27 gennaio ’45 - 27 gennaio ’09 perché ricordare · con noi sopravvissuti bisogna andare cauti...
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NOI
Per noi sopravvissuti
è un miracolo ogni giorno
se amiamo,
noi amiamo duro
come se la persona amata
potesse scomparire
da un momento all’altro
e noi pure.
Per noi sopravvissuti
il cielo o è molto bello
o è molto brutto,
le mezze misure
le sfumature
sono proibite.
Con noi sopravvissuti
bisogna andare cauti
perché un semplice sguardo
storto
quello quotidiano
va ad aggiungersi ad altri
tremendi
e ogni sofferenza
fa parte di una UNICA
che pulsa col nostro sangue.
Noi non siamo gente norma-
le
noi siamo sopravvissuti
per gli altri
Monologo
Quando, il 27 gennaio 1945,
l’Armata Rossa fece il suo ingresso
nel campo di concentramento di
Auschwitz,emerse in tutta la sua
d r amma t i c i t à , l ’ o r r o r e p e r
l’olocausto di un popolo, le cui
crude immagini, immortalate dagli
o p e r a t o r i
sovietici e
mostrate al
processo di
Norimberga,
come prova
con t ro i
crimini nazisti, sconvolsero il
mondo intero, che prese finalmente
coscienza dell’agghiacciante e
sistematico stermino di ben 6
milioni di ebrei, un massacro
teorizzato da Hitler nel suo "Mein
Kampf" e coscientemente messo in
pratica, dopo la conquista del
potere.Sono passati circa 70 anni
dai tempi in cui l’ideologia nazista
provocava in Europa lo sterminio di
milioni di ebrei, ma quella ideolo-
gia omicida non è stata del tutto
eliminata. Ancora serpeggia tra gli
uomini la volontà di annientare i
più deboli o i “diversi”, ancora oggi
guerre infinite provocano il genoci-
dio di popolazioni inermi e inno-
centi. Dunque le atrocità compiute
una volta possono essere ripetute.
La memoria dei
tristi fatti verifi-
catisi nella prima
metà del ventesi-
mo secolo impo-
ne allora di capire
come controllare i
moti dell’ egoi-
smo che, purtrop-
po, non proven-
gono dall’ esterno
di noi stessi ma
nascono spesso dentro di noi. E
impone di ricordare, ricordare, ri-
cordare…..
F. Capriati III C - F. De Mola III B
Lo scrittore Hermann Hesse
sulle origini dell'antisemitismo:
"L'uomo primitivo odia ciò di cui ha paura, e in
alcuni strati della sua anima anche l'uomo colto
é primitivo. Anche l'odio dei popoli e delle raz-
ze contro altri popoli e razze non si basa sulla
superiorità e sulla forza, ma sull'insicurezza e
sulla paura. L'odio contro gli ebrei é un com-
plesso di inferiorità mascherato: rispetto al po-
polo molto vecchio e saggio degli ebrei certi
strati meno saggi di un'altra razza sentono un'in-
vidia che nasce dalla concorrenza e un'inferiori-
tà umiliante. Più fortemente e più violentemente questa brutta sen-
sazione si manifesta nella veste della superiorità, più é certo che
dietro si nascondono paura e debolezza." (1958)
27 gennaio ’45 - 27 gennaio ’09
Perché ricordare
A n n o X VA n n o X VA n n o X VA n n o X V ———— N u m e r o 2 G e n n a i o 2 0 0 9 N u m e r o 2 G e n n a i o 2 0 0 9 N u m e r o 2 G e n n a i o 2 0 0 9 N u m e r o 2 G e n n a i o 2 0 0 9
Pascoli Pascoli Pascoli Pascoli MagazineMagazineMagazineMagazine
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Infatti costrinse gli ebrei austriaci a concentrarsi a Vienna
imponendo alla Comunità Ebraica di Vienna di accollarsi
tutte le spese di trasloco e gli oneri di alloggiamento per gli
ebrei provenienti dalle altre località.
In seguito addebitò i costi di emigrazione degli ebrei nullate-
nenti sulle spalle degli ebrei facoltosi riuscendo così
ad espellere dall'Austria senza costi per la Germania
un rilevante numero di ebrei.
Il sistema si era rivelato così efficace, che si decise di
estenderlo alla Germania. Il 30 gennaio nacque così
il Reichszentrale fur judische Auswanderung
(Ufficio Centrale del Reich per l'Emigrazione Ebrai-(Ufficio Centrale del Reich per l'Emigrazione Ebrai-(Ufficio Centrale del Reich per l'Emigrazione Ebrai-(Ufficio Centrale del Reich per l'Emigrazione Ebrai-
ca)ca)ca)ca) che, oltre a coordinare l'emigrazione dalla Ger-
mania, doveva organizzare l'emigrazione dai territori
orientali. A capo del Reichszentrale venne nominato
Heinrich Müller comandante generale della GE-
STAPO. I metodi di Eichmann e Müller vennero seguiti anche quan-
do venne istituito lo stesso tipo di ufficio a Praga, diretto da
Hans Günther, vice di Eichmann.
Con lo scoppio della guerra l’idea dell’emigrazione si rivelò
troppo “lenta” e si affermò l’opzione dello sterminio, che
utilizzò l' "esperienza" maturata. Eichmann venne infatti ri-
chiamato a Berlino e il 21 dicembre 1939 venne creato
"ufficiale incaricato per tutti gli affari relativi alla pulizia delle
aree orientali". Lo staff formatosi intorno ad Eichmann lo
seguì nel neonato ufficio IV-B-4 costituito all'interno
dell'RSHA con il compito di dirigere le operazioni di trasfe-
rimento degli ebrei verso i campi di sterminio. Alessio Serrano III B
Il 20 gennaio 1942, a Wannsee, presso Berlino, in una
riunione dei vertici del Reich, la "soluzione finale" trovò
tragica e concreta pianificazione ed approvazione, a-
prendo le porte al più grande orrore che la storia ricor-
di, la morte di 6 milioni di persone nei campi di con-
centramento nazisti. La conferenza Wannsee,
mise attorno ad un tavolo tutti i rappresentanti
delle organizzazioni per risolvere tre problemi:
1)prelevare e radunare gli ebrei residenti nelle
aree tedesche;
2)organizzare il trasporto degli ebrei nei campi
di concentramento e sterminio; 3)inventare un metodo di sterminio “efficiente”
e rapido.
L’organizzazione della deportazione venne affi-
data a strutture centralizzate incaricate di porta-
re a termine il loro compito. Le organizzazioni che ave-
vano il compito di gestire gli arresti furono due:
1)L'RSHA e, in seguito, l'Ufficio IV-B-4 che aveva il
compito di organizzare in ogni nazione l'arresto, il con-
centramento e il trasporto degli ebrei verso i campi;
2)Il ministero dei trasporti e le ferrovie dello stato che
dovevano coordinare i convogli verso i campi. Il 26/08/1938 fu istituita la Zentralstelle Fur Judische
Auswanderung (Ufficio centrale per l'emigrazione ebrai-(Ufficio centrale per l'emigrazione ebrai-(Ufficio centrale per l'emigrazione ebrai-(Ufficio centrale per l'emigrazione ebrai-
ca).ca).ca).ca).
La direzione fu affidata a un ufficiale delle SS. Adolf Adolf Adolf Adolf
EichmannEichmannEichmannEichmann, che aveva il compito di costringere il mag-
gior numero possibile di ebrei austriaci ad emigrare.
Egli si mise subito al lavoro introducendo dei metodi
che poi sarebbero stati introdotti in Europa.
Professore negazionista in un liceo romano. “ La Shoah è un’invenzione degli inglesi, mancano prove concrete”, sono le parole di un professore di storia di
un liceo romano.
Iniezioni letali, uomini dietro delle recinzioni metalliche attraversate da corrente elettrica, docce di acido, ca-
mere a gas, uomini legati agli alberi come bersagli, tutto negato, stando alle parole pronunciate dal prof roma-
no, riportate su un articolo apparso sulla Repubblica del 17 novembre 2008.
Perché un professore di storia nega un dramma che ha segnato l’intera identità di un popolo?
Che messaggio può trasmettere ai suoi alunni chi nega una tragedia come l’Olocausto che ha ucciso tanti uomi-
ni innocenti?
Sicuramente non un messaggio di pace.
Il professore si è proclamato indifferente e annoiato dal racconto di due suoi alunni che avevano visitato il cam-
po di concentramento di Auschwitz. Durante un consiglio di classe ha esternato le sue idee dicendo “mancano
prove, basta con questa cultura sionista. I nostri compatrioti sono morti nella foibe e noi stiamo a parlare degli
ebrei che non sono neanche italiani.”
L’episodio accaduto nel liceo romano ci ha fatto discutere a lungo sulla gravità dell’accaduto.
Licenziare il prof? Condannarlo?
I pareri sono molto discordanti. Sicuramente è giusta la decisione del Sindaco di Roma di aprire un’inchiesta.
In Francia, Germania e Austria, chi nega pubblicamente l’Olocausto, viene punito dalla legge. Nel 2006, lo sto-
rico inglese negazionista David Irving, è stato condannato in primo grado a tre anni di prigione.
Perché in Italia non esistono leggi che puniscono persone come il prof. romano?
Come si può colmare il vuoto di legalità sul negazionismo senza limitare la libertà di espressione? Gli alunni della I A
(documento redatto da Kristian Ferrigno)
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Aktion Reinhard era un nome in codice.
Il suo significato nella storia equivale allo sterminio degli
ebrei. In virtù della sua “attività” morirono 2.284.000 ebrei.
L'Aktion Reinhard era stata decisa durante la Conferenza
del Wannsee, la riunione nella quale a Berlino
il 20 gennaio 1942 si organizzò l'eliminazione
fisica degli ebrei europei.Ma quello che ci ha
più sconvolti, durante le nostre ricerche è stata
la scoperta di una sua “derivazione”, l'Action
T4, che rientrava nel progetto di eutanasia
nazista, in particolare rivolta ai bambini.
Quando oggi parliamo di eutanasia ci riferia-
mo ad un ammalato sofferente e incurabile
che chiede di non essere più sottoposto a cure
che ne prolungano la sofferenza, per mante-
nerlo in vita artificialmente e comunque inten-
diamo questa morte come priva di sofferenza.
In Germania, invece, tra la prima e la seconda
guerra mondiale, la mancanza di cibo causata
dalla guerra spinse molti medici ad abbreviare la
vita di ammalati le cui bocche erano ritenute
“inutili”, provocando un aumento inspiegabile di decessi di
ammalati cronici ricoverati nelle case di cura. Ben presto
questa logica allucinante fu applicata ai bambini nati defor-
mi o affetti da gravi malattie fisiche o psichiche. Prima
ancora che fosse varato ufficialmente il piano di eutanasia
la Direzione Sanitaria del Reich guidata da Leonardo Con-
ti si mise in moto per eliminare i bambini giudicati fisica-
mente o psichicamente disabili. Venne creata la Commis-
sione per le malattie genetiche ed ereditarie. Il 18 agosto
1939 Conti emanava un provvedimento segreto noto con la
sigla IV-B 3088/39-1079 Mi.: i medici dei "Centri di con-
sulenza" dovevano essere obbligatoriamente informati da-
gli ospedali e dalle levatrici della nascita di bambini defor-
mi o affetti da gravi malattie fisiche o psichiche. Dopo con-
vocavano i genitori e li convincevano a ricoverare I figli in
centri specializzati, dicendo che la medicina tedesca aveva
ottenuto grandi progressi, ma avvertendoli che, poichè le
cure erano sperimentali, poteva accadere che i
bambini morissero. Ottenuto il consenso, i picco-
li venivano ricoverati in cinque centri: Branden-
burg, Steinhof, Eglfing, Kalmenhof e Eichberg.
Qui venivano uccisi con una iniezione di scopo-
lamina o lasciati morire di fame. Dopo la morte
venivano utilizzati per studi riguardanti soprat-
tutto il cervello.
Purtroppo non venivano uccisi soltanto neonati o
bambini di pochi anni. Gli istituti si occupavano
anche dei bambini ebrei che, sani o malati, veni-
vano immediatamente uccisi, e dei bambini tede-
schi disadattati. Nel processo di Francoforte del
1947 la signora Rettig raccontò che il figlio tre-
dicenne che era scappato di casa ed era stato tro-
vato dalla polizia, era stato ricoverato a Idstein e
che lei era stata informata che si trovava nell'Istitu-
to per ricevere tutte le cure appropriate. Dopo poche setti-
mane in una lettera ufficiale venne informata che suo figlio
era morto. Tra i vestiti che le vennero restituiti la signora
Rettig ritrovò un bigliettino del figlio che diceva: "Cara
mamma! Se ne sono andati e mi hanno lasciato rinchiuso.
Cara mamma io non resisto otto giorni qui con questa gen-
te: io me ne vado, io qui non ci resto. Vieni a prendermi.
Anche la mia valigia è rotta, è caduta. Cara mamma, fa
qualcosa affinché la mia richiesta sia esaudita". Non sap-
piamo quanti bambini vennero uccisi negli Istituti ma sem-
bra probabile che il numero ammonti a diverse migliaia.
Leonardo Conti
Sapevamo, anche attraverso la visione di film come “La vita è bella”, che purtroppo tanti bambini han-
no vissuto questa orrenda esperienza. Pochi si sono salvati come il protagonista del film, mentre molti
purtroppo venivano eliminati appena giunti nei campi di concentramento.Vi riportiamo ora la storia di
un bimbo, che potrebbe essere quella di tanti altri e che come diceva Primo Levi deve farci MEDITA-
RE. La nostra storia inizia a Napoli, il 29 novembre 1937. Eduardo De Simone e sua moglie Gisella
quel giorno sono felici: è nato il primo figlio, un maschietto, si chiamerà Sergio. L'Italia fascista non ha
ancora varato leggi razziali, Gisella che è israelita pensa al suo bambino e al futuro che avrà. Papà E-
duardo è in Marina, imbarcato. La guerra è lontana, probabilmente non ci sarà. Come si siano cono-
sciuti Eduardo e Gisella non sappiamo. Forse Eduardo era arrivato a Fiume per lavoro, forse aveva
visto quella bella ragazza durante una passeggiata in una giornata di riposo. Di certo sappiamo che
quando si sposarono Gisella se ne andò con Eduardo a Napoli. Mentre Sergio si fa grande il mondo
comincia a bruciare. Nel settembre 1939 i giornali annunciano che la Germania è entrata in guerra. Il 10 giugno 1940 anche
l'Italia fascista entra nel conflitto. Eduardo è sempre più spesso lontano, come tanti. In quasi tre anni di guerra la vita si è
fatta sempre più difficile. Ed è forse per paura degli aerei Alleati, forse perché si sente sola, Gisella decide di trovare rifugio
a Fiume che le sembra più sicura. Così Gisella e il piccolo Sergio la raggiungono. Ma dopo l'8 settembre del 1943 a Fiume
cambiano molte cose. La città entra a far parte dell'Adriatische Kusterland. Arrivano nuovi padroni. Arriva Odilo Globoc-
nik e tutti uomini che hanno prima gasato migliaia di disabili tedeschi nel quadro del progetto eutanasia.
Arrivano e la caccia agli ebrei si apre. Gisella e Sergio non tardano a cadere nella rete. Il 21 marzo 1944 le SS arrestano
Gisella, Sergio, le zie Mira e Sonia, lo zio Giuseppe. Tutti prima sono portati al campo di concentramento di San Sabba e
poi, il 29 marzo, vengono fatti salire sul convoglio T25: destinazione Auschwitz. Da questo momento Sergio diventa il pri-
gioniero A 179614. Per un poco viene lasciato con sua madre poi, il 14 maggio 1944, il dottor Josef Mengele lo seleziona.
Il documento che riporta questa attività di Mengele sfugge miracolosamente alla distruzione degli archivi. Rappresenta l'u-
nico documento ufficiale della tragedia che sta per accadere. Sergio è solo. Lo portano al Block 10, la "Baracca dei bambi-
ni". Classe III B
...per non dimenticare...per non dimenticare...per non dimenticare...per non dimenticare
Giornalino della
Scuola secondaria di 1° grado “G. Pascoli”-
BARI Direttore responsabile:
Dirigente Scolastico: Prof. Carlo De Nitti
Redazione
Proff. Liliana Campobasso, Angela Maria de Feo, Angela Palazzo,
Comitato di redazione:
Classi I A e III B, Fabio De Mola, Alessio Serrano III B, Carmela Loconsole, Annamisia Bertugno,
Annarita Losito, Francesco Capriati III C
Stampato in proprio
Le colpe dell’umanità
La storia dell’umanità è fatta di gesta straordinarie
Gesta che ancora oggi ricordiamo e celebriamo,
ma noi uomini ci siamo macchiati di tanti crimini,
Inutili tragedie come l’olocausto degli Ebrei.
Lì, nei lager morivano di fame, di stenti,
Uccisi nelle camere a gas,
Solo perché avevano una diversa fede religiosa.
Chi ha commesso tutto ciò è privo di umanità,
ma lo sono anche quelli che lo hanno permesso.
Ogni anno ricordiamo questa nera pagina di storia,
Non per celebrarne la gloria,
ma perché una simile barbarie non si ripeta,
Affinché noi giovani, conoscendo gli errori passati,
Possiamo creare un mondo di pace
E un futuro migliore
Annamisia Bertugno III C
Per sempre
Non ho mai pensato molto alla morte ma molto sangue è stato versato, Molte morti sono senza senso.
Io non so ancora il vero significato della morte, Sono piccola per saperlo,
ma molti bambini ebrei lo scoprirono Vivendo un’atroce tragedia.
Furono sfruttati, picchiati
Maltrattati, uccisi. Non vorrei mai vedere quello che hanno visto,
Non vorrei provare Quello che hanno provato.
Non si riesce a comprendere Il perché ciò sia accaduto,
Non si riesce a capire il perché Di tanto accanimento.
Non si può.
Tanti anni sono passati ma il ricordo di tale tragedia Non potrà essere cancellato E rimarrà nel cuore di tutti
...per sempre...per sempre...per sempre...per sempre
Annarita Losito III C
La mia vita distrutta
Un attimo,
il mio cuore smette di battere.
Il mio corpo fatto a brandelli
Senz’ alcuna identità,
il mio onore distrutto in mille pezzi,
la mia dignità divorata dall’ odio e dal disprezzo,
la mia famiglia divisa per sempre
ma legata solo dal filo del ricordo…
mio figlio che non vedrò mai crescere,
ora non ho più niente,
solo lacrime e tanto dolore.
Carmela Loconsole III C