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5° CORSO PER TECNICI NAZIONALI DELLA FIT CON VALORE DI ALLENATORE DI QUARTO LIVELLO EUROPEO CONI - FIT
Anno 2008
PROJECT WORK
Autori: E. Mellone, P. Stabile, M. Tositti
Supervisore: Prof. M. Di Paolo
Roma, 19 - 20 novembre 2008
“APPLICAZIONI DI UNO SPECIFICO PROTOCOLLO DI
MENTAL TRAINING A GIOVANI DI ELEVATO LIVELLO
COMPETITIVO”
“I cinque fattori per la costruzione della S.F.E.R.A
della massima prestazione”
2
ABSTRACT
La finalità del project work, è fornire ai tecnici che condividono l’idea che l’alleanza
mente e corpo sia la base per costruire la massima prestazione, un protocollo di mental
training mirato a giocatori evoluti under 14/16, essenziale ed applicabile. Abbiamo
scelto il metodo “Sfera”, teorizzato dal Prof. Vercelli e dal suo staff, presso l’Università
di Torino, poiché è un protocollo di recente concezione, applicato in vari abiti sportivi
professionistici con risultati concreti (vedi interviste ad atleti professionisti “Vincere
con la Mente” , Prof. G. Vercelli Ponte delle Grazie, Milano 2005).
L’obiettivo, oltre ad offrire realmente un protocollo di mental training applicabile sul
campo, è verificarne l’efficacia.
Inizialmente abbiamo definito i capisaldi teorici del protocollo, gli obiettivi ed i percorsi
da compiere per la loro realizzazione, fissati da un’ampia progressione di esercizi di
pratica attuazione in campo ed in “setting protetto”. Abbiamo applicato il protocollo, in
stretta collaborazione con la Dott.ssa Marcella Bounous (Psicologa dello sport, docente
universitaria) per un arco temporale di otto settimane (32 sedute) ad un “Gruppo
Sperimentale” formato da sei giocatori under (età media 14,16 anni) denominato
“Mental Training” affiancato nel programma di allenamento comune, da un gruppo
formato da sei giocatori under (età media 15 anni) denominato “gruppo di controllo”. Il
confronto della prestazione tecnica dei due gruppi al termine della programmazione, è
stato utilizzato per misurare l’efficacia del protocollo. Il piano prevedeva una comune
programmazione di allenamento, differenziata esclusivamente nella parte iniziale: 40
minuti circa di mental training somministrato al “Gruppo Sperimentale”, mentre il
“Gruppo di Controllo” procedeva direttamente all’allenamento tecnico – tattico.
Il confronto, si è basato essenzialmente su un test quantitativo (esercizio del triangolo
50 palle a giocatore, 300 palle globali a test), ripetuto tre volte, per valutare un maggior
numero di palle obiettivo (giorni alterni), all’inizio (test iniziale) ed al termine (test
finale) della periodizzazione (giugno-agosto). Abbiamo in seguito (non previsto
inizialmente), somministrato a tutti i ragazzi impegnati nel programma, un test
qualitativo (Questionario sulle abilità di Marina Gerin Birsa, 2006) per accreditare la
percezione condivisa dai tecnici, di un cambiamento comportamentale positivo globale
del “Gruppo Mental Training” , nella fase terminale della programmazione, in
particolare:
1) la capacità attentiva;
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2) la determinazione nel perseguire gli obiettivi delle esercitazioni tecnico-tattiche;
3) la motivazione.
I risultati dei test evidenziano un incremento della prestazione tecnica (+ 2,51%) da
parte del “gruppo Mental Training” rispetto all’incremento compiuto dal “gruppo di
controllo”. Da un’analisi visiva comportamentale (in collaborazione con la dott.ssa
Marcella Bounous), si è notato che il “gruppo Mental Training”, ha mantenuto un
elevato equilibrio psico-fisico nell’approccio ai test conclusivi. Va considerato inoltre
che il “gruppo Mental Training”, ha ottenuto in tutte le abilità mentali una percentuale
di grado superiore rispetto al “gruppo di controllo”. Il “gruppo Mental Training” è
apparso motivato, in grado di gestire positivamente la pressione, ha perseguito gli
obiettivi fissati con determinazione ed ha gestito efficacemente l’attenzione. E’ la
condizione ideale per la ricerca della massima prestazione. L’alleanza mente e corpo è
sostanziale per costruire ed ottenere la massima prestazione. Tale convincimento, oggi
sempre più diffuso tra i coach, si è in noi notevolmente consolidato nella fase di
realizzazione del project work. L’alleanza tra mente e corpo va costruita su solide basi,
iniziando a sviluppare e potenziare le abilità mentali sin dagli albori del percorso
formativo di un giocatore. Il “metodo Sfera”, relativamente semplice nei contenuti e di
pratica applicazione, potrebbe essere uno strumento efficace per perseguire questo
scopo.
RINGRAZIAMENTI Con sincera simpatia, ringraziamo tutti gli amici che ci hanno aiutato nella
composizione del project work. Un ringraziamento particolare alla Dott.ssa Marcella
Bounous per l’inestimabile supporto nella parte applicativa del protocollo “Sfera”; al
Prof. Massimo di Paolo per l’indispensabile sostegno e la preziosa assistenza nelle varie
fasi della lavorazione ed infine Rosanna Lemmo per l’essenziale aiuto nella parte
informatica.
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SOMMARIO
ABSTRACT
Introduzione ..................................................................................................... pag. 1
CAPITOLO 1
Brevi cenni storici ed introduzione all’allenamento mentale.............................. “ 3
1.1 La nuova psicologia dello sport
Ingredienti per creare una realtà vincente ..................................................... “ 4
1.2 Prospettive future della psicologia dello sport .............................................. “ 5
CAPITOLO 2
Aspetti mentali nel tennis. Il mental training..................................................... “ 7
2.1 Un programma di mental training si attua attraverso alcune fasi.................. “ 9
2.2 Interventi di mental training in un atleta agonista......................................... “ 10
Conclusione................................................................................................... “ 11
CAPITOLO 3
Il metodo “SFERA”............................................................................................... “ 12
3.1 Breve definizione dei cinque fattori che compongono la SFERA ................... “ 13
3.2 SFERA: il meccanismo mentale del campione................................................ “ 16
Il primo fattore: S come sincronia................................................................. “ 20
Fase di analisi della sincronia ....................................................................... “ 21
Il secondo fattore: in gara solo con i punti di forza....................................... “ 21
Fase di analisi dei punti di forza ................................................................... “ 22
Il terzo fattore: E come energia..................................................................... “ 24
Aspetti teorici e riferimenti alle neuroscenze................................................ “ 24
Fase di analisi dell’energia ........................................................................... “ 25
Il quarto fattore: ogni azione con il giusto ritmo .......................................... “ 27
Aspetti teorici e riferimenti alle neuroscenze................................................ “ 27
Fase di analisi del ritmo ............................................................................... “ 28
Quinto fattore: A come attivazione ............................................................... “ 29
Fase di analisi dell’attivazione ...................................................................... “ 30
5
3.3 Esempi delle varie forme della sfera............................................................. “ 31
3.4 Scheda riassuntiva per la costruzione della S.F.E.R.A. della massima
prestazione .................................................................................................... “ 32
CAPITOLO 4
Applicazioni pratiche del metodo “SFERA” ......................................................... “ 33
4.1 Esercizi teorici e pratici per allenare i cinque attrattori ................................ “ 37
1) sincronia .................................................................................................... “ 37
2) in gara solo con i punti di forza ................................................................ “ 41
3) energia....................................................................................................... “ 45
4 ) ritmo ......................................................................................................... “ 48
5) attivazione ................................................................................................. “ 51
CAPITOLO 5
Controllo dell’efficacia del metodo “SFERA”....................................................... “ 58
5.1 Test quantitativo (descrizione)...................................................................... “ 59
5.2 Risultati ......................................................................................................... “ 60
5.3 Analisi della varianza.................................................................................... “ 61
5.4 Test qualitativo (descrizione)
Il questionario sulle abilità mentali – di marina Gerin Birsa, 2006 .............. “ 62
Chiave di lettura del test (scoring) ................................................................ “ 63
5.5 Risultati ........................................................................................................ “ 65
Conclusioni e raccomandazioni considerazioni finali......................................... “ 66
Considerazioni finali ........................................................................................... “ 67
ALLEGATO: “Essenza dell’uno contro uno” Tennis e schema a confronto .... “ 69
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INTRODUZIONE
Un atleta che vuole ottimizzare la propria prestazione deve conoscere innanzi tutto i
propri processi mentali ed essere quindi capace di utilizzarli in modo efficace. Deve
adottare un metodo e le rispettive tecniche che, se applicato correttamente, gli permette
di avvicinarsi il più possibile allo stato di massima prestazione.
Adottare un metodo significa pensare ed operare in modo coerente, costruendo una
procedura che favorisca il cammino verso l’obiettivo prefissato.
Avere un metodo consente di comprendere chiaramente il percorso mentale da
affrontare, sapendo in ogni istante ciò che è utile allo scopo e ciò che non lo è.
Sicuramente, è la passione la migliore motivazione che stimola i giovani atleti a
svolgere al meglio la propria attività. E’ il motore che alimenta gli allenamenti,
l’impegno e la volontà di competere: è ciò che ti spinge a metterti in discussione
riconoscendo e superando i propri limiti. E’ la passione che permette al giovane atleta di
coniugare l’impegno sportivo con l’impegno scolastico, assai gravoso nel caso in cui il
ragazzo competa ad alto livello, di rinunciare alle frequentazioni al di fuori
dell’ambiente tennistico ed a svariate forme di divertimento, spesso inconciliabili con lo
stile di vita dell’atleta.
Nel corso della carriera agonistica di un giocatore, però, può verificarsi che la passione
attraversi momenti difficili e si attenui. In questo caso è la forza di volontà che alimenta
l’affezione verso lo sport.
L’acquisizione di meccanismi mentali favorisce un consolidamento della forza di
volontà e consente una sua riconversione in passione, attivando l’atleta nel giusto
equilibrio psicofisico.
La moderna concezione olistica del tennis, attribuisce all’allenamento della mente, pari
rilevanza rispetto alla componente tecnico – tattica ed atletica, nel percorso formativo di
un giocatore. Noi riteniamo basilare questo concetto, e questo studio, si pone l’obiettivo
di fornire ai tecnici, una proposta di protocollo di allenamento mentale adatto ad
agonisti under 14/16 di alto livello, verificato sul campo e di concreta applicazione.
Il metodo SFERA, oggetto dello studio, nasce dal lavoro diretto con atleti professionisti,
allenatori e preparatori atletici operanti in diverse discipline sportive, tra le quali il
tennis. Questo metodo vuole rappresentare una semplificazione di ciò che si fa quando
si opera nel campo dell’ottimizzazione della prestazione sportiva.
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In un recente passato, si pensava erroneamente che l’allenamento mentale fosse un
aspetto secondario della pratica sportiva, rispetto ad altri fattori oppure che si trattasse di
qualcosa di talmente complesso ed astratto che era inutile prendere in considerazione,
come fosse un mondo a parte in cui gli allenatori non potessero o non dovessero entrare.
Ancora adesso, c’è l’ erronea convinzione che la preparazione mentale sia riservata solo
agli atleti professionisti: educare, insegnare ai giovani atleti le proprie potenzialità
mentali, rendendoli via via consapevoli che al pari delle abilità fisiche ci siano anche
quelle mentali e che quest’ultime possano essere allenate e quindi migliorate è una presa
di coscienza importante da parte di chi si occupa di formazione sportiva.
Le cose infatti stanno cambiando e l’importanza della preparazione mentale è una
convinzione sempre più largamente condivisa dai giocatori professionisti e dai coach.
Il metodo SFERA, ideato dal prof. Vercelli, riconosce in un acronimo i cinque punti
fondamentali per una buona preparazione mentale ( Sincronia, Forza, Energia, Ritmo,
Attivazione). In realtà questi cinque fattori, sintetizzano in modo esaustivo tutto ciò che
un atleta ha bisogno per realizzare la sua massima prestazione in campo.
La SFERA è stata ideata raccogliendo l’esperienza di numerosi atleti professionisti
adulti e adesso è in via di sperimentazione con atleti di età compresa tra gli undici e
diciotto anni, ai vertici della loro categoria.
L’obiettivo dello studio è presentare “SFERA” in modo esaustivo:
1) la base teorica;
2) la sua applicazione pratica;
a. riscontrare, attraverso: la somministrazione di un questionario (vedi allegato), di-
rettamente dalla “voce” dei giocatori under 14/16 allenati, l’effettiva applica-
bilità del metodo “Sfera”, di supportare l’atleta nella ricerca della massima
prestazione a conferma di quanto lo staff tecnico ritiene in modo unanime;
b. dimostrare l’efficacia del metodo “Sfera”, attraverso la comparazione delle
prestazioni (test quantitativi e qualitativi dettagliatamente specificati nel capitolo
5) tra un “gruppo sperimentale” ed un “gruppo di controllo” (6 ragazzi allenati
con il metodo “Sfera” e 6 ragazzi dalle caratteristiche simili: età, classifica,
carichi di allenamento). Da sottolineare il fatto che alcuni di essi sono stati
inseriti nel “gruppo di controllo”, su esplicita richiesta dei loro genitori, alquanto
scettici riguardo l’effettiva efficacia del mental training.
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CAPITOLO 1
BREVI CENNI STORICI ED INTRODUZIONE ALL’ALLENAMENTO MENTALE
L’evoluzione della Psicologia dello Sport è riassumibile per sommi capi in tre fasi
significative:
1) Nei primi anni del novecento, ogni innovazione e sviluppo concettuale relativo la
psicologia generale, portava con sé un cambiamento deciso in ogni sua branca,
compresa la Psicologia dello Sport ai suoi albori. Le esperienze di psicologia
applicata seguivano fedelmente la concezione causale del pensiero che genera il
comportamento dell’individuo, basata sulle teorie del Comportamentismo e delle
sue applicazioni, un tempo supportate dalle ricerche di Pavlov.
2) Negli anni Trenta, in America, vennero condotti i primi studi relativi alla concezione
circolare della relazione tra pensiero e comportamento. Nacque così la cibernetica,
scienza interdisciplinare che studia il funzionamento e le relazioni di qualsiasi
sistema dinamico, semplice o complesso, prodotto dalla natura o dall’uomo. La
psicologia entra in relazione con la cibernetica nel momento in cui si occupa dei
processi psicofisici di ricezione, analisi ed elaborazione delle informazioni. Tali
processi sono innanzi tutto quelli cognitivi, come la percezione, il linguaggio,
l’apprendimento e la formazione dei concetti, che si fondano su un costante scambio
di informazioni tra organismo e l’ambiente. La nascita ufficiale della Psicologia
dello Sport risale al 1965, anno in cui si costituì la International Society of Sport
Psycology, che diede un primo sviluppo a questa disciplina tramite la costituzione di
numerose società nazionali. In questi primi anni gli studi e le ricerche furono
numerose e l’attenzione dei professionisti si concentrò sullo studio della personalità
dell’atleta, sui meccanismi di percezione, sull’influenza del movimento nello
sviluppo dell’intelligenza, sulle motivazioni e sulle emozioni.
3) Il presente della Psicologia dello Sport è costituito da una sempre maggiore
attenzione alle tecniche di ottimizzazione della prestazione. Esse sono finalizzate
alla costruzione di processi mentali che permettano di far corrispondere le
potenzialità con l’effettiva realizzazione nel momento della competizione. Un
contributo determinante all’attuale sviluppo della Psicologia dello Sport è dato dalle
neuroscienze, branca della scienza estremamente giovane (nata nel 1962). La sua
finalità, è scoprire i principi neuroscentifici che permettono di confermare come la
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realtà dell’individuo venga costruita all’interno della mente. Wiener, introdusse una
nuova concezione cognitiva e percettiva. La teoria dell’osservatore e dell’osservato.
Egli sostiene che “non è possibile, per qualunque sistema percettivo (osservatore),
nell’atto del percepire, prescindere dalla propria struttura interiore. Ogni percezione
(osservato) dipende strettamente dalla struttura interna di chi percepisce”. I traguardi
conseguiti dalle neuroscienze, definiscono il cervello, nella sua struttura come nella
sua funzione, può essere definito come un emulatore di realtà. La complessità della
struttura mentale è sempre più riproducibile. Con il termine emulazione si intende la
capacità del cervello di predisporre mappe mentali che integrino la rappresentazione
soggettiva della realtà con quella universalmente condivisa. E’ per questo motivo
che l’emulazione della realtà genera creatività. Sarà proprio questa visione personale
degli eventi, se in armonia con il sistema di appartenenza, a permettere la massima
prestazione.
1.1 LA NUOVA PSICOLOGIA DELLO SPORT
Ingredienti per creare una realtà vincente.
Per apprendere come creare una realtà vincente è opportuno conoscere ed approfondire i
principi che ci permettono, nella nostra routine di tutti i giorni, di costruire la realtà che
percepiamo attorno a noi.
La teoria costruttivista,( approccio teorico di riferimento) responsabilizza al massimo
l’individuo nella costruzione della sua realtà: nel nostro caso l’atleta diventa attivo e
responsabile nella costruzione della conoscenza.
La realtà quindi è vista come qualcosa di soggettivo, in quanto è il soggetto stesso che
crea, costruisce e inventa ciò che crede esista, dandole un senso e partecipando
attivamente alla sua costruzione.
I principi fondamentali del costruttivismo (Kelly, Varela, Foersters, Maturana etc.)
possono essere così sintetizzati:
partecipazione attiva dell’individuo nella costruzione della conoscenza;
esistenza di una struttura cognitiva di base che, in ogni soggetto, dà una determinata
forma all’esperienza;
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visione dell’uomo come un sistema auto-organizzantesi che protegge e mantiene la
propria integrità.
L’individuo, e così anche l’atleta, ha un ruolo attivo nella scelta delle mappe mentali da
utilizzare.
La nostra conoscenza e le nostre prestazioni si basano sui modelli di interpretazione che
abbiamo adottato nella nostra storia evolutiva personale.
Come dimostrano Maturana e Varela, il nostro è un organismo autopoietico, cioè che si
auto-organizza per mantenere intatta la propria identità, a dispetto della realtà esterna.
Ognuno di noi è, allo stesso tempo, il prodotto e il produttore di se stesso, rischiando, a
volte, di cadere in auto-inganni inconsapevoli.
Se accettiamo che ognuno di noi può inventare la propria realtà, come si può allora,
intervenire per rendere questa costruzione massimamente adeguata alla prestazione e
all’ambiente in cui viviamo?
La risposta è: divenendo consapevoli dei nostri meccanismi mentali per poterli
controllare e modificare.
Il modello costruttivista implica la destrutturazione e la ricostruzione di alcune
convinzioni di alcuni presupposti fino ad oggi acquisiti.
Occorrerà mettersi nella condizione del “come se”, fingendo che le cose siano in un
determinato modo e compiendo una sorta di atto di fiducia nei confronti del
costruttivismo.
In seguito, si potrà analizzare criticamente il modello e interiorizzarlo così com’è,
oppure integrarlo con le proprie convinzioni, tenendo presente che esso non è l’unico
modello possibile e che con il tempo verrà sicuramente modificato.
In questo particolare campo della psicologia applicata è straordinariamente vero il detto
antico del saggio Lao-Tse:
“Ascolta e dimentica, guarda e ricorda, fai e capisci”.
1.2 PROSPETTIVE FUTURE DELLA PSICOLOGIA DELLO SPORT
I nuovi traguardi della Psicologia dello Sport sono da riferirsi al gran lavoro che può
essere fatto, partendo dall’esperienza dell’atleta.
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Il concetto costruttivista ci avvicina ad una realtà forte: “tu sei il protagonista della
realtà che ti circonda”.
Sono le esperienze che ci creano il mondo. L’esperienza di ognuno costituisce il proprio
mondo. Il mondo non può essere oggettivo, ma soggettivo, per ognuno di noi, poi
condiviso oppure no.
Kelly diceva: “ Noi siamo i migliori profeti di noi stessi” e quindi siamo responsabili di
quello che andiamo a vivere.
Pertanto l’atleta è responsabile del suo mondo, del suo successo ma anche del suo
eventuale insuccesso. L’atleta può costituire una realtà funzionale a sé, personale, sopra
a tutte quelle che normalmente gli altri vedono.
“L’atleta pensa che il mondo giri su di lui (anche se non è vero) e questo pensiero è
vincente, cambiargli questa realtà può rovinarlo. La realtà è un’opinione, quindi bisogna
potenziare quest’opinione e costruirgli la realtà a suo uso e consumo”.( da “Vincere con
la mente” G. Vercelli.)
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CAPITOLO 2
ASPETTI MENTALI NEL TENNIS
IL MENTAL TRAINING
Programma di Mental Training
Motivazione
Attivazionearousal
Fiduciaautostima
Formulazione obiettivi
Dialogo interno
Visualizzazione
Attenzione econcentrazione
AbilitàMental Training
Marcella Bounous
Il mental training nello sport è un allenamento mentale che aiuta a sviluppare e
potenziare le proprie abilità mentali per affrontare con successo l’impegno agonistico.
La medicina e la psicologia dello sport sono andate negli ultimi anni ad assumere un
sempre più marcato ruolo preventivo e riabilitativo nonché strettamente terapeutico.
Di conseguenza le prestazioni degli atleti agonisti già dall’età della specializzazione
agonistica, ma in alcuni casi anche prima, hanno potuto beneficiare di nuovi studi
scientifici estesi ben oltre le tradizionali applicazioni dell’allenamento fisico. La
psicologia dello sport si è occupata per prima delle tecniche di mental training creando
una corrente di pensiero a cui hanno dato il proprio contributo diverse altre discipline:
psicologia, psicologia del lavoro, neuroscienze, medicina dello sport e medicina
riabilitativa, sociologia, pedagogia, scienze motorie, fisioterapia.
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I servizi che la psicologia dello sport è attualmente in grado di fornire sono molteplici e
anche gli ambiti di intervento si rivolgono a differenti aree che vanno dall’ educazione
all’alto agonismo passando per la prevenzione la formazione e l’handicap.
Negli ultimi anni il mental training nello sport in generale, ma soprattutto in quello di
vertice, sta assumendo sempre più notorietà e legittimità scientifica grazie al lavoro di
ricerca e formazione svolto da molti studiosi amanti dello sport del primo step
d’iniziazione a vertici di agonismo accentuati.
Il mental training è una tecnica di intervento mediante la quale un professionista del
settore addestra l’atleta a percepire i cambiamenti del proprio organismo durante
l’attività fisica ed usarli a proprio vantaggio, mediante varie tecniche (rilassamento,
concentrazione etc….) allo scopo di migliorare la performance e favorire un migliore
stato mentale.
L’ applicazione di queste tecniche è indispensabile negli atleti di alto livello per
migliorarne le prestazioni, ma è utilizzata anche negli atleti che svolgono riabilitazioni
post-infortuni ed addirittura negli atleti disabili.
Le motivazioni più frequenti per cui è richiesto il mental training sono le difficoltà di
concentrazione ed attenzione, di ansia, di problemi di relazione con l’allenatore o
semplicemente per completare un programma di allenamento fisico con l’allenamento
mentale.
Ma tendenzialmente un atleta o un genitore o allenatore richiede un intervento di mental
training quando nota una discrepanza tra prestazione potenziale con quella reale:
quando quindi c’è la consapevolezza che l’atleta non riesce a portare in gara tutte le sue
potenzialità.
E’ raccomandabile che a gestire il mental training sia un professionista, sia esso
(medico, psicologo, allenatore), che abbia dimestichezza e sia ben addestrato nella
pratica di questa disciplina.
Non sarebbe male, infatti, auspicare per l’Italia, come già successo per i paesi
anglosassoni, una maggiore divulgazione di queste tecniche scientifiche attraverso le
scuole di mental training.
Nello sport (già ve ne sono di altamente qualificate) che consentirebbero agli addetti ai
lavori (tecnici, psicologi, allenatori) di avere un punto di riferimento dal quale attingere
preziose informazioni.
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2.1 UN PROGRAMMA DI MENTAL TRAINING SI ATTUA ATTRAVERSO
ALCUNE FASI: 1) VALUTAZIONE DELL’ATLETA: attraverso un colloquio si valutano alcuni elementi
fondamentali che condizionano la prestazione dell’atleta, quali personalità, talento,
abilità cognitive e mentali, aggressività, capacità di resistenza all’ansia e allo stress.
2) DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI SPORTIVI DA PERSEGUIRE (GOAL SETTING) E
RUOLO DEL MENTAL TRAINING IN QUESTO PERCORSO: molte volte gli stessi atleti
non definiscono accuratamente un’adeguata scala degli obiettivi da perseguire
durante la loro attività e questa scarsa capacità di pianificare degli specifici standard
di abilità da raggiungere in un compito può compromettere l’esito delle prestazioni.
Spesso capita anche che non ci sia sincronia tra gli obiettivi dell’atleta e dell’
allenatore: ecco perché è indispensabile che ci sia una stretta collaborazione tra lo
staff e lo psicologo. Gli obiettivi devono essere definiti ed esplicitati da entrambi
perché possano essere raggiunti.
Gli obiettivi devono essere suddivisi in sotto-obiettivi a breve, medio e lungo
termine, devono essere difficili ma raggiungibili, misurabile, tangibili, mirati al
miglioramento graduale della prestazione più che al risultato.
3) INTERVENTO E FASI DI PREPARAZIONE DELL’ATLETA ATTRAVERSO IL MENTAL
TRAINING: l’allenamento mentale deve camminare di pari passo con l’allenamento
tecnico e fisico, per gestire correttamente una buona preparazione mentale ci si potrà
avvalere:
a. Tecniche di rilassamento: che favoriscono il controllo dell’ansia, la gestione
dello stress e migliorano la concentrazione (training autogeno, rilassamento
progressivo di Jacobson). Le tecniche di rilassamento precedentemente citate
vengono utilizzate per prendere consapevolezza della tensione muscolare a
riposo ed in attività (inventario corporeo), per gestire situazioni ansiogene o
stressanti e sono preparatorie a qualsiasi attività immaginativa.
b. Tecniche di preparazione specifica per la competizione: (Imagery, allena-
mento ideomotorio, respirazione, arousal). Gli atleti vengono progressivamente
allenati alla rappresentazione mentale di immagini visive, inserendovi stimoli
immaginativi che coinvolgono tutti i sensi (visivo, uditivo, tattile, olfattivo,
cinestesico) e favorendo in questo modo un maggiore coinvolgimento emozio-
nale e cognitivo da parte dell’atleta. La capacità di visualizzare comprende
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alcune attività applicabili allo sport fra cui l’osservazione di altri atleti in azione
seguita dalla ripetizione immaginata dalle sequenze motorie (allenamento ideo-
motorio), il passo successivo consisterà nell’esecuzione pratica dell’atleta del
movimento prima osservato e poi visualizzato.
c. La tecnica dell’Imagery, preceduta sempre da una breve seduta di rilassamento
viene anche utilizzata prima di una gara come momento di concentrazione e di
visualizzazione.
2.2 INTERVENTI DI MENTAL TRAINING IN UN ATLETA AGONISTA:
L’applicazione delle tecniche di mental training si esplica in alcun punti fondamentali
che è bene conoscere e rispettare:
1) Colloquio preliminare per la conoscenza dell’atleta:
analisi mestica per la valutazione globale dell’atleta e della sua storia pregressa
valutazione della personalità dell’atleta per il miglior utilizzo delle tecniche di
mental training;
Questionari per la definizione degli obiettivi a breve, medio, lungo termine;
Schede di autovalutazione sugli vari aspetti;
Test per valutare le varie abilità mental.
2) Definizione degli obiettivi da raggiungere nella prestazione sportiva attraverso
l’allenamento sportivo e le tecniche di mental training.
3) Motivazione e autostima:
incremento della motivazione e dell’autostima attraverso il mental training ed il
rilassamento distensivo;
tecniche di concentrazione e di respirazione.
4) Attivazione dell’energia mentale dell’atleta durante la prestazione sportiva.
5) Potenziamento delle capacità di focalizzazione dell’attenzione e di
concentrazione durante la prestazione agonistica.
6) Gestione dell’ansia e dello stress o di altri problemi legati alla personalità
dell’atleta:
rilassamento distensivo.
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2.3 CONCLUSIONI
Lo scopo di un programma di mental training è insegnare all’atleta, a conoscere,
riconoscere pienamente le proprie potenzialità, a sfruttare al meglio durante la
prestazione sportiva con la massima concentrazione e senza lasciarsi sopraffare dalle
emozioni, ma imparando ad usarle a proprio vantaggio per il miglioramento della
performance.
Ricordo come ogni atleta è diverso dall’altro e come un programma di mental training,
per essere davvero efficace, deve essere costruito ad oc, personalizzato, fatto “su
misura” per l’atleta.
Riassumendo, gli obiettivi da raggiungere attraverso il mental training sono:
Gestione dell’ansia;
Maggiore conoscenza di se stessi e miglior controllo delle proprie emozioni;
Aumento dell’autostima;
Monitoraggio delle soglie di stress (causate da ansia );
Controllo mentale della fatica atletica;
Una maggiore concentrazione;
Una maggiore capacità di attenzione;
Ottimizzazione della prestazione atletica;
Controllo del dolore acuto e cronico;
Recupero degli atleti disabili;
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CAPITOLO 3
IL METODO “SFERA”
Parlando di allenamento mentale, come enunciato nella parte introduttiva, si ha l’errata
convinzione che si tratti di un mondo a parte in cui gli allenatori non possono e non
devono entrare. Si pensa a volte che l’allenamento mentale sia un aspetto della pratica
sportiva che può essere secondario rispetto ad altri fattori oppure che si tratti di qualcosa
di talmente complesso e astratto che è inutile prenderlo in considerazione. O ancora si
pensa erroneamente che sia indirizzato esclusivamente ad atleti di alto livello. E cosa
dire dell’errata convinzione che le abilità mentali sono innate e non migliorabili?
Le cose stanno cambiando velocemente, atleti, allenatori e addetti ai lavori stanno
prendendo coscienza dell’importanza dell’allenamento mentale finalizzato al
raggiungimento della massima prestazione (project work “La mente al di la della rete”).
Nel tennis, sport dal forte impatto mentale, è sempre più frequente, la presenza di uno
psicologo sportivo nello staff di un giocatore professionista.
La consapevolezza, largamente diffusa tra i coach ed i maestri di tennis, riguardo
l’importanza dell’incremento delle capacità mentali alla pari di quelle tecnico-tattico ed
atletiche sin dall’inizio di un corretto percorso formativo di un giocatore ( project work
“La mente al di la della rete” di Canavacciuolo, Rubino e Corolli), ha determinato la
diffusione dell’utilizzo del mental training nella programmazione degli allenamenti di
giocatori under di alto livello.
Il metodo SFERA, è inserito in via sperimentale nel tennis, dal 2006, nella
programmazione dell’allenamento del centro agonistico ASD LIBERA TENNIS di UDINE e
del TENNIS CLUB MOGLIANO di TREVISO.
La psicologa dello sport, Dott.ssa Marcella Bounous, segue in particolare un gruppo di
giocatori under 12/14/16 di alto livello.
Parte dell’attività viene svolta in sinergia con il maestro, sul campo da tennis e parte a
stretto contatto con il giocatore in aula. Il confronto costante e la fattiva collaborazione
tra i componenti dello staff tecnico (psicologo, preparatore atletico e maestro) stanno
alla base dell’efficacia dell’allenamento globale.
“Entrare nella SFERA della massima prestazione significa costruire uno stato mentale che
porti alla più funzionale rappresentazione della realtà della prestazione agendo su ogni
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fattore della SFERA, in modo responsabile e dedicando tutto il tempo necessario, l’atleta
diventa capace di calibrarsi rispetto al momento contingente costruendo la migliore
relazione tra tutti i fattori della SFERA, proprio come quando, per accordare uno
strumento musicale, si parte dal la per stabilire la relazione tra tutte le altre note della
scala musicale” (G. Vercelli)
Cerchiamo di dare una breve definizione dei cinque fattori in modo da costruire un
linguaggio comune e aver ben chiaro il lavoro che SFERA ci permette di svolgere.
3.1 BREVE DEFINIZIONE DEI CINQUE FATTORI CHE COMPONGONO LA
S.F.E.R.A.
S come sincronia: la sincronia è la capacità di essere completamente presente a ciò che
sto facendo nel momento in cui lo sto facendo. Sono in sincronia ogni volta che penso
all’azione che sto svolgendo. La mia mente è concentrata su ciò che il mio corpo fa.
Faccio e penso allo stesso tempo.
Facciamo alcuni esempi di pensieri indicatori di una scarsa sincronia: “ho paura di
sbagliare, chissà cosa diranno gli altri se non faccio bene, non ho finito i compiti quindi
è meglio che uscito dal campo vada a farli…” Questi, ovviamente, sono solo alcuni
esempi che ci fanno capire però che ogni volta che siamo in scarsa sincronia la nostra
mente non si sta concentrando sul momento presente ma si fissa su pensieri che
appartengono a cose passate o a cose che dovranno ancora avvenire.
In ogni caso, il risultato è che il mio corpo è qui e sta giocando e la mia mente sta
pensando ad altro.
Nello sport giovanile capita anche che l’atleta non sia consapevole di cosa sta pensando
e che quindi giochi senza sapere dove sono i suoi pensieri ( per questo è importante
lavorare sul suo dialogo interno “self talk”)
F come punti di forza: i punti di forza sono quelle abilità di cui siamo assolutamente
certi e sappiamo di poter usare a nostro vantaggio in ogni occasione. Riconosciamo nei
nostri punti di forza ciò che fa la differenza rispetto agli altri.
Ogni atleta ha sicuramente almeno tre punti di forza: uno fisico, uno tecnico e uno
mentale. Troppo spesso ci dimentichiamo di che cosa siamo capaci e ci concentriamo
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invece su tutto ciò che non sappiamo fare e quando scendiamo in campo siamo più
preoccupati di quello che non ci riesce (“ non mi va il servizio”) che non consapevoli di
quello che riusciamo a fare.
“Il campione è colui che è perfettamente consapevole delle sue aree di miglioramento e
in allenamento si concentra sul potenziamento di questi limiti, ma quando scende in
campo ha la straordinaria capacità di concentrarsi solo su ciò che sa fare bene,
dimenticando per un attimo tutto ciò che non va nel suo gioco” ( G. Vercelli) .
In partita, quindi si va solo con i punti di forza.
Facciamo degli esempi di pensieri che indicano una scarsa consapevolezza dei punti di
forza: “lui è più bravo di me, l’altra volta ho perso e quindi anche questa volta perderò,
non mi sento in palla sicuramente andrà male, sono troppo lento per riuscire a batterlo,
non sono bravo di rovescio, a rete sbaglio tutto, ecc…”
Ogni volta che la nostra mente, in occasione di una prestazione importante, si concentra
su ciò che non sappiamo fare, noi ci indeboliamo e abbiamo più probabilità di fallire..
ricordo che sono proprio i punti di forza che ci permettono di aumentare la nostra
autoefficacia. Ovviamente, nell’identificare i nostri punti di forza dobbiamo scegliere
dei punti che sentiamo nostri ( non solo perché ci viene confermato dall’esterno) : è
importante che l’atleta riconosca le proprie capacità per poter definire gli obiettivi.
E come Energia: l’energia è la quantità di forza ci permette di svolgere un compito, per
raggiungere un obiettivo, per muoverci e andare avanti.
L’energia fisica è ciò che consente il movimento corporeo ma l’energia mentale è
altrettanto fondamentale.
Quante volte ci siamo trovati a dover fare qualcosa senza averne molta voglia e ci siamo
sentiti stanchi ancora prima di iniziare. Eppure magari non avevamo fatto in precedenza
lavori che ci avevano stancato in quel modo, eppure ci sentivamo stanchi. Questo è un
esempio di poca energia.
Al contrario invece può esserci capitato di svolgere un compito con tanto impegno e
tanta passione da impiegare il 150% di noi. E alla fine, soddisfatti del risultato, ci
sentivamo stanchissimi e privi di forze. Questo è un esempio di troppa energia che però
porta allo stesso risultato che averne poca.
L’energia è collegata all’attivazione o arousal (altra importantissima abilità mentale)
che è il giusto livello di energia di cui abbiamo bisogno per affrontare un compito.
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L’atleta deve imparare a dosare in equa misura l’energia per poter affrontare la
prestazione nel migliore dei modi. Saper gestire un match significa saper gestire nei vari
momenti la giusta energia, recuperando quando gli è permesso e spingendo quando a
situazione lo richiede ( es: un corridore deve saper gestire la sua energia fisica e mentale
s vuole portare a termine nel miglior modo possibile i 42 Km previsti).
R come RITMO: Quale è la differenza tra Energia e Ritmo? L’energia è la quantità
dell’energia , il ritmo è la qualità ( es: Nadal è un giocatore dotato della capacità di
energia, mentre Federer è un ottimo esempio di giocatore dotato di un’ ottima capacità
di ritmo nel femminile…Williams e Hennin
“Immagina, ad esempio, di dover piantare un chiodo nel muro avendo a disposizione il
miglior martello e il migliore chiodo possibile. Se hai poca energia non riesci a
piantarlo, se ne hai troppa rischi di spaccare il chiodo nel muro.
Il ritmo è ciò che genera il flusso giusto nella sequenza dei movimenti, la giusta
alternanza tra il tenere il chiodo e il battere col martello”. ( G. Vercelli).
Fare le cose nel giusto ritmo significa saper alternare in modo equilibrato momenti di
attività e momenti di pausa, seguendo quelle che sono sai le esigenze fisiologiche del
nostro organismo e la capacità di lettura delle varie situazioni. . Non rispettare il proprio
ritmo vuol dire fare le cose troppo velocemente oppure troppo lentamente, generando in
entrambi i casi delle sensazioni sgradevoli.
Nel caso di un ritmo troppo veloce si ha la sensazione di non riuscire a stare dietro agli
eventi, ci si sente affannati, di corsa, nei casi estremi in ansia. Quando si mantiene un
ritmo troppo lento invece si ha la sensazione di non andare avanti, il tempo non passa
più, ci si sente lenti e appesantiti, a volte perfino annoiati.
Spesso negli atleti adolescenti si nota che nel momento della difficoltà il loro ritmo
viene accelerato (vanno più veloci…. non si da tempo all’organismo di recuperare, non
si respira più in modo da far arrivare la massima quantità di ossigeno al cervello, non si
approfitta dei moneti di pausa…): è importante aiutare ai ragazzi ad avere
consapevolezza di questi loro atteggiamenti magari attraverso delle riprese video.
A come ATTIVAZIONE: L’attivazione ha a che fare con la passione che guida le
attività che svolgono; è il motore motivazionale. È’ la massima espressione della
passione che ci permette di superare i limiti, di allenarci duramente, di metterci in
discussione e di ricominciare dopo un infortunio.
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E’ quella forza interiore che alimenta, ogni giorno, il nostro sogno di atleti o di
allenatori, indirizza il nostro comportamento, genera armonia ed equilibrio nel fare e nel
dirigersi verso l’esperienza desiderata.
In questa dimensione vengono usati, al massimo livello e con naturalezza, entrambi gli
emisferi del cervello. E’ una dimensione emotiva che si può descrivere in modo
approssimativo ma chi vive lo stato di attivazione si sente pronto per fare ciò che deve
fare. Lo fa con gioia, con divertimento, con passione e con motivazione.
“Una volta capite le mie aree di miglioramento (i buchi della mia sfera!) cosa posso fare
per potenziarli?”.
La risposta più immediata è che il solo fatto di essere diventato consapevole dei tuoi
limiti e dei tuoi punti di forza, ti rende già più potente nel tuo atteggiamento mentale.
Poi ci sono numerosi esercizi, anche molto semplici, che vengono insegnati all’atleta in
modo che egli, autonomamente, possa lavorare sul rinforzo delle aree mentali in cui
risulta più debole.
Una volta che l’atleta ha lavorato sulla sua SFERA personale, analizzando tutti i fattori
ed essendo ben sicuro di averli interiorizzati può analizzare da solo l’andamento
dell’allenamento o della gara e essere così consapevole del suo stato mentale, dei suoi
punti di forza e delle sue aree di miglioramento.
Definiremo in seguito, in modo più dettagliato ed esaustivo i cinque attrattori che
costituiscono l’acronimo SFERA.
3.2 S.F.E.R.A.: IL MECCANISMO MENTALE DEL CAMPIONE
( da G. Vercelli “Vincere con la mente” Ponte alle Grazie 2005)
Nella ricerca costante di procedure che consentano l’ottimizzazione della prestazione
dell’atleta, si è giunti alla convinzione, sorretta dai risultati scaturiti da una
sperimentazione svolta con atleti professionisti di diverse discipline sportive, che sia
necessario agire su cinque fattori fondamentali per la strutturazione della loro
rappresentazione mentale.
Essi possono essere raccolti nell’acronimo SFERA. Questi fattori vanno verificati e
controllati affinché siano tutti positivi e potenti prima di una prestazione agonistica.
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Ma perché proprio una sfera?
La convinzione del Prof. Vercelli e del suo staff è che la condizione mentale della
massima prestazione possa essere paragonata ad una sfera in quanto forma geometrica
simbolo della perfezione. Moltissimi sport sono praticati con una sfera di dimensione
variabile ed è quindi particolarmente suggestivo per un atleta entrare fisicamente e
mentalmente nella sfera della sua massima prestazione.
Entrare nella SFERA della massima prestazione significa costruire uno stato mentale
che porti alla più funzionale rappresentazione della realtà della prestazione. Agendo su
ogni fattore della SFERA, in modo responsabile e dedicando tutto il tempo necessario,
l’atleta diventa capace di calibrarsi rispetto al momento contingente costruendo la
migliore relazione tra tutti i fattori della SFERA, proprio come quando per accordare
uno strumento musicale, si parte dal la per stabilire la relazione tra tutte le altre note
della scala musicale.
Entrare nella SFERA significa, inoltre, compiere un rituale di attivazione che agisce in
due direzioni: la prima è la costruzione di una metafora funzionale alla situazione, la
seconda è l’attenzione sistematica a uno o più fattori della SFERA che diventano punti
attrattori attorno ai quali si costruisce la massima prestazione.
L’entrata nella SFERA della massima prestazione è strettamente connessa alla capacità
di autoregolarsi, di portarsi, cioè, nel migliore equilibrio psicofisico.
La SFERA è la struttura che connette l’atleta agli altri, alla natura, al movimento, alla
competizione e alla vittoria.
L’atleta vincente ha “il senso dell’avventura che deve ancora venire, non il ricordo del
passato come l’unico momento in cui ha veramente vissuto”, come disse lo scrittore
Richard Bach. L’entrata nella SFERA corrisponde allo stato di “Sincronanza”, la
massima espressione della sincronia (verso se stessi e verso l’esterno) e della risonanza
(che genera un’amplificazione delle proprie risorse). Essa è definita come “la strada
maestra verso la massima prestazione”.
Le sensazioni che si vivono in questo stato sono molto simili alla condizione di estasi.
Cosa favorisce l’entrata nella SFERA: Come un musicista accorda il suo strumento
prima della sua performance, iniziando da una nota, il la, e poi aggiustando di
conseguenza le altre, anche un atleta deve partire da un punto di riferimento, chiamato
“punto fattore” dal quale può iniziare il suo percorso. L’avere un punto di partenza
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forte, con la conoscenza dei propri punti di forza o la consapevolezza di un segnale di
attivazione efficace, favorisce l’entrata nella SFERA. E’ partendo da questo primo
fattore che è possibile costruire le relazioni con gli altri fattori, come dosare l’Energia,
riconoscere il Ritmo giusto e sentirsi in Sincronia.
Quando la SFERA è in equilibrio, la relazione fra più attrattori risulta perfetta per la
persona, in accordo con il tempo e con lo spazio.
I CINQUE TIPI DI PERSONALITÀ:
Consideriamo i cinque tipi di personalità del giocatore, caratterizzati dalla dominanza di
uno degli attrattori componenti la SFERA, vedendo così cosa accade quando vi è
dominanza di un fattore piuttosto che un altro.
1) Se vi è dominanza di SINCRONIA sarà possibile, osservando l’atteggiamento del
giocatore verso la partita, rilevare equilibrio, ordine e capacità di anticipare gli
eventi. Per esempio, anticipando puntualmente con spostamenti rapidi le angolazioni
dell’avversario.
2) Con una dominanza dei PUNTI DI FORZA, l’atteggiamento osservabile è quello di
grinta e di aggressività, associato a una grande capacità di sopportare la fatica e la
sofferenza mentale. A volte, questi giocatori appaiono molto diversi in occasione del
match rispetto alla loro vita normale.
3) Con una dominanza di ENERGIA, l’atteggiamento è quello di un giocatore quasi
dotato di una forza superiore, potente e inesauribile. Questo è il caso del giocatore
che rincorre tutte le palle con rinnovato piacere di compiere il gesto a ogni scambio.
4) Con una dominanza di RITMO si osserva l’eleganza del gesto atletico, la perfezione
del movimento in armonia con l’ambiente.
5) Con una dominanza di ATTIVAZIONE il campione è destinato alla vittoria, come se
potesse percepire, in una dimensione irrazionale, che qualunque cosa accada la
vittoria è assicurata. Questi sono gli eroi dello sport, i campioni che non tradiscono
mai le aspettative. E’ una caratteristica tipica dei fuoriclasse.
Che cosa accade davvero quando si entra nella SFERA?
Quando la SFERA è in equilibrio, la relazione fra più attrattori risulta perfetta per la
persona, in accordo con il tempo e con lo spazio.
Quando si entra nella SFERA tutto sembra naturale, piacevole e divertente e le cinque
leggi della massima prestazione sono naturalmente rispettate. Solitamente, accade che
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nella descrizione si enfatizzi la percezione di uno o due dei cinque attrattori che la
compongono.
Qui di seguito viene proposto un elenco di sensazioni e pensieri che possono essere
vissuti in questa condizione; il linguaggio utilizzato è quello degli stessi atleti che hanno
raccontato le loro esperienze.
Provate a leggerlo con l’intento di scoprire se anche voi avete provato una di queste
esperienze.
senso di fiducia;
senso di piena integrazione;
percezione di pieno possesso di tutte le facoltà fisiche e mentali;
massima consapevolezza con minima coscienza;
massima apertura percettiva all’esperienza;
senso i massima soddisfazione;
forte consapevolezza del proprio compito percepito come missione;
estrema focalizzazione sul gesto atletico;
attenzione estrema ai dettagli e contemporanea concentrazione sulla configurazione
generale della prestazione (il campo da gioco e gli spettatori, la figura e lo sfondo
percepiti contemporaneamente);
appassionata e costante determinazione;
annullamento dei confini tra mondo esterno e interno;
sensazione di onnipotenza e padronanza;
sensazione di perfetta sincronia;
sensazione di essere presenti senza la partecipazione del pensiero cosciente;
sensazione di essere entrato in una dimensione completamente nuova;
sensazione di gioie e di estasi;
desiderio di prolungare e rivivere il momento magico;
marcato rilassamento psicofisico;
corpo caldo;
profondo distacco psicologico progressivo dalle cose esterne;
completo assorbimento mentale;
esclusione di tutto ciò non sia pertinente al momento;
piena disponibilità delle proprie risorse inconsce;
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Costruire la propria sfera significa porre attenzione a ciascun fattore, cercando di capire
come questo si posiziona all’interno della sfera.
Cerchiamo di dare una definizione dei cinque fattori in modo da costruire un linguaggio
comune e aver ben chiaro il lavoro che SFERA ci permette di svolgere.
IL PRIMO FATTORE: S COME SINCRONIA
Prendiamo ora in considerazione singolarmente i cinque attrattori che formano
l’acronimo SFERA. Il primo, importantissimo, è la Sincronia.
Definizione di Sincronia:
“Stato di concordanza di periodo e di fase di due fenomeni periodici”.
Questo significa, il raggiungimento di una perfetta coincidenza e corrispondenza tra le
risorse interne e quelle esterne.
La sincronia viene sperimentata ogni volta che vi è contemporaneità tra i fatti o
fenomeni diversi. Tutto si muove alla stessa velocità e, maggiore è la sincronia,
maggiore è la difficoltà nel distinguere l’origine del movimento.
Non vi è differenza apparente tra chi guida e chi è guidato tra due persone che vivono
questo stato. L’importanza della sincronia è straordinariamente elevata, tanto che nella
concezione di Psicologia dello Sport del Prof. Vercelli, viene utilizzato il neologismo
“sincronanza” per indicare il massimo grado di sincronia. Sincronanza, è un termine
nato dall’unione di sincronia con risonanza, a indicare uno stato mentale che
rappresenta la via maestra verso la massima prestazione.
Nel raggiungimento della massima prestazione la sincronia rappresenta il primo e
imprescindibile fattore attorno al quale costruire la propria SFERA.
Quando si è in sincronia vi è un’unica dimensione del tempo, quello presente; vissuto
istante per istante con la massima consapevolezza. Quando si è in sincronia si usano gli
stessi codici e il corpo e la mente parlano lo stesso linguaggio.
L’atleta moderno rischia, sempre più frequentemente, di perdere la sincronia con
l’evento sportivo. Egli è troppo vulnerabile perché le aspettative, basate su una
dimensione temporale passata o futura, lo proiettano mentalmente in tempi e luoghi
diversi e lontani da quello veramente necessario, ovvero il campo da gioco.
Anche la vita che ci circonda è un esempio di perdita di sincronia: i tempi che ci
vengono imposti dalle caotiche limitazioni esterne, se non riusciamo ad effettuare una
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loro adeguata elaborazione interna, favoriscono l’emergere dei più svariati problemi
psicologici. Succede spesso che le persone non abbiano progetti per la loro vita e, allo
stesso tempo, però, vivano i desideri di qualcun altro, senza neppure esserne
consapevoli.
FASE DI ANALISI DELLA SINCRONIA
In questa fase è possibile effettuare una autodiagnosi ponendosi domande che ci aiutino
a capire quanta sincronia è presente in un determinato momento. Come abbiamo visto,
la prima legge della massima prestazione, relativa alla fase di Analisi, evidenzia la
necessità di identificare la valenza dei fattori che compongono la SFERA.
Per comprendere come si è posizionati rispetto alla Sincronia, è necessario rispondere a
domande che possono essere:
1) Sai riconoscere l’emozione che stai vivendo in questo momento?
2) Le sensazioni che hai nel vivere l’esperienza sono positive, negative o neutre?
3) Ti viene naturale fare ciò che fai o ti impegni eccessivamente?
4) Hai mai sognato questa esperienza?
5) Ci sono frasi o parole che ti ripeti? Se si, come sono? Positive, negative o neutre?
6) Stai ragionando nel modo giusto e stai allontanando dalla tua mente le illusioni?
7) In questo momento, sei completamente presente?
8) Sai gestire in questo momento tutto ciò che ti circonda? Stai controllando gli eventi?
9) Se avessi la possibilità di cambiare qualcosa di esterno a te, in questo momento,
sapresti cosa scegliere? In che modo potresti renderti conto che le cose sono
effettivamente cambiate?
10) Se avessi la possibilità di cambiare qualcosa di te stesso, sapresti cosa scegliere? E
come potresti renderti conto che quella cosa è effettivamente cambiata?
11) Ti senti in sincronanza con il momento presente?
IL SECONDO FATTORE: IN GARA SOLO CON I PUNTI DI FORZA.
Definizione di punti di Forza:
“La forza è la potenza insita nell’organismo attraverso la quale
l’uomo e l’animale compiono i loro movimenti”.
E’ sinonimo di vigore, robustezza, prestanza.
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Il secondo passo è costituito dal rievocare e portare in gara solo i punti di forza tecnici,
fisici e psicologici, mentre si lasciano le aree di miglioramento all’allenamento
successivo.
L’attenzione ai punti di forza è direttamente collegata al concetto di “autoefficacia” che
deriva dagli studi di Albert Bandura. Per definizione esso corrisponde alla convinzione
che l’individuo ha di essere capace di dominare specifiche attività.
Le convinzioni di autoefficacia regolano la motivazione, modellano le aspirazioni e i
risultati previsti per i propri sforzi. Con questo concetto, Bandura impose una nuova
concezione della mente come apparato capace di autoregolarsi e di generare nuove
capacità attraverso la capacità attraverso la capitalizzazione delle esperienze vissute.
Il senso di autoefficacia può essere opportunamente rinforzato. Vediamo ora come
questo possa differenziare gli atleti.
ALTA AUTOEFFICACIA BASSA AUTOEFFICACIA
L’atleta si pone obiettivi stimolanti
Si fa coinvolgere emotivamente
dall’attività che svolge
Percepisce i compiti difficili come sfide
Si focalizza sulla soluzione
Attribuisce i fallimenti al proprio
impegno insufficiente
L’atleta ha aspirazioni modeste
Vive il raggiungimento delle mete con
poco coinvolgimento
Percepisce i compiti difficili
principalmente come minacce
Si focalizza sul problema
Si sofferma maggiormente sulle
deficienze, sugli ostacoli e sui risultati
sfavorevoli
FASE DI ANALISI DEI PUNTI DI FORZA
Anche in questo caso procediamo con una serie di domande che possono aiutarci a
valutare la nostra posizione attuale rispetto ai propri punti di forza.
1) Quali sono i miei punti di forza come atleta, sia dal punto di vista fisico, tecnico-
tattico che psicologico?
2) Quali sono i miei punti di forza in questa specifica situazione che sto vivendo?
3) Percepisco che oggi l’avversario è più forte di me e più adatto alla vittoria?
4) Che cosa porto in partita oggi?
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5) Ciò in cui credo mi guida o mi crea difficoltà?
6) Cosa mi servirebbe per far andare le cose ancora meglio di come già stanno
andando?
7) Quando le cose sono andate perfettamente bene, che cosa pensavo di me stesso
prima di giocare? Quali sensazioni provavo?
8) Sono consapevole dell’obiettivo che oggi mi renderebbe minimamente soddisfatto?
9) Mi sento in armonia con lo scenario esterno e riesco a selezionare le sensazioni
positive della mia mente?
Cosa favorisce i punti di forza: essi sono collegati alla Motivazione estrinseca
(dimostrare agli altri le proprie qualità) o intrinseca (legati al piacere personale). I punti
di forza sono collegati alle risorse individuali e al loro riconoscimento così come alla
buona definizione degli obiettivi che devono essere adeguati al livello atletico, tecnico e
psicologico. Nella definizione degli obiettivi è importante “mirare bene”: più è definito
il mio punto di riferimento, più la mia azione sarà efficace e precisa.
Si narra del giocatore di golf Ben Hogan che, in occasione di una buca
particolarmente difficile (un par cinque distante oltre 400 metri in cui il green
non era visibile dal tee, perché coperto da un piccolo gruppo di palme nane che
facevano da barriera verso l’orizzonte) chiese al suo caddie di dargli il
riferimento di dove si trovasse la buca. Il caddie disse a Hogan di mirare alle
palme ed egli rispose: “Quale palma?” Questo non è solo un esempio di
perfezionismo, ma soprattutto di un principio fondamentale per ottenere il
meglio da se stessi: mirare bene!
Per una buona definizione degli obiettivi (fase antecedente alla competizione e da
integrare con il programma di allenamento atletico e tecnico-tattico) è necessario porsi
alcune domande e rispettare alcune regole fondamentali:
Ho chiari i miei obiettivi?
Essi sono adeguati alla mia preparazione?
Ho obiettivi a breve, medio, lungo termine?
Il mio obiettivo è concreto, cioè, so come agire?
E’ realistico e quindi sostenibile dopo aver analizzato obiettivamente le risorse a
disposizione?
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Ho un metodo per valutarlo e confrontarlo e per capire a che punto sono di questa
strada?
L’obiettivo è specifico e personale? Mi appartiene completamente o è l’obiettivo di
qualcun altro(maestro, genitori, dirigenti)?
Cosa disturba lo sviluppo dei punti di Forza: la mancanza di obiettivi ben definiti.
Cosa dirsi per aumentare i punti di Forza: “io sono perfettamente adeguato e
efficiente in questo campo e su questa superficie”.
IL TERZO FATTORE: E COME ENERGIA
Definizione di Energia:
“L’energia è l’uso della forza. E’ un momento dell’atto operativo e rappresenta la
potenza dell’organismo nell’aumento dell’azione vitale di una parte del corpo.”
Il termine deriva dal greco Energia, composto da En, particella intensiva ed Ergeva
composto, a sua volta, da “ergon”= opera, fatto, azione ed anche efficace, attivo. Il
termine è stato utilizzato da Aristotele con il senso di forza dell’”espressione”.
ASPETTI TEORICI E RIFERIMENTI ALLE NEUROSCENZE
Quando uso al meglio l’Energia, “vedo”. Nel linguaggio comune, spesso, si sente dire
che “si è accecati dall’ira” intendendo che un investimento eccessivo rispetto a una
situazione ci impedisce di vederla chiaramente. L’atleta che entra nella SFERA e usa la
giusta energia è in grado di “vedere” ciò che gli altri non riescono a percepire, come ad
esempio la possibilità di vittoria.
Il giocatore che sa dosare in modo adeguato l’energia utilizza un meccanismo di
“immaginazione percettiva” che gli consente di andare oltre il conosciuto, quasi come
prevedendo ciò che potrebbe accadere nel momento della partita.
Le persone che hanno un’elevata energia tendono a descriversi come molto dinamiche,
attive, energiche, dominanti, loquaci. Al contrario, le persone con bassa energia tendono
a descriversi come poco dinamiche, poco energiche, sottomesse e taciturne.
L’energia è composta da sottofattori quali il dinamismo e la dominanza. Il primo tende a
identificare comportamenti come la facilità di parola e l’entusiasmo. Il secondo è
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caratterizzato da aspetti connessi con la capacità di imporsi, di primeggiare, di far valere
la propria influenza sugli altri.
L’espressione dell’energia è collegata alla volontà, che permette di canalizzare la prima
verso una meta desiderata. Quando la passione o la spontaneità vengono a mancare per
eventi contingenti, è proprio la volontà che permette all’atleta di proseguire nel suo
percorso verso l’obiettivo desiderato. La volontà colma i buchi della passione tramite la
creazione di regole di comportamento.
Il nostro cervello ha una naturale e innata tendenza a rimanere coinvolto verso un
obiettivo prefigurato. Questa fenomenologia psichica prende il nome di effetto
Zeigarnik, ossia “la tendenza a ricordare più facilmente un compito interrotto o lasciato
incompiuto, rispetto a uno portato a termine”. Questo accade perché quando non si
riesce a portare a termine un compito, del quale avevamo progettato il risultato a
termine, ci si sente frustrati. L’orientamento dell’energia è sia un processo conscio (la
volontà) che inconscio (alimentato dalla passione e dalla motivazione). Tutto ciò che è
fatto con passione e divertimento libera energia sicura e potente.
FASE DI ANALISI DELL’ENERGIA
La fase di analisi consiste nel porsi domande che possono aiutarci a capire se il
problema presentato riguarda un uso scorretto dell’Energia, a controllare se si sono
conclusi tutti i compiti in sospeso e se si possono indirizzare le energie verso ciò che si
desidera; infine, le domande che ci si può porre sono le seguenti:
1) Ho concluso tutto ciò che avevo iniziato o ci sono cose in sospeso che mi tolgono
energia?
2) Sto provando le emozioni che riconosco utili per la partita?
3) Sento la presenza del mio campione interiore?
4) Sto impiegando solamente la giusta energia o spesso mi sento stanco e senza forze?
5) Sto percependo i problemi nel modo giusto? Li sto trasformando in soluzioni?
6) Mi vengono le idee giuste al momento giusto?
7) Sto facendo come al solito o sto cambiando qualcosa?
8) Ci sono pensieri che mi distraggono dall’obiettivo facendomi perdere tempo ed
energia?
9) Sto facendo le cose in modo spontaneo o mi sforzo per riuscire a farle?
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10) Sto usando la mia forza di volontà come motore verso la meta oppure è qualcosa che
avviene naturalmente?
11) Ho voglia di fare ciò che devo fare o lo sento come un peso eccessivo?
Cosa favorisce il buon uso dell’Energia: l’energia è collegata alla capacità di
controllo. Questo lo si vede nella fase di analisi quando l’atleta dichiara di non sentirsi
più efficace nel gestire la racchetta o la palla.
Per lo sviluppo dell’energia, interviene l’autoregolazione, straordinaria capacità umana
che non può essere forzata, ma solamente agevolata con visualizzazioni in fase di
rilassamento. A questo proposito è evidente come sia molto più efficace, per un
tennista, visualizzare il colpo con una perfetta esecuzione del movimento, piuttosto che
colpire con la massima forza possibile.
Gli atleti “diversamente abili” che sono realmente di super-atleti per la loro straordinaria
capacità di trasformare limiti in possibilità, basano la loro migliore prestazione
sull’autoregolazione, ovvero la perfetta gestione dell’energia.
Vedremo in seguito come Energia e Ritmo nell’azione sportiva si completino l’un
l’altra, tanto che, a volte, può accadere, erroneamente, che vengano confuse.
Un esempio concreto di buon utilizzo dell’Energia durante una prestazione sportiva ci
viene offerto da Phil Mickelson, golfista di fama internazionale, che descrive così il suo
migliore stato mentale per la competizione: “Personalmente, per giocare al meglio nel
mio sport, il golf, ho bisogno di giocare con aggressività. Ho bisogno di colpire la
pallina. Non do attenzione a nessun altro, perché non desidero che il divertimento sia al
di fuori del mio gioco. Non mi interessa osservare gli altri. Il gioco migliore esce da
dentro di me e basta, tutto il resto conta poco. Non mi importa se vince uno più forte.
Non posso pensare di giocare a golf senza divertirmi. Se sarò paziente, la prossima volta
vincerò io”.
Cosa disturba l’Energia: avere troppe “porte aperte” e lasciare i compiti in sospeso
sono i principali dissipatori di energia fisica e mentale.
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IL QUARTO FATTORE: OGNI AZIONE CON IL GIUSTO RITMO
Definizione di Ritmo:
“Il ritmo è l’ordinata successione degli intervalli di tempo nella musica,
nella poesia, nel movimento, è la forma assunta da ciò che è in movimento”.
Deriva dal Greco Rhytmos=movimento misurato a cadenza, e della radice Rheo che
contiene l’idea di scorrere.
Quale è la differenza tra Energia e Ritmo? L’energia è la dimensione della quantità, il
ritmo è la dimensione della qualità (vedi l’esempio del chiodo e del martello citato nella
definizione iniziale di Ritmo).
ASPETTI TEORICI E RIFERIMENTI ALLE NEUROSCENZE
Il ritmo interviene e condiziona ogni settore della vita e delle conoscenza umana. E’
considerato un patrimonio universale, ed è la “struttura che connette”. Non a caso le
migliori relazioni tra le persone sono caratterizzate da un naturale flusso di energia, da
un ritmo ideale. Il senso del ritmo non ha una collocazione anatomica precisa ma vi
sono più organi che intervengono per poterlo codificare. Il ritmo è innato in ognuno di
noi ma può essere educabile in quanto soggetto ad apprendimento.
Non bisogna pensare che sia solo il suono a permettere l’educazione del ritmo; anche la
vista, per esempio, costituisce un mezzo attraverso il quale noi percepiamo il ritmo.
La mano che poggia sul pianoforte, mentre suona, percepisce il ritmo.
Vedendo muovere una persona, vedendola ballare o vedendo agire uno sportivo, si può
capire il ritmo.
Molti autori hanno parlato dell’importanza del ritmo. Platone lo descrive come
organizzazione:”il ritmo è l’organizzazione del movimento”, D’Indy come proporzione:
“il ritmo è l’ordine e la proporzione nel tempo e nello spazio” e Sitwell conferma: “il
ritmo è uno dei principali elementi di passaggio tra sogno e realtà; potremmo dire che è,
per il mondo del suono ciò che la luce è per il mondo delle immagini. Dà forma e
conferisce un nuovo significato”.
Per l’entrata nella SFERA, a noi interessa intendere il ritmo come atto motorio, secondo
la concezione di Dalcroze secondo cui “il ritmo è la forma che assume ciò che è
movimento”.
L’idea del Ritmo come flusso ci molto utile in Psicologia dello Sport perché favorisce
l’armonia.
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Collegata al ritmo vi è l’idea di “euritmia”, termine antico già in uso presso i Greci, che
sta ad indicare la coordinazione fra suoni, ritmo e movimento.
Euritmico è l’abbraccio che unisce la madre al lattante nell’accoglienza affettuosa
quando nutre e culla il figlio dondolando, senza accorgersene, con lo stesso movimento
che il piccolo aveva conosciuto nel grembo materno.
Spesso, il dondolamento è accompagnato dal canto, anche a bocca chiusa, che fa vibrare
il corpo materno e, per risonanza, anche quello del bambino. Il suono, infatti, (come il
ritmo) è legato al sistema propriocettivo e al sistema somestesico (sensibilità
propriocettiva viscerale). Sentiamo i suoni, percepiamo le emozioni e le sensazioni sia
ascoltando la musica che eseguendo movimenti ritmici.
Il ritmo è, inoltre collegato alle emozioni, che ci aiutano a decifrare il mondo. Le nostre
scelte sono straordinariamente collegate alle emozioni che proviamo o che abbiamo
provato in passato, perché aiutano il cervello a scegliere i dati che possono avere
conseguenze positive o negative per il nostro comportamento.
FASE DI ANALISI DEL RITMO
Procediamo con un elenco di domande inerenti alla nostra posizione rispetto al Ritmo.
1) Dove percepisci che sia, all’interno del tuo corpo, il centro del tuo ritmo?
2) Percepisci come facile, piacevole, divertente quello che stai per fare?
3) La tua attenzione è focalizzata alla parte del tuo corpo che rappresenta il centro del
tuo Ritmo o sei distratto da stimoli esterni?
4) Il tuo respiro è calmo e regolare o lo percepisci affannato e veloce?
5) I movimenti del tuo corpo sono fluidi e armonici o nervosi e spezzati?
6) Hai la sensazione di muoverti più velocemente del solito?
7) Hai la sensazione di essere agitato rispetto alla prestazione che devi andare a
compiere?
Cosa favorisce il Ritmo: solo quando si è nel giusto ritmo è possibile visualizzare la
giusta rappresentazione del movimento, attivando i meccanismi ideoplastici che
caratterizzano il nostro cervello.
Per capire se si è in armonia con il senso del ritmo, è possibile prendere spunto anche
dalla vita personale e professionale, oltre da quella sportiva. Il buon ritmo favorisce la
capacità di usare la migliore tattica possibile, di cambiarla in tempo se necessario e, in
generale, aiuta ad alimentare la migliore strategia.
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Acquisire ritmo, inoltre, è un grande vantaggio dal punto di vista energetico, basti
pensare agli effetti benefici di una buona respirazione.
Cosa disturba il Ritmo: vi sono alcuni indicatori che permettono di capire che si è
fuori ritmo, per esempio, quando ci si rende conto che le idee ci arrivano sempre in
ritardo, oppure quando si ha la consapevolezza di essere sempre ritardati nel lavoro,
nell’allenamento, dimenticando sempre di fare qualcosa.
In pratica, se non c è ritmo è come se mancasse sempre un ingrediente che viene
faticosamente aggiunto all’ultimo momento.
Un grave autoinganno consiste nel vivere il flusso di pensieri esaminando solo quelli
che confermano le proprie aspettative, tralasciandone altri che, anche se dolorosi, sono
portatori di soluzioni e non di illusioni.
QUINTO FATTORE: A COME ATTIVAZIONE
Definizione di Attivazione:
“Mettere in azione, rendere operante, attivo.
Lo stato che ha virtù e principio di operare, efficace”.
Questo termine deriva dal termine latino “Actus” che rimanda ad “Agere” cioè fare,
“operare”. L’attivazione ha a che fare con la passione che guida le attività che si
svolgono; è il motore motivazionale, è la massima espressione della passione che
permette all’atleta di superare i limiti, di allenarsi duramente, di proseguire anche nella
sofferenza e di ricominciare dopo un infortunio.
Rinforza l’identità e fa sentire “completa” la persona che la vive. E’ quella forza
interiore che alimenta, ogni giorno, il sogno dell’atleta, indirizza il nostro
comportamento, genera armonia e equilibrio nel fare e nel dirigersi verso l’esperienza
desiderata. Ogni atto di volontà ha la possibilità di avere successo se allineato
all’aspetto passionale di chi lo compie. In questa dimensione vengono usati, al massimo
livello e con naturalezza, entrambi gli emisferi del cervello.
E’ una dimensione emotiva che si può descrivere in modo approssimativo.
Lo stato di attivazione è, in genere, collegato a un gesto, un segnale di attivazione che
ha lo scopo di far sentire pronto l’atleta, fargli avere la consapevolezza di aver compiuto
tutto il suo rituale verso l’esperienza che sta per compiere. Il rituale consolida tutte le
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convinzioni razionali e, se ben strutturato, porta in una condizione di straordinaria
connessione mente-corpo, una condizione di autoipnosi che permette di trascendere
l’ordinaria consapevolezza ed entrare in una nuova dimensione.
In quest’ultima, da “cosa agente” ci si trasforma in “atto cosante”, cioè si diventa
l’azione insita nel gesto atletico. Si può dire che il rituale consente di passare da
un’attenzione razionale alla prestazione a una dimensione maggiormente emotiva in cui
tutto (pensieri, emozioni, sensazioni, movimenti) avviene in modo automatico, tanto da
avere la sensazione di essere un tutt’uno con ciò che si sta facendo o con l’attrezzo che
si sta utilizzando. Pensiamo al giocatore che durante il match, dato un livello di
attivazione ottimale, percepisce la sua racchetta come la naturale estensione del proprio
braccio, perfettamente controllata dalla propria mente.
Per concludere, potremmo dire che l’attivazione corrisponde alla completa alleanza fra
tutte la parti che compongono l’identità dell’atleta.
FASE DI ANALISI DELL’ATTIVAZIONE
Diversamente dagli altri attrattori della SFERA, qui non vi sono domande da porsi.
Occorre lasciare da parte la razionalità e concentrarsi sulle sensazioni e sulle emozioni:
tutto deve essere automatico. Questa è la dimensione della “No Mente” per eccellenza,
una sorta di attivazione olografica, dove ogni parte contiene il tutto e viceversa.
Quello che occorre verificare è il livello passionale che ha come sinonimo il gioco,
l’emozione, il piacere di vivere queste sensazioni che devono rinforzare l’identità
dell’atleta, gratificandolo.
Prima dell’attivazione dovrò, comunque, verificare i seguenti punti:
1) Ho fatto tutti i passi?
2) Sono pronto a lasciare spazio al mio campione interiore?
3) Sento, vedo, percepisco di essere nella SFERA della massima prestazione?
Cosa favorisce l’Attivazione: ripassare tutti i normali segnali di preparazione e capire
se ci sono le sensazioni e le emozioni giuste. Nelle arti marziali è risaputo che gli atleti
già nel momento in cui salgono sul tatami decidono consciamente e inconsciamente chi
fra i due contendenti si aggiudicherà l’incontro. Questa anticipazione del risultato si
basa prevalentemente su informazioni emotive che giungono in modo non razionale alla
mente dell’atleta.
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Cosa disturba l’Attivazione: l’attivazione è un compito della mente irrazionale. A
volte succede che gli atleti in vista di una gara importante, svegliandosi al mattino,
abbiano già chiara la sensazione di come andrà a finire. In questo caso si genera una
profezia che si auto avvera, ma l’importante è avere sempre la possibilità strategica di
cambiarla. Questo significa sapere entrare nella SFERA della massima prestazione
indipendentemente dal fatto che la profezia sia positiva o negativa.
3.3 ESEMPI DELLE VARIE FORME DELLA SFERA
Ora che ogni fattore della SFERA ha una sua dimensione precisa, proviamo a vedere
come l’acronimo posa essere applicato, in modo semplice ed efficace, alla fase di
Analisi e di Ottimizzazione.
Lo scopo è quello di fornire al lettore la possibilità di fare l’autodiagnosi di cui abbiamo
parlato, in ogni occasione in cui si presenti una performance da realizzare.
Molti sportivi hanno l’abitudine di tenere un’agenda dove, ogni giorno, effettuano una
valutazione della propria SFERA della massima prestazione, usando la simbologia
seguente:
Il segno + accanto a un fattore indica che esso rappresenta un punto di forza. Vuol dire
che quel fattore è adeguato alla situazione ed è quindi da mantenere a tale livello. In
questo caso le risposte alle domande di autodiagnosi sono tutte positive e allineate con
l’obiettivo.
Il segno – indica che il fattore è un punto di debolezza, non adeguato alla situazione,
fuori controllo e influenza in senso negativo la prestazione.
Le risposte alle domande di autodiagnosi sono negative ed è necessario agire su questo
fattore con priorità assoluta rispetto a qualsiasi altra azione.
Il segno +/- indica una situazione intermedia relativa al fattore considerato, una
condizione di possibile miglioramento, sebbene non tutto sia negativo.
In questo caso le risposte alle domande di autodiagnosi sono per metà positive e per
metà negative.
E’ utile agire su questo fattore quando si sono risolti i problemi relativi a eventuali altri
fattori più deboli (negativi).
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La modalità di ottimizzazione può basarsi su alcuni esercizi già preparati per questo
scopo, oppure sulla creatività personale dell’atleta che agisce su se stesso o chi ne cura
l’aspetto psicologico, con l’obiettivo di creare una SFERA perfetta, composta solo di
segni positivi rispetto ai fattori che la compongono.
La tabella che segue può essere usata come “diario di bordo”, come sistema di
navigazione verso la costituzione della SFERA e deve rappresentare il “cruscotto” degli
strumenti di ogni atleta.
Contiene, in sintesi, il metodo utilizzato. Personalizzazione e creatività sono elementi
assolutamente desiderabili e costituiscono un valore aggiunto al percorso intrapreso.
3.4 SCHEDA RIASSUNTIVA PER LA COSTRUZIONE DELLA S.F.E.R.A.
DELLA MASSIMA PRESTAZIONE
FATTORE LIVELLO INIZIALE
AZIONI DA COMPIERE
(OTTIMIZZAZIONE)
MODALITÀ DI VERIFICA DEL
(MIGLIORAMENTO)
AZIONI DA FARE SEMPRE
(MANTENIMENTO)
LIVELLO FINALE
SINCRONIA S +
PUNTI DI FORZA F +
ENERGIA E +
RITMO R +
ATTIVAZIONE A + TABELLA N° 1
Proviamo a vedere, a titolo esemplificativo come si può compilare la scheda riassuntiva.
Prendiamo il caso di un atleta che presenti come problema principale ansia pre-gara. La
sua scheda potrà essere simile alla seguente.
ANSIA DA PRESTAZIONE (ansia pre-gara)
Analisi: S –
F +/-
E +
R –
A +
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In questo caso le aree di miglioramento riguardano la sincronia, in parte i punti di forza
e, infine, il ritmo.
Ottimizzazione:
Aumentare S con esercizi che portino l’attenzione al qui ora e ora e allenino alla
corretta gestione del self-talk.
Consapevolizzare F generando una monoidea relativa alle proprie caratteristiche
assolutamente positive, riconosciute, ad esempio, attraverso il Model Training.
Trovare il giusto R agendo inizialmente sulla respirazione con l’esercizio del Chi
Basso o con quello del palloncino.
ATTRATTORE LIVELLO INIZIALE (analisi)
AZIONI DA COMPIERE
(ottimizzazione)
MODALITÀ DI VERIFICA DEL
MIGLIORAMENTO
AZIONI DA SEMPRE FARE
(mantenimento)
LIVELLO FINALE
SINCRONIA - Esercizi sul fare e immaginare. Esercizi per il self talk
Sensazioni posi-tive. Risultato sul cam-po
Controllo del self talk e consapevolezza.
S +
PUNTI DI FORZA + / - Model training
Percezione di maggiore potenza
Consapevolezza dei punti di forza F +
ENERGIA + E +
RITMO _ Chi basso. Es. di Respirazione
Sensazioni di fluidità
Supervisione del flusso dei propri movimenti
R +
ATTIVAZIONE + A +
E’ importante tenere presente che, molte volte, ciò che si pensa essere vantaggioso per il
raggiungimento del risultato eccellente, in realtà, risulta essere dannoso.
Se, per esempio, facendo un’autoanalisi si scopre di avere un deficit di energia, si può
mettere in atto una serie di esercizi volti a migliorare questo fattore. Se lo si incrementa
troppo, però, la sfera risulterà di nuovo sbilanciata e la condizione continuerà a non
essere ottimale.
E’ necessario, quindi, che i cinque fattori siano sempre in equilibrio tra loro e che la
sfera, pur aumentando di dimensione, continui ad avere la forma che la rende perfetta.
La massima prestazione è rappresentata dalla sfera in cui tutti i punti stanno alla stessa
distanza dal centro.
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Nel caso di deficit a uno dei cinque fattori, essa cambia e diventa un’elissi piegata da un
lato o da un altro, sopra o sotto, a seconda dell’elemento da migliorare.
L’idea di potenziare al massimo i fattori, facendoli diventare dominanti è solo una mera
illusione che non ci permette di raggiungere lo stato ottimale perché non rappresenta
nient’altro che una nuova distorsione della sfera.
Una esemplificazione grafica può esserci d’aiuto:
Primo caso: questa è una situazione desiderabile. La SFERA aumenta di dimensione,
non vi è sbilanciamento alcuno ed è mantenuta la forma perfetta, cioè la migliore
relazione fra tutti i fattori. In questo caso l’esercizio e l’allenamento mentale risultano
adeguati e la prestazione migliora
Secondo caso: la sfera aumenta di dimensione senza rispettare la perfetta relazione tra i
cinque fattori. Essa è, sbilanciata. Questo vuol dire che uno dei fattori è stato potenziato
troppo e risulta essere dominante rispetto agli altri. La prestazione è a rischio.
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CAPITOLO 4
APPLICAZIONI PRATICHE DEL METODO “SFERA”
In questo capitolo, esponiamo alcuni esercizi, di semplice esecuzione, utilizzati durante
la nostra attività in collaborazione con la Dott.ssa Marcella Bounous, esperta in
psicologia dello sport, all’inizio dell’allenamento tecnico-tattico (abitualmente una volta
alla settimana, durata 45 min. circa), funzionali al potenziamento di ogni singolo
attrattore della Sfera.
Solitamente, si propongono degli esercizi adeguati all’accrescimento di ognuno dei
cinque fattori che compongono la SFERA.
La prima domanda che facciamo all’atleta è la discrepanza tra PRESTAZIONE REALE E
PRESTAZIONE POTENZIALE, cominciando così a utilizzare la nostra SFERA analizzando i
vari fattori arrivando al riconoscimento della propria SFERA personale.
Chiediamo all’atleta di descrivere la sua prestazione in cui riconosce che c’è stata una
discrepanza tra P.P.e P.R.: cominciamo così a costruire la propria SFERA
Poi si chiede all’atleta di decidere da quale fattore partire.
Alla base dell’efficacia dell’intervento psicologico, è essenziale la motivazione
individuale del giocatore ed il suo desiderio di miglioramento continuo.
Sincronia
Attivazione punti di Forza Ritmo Energia
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In conclusione, indagheremo sugli effetti ottenuti dal metodo SFERA, sui ragazzi,
somministrando loro un questionario di valutazione dell’efficacia del metodo ( vedi
allegato)
Le fasi dell’allenamento mentale avviene inevitabilmente attraverso delle fasi: è
importante lavorare sulla fase dell’educazione: è importante cominciare dal far
riconoscere le sensazioni e le emozioni, dal far prendere consapevolezza l’atleta del
suo dialogo interno: vedremo in seguito come il risultato della performance
sportiva è la somma dei pensieri, delle credenze, delle emozioni e delle sensazioni
che l’atleta prova. Per questo motivo per il primo periodo si lavorerà sulle
sensazioni personali che corrispondono ai fattori (diario delle sensazioni).
Le fasi dell’allenamento mentale:
1) EDUCAZIONE: ha lo scopo di sviluppare nell’atleta la consapevolezza di come le
abilità mentali influenzino la prestazione, riconoscere l’allenabilità e imparare come
svilupparle.
2) ACQUISIZIONE: apprendimento delle tecniche e delle strategie necessarie allo
sviluppo delle abilità mentali.
3) PRATICA: fase di allenamento mirata all’automatizzazione delle abilità mentali e al
loro trasferimento in gara.
Esercizi per i 5 fattori:
Entrare nella SFERA, è l’obiettivo del giocatore che utilizza questo metodo.
Riuscire a riconoscere i propri fattori e avere la capacità di utilizzarli a seconda della
situazione è un obiettivo importante per l’utilizzo della propria SFERA personale: è
quindi importante che l’atleta riconosca di cosa ha bisogno per affrontare al meglio
la performance.
Approccio all’allenamento mentale:
Inizialmente, è opportuno, chiedere ai ragazzi di esprimere alcuni esempi su cosa
intendono per mente (“cos’è secondo te il cervello?”): questo per renderlo responsabile
(vedi costruttivismo) del suo processo di allenamento mentale.
Se l’atleta non capisce l’importanza di quello che si appresta a fare, qualsiasi
miglioramento non sarà…..
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E’ quindi basilare che i ragazzi comprendano perfettamente che andiamo a fare un
lavoro per allenare la mente con le loro rappresentazioni.
Un esercizio per lo stato della propria SFERA
E’ l’esercizio iniziale che educa all’allenamento e favorisce la costruzione della propria
SFERA.
4.1 ESERCIZI TEORICI E PRATICI PER ALLENARE I CINQUE ATTRATTORI
Prendiamo ora in considerazione alcuni esercizi funzionali all’ottimizzazione di ogni
singolo attrattore della SFERA.
In questa sede illustreremo solo alcuni degli esercizi sia “a secco” che in campo che
abbiamo utilizzato nel corso della nostra attività: una volta che si sono allenati i cinque
fattori ogni allenatore potrà creare degli esercizi ad hoc.
1) SINCRONIA: La capacità di essere completamente presenti e concentrati su ciò
che si sta facendo nel momento della prestazione.
Il segreto della sincronia consiste nel fare e immaginare allo stesso tempo.
SENSAZIONI ASSOCIATE
Essere nel presente;
Concentrazione;
Alleanza mente e corpo.
1) ESERCIZI A SECCO
a - ESERCIZI A PENDOLO: dimostrazione che ogni immagine ha un impulso senso
motorio e ideo motorio.
Posizione comoda, essere concentrati sul respiro, pensare all’idea di un
movimento che si vuole che il pendolo faccia (circolare). Importante avere solo
l’idea di quel movimento. Occhi aperti, tenendo il pendolino tra il pollice e
l’indice cercando di tenerlo il più fermo possibile. Si deve guardare il bersaglio
(sfera) posizionato a terra, in mezzo ai piedi.
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(In questo modo genero un ancoraggio alla sfera). Adesso cercate di immaginare e
visualizzare il pendolo che si muove lungo il perimetro del bersaglio e disegna dei
cerchi sempre più ampi.
Quando il pendolo comincia a muoversi, rinforzare “ora divertiti, immagina un
movimento sempre più ampio” “ Ora divertiti cambia il movimento” (verticale).
La consapevolezza che possiamo sviluppare da questa esperienza è che ogni volta
che siamo in sincronia con noi stessi, la nostra mente può generare effetti evidenti
sul nostro corpo.
Gli effetti dei nostri pensieri (in gara, a scuola, sul lavoro) sono evidenti come il
movimento del pendolo!!!
Alla fine chiedo: “ Cosa è successo? Perché il pendolo si muove?” (importanza del
cervello e braccia collegate).
Effetto CARPENTER: la rappresentazione mentale intensiva di un movimento
provoca eccitazione nell’area motoria della corteccia celebrale (micro contrazioni
dei muscoli interessati)
Molte domande poche risposte.
Poi fare un riferimento sempre al loro sport ( golf…swing)
Se il pendolo non si muove… “cosa stavi pensando quando io ti parlavo?”
VARIANTI:
1) cambio di ruolo….prova farlo tu a me
2) farglielo fare da un altro atleta
La consapevolezza che possiamo sviluppare da questa esperienza è che ogni volta
che siamo in sincronia con noi stessi, la nostra mente può generare effetti evidenti
sul nostro corpo.
b - ESERCIZI PER IL CONTROLLO DELLA RESPIRAZIONE ( J. Loehr )
TECNICA:
STEP 1) Lunga e profonda inspirazione attraverso le narici, in modo lento e
continuo dalla durata approssimativa di 4 secondi. L’aria inspirata dovrà riempire
ed espandere la parte centrale del corpo, compresa quella inferiore dell’addome,
quella centrale e superiore della cavità toracica. Lo stomaco e la parte bassa
dell’addome saranno sospinti completamente in avanti. Ripeti questa tecnica un
paio di volte, contando fino a 4.
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Step 2) Pausa momentanea prima di iniziare la fase successiva
Step 3) Espirazione, usando la bocca: l’intero processo d’espirazione dovrà
prolungarsi per 10 secondi. Ripeti tutto un paio di volte . Il normale ritmo
respiratorio è approssimativamente di 14-16 atti al minuto. Con questa tecnica lo
si ridurrà a 4-3 con una sensazione molto gradevole. Sotto pressione esegui 3-4 di
questi atti respiratori, per abbassare e riportare a livelli accettabili l’attivazione.
c - ESEMPIO DI GESTIONE DEL PROPRIO DIALOGO INTERNO
MENTAL MATCHPLAY
Metodo di allenamento, allo stesso tempo tecnico, atletico e psicologico, ideato da
James Loehr ( psicologo) e Ron Jones ( musicista)
Gestione dei tempi morti: un tennista che non sa come gestire il riposo e i propri
pensieri durante le pause può essere incredibilmente svantaggiato.
Loehr divide il tempo tra un punto e l’altro che è di circa 25 secondi in quattro
fasi:
1) la risposta fisica positiva parla dell’importanza di avere subito un
atteggiamento positivo nei confronti del punto appena concluso, a prescindere
dal suo esito. Questo è necessario per facilitare la concentrazione ed il flusso
continuo di emozioni positive, riducendo la possibilità di portarsi dietro
arrabbiature, delusioni e altre emozioni distruttive che potrebbero infierire
negativamente con i punti successivi
2) il rilassamento è il momento della respirazione. Respirando si fa recuperare il
corpo dallo stress fisico ed emotivo del punto precedente. Loehr consiglia di
muoversi avanti e indietro nella zona di fondo campo, mentre si respira più
profondamente possibile.
3) la preparazione alla ripresa della gara consiste nel momento in cui l’ atleta si
avvicina alla linea di fondo campo per servire o ricevere, ricordando il
punteggio e pianificando la strategia da attuare nel prossimo scambio
4) il momento dei propri rituali serve a raggiungere il più alto livello di
prontezza fisica e mentale prima di giocare il punto. Ognuno ha dei propri
rituali, di cui spesso nemmeno è cosciente e questi sono movimenti automatici,
che rendono più profonde la concentrazione e l’intensità e facilitano la
prontezza a giocare.
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d - ESERCIZIO DELL’IMMERSIONE NEL LAGO PER ALLONTANARE LE TENSIONI.
Attraverso un esercizio di visualizzazione, assumendo una posizione comoda e un
ritmo respiratorio calmo e regolare, puoi immaginare di essere immerso nelle
acque calme e calde di un lago. Porta la tua attenzione alle bolle d’aria che
salgono in superficie, e si allontanano dal corpo. Ciascuna bolla d’aria rappresenta
una tensione o un pensiero negativo che si può lentamente allontanare fino a
scomparire, esplodendo, al contatto con la superficie del lago.
2) ESERCIZI IN CAMPO
Nel metodo S.F.E.R.A. la sincronia comprende l’attenzione, la concentrazione ed il
dialogo interno. Più un giocatore riesce ad affinare questi tre aspetti e più probabilità
avrà di ottenere il massimo risultato dalla propria prestazione.
a - ESERCIZI CON BERSAGLI
MODALITÀ: al cesto.
A tempo o utilizzando un numero stabilito di palline da giocare.
OBIETTIVO:
Stabilite le dimensioni del campo e la zona di manovra, che dipendono dall’età e
dal livello dei giocatori, bisogna cercare di colpire il bersaglio posto dalla parte
opposta della rete.
VARIANTI:
I bersagli possono essere più di uno e con forme diverse ed il maestro può
chiedere all’allievo di colpirne uno piuttosto che un altro.
Il compito può essere reso più difficile impartendo l’ordine nel momento in cui
la palla che deve colpire il giocatore si trova sopra il livello della rete oppure
nel momento dell’impatto.
L’esercizio può essere eseguito con tutti e due i colpi, solo di diritto o solo di
rovescio.
Per giocatori più evoluti:
Giocare 50 palle dentro al corridoio di destra con il diritto.
Giocare 50 palle dentro al corridoio di sinistra con il rovescio.
Giocare 50 palle prima in un corridoio poi nell’altro sia di diritto che di
rovescio.
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b - ESERCIZI CON RETE RIALZATA (Circa 1,5 metri sopra la rete del campo).
MODALITÀ: al cesto o in palleggio.
Giocare sopra la rete ed oltre la linea di metà campo simulando in questo
modo una situazione di difesa.
Giocare tra la rete del campo e la rete rialzata eseguendo un colpo d’attacco.
Giocare all’interno dei cerchi fissati tra la rete fissa e la rete rialzata disposti
orizzontalmente.
Varianti: si può chiedere in momenti diversi di tirare sopra o sotto la rete
rialzata, o dentro al primo, secondo o terzo cerchio.
L’esercizio può essere eseguito con tutti e due i colpi, solo di diritto o solo di
rovescio.
c - ESERCIZI CON I COLPI AL VOLO
MODALITÀ: al cesto o in palleggio.
Giocare la volèe a chiudere o d’approccio a seconda che la palla arrivi sopra o
sotto il livello della rete.
VARIANTI:
Colpire a piacere vari bersagli disposti nel campo.
Far corrispondere un bersaglio ad ogni traiettoria della palla da giocare con la
volèe oppure inviare la volèe verso il punto indicato dal maestro.
Giocare lo smash al volo o al rimbalzo a seconda della traiettoria della palla in
arrivo.
Colpire a piacere o a comando i bersagli nel campo.
2) IN GARA SOLO CON I PUNTI DI FORZA.
La forza è la potenza insita nell’organismo attraverso la quale l’uomo compie i propri
atti e i propri movimenti. E’ sinonimo di vigore e robustezza. Capacità e abilità fisiche,
tecnico-tattiche, psicologiche che il tennista riconosce di possedere ai fini di una
prestazione di eccellenza. Esse sono collegate al senso di autoefficacia.
SENSAZIONI ASSOCIATE:
Sentirsi capaci;
Attivazione delle risorse;
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Senso di autoefficacia.
1) ESERCIZI A SECCO
a - ESERCIZIO DEL DISEGNO DELLA MANO E AUTOVALUTAZIONE DELL’AUTOEFFICACIA :
in una posizione in cui la tua mano dominante possa disegnare su un foglio di carta
e l’altra stia in posizione opposta. Rivolgi il tuo sguardo a questa mano e prova a
disegnarla (senza guardare il foglio) il più fedelmente possibile. Prima di osservare
il disegno che hai realizzato, prova a dargli un voto che va da 0 a 10, in base a
quanto pensi che il disegno sia fedele alla dimensione reale della mano. Ora guarda
il disegno e cerca di valutare se il voto sottovaluta o sopravvaluta la tua reale
prestazione. puoi provare a farlo una seconda volta. Ora valuta se la tua
consapevolezza rispetto alle tue potenzialità o se, invece, la qualità del disegno è
modificata.
b - IL PUGNO: invitare il giocatore a fare un pugno e:
trattenere il pugno (forza che tengo dentro);
tirare un pugno sul tavolo (forza che utilizzo);
Chiedere in seguito al giocatore la differenza tra i due gesti.
Creazione di un motto personale: poche parole che riportano la mente
immediatamente ai punti di forza, alle vostre capacità. Deve essere la frase magica
che raccoglie tutte la forza ed innalza la “vis pugnandi”, la frase che fa suonare la
carica! Per questo ci vuole allenamento.
c - ESERCIZIO DELL’AUTOEFFICACIA “MI SENTO CAPACE!”: chiedere al giocatore di
esprimere la percezione della propria capacità di eseguire dei tiri liberi (pallina di
carta - cestino), da una determinata distanza (sceglie il giocatore tra tre alternative
es.: cm 30, m 1, m 2). Se fa centro, chiedere che punto di forza ha utilizzato.
Se sbaglia, esigere una valutazione di se stesso. Poi può scegliere se tirare
ancora dalla stessa distanza o da un punto più vicino (importanza del processo di
valutazione).
Importanza del self talk (pensiero positivo).
Esigere sempre una valutazione prima e dopo il gesto.
d - PALLINA DI CARTA: simile a quello descritto in precedenza. Realizzare una pallina
di carta, posizionare un cestino in un punto della stanza in cui vi trovate e stabilite
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delle distanze da cui tirare (2,3,4,5 metri). Prima di tentare di fare canestro,
l’allievo deve provare a scrivere su un foglio se pensa di riuscire a centrare il
cestino, utilizzando una scala da 0 a 100, da ciascuna delle distane stabilite.
“Fatto? In base a cosa ti sei valutato?
Adesso prova a fare un tiro di prova dalla distanza che vuoi e poi rifai la
valutazione rispetto a quanto ti senti in grado di fare centro, sempre dalle distanze
stabilite.
In base a cosa ti sei valutato? Come è cambiato il tuo giudizio? Ora hai tre tiri a
disposizione, per ognuno scegli la distanza da cui vuoi tirare. In base a cosa hai
posizionato e ordinato i tiri? Adesso prova a tirare la pallina di carta dalle distanze
che hai indicato.
Ora prova ad indicare, sempre in scala da 0 a 100 quanto ti ritieni capace di
lanciare la pallina di carta nel cestino da 2, 3 e 5 metri. In base a cosa ti sei
nuovamente valutato? Come è cambiato il tuo giudizio?
Vuoi riprovare a tirare? Se hai scelto di ritirare, esprimi nuovamente le distanze da
cui desideri farlo. Adesso prova a fare i tuoi 3 tiri”.
Il gioco finisce qui ma riproviamo a riflettere su come avete fatto le vostre scelte e
come avete modificato la sequenza. Le variabili che entrano in gioco sono diverse,
l’istinto, i successi precedenti, prima la difficoltà maggiore o quella minore?
Ciò che vi rende più capaci di identificare i vostri punti di forza in questo gioco è
rispettare le vostre sequenze.
es.: 2650 evidenzia il self talk. Chiedere a cosa si è pensato quando gli è stato
sottoposto il calcolo.
Quando ragiono sui miei punti di debolezza anche le situazioni creative si
perdono. Quando mi do già vinto in partenza, non combatto.
La nostra mente può pensare solo ad una cosa per volta (o sono teso o sono
rilassato) o sono sui miei punti di forza o su quelli di debolezza.
2) ESERCIZI IN CAMPO
Un altro fattore che caratterizza il metodo S.F.E.R.A. è “il punto di forza”.
Ogni giocatore dovrebbe individuare i propri “punto di forza” a livello tecnico, tattico e
strategico e riuscire ad applicarli nelle più svariate situazioni.
TECNICO:
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ogni giocatore ha un colpo preferito con il quale ha più confidenza e sicurezza; utilizzan-
dolo, riesce ad ottenere più punti ed a commettere meno errori gratuiti.
TATTICO:
la tattica è la sequenza di colpi che permette alla fine di vincere il punto nella maniera
più efficace e redditizia.
STRATEGICO:
ESERCIZI
a - Due giocatori scambiano in incrociato, A cerca di aprirsi il campo con un colpo
incrociato stretto per costringere B a giocare stando fuori dal campo del singolo.
Quando A accorcia troppo la traiettoria della palla o gioca in modo che B non si
trovi fuori dal campo del singolo, B può cambiare direzione alla palle e tentare un
colpo vincente in lungolinea.
b - A e B giocano uno scambio in rovescio incrociato. B può decidere di provare ad
attaccare aggirando il rovescio e giocando un diritto inside-out in lungolinea. Se A
riesce a rimandare la palla, si gioca il punto.
c - A può giocare solo nel rettangolo formato dalla linea del corridoio del singolo,
dalla linea orizzontale dell’area del servizio e dalla linea (creata artificialmente)
che divide il campo a metà longitudinalmente. B può giocare in tutto il campo di A.
In questo modo, A allena il suo gioco di gambe e la ricerca di palla. Deve giocare
tutte le palle nell’area prefissata. B può usare tutto il campo, esercitare la sua
pazienza e spostare l’avversario.
d - Creando delle zone di bersaglio ben definite, si possono allo stesso modo allenare i
propri punti di forza “servizio” e “risposta” migliorando le percentuali di punti
ottenuti con direttamente con questi due colpi. Varianti: con due giocatori si
possono allenare contemporaneamente e far corrispondere ad un determinato
servizio una risposta adatta.
N.B.) QUESTO TIPO DI ESERCITAZIONI POSSONO ESSERE APPLICATE PER RINFORZARE
QUALSIASI TIPO DI COLPO, A RIMBALZO, AL VOLO, FONDAMENTALI E SPECIALI.
L’ALLENAMENTO QUINDI PUÒ PORSI DAPPRIMA L’OBIETTIVO DI MIGLIORARE UN
SINGOLO COLPO E POI INSERIRE IL MEDESIMO IN UNO SCHEMA TATTICO PIÙ AMPIO.
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3. ENERGIA
L’energia è l’uso attivo della forza. Rappresenta la potenza dell’organismo
nell’aumento dell’azione vitale di una parte del corpo.
L’energia, se usata in modo appropriato, ci consente di utilizzare al meglio le risorse al
fine di ottenere un buon risultato.
Questo aspetto del metodo S.F.E.R.A. indica la capacità di utilizzare la giusta quantità di
forza sul singolo colpo o sul totale della partita. L’obiettivo finale è quello di cercare di
diminuire gli “squilibri di energia”. Non essendoci nel tennis nessun limite di tempo
nella durata di una partita, è fondamentale per un giocatore dosare le proprie riserve
energetiche fisiche e mentali.
E’ importante che l’atleta impari a “gestire” l’alternanza dei momenti di gioco a quelli
di pausa (es. 20” tra un punto e l’altro, cambi di campo) in modo da recuperare energia
quando è consentito e utilizzarla al meglio quando la situazione lo richiede.
L’energia è anche legata alla capacità di controllo (racchetta scagliata a terra,
battibecchi con l’arbitro o genitori fuori dal campo..)…tutti questi aspetti rientrano nella
capacità dell’atleta di saper regolar la sua energia a seconda della necessità del
momento.
SENSAZIONI ASSOCIATE:
Sentirsi comodi;
Essere in equilibrio;
Sentirsi a proprio agio.
Usando la nostra energia tendiamo a vedere di più (percepisco la traiettoria, la traiettoria
si disvela).
Anche la gestione del conflitto è legato all’energia.
1) ESERCIZI A SECCO
a - ESERCIZIO DEL CASTELLO: far costruire un castello con le carte, prima usando molta
energia, poi poca, poi quella giusta .
E’ molto importante lavorare sugli opposti (il mondo della giusta energia).
Utilizzare il tono della voce per aiutare il ragazzo allenato.
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b - ESERCIZIO DI RILASSAMENTO JACOBSON, rilassamento progressivo generale: in una
condizione di tranquillità, prendi in considerazione tutti i tuoi distretti muscolari,
partendo dai piedi fino ai muscoli del viso.
Per favorire il giusto livello di contrazione muscolare procedere attraverso una fase
di contrazione massima dei singoli distretti muscolari per poi procedere alla fase,
immediatamente successiva, di completo rilassamento. In questo modo è possibile
allentare tutte la tensioni fisiche che creano inutili dispendi di energia.
Rilassamento progressivo di JACOBSON (anche da seduto).
I SEDUTA:
Assumere la posizione;
Chiudere gli occhi;
Fare alcuni respiri addominali lunghi, lenti e profondi (da qui in poi ripetere due
volte ogni movimento);
1) Chiudere e riaprire la mano destra;
2) Chiudere e riaprire la mano sinistra;
3) Chiudere e riaprire entrambe le mani;
4) Chiudere le mani e contemporaneamente flettere gli avambracci sulle
braccia;
5) Aprire le mani e contemporaneamente distendere gli avambracci;
6) Estendere le braccia e le mani; rilassare le braccia e le mani;
7) Fare un profondo respiro addominale;
8) Eseguire la ripresa;
II SEDUTA:
Ripetere gli esercizi della prima seduta e dopo il profondo respiro addominale,
invece di fare la ripresa, aggiungere i seguenti esercizi: (eseguire una sola volta ogni
movimento).
1) Corrugare e rilassare la fronte;
2) Aggrottare e rilassare le sopracciglia;
3) Stringere e rilassare gli occhi;
4) Stringere e rilassare la mandibola;
5) Spingere la lingua contro il palato, rilassare;
6) Spingere le labbra in fuori, rilassare;
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7) Fare un profondo respiro addominale;
8) Eseguire la ripresa;
III SEDUTA:
Ripetere gli esercizi delle sedute precedenti e dopo il profondo respiro addominale,
invece di fare la ripresa, aggiungere i seguenti esercizi: (eseguire una sola volta ogni
movimento).
1) Sollevare le spalle lungo il collo; rilassare;
2) Portare in avanti le spalle e poi indietro; ritornare alla posizione normale e
rilassare;
3) Sollevare la testa, portando il mento contro il petto; abbassare la testa e
rilassare;
4) Portare indietro la testa, spingendola sul materassino; riportarla alla
posizione normale e rilassare;
5) Ruotare la testa prima a destra e poi a sinistra; riportarla alla posizione
normale e rilassare;
6) Fare un profondo respiro addominale;
7) Eseguire la ripresa;
IV SEDUTA
Ripetere gli esercizi delle sedute precedenti e dopo il profondo respiro addominale,
invece di fare la ripresa, aggiungere i seguenti esercizi (ripetere due volte ogni
esercizio):
1) Fare una profonda inspirazione, gonfiare completamente il torace;
2) Fare una profonda espirazione, sgonfiare completamente il torace;
3) Irrigidire, tendere i muscoli dell’addome; rilassare;
4) Tirare in dietro lo stomaco; rilassare;
5) Inarcare la schiena, sollevandola un po’; rilassare;
6) Fare un profondo respiro addominale;
7) Eseguire la ripresa;
V SEDUTA.
Ripetere gli esercizi delle sedute precedenti e dopo il profondo respiro addominale,
invece di fare la ripresa, aggiungere i seguenti esercizi: (ripetere due volte ogni
esercizio);
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1) Irrigidire i muscoli delle natiche, delle gambe e dei piedi, spingere in avanti i
talloni e tirare indietro le punte dei piedi; rilassare;
2) Irrigidire i muscoli delle natiche, delle gambe e dei pedi, spingere in avanti le
punte dei piedi e tirare indietro i talloni; rilassare;
3) Fare un profondo respiro addominale;
4) Eseguire la ripresa;
c - ESERCIZIO TANGRAM - SHANGAY LA SINCRONIA MANTIENE L’ENERGIA E L’ENERGIA
È COLLEGATA AL VEDERE.
d - TAVOLETTA PROPRIOCETTIVA
2) ESERCIZI IN CAMPO
MODALITÀ: al cesto o in palleggio.
a - Variazione della forza utilizzata per l’esecuzione dei colpi.
MODALITÀ: in palleggio.
b - Il giocatore deve rinviare la palla sempre verso il Maestro il quale, posto sulla linea
della metà campo, giocherà in volèe. L’obiettivo è quello di riuscire a tenere per
più tempo possibile la palla in gioco, tenendo conto che più l’allievo tira forte verso
il Maestro, prima e più velocemente la palla tornerà nel suo campo. La durata
dell’esercizio varia a seconda del livello del giocatore e della sua capacità di
gestione delle proprie energie.
4. RITMO
Il ritmo rappresenta ciò che genera il flusso nella sequenza dei nostri movimenti. Se
l’energia rappresenta la quantità, il ritmo rappresenta la qualità dell’azione.
Per ritmo s’intende,la capacità personale di ognuno di noi di gestire le proprie riserve
energetiche.
Quindi nel tennis si può parlare di
Ritmo interno (quello che ci caratterizza. Ognuno di noi esperisce delle emozioni,
negative e positive, legate al ritmo)
Ritmo esterno (di gioco) (quello imposto da noi e dal nostro avversario).
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Ma perché si possa parlare di ritmo “giusto” è necessario:
1) Insegnare all’atleta a riconoscere il proprio corpo (respirazione, vari distretti
muscolari ….);
2) Aiutare l’atleta a utilizzare al meglio il proprio corpo (movimenti grossolani vs
abilità motoria specifica, gestione del dispendio di energia..)
Una volta riconosciuto il proprio ritmo interno si potrà sviluppare la capacità di gestire
al meglio le sue riserve energetiche e questo influirà sulla scelta della miglior tattica,
permettendogli di adattarla ed eventualmente di modificarla, in funzione delle esigenze
del momento.
La variazione di ritmo risulta infatti essere un aspetto non sempre facile da allenare
proprio perché è dovuta ad una capacità di gestione di ritmo interno.
ESERCIZI
MODALITÀ: in palleggio.
1) A e B palleggiano a ritmo crescente partendo entrambi dal livello 1 (pianissimo) ed
arrivando a livello 5 (massimo della velocità). Ogni volta che arriva la palla ai due
giocatori essi devono aumentare il ritmo. Arrivati al massimo livello si riprende
dalla velocità 1. E via di seguito.
VARIANTI:
Si può fare la scala al contrario (da 5 a 1).
Si può partire dal livello 1 ed arrivare al livello 10 e viceversa.
2) A sceglie il ritmo preferito al quale giocherà ogni palla; B esegue la scala da 1 a 5 o
da 1 a 10 (o al contrario). Successivamente B scegliere il proprio ritmo preferito.
3) Un giocatore gioca solo in difesa quindi facendo fare alle palline una traiettoria alta
e profonda in modo da cercare di tenere l’avversario lontano dalla linea di
fondocampo.
L’altro giocatore al contrario deve giocare il più possibile attaccando, anticipando la
palla e spingendo i colpi. Poi i giocatori si scambieranno i ruoli.
4) Un giocatore gioca in top spin e l’altro in back spin e viceversa.
SENSAZIONI ASSOCIATE:
Essere eleganti;
Avere stile;
Avere carisma.
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Il Ritmo, riporta alla sincronia.
Il giocatore dominato dal ritmo è elegante (Roger Federer).
Il giocatore dominato dall’energia è esplosivo (Rafael Nadal).
1) ESERCIZI A SECCO
a - ESERCIZIO DEL METRONOMO: ricercare una musica che abbia il giusto ritmo. Si può
anche ascoltare il ritmo per un paio di minuti e cercare di identificare le emozioni
che essa genera. Questo esercizio di consapevolezza mette in luce un aspetto
importante: ciascuno di noi esperisce delle emozioni, positive e negative collegate
al ritmo. Quello che per noi può essere un calmo e rilassante può suscitare in altre
persone angoscia, noia, insoddisfazione. Utilizzare un metronomo e un foglio dove
poter scrivere una frase, tratta magari da una canzone che ci emoziona
particolarmente. Si sceglie un ritmo sul metronomo e si inizia a scrivere la frase,
abbinando la scrittura di una parola a ogni battito dello strumento. Alla fine si
valuta se il ritmo scelto è troppo lento o troppo veloce rispetto a quello ideale per
scrivere la frase e lo si regola fino a trovare quello giusto per la prestazione. E’
importante ricordare che ogni azione ha un ritmo ideale che ci permette di svolgerla
al meglio.
b - ESERCIZIO DELL’ALTALENA O SEDIA A DONDOLO: sedersi su una sedia in modo da
far oscillare il busto in avanti e indietro. Immaginare di trovarsi seduti su
un’altalena: accompagnare il movimento con il busto fino a trovare un ritmo
piacevole e divertente che permette una condizione di concentrazione e mantenerlo
per alcuni minuti.
Per identificare il ritmo ideale in questo esercizio basti pensare che se si va troppo
forte sull’altalena c’è il pericolo di cadere, mentre se si va troppo piano ci si può
annoiare.
c - ESERCIZIO DEL GIUSTO RESPIRO CON IL CHI BASSO: questo esercizio, che ha le sue
origini nella filosofia orientale di preparazione ai combattimenti, consiste nello
sperimentare una diversa tecnica di respirazione. Inspira immaginando che l’idea
possa giungere fino alla zona del basso ventre gonfiandola completamente. A
questo punto inizia a respirare lentamente, anche nelle espirazioni. Ciò che succede
è che, se si tiene un ritmo troppo veloce, non è possibile eseguire l’esercizio e si
rischia di generare una condizione di iper ventilazione.
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2) ESERCIZI IN CAMPO
MODALITÀ: in palleggio.
1) A e B palleggiano a ritmo crescente partendo entrambi dal livello 1 (pianissimo) ed
arrivando a livello 5 (massimo della velocità). Ogni volta che arriva la palla ai due
giocatori essi devono aumentare il ritmo. Arrivati al massimo livello si riprende
dalla velocità 1. E via di seguito.
Varianti:
Si può fare la scala al contrario (da 5 a 1).
Si può partire dal livello 1 ed arrivare al livello 10 e viceversa.
2) A sceglie il ritmo preferito al quale giocherà ogni palla; B esegue la scala da 1 a 5 o
da 1 a 10 (o al contrario). Successivamente B scegliere il proprio ritmo preferito.
3) Un giocatore gioca solo in difesa quindi facendo fare alle palline una traiettoria alta
e profonda in modo da cercare di tenere l’avversario lontano dalla linea di
fondocampo.
L’altro giocatore al contrario deve giocare il più possibile attaccando, anticipando la
palla e spingendo i colpi. Poi i giocatori si scambieranno i ruoli.
Un giocatore gioca in top spin e l’altro in back spin e viceversa.
5. ATTIVAZIONE
E’ il motore motivazionale, è la massima espressione della passione che permette
all’atleta di superare i limiti.
E’ la condizione fisica e mentale che l’atleta vive nel momento in cui si sente pronto per
la prestazione.
L’attivazione è legata al “rituale”.
SENSAZIONI ASSOCIATE.
Fare con passione;
Provare divertimento;
Vivere una dimensione di gioco;
“La differenza essenziale tra emozione e ragione è che l’emozione ci porta all’azione,
mentre la ragione ci spinge alla conclusione” (Donald Calne, neurologo canadese).
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Bisogno è razionale, immediato, forte e raro nei nostri giorni. Il desiderio più emotivo
ed instabile, nel senso che può cambiare velocemente.
Molte volte l’atleta ha una sola motivazione, ma deve anche saper “cambiare cornice”:
altrimenti una volta raggiunto l’obiettivo e non ne ha altri, la motivazione inizia a
diventare debole: se invece non riesce a raggiungerlo, si scoraggia e la motivazione
diventa debole.
a - ESERCIZIO GOAL SETTING: è la formulazione degli obiettivi. La corretta pianifica-
zione, deve considerare le abilità psico – fisiche e tecnico – tattiche del giocatore.
Valutare il livello di performance da conseguire, è basilare per fissare obiettivi
raggiungibili, stimolanti e per mantenere un’ alta e duratura motivazione del
giocatore. Gli obiettivi saranno frazionati in sotto-obiettivi a corto, medio e lungo
periodo e l’efficacia dell’azione finalizzata al raggiungimento degli stessi, dovrà
essere monitorata periodicamente. Gli obiettivi, mantengono viva l’attenzione,
ottimizzano la concentrazione, incrementano l’attivazione e stimolano il
miglioramento della performance.
Gli obiettivi possono essere:
oggettivi: stimabili attraverso la verifica del numero degli incontri vinti, del
rapporto match vinti e persi, della classifica ottenuta etc.
soggettivi: non verificabili come la precisione tecnica nell’ esecuzione di un
colpo, la massima decontrazione nell’effettuare un azione di gioco, il
miglioramento tecnico di un colpo specifico, ella gestione tattica di una
particolare situazione di gioco etc.
La fase successiva è canalizzare gli obiettivi:
1) al risultato: vincere una partita importante, un torneo, conquistare la
qualificazione ad un torneo internazionale, etc.
2) al miglioramento della prestazione complessiva.
Gli obiettivi prefissati devono essere:
a. periodicamente richiamati alla mente del giocatore;
b. verificati nella loro sostenibilità, attraverso l’analisi delle tappe intermedie;
c. eventualmente riformularli, trovando la giusta regolazione, di concerto con
l’allievo.
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SFERA
Questi esercizi hanno come obiettivo quello di stimolare il divertimento e attraverso
questo fornire delle competenze e delle abilità nuove ( conoscenza spazi,
coordinazione atri superiori con arti inferiori, propriocettività, visualizzazione, …..)
attraverso il gioco.
Questi esercizi possono essere anche proposti ad atleti già evoluti con l’obiettivo sia
di attivarli, di prepararli all’allenamento ( fase di attivazione), che di recupero di
energie, di entusiasmo dopo un’ allenamento duro e faticoso.
b - ESERCIZI SENZA RACCHETTA
1) Tennis con le mani.
AREA DI GIOCO:
Un rettangolo di battuta (2 giocatori) o entrambi (4 giocatori).
REGOLAMENTO
I giocatori devono farsi il punto lanciando la palla con le mani simulando il diritto.
(posizione affiancata). Vince chi arriva per primo all’11.
Si comincia il gioco effettuando una battuta dal basso da dietro la linea del servizio
( 2 o più battute a testa).
Chi riceve la palla deve afferrarla dopo un rimbalzo o al volo (solo per la risposta
alla battuta è obbligatorio farla cadere a terra) e la deve immediatamente rilanciare
verso il campo avversario; non ci si può spostare con la palla in mano, pena la
perdita automatica del punto.
Si commette errore quando la palla va in rete o fuori dall’area di gioco.
S F A E R
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VARIANTE:
Quando la palla arriva sul lato destro il giocatore la deve afferrare e rinviare con
la mano destra: viceversa quando arriva sul lato sinistro il giocatore la deve
afferrare e rinviare con la mano sinistra.
Si può giocare 2 contro 2 utilizzando entrambe le aree di battuta; è consentito
effettuare massimo tre passaggi prima di tirare la palla sul campo avversario.
Si può cambiare modalità di lancio: si può chiedere al giocatore di tirare la palla
dall’altra parte della rete dopo averla schiacciata a terra sul proprio campo.
2) Palla prigioniera in campo da tennis e con palline da tennis (depressurizzate).
3) Calcio-tennis dentro le aree di battuta. (per giocatori evoluti).
Le regole sono le stesse del tennis con le mani ma si gioca con i piedi.
Anche in questo gioco si possono avere 2 partecipanti in un’area di battuta o 4 in
entrambe le aree.
4) Palla mano con pallina da tennis.
AREA DI GIOCO:
Metà campo da tennis con 2 porte larghe 1,5 metri o più in base a livello ed età dei
giocatori.
PARTECIPANTI:
2 squadre composte da un minimo di 2 a un massimo di 8 giocatori.
REGOLAMENTO:
Effettuando passaggi continui tra compagni senza che gli avversari intercettino la
pallina, bisogna cercare di fare goal dentro la porta avversaria.
Non si può tenere la palla in mano per più di 2 secondi.
Non ci si può spostare dopo aver afferrato la palla.
Vince chi fa più goal.
5) Lanci con bersagli
Si sistemano lungo la linea delle due aree di battuta dei birilli.
Gli allievi disposti dietro linea della metà campo opposta, devono cercare di
colpire i bersagli simulando il movimento del servizio con il braccio dominante.
Assegnando un punteggio ad ogni bersaglio, vince chi ne colpisce di più.
6) Afferrare la palla simulando il movimento dello smash
Il maestro lancia la palla con una traiettoria verso l’alto all’allievo posto di fronte a
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lui dall’altra parte del campo a circa 1,5 metri dalla rete. L’obiettivo è afferrare al
volo la palla con la mano dominante effettuando la ricerca di palla utilizzata per
eseguire lo smash: affiancati, con il braccio dominante semipiegato all’altezza della
spalla e la mano non dominante che indica la palla in arrivo. Quando il giocatore si
posiziona alla giusta distanza dalla palla distende il braccio che afferra la palla verso
l’alto.
Chi riesce a prendere più palline con la mano senza che cadano a terra vince.
VARIANTE:
si può chiedere all’allievo di prendere la palla dopo 1 rimbalzo.
C - ESERCIZI CON RACCHETTA
1) Tris
MODALITÀ:
al cesto e con palline depressurizzate, mid-size o normali a seconda dell’età e livello
di gioco.
Numero di giocatori a discrezione divisi in due squadre.
AREA DI GIOCO:
2 aree di battuta o un’intera metà campo a seconda dell’età ed il livello di gioco.
L’area di gioco viene divisa in 9 quadrati.
REGOLAMENTO:
Su palla inviata dall’insegnante, con il diritto o con il rovescio, le due squadre
devono cercare di fare tris. Uno alla volta i giocatori dovranno inviare le palline
centrando tre quadrati l’uno vicino all’altro, in orizzontale, verticale o diagonale. Si
può anche cercare di impedire che la squadra avversaria faccia il tris. Vince la
squadra che fa tris per prima.
2) Tennis-volley
AREA DI GIOCO:
Un’area di battuta con 2 giocatori oppure entrambe con 4 giocatori.
REGOLAMENTO:
Le regole del gioco sono identiche alla partita di tennis con le mani.
Non è però consentito tirare forte, è un esercizio anche per il “tocco di palla”.
VARIANTE:
I giocatori che ricevono la palla devono, prima di inviarla nel campo avversario,
stopparla con la racchetta, farla rimbalzare a terra una volta e poi colpirla.
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I giocatori che ricevono la palla devono, prima di inviarla nel campo avversario,
stopparla con la racchetta ed al volo colpirla.
Si può giocare schiacciando la palla nel proprio campo prima di farle passare la
rete.
3) Bob
AREA DI GIOCO:
le due aree di battuta.
MODALITÀ:
palle depressurizzate.
2 squadre composte da 3 o più giocatori.
REGOLAMENTO:
Il maestro invia la palla ai primi due giocatori della squadra A e B che si
giocheranno il punto con le regole del tennis.
Se sbaglia il giocatore della squadra X della squadra A si siede sul proprio campo
esattamente in mezzo alla linea che divide le 2 aree del servizio.
Subito dopo subentrano i 2 giocatori successivi; i componenti della squadra B
possono fare un altro punto con le stesse modalità oppure possono vincere
direttamente la partita se riescono a colpire il giocatore X seduto a terra nella parte
opposta del campo.
Nell’eventualità che facciano un altro punto costringeranno a sedere un altro
componente della squadra A.
Se al contrario perdono il punto consentono ad X di rialzarsi mentre un componente
della squadra B si metterà seduto a sua volta.
Vince la squadra che fa sedere per prima tutti gli avversari.
N.B. Quando i giocatori seduti sono più di uno si devono posizionare con le gambe
divaricate uno dietro all’altro in modo da simulare il “bob”.
4) Tennis-hockey
AREA DI GIOCO:
Metà campo con 2 porte larghe 1,5 metri .
MODALITÀ:
Palle depressurizzate mid-size o normali a seconda dell’età dei giocatori.
2 squadre con un minimo di 2 componenti.
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REGOLAMENTO:
L’obiettivo del gioco per le due squadre è fare più goal possibili giocando ad hockey
con la racchetta quindi guidando la pallina facendola rotolare.
Non si può trattenere la palla sotto alla racchetta e bisogna giocare dentro alle linee
che delimitano il campo.
Quando inizia il gioco non è possibile tirare in porta direttamente ma è obbligatorio
effettuare almeno un passaggio ad un compagno.
Nessun giocatore fa il portiere.
Si può giocare a tempo oppure dando la vittoria a chi raggiunge per primo un
determinato numero di goal.
N.B. Con i bambini piccoli attenzione al corretto utilizzo della racchetta!
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CAPITOLO 5
CONTROLLO DELL’EFFICACIA DEL METODO “SFERA”
In questo capitolo, ci si è proposti di sperimentare il metodo “Sfera” sul campo da
tennis, utilizzando un gruppo sperimentale ed un gruppo di controllo. Verificare se vi è
un incremento della prestazione nei tennisti trattati con “Sfera”.
Dopo aver selezionato dodici soggetti di una fascia di età tra i 13 e 16 anni, li abbiamo
suddivisi in due gruppi da sei elementi, cercando di renderli il più omogenei possibile,
valutando, nella fase di composizione, l’età e la classifica FIT 2008.
Abbiamo riscontrato delle difficoltà in questa fase, causate della riluttanza di alcuni
genitori, alquanto dubbiosi riguardo l’opportunità di “sprecare” del tempo ad allenare
ciò che secondo loro è inallenabile: “la testa”.
PROGRAMMAZIONE GRUPPO SPERIMENTALE GRUPPO DI CONTROLLO
N° sedute 32 32
Cadenza settimanale 4 4
Durata seduta 2 ore 2 ore
Quota tempo dedicata MT
40 min. a seduta.
Su 4 sedute:
- 1 a setting protetto
- 3 in campo modalità random
0
Quota tempo dedicata allenamento tecnico-tattico 80 min. 120 min.
Obiettivi allenamento tecnico-tattico generali generali
TABELLA N° 2
I due gruppi hanno sostenuto un test quantitativo iniziale (ripetuto 3 volte) ed un test
finale (ripetuto 3 volte) al termine delle 32 sedute di allenamento programmate, per
valutare l’ eventuale incremento della prestazione.
La comparazione è stata realizzata utilizzando:
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a) Un test quantitativo; un esercizio funzionale all’incremento del primo fattore del
metodo “Sfera” (mai utilizzato durante le sedute di MT) : la sincronia (seguirà
dettagliata descrizione).
b) Un test qualitativo: somministrazione del “Questionario sulle abilità mentali di
Marina Gerin Birsa, 2006” decisa “in itinere”, per confermare o meno, l’impressione
condivisa dai tecnici, di una modificazione comportamentale positiva estesa del
“gruppo sperimentale”, al termine della programmazione;
I test sono stati svolti:
a) test quantitativo in tre sedute (lunedì, mercoledì, venerdì della settimana precedente
(test iniziale) e successiva al ciclo di lavoro (test finale);
b) test qualitativo: (non previsto inizialmente) il questionario è stato compilato dai due
gruppi, alla presenza della Psicologa dello Sport, a bordo campo, il venerdì
conclusivo del programma, dopo il test quantitativo.
5.1 TEST QUANTITATIVO (DESCRIZIONE):
ESERCIZIO: funzionale all’incremento delle capacità mentali congiunte all’attenzione alla
concentrazione, al dialogo interno, capacità sulle quali si fonda la ricerca della massima
prestazione.
MODALITA’: a cesto, utilizzando 50 palle da giocare.
OBIETTIVO: abbiamo delimitato la parte di campo utile, utilizzando segmenti di gomma
plasticata della lunghezza di 50 cm. l’uno, di colore giallo per evidenziare
maggiormente l’obiettivo. Abbiamo disegnato un quadrato (lato 2 metri) nei due angoli
estremi della linea di fondo campo (formati dalla linea longitudinale interna del
corridoio e dalla linea di fondo campo). Obiettivo del giocatore, è indirizzare la palla
all’interno del campo circoscritto:
•• esercizio “triangolo”;
•• 25 palle verso l’angolo dx (diritto diagonale/rovescio lungo linea);
•• 25 palle verso l’angolo sx (diritto lungo linea/rovescio diagonale);
•• corretta interpretazione della fase di manovra (palla complessa, ritmo gara);
•• conteggio delle palle obiettivo (maestro);
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Tabella identificativa dei due gruppi di lavoro e relativi risultati del test quanti-
tativo;
GRUPPO MENTAL TRAINING TEST INIZIALE TEST FINALE
NOME ANNO CLASS. FIT TEST 1 TEST 2 TEST 3
N° PALLE
OBIETT.TEST 1 TEST 2 TEST 3
N° PALLE
OBIETT.Alberto 1994 3.5 23 21 26 70 22 25 28 75 + 7,14%Carlo 1993 3.4 21 20 24 65 20 24 23 67 + 3,07%Francesco 1991 3.5 25 19 20 64 23 21 24 68 + 6,25%Kevin 1995 4.3 14 16 17 47 15 17 18 50 + 6,38%Marianna 1995 4.3 13 14 15 42 15 16 18 49 + 16,66%Miriam 1995 4.2 17 16 19 52 14 21 20 55 + 5,76% 340 364 + 7,05 % GRUPPO DI CONTROLLO TEST INIZIALE TEST FINALE
NOME ANNO FLASS. FIT TEST 1 TEST 2 TEST 3
N° PALLE
OBIETT.TEST 1 TEST 2 TEST 3
N° PALLE
OBIETT.
Alberto 1992 3.4 22 24 23 69 20 24 21 65 - 5,79%Elena 1994 4.3 16 18 16 50 19 20 17 56 - 12%Giulia 1991 3.5 19 23 22 64 21 18 22 61 - 4,68%Luca 1993 4.1 24 21 23 68 20 23 27 70 + 2,94%Matteo 1995 4.4 11 14 12 37 18 16 19 53 + 43,24%Pietro 1993 4.1 18 22 24 64 20 21 22 63 - 1,56% 352 368 + 4,54 %TABELLA N° 4
5.2 RISULTATI
Il “Gruppo Mental Training” ha ottenuto un incremento della prestazione tecnica del
7,05%;
Il “Gruppo di Controllo” ha ottenuto un incremento della prestazione tecnica del 4,54%;
Incremento della prestazione a confronto: “Gruppo Mental Training” + 2,51%;
E’ interessante notare che, l’incremento della prestazione tecnica del “Gruppo Mental
Training” è derivato dal miglioramento globale della prestazione di tutti e sei i giocatori,
mentre l’incremento della prestazione del “Gruppo di Controllo” è derivato dal
progresso di due soli giocatori su sei. Pertanto è possibile ipotizzare che, l’applicazione
del protocollo “Sfera”, ha condizionato positivamente la totalità dei soggetti trattati.
Questa tesi viene avvalorata, dal dato di correlazione (0,9 = forte correlazione) emerso
61
dall’analisi della varianza, studio che misura, nel nostro caso specifico, il grado di
corrispondenza reciproca tra l’evoluzione della prestazione tecnica e la
somministrazione del protocollo di Mental Training.
-20,00%
-10,00%
0,00%
10,00%
20,00%
30,00%
40,00%
50,00%
1 2 3 4 5 6
GSGC
GRAFICO N° 1
(rappresenta le singole prestazioni di tutti e dodici i soggetti coinvolti nel programma).
5.3 ANALISI DELLA VARIANZA
GRUPPO MENTAL TRAINING: incrementi nel dettaglio
GRUPPO DI CONTROLLO:
7,14% -5,79% 3,07% -12% 6,25% -4,68% 6,38% 2,94% 16,66% 43,24% 5,76% -1,56%
Il coefficiente di correlazione (R2) è: 9,488 (vedi grafico n° 2);
Note:
è possibile, inoltre, usare la funzione CORRELAZIONE presente in Excel.
0,9740433
62
Ad esempio:
Il risultato non è uguale a quello presente nel grafico in quanto utilizza una
interpolazione dei punti diversa.
E’ possibile effettuare delle prove nel grafico: doppio clic sulla linea di tendenza e nella
scheda TIPO si può scegliere tra Lineare, Logaritmica, Polinomiale … Comunque, un valore di 0,9X indica una buona correlazione ovvero, ove si applica
il mental training si ottiene un corrispondente aumento delle prestazioni…
Esempio di correlazione y = 4,1613x - 0,277R2 = 0,9488
-20,00%
-10,00%
0,00%
10,00%
20,00%
30,00%
40,00%
50,00%
0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00%
nota: R2 = coeff. di correlazione
GRAFICO N° 2
5.4 TEST QUALITATIVO (DESCRIZIONE)
Il questionario sulle abilità mentali – di Marina Gerin Birsa, 2006
Il ”Questionario sulle abilità mentali” è un test che esamina 8 diversi costrutti: la stima
di sé come atleta, la gestione dell’ansia agonistica, l’attenzione e la concentrazione, la
capacità di immaginare il gesto motorio e le situazioni di gara, la motivazione all'attività
sportiva, l’assertività e quindi la capacità di far fronte in maniera costruttiva alla
pulsione aggressiva, la gestione delle situazioni stressanti e gli obiettivi agonisticida
perseguire.
63
CHIAVE DI LETTURA DEL TEST (SCORING)
Per lo scoring: Alle domande 1, 2, 3, 4, 5, 8, 9, 12, 13, 14, 16, 17, 20, 21, 22, 28, 29, 30, 32, 33, 34, 36,
37, 40, 41, 43, 44, 45 e 48 assegnare
∼ 5 punti a Sempre,
∼ 4 punti a Spesso,
∼ 3 punti ad Abbastanza,
∼ 2 punti a Raramente e
∼ 1 punto a Mai.
Alle domande 6, 7, 10, 11, 15, 18, 19, 23, 24, 25, 26, 27, 31, 35, 38, 39, 42, 46 e 47 asse-
gnare:
∼ 1 punto a SEMPRE,
∼ 2 punti a SPESSO,
∼ 3 punti ad ABBASTANZA,
∼ 4 punti a RARAMENTE e
∼ 5 punti a MAI.
Il punteggio minimo che l'atleta può ottenere in ogni subscala è 6 mentre il punteggio
massimo è 30.
Il risultato dato dalla somma dei singole subscale può andare da un minimo di 48 ad un
massimo di 240. Un risultato che si colloca tra 6 e 10 è un valore molto basso, tra 11 e 15 è basso, tra 16
e 20 è discreto, tra 21 e 25 è buono, tra 26 e 30 è ottimo.
TABELLA N° 5
GRUPPO MENTAL TRAINING
NOME AUTO-STIMA ANSIA ATTEN-
ZIONE IMMAGI-NAZIONE
MOTIVA-ZIONE
ASSERTI-VITA' STRESS OBIETTIVI TOTALE
Alberto 26 20 24 15 28 27 23 18 181 Carlo 24 17 20 17 28 21 25 25 177 Francesco 25 21 25 24 26 25 27 24 197 Kevin 25 22 25 17 26 27 26 27 195 Marianna 25 24 25 15 24 27 28 21 189 Miriam 25 19 21 20 27 21 23 28 184
TOTALI 150 123 140 108 159 148 152 143 1123
MEDIE 25,00 20,50 23,33 18,00 26,50 24,67 25,33 23,83 187,17
PERCENT. 83,33% 68,33% 77,78% 60,00% 88,33% 82,22% 84,44% 79,44% 77,99%
64
TABELLA N° 6
TABELLA N° 7
GRAFICO N° 2
GRUPPO DI CONTROLLO
NOME AUTO-STIMA ANSIA ATTEN-
ZIONE IMMAGI-NAZIONE
MOTIVA-ZIONE
ASSERTI-VITA' STRESS OBIETTIVI TOTALE
Alberto 18 13 18 12 20 17 20 16 134 Elena 18 13 17 10 20 15 20 14 127 Giulia 17 13 16 11 18 22 21 15 133 Luca 23 20 20 12 24 22 24 16 161 Matteo 19 17 20 11 19 18 23 13 140 Pietro 18 13 18 12 20 17 22 16 136
TOTALI 113 89 109 68 121 111 130 90 831
MEDIE 18,83 14,83 18,17 11,33 20,17 18,50 21,67 15,00 138,50
PERCENT. 62,78% 49,44% 60,56% 37,78% 67,22% 61,67% 72,22% 50,00% 57,71%
GR. M.TR GR. NO M.T.
MOTIVAZ. 26,50 20,17 STRESS 25,33 21,67 AUTOSTIMA 25,00 18,83 ASSERTIVITA' 24,67 18,50 OBIETTIVI 23,83 15,00 ATTENZIONE 23,33 18,17 ANSIA 20,50 14,83 IMMAGINAZIONE 18,00 11,33
65
5.5 RISULTATI
Il gruppo che ha seguito un ciclo di Mental Training ha ottenuto in tutte le abilità
mentali sondate dal Questionario una percentuale maggiore rispetto al gruppo di
controllo.
Il gruppo M.T. appare molto motivato, capace di gestire in maniera eccellente le
situazioni stressanti, possiede in media un buon livello di autostima, è assertivo e quindi
riesce a canalizzare positivamente la pulsione aggressiva rendendola costruttiva, si pone
degli obiettivi sportivi e li persegue ed ha un buon grado di capacità attentiva.
Bisogna ancora lavorare sulla gestione dell'ansia agonistica, che al momento risulta
essere discreta, e sull'abilità immaginativa, anch'essa discreta.
Al termine di tale disamina il gruppo di atleti risulta comunque sufficientemente
preparato a livello mentale per affrontare le partite e i tornei.
Il gruppo che non è stato seguito dalla psicologa dello sport ha ottenuto in percentuale
risultati meno brillanti in tutte le abilità mentali prese in considerazione dal
questionario.
Il gruppo NO M.T. riesce a gestire lo stress in maniera adeguata, la spinta motivazionale
è discreta, come discreti sono il livello di autostima, la capacità assertiva e il grado di
attenzione mentre non risultano sufficientemente adeguate le capacità di porsi degli
obiettivi e di raggiungerli, di gestire l'ansia agonistica e di utilizzare l'abilità di
visualizzare il gesto motorio ed altre situazioni inerenti il gioco.
Le differenze fra i due gruppi sono del 6,33% per quanto riguarda la motivazione, del
3,66% nella gestione delle situazioni stressanti, del 6,17% nel livello di stima di sé
come atleti del 6,17% nella capacità assertiva, dell'8,83% nella formazione degli
obiettivi, del 5,16% nella capacità attentiva, del 5,67% nella gestione dell'ansia e del 6,
67% nell'abilità immaginativa.
Possiamo quindi osservare come la capacità di raggiungere delle mete (8,83%), la
capacità di visualizzare il gesto motorio (6,67%) e la motivazione all'attività sportiva
(6,33%) sono i risultati che differenziano maggiormente i due gruppi.
66
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI
Orientare il proprio pensiero, significa anche farlo passare attraverso un percorso che
tocchi ciò che possediamo ora, anziché ricercare ciò che ci manca o di cui dispone il
nostro avversario. E’ molto più produttivo pensare a quello che posso fare, io, adesso,
piuttosto che a ciò che non mi riesce. Pensare in questo senso, è certamente la base sulla
quale costruire la massima prestazione. Orientare il pensiero è possibile con
l’allenamento mentale ed in quanto allenante, va programmato con accuratezza e
precisione, fissando gli obiettivi e verificando periodicamente l’efficacia del protocollo
applicato. “SFERA” è uno dei tanti protocolli utilizzabili, probabilmente tra i meno
complessi ed estremamente applicabile. Le nostre convinzioni di partenza, si sono
consolidate rispetto all’importanza di allenare l’aspetto mentale, sin dall’inizio del
percorso formativo del tennista, finalizzato al raggiungimento della massima
prestazione, osservando l’impegno e l’entusiasmo dimostrato dai ragazzi, nelle otto
settimane di applicazione del protocollo “Sfera”. I dati scaturiti dalla verifica
dell’efficacia di “Sfera”, dal confronto con il “Gruppo di Controllo”, evidenziano un
maggiore incremento della prestazione sul campo, da parte dei soggetti trattati. Da
un’osservazione riassuntiva, è emerso, dal comportamento dei soggetti allenati con
“Sfera”, tenuto durante lo svolgimento dei test, un notevole equilibrio psico-fisico
nell’approccio al lavoro. Va considerato inoltre che l’incremento di alcune prestazioni
mentali, richiedono tempi molto lunghi, certamente diversi dai tempi necessari per
potenziare le prestazioni atletiche o tecniche di un giocatore, per cui è ipotizzabile nel
tempo una maggiore incisività nell’innalzamento della prestazione del mental training.
Per raggiungere questo obiettivo, è indispensabile perseveranza, fiducia e condivisione
dello scopo, da parte del giocatore e del coach.
Il gruppo “Mental Training”, ha ottenuto in tutte le abilità mentali una percentuale di
grado superiore rispetto al gruppo di controllo. Il gruppo appare motivato, in grado di
gestire positivamente le situazioni stressanti, ha mediamente un discreto livello di
autostima e canalizza positivamente la pressione, si prefissa degli obiettivi e li persegue
e gestisce efficacemente l’attenzione. E’ senza dubbio la condizione ideale per
realizzare un lavoro produttivo finalizzato al raggiungimento della massima prestazione.
67
CONSIDERAZIONI FINALI
Sarebbe stato opportuno integrare le ricerche in due ambiti ben individuati:
1) Ampiezza del campione;
2) L’uso del test qualitativo, andrebbe interpretato da una prima somministrazione
anteriore l’inizio del programma di mental training, introducendo un modello di
test – retest.
3) L’indagine, premesso i due punti precedentemente citati, per un maggior numero
prognostico e di affidabilità, potrebbe assumere la struttura di ricerca “a campione
contrapposti” rendendo più facile ulteriori verifiche statistiche come la r. Pearson e
la t. Student.
La qualità dei test, ha come caratteristiche positive:
1) facilità di attuazione;
2) semplicità di comprensione da parte di chi lo esegue;
Tuttavia presenta anche delle limitazioni dovute al ridotto numero di campioni sul quale
questi test possono essere applicati.
Concludendo bisogna sottolineare che il metodo”Sfera”, è sì, uno strumento valido, ma
necessariamente deve essere supportato da strumenti ben più efficaci.
L’azione di controllo, è stata fortemente condizionata dalla stagione (giugno / luglio /
agosto), periodo di impegni agonistici e di ferie precedentemente programmate dalle
famiglie, fattori che hanno reso difficoltosa la formazione di un gruppo di lavoro più
consistente e la stessa compresenza dei ragazzi impegnati nel lavoro di ricerca.
L’alleanza mente e corpo è fondamentale per costruire ed ottenere la massima
prestazione. Va costruita su solide basi iniziando a sviluppare e potenziare le abilità
mentali sin dall’inizio del percorso formativo di un tennista. Il “metodo Sfera”,
relativamente semplice nei contenuti e di pratica applicazione, potrebbe essere uno
strumento valido per il raggiungimento di questo obiettivo.
Calcolo della t di Student per campioni correlati. L’errore standard della differenza è
dato in questo caso dall’espressione al denominatore in cui:
sono gli errori standard delle due medie e r è il coefficiente di correlazione
calcolato sulle due serie di valori.
68
( x1 x2) – (N1 – N2) ( x1 - x2 )– (N1 – N2)
t = S x1 - x2
=
√ S2 x1 + S2 x2 - 2M1S x1 Sx2
Formula generale per il calcolo del coefficiente di correlazione, partendo dagli scarti delle medie delle variabili X e Y
ε (x - x )(y - y )
t = √ [ε (x – 7)2] [ε (y –
Y )2]
Formula per ottenere l’equazione della retta di regressione
ε y – b εx
a = N
= y – bx
ε (x - y )(y - y ) = ε x1 yi
b =
ε (x – x )2 ε x21
Stima della varianza dei valori di y attorno alla retta di regressione
ε (y – y1)2 S2y/x = N - 2
( x1 – x2) - (n1 – n2) t =
69
ALLEGATO
“ESSENZA DELL’ UNO CONTRO UNO”,
TENNIS E SCHERMA A CONFRONTO.
Dallo studio condotto in questo periodo sulla scherma e più precisamente sulla
componente mentale di questo sport, si può affermare ampiamente che si tratta di uno
sport che ha numerose affinità con il tennis.
Affinità che si riscontrano anche dal punto di vista tecnico, tattico, fisico. Trattandosi di
due sport così detti di combattimento, individuali, in cui si è soli nel campo o sulla
pedana,la mente, o meglio l’allenamento mentale gioca un ruolo fondamentale in quello
che può essere il risultato o la formazione di ogni singolo atleta. In questo percorso di
studio, cercando di trarre conclusioni o estrapolare suggerimenti di ordine psicologico
per adottarli nel tennis, si può affermare che molti elementi possono essere adottati nello
sviluppo di tecniche mentali per il tennis. Fondamentale è sicuramente il concetto di
autostima; atleti con scarsa autostima tendono sempre a sottrarsi a compiti difficili,
mentre atleti con elevata autostima cercano compiti difficili. Esempio classico può
essere un tennista che grazie a questa qualità cerca sempre nell’ambito di una partita
soluzioni vincenti, estreme, rischiose, proprio perché hanno una personalità ed una
coscienza dei propri mezzi tale, da permettere loro di pensare e agire in un determinato
modo.
Controllo dell’ansia: gestire l’ansia significa avere una forte e spiccata personalità.Sia
nella scherma che cosi nel tennis, le fasi stressanti sono presenti sia prima che durante
l’evento agonistico. Possono riguardare: movimenti bruschi, involontari, rapidi e
ripetuti con frequenza. Movimenti bruschi della muscolatura del corpo. Rituali durante
la prestazione della gara a livello mentale:
1) Ascolto della musica;
2) Controllo ripetuto e stereotipato della propria arma o racchetta;
3) Controllo minuzioso della divisa o completino;
Abbiamo riscontrato nella scherma che i comportamenti messi in atto prima e durante
l’evento agonistico, che prescindono il gesto tecnico,sono espressione della personalità
e dell’emotività, di ogni singolo atleta, ed è quindi molto importante comprendere
70
quanto lo sviluppo emotivo della persona e quindi dell’atleta agonista (specie tra i 9 e
gli 11 anni) possa poi influenzare il gesto agonistico.
Tutto ciò, lo possiamo riscontrare nel tennis, infatti si sta cercando di allargare questo
concetto di allenamento mentale gia nei primi anni della cosiddetta specializzazione. In
entrambi gli sport la funzione del maestro o del coach , oltre a quella di preparatore
tecnico, gioca un ruolo fondamentale nel modulare la tensione emotiva, in alcuni
momenti contenendola in altri esaltando il gesto tecnico effettuato. E evidente come in
entrambi gli sport ci debba essere da parte del maestro, la giusta comprensione del
comportamento e degli atteggiamenti del proprio atleta, prima e durante l’evento
agonistico, ed evitare ad ogni costo una dipendenza psicologica dell’allievo nei
confronti del maestro presente nel luogo di gara. Anche nella scherma e cosi come nel
tennis è evidente la stretta correlazione tra stato fisico e stato psicologico: un particolare
buono stato di forma fisica comporta anche un migliore atteggiamento psicologico nei
confronti della competizione e di conseguenza una attenuazione della paura e
dell’emotività ad essa collegata. In questo studio parallelo tra i due sport, grazie anche
all’apporto di alcuni tecnici, c’è da considerare che i gesti tecnici corretti sono quelli
che in ogni fase dell’esecuzione possono essere controllati e percepiti attraverso un
adattamento nello spazio e nel tempo. Nell’apprendimento tecnico i maestri cercano
attraverso il loro metodo di rendere il gesto schermistico il più naturale e spontaneo
possibile e tentano di rinforzare le caratteristiche psicologiche indispensabili
all’agonismo sportivo in relazione alla creatività dell’atleta in esercizio: aggressività,
autostima, ambizione.
71
Il Questionario sulle Abilità mentali
Metti una x in uno dei 5 spazi per ognuna delle affermazioni nella seguente lista. Segna solo una risposta per ogni affermazione e metti una crocetta sulla scelta che ti sembra più appropriata. Le scelte sono Sempre, Spesso, Abbastanza, Raramente, Mai. Cerca di essere aperto ed onesto con te stesso e rispondi ad ogni affermazione. NOME………………………….. COGNOME………………
DATA…………………………...
SPORT PRATICATO…………………………………………
ETA’……….
SEM
PRE
SPES
SO
ABB
AST
AN
ZA
RARA
MEN
TE
MA
I
1 Il senso di fiducia che mi dà il fatto di essermi allenato a sufficienza mi sostiene
2 Mi sento sciolto e leggero nei miei movimenti durante la gara
3 Riesco a concentrarmi durante la gara 4 Mi piace immaginare me stesso mentre taglio il traguardo
o vinco la partita
5 Sono molto motivato a dare tutto me stesso in competizione
6 In gara mi capita di arrabbiarmi con qualche avversario o con qualcuno del mio staff
7 Prima della gara mi pento di essermi iscritto e vorrei andare via
8 Sento che il risultato che voglio ottenere è raggiungibile 9 Ho stima di me stesso come atleta 10 Ogni più piccolo imprevisto che capita durante la gara mi
innervosisce
11 Mi ritrovo a pensare a cose che non c’entrano con la competizione
12 Prima della gara mi immagino il percorso o le fasi più importanti della gara
13 Ho un carattere tenace e porto a termine quello che mi propongo di fare
14 Di fronte ad una situazione difficile riesco a mantenere la calma
15 Mi stressa sentirmi dire dall'allenatore quello che devo fare
16 Prima della gara pianifico con cura la meta da conseguire 17 Sono sicuro che come atleta ho molto da dare al pubblico 18 In allenamento mi sento tranquillo, mentre in gara l’ansia
aumenta
19 I gesti dell’avversario o dell’allenatore della parte avversa mi distraggono
20 Ripensare ai miei passati successi sportivi mi è utile per la gara
72
21 Cerco sempre di fare del mio meglio e non aspetto che me lo dica qualcun altro
22 In genere non mi arrabbio mai con nessuno in gara 23 Quando le cose non vanno bene, penso che sia inutile
lottare
24 Durante la gara sono confuso riguardo a ciò che vorrei ottenere dalla competizione
25 Penso di non poter dimostrare nulla di me agli altri come sportivo
26 Quando la situazione in gara si complica inizio ad entrare in confusione
27 La situazione del terreno di gioco (ad esempio è scivoloso) mi distrae
28 Trovo utile immaginarmi il percorso o la scena della gara mezz’ora prima dell’inizio
29 La passione nella mia attività sportiva è fondamentale 30 Reagirei alle scorrettezze degli avversari, ma riesco a
controllarmi
31 Se facessi un errore metterei a repentaglio tutto il lavoro che ho fatto finora
32 Il mio obiettivo è stato definito prima della gara in modo chiaro e specifico
33 Ho ben chiare nella mia mente quali sono le mie capacità a livello tecnico
34 Anche in situazioni difficili riesco a rimanere lucido 35 Mi accorgo che alcuni pensieri negativi diminuiscono la
mia concentrazione
36 Mi ritrovo a pensare a come potrei gestire delle situazioni impreviste in gara
37 Trovo sempre nuovi stimoli per proseguire nel mio sport 38 Quando qualcosa non va vado in escandescenze 39 Mi sento stanco e tendo a non mantenere un ritmo costante
durante la gara
40 Durante la gara pensare ai miei obiettivi mi carica 41 Ultimamente faccio progressi modesti ma preziosi 42 Se le cose non vanno come mi aspetto, sudo o il cuore mi
batte più forte
43 Sono capace di focalizzare la mia attenzione su un’azione importante
44 Visualizzare un’immagine positiva e rilassante mi aiuta a ritrovare la carica
45 I sacrifici non mi spaventano, poiché il mio entusiasmo mi sostiene
46 Discuto animatamente con l’allenatore, i compagni o lo staff
47 Se la gara è molto importante, la notte precedente non dormo bene
48 Durante l’allenamento pensare ai miei obiettivi mi stimola
73
BIBLIOGRAFIA
Giuseppe Vercelli, “Vincere con la mente” Ponte delle grazie srl, Milano 2005
Vercelli G. Bounous G. « Ghiande dello stesso ramo. Trentatre induzioni
ipnotiche per l’attivazione delle risorse dell’inconscio”, ed. Libreria Cortina,
Torino 2004.
Bandura A., “Autoefficacia”. Teoria e applicazioni” Erickson, Trento 2000
Brugnoli M. “Tecniche di Mental Training”
Martens R., “Manuale di psicologia dello sport” Borla, Roma 1991
Canavacciuolo, Rubino, Corolli “La mente al di la della rete”
Questionario sulle abilità mentali – di Marina Gerin Birsa, 2006