente della Comunità può proporre, attraverso
l’esplicazione di una motivazione valida, la chiusura di una pagina che a suo parere non rispetta
le regole stabilite dal gruppo stesso: da ciò si origina una votazione interna alla Comunità per
decidere se cancellare o meno la voce in questione.
Oppure, lo stesso utente può segnalare una voce che a sua discrezione non presenta le giuste
referenze bibliografiche, non è completa o non è precisa: in questo caso, un simbolo comparirà
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permanentemente nella parte superiore della pagina, indicando in modo palese una voce non
esaustiva.
Si tratta ovviamente di una comunità di esperti, il cui potere tuttavia può essere utilizzato con un
largo grado di arbitrarietà: questo fatto, così come molti altri legati allo sviluppo e al
miglioramento di Wikipedia, genera molte discussioni fra i membri stessi della Comunità.
Lo stesso avviene anche per altri portali, come ad esempio all’interno di YouTube: qui la
Comunità possiede un certo potere anche nei confronti dei gestori del sito ed è riconosciuta
come un importante interlocutore per lo sviluppo della piattaforma. Per accedervi non sono
necessari requisiti simili a quelli citati per l’enciclopedia online, tuttavia la piattaforma non è
pubblica ma appartiene a Google.
Le difficoltà evidenziate sono legate al concetto stesso di delegare un parte del potere ad un
numero elevato di persone, ma occorre anche sottolineare che esse risultano necessarie per
questo modello di business aperto alla collaborazione tanto che spesso sono alla base del
progresso e dell’evoluzione del portale stesso.
Inoltre, si parla spesso di Comunità per sottolineare il grado di relazione e scambio al suo
interno, ma anche perché l’insieme degli appartenenti è sovrapponibile a quello dei maggiori
creatori di contenuti: si tratta di una parte ristretta degli utenti, a fronte di un altissimo numero
di frequentatori che si limitano a consultare il materiale pubblicato.
Questo fenomeno riguarda l’intero panorama del web, dove gli utenti vengono solitamente
classificati dalla letteratura in base al proprio apporto di contenuti: l’1 – 2 % genera contributi di
grande valore, l’8 –10 % commenta, partecipa e crea contenuti di minor valore, mentre il 90%
ne fruisce solo passivamente (Montis, 2009).
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La parte attiva degli utenti, ovvero i prosumers, oltre a dimostrarsi fondamentale per lo sviluppo
di piattaforme come YouTube e Wikipedia e a costituire una vera e propria sub-cultura web-
based, rappresenta anche il maggior interesse per le aziende poiché distingue una nicchia
fortemente interessata alle novità, dotata di una buona conoscenza del mondo online, con la
capacità di confrontarsi con gli altri utenti attivi ma anche di influenzare quelli passivi. Nel
prossimo capitolo si vedrà come le aziende si interessano a tale nicchia e come viceversa gli
utenti si relazionano con il mondo di brand e prodotti.