22035

46
SERIE EDITORIALE DM Disease Management 19

Upload: marcocarcano1066

Post on 16-Apr-2015

28 views

Category:

Documents


1 download

TRANSCRIPT

Page 1: 22035

SERIE EDITORIALE DM

DiseaseManagement

19

Page 2: 22035
Page 3: 22035

PACINIeditoreM E D I C I N A

Il trattamento della depressione

PAOLO CARBONATTO, GIANFRANCO PLACIDI*, FILIPPO TURCHI**

Responsabile, Area Progettuale SIMG Psichiatria* Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Firenze

** Psichiatra, Università di Firenze

SOCIETÀ ITALIANA DIMEDICINA GENERALE

Page 4: 22035

© Copyright 2005 by Pacini Editore S.p.A. - Pisa

ISBN 88-7781-709-7

Realizzazione editorialePacini Editore S.p.A.Via Gherardesca 156121 Ospedaletto (Pisa)[email protected]

Grafica e stampaIndustrie Grafiche Pacini - Pisa

La pubblicazione è stata realizzata con il contributo di Lundbeck Italia

Edizione fuori commercio. Omaggio per i Signori Medici

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% delvolume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, dellalegge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA,CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il18 dicembre 2000.Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire so-lo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’Editore.

Page 5: 22035

5

DiseaseManagement

Indice1 Note epidemiologiche ed impatto della depressione in Medicina Generale ............ pag. 7

2 Dinamiche assistenziali tra Medicina Generalee assistenza specialistica .................................................. » 11

3 Gestire il paziente depresso: una peculiarità del setting della Medicina Generale ........................ » 13

4 Trattamento ........................................................................................ » 19

5 I principali farmaci antidepressivi.............................. » 21

6 Criteri generali di terapia farmacologica .......... » 23

7 La compliance del paziente .............................................. » 25

8 Quando la richiesta di aiuto viene dai parenti .. » 27

9 Una particolare categoria di pazienti: gli anziani .............................................................................................. » 29

10 Psicoterapia cognitivo-comportamentale della depressione ........................................................................ » 35

11 Psicoterapia interpersonale della depressione » 37

12 Approfondimento ai tre casi clinici .......................... » 39

Page 6: 22035

6

Page 7: 22035

7

DiseaseManagement

1Note epidemiologicheed impatto della depressione in Medicina Generale

I disturbi dell’umore*, che insieme alla psi-copatologia dell’ansia** vengono annovera-ti tra i disturbi dell’affettività, comprendo-no tre grandi complessi sintomatici (la de-pressione, gli stati dell’esaltamento affetti-vo maniacale e gli stati misti) in genere benidentificabili indipendentemente dalle spe-cifiche diagnosi di singole forme morbose.In questa sede affronteremo soprattutto lealterazioni sul versante depressivo che sen-za dubbio costituiscono un problema di sa-lute mentale di frequente riscontro nell’am-bito delle cure primarie (Katon et al.,1992), rientrando così a pieno titolo nel-l’ambito delle problematiche di competen-za del Medico di Medicina Generale(MMG).Esiste però, ed è ben nota, una grande diffi-coltà nell’approccio ai pazienti con questotipo di disturbo: entrando nell’ambito dellapsicopatologia dell’affettività, in altre paro-le andando a confrontarsi con emozioni, af-fetti, sentimenti, stati d’animo (vale a dire,con tutte le componenti dell’umore di unsoggetto), non si può dimenticare che glistessi atteggiamenti, le stesse “problemati-che” che si possono osservare in personeaffette da patologie mentali sono presenti

anche in uomini e donne assolutamente“normali”. Questo non accade invece quan-do si affronta ad esempio la psicopatologiadella percezione o del pensiero: in questecondizioni, infatti, ci si imbatte in fenome-ni – quali le allucinazioni o i deliri – cherappresentano alterazioni qualitative rispet-to alla cosiddetta “normalità” che ciascunovive facilmente come “diversi” rispetto alproprio sentire corrente o alle esperienzequotidiane. Si potrebbe in ultima analisi so-stenere che è davvero facile riconoscere diprimo acchito come “patologico” un feno-meno dispercettivo o un’idea delirante, co-me può accadere quanto una persona ci par-la di ripetute visioni mistiche o di voci chesi sa essere inesistenti o di fantasiosi com-plotti orditi contro di lui.Per contro, un sentimento di tristezza o didepressione sono esperienze che pratica-mente qualsiasi persona ha personalmentesperimentato: ecco quindi da dove originala difficoltà di orientarsi tra “variante dellanormalità” e “fenomeno patologico” quan-do ci si trova di fronte ad un sentimento de-pressivo, in assenza di caratteristiche “pa-tognomoniche” o fortemente orientative edin presenza invece – unico elemento per

* Per “umore” si intende di norma uno stato emotivo che, diversamente dai sentimenti o dalle emozioni, non haun preciso riferimento o il cui oggetto sia comunque indeterminabile.

** Si impiega il termine ansia per descrivere uno stato emotivo a contenuto spiacevole, associato ad una condi-zione di allarme e di paura.

Page 8: 22035

8

stabilire un cut-off tra patologia e cosiddet-ta normalità – solo di criteri di tipo “quan-titativo”. In altre parole, diventano signifi-cativi non le tipologie di sintomi, ma la lo-ro intensità, durata ed impatto sul funzio-namento sociale dell’individuo. I sistemi diagnostici attualmente più utiliz-zati (DSM, ICD) tentano di stabilire criteriprecisi e quasi “ragionieristici”, in grado disupportare la fase di diagnosi che però, inambito psichiatrico, mette pesantemente ingioco la soggettività del medico. Non va di-menticato che se tutti nella vita sono stati inqualche occasione un po’ depressi, questopuò in qualche occasione favorire l’empa-tia con un paziente depresso, ma non pos-siamo pensare che ciò aiuti a valutare me-glio una persona depressa e a capire se deb-ba essere considerata malata.Infine, a complicare ulteriormente il quadrocontribuisce il gran parlare che fanno imass-media di depressione ed antidepressi-vi, con il risultato che spesso incontriamopersone le quali, di fronte ad una fisiologi-ca reazione depressiva ad un preciso e benidentificato evento negativo, si sono giàconfezionate una depressione e si recanodal medico sollecitando la prescrizione diuna qualche “pillola della felicità”, di cuihanno sentito parlare in televisione o lettosulla loro rivista preferita o su cui hannotrovato copiosa documentazione attraversoInternet. In ogni caso deve essere chiaro a tutti iMMG che prendersi cura dei pazienti condisturbi psichici (ed in particolar modo deipazienti depressi) rientra tra le loro specifi-

che aree di intervento e che essi, in modopiù o meno consapevole, “sono” anche psi-chiatri dal momento che lo “fanno” per il30% del tempo che dedicano al loro lavoro.Nel 1995 uno studio multicentrico dell’Or-ganizzazione Mondiale della Sanità (OMS)aveva rilevato una prevalenza dei disturbipsichici nella Medicina Generale complessi-vamente pari al 24%, ed uno studio epide-miologico della Società Italiana di MedicinaGenerale (SIMG) sulla depressione in Italia,osservata a livello degli ambulatori di Medi-cina Generale (1920 pazienti randomizzatisull’intero territorio nazionale), ha eviden-ziato una prevalenza della depressione pariall’8,4% e di casi “sottosoglia” al 4,9%.A fronte di questi dati, occorre prendere at-to che (almeno nella realtà attuale del no-stro Paese) i servizi psichiatrici riescono afarsi carico, e con fatica, solo dei pazienticon psicosi di maggiore gravità che am-montano a quote inferiori all’1% della po-polazione. La conclusione è la necessità diprendere atto che nell’ambito dell’attualeServizio Sanitario Nazionale (SSN) i pa-zienti depressi o vengono seguiti dai loroMedici di famiglia o rischiano di non esse-re seguiti da nessuno.Qualcuno potrebbe obiettare che esiste co-munque l’opportunità per i depressi di farsiseguire da uno psichiatra in regime libero-professionale, ma pare abbastanza scontatala risposta che qualsiasi MMG che credadavvero nel proprio ruolo e nel proprio la-voro potrebbe dare: in un SSN efficiente,doversi rivolgere ad uno specialista privatoandrebbe considerato un’estrema ratio!

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Page 9: 22035

9

DiseaseManagementNote epidemiologiche ed impatto della depressione in Medicina Generale

Caso clinico: “… comunque dottore, faccia lei!”

Michele ha 45 anni, è impiegato, celibe e senza figli; non ha fratelli, né sorelle, né casi didisturbi psichiatrici in famiglia. La madre viene tuttavia descritta come persona moltoansiosa ed apprensiva, tanto che lo chiama al telefono 5-6 volte al giorno. Quando Mi-chele si presenta in ambulatorio appare teso, impaziente di raccontare la propria storiae intento a tentare di capire se la visita potrà essergli utile. Il paziente riferisce di attra-versare un periodo difficile da quando quattro mesi prima è terminata, sebbene in modonon traumatico, una relazione affettiva che durava da sette anni. Riferisce di essere molto preoccupato per la sua salute perché da un paio di mesi si sen-te triste e abbattuto, ha perso interesse alla pesca che praticava regolarmente ed allacompagnia, sebbene non fosse mai stato “un gran compagnone”. Ha difficoltà a pren-dere sonno, spesso ha incubi e bruschi risvegli notturni; riferisce che nel complesso ilsuo sonno è molto poco riposante. Al mattino si sente “fiacco” come se gli “mancasse-ro le forze o l’energia”, ha perso 5 kg perché non ha più appetito e deve sforzarsi permangiare; inoltre non esce più volentieri di casa perché sente di non essere “abbastan-za protetto” e che le poche volte che è uscito ultimamente lo ha fatto accompagnato dal-la madre. Avverte come un senso di tensione durante il giorno (“… come se vivesse sul filo del ra-soio”) che tende però a migliorare alla sera, accusa episodi ricorrenti di cefalea gravati-va soprattutto nei momenti di tensione ed è molto preoccupato che “possa esserci dimezzo una malattia cerebrale sconosciuta o qualcosa di strano che con le comuni inda-gini mediche non si riesce ad identificare all’esordio”. Appare evidente dalla comunicazione verbale e non verbale che Michele attenda di es-sere rassicurato. Sebbene l’umore sia depresso, durante il colloquio assume spesso tin-te disforiche, tanto che anche il paziente si rende conto di essere più irritabile e talvoltaaddirittura “scattoso” nell’ultimo periodo: “ho risposto male perfino al capo-ufficio”. Ri-ferisce inoltre facilità al pianto, si commuove spesso alla fine dei film, tanto che riferiscedi essere diventato improvvisamente fragile e emotivamente labile. Se interrogato ri-guardo a prospettive future e fiducia circa la sua guarigione, appare scettico e pessimi-sta: “in fondo c’è poco da essere fiduciosi se uno si ritrova in queste condizioni …”. Alla fine del colloquio Michele sottolinea che non vorrebbe tuttavia essere trattato “co-me un matto”, anche perché a lui le medicine “fanno spesso uno strano effetto”, gli uni-ci farmaci che prende abitualmente, e che non ha intenzione di sospendere per il rischiodi sentirsi “scoperto”, sono dei tranquillanti che gli ha consigliato sua madre e con i qua-li riesce ad ottenere almeno qualche attimo di sollievo, e conclude: “comunque dottore,faccia lei!”.

Spunti di riflessione• Quali elementi del caso considerate rilevanti ai fini diagnostici e prognostici?

E perché?• Quali peculiarità rilevate nel quadro clinico presentato?• Che diagnosi fate? E sulla basse di quali elementi?• Quale trattamento ritenete corretto instaurare?

Page 10: 22035

10

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Commento al caso clinico “… comunquedottore, faccia lei!”

Il disturbo ansioso-depressivo misto è molto frequente nella pratica clinica ambulatoria-le, soprattutto nelle strutture mediche di base, e viene incluso in appendice del DSM-IV(1994) con criteri operativi di ricerca. L’ansia e la depressione rappresentano due distur-bi con continue sovrapposizioni sintomatologiche. Infatti, è definito dalla contemporaneapresenza di sintomi depressivi e ansiosi, ma né gli uni, né gli altri, sono così evidenti dagiustificare una diagnosi se considerati separatamente (ICD-10). La sintomatologia pre-sentata da M.M. è caratterizzata da umore depresso, che tuttavia assume spesso tintedisforiche e si associa ad irritabilità, perdita di interesse per attività che prima davanosoddisfazione (la pesca), anergia, iporessia e perdita di peso (5 kg), labilità emotiva e fa-cilità al pianto. Sul piano cognitivo, così come in corso di depressione, è presente scar-sa fiducia circa le prospettive di guarigione, scetticismo, sono frequenti le previsioni ne-gative, la disperazione, le preoccupazioni su temi come la propria salute (“possa avereuna malattia cerebrale sconosciuta, o qualcosa di strano che con le comuni indagini me-diche non si riesce ad identificare all’esordio”). Secondo i criteri diagnostici del DSM-IVè necessario che tale sintomatologia duri per più di un mese; che causi un disagio clini-camente significativo o menomazioni nel funzionamento sociale o lavorativo, e che nonpossa essere meglio inquadrabile all’interno di: un disturbo depressivo, distimico, ciclo-timico o bipolare; dei disturbi psicotici; o dovuto agli effetti fisiologici di una sostanza odi una condizione medica generale. I disturbi del sonno assumono spesso caratteristichesintomatologiche a cavallo tra componenti psicopatologiche depressive e ansiose (hadifficoltà a prendere sonno, spesso ha incubi e bruschi risvegli notturni; riferisce che nelcomplesso il suo sonno è molto poco riposante), e sono spesso molto invalidanti. Tra isintomi più propriamente ansiosi M.M. presenta il senso di tensione, gli episodi ricorren-ti di cefalea muscolo-tensiva, la sensibilità rispetto alle figure rassicuranti (medico,mamma), la vulnerabilità all’abuso e alla dipendenza dalle benzodiazepine. Sul piano co-gnitivo è spesso presente un’aspettativa ansiosa associata a tematiche ipocondriache eprevisioni catastrofiche. È inoltre solitamente presente in questi casi una familiarità perdisturbi dell’umore o per disturbi d’ansia.

Page 11: 22035

11

Alla luce delle considerazioni sopra espres-se, è indispensabile che si instaurino e simantengano buoni rapporti di collaborazio-ne tra Medicina Generale e Dipartimenti diSalute Mentale, considerando anche che daquesto punto di vista la Psichiatria è unaspecialità le cui caratteristiche la differen-ziano nettamente da tutte le altre ed al tem-po stesso la accomunano alla Medicina Ge-nerale. A ben guardare, infatti, Psichiatria eMedicina Generale erogano entrambe ser-vizi sanitari di primo livello e che in en-trambe la relazione tra medico e paziente ècentrale sia dal punto di vista concettuale,sia dal punto di vista pratico. E poi, se i ser-vizi psichiatrici non riescono a seguire unmaggior numero di pazienti, non è certo peruno scarso impegno di chi ci lavora, mapiuttosto perché non sono attrezzati per po-terlo fare. Va peraltro considerato che seppure MMGe Psichiatri operano entrambi “sul territo-rio”, esistono sostanziali differenze nel me-todo di lavoro: i primi sono “da sempre”impegnati sul territorio e, in qualche modo,pionieri del collegamento tra istituzioni e

“privato”, abituati però a fornire una rispo-sta prevalentemente “tecnica” ed in generea lavorare da soli. Lo Psichiatra invece si ètrovato ad operare sul territorio solo dopola chiusura (“apertura”?) degli OspedaliPsichiatrici ed è abituato a creare modalitàalternative di cura, ad attivare attività digruppo con nuove figure professionali ed acostruire una rete di sanità/assistenza conaltre agenzie territoriali. Per un MMG col-laborare con i servizi psichiatrici significaimparare a considerarsi un “nodo” della re-te assistenziale, cambiare un po’ prospetti-va di approccio a queste problematiche, va-lutarne anche con maggiore attenzione glieffetti sociali, imparare a cogliere il disagioanche in un’ottica demedicalizzante.Laddove si riesca ad instaurare buoni rap-porti tra MMG e Dipartimenti di SaluteMentale, la collaborazione e la formazionesaranno davvero reciproche: i Medici di fa-miglia potranno aiutare gli Psichiatri a ge-stire anche i casi gravi, questi ultimi percontro potranno fornire al MMG consulen-za e supporto per tutti i pazienti che invecesono curati direttamente da lui.

DiseaseManagement

2Dinamiche assistenzialitra Medicina Generalee assistenzaspecialistica

Page 12: 22035
Page 13: 22035

13

Tra i depressi, quelli più difficili da diagno-sticare sono probabilmente (anche se que-sto può apparire paradossale) quelli menogravi. Un episodio di depressione maggioreimportante non pone particolari problemidiagnostici. Se un paziente mangia poco,dimagrisce, si sveglia presto, è più stanco almattino che alla sera, ha sempre voglia dipiangere, manifesta idee suicidarie, nonprova più alcun interesse né per il sesso, néper altre attività prima piacevoli per lui, ladiagnosi è davvero alla portata di tutti!Quelli che possono invece far nascere delledifficoltà sono i casi di depressione ma-scherata oppure di depressione sottosoglia(Tab. I).Si potrebbe quindi riflettere sul fatto che ilsetting della Medicina Generale non è solo

quello dove più spesso sono riconosciuti etrattati i soggetti con problemi di depressio-ne, ma forse è anche quello dove questoprocesso, per diversi motivi, può svolgersiin modo ottimale. La depressione “sottoso-glia” in pratica è vista solo dai MMG, anziè possibile affermare che si tratta di un’en-tità nosografica “scoperta” dalla MedicinaGenerale. Così pure la cosiddetta “depres-sione mascherata” ha la possibilità di esse-re “smascherata” soprattutto dai MMG, dalmomento che ben difficilmente un pazientesi recherà da uno psichiatra per lamentarsicon lui di disturbi somatici (la “maschera”).Per quanto riguarda la comorbilità nei de-pressi, è possibile affermare che nessunopiù di un MMG è abituato a confrontarsiquotidianamente con questo importante

DiseaseManagement

3Gestire il pazientedepresso: una peculiarità del setting dellaMedicina Generale

Le diagnosi difficili.

Il paziente con depressione mascherata• presenta svariati sintomi somatici, privi di spiegazione organica• non si lamenta esplicitamente di depressione del tono dell’umore• ha certamente un abbassamento del tono dell’umore, ma ha difficoltà a verbalizzarlo (alessitimia)• utilizza il sintomo somatico come strumento di “aggancio relazionale” con il medico

Il paziente con depressione sottosoglia• non sono presenti tutti i criteri diagnostici previsti per la diagnosi di depressione• esiste una riduzione significativa del funzionamento sociale

Tabella I.

Page 14: 22035

14

aspetto. Viene infatti sempre posto l’accen-to sull’importanza della diagnosi differen-ziale tra depressione maggiore e disturbidell’umore indotti da sostanze o da condi-zioni mediche generali: ebbene, nessunopiù di un MMG ha la possibilità di identifi-care facilmente questi disturbi, grazie aduna conoscenza dei pazienti globale e pro-tratta nel tempo.Le risposte che i Medici di famiglia dannoa tutti questi pazienti sono spesso pertinen-ti, ma non sempre inserite in un quadro co-noscitivo aggiornato dal punto di vista no-sografico. In un recente studio effettuato su750 MMG dell’intero territorio italiano, ri-sultano formulate circa 400 diagnosi psi-chiatriche differenti, a fronte di una noso-grafia che ne prevede meno di 50. Da questo studio sono anche emersi gli er-rori terapeutici più frequenti: terapie sotto-dosate, trattamenti interrotti troppo precoce-mente, uso incongruo di benzodiazepine. Daquesti dati emerge chiara anche la necessitàdi interventi formativi mirati sui MMG, cen-trati soprattutto sui nuovi sistemi nosografi-ci e sulla farmacoterapia; ma anche la ne-cessità di formare psichiatri specificatamen-te indirizzati a fornire supporto e consulen-ze all’Area della Medicina di famiglia.Certo, la conoscenza nosografica e farma-cologica non basta, dal momento che gliaspetti relazionali, importanti nei confrontidi qualunque tipologia di paziente, diventa-no cruciali con i pazienti depressi. La rela-zione medico-paziente in realtà è resa oggipiù complessa da una vera e propria “rivo-luzione copernicana” che si è verificata inquesti ultimi anni. C’era una volta il medi-co paternalista che nel suo rapporto con ilpaziente si ispirava al principio di benefi-cità (“so io cosa è bene per te”), forse sen-za esserne neppure del tutto consapevole ocomunque senza pensare che potessero esi-stere altre modalità di approccio. Oggi nel-la relazione medico-paziente ci si ispirasempre più al principio di autonomia: inquesta ottica il paziente viene consideratocome soggetto autonomo con il quale è ne-

cessario “negoziare” ogni intervento dia-gnostico o terapeutico che lo riguardi. Unasituazione che se è vera in generale, lo è amaggior ragione per un MMG che impiegaprevalentemente il metodo clinico cheMcWhinney definisce “rinnovato”, orien-tato al paziente e non alla malattia, e che siispira al modello “biopsicosociale” di ma-lattia proposto dallo psichiatra Engel.La Medicina Generale è concettualmentecontrocorrente rispetto alla Medicina Ospe-daliera, dal momento che il suo modello diriferimento epistemologico è molto piùspesso quello qualitativo rispetto a quelloquantitativo: quindi soggettività invece dioggettività, antropologia invece di positivi-smo, olismo invece di parcellizzazione. LaMedicina Generale non è quindi una Medi-cina Interna Ospedaliera ad un livello piùelementare come qualcuno talvolta affer-ma: le differenze sono sostanziali e qualita-tive. Mentre il malato ospedaliero è un es-sere “in cattività”, nel setting della Medici-na Generale il malato (e il sano) vivono nelloro ambiente naturale, nel loro contestosociale e familiare. È per questo che ilMMG è più interessato a prestare ascoltoall’illness (potremmo chiamarlo disagio)del paziente, piuttosto che ad appiccicarglifrettolosamente e semplicisticamente un’e-tichetta diagnostica (disease).In un contesto di questo tipo è evidente chelo stile relazionale del medico finisce perincidere in modo rilevante sul livello disoddisfazione del paziente e sull’efficaciadei nostri interventi. Tutto questo non deveperò portare all’errata conclusione che l’o-biettivo del nostro lavoro debba essere co-munque la soddisfazione del paziente: que-sto potrebbe anche essere ingiustamentesoddisfatto, oppure talvolta, altrettanto in-giustamente, insoddisfatto. Il punto non èquesto; l’essenziale è capire che la com-pliance del paziente è pesantemente condi-zionata dallo stile relazionale del medico. Da queste considerazioni si può concluderein modo sicuro che la formazione alla rela-zione, cioè al saper essere, dovrebbe essere

DiseaseManagementIl trattamento della depressioneIl trattamento della depressionea gestione del disturbo depressivo

Page 15: 22035

15

DiseaseManagement

centrale nel percorso formativo di ogni me-dico. Le difficoltà anche emotive del singo-lo medico (in particolare nel mondo dellaMedicina di famiglia) devono essere presein considerazione nel nostro modo di pen-sare alla medicina e dovrebbe diffondersisempre più la convinzione che il vissutoemozionale del medico rappresenti una ri-sorsa piuttosto che un limite. Di fatto la ri-scoperta della centralità della persona e deisuoi bisogni, indipendentemente dalla ma-lattia di cui soffre (e dunque capire primadi fare) potrà aiutare il MMG ad aumenta-re la consapevolezza del proprio ruolo. Co-sì come la correttezza della diagnosi e l’ef-ficacia della terapia sono strettamente cor-relate a quei comportamenti del medico chefavoriscono la relazione ed, in particolare,la disponibilità all’ascolto che se è utile contutti i pazienti, nei confronti del pazientedepresso può tradursi in un vero e proprioatteggiamento psicoterapico.A questo proposito, è fondamentale teneredistinto l’atteggiamento psicoterapicodall’intenzione psicoterapica, per la qualesono richieste una preparazione specifica el’applicazione di particolari tecniche, basa-

te su una specifica teoria della mente e del-la malattia mentale. L’atteggiamento psico-terapico, al quale può e deve essere educa-to ogni Medico di famiglia, è invece sol-tanto uno stile di comportamento attento acogliere e valutare nel paziente le reazionipsicologiche e qualsiasi atto connotato dauna valenza emotiva (anche l’esame obiet-tivo e la prescrizione di un farmaco posso-no esserlo!) al fine di ottenere la collabora-zione nel percorso verso il miglioramento ola guarigione, nel contesto imprescindibilee carico di significati della relazione medi-co-paziente. Un percorso che per il medicopuò essere particolarmente costoso in ter-mini di impegno e di tempo, ma che restafondamentale affinché il paziente riesca apercepire la motivazione esistente alla basedei suoi disturbi e riesca in qualche modo ariformulare le sue richieste. Ed anche inquei casi in cui il medico arriva a deciderel’opportunità di un invio allo specialista,questo invio non può non essere precedutoda un corretto percorso di ascolto del pa-ziente, per evitare che una corretta e consa-pevole decisione sia vissuta dal pazientecome “espulsiva”.

Gestire il paziente depresso

Page 16: 22035

16

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Caso clinico: “arriva Caterina …”

Iole ha 29 anni, laureata in biologia, è attualmente disoccupata. Si presenta in perfettoorario alla visita ambulatoriale, è accompagnata dal marito, con il quale è sposata da cin-que anni. È d’aspetto curato, ma appare visibilmente insofferente. Appena si siede ten-de a precisare che è stato il marito a volerla portare dallo psichiatra, perché lei in realtàritiene di non averne affatto bisogno, “… piuttosto è lui che sarebbe da curare ...”. Iolerivela di essere incinta da circa quattro mesi e mezzo e che questa gravidanza in fondonon era stata cercata anzi “non era stata programmata, visto il momento che sta pas-sando mio marito ed io che non ho ancora trovato un lavoro stabile, però, che c’entra …è sempre una gioia”. Dal colloquio emerge che i rapporti con la famiglia del marito sono diventati più proble-matici da quando è stata comunicata la notizia della gravidanza, tanto che Iole descrivela suocera come maleducata e intrusiva; dice che il marito non le sembra sufficiente-mente interessato alle fasi della gravidanza e le dà l’impressione di vivere l’evento co-me un intoppo ad una routine di una coppia ben collaudata. Inoltre, opportunamente in-dagate, diventano esplicite le difficoltà da parte della paziente ad accettare i cambia-menti del corpo “che sta gonfiando”. Emerge che Iole si è trasferita dalla Puglia dopo ilmatrimonio, ma “purtroppo” la sua famiglia è rimasta lontana e che, sebbene senta i suoigenitori ogni giorno, si sente abbandonata e lasciata a sé stessa: “Mia madre avrebbesaputo come starmi vicino …”. Si descrive come persona ottimista, estroversa, molto attaccata alla famiglia, scrupolo-sa e con un forte senso del dovere. Sua madre soffre di depressione ricorrente, mentreil padre ha abusato di alcol in passato. Ad un colloquio più approfondito, emerge che giàda un mese e mezzo la paziente accusa fatica, astenia, anergia, diminuzione dell’appe-tito, calo della libido e insonnia iniziale e terminale, tanto che negli ultimi 15 giorni dor-me 5 ore per notte. Riferisce che effettivamente è stata “un po’ giù di tono”, ma che ul-timamente è più nervosa e irritabile che depressa. Dice di essere stata rassicurata dalleamiche, perché tali sintomi sono frequenti in corso di gravidanza. Sembra invece moltopreoccupata sul futuro della figlia, perché sente la responsabilità della sua educazionetutta sulle sue spalle; inoltre ha l’impressione che il rapporto con il marito sarà compro-messo dalla nascita di Caterina e che subentreranno problemi economici. Appare anchepreoccupata circa la salute della figlia: “… e se non dovesse essere sana?”, ma soprat-tutto ribadisce che la mancata condivisione dell’evento con il marito è quello che la fe-risce di più “tanto che lui pensa di risolvere tutto portandomi qui!”.

Spunti di riflessione• Quali elementi del caso considerate rilevanti ai fini diagnostici e prognostici? E per-

ché?• Quali peculiarità rilevate nel quadro clinico presentato?• Che diagnosi fate? E sulla basse di quali elementi?• Quale trattamento ritenete corretto instaurare?

Page 17: 22035

17

DiseaseManagementGestire il paziente depresso

Commento al caso di Caterina

Sebbene il quadro ormonale in gravidanza risulti un fattore protettivo nei confronti delladepressione, circa il 10% delle donne presenta una chiara sintomatologia depressiva du-rante la gestazione e una quota maggiore ha sintomi subclinici. Inoltre, la depressione ingravidanza rappresenta un fattore di rischio per la depressione post-partum: molte pa-zienti infatti fanno risalire l’inizio del quadro depressivo alla gestazione e la sua piena ma-nifestazione al periodo successivo al parto. La diagnosi di depressione gravidica risultaparticolarmente complicata per diversi aspetti, quali la vergogna di chiedere aiuto e dellostigma, l’apprensione circa la somministrazione di farmaci, la difficoltà di individuare co-me patologici sintomi che normalmente possono essere presenti in corso di gravidanza,come la diminuzione dell’appetito, il calo della libido e dell’energia, disturbi del sonno.Comunque, il quadro clinico è spesso caratterizzato da flessione del tono dell’umore, chepuò tuttavia assumere tinte disforiche (“un po’ giù di tono”, ma che ultimamente è piùnervosa e irritabile che depressa), l’anedonia, l’apatia, l’astenia, la perdita della libido, l’i-poressia e il mancato aumento di peso, l’anergia, ma talvolta l’agitazione psicomotoria.Durante la gravidanza non sono frequenti deliri e allucinazioni, ma possono presentarsinel post-partum e dar luogo ad un vero e proprio stato misto (psicosi puerperale descrit-ta dai vecchi autori) caratterizzato dalla compresenza di sintomi depressivi e sintomi ma-niacali (irrequietezza motoria, disforia, aggressività, perplessità). Talvolta è presenteun’alternanza della sintomatologia tra le opposte polarità (ipersonnia-insonnia, rallenta-mento-agitazione). La madre presenta spesso tematiche ipocondriache o uno stato per-sistente di preoccupazione sul futuro: tematiche di inadeguatezza riguardanti la respon-sabilità e la gestione del figlio/a (sente la responsabilità della sua educazione tutta sullesue spalle, ha l’impressione che il rapporto con il marito sarà compromesso dalla nasci-ta di Caterina e che subentreranno problemi economici; appare anche preoccupata circala salute della figlia). La trasformazione del proprio corpo e i cambiamenti di vita duran-te la gestazione polarizzano l’attenzione della donna sul corpo (cambiamenti del corpo“che sta gonfiando”). Sono frequenti le lamentele fisiche senza riscontro internistico, chesolitamente si risolvono dopo il parto. Solitamente è presente una familiarità positiva perdisturbi dell’umore. Non è infrequente che alla depressione si associno sintomi subclini-ci d’ansia generalizzata, ossessivo-compulsivi, condotte alimentari anomale.

Page 18: 22035
Page 19: 22035

19

DiseaseManagement

4Trattamento

Prima di affrontare i problemi relativi all’u-tilizzo dei farmaci disponibili per il tratta-mento della depressione, è opportuno ricor-dare alcune considerazioni più generali datener presente per un corretto approccio alpaziente ed ai suoi familiari. Nella TabellaII ne viene elencata una serie ed è forte-mente raccomandato di tenerla ben presen-te tutte le volte che un medico deve farsicarico direttamente, per un colloquio o peruna decisione operativa diagnostica o tera-peutica, di un paziente depresso. Merita fa-re qui un accenno al problema del suicidio,innanzitutto per sfatare un diffuso luogo

comune: non è vero che “chi ne parla nonlo fa”, ma è vero esattamente il contrario!Poi per ricordare che è più frequente neimaschi e nelle persone anziane; infine cheil rischio di suicidio è maggiore nelle primesettimane di terapia antidepressiva, inquanto il farmaco agisce sull’inibizionepsicomotoria prima che sul tono dell’umo-re e di conseguenza il paziente, che primaera così inibito da non riuscire nemmeno amettere in atto tentativi anticonservativi,può essere ancora tanto depresso da deside-rare il suicidio, ma non più così inibito danon riuscire a farlo!

Di fronte ad un paziente depresso, il medico ricordi che:

• la depressione è una malattia frequente, per cui sono disponibili trattamenti efficaci• la depressione è appunto “una malattia” e non è segno di debolezza o di pigrizia• evitare assolutamente – parlando con il paziente – frasi tendenti a minimizzare o sottovalutare il suo pro-

blema (“deve solo stare tranquillo …” oppure “non è niente”) o a farlo sentire ancora più in colpa aumen-tandone la disistima (“ci metta un po’ più di buona volontà” … “si tiri su” … “esca, si diverta, faccia unviaggi o …” … “si faccia coraggio …”)

• al momento di prescrivere un farmaco, è bene non promettere risultati immediati: è infatti sempre neces-sario un certo tempo di latenza perché i farmaci diano gli effetti desiderati; ricordare che possono esserciall’inizio lievi effetti collaterali che di solito scompaiono spontaneamente in una decina di giorni

• la terapia, anche laddove la risposta sia abbastanza rapida, deve comunque essere proseguita per almeno6 mesi a dosaggio pieno anche dopo la risoluzione dell’episodio e, se si decide che è utile una profilassi,anche per molti anni.

Tabella II

Page 20: 22035

20

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Selezionare ed iniziare il trattamento

Continuare il trattamento (aumentare il dosaggio, considerare di

associare la psicoterapia

Continuare il trattamento per più di 6 settimane

Riconsiderare il dosaggio el’adesione alla terapia• Considerare la

consulenza specialistica• Considerare il passaggio

ad un farmaco con undiverso meccanismod’azione

Remissione completa?

Non migliorato

Monitorare il trattamento ogni 1-2 settimane di persona o per telefono

Valutare la risposta al trattamento (dopo 4-6 settimane)

Monitorare il trattamento (ogni 1-2 settimane)

Parzialmente migliorato Quadro invariato

Notevolmente migliorato

Chiaramente migliorato

ValutazionediagnosticaAlgoritmi per la depressionemaggiore: gestione dellaTerapia

Valutare la risposta (alla 12a settimana dall’inizio del trattamento)

Consultare unospecialista o un altrooperatore di salutementale

Cambiare terapia• Continuare i farmaci per almeno 6-9 mesi perridurre il rischio di ricadute, poi sospenderegradualmente, in 2 mesi

• Considerare un trattamento a lungo termine dimantenimento, se la depressione è ricorrente

No

Ricaduta

Si

Page 21: 22035

21

DiseaseManagement

5I principali farmaciantidepressivi

Come è buona regola generale in molticampi di farmacoterapia, ogni medico do-vrebbe imparare a conoscere e ad usare be-ne un numero limitato di molecole scelte inun numero ancor più limitato di classi.Nel campo dei farmaci per la depressione(Tab. III), la scarsa maneggevolezza degliIMAO e la scarsa efficacia degli atipicipossono essere buoni motivi per non tener-li in considerazione. Le benzamidi hanno ilproblema di stimolare spesso la secrezionedi prolattina; solo l’ultima (amisulpiride) èpiù maneggevole e sembrerebbe abbastan-za efficace nella distimia. I triciclici sonosicuramente molto efficaci, ma altrettantopoco maneggevoli. In conclusione, le mo-lecole antidepressive da preferire nell’am-bito di un impiego da parte dei MMG sonogli SSRI, la venlafaxina (unico SNRI) e lareboxetina (unico NARI).Per quanto riguarda i triciclici, pur avendo-ne ricordato la minore maneggevolezza,vale comunque la pena di fare alcune con-siderazioni che possono aiutare il medico a

delinearne meglio il profilo ed individuarnecasi di possibile impiego. In effetti essi ri-vestono un ruolo fondamentale nella storiadella psichiatria, di cui hanno di fatto se-gnato l’inizio dell’approccio farmacologi-co: la loro efficacia, ampiamente dimostra-ta da centinaia di studi controllati, è in ge-nerale sovrapponibile a quella degli SSRI,anche se i triciclici appaiono ancora supe-riori in alcuni sottogruppi di pazienti condepressione maggiore grave e con manife-stazioni melancoliche. È peraltro indubbioche la maggior incidenza di effetti collate-rali e di controindicazioni li rende menomaneggevoli e che la necessità di almenodue somministrazioni quotidiane non favo-risce una buona compliance dei pazienti. I triciclici più utilizzati sono l’amitriptilina(dotata di azione prevalentemente sedativa)da 50 a 300 mg/die, l’imipramina (azioneprevalentemente attivante) da 75 a 300mg/die e la clomipramina (azione interme-dia) da 75 a 300 mg/die. In tutti i casi il trat-tamento va iniziato ed interrotto gradual-

I principali farmaci antidepressivi.

• IMAO di prima generazione, non reversibili• IMAO di seconda generazione, reversibili (RIMA)• Triciclici• “Atipici” (mianserina, trazodone)• Benzamidi sostituite• Inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI)• Inibitori selettivi del reuptake di serotonina e noradrenalina (SNRI)• Inibitori del reuptake della noradrenalina (NARI)

Tabella III

Page 22: 22035

22

mente: in fase iniziale si deve suddividerela dose in 2 o 3 somministrazioni giornalie-re ed è poi possibile raggiungere progressi-vamente la dose unica. Le controindicazio-ni sono rappresentate da glaucoma, ipertro-fia prostatica, affezioni stenosanti dell’ap-parato gastroenterico ed urinario, epatopa-tie, insufficienza cardiaca. Gli effetti colla-terali più frequenti sono secchezza dellefauci, ritenzione urinaria, turbe dell’acco-modazione, stipsi, tachicardia, tremori, de-ficit erettili, ipotensione posturale, nausea.

SSRI, SNRI, NARI (Tab. IV) sono tutti far-maci efficaci e non facilmente differenzia-bili clinicamente uno dall’altro; contraria-mente ai triciclici, nessuno è particolar-mente “spostato” né sul versante sedativo,né su quello disinibente, a parte la fluvoxa-mina che presenta un’azione sedativa unpo’ più evidente. Si tratta di molecole tutte molto manegge-voli e con poche controindicazioni; sonosomministrabili fin dall’inizio in dose uni-ca (tranne reboxetina) e l’unico effetto col-laterale rilevante può essere la nausea checompare nel 20-25% dei casi. Possono

comparire interazioni con altri farmaci a li-vello degli isoenzimi del citocromo P-450,per cui è buona norma controllare con at-tenzione la scheda tecnica e studiare a fon-do il farmaco scelto prima di iniziare ad im-piegarlo specie nei pazienti con politerapiain atto; nel caso di pazienti politrattati con-viene utilizzare citalopram o escitalopramin ragione della scarsa o nulla probabilità didare interazioni farmacologiche. Tutte que-ste molecole sono efficaci come i triciclici,garantiscono una migliore compliance e so-no molto più maneggevoli in termini di ef-fetti collaterali e controindicazioni.Nel panorama delle molecole impiegate peril trattamento della depressione appare pe-raltro interessante l’attuale disponibilità diescitalopram che, pur compreso nella piùvasta e “storica” categoria degli SSRI, èdotato di alcune caratteristiche peculiariche lo rendono efficace nel trattamento del-la depressione maggiore e nel disturbo diattacchi di panico con o senza agorafobia.Il suo meccanismo d’azione è peculiare inquanto agisce sul trasportatore della seroto-nina a livello di due diversi siti d’azione: unsito primario (su cui agiscono tutti gliSSRI) ed un sito allosterico (per il quale so-lo escitalopram presenta elevata affinità)(Sanchez et al., 2004).Escitalopram, inoltre, è il più selettivo tragli SSRI nei confronti del sistema serotoni-nergico, senza alcuna significativa azionesu altri gruppi di recettori e trasportatori.Escitalopram, inoltre, determina un rapidomiglioramento della sintomatologia depres-siva (Gorman et al., 2002; Montgomery etal., 2004) con un favorevole profilo di tolle-rabilità e ridotto potenziale di interazionifarmacologiche legate alla minima o assen-te inibizione delle isoforme del citocromoP450 (1A2, 2C9, 2C19, 2D6, 2E1, 3A),aspetto sempre rilevante specie nei pazientiche per problemi di pluripatologia assumo-no più farmaci contemporaneamente.

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

SSRI, SNRI, NARI.

SSRI• Fluoxetina da 20 a 80 mg/die• Fluvoxamina da 50 a 300 mg/die• Paroxetina da 20 a 50 mg/die• Sertralina da 50 a 200 mg/die• Citalopram da 20 a 60 mg/die • Escitalopram da 10 a 20 mg/dieSNRI• Venlafaxina da 75 a 375 mg/die; disponibile la

forma a rilascio prolungato da 75 a 375 mg/diemonosomministrazione

NARI• Reboxetina da 8 a 12 mg/die

(in 2 somministrazioni)

Tabella IV

Page 23: 22035

23

DiseaseManagement

6Criteri generali diterapia farmacologica

Nella scelta di una terapia antidepressivavale un importante principio di fondo chesolo apparentemente può apparire banale:riutilizzare la molecola che sembra avergià funzionato in un eventuale episodio de-pressivo precedente.Inoltre, qualunque sia la molecola utilizza-ta, è fondamentale utilizzarla a dosaggiopieno e per un periodo di tempo sufficiente,vale a dire per almeno sei mesi dopo la re-missione completa della sintomatologia.Vi è poi il problema dell’associazione si-stematica con le benzodiazepine, abitudinemolto diffusa che però in linea di massimanon è consigliabile. Le benzodiazepine an-drebbero infatti prescritte soltanto per unuso “al bisogno”, specificando bene al pa-ziente l’elevato rischio di comparsa di unadipendenza. Sembra si tenda a dimenticareche sostanzialmente tutti gli antidepressiviagiscono anche sull’ansia, oltre che sul to-no dell’umore, seppure non così pronta-mente come le benzodiazepine. Per quanto riguarda il problema della pre-venzione delle recidive, se si tratta di un pa-ziente che ha avuto un unico episodio (de-pressivo o maniacale) la profilassi è co-munque utile seppure non indispensabile;se invece gli episodi sono stati due o più, èpraticamente d’obbligo prendere in consi-derazione un trattamento profilattico. Se ilpaziente ha sempre avuto solo episodi de-pressivi, la profilassi sarà effettuata con gliantidepressivi. La profilassi con gli antide-pressivi viene attuata utilizzando per perio-di lunghi, anche per alcuni anni, la stessa

dose del farmaco che è risultata efficacenella fase iniziale.Qualora invece il paziente abbia avuto epi-sodi di Disturbo Bipolare (cioè quando visia stato anche un solo episodio maniacale)è indispensabile usare il carbonato di litio. Il litio può essere utilizzato anche nella fa-se maniacale conclamata, ma il suo impie-go è subordinato al controllo periodico del-la litiemia, dal momento che l’assorbimen-to del farmaco è estremamente variabile. Siinizia con 300 mg/die e si aumenta gra-dualmente fino ad ottenere una litiemiacompresa tra 0,6 e 1,2 mEq/l. La litiemia vacontrollata inizialmente almeno una voltaalla settimana per i primi due mesi, poi unavolta al mese per sei mesi e successiva-mente ogni 3-4 mesi. Essendo una sommi-nistrazione a scopo profilattico da conti-nuare per molti anni, oltre al controllo del-la litiemia alle scadenze prima indicate, ènecessario anche un controllo almeno an-nuale di emocromo e funzionalità tiroidea erenale. L’unica controindicazione assolutaall’uso del litio è la gravidanza. Sono con-troindicazioni relative ad ipotiroidismo, in-sufficienza renale, epilessia ed aritmie car-diache. In conclusione, si ritiene che il mo-nitoraggio di una terapia profilattica con illitio (ma anche l’iniziativa di intraprender-la) possa rientrare senz’altro nelle compe-tenze di un medico generale. Diverso èl’impiego di questo farmaco per il tratta-mento degli episodi maniacali (per i qualisono indicati insieme ai neurolettici), situa-zione in cui è sicuramente necessario il ri-corso allo specialista.

Page 24: 22035
Page 25: 22035

25

DiseaseManagement

7La compliance del paziente

È a questo punto opportuno dare ancoraqualche suggerimento relativo alla gestionedella compliance del paziente alla terapia,nodo centrale del rapporto medico-pazientein Medicina Generale, indipendentementedalla natura del problema che affligge il pa-ziente. È stato già richiamato prima che ilrapporto medico-paziente non può prescin-dere né dalla prospettiva della “negoziazio-ne”, né dal principio di autonomia del pa-ziente che non può più essere consideratocome un soggetto succube o dipendente datrattare con benevolenza, pur abbinandotrattamenti efficaci e umanizzazione delrapporto professionale, ma come un cittadi-no che in fondo esercita il diritto di riceve-re un certo trattamento. Un cittadino chesempre più spesso è persona colta, infor-mata, consapevole delle sue scelte e che co-munque, anche quando non lo è, esprime ilsuo diritto ad avere un professionista sani-tario che si prenda cura di lui e lo faccia in-nanzitutto informandolo.Di sicuro è dimostrato che il momento del-l’informazione al paziente e della negozia-zione con lui di ogni tipo di intervento nonha solo il significato di rispettare la sua au-

tonomia, ma di preoccuparsi realmente diattuare le cure nel miglior modo possibileottenendo una compliance piena e consape-vole. Soprattutto nel setting della MedicinaGenerale questi aspetti non possono esseretrascurati, pena la riduzione della com-pliance a livelli estremamente bassi e quin-di preoccupanti per l’efficacia finale diogni intervento sanitario.E tutto ciò è di particolare rilevanza quan-do ci si trova di fronte a pazienti con pro-blemi di area psichiatrica. Ne deriva checon pazienti affetti da disturbi depressivi èfondamentale superare i maggiori problemidi compliance alla terapia, che si sa essereriferiti alla fase di latenza degli effetti far-macologico ed alla terapia con finalità diprofilassi. È pertanto necessario fornire alpaziente informazioni concernenti gli stessipunti richiamati nella Tabella II, insistendoin particolare sulla “normalità” di un effet-to un po’ lento della fase iniziale della tera-pia, sull’opportunità di proseguire l’assun-zione dei farmaci oltre la fase di risoluzio-ne dei sintomi e sui benefici, laddove op-portuno, di una terapia protratta a scopopreventivo-profilattico.

Page 26: 22035
Page 27: 22035

27

DiseaseManagement

8Quando la richiesta di aiuto viene dai parenti

La richiesta di poter consultare uno psi-chiatra dovrebbe sempre essere fatta dal di-retto interessato, ma succede abbastanzaspesso anche in ambito specialistico che lecose non vadano proprio così. Nel settingdella Medicina Generale è prassi abitualeche una persona chieda aiuto per un’altra; èquasi la norma che tutti i membri di un nu-cleo familiare abbiano lo stesso medico cu-rante e che lo mantengano per lunghissimiperiodi di tempo. Accade quindi che tutti,medici e pazienti, considerino cosa “nor-male” che una persona parli con il medicodella salute e dei problemi di una terza per-sona, generalmente non presente al collo-quio. Se poi si tratta di problemi non gravio comunque non particolarmente “delica-ti”, il medico è portato a presumere che ilpaziente sia al corrente che un suo parentesi incarichi di parlare di lui con il medico eche questi tenda a dare per scontato che nonci sia nulla di scorretto in questo comporta-mento … e finisca per seguire questo com-portamento anche in situazioni più com-plesse. Di fatto le richieste di aiuto per in-terposta persona andrebbero sempre sco-raggiate, considerando anche che in man-canza di chiarezza di rapporto fin dall’ini-zio, il medico rischia di trovarsi avvolto daun groviglio relazionale strutturato sullamenzogna che ben difficilmente può porta-re a qualcosa di buono per il paziente.E tra i casi “delicati” figurano senza dubbioai primi posti quelli psichiatrici, specie inquelle situazioni in cui il paziente non ha

consapevolezza di malattia ed è quindicomprensibile che non sia lui stesso a pre-sentare il problema. Ma non è sempre così.Occorre quindi, fin dal primo approccio,cercare sempre di spiegare al parente chedeve suggerire a chi sta male di portare lasua richiesta di aiuto in prima persona. Èovviamente necessario chiarire che non sitratta solo di un freddo rispetto di pur im-portanti norme deontologiche, ma che ineffetti si tratta del metodo più adatto a por-re le basi di una relazione che possa esseredavvero terapeutica. Qualora poi si finiscaper accettare di vedere una persona su ri-chiesta di un parente, è importante non so-lo chiarire ciò che il paziente sa di questarichiesta, ma anche scoprire le ragioni percui non è stato lui stesso a contattare diret-tamente il medico. È appena il caso di ag-giungere che si deve evitare assolutamentedi prescrivere tramite terze persone accer-tamenti diagnostici o terapie senza averneparlato prima con il paziente, anche in queicasi in cui il medico lo segue per altri pro-blemi ed è convinto di conoscerlo già mol-to bene. Si deve inoltre fare tutto il possibi-le per dissuadere il familiare dall’usare l’in-ganno per convincere il paziente a venireda noi. È il tipico sotterfugio del genitoreche spiega al figlio che sta andando dal me-dico per essere sottoposto a un genericocontrollo, guardandosi bene dal precisare ilvero motivo della visita e naturalmente didirgli che il tutto era stato concordato con ilmedico a sua insaputa.

Page 28: 22035

28

Nella maggior parte dei casi, in effetti, èpossibile arrivare a parlare direttamentecon il paziente, affrontando in modo espli-cito i suoi problemi: l’elemento cruciale èriuscire a resistere alle pressioni dei paren-ti, il che non è così facile, ma per un MMGè “pane quotidiano” opporsi a richieste in-congrue provenienti dalle parti più dispa-rate! Certo esistono casi in cui è di fatto impos-sibile stabilire una relazione efficace con ilpaziente, ad esempio quando sia affetto dademenza: in questi casi l’obiettivo è riusci-re a stabilire un buon rapporto non tantocon il paziente quanto con i parenti, i qualiperaltro necessitano spesso più di consigliburocratico-assistenziali che non stretta-mente clinici.Diverso il caso dei soggetti affetti da episo-di maniacali o psicotici acuti, nei quali èmolto probabile che si verifichi la necessitàdi dover intervenire con urgenza e, dopo

aver verificato di persona la situazione ed ilsospetto diagnostico, di coinvolgere tempe-stivamente lo specialista.Ma quando si tratta di pazienti verosimil-mente depressi, non si deve mai rinunciaread entrare direttamente in contatto con loroin modo corretto e comunque è sempre be-ne che il medico eviti di promettere al fa-miliare di affrontare il problema con il pa-ziente, senza avere ricevuto in modo espli-cito dal familiare stesso l’autorizzazione adire al paziente che si è stati informati dalui circa l’esistenza del problema.In conclusione, di fronte ad una richiestad’aiuto fatta da un parente è necessario evi-tare l’uso sistematico della menzogna siacon il paziente, sia con i suoi parenti, ed ènecessario imparare ad accettare l’idea che,se non si sa bene come muoversi, è preferi-bile non fare nulla piuttosto che prendereiniziative ispirate al semplice buon senso oal desiderio di “fare comunque qualcosa”.

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Page 29: 22035

29

DiseaseManagement

9Una particolarecategoria di pazienti:gli anziani

La prevalenza di disturbi dell’umore in etàavanzata presenta tassi tanto elevati da giu-stificare il rilevante impiego di psicofarma-ci in tale popolazione. Nel trattamento anti-depressivo del paziente anziano, inoltre, ènecessario adattare l’utilizzo degli psico-farmaci a parametri farmacodinamici e far-macocinetici differenti rispetto al pazientepiù giovane, ancor più qualora si sia in pre-senza di comorbilità neurologica, cardiova-scolare ed internistica che riducono l’indiceterapeutico di molte molecole a causa dellamaggiore probabilità di effetti avversi deifarmaci o di loro interazioni, in un contesto,pressoché abituale, di polifarmacoterapia. Del resto in età geriatrica la depressione èindubbiamente più frequente proprio in si-tuazioni di comorbilità rispetto all’anziano“sano”, ed è facilitata da una storia di pre-gressi disturbi psichiatrici o dalla gravitàdella patologia organica coesistente. Inquesta fascia d’età i disturbi dell’umorepossono essere la conseguenza di numerosifattori, quali la compromissione della salu-te fisica con riduzione dell’autonomia per-sonale, lutti, eventi di perdita, incertezzanei confronti del futuro, riduzione delleperformance secondaria a disturbi cogniti-vi, e così via. Può così realizzarsi una verae propria situazione di “sommerso psichia-trico”, nel senso che la patologia emozio-nale dell’anziano può risultare sottodiagno-sticata e, di conseguenza, sottotrattata. Ciòsi correla ad un elevato tasso di ricadute edi cronicizzazione, ad un incremento di

mortalità, ad un maggior rischio di suici-dio, nonché ad una prognosi più grave perle malattie organiche concomitanti.In età avanzata, inoltre, per un processo diamplificazione dell’interdipendenza frasfera somatica e psichica, è prevalentemen-te la dimensione corporea ad esprimere ildisagio esistenziale, con possibilità di com-parsa di disturbi somatoformi, depressionemascherata, pseudodemenza depressiva etendenza alle “lamentele somatiche” (ipo-ressia, insonnia, disturbi dispeptici, cefalea,ecc.), che superano di gran lunga quelle ri-guardanti i vissuti emozionali. Questiaspetti impongono problemi di diagnosidifferenziale verso le patologie organiche esono, sovente, alla base di una tendenza al-l’abuso di medicamenti, per cui la prescri-zione di psicofarmaci deve essere cauta emai disgiunta da una presa in carico globa-le, anche psicologica, del paziente anziano.Una corretta prescrizione psicofarmacolo-gica nell’anziano deve tener conto di diver-si fattori, rappresentati dalle modificazionineurotrasmettitoriali e recettoriali cerebraliproprie dell’età senile, da variazioni farma-cocinetiche e farmacodinamiche (riduzionedella capacità metabolica, modificazionidel volume di distribuzione), da problema-tiche soggettive quali una ridotta complian-ce, la presenza di disturbi cognitivi e mne-sici, talora alla base di un’assunzione far-macologica non corretta: la conseguenza èche l’insieme di questi fattori è in grado diamplificare tanto l’effetto terapeutico,

Page 30: 22035

30

quanto la possibilità di effetti collaterali diqualsiasi psicofarmaco. Per quanto riguarda la scelta dell’antide-pressivo in questo contesto, gli antidepres-sivi triciclici, nonostante la comprovata ef-ficacia clinica, risultano di problematicoutilizzo causa della frequenza di problemidi salute coesistenti ed alla complessità delprofilo farmacodinamico che ne limita lasicurezza di impiego. I pazienti anziani so-no maggiormente suscettibili, rispetto agliadulti giovani, agli effetti collaterali antico-linergici centrali e periferici dei triciclici(disturbi mnesici, confusione, ritenzioneurinaria, stipsi, secchezza delle fauci, turbedell’accomodazione, peggioramento delglaucoma), al blocco antistaminico (seda-zione, incremento ponderale), all’azioneantiadrenergica (ipotensione posturale, ver-tigini, cadute con rischio di fratture già fa-vorite dall’osteoporosi). Inoltre, l’azionecardiotossica diretta dei triciclici può in-durre aritmie ventricolari, blocchi di bran-ca, blocchi AV, fino a rari casi di scompen-so cardiaco congestizio. Nell’anziano e nel-le depressioni associate a patologie organi-che esiste, inoltre, il rischio di interazionifarmacologiche indesiderate (derivanti dal-l’utilizzo dei triciclici in associazione conaltri farmaci somministrati per le patologiecoesistenti), tra cui le più significative sonorappresentate dal rischio di ipotensione or-tostatica, incrementato dall’associazionecon alcuni antipertensivi, e dall’aumentodella pressione endoculare favorito dall’as-sociazione con corticosteroidi.Peraltro va ricordato che non tutti i tricicli-ci presentano le medesime caratteristiche diesposizione al rischio di eventi indesideratiin età geriatrica; ad esempio, le amine ter-ziarie (amitriptilina, imipramina) sono me-no tollerabili e potenzialmente più dannoserispetto alle amine secondarie (nortriptili-na, desipramina), soprattutto riguardo aglieffetti anticolinergici e cardiovascolari . Gli antidepressivi eterociclici o atipici (tab.3) rappresentano un’alternativa ai tricicliciper la diversa struttura chimica e per il di-

verso meccanismo d’azione neurotrasmet-titoriale o recettoriale, più selettivo rispettoai triciclici. Nell’anziano possono essereutilizzati la mianserina ed il trazodone chepresentano ciascuno un peculiare rischio dieffetti collaterali collegato al diverso mec-canismo d’azione. La mianserina agisce in-fatti mediante down-regulation dei recetto-ri alfa-adrenergici, mentre il trazodone di-mostra un’azione selettiva sul sistema sero-toninergico. L’effetto collaterale più fre-quente della mianserina, correlato all’azio-ne istaminergica ed alfa-adrenergica, è rap-presentato dalla comparsa di sedazione (pe-raltro utilizzabile a fini terapeutici, ma cheva sempre valutata con cautela per il rischioche ne potrebbe derivare, qualora eccessi-va, nell’eventualità di risvegli notturni), dafenomeni di hang-over al risveglio e da unincremento dell’appetito con aumento pon-derale. È possibile la comparsa di ipoten-sione posturale, riferibile all’azione diblocco dei recettori alfa1-adrenergici e cor-relata ai livelli plasmatici del farmaco. Il trazodone è invece privo di effetti colla-terali anticolinergici e cardiovascolari si-gnificativi, anche in caso di sovradosaggio;può, però, indurre sedazione ed ipotensioneortostatica, quest’ultima imputabile alle sueproprietà alfa-adrenolitiche, per cui l’im-piego nell’anziano deve essere cauto. Le benzamidi sostituite (levosulpiride, ami-sulpride), a basso dosaggio, vengono im-piegate nella terapia del disturbo distimicoe nel disturbo somatoforme, sfruttandonel’effetto antidepressivo, antiastenico e mi-gliorativo della cenestesi. Nel paziente an-ziano va attentamente controllata l’even-tuale comparsa di disturbi extrapiramidali(tremore, parkinsonismo, discinesie) deri-vanti dall’azione bloccante dopaminergicagià a bassi dosaggi: per questo se ne consi-glia l’impiego a dosaggi intorno alla metàcirca rispetto al giovane, comunque sottostretto controllo ed evitando in ogni caso leterapie protratte. Le benzamidi, inoltre, de-terminano un rapido ed elevato incrementodella prolattinemia che, anche in fase post-

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Page 31: 22035

31

menopausale, ne sconsiglia l’impiego inpresenza di anamnesi positiva per patologiemammarie. Altro elemento di cautela nel-l’anziano con problemi internistici e/o car-diologici è rappresentato dall’incrementoponderale. Per le benzamidi sostituite nonsono segnalate significative interferenzefarmacologiche.Gli SSRI (fluoxetina, fluvoxamina, paroxe-tina, sertralina, citalopram e escitalopram),grazie alla scarsa affinità di legame per i re-cettori istaminergici, muscarinici, alfa1- ealfa2-adrenergici, presentano una notevolemaneggevolezza e tollerabilità, con possi-bilità di impiego scevro di rischi in variepatologie depressive, anche in comorbilitàcon disturbi vascolari e cognitivi ed in etàgeriatrica. Mancando di proprietà chinidi-no-simili, gli SSRI non inducono fenomenidi tossicità cardiovascolare e sono sicurianche in caso di sovradosaggio. Tutti gliSSRI possono essere impiegati in monodo-se giornaliera, elemento facilitante la com-pliance nel paziente anziano in polifarma-coterapia. Nell’ambito di tale classe farma-cologica esiste, tuttavia, una complessa ete-rogeneità di risposta clinica che deriva dal-la potenza di inibizione del reuptake dellaserotonina, oltre che da un’azione nonesclusiva su tale neurotrasmettitore: sottoquesto profilo, l’escitalopram risulta più se-lettivo per il sistema serotoninergico e pri-vo di affinità per i recettori dopaminergici,adrenergici, colinergici o istaminergici. La fluoxetina è dotata di azione noradre-nergica e selettiva nei confronti dei recetto-ri 5HT2, mentre la sertralina presenta unasignificativa azione dopaminergica; la pa-roxetina, per contro, determina un bloccodei recettori muscarinici e la fluvoxaminasembra agire sui recettori sigma, coinvoltinella regolazione dei sistemi dopaminergi-ci e nella trasmissione colinergica.Gli effetti collaterali più frequenti degliSSRI sono tipo gastroenterico (nausea, ipo-ressia, gastralgie, raramente vomito), checompaiono nel 20-30% dei pazienti, da nonsottovalutare nella gestione della complian-

ce del paziente anziano. A tale inconve-niente si può ovviare associando tempora-neamente una benzamide. Sul versante degli effetti collaterali di ordi-ne neuropsichiatrico, gli SSRI possono in-durre fenomeni transitori, di attivazione odi sedazione, per lo più in fase iniziale diadattamento dei recettori serotoninergici.Nel lungo termine, l’assenza di effetti inde-siderati di tipo sedativo o anticolinergicogarantisce una buona prestazione cognitivanel paziente anziano, anche qualora il di-sturbo depressivo si associ a disturbi cogni-tivi. Nonostante l’assenza di tossicità car-diovascolare diretta degli SSRI, tali farma-ci sono, comunque, responsabili di un in-cremento del tono serotoninergico, conspecifici effetti della serotonina sul tonovasale, sulla permeabilità ed aggregazionecapillare e sull’emostasi. L’impiego, quin-di, degli SSRI non può essere consideratoscevro di azione vasale indiretta da 5HT: inogni paziente, la risposta vascolare globaledipenderà dal tono vasale preesistente, daldosaggio, dalla proporzione e dal tipo di re-cettori coinvolti; in alcuni casi, quindi, so-prattutto in corso di vasculopatie ostruttive,è opportuno un controllo dei parametri car-diovascolari del paziente, soprattutto se inetà avanzata o in esiti di patologie vascola-ri acute (IMA, stroke, ecc.). Le interazionifarmacocinetiche fra SSRI ed altri farmacisono correlate all’inibizione del sistema en-zimatico del citocromo P450 da parte di ta-li molecole, con possibilità di un incremen-to dell’attività di anticoagulanti, beta-bloc-canti, neurolettici ed altri antidepressivi.Come già accennato prima, avere a disposi-zione molecole più sicure costituisce quin-di un vantaggio; in questo senso citaloprame escitalopram hanno dimostrato un ridottopotenziale di interazioni farmacologiche(per assente o minima inibizione delleisoforme del citocromo P450) e pertantosono più adatti nei pazienti in politerapia.La venlafaxina è un farmaco che non mo-stra affinità per i recettori muscarinici,adrenergici e istaminergici. Gli effetti col-

DiseaseManagementUna particolare categoria di pazienti: gli anziani

Page 32: 22035

32

laterali più comuni sono di tipo serotoni-nergico e noradrenergico, essendo rappre-sentati da nausea, cefalea, sonnolenza e/oirrequietezza, secchezza delle fauci, inson-nia, stipsi e vertigini. Per quanto riguardagli effetti collaterali cardiovascolari, oltread un lieve aumento della frequenza cardia-ca, clinicamente non significativo ma sog-gettivamente percepito dal paziente, può ri-sultare occasionalmente più rischioso, nel-l’anziano gia iperteso, un modesto ma per-sistente incremento della pressione arterio-

sa, dose dipendente, che impone attenticontrolli, specie in presenza di terapie a do-saggi medio-alti.In conclusione, risulta fondamentale neltrattamento dei disturbi dell’umore in pa-zienti portatori di altre patologie, specie seanziani, valutare sia gli aspetti somatici siaquelli emozionali delle varie patologie, te-nendo conto della complessità dell’indivi-duo malato e del significato negativo, insenso prognostico, del disturbo dell’umoresulla malattia somatica.

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Caso clinico: “Rachele, la mamma che si sentiva di peso …”

Rachele ha 74 anni, è vedova con un figlio di 50 anni e due nipoti (di 16 e 14 anni). Halavorato per 20 anni come impiegata in un ufficio comunale, attualmente è pensionata evive in casa da sola. La madre è descritta come una donna molto apprensiva. Non vieneriferita familiarità per disturbi psichiatrici. È nota come persona coscienziosa e affidabile, apprensiva, introversa e pessimista, maabbastanza decisa, pignola per certi aspetti quali la pulizia e l’ordine della casa. Non ven-gono riferite problematiche in età infantile. Conduce una vita sostanzialmente regolareed è indipendente dal punto di vista economico e sociale. Quando si presenta in ambulatorio, accompagnata dal figlio, non appare trascurata nel-l’aspetto, sebbene la mimica facciale e l’espressività appaiano ridotte. Durante il collo-quio emerge che in seguito alla morte improvvisa del marito, avvenuta circa sei mesi pri-ma, per un infarto cardiaco, ha manifestato una progressiva “debolezza”, associata a dif-ficoltà digestive e dolori generalizzati. Spontaneamente non riferisce flessione del tonodell’umore, ma sottolinea di sentirsi “scarica” e senza voglia. L’appetito è diminuito as-sieme al piacere e alla voglia di cucinare, e nell’ultimo periodo è comparso anche disin-teresse per la cura e la pulizia della casa. Non riferisce difficoltà ad addormentarsi, mala mattina si sveglia intorno alle 5.30 e la qualità del sonno è nettamente peggiorata. Ilfiglio mostra viva preoccupazione perché ha notato che ultimamente dimentica semprepiù spesso le cose, appare sbadata e non più affidabile, e tende a stare a casa senzauscire a fare la spesa o a trovare le amiche che abitano vicino. Interrogata, rivela di es-sere preoccupata delle sua condizioni di salute, e di avere il timore di essere malata eche “presto toccherà a me andarmene, d’altronde che ci sto a fare, ormai sono solo unpeso per gli altri, e non vorrei che mio figlio mi dovesse accudire come un’inferma, me-glio morire presto e in silenzio come mio marito ...”. Durante il colloquio appare lucida, sebbene rallentata da un punto di vista ideativo e conaumentata latenza alle risposte. Rachele riferisce anche di avere durante il giorno mo-menti in cui non riesce a stare ferma, sente come un senso di “smania”, un tremore in-terno e prova un profondo disagio perché in quei momenti sono più vive le preoccupa-zioni circa la sua salute e il suo senso di solitudine.

Page 33: 22035

33

DiseaseManagementUna particolare categoria di pazienti: gli anziani

Secondo quanto riferito dal figlio, non si erano presentati episodi simili in precedenza, seb-bene la mamma fosse passata attraverso molti momenti difficili nel corso della sua vita. Ilfiglio rivela che il rapporto con il marito fosse un grande sostegno affettivo e di come fos-se saldo il loro rapporto di coppia, sebbene avessero talvolta un’interazione conflittuale.

Spunti di riflessione• Quali elementi del caso considerate rilevanti ai fini diagnostici e prognostici?

E perché?• Quali peculiarità rilevate nel quadro clinico presentato?• Che diagnosi fate? E sulla basse di quali elementi?• Quale trattamento ritenete corretto instaurare?

Commento al caso di Rachele

La depressione nel soggetto anziano è un disturbo con caratteristiche clinico-sintomato-logiche molto eterogenee, così come diversi sono i risvolti prognostici. Il quadro risultacomplesso per la contemporanea presenza di sintomi depressivi, cognitivi, disabilità fun-zionali e comorbilità con altri disturbi. Già Kraepelin (1913) aveva descritto la “malinco-nia involutiva” come una forma depressiva che non presentava familiarità per disturbidell’umore, a decorso cronico, con maggiore frequenza di eventi legati all’esordio, contendenza all’evoluzione amenziale. L’umore è frequentemente disforico o irritabile, se è presente una flessione timica spes-so non viene riferita spontaneamente dal paziente. L’espressività soggettiva della sofferenza viene affidata a sintomi somatici (difficoltà di-gestive e dolori generalizzati) soprattutto a carico dell’apparato gastro-intestinale, cefa-lee, mialgie e dolori diffusi, all’anedonia (sentirsi “scarica” e senza voglia). Oltre ai di-sturbi del sonno (si sveglia intorno alle 5.30 e la qualità del sonno è nettamente peggio-rata), è spesso presente agitazione psicomotoria, irrequietezza, tremore interno (mo-menti in cui non riesce a stare ferma, sente come un senso di “smania”), ma può es-serci talora rallentamento fino all’arresto psicomotorio. L’ideazione è più spesso rallentata, con aumentata latenza alle risposte, deficit di con-centrazione e di memoria, indecisione, deficit nelle funzioni esecutive (pseudo-demenza)che talvolta impongono una diagnosi differenziale con la demenza. Cognitivamente sonopresenti tematiche di colpa, di rovina, ipocondriache e di morte, che vanno dalla paura dimorire, al senso di inutilità (“ormai sono solo un peso per gli altri ...”), all’ ideazione sui-cidaria con relativa pianificazione del tentativo di suicidio, che caratterizza una condi-zione ad alto rischio. Non è infrequente la concomitante presenza di deliri ipocondriaci,depressivi e talvolta paranoidei (riferimento, veneficio, furto, maltrattamento), la presen-za di sintomi dello spettro ansioso e ossessivo-compulsivo. L’eterogeneità del quadro di-pende chiaramente anche dall’età del soggetto, dalla tempestività dell’intervento tera-peutico, dalla possibilità di un sostegno sociale, dalle caratteristiche premorbose e dalleconcomitanti diagnosi cliniche. Occorre inoltre tener presente che la depressione nel-l’anziano presenta spesso sintomi residui, come ansia, anergia, insonnia, apatia, sensi dicolpa o di inutilità, che talora persistono in forme subcliniche anche dopo una rispostainiziale incoraggiante all’intervento terapeutico.

Page 34: 22035
Page 35: 22035

35

All’interno del più ampio capitolo costitui-to dalla psicoterapia cognitivo-comporta-mentale, il filone cognitivo-razionalista èquello che ha dato i contributi più impor-tanti all’inquadramento ed allo studio deiprocessi mentali che si sviluppano in corsodi depressione e che ha anche fornito effi-caci strumenti di cura e prevenzione. Se-condo il modello della psicologia cogniti-va, il comportamento umano è la conse-guenza di un processo di previsione cheprecede la scoperta; gli occhi vedono masono guidati dal cervello e quello che sicerca non è tanto qualcosa di nuovo ma laconferma delle previsioni. Sono gli schemiche inducono il soggetto a ricercare ed a se-lezionare l’informazione disponibile. Ciòsignifica che chi percepisce è in grado direcepire solamente ciò che è in sintonia coni propri schemi. Il concetto di “schema” èinteso come quella parte del ciclo percetti-vo che è interno all’individuo, è modifica-bile dall’esperienza ed in qualche manieraspecifico di ciò che si percepisce. Ad un li-vello intermedio tra il funzionamento delsistema nervoso centrale e dei dati di osser-vazione, la psicologia cognitiva pone ilconcetto di schema che presiede agli attipercettivi, alla ricostruzione dei ricordi, al-le azioni, alle esperienze emozionali, allemodalità di rapporto con il mondo esterno,all’autostima. Uno dei presupposti su cui si fonda la psi-coterapia è la stretta interdipendenza esi-

stente tra comportamenti, emozioni e stilicognitivi. Le emozioni ed i comportamentidegli individui non sono determinati diret-tamente dalle specifiche situazioni che essiincontrano nel corso della loro vita, quantopiuttosto dalle modalità con cui queste ven-gono interpretate e dai significati che ad es-se vengono attribuiti. Ogni individuo svi-luppa un gran numero di schemi o modellioperativi, essendo ognuno un attivo co-struttore della propria visione del mondo. Nella depressione si osservano assieme aldolore mentale e all’esperienza di impoten-za tipici contenuti e processi cognitivi. Aa-ron Beck ha identificato tre dimensioni co-gnitive, con cui il depresso da un lato man-tiene il dolore mentale e dall’altro conducea ritenerlo immodificabile, con una conse-guente esperienza di impotenza. La primadimensione riguarda i contenuti di pensie-ro, con una visione pessimistica di sé, delmondo esterno, associata ad un’interpreta-zione negativa delle esperienze presenti epassate, e attese negative per il futuro (tria-de cognitiva di Beck). La seconda dimen-sione riguarda la modalità con cui tali pen-sieri, rappresentati nella coscienza, sfuggo-no alla critica e alla coscienza autoriflessi-va, contribuendo all’instaurarsi di impres-sioni di inefficienza e di impotenza. Leconvinzioni dei pazienti depressi sono pre-senti sotto forma di “pensieri automatici” esono rappresentate da una serie di cogni-zioni erronee basate sull’autoaccusa, l’esa-

DiseaseManagement

10Psicoterapia cognitivo-comportamentale della depressione

Page 36: 22035

36

gerazione dei problemi esterni e la mancan-za di speranza che, nel loro insieme, gioca-no un ruolo determinante nel caratterizzarein senso depressivo il tono dell’umore e lapatologia di un comportamento. La terzadimensione è quella dell’elaborazione del-le informazioni. Beck ha individuato moda-lità di costruzione della realtà alterate cheha chiamato distorsioni cognitive, tra cui lepiù comuni sono rappresentate dalla perso-nalizzazione (riferire gli eventi esterni a sestessi), dall’astrazione selettiva (astrarre undettaglio senza collegarlo con il resto), dal-l’inferenza arbitraria (trarre conclusioni dadati insufficienti) e dall’ipergeneralizzazio-ne (costruire delle regole generali partendoda un singolo elemento).La terapia cognitiva si fonda sul concettoche le convinzioni irrazionali e i giudizi di-storti verso di sé, l’ambiente ed il futuro so-no alla base delle esperienze mentali de-pressive. L’approccio terapeutico si basasulla possibilità di modificare i processi di-storti del pensiero attraverso un interventodi tipo razionale: quando il paziente cono-scerà le radici del suo disturbo potrà cor-reggere le cognizioni errate e, quindi, anchele reazioni emotive ed il comportamentoinadeguato.Il processo terapeutico si basa sulle opera-zioni richiamate nella Tabella V. Compren-dere cosa sta succedendo può essere utile alpaziente per due motivi: migliora l’imma-

gine di sé e lo rassicura, sapendo che il di-sturbo è comune a molte persone o che nonsta accadendo qualcosa di ignoto in lui e at-torno a lui; tutto ciò migliora il senso di au-tostima e articola meglio il processo di co-noscenza.La terapia ha una durata breve: 12-24 setti-mane, con frequenza di una seduta a setti-mana. È indicata per il trattamento sia del-la depressione di grado lieve o moderatonon psicotica sia come terapia aggiuntivanel trattamento di soggetti che abusano disostanze e che presentano comorbilità con idisturbi di personalità. La terapia cogniti-vo-comportamentale ha dimostrato di esse-re efficace come trattamento di manteni-mento (a 2 anni) per il disturbo depressivomaggiore ricorrente. Tra i fattori associati ad una scarsa rispostaalla terapia cognitivo-comportamentale visono la condizione di disoccupazione, ilsesso maschile, la comorbilità, la tendenzaal disadattamento socio-lavorativo e alcunealterazioni nei valori dei test di laboratorioo strumentali (ad esempio, anomalie al-l’EEG nel sonno, aumentata attività del-l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, aumentodella tiroxina). Anche se testata per la depressione unipo-lare, la psicoterapia cognitivo-comporta-mentale sembra efficace anche in corso didepressione bipolare in aggiunta alla tera-pia farmacologica.

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Le operazioni del processo terapeutico.

• Far emergere i pensieri automatici, insegnando al paziente a scoprire quelli che producono le emozioni qua-li ansia, tristezza, rabbia

• Valutare i pensieri automatici, ed acquisire la consapevolezza che percepire la realtà è qualcosa di diversodalla realtà stessa

• Identificare gli assunti di base che stanno all’origine dei pensieri automatici• Analizzare la validità delle regole

Tabella V

Page 37: 22035

37

La psicoterapia interpersonale, sviluppatada Gerald Klerman nel 1984, è una psicote-rapia breve, che dura tra 12 e 16 settimane,di solito di una seduta a settimana, volta altrattamento ambulatoriale della depressio-ne non-bipolare non-psicotica. La psicoterapia interpersonale si fonda sualcuni presupposti teorici. Il primo è che ildisturbo psichiatrico sia l’espressione deltentativo del soggetto di adattarsi all’am-biente e ai suoi cambiamenti e che tale ri-sposta sia influenzata da precedenti espe-rienze, in particolare quelle della vita rela-zionale infantile e dell’affiliazione a varigruppi sociali (Adolf Meyer). Il secondocontributo si deve alla teoria di Bowlby ilquale pone l’attenzione sulle dinamichedell’attaccamento come base per lo svilup-po della vita emotiva del soggetto e dellesue conseguenze sul piano cognitivo, com-portamentale e delle relazioni sociali.Obiettivo della psicoterapia è ridurre i sin-tomi depressivi e migliorare la qualità di vi-ta del paziente attraverso il miglioramentodel funzionamento interpersonale. Vieneposto l’accento sia sulle relazioni attuali,che sulle strategie per migliorare la vita in-terpersonale del paziente.La psicoterapia interpersonale focalizza es-senzialmente il suo intervento su quattroaree: 1) sulle perdite, recenti e pregresse, e

sul dolore da lutto; 2) sul conflitto di ruolo;3) sulla transizione di ruolo; 4) sui deficitinterpersonali e quindi sull’isolamento so-ciale, sui deficit nelle abilità sociali e su al-tri fattori interpersonali che possono condi-zionare il decorso della depressione. Il tera-pista è molto attivo nell’aiutare a delimita-re gli aspetti predominanti del problema in-terpersonale del paziente, rassicurando ecercando di chiarire i sentimenti e le emo-zioni del paziente, migliorando la comuni-cazione e lo sviluppo di capacità interper-sonali. Inoltre, la psicoterapia interpersona-le è indicata sia come unica terapia, sia inassociazione al trattamento farmacologico;ha inoltre dimostrato di essere efficace co-me trattamento di mantenimento nel pro-lungare l’intervallo interepisodico in pa-zienti con episodi depressivi non gravi chenon assumono farmaci.I fattori suggeriti come associati ad unascarsa risposta alla psicoterapia interperso-nale includono la comorbilità con i disturbidi personalità, in particolare il disturbo evi-tante di personalità, mentre sembra più ef-ficace per depressi con tratti ossessivi dipersonalità, per pazienti single o non con-viventi e per anziani. Alcuni studi suggeri-scono il suo utilizzo anche per i pazienti de-pressi HIV-positivi e nella depressione del-l’adolescenza.

DiseaseManagement

11Psicoterapiainterpersonale della depressione

Page 38: 22035
Page 39: 22035

La diagnosi, in tutti e tre i casi presentati, èdi Disturbo Depressivo Maggiore, EpisodioSingolo.Inoltre nel caso di Michele è anche presen-te un Disturbo d’Ansia Generalizzato.In tutti i casi la sintomatologia depressiva èabbastanza evidente (astenia paradossa, in-sonnia terminale, perdita di interesse per at-tività piacevoli, ecc.), ma in tutti è anchepresente un elemento che potrebbe in qual-che modo “giustificare” la depressione: nelprimo un lutto di sei mesi prima, nel secon-do una gravidanza non programmata, nelterzo la fine di una relazione quattro mesiprima.È molto importante che i medici si abituinoa considerare questi “life event” come fat-tori di rischio, cause scatenanti e non “spie-gazioni” che portano a considerare come“normale” l’esistenza di una condizionedepressiva. La nosografia precedente il DSM-III tende-va a considerare meno grave qualsiasi de-pressione reattiva e a ritenere veramentedegna di essere trattata solo la depressionecosiddetta endogena. Ora invece si consi-dera determinante la gravità dei sintomi edil loro impatto sul funzionamento sociale,indipendentemente dalla loro maggiore ominore endogenicità.Nel caso di Rachele vi sono alcuni elemen-ti (dimenticanze, rallentamento psichico)potrebbero porre il dubbio della diagnosidifferenziale con una demenza; ma l’insor-genza relativamente rapida e la presenza di

una immagine di sé negativa fanno propen-dere per la depressione.Per quanto riguarda gli aspetti terapeutici,in tutti e tre i casi si pone l’indicazione aduna terapia farmacologica con un farmacoantidepressivo che comunque non escludemai l’impiego di qualche supporto psicote-rapico. Anche se qui non abbiamo elemen-ti sufficienti a valutare la gravità dei quadriclinici, ricordiamo che, in tutti quei casi didepressione classificabili come “lieve”, ilcounselling interpersonale si è rivelato ef-ficace quanto i farmaci antidepressivi.Per Rachele, 74 anni, l’uso di un antide-pressivo avrebbe anche il significato di per-mettere una diagnosi ex adiuvantibus: la ri-sposta al trattamento confermerebbe infattila correttezza della diagnosi di depressione.Nel caso di Iole (depressione in gravidan-za) si impone ovviamente una maggiorcautela nell’uso dei farmaci. Sicuramentesono da evitare litio e triciclici, ma l’impie-go di un SSRI, se valutato come indispen-sabile, è possibile; i dati disponibili nonsuggeriscono un incremento di difetti con-geniti, ma l’uso prolungato in prossimitàdel parto può causare sindrome d’astinenzanel neonato (le medesime considerazionipossono essere riferite anche alle benzodia-zepine).È soprattutto nel caso di Michele (ma anchenei primi due) che si può eventualmenteprendere in considerazione l’impiego dibenzodiazepine per tenere sotto controllouna sintomatologia ansiosa eccessivamentedisturbante. Però è opportuno che l’abbina-

39

DiseaseManagement

12Approfondimento ai 3 casi clinici

Page 40: 22035

40

mento di una benzodiazepine ad un antide-pressivo – come ben precisato nel testo –non sia considerato prassi abituale ed inevi-tabile.Le benzodiazepine implicano un elevato ri-schio di dipendenza, incidenti automobili-

stici ed infortuni sul lavoro causati dall’al-lungamento dei tempi di reazione: esse per-tanto vanno prescritte in modo mirato, epossibilmente consigliandone sempre unuso “al bisogno”.

DiseaseManagementIl trattamento della depressione

Page 41: 22035

41

Andreoli V. Il Medico di Medicina Generale e lapsichiatria. Masson 2000.

Asioli F, a cura di. Il medico di base e lo psichia-tra. NIS 1996.

Balint M. Medico, paziente e malattia. Feltrinelli1961.

Bellantuono C, Balestrieri M, Ruggeri M, TansellaM. I disturbi psichici nella Medicina Generale.Il Pensiero Scientifico 1992.

Bellantuono C. Il trattamento dell’ansia e della de-pressione. Guida all’uso razionale degli psico-farmaci nella Medicina Generale. Il PensieroScientifico 1997.

Brunello N, et al. Fact Nwes and Views 2004;5:6-11.

DSM IV-TR-MG - Manuale diagnostico e statisticodei disturbi mentali per la Medicina Generale.Masson 2002.

Ellenberger HF. La scoperta dell’inconscio. Borin-ghieri 1976.

Gorman JM, Korotzer A, Su G. Efficacy compari-son of escitalopram and citalopram in thetreatment of major depressive disorder: pooledanalysis of placebo-controlled trials. CNSSpectrum 2002;7(4 Suppl 1):40-44.

Jervis G. Manuale critico di psichiatria. Feltrinelli1975.

Lesser AL. Problem-based interviewing in generalpractice: a model. Med Educ 1985;19:299-304.

Mencacci C, a cura di. Linee guida per il tratta-mento dei disturbi psichiatrici. Masson 2003.

Montgomery SA, Huusom AKT, Bothmer J. ARandomised Study Comparing Escitalopramwith Venlafaxine XR in Primary Care Patientswith Major Depressive Disorder. Neuropsy-chobiology 2004;50:57-64.

Owens MJ, Knight DL, Nemeroff CB. Second-ge-neration SSRIs: human monoamine transporterbinding profile of escitalopram and R-fluoxeti-ne. Biol Psychiatry 2001;50:345-50.

Pancheri P, Cassano GB, a cura di. Trattato Italia-no di Psichiatria. Milano: Masson 1992.

Parma E. Disturbi psichici in Medicina Generale.UTET 1997.

Piccinelli M, Bellantuono C, Tansella M. Psichia-tria e Medicina Generale. Il Pensiero Scientifi-co 1998.

Sanchez C, et al. 4th International Forum on Moodand Anxiety Disorders, Monte Carlo, 19-21 no-vembre 2003.

Shorter E. Storia della psichiatria. Masson 2000.

ICD 10 dei disturbi psichici. Linee guida per laMedicina Generale. Masson 1997.

Bibliografia di riferimento eletture consigliate

Page 42: 22035
Page 43: 22035
Page 44: 22035

Finito di stampare nel mese di Agosto 2005presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A.

Via A. Gherardesca • 56121 Ospedaletto • PisaTelefono 050 313011 • Telefax 050 3130300

Internet: http://www.pacinieditore.it

Page 45: 22035

45

DiseaseManagementLa depressione

Page 46: 22035

46

DiseaseManagementIntroduzione