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«Conosco un ottimo storico dell’arte...»Per Enrico CastelnuovoScritti di allievi e amici pisani

a cura di Maria Monica DonatoMassimo Ferretti

EDIZIONI DELLA NORMALE

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© 2012 Scuola Normale Superiore Pisaisbn 978-88-7642-435-9

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Indice

Premessa ixMaria Monica Donato, Massimo Ferretti

1953-2012 Paola Barocchi 1

Un periegeta greco a Roma. Pausania e i theoremata nel centro dell’ImperoFrancesco de Angelis 5

Un trionfo per due. La matrice di Olbia: un unicum iconografico ‘fuori contesto’Maria Letizia Gualandi, Antonio Pinelli 11

Il volto di Cristo e il dilemma dell’artista: un esempio di IX secoloFrancesca Dell’Acqua 21

Rappresentare il Giudizio a Roma al tempo della Riforma Gregoriana: il caso di San Benedetto in PiscinulaEleonora Mazzocchi 29

Sul ‘bestiario’ del reliquiario di san Matteo: Montecassino, Roma e la ‘Riforma’ tra Occidente cristiano e Oriente islamicoStefano Riccioni 35

Un frustolo disegnato. Lucca, Biblioteca Statale, ms. 370, c. 102Alessio Monciatti 43

I Leoni custodesGigetta Dalli Regoli 51

Il Medioevo lucchese rivisitato a Villa GuinigiMaria Teresa Filieri 61

Da Limoges a Lucca: modelli iconografici per l’oreficeria sacraAntonella Capitanio 69

Iconografia per Sacrum Imperium. Rilievi nella facciata del Duomo di San DonninoYoshie Kojima 77

Un volto per due dame, tra Poitiers e l’abbazia di CharrouxChiara Piccinini 83

Le casse-reliquiario di san Giovanni Battista per il Duomo di Genova: strutture narrative e percezione pubblicaAnna Rosa Calderoni Masetti 89

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Luoghi e immagini nelle Storie degli Anacoreti di PisaAlessandra Malquori 97

Un frammento della chiesa della Spina nel Museo BardiniRoberto Paolo Novello 105

Nino Pisano e la scultura lignea franceseMax Seidel 111

SpigolatureMariagiulia Burresi 117

La pala d’altare di Maubuisson: note sull’iconografiaMichele Tomasi 125

L’Offiziolo bolognese della Biblioteca Abbaziale di KremsmünsterRoberta Bosi 131

Una ‘maniera latina’ nel Levante tardomedievale?Michele Bacci 141

Un tema di origine altomedievale nella pittura gotica: nota su tre cicli pittorici del TiroloFabrizio Crivello 149

Intorno a un trittico in muratura di Pietro di MiniatoElisa Camporeale 155

Alla ricerca della Fontana di giovinezza. Il programma iconografico degli affreschi della sala baronale del castello della Manta: riflessioni e nuove proposteRomano Silva 163

La fontana ‘del melograno’ di Issogne: due sogni e qualche indizioPaola Elena Boccalatte 173

FouquetianaMaria Beltramini, Marco Collareta 181

L’«officina» e il «padiglione fiorito». Appunti sulla pratica artistica ferrarese nel QuattrocentoCarmelo Occhipinti 189

Dalla cartella «Geografia della scultura lignea nel Quattrocento»Massimo Ferretti 197

Due false attribuzioni a Giovanni Bastianini falsario, ovvero due busti di Gregorio di Lorenzo, ex «Maestro delle Madonne di marmo»Francesco Caglioti 207

L’epitaffio del VecchiettaRoberto Bartalini 219

«Se pensa levare lo Arno a Pisa». A proposito della Mappa del Pian di Pisa di LeonardoEmilio Tolaini 223

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Sulle tentazioni iconoclaste ebraiche in Italia fra tardo Medioevo e prima età moderna Michele Luzzati 227

Formiche assetate, tartarughe in viaggio, architetture incrollabili. Sulla lunga fortuna di un topos epigraficoFulvio Cervini 239

Il doppio ritratto della maga AlcinaLina Bolzoni 245

Ariosto, schede di censoriAdriano Prosperi 255

Intorno alla cappella Guidiccioni in Santo Spirito in SassiaBarbara Agosti 259

Le pinceau et la plume. Pirro Ligorio, Benedetto Egio et la «Aegiana libraria»: à propos du dessin du Baptistère du LatranGinette Vagenheim 267

«Come dice l’oppositione»: Aurelio Lombardi, Pellegrino Tibaldi e Leone Leoni nel presbiterio del Duomo di Milano (1561-1569)Walter Cupperi 271

Giovanni Battista Adriani e la stesura della seconda edizione delle Vite: il manoscritto inedito della Lettera a messer Giorgio VasariEliana Carrara 281

‘Anticomoderno’: significati ed usi del termine nella letteratura artistica tra Cinque e SettecentoFabrizio Federici 291

Tre medaglie per Joachim von SandrartLucia Simonato 297

Città e santi patroni nell’età della ControriformaLucia Nuti 307

Inediti sul Porto Pisano a San Piero a Grado con schemi dell’iconografia portuale Fulvia Donati 315

«Un torso di un Fauno, non inferiore al torso di Belvedere». Note sulla ricezione critica del Fauno Barberini nel SeicentoLucia Faedo 323

La scoperta di Giunta PisanoAntonio Milone 331

L’Antiquité expliquée e i Monumens de la monarchie française di Bernard de Montfaucon: modelli per una storia illustrata del Medioevo franceseElena Vaiani 337

Intreccio e dramma, provvidenza e misericordia nella storiografia lanzianaMassimiliano Rossi 347

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Rapporti tra Galleria degli Uffizi e Accademia di Belle Arti nel periodo leopoldino (1784-1790)Miriam Fileti Mazza 353

Un quadro disperso di Pietro Benvenuti e le ‘razzie’ francesi a Firenze dell’autunno 1800Ettore Spalletti 359

Voyage en Suisse, Belgique, Hollande et à Paris (1846). Un diario di Costanza d’AzeglioCristina Maritano 365

Appunti di Giovanni Morelli per un catalogo della Pinacoteca di BreraDario Trento 373

«Il Buonarroti». Cronaca ed erudizione artistica a Roma nel secondo OttocentoMarco Mozzo 381

Fotografia e giapponismo: ancora sull’Alzaia di SignoriniVincenzo Farinella 389

L’Exposition des Primitifs flamands de Bruges (1902), «une œuvre patriotique»?Claire Challéat 399

Firenze 1911: la mostra del ritratto italiano e le radici iconografiche dell’identità nazionaleTommaso Casini 407

Un paesaggio ‘moderno’ a Torino: il Torrente in inverno (1910) di Giuseppe BozzallaFlavio Fergonzi 415

Les promenades péripatéticiennes: appunti su e di Filippo De Pisis al LouvreMaria Mimita Lamberti 423

Aby Warburg, il Déjeuner sur l’herbe di Manet. La funzione di modello delle divinità pagane elementari in rapporto alla evoluzione del moderno sentimento della naturaMaurizio Ghelardi (a cura di) 431

«Maestri in tournée». Aby Warburg ed Ernst Robert Curtius a Roma, il 19 gennaio 1929Silvia De Laude 445

Il XIII congresso internazionale di storia dell’arte (1933) e la geografia artistica. Le origini di un metodo e le sue inflessioni ideologicheMichela Passini 453

Musei e multimedialità: cenni per una frammentaria archeologiaDonata Levi 461

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Giovanni Battista Adriani e la stesura della seconda edizione delle Vite: il manoscritto inedito della Lettera a messer Giorgio Vasari

nell’elaborazione del complesso programma deco-rativo destinato al palazzo magnatizio.

L’allestimento delle fastose nozze ducali non fu, però, l’unica occasione di collaborazione fra i tre esponenti di spicco della corte medicea, anzi. Pro-prio la stesura della seconda redazione delle Vite di-venne momento privilegiato di confronto e di frut-tuoso scambio di idee. Vasari ne era ben consapevo-le, e riconobbe tal fatto in modo lampante nel caso dell’Adriani. La lettera sugli artisti dell’antichità fu, infatti, stampata distintamente con il nome del suo redattore, un onore non accordato al più giovane e non ancora affermato Giovanni Battista Cini, au-tore della Descrizione dell’apparato fatto in Firenze per le nozze dell’Illustrissimo ed Eccellentissimo Don Francesco de’ Medici, Principe di Firenze e di Siena, e della Serenissima Regina Giovanna d’Austria, del 1565, inclusa nell’edizione del 1568 (alle pp. 881-979) senza far alcuna menzione del suo estensore: solo nel 1912 Antonio Lorenzoni riuscì a dimostra-re che lo scritto non era del Vasari, dopo che Mila-nesi l’aveva considerato opera di anonimo2.

Ma qual era la ragione pressante della presenza di tale testo nel corpus delle Vite, tanto da costrin-gere i Giunti, nella fretta della stampa, ad inserire

In una delle tavole più famose che formano il soffitto del Salone dei Cinquecento, realizzato in occasione delle nozze del principe Francesco con Giovanna d’Austria, avvenute nel dicembre 1565, Vasari celebra il Trionfo della guerra di Siena. La profonda campitura dell’opera mostra sullo sfondo Firenze che accoglie il ritorno delle truppe vittorio-se sull’eterna rivale cittadina, e pone in primo pia-no i protagonisti e fedeli esecutori delle volontà di Cosimo: da un lato i leaders militari (dal marchese di Marignano, a Chiappino Vitelli e a Federico da Montaguto) e dall’altro coloro che ebbero l’incari-co di tramandare ai posteri la vicenda, ossia Vasari e la sua più stretta cerchia di collaboratori (fig. 1). Nei Ragionamenti, editi solo nel 1588, ma che il pit-tore aretino scrisse nello stesso periodo della realiz-zazione dei lavori, è presente la meticolosa descri-zione della scena: «Quel grassotto, che è il primo [scil. a sinistra] è don Vincenzio Borghini, priore degl’Innocenti; quell’altro [scil. a destra, in basso] con quella barba un poco più lunga è M. Giovam-batista Adriani, i quali mi sono stati di grandissimo aiuto in quest’opera con l’invenzione loro»1.

Fra i due è lo stesso Vasari, che ratificava anche visivamente il ruolo giocato dai due colti letterati

Passai l’intero anno 1928, meno l’estate, a Londra. Di qui, Luigi Villari,sfruttando il nome di suo padre – parecchi credevano che fosse lui l’autore del

Savonarola e dei Primi due secoli della storia di Firenze – inondava l’Inghilterracon libri, conferenze, lettere ai giornali, in cui raccontava tutte le frottole che

gli venivano in testa sulle vergogne dell’Italia prefascista e sui miracolimussoliniani che avevano fatto di quella sozzura un capolavoro di ordine,

decenza, universale felicità, un paese di Samurai. Al suo libro The Awakening of Italy, io avevo opposto il mio

The Fascist Dictatorship in Italy, uscito negli Stati Uniti nella primavera del 1927. Ma non ero soddisfatto: durante il 1928 lo rifeci da cima

in fondo, e lo ripubblicai a Londra. Di questo volume feci prepararealcune copie con copertine di libri osceni, e le mandai in Italia.

Essendo libri osceni, ero sicuro che la censura fascista li avrebbelasciati passare. Una copia la mandai a Benedetto Croce ed arrivò.

G. Salvemini, Londra 1928 e America 1929, in Id., Memorie di un fuoruscito, Milano 1960, pp. 105-114, in part. 105

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scrittore latino sta alla base, per molti versi, dell’in-tero impianto delle Vite vasariane, o almeno è dalla meditazione sul testo pliniano che si è mossa la ri-cerca documentaria del Vasari sugli artefici operosi nel passato prossimo più remoto (fino ai secoli me-dievali) e su quelli suoi contemporanei. Accanto al notissimo passo delle Vite in cui il pittore aretino rammenta la genesi delle biografie come frutto del-le riflessioni nate alla corte del cardinale Alessan-dro Farnese5, si deve, dunque, citare la lettera Agli artefici del disegno, poc’anzi menzionata:

[...] ho potuto correggere quanto accrescere ancora tante cose che molte Vite si possono dire essere quasi rifatte

la Lettera, licenziata dall’Adriani con la data dell’8 settembre 1567, solo ad inizio del secondo volume della Terza parte delle biografie vasariane? Infatti, soltanto con l’edizione Milanesi, essa sarebbe stata ricollocata là dove oggi la troviamo, e là dove essa era destinata, ossia immediatamente a ridosso della missiva del Vasari indirizzata Agli artefici del dise-gno, e subito dopo le Teoriche3.

Il testo dell’Adriani4 andava a colmare lo spazio, temporale e storico-critico, lasciato vuoto dal Va-sari nella sua trattazione che aveva avuto origine dal Medioevo per concludersi con gli artisti a lui coevi. Discettando dell’arte degli antichi, la fonte principale di Adriani è, ovviamente, Plinio, ma lo

1. Giorgio Vasari (e Giovanni Stradano), Trionfo della guerra di Siena, olio su tavola, 1563-1565. Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento.

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di pittori, scultori, architetti; che altrimenti poco impor-ta a noi saper la vita di Baccio d’Agnolo o del Puntormo. E lo scriver le vite, è solo di principi et huomini che hab-bino esercitato cose da principi et non di persone basse, ma solo qui havete per fine l’arte et l’opere di lor mano. Et però insistete in questo più che potete et usateci dili-gentia, et ogni minutia ci sta bene8.

Le parole di Borghini al Vasari seguono di pochi giorni un’altra pressante serie di raccomandazioni espresse dal dotto benedettino nella missiva dell’11 agosto: «[...] vi ricordo che mettiate a ordine le cose de’ vivi, massime de’ principali, acciò questa opera sia finita et perfetta da ogni parte, et che sia una hi-storia universale di tutte le pitture et sculture di Italia etc., et che questo è il fine dello scriver vostro»9.

La campitura storica delle Vite giuntine doveva superare il puro elemento biografico (ché agli ar-tisti non spetta l’onore di un tale genere narrativo nella rigida scala gerarchica dell’uomo di chiesa), e non poteva frantumarsi in una scandita sequela di maestri e botteghe, di discepoli e di seguaci, ma aveva l’obbligo di svilupparsi in una trattazione ge-nerale dell’operato artistico: appunto una «historia universale dell’arte». Ad una simile convinzione Borghini era giunto, senza dubbio, grazie a una pa-ziente lettura e a un continuo lavorìo sulle fonti let-terarie di carattere storico-artistico in suo possesso. Ne fa fede un altro passo della lettera già citata del 14 agosto 1564:

Hora vi bisognerà rigare più diritto, che io ho studiato Plinio et la letione del Varchi et quelle belle lettere del Tasso sopra la pittura, tal che io ci son mezzo dottorato et saprò veder meglio et giudicare più minutamente le virtù et difetti de l’arte, sì che voi non harete a far più con ciechi: però state in cervello. Ma fuor di baie, io ho letto ben tanto et tanto discorso sopra questa arte, che forse harò trovato qualcosa da non vi dispiacere; et quando io non vo’ dormire, io fo scrivere a ser Marco, che ò meco, et già sono a più di 130 faccie d’un libro in quarto, sì che mettetevi a ordine d’haver che leggere et che masticare10.

Come ha dimostrato Paola Barocchi, il «libro in quarto di 130 faccie» altro non è che la cosiddetta Selva di notizie, oggi conservata nella Biblioteca del Kunsthistorisches Institut di Firenze, una raccol-ta di appunti borghiniani sulle arti, dall’antichità all’età presente11. Il valore normativo del testo la-

di nuovo, come alcuna veramente delli antichi pure, che non ci era, è di nuovo aggiunta. [...] E per più contento di molti amici fuor dell’arte ma a l’arte affezzionatissimi, ho ridotto in un compendio la maggior parte dell’opere di quelli che ancor son vivi e degni d’esser sempre per le lor virtù nominati, perché quel rispetto che altra volta mi ritenne, a chi ben pensa, non ci ha luogo, non mi si proponendo se non cose eccellenti e degne di lode; e po-trà forse essere questo uno sprone che ciascuno séguiti d’operare eccellentemente e d’avanzarsi sempre di bene in meglio, di sorte che chi scriverà il rimanente di questa istoria potrà farlo con più grandezza e maestà, avendo occasione di contare quelle più rare e più perfette opere che di mano in mano, dal desiderio di eternità incomin-ciate e dallo studio di sì divini ingegni finite, vedrà per inanzi il mondo uscire delle vostre mani; et i giovani che vengono dietro studiando, incitati dalla gloria – quan-to l’utile non avessi tanta forza –, s’accenderanno per aventura dall’esempio a divenire eccellenti. E perché questa opera venga del tutto perfetta né s’abbia a cercare fuora cosa alcuna, ci ho aggiunto gran parte delle opere de’ più celebrati artefici antichi, così greci come d’altre nazioni, la m e m o r i a d e ’ q u a l i d a P l i n i o e d a a l t r i s c r i t t o r i è s t a t a f i n o a ’ t e m p i n o s t r i c o n s e r v a t a , che senza la penna loro sarebbono, come molte altre, sepolte in sempiterna oblivione. E ci potrà forse anche questa considerazione generalmente accre-scer l’animo a virtuosamente operare e, vedendo la nobil-tà e grandezza dell’arte nostra e quanto sia stata sempre da tutte le nazioni e particolarmente dai più nobili inge-gni e signori più potenti e pregiata e premiata, spingerci et infiammarci tutti a lasciare il mondo adorno d’opere spessissime per numero e per eccellenzia rarissime; onde abbellito da noi, ci tenga in quel grado che egli ha tenuto quei sempre maravigliosi e celebratissimi spiriti6.

La Giuntina aveva, insomma, l’intento non solo di fornire precise attestazioni sull’arte degli anti-chi, ma soprattutto di comunicare che essa non era morta con Michelangelo, anzi7.

Tracciare la mera successione degli artisti, vissuti e viventi, non era però il compito della nuova edizio-ne delle Vite, assecondando in tal modo il parere au-torevole di Vincenzio Borghini, che nell’importante lettera del 14 agosto 1564 così aveva scritto al Vasari:

IL FINE di questa vostra fatica non è di scrivere la vita de’ pittori, né di chi furono figl[i]uoli, né quello che e’ feciono d’ationi ordinarie, ma solo per le OPERE loro

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284 Eliana Carrara

2. Giovan Battista Adriani, Lettera a messer Giorgio Vasari. Isola Bella, Archivio Borromeo, ms. AD, LM, Adriani, G.B., c. 1r.

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285 Il manoscritto inedito della Lettera a messer Giorgio Vasari

3. Giovan Battista Adriani, Lettera a Piero Vettori. Londra, British Library, ms. Add. 10268, c. 62r.

4. Giovan Battista Adriani, Lettera a Vincenzio Borghini. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. Magl. XXV 551, c. 160r.

5. Giovan Battista Adriani, Lettera a messer Giorgio Vasari. Isola Bella, Archivio Borromeo, ms. AD, LM, Adriani, G.B., c. 23r.

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tino permette di comprendere le amplificazioni della Giuntina: si tratta di una storia delle arti, che si occupa delle tecniche e dei materiali, dei pro-dotti artistici prima ancora che degli artefici, dove il giudizio storico deve avere la meglio, o per dir più chiaramente, sostanziare quello estetico. Era su queste basi e sul riconoscimento di tali capacità che muoveva l’apprezzamento del Borghini nei con-fronti di Vasari, pronunciato di lì a qualche tempo dopo l’uscita della seconda edizione delle Vite:

Et con gran giuditio messer Giorgio scrisse et notò le virtù delli antichi pintori, né dispregiò di considerare, né dispregia anchora di riguardar spesso l’opere loro, non per imitarle, ché meglio fanno molti de’ sua garzoni etc., ma perché quelle parti buone che coloro trovarono gli danno piacer et maraviglia et insegnamento anchora di aggiugnere al trovato, et al primo principio accrescer perfettione etc.12.

Diventa chiarissima, allora, l’importanza del-la Lettera dell’Adriani, capace di colmare la parte mancante dell’«historia universale» di cui sopra. Eppure la critica non ha avuto un atteggiamento benevolo nei confronti di questo scritto, che si arti-cola in quaranta pagine fitte di rimandi dotti, dove le citazioni sono rare, ma è tutta la scrittura ad es-sere imbevuta di notizie tratte da varie fonti (non solo Plinio, quindi)13. Basti menzionare il giudizio tagliente di Karl Frey, che nel 1911 così sentenzia-va: «Adrianis Elaborat hat keinen selbständigen Wert», e continuava definendolo «unvollständig, unsystematisch [...] sogar flüchtig»14. Tali defini-zioni sono frutto molto probabilmente, come ha fatto notare Paola Barocchi, della «scarsa esegesi» che ha accompagnato la Lettera15, conosciuta finora soltanto grazie al testo stampato nelle Vite.

Nel corso, però, di una più vasta indagine sul Vasari16, sono riuscita a recuperare una copia che ritengo autografa dell’opera dell’Adriani, con si-gnificativi interventi e correzioni sempre di mano dell’autore (fig. 2). Me ne convince il confronto con il ductus scrittorio di lettere firmate dell’erudito fio-rentino, sia giovanili, come nel caso di una missiva a Piero Vettori del 17 gennaio 1543 (fig. 3)17, sia se-nili, qual è quella del 7 settembre 1574 destinata a Vincenzio Borghini (fig. 4)18.

L’inedito testimone manoscritto è oggi suddiviso in due lacerti costituiti rispettivamente da 18 e da

20 carte, che portano in alto, a destra, una nume-razione a penna seriore e continua da 1 a 40, con un’unica lacuna che si registra fra la c. 18v (bianca come il suo recto) e la c. 21r19. Il testo, che presenta la stessa forma epistolare dello stampato20, scorre senza discontinuità o grandi pentimenti fino a c. 17v, quando s’interrompe bruscamente dopo pochi righi, all’altezza della narrazione che ha come sog-getto le razzie di opere d’arte compiute dai Romani nei territori conquistati, lasciando il resto del foglio bianco21. A c. 21r la stesura ricomincia con l’elenco delle opere di un pittore greco22, il cui nome non ci è tramandato per la lacuna già descritta, e il testo segue difilato fino a c. 23r, quando un paio di righe nettamente depennate ci preannunciano un deciso intervento dell’autore, segnalato anche da un visto-so richiamo sul margine sinistro (fig. 5)23. La nar-razione, infatti, prosegue da dove si era interrotta a c. 17v, con una parziale riscrittura, per giungere, escluse le formule di commiato e di saluto attestate nella Giuntina, fino alla conclusione del testo tràdi-to a stampa24.

Ogni esercizio di lettura e di esegesi della Let-tera dovrà in futuro, sicuramente, partire da tale manoscritto, che testimonia in modo tangibile la collaborazione dello storico fiorentino con il Va-sari: documentare la fase redazionale, i pentimenti, le integrazioni e le varianti apportate dall’Adriani al suo testo, credo possa costituire anche un utile esercizio di metodo per avvicinarsi con rispetto al grande cantiere delle Vite, e per affrontare senza pregiudizi e preconcetti lo straordinario lavorìo del Vasari, impegnato in prima persona come scritto-re25 a redigere uno dei capolavori della letteratura italiana rinascimentale. Si avverte, insomma, con sempre maggior urgenza la necessità di uno studio consacrato alla lingua del biografo aretino, dopo le aperture promosse da Nencioni26, e raccolte solo in parte dalla storiografia più recente27, anche se di certo non mancano – e anzi ne emergono di nuovi – testimoni autografi della vasta produzione scrittoria vasariana28.

Eliana Carrara

Un ringraziamento sincero all’architetto Alessandro Pisoni, conservatore dell’Archivio Borromeo dell’Isola Bella.

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287 Il manoscritto inedito della Lettera a messer Giorgio Vasari

Citeremo i testi cinquecenteschi secondo i seguenti criteri: è stata distinta u da v; si è reso j con i; sono introdotti accenti, apostrofi e segni d’interpunzione secondo l’uso odierno, così come la divisione delle parole e l’uso delle maiuscole; sono sta-te sciolte tutte le abbreviazioni senza darne conto; solo quando la lettura della parte soluta non è certa verranno impiegate le parentesi tonde ad indicare l’avvenuto scioglimento. Fra pa-rentesi quadre, infine, sarà posto ogni nostro intervento di emendazione o integrazione.

1 G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori scultori ed ar-chitettori, a cura di G. Milanesi, 9 voll., Firenze 1878-1885 (d’ora in poi Vasari-Milanesi, seguito dal numero del vo-lume), VIII, p. 219; E. Allegri, A. Cecchi, Palazzo Vecchio e i Medici. Guida storica, Firenze 1980, p. 241; E. Carrara, «Qui non si è mangiato altro che pane et messer Giorgio». Un probabile ritratto giovanile di Vincenzio Borghini di mano del Vasari, «Iconographica», 5, 2006, pp. 106-117, in part. 110 e fig. 13. Per la genesi del ciclo decorativo del soffitto nel Salone dei Cinquecento cfr. da ultima V. Conticelli, Giorgio Vasari al servizio del duca (1554-1574): breve profilo, in Vasari, gli Uf-fizi e il duca, catalogo della mostra (Firenze 2011), a cura di C. Conforti, F. Funis, F. de Luca, Firenze 2011, pp. 31-39: in part. 37-38. Sulla stesura e le motivazioni del testo vasariano cfr. P. Tinagli Baxter, Rileggendo i ‘Ragionamenti’, in Giorgio Va-sari tra decorazione ambientale e storiografia artistica, atti del convegno di studi (Arezzo 1981), a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1985, pp. 83-93; F. Conte, Cronache vasariane per il xxI secolo: rotte di inchiesta, Torino 2010, pp. 33-42.

2 Vasari-Milanesi, VIII, pp. 517-617; A. Lorenzoni, Car-teggio artistico inedito di D. Vinc. Borghini, Firenze 1912, pp. 154-163. Sul coinvolgimento del Cini (1528-1586) nell’opera vasariana cfr. da ultimo C.M. Simonetti, La vita delle «Vite» vasariane. Profilo storico di due edizioni, Firenze 2005, p. 98.

3 Vasari-Milanesi, I, pp. 15-90; G. Vasari, Le Vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, a cura di R. Bettarini, P. Barocchi, 6 voll., Firenze 1966-1987 (d’ora in poi Vasari, seguito dal numero del volume), I, pp. 177-227. Sulle vicende storiografiche del testo dell’Adriani e sulla sua collocazione nelle diverse edizioni delle Vite basti il rimando a Vasari, I (Commento), pp. 232-235.

4 Sul contenuto dell’opera mi permetto di rinviare, oltre che a P. Barocchi, Indice analitico del commento alla lettera dell’Adriani, in Vasari, I (Commento), pp. 386-415, a E. Car-rara, Plinio e l’arte degli Antichi e dei Moderni. Ricezione e fortuna dei libri xxxIV-xxxVI della Naturalis Historia nella Firenze del xVI secolo (dall’Anonimo Magliabechiano a Vasa-ri), in Pline à la Renaissance. Transmission, réception et relec-ture d’un encyclopédiste antique, atti del convegno (Besançon 2009), a cura di A. Perifano, in corso di stampa. Sulla figura del

letterato fiorentino (1511-1579) si veda S. Albonico, Giovan Battista Adriani. Nota introduttiva, in Storici e politici del Cin-quecento, I. Storici e politici fiorentini del Cinquecento, a cura di A. Baiocchi. Testi a cura di S. Albonico, Milano-Napoli 1994, pp. 907-917.

5 Cfr. Vasari, VI, p. 389-390: «[...] messomi giù a ricerca-re miei ricordi e scritti, fatti intorno a ciò infin da giovanetto per un certo mio passatempo e per una affezione che io ave-va a la memoria de’ nostri artefici, ogni notizia de’ quali mi era carissima, misi insieme tutto che intorno a ciò mi parve a proposito, e lo portai al Giovio; il quale, poi che molto ebbe lodata quella fatica, mi disse: Giorgio mio, voglio che prendiate voi questa fatica di distendere il tutto in quel modo che otti-mamente veggio saprete fare, perciò che a me non dà il cuore, non conoscendo le m a n i e r e , né sapendo molti particolari che potrete sapere voi: sanzaché, quando pure io facessi, farei il più più un t r a t t a t e t t o s i m i l e a q u e l l o d i P l i n i o . Fate quel ch’io vi dico, Vasari, perché veggio che è per riuscirvi bellissimo, che saggio dato me ne avete in questa narrazione» (spaziatura dei caratteri mia). Sul brano cfr. P. Rubin, Giorgio Vasari. Art and History, New Haven-London 1995, p. 147 nota 155; E. Carrara, Giorgio Vasari, Giovanni Battista Adriani e la stesura della seconda edizione delle Vite: ragioni e nuove evidenze della loro collaborazione, «Opera Nomina Historiae», in corso di pubblicazione.

6 Cfr. Vasari, I, pp. 175-176 (spaziatura dei caratteri mia). Cfr. anche M. Pozzi, E. Mattioda, Giorgio Vasari storico e critico, Firenze 2006, pp. 8-9.

7 Cfr. P. Barocchi, Storiografia e collezionismo dal Vasari al Lanzi, in Storia dell’arte italiana, Parte prima, II, L’artista e il pubblico, Torino 1979, pp. 5-81, in part. 20-25; Ead., Mi-chelangelo tra le due redazioni delle Vite vasariane, in Ead., Studi vasariani, Torino 1984, pp. 35-52; Ead., L’antibiografia del secondo Vasari, ibid., pp. 157-170.

8 Der literarische Nachlass Giorgio Vasaris mit kritischem Apparate versehen von Karl Frey. Herausgegeben und zu Ende geführt von Herman-Walther Frey, 3 voll., München et al. 1923-1940 (d’ora in poi Frey, Nachlass, seguito dal numero del volume), II, lettera CDLIX, pp. 100-103, in part. 102. Cfr. Rubin 1995, p. 192.

9 Frey, Nachlass, II, lettera CDLVIII, pp. 97-100, in part. 98. Cfr. Barocchi 1979, pp. 14-15; Rubin 1995, p. 192.

10 Frey, Nachlass, II, lettera CDLIX, pp. 100-103, in part. 101.

11 P. Barocchi, Una ‘Selva di notizie’ di Vincenzio Borghini, in Un augurio a Raffaele Mattioli, Firenze 1970, pp. 87-172; poi anche Ead., Scritti d’arte del Cinquecento, 3 voll., Milano-Napoli 1971-1977, I, pp. 611-673; B. Varchi, V. Borghini, Pittura e Scultura nel Cinquecento, a cura di P. Barocchi, Livor-

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288 Eliana Carrara

no 1998, pp. 85-142; E. Carrara, Vasari e Borghini sul ritrat-to. Gli appunti pliniani della Selva di notizie (ms. K 783.16 del Kunsthistorisches Institut di Firenze), «Mitteilungen des Kun-sthistorischen Institutes in Florenz», 44, 2000, pp. 243-291.

12 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. II X 116, c. 11r e v; cfr. R.J. Williams, Vincenzo Borghini and Vasari’s Li-ves, Ph. D. diss., Princeton University, Faculty of Arts, 1988 (microfilm Ann Arbor 1993), p. 290; E. Carrara, Antichi e moderni in alcune note di Vincenzio Borghini, «Studi di gram-matica italiana», 17, 1998, pp. 117-126, in part. 122. Sulle dif-ficoltà di datazione del manoscritto in questione si veda la ve-loce scheda di E. Mattioda, M. Pozzi, in Vincenzio Borghini. Filologia e invenzione nella Firenze di Cosimo I, catalogo della mostra (Firenze 2002), a cura di G. Belloni, R. Drusi, Firenze 2002, pp. 338-341 (5.17.3).

13 Cfr. supra, nota 4.14 Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori scritte

da M. Giorgio Vasari pittore et architetto aretino, hrsg. von K. Frey, München 1911, p. 224 nota 1; cfr. Vasari, I (Commen-to), p. 234. Pozzi e Mattioda definiscono il testo dell’Adriani come «ampia ma fredda lettera»: cfr. Pozzi, Mattioda 2006, p. 37.

15 Vasari, I (Commento), p. 286.16 E. Carrara, Giorgio Vasari, in Autografi dei letterati ita-

liani. Il Cinquecento, I, a cura di M. Motolese, P. Procaccioli, E. Russo, Roma 2009, pp. 359-372. Colgo l’occasione per ringra-ziare ancora, e di tutto cuore, Emilio Russo e Antonio Ciaralli per l’aiuto fornito nel corso della stesura del lavoro.

17 Londra, British Library, ms. Add. 10268, c. 62r; cfr. D. Giannotti, Lettere a Piero Vettori. Pubblicate sopra gli origi-nali del British Museum da R. Ridolfi e C. Roth, Firenze 1932, p. 170. Per quanto mi consta, il documento è inedito.

18 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. Magl. XXV 551, c. 160r-v: la lettera, inedita, è segnalata in Vincenzio Bor-ghini 2002, pp. 25-30, in part. 27 (scheda 2.4. a cura di E. Car-rara).

19 Conservati nell’Archivio Borromeo, Isola Bella, ms. AD, LM, Adriani, G.B. (d’ora in poi Adriani, ABIB, seguito dal numero della carta). I fogli presentano le seguenti misure: mm 300 x 215.

20 Adriani, ABIB, c. 1r: «Io ho dubitato alcuna volta meco medesimo, messer Giorgio carissimo, se quello di che voi et il molto reverendo don Vincenzio Borghini mi havete più volte ricerco si deveva mettere in opera o no, cioè il raccorre et bre-vemente raccontare coloro che nella pittura et nella scultura, et in arti simiglianti alli antichi tempi furono celebrati, de’ quali il numero è grandissimo, et a che tempo essi feciono fiorire l’arti loro, e delle opere di quelli le più onorate e le più famose, cosa che in sé ha del piacevole assai, ma che più si converrebbe

a coloro che in cotali arti fussero [corretto su «fusseno»] eser-citati o come pratichi ne potessino più propriamente parlare [«più ... parlare» in interlinea su «dare miglior giudizio di me» depennato]». Cfr. Vasari, I, p. 179.

21 Adriani, ABIB, c. 17v: «[...] figure di bronzo e di marmo, delle quali a Roma ne fu portato dal mondo, et in Roma fatto sì gran numero [«sì gran numero» inserito in interlinea], che si credeva che vi fossero più statue che huomini; dell’arte del-le quali e de’ maestri più [«più» inserito in interlinea] nobili d’esse è tempo homai, come habbiamo fatto delle pitture e de’ pittori, che alcune cose ne diciamo, quello che intanto trovia-mo scritto da altro, che volendo ogni cosa raccontare sarebbe cosa troppo lunga, e più di noia che di diletto». Cfr. Vasari, I, p. 204 (righi 22-27).

22 Adriani, ABIB, c. 21r: «[un] che si soffiava il naso, et il medesimo dipinse Oreste che uccideva la madre et Egisto adul-tero, et in più tavole la guerra troiana, la quale era in Roma, nella loggia di Filippo, et una Cassandra nel tempio della Con-cordia». Cfr. Vasari, I, p. 201 (righi 29-32). Nel testo a stampa ricorre il nome «Teodoro», come nella Selva borghiniana (a p. 67), mentre le edizioni moderne attestano «Theorus»: cfr. Pli-ne l’Ancien, Histoire Naturelle. Livre xxxV, a cura di J.-M. Croisille, Paris 1985, cap. 144; Carrara 2000, p. 256 e nota 135.

23 Adriani, ABIB, c. 23r: «E come questo advenne nelle cose dipinte, così e molto più nelle [segue depennato: «figure di bro»] statue di bronzo e di marmo, delle quali a Roma ne fu portato d’altronde, et ve ne fu [«ve ... fu» in interl. su «quivi» depenn.] fatto sì gran numero, che si teneva per certo [«per certo» in interl.] che vi fusse più statue che huomini; delle arte delle quali e de’ maestri più nobili d’esse è tempo homai che, come habbiamo fatto de’ pittori e delle pitture, così anco al-cune cose ne diciamo [seguono le righe depennate], e quanto pare che si convenga al nostro proponimento». Cfr. Vasari, I, p. 204 (righi 21-27). Cfr. supra, nota 21.

24 Adriani, ABIB, c. 40r-v: «Havevano le greche statue et le romane differenza infra di loro assai chiara, che le greche per lo più erano secondo l’usanza delle palestre igniude, dove i gio-vani alla lotta et ad [«ad» in interl.] altri giuochi si esercitavano igniudi, che in quelli ponevano il sommo honore. Le romane si facevano coperte o d’armadura [corr. in interl. su «arme»] o di toga, habito [segue depennato: «propriam»] spezialmen-te romano, il quale honore, come noi dicemo poco fa [c. 40v] dava primieramente il comune; poi, cominciando l’ambitio-ne a crescere, fu dato anco da privati e da comuni forestieri a questo e quel cittadino, o per benefizio ricevuto da lui o per haverlo amico, e massimamente lo facevano i minori amici ai più potenti, di maniera che in brieve spazio le piazze, i templi [«i templi» in interl. su «le chiese» depennato] e le loggie ne fu-

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289 Il manoscritto inedito della Lettera a messer Giorgio Vasari

rono tutte ripiene». Cfr. Vasari, I, pp. 225-226 (righi 39-40 e 1-10). Il passo di Plinio che sottende al testo dell’Adriani corre nel libro XXXIV, capp. 17-18.

25 Di fronte alla tesi di un Vasari non-autore (o autore pro forma) delle Vite non posso che condividere in pieno le riser-ve espresse da Pozzi, Mattioda 2006, p. 22 nota 45, e Conte 2010, pp. 11-15, ribadendo così quanto ho già asserito in un mio articolo in corso di stampa nelle «Mitteilungen des Kunsthi-storischen Institutes in Florenz», 54, 2010-2012, pp. 155-184.

26 G. Nencioni, Premesse all’analisi stilistica del Vasari, «Lingua nostra», 15/2, 1954, pp. 33-40. E cfr. anche, e più

indietro ancora nel tempo, la Parte seconda. Esame stilistico dell’opera vasariana del sempre utile U. Scoti-Bertinelli, Giorgio Vasari scrittore, Pisa 1905, pp. 155-223. Si veda inoltre P. Barocchi, Storiografia artistica: lessico tecnico e lessico lette-rario, in Ead. 1984, pp. 135-156, in part. 135-142.

27 M. Dardano, La progressione tematica nella prosa del Vasari, in Storia della lingua e storia dell’arte in Italia. Dissim-metrie e intersezioni, atti del III convegno ASLI (Roma 2002), a cura di V. Casale, P. D’Achille, Firenze 2004, pp. 331-347.

28 E. Carrara, Alcune lettere inedite di Giorgio Vasari, «L’Ellisse», 5, 2010, pp. 61-75.

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Finito di stampare nel mese di gennaio 2012in Pisa dalle

Edizioni ETSPiazza Carrara, 16-19, i-56126 Pisa

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