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19 CN n. 2 2010 L’albero dell’illuminazione A vere le radici verso il cielo, sembra un'assurdità, un evidente sovvertimento del pensiero co- mune. Eppure potrebbe essere una cura per il genere umano, a quel suo senso di sradicamento che lo porta ad af- fermare, a volte imporre, la propria idea di identità e il proprio interesse su tutto e su tutti. Delle radici che traggono il loro nutrimento dall’alto invece che dal basso, ci obbligano a cambiare totalmente la prospet- tiva. E’ così che Tiziano Fratus ci prende alla sprovvista con i suoi appunti sull’albero dell’illuminazione, l’Asvattha. Uno scrittore, un poeta e un insolito foto- grafo, che ci sorprende con ritratti in bianco e nero di alberi centenari. Lo stile delle sue immagini è quello di proporre sia l’insieme sia il dettaglio delle forme originali e naturali che il mondo vegetale può creare, se solo gli si lasciasse più tempo.Già, all’albero occorrono molti anni, anzi secoli per mostrarsi in tutta la sua maestosa nobiltà e bellezza. E’ sicuramente molto più del tempo che l’essere umano oggi è disposto a concedere a chiunque. Abbiamo fretta, tutti molta fretta ma Tiziano ci costringe a fermarci. Le sue profonde riflessioni, ci portano lontano, alle radici della saggezza umana. aprendoci scenari in- consueti o dimenticati. Al tempo stesso ci mostra in una sorta di diario di bordo del suo processo di ricerca mentale, ma anche spazio-temporale, delle antiche radici dell’umanità che, come l’autore ci ricorda, non appartengono alla terra ma al cielo. 19 Fotografia Trasformare la fotografia in poesia e parlare dei pensieri più raffinati dello spirito umano è un antidoto contro il ritmo incalzante della nostra vita. E’ questo che Tiziano Fratus ci propone con i “suoi” alberi. di Elisabetta Gatti

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Page 1: 2_albero illuminazione

19CN n. 2 2010

L’albero dell’illuminazione

Avere le radici verso il cielo, sembra un'assurdità,un evidente sovvertimento del pensiero co-mune.

Eppure potrebbe essere una cura per il genere umano,a quel suo senso di sradicamento che lo porta ad af-fermare, a volte imporre, la propria idea di identità eil proprio interesse su tutto e su tutti. Delle radici chetraggono il loro nutrimento dall’alto invece che dalbasso, ci obbligano a cambiare totalmente la prospet-tiva.E’ così che Tiziano Fratus ci prende alla sprovvistacon i suoi appunti sull’albero dell’illuminazione,l’Asvattha. Uno scrittore, un poeta e un insolito foto-grafo, che ci sorprende con ritratti in bianco e nero dialberi centenari. Lo stile delle sue immagini è quello di proporre sial’insieme sia il dettaglio delle forme originali enaturali che il mondo vegetale può creare, se solo glisi lasciasse più tempo.Già, all’albero occorrono moltianni, anzi secoli per mostrarsi in tutta la sua maestosanobiltà e bellezza. E’ sicuramente molto più del tempo che l’essereumano oggi è disposto a concedere a chiunque.Abbiamo fretta, tutti molta fretta ma Tiziano cicostringe a fermarci.

Le sue profonde riflessioni, ci portano lontano, alleradici della saggezza umana. aprendoci scenari in-consueti o dimenticati. Al tempo stesso ci mostra inuna sorta di diario di bordo del suo processo diricerca mentale, ma anche spazio-temporale, delleantiche radici dell’umanità che, come l’autore ciricorda, non appartengono alla terra ma al cielo.

19

Fotografia

Trasformare la fotografia in poesia e parlare dei pensieri più raffinati dello spirito

umano è un antidoto contro il ritmo incalzante della nostra vita.

E’ questo che Tiziano Fratus ci propone con i “suoi” alberi. di Elisabetta Gatti

Page 2: 2_albero illuminazione

20CN n. 2 2010

“Il primo verso della quindicesima lettura o capitolodel Bhagavad Gita, testo sacro dell’induismo, partedel più ampio Mahabharata, introduce alcuni deipiù discussi alberi mai descritti:Il beato disse:

1. Parlano di un eterno Asvattha con radici inalto e rami in basso, le cui foglie sono i Vedas;chi lo conosce, è un conoscitore dei Veda.2. Sopra e sotto si disperdono i suoi rami, nutritidai Gunas (gli elementi); i sensi-oggetti sono isuoi germogli; e sopra nel mondo dell’uomo sidispiegano le radici, che generano azioni.

Secondo alcune interpretazioni letterarie e religiosel’Asvattha o Ficus religiosa (detto anche Pippal o Pip-pala) è un albero che ramifica le proprie radici,ovvero nel tempo le radici si innalzano diventandocome dei rami.Questa spiegazione però non haalcuna dimostrazione scientifica, botanica. Alcuni commenti presenti sui volumi che posseggoin casa, ovvero la versione bilingue in sanscrito einglese curata da Swami Swarupananda, pubblicataa Calcutta e che ho acquistato a Singapore, nel quar-tiere indiano, e quella italiana curata da RanieroGnoli, parlano dello sviluppo delle radici di questialberi che nel tempo si fanno rami. Le foto che horaccolto di questi esemplari, compreso quella di un-grande esemplare presente nel giardino botanico diPalermo, non mostrano questo sviluppo aereo delleradici. E’ il caso anche dell’esemplare più famoso, ilSri Maha Bodhi nel tempio di Mahabodhi, a novantaseikm dalla città di Patna, capitale dello stato di Bihar,nel nord est dell’India. La leggenda narra che il Sid-dhartha Gautama si sarebbe illuminato diventandoBuddha proprio stando sotto questo albero antico,così come descritto anche in tanti racconti e nel filmdi Bernardo Bertolucci. Storicamente è certo chequesto albero sia stato piantato da mano umana nel288 a. C., e rappresenta il più antico esemplare diangiosperma mai piantato dall’uomo. Cerco di capire.Chiedo quindi una spiegazione ad una poetessaindiana mia amica, Mani Rao, che vive da diversianni negli Stati Uniti ed ha tradotto, in inglese attuale,proprio quest’opera che uscirà per Penguin India.In attesa della spiegazione di Mani ecco al lettoreuna mia “traduzione” del significato. L’obiettivo diun saggio è tagliare con la spada le radici di questoalbero di modo da poter agire senza essere ingannatoo trascinato dai sensi, e quindi dall’attaccamentoalle cose. Lo dicono anche i maestri Jedi.A questo punto bisognerebbe spiegare cosa accadeal personaggio principale del Bhagavad Gita, il Beato,ma ci svieremmo dal nostro interesse principale: an-dare a cercare quegli alberi reali e immaginari che il

mondo offre. A questa mia sintetica risposta pregna di materialismoeuropeo si contrappone la risposta che mi ha scrittoMani Rao: «L’idea è che il nostro corpo fisico è unaradice. Siamo immersi nel mondo (fisico), così possiamo

assorbire le lezioni di questo mondo. Il nostro vero

essere, il nostro corpo reale è invisibile, aereo, e i

suoi germogli, o le sue radici, le radici fisiche sulla

terra / nascita fisica. Dico corpo reale, piuttosto che

anima o spirito o mente, in quanto l’idea è che

abbiamo molti corpi. Fisico, etereo (aereo) (i chakravche

si apprendono nello yoga sono radicati nel corpo

etereo), causale/emozionale, mentale, eccetera. Cia-

scuno è più sottile rispetto agli altri. L’idea che si in-

contra nell’albero del Gita è espressione di ciò che

ho appena descritto: ma al contrario: la radice

spirituale sta dove possiamo tracciare la nostra

energia e luogo da cui possiamo trarre il nostro so-

stentamento.»L’albero in questione quindi è un albero non fisicoma aereo, spirituale. Ed esistono diversi corpi: ilcorpo fisico, il corpo aereo, la radice spirituale: etutto attraverso la visione di un semplice albero.

rIferImentI bIblIografIcI

Tiziano Fratus Homo Radix, appunti per un cercatore di alberi, ed.Marco Valeri, 2010Manifattura Torino Poesiawww.torinopoesia.orghttp://homoradix.wordpress.com

Fotografia