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Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di FULBER La MAGIA del Bosco di Rovereto 5 - Le tre marionette e il Campanone

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Page 1: 5 - Le tre marionette e il Campanone - Comune di Rovereto · una giacchetta giallo limone e pantaloni rosso ciliegia. Patapam aveva una maglietta alla marinara a righe rosse e bianche,

Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di FULBER

La MAGIA del Bosco di Rovereto

5 - Le tremarionette

e il Campanone

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La MAGIA del Bosco di Rovereto

– Ho bisogno di te e di un tuo consiglio, Abbecedario – rispose Gellindo tirando fuori una lettera tutta stropicciata. – Leg-gi qui cosa mi è arrivato stamattina...

Il grosso spaventapasseri inforcò gli occhiali che teneva nel taschino, aprì la lettera, la stirò ben bene e lesse ad alta voce:

«Caro Gellindo, ti scriviamo da Ro-vereto – dove abitiamo ormai da molti anni – perché abbiamo urgente bisogno di vederti.

È successa una catastrofe, è accaduto qualcosa di così grave che non possiamo parlartene per lettera.

Metti un gel di ricambio, lo spazzolino e il dentifricio nella borsa e corri qui da noi. Abbiamo bisogno di te.

Le marionette Patapim, Patapum, Patapam!»

– Sembra che i tuoi amici abbiano bisogno di te, a Rovereto... – commentò il maestro restituendo la lettera. – Pensi che sia uno scherzo?

– È per questo che sono qui a chie-derti consiglio...

– Chi sono questi Patapim, Patapum e Pata pam!

– Sono delle vere marionette, simpa-

tiche e sempre allegre. Abitano in una casa tutta bianca a Rovereto e di lavoro divertono i bambini con mille scenette e altrettanti scher zetti.

– Il tono della lettera, però, mi sembra proprio allarmato. Questi tre tuoi amici hanno veramente paura, sembra.

– Allora ci vado? Parto subito?– Se vuoi, la scuola va in vacanza per

quattro giorni. Posso venire anch’io, a Rovereto, a farti compagnia e a darti una mano, se ne avrai bisogno!

– Non ci speravo, Abbecedario – strillò felice Gellindo. – Allora corro a preparare la valigia e ci rivediamo qui tra un’ora...

– Fai due ore, va là, così riesco a in-grassare la mia vecchia moto, a stringere qualche bullone e a lucidare la carrozze-ria. Andiamo a Rovereto in moto, caro il mio scoiattolo... E non vedo l’ora di partire... Eh!Eh! Eh!

Le marionette Patapim, Patapum e Pa-tapam abitavano sul serio in una casa interamente bianca nel cuore del vec-chio borgo di Rove re to. Le pareti erano dipinte di bianco, ma anche le imposte delle finestre e pure le tegole del tetto... le scale erano bianche, così come i corri-mano e le porte interne... Le cornici dei

Gellindo Ghiandedoro si presentò a mezzogiorno meno dieci davanti alla Scuola del Villaggio e rimase in paziente attesa che terminassero le lezioni. A mezzogior-no in punto la campanella si mise a trillare allegra e gli spaventapulcini uscirono dal portone d’ingresso correndo, urlando e gesticolando felici. Poi giunse anche Maestro Abbecedario, che vide lo scoiattolo suo amico e... «Cosa ci fai, Gellindo, qui a scuola? Stai aspettando qualcuno?». Cominciò con queste parole l’avventura che sto per raccontarvi...

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quadri e degli specchi? Bianche! I mobili, i letti e gli armadi? Bianchi candidi! I tap-peti? Erano di color bianco latte intenso! E com’erano vestite, le tre marionette?

Patapim quel giorno indossava una camicia a quadret toni verdi e azzurri, una giacchetta giallo limone e pantaloni rosso ciliegia.

Patapam aveva una maglietta alla marinara a righe rosse e bianche, una giacca azzurro cielo d’estate e pantaloni corti color viola pallido.

Patapum, infine, si presentò alla por-ta con un berretto a punta color verde pisello in testa, una giacca rossa senza camicia e un paio di pantaloni gialli a bolli rosa che gli erano troppo lunghi.

Erano tre isole di colori vivaci e allegri, che risaltavano in tutto quel biancore accecante e monotono.

– Ciao, amico Gellindo! – esclamò Patapum levandosi con gesti meccanici il berretto a punta color verde pisello e inchinandosi a scatti fin quasi a terra.

– Grazie per esser venuto subito – ag-giunse Patapam, che parlava saltellando in modo strano, come se invisibili fili a cui erano appese le braccia, le gambe e il collo lo obbligassero a muoversi in continuazione.

– E questo spaventapasseri, chi è? – chiese Patapim, la cui testa ogni tanto si piegava all’improvviso in avanti o all’in-dietro come se fosse lì lì per staccarsi dal busto e cadere per terra.

– Vi presento il mio amico Abbeceda-rio – esclamò Gellindo entrando in casa. – Di lavoro fa il maestro al mio villaggio ed è un vero pozzo di scienza. Forse può

venirci utile per il vostro problema.Patapum si fermò di scatto, alzò le due

braccia rigide e aprì la bocca per parlare a scatti: – Problema? Di quale problema parli? Abbiamo forse un problema, noi, fratelli? – concluse rivolgendosi a Pata-pim e a Patapam.

Le marionette rimasero per un solo istante ferme immobili a guardarsi l’un l’altra e poi scoppiarono in coro in una solenne risata.

– Ah! Ah! Ah!– Ci siete cascati!!– Guardate che faccia da grulli, questi

due? Eh! Eh! Eh!– Certo che abbiamo un problema –

tagliò corto a metà delle risate Patapam, diventando all’istante serio. – Un proble-ma grave at ta naglia la nostra casa...

– ...ma mette nell’angoscia anche il vecchio borgo... – aggiunse Patapum.

– ...e tutta Rovereto! – concluse Pa-tapim.

– Volete essere un po’ più chiari, per piacere? – domandò Abbecedario, ap-poggiando a terra le borse da viaggio.

– Che ore sono? – chiese ancora Pa-tapim.

Il maestro guardò l’orologio e... – Sono le sei meno cinque, del pomeriggio...

– Allora tra cinque minuti esatti sa-prete ogni cosa. Venite, intanto vi faccio vedere la stanza degli ospiti...

– Meno Cinque... – urlò Patapum tenen-do sott’occhio la cipolla da taschino dello spauracchio Abbecedario.

– Meno quattro... – gli fece eco Pa-tapam.

La MAGIA del Bosco di Rovereto

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– Meno tre...– Meno Due...– Meno uno...– Sono le Sei in punto! – strillarono

in coro le tre marionette variopinte. E alle sei in punto... non accadde proprio nulla!

– Embè? – chiese Gellindo costernato, che s’aspettava chissà chi o chissà che cosa. – Io non vedo nessuno...

– E io non sento niente – disse il mae-stro serio in volto.

– Appunto! – esclamò Patapum. – Il problema è proprio questo...

– Da molti anni – cominciò allora a spiegare Patapam continuando a sal-tellare a destra e a sinistra, – tutti noi di Rovereto eravamo abituati a sentir suonare dal Colle di Miravalle il Dooo-onnn... Doooonnnn... Doooonnnn... del Campanone della Pace.

– Ci potevi perfino regolare l’orologio, da tanto era puntuale la grande campana di bronzo – aggiunse Patapim roteando la testa in circolo.

– E come mai oggi non ha suonato? – Era stato Gellindo a interrompere la storia delle tre marionette.

– Sono tre settimane che il Campano-ne di Miravalle...

– ...non suona più!– Né alle sei di sera e nemmeno a una

qualsiasi altra ora del giorno!– E c’è di peggio – disse ancora Pata-

pum avvicinandosi ai due amici: – sia-mo andati a controllare su, in cima al colle...

– ...e il Campanone...– ...non c’è più!

– Come sarebbe a dire... non c’è più?!

– Non c’è – spiegò Patapam alzan-do la voce e sul punto di scoppiare a piangere. – La grande campana, la bella campana, la pesante campana di bronzo è Sparita!!

– qualCuno l’ha rubata... – buttò lì Patapim.

– e noi SappiaMo Chi è Stato! – concluse Patapum abbassando all’improvviso la voce.

Gellindo e Abbecedario videro dall’altra parte della stanza un bellissimo e como-do divano coi cuscini rossi e fecero per andare a sedersi, quando...

– Aspettate – urlò Patapim, che corse a coprire il divano con un enorme len-zuolo... bianco!

– Voi state dicendoci – disse Gellin-do quando si fu accomodato accanto all’amico maestro, – che quell’enorme campana, la Campana della Pace di Ro-vereto, è stata rubata... però voi sapete chi è il colpevole, vero?

– Mica solo noi, lo sappiamo – obiettò Patapam. – Tutti qui a Rovereto sanno che è stato il drago di Colombano a ru-bare la campana!

– Il drago di... che cosa? – chiese Ab-becedario strabuzzando gli occhi.

– Ma sì, è stato Terragnolo, il drago Terr a gnolo che vive a Colombano... qui sopra, all’imbocco della Vallarsa...

– È stato lui a staccare la campana dai sostegni e a portarsela su, nella sua grotta...

– Dicono che se ne serva per farci

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la polenta ogni sera, oppure per berci l’acqua del torrente Leno quando ha sete – disse Patapum.

Gellindo guardò i tre buffi amici, quelle tre marionette dai cento colori, e il cuore gli si strinse per la commo-zione. – Ma scusate: se tutti sanno che il colpevole è questo drago Terragnolo, perché nessuno l’ha affrontato? Perché i Roveretani non si sono messi insieme e hanno raggiunto la grotta di quel ladro per dargli così una bella lezione?

– Ma sei matto, scoiattolino? – strillò Patapam. – Ah già, ma tu non sai che drago Terra gnolo non è solo grande, grosso, bruttissimo e violento... È anche un drago velenoso!

– Velenoso?!– Certo, basta una sola goccia della

sua saliva per bruciare un gregge intero di pecore – spiegò Patapim.

– E quel drago malandrino riesce a sputare fino a due chilometri di distanza! – precisò Patapum.

– Ditemi voi dove lo troviamo chi ha coraggio da regalare e che se la sente di salire fin su in Vallarsa! – concluse Patapam.

Gellindo guardò Abbecedario e gli strizzò l’occhio destro. Il vecchio mae-stro dapprima impallidì ma poi, vedendo il volto sicuro e sorridente dell’amico, rispose strizzandogli l’occhio sinistro. E così... – Volete conoscere chi potrebbe affrontare il vostro dragone? – domandò Gel lin do con un sorriso furbetto.

– Perché, tu sai chi saprebbe farlo? – fecero in coro le tre marionette.

– Certo! Eccoci qua!

Patapim, Patapum e Patapam si bloccarono nelle pose più assurde e non ebbero più la forza di muoversi. Balbet-tarono soltanto:

– Voi? – Voi Due? – State dicendoci che voi due da

soli...– ...riuscireste a riportare a casa la

nostra Campana della Pace?– Non sarà facile – disse Gellindo, – e

ci vorrà tanto coraggio e anche un piz-zico di fortuna, ma vedrete che alla fine ce la faremo. Vero Abbecedario?

– Certo, come no – rispose d’istinto lo spauracchio, che però poi si girò a guardare lo scoiattolo e... – Ma come faremo? Hai un piano?

– Gellindo Ghiandedoro ha sempre un piano, quando gli amici hanno biso-gno di lui... Eh! Eh! Eh!

Lo scoiattolo e il maestro erano in cammino da meno di mezz’ora su per il sentiero che porta in Vallarsa, seguiti a una certa distanza dalle tre marionette Patapim, Patapum e Patapam e dagli abitanti di Rovereto.

Gellindo trotterellava in prima posi-zione raccogliendo papaveri per farne un gran mazzo, mentre Abbecedario spingeva ansimando un carretto sul quale era fissato un grosso pentolone colmo di latte tiepido addolcito con il miele.

– Capisco che i latte serve per richia-mare l’attenzione di drago Terragnolo – sussurrò Abbecedario cercando di stare al passo dell’amico, – ma con tutti quei

La MAGIA del Bosco di Rovereto

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papaveri cosa hai in mente di fare??– SSSShhhh!Era stato Gellindo a richiamare il si-

lenzio, a fermarsi in mezzo al sentiero e ad aguzzare la vista.

– L’hai sentito forse? – chiese il mae-stro spauracchio.

– No, meglio ancora: l’ho visto! – sus-surrò lo scoiattolo.

– Hai visto il drago?– Certo, lo vedi anche tu? Laggiù, al

piedi della roccia...Abbecedario guardò nella direzione

del dito dell’amico e finalmente lo vide! Il cuore gli si fermò, le gambe presero a tremare e le mani fecero fatica a strin-gere il timone del carretto.

– Seguimi, forza! – lo incitò Gellindo, che senza dimostrar paura corse ad appoggiare la pentola con il latte dolce a portata di narici del mostro. Poi tolse i semi ai papaveri che aveva in mano e li

f i n e

versò nel latte, mescolandoli piano piano con una zampina.

Quando il drago si svegliò al dolce profumo del latte, non vide lo scoiattolo, non vide il grosso spaventapasseri con la bombetta in testa, non vide in lonta-nanza le tre marionette e i roveretani in attesa: si piegò sul latte e lo bevve con un solo, lunghissimo sorso. Dopo di che cadde a terra addormentato come un ghiro e nessuno lo svegliò più... perché tutti sanno che i semi di papavero hanno il potere di addormentare chiunque, lo voglia o no!

Tutti assieme caricarono il mostro sul carretto e lo portarono fin sulla vetta del vicino Monte Zugna. Lassù venne chiuso in un buco della montagna e di lui non si seppe più nulla.

Solo allora scoppiò una gran festa, fat-ta di canti, balli e gran risate. Una festa che durò due giorni e due notti intere!

La MAGIA del Bosco di Rovereto

Fu così che le tre marionette e la gente di Rovereto ritornarono in possesso della loro Campana della Pace. Ancor oggi, ogni giorno sul far della sera, dal Colle di Miravalle si odono i rintocchi della campana fatta costruire con il bronzo dei cannoni delle guerre di tutto il mondo. Se poi volete conoscere di persona i simpatici Patapim, Patapum e Patapam, basta che visitiate il museo (tutto bianco!) di Casa Depero, nel cuore della vecchia Rovereto. I più coraggiosi, invece, potranno raggiungere all’imbocco della Vallarsa il santuario di San Colombano, sorto proprio nei pressi del luogo in cui Gellindo e Abbece-dario sconfissero il cattivo drago Terragnolo, oppure addirittura la cima del Monte Zugna per divertirsi a scoprire il buco nella roccia nel quale è tuttora prigioniero il mostro.

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Per saperne di più di Silvia Vernaccini

Una sala di Casa Depero.

IERI Fortunato Depero a RoveretoFortunato Depero, nasce a Fondo in Valle di Non (1892), ma in realtà è roveretano di adozione, tanto che alla sua morte (1960) lascia appunto alla comunità di Rovereto la sua casa-museo. Appassionato artista autodidatta, fin da gio-vane riempie centinaia di fogli con disegni di linee dinamiche, che corrispondono ai suoi stati d’animo e alle sue emozioni. Insieme alla moglie, la cara Rosetta, si reca a Roma quando l’ormai emergente “Movimento fu-turista” – rappresentato da artisti famosi quali Balla, Boccioni, Prampolini, Marinet-ti… – si sta impegnando in nuovi linguaggi artistici. E proprio assieme a Giacomo Balla firma il Manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo (1915), inneggiante all’uscita dell’arte dai tradizionali concetti di pittura e scultura, a favore della ricerca di uno spazio

e di un’emozione che sappiano coinvolgere nello stesso tempo tutti i cinque sensi: un modo insomma più giocoso e divertente di vivere l’arte. Ecco così la presenza nelle sue opere della musica, degli odori, delle luci, l’invenzione di “paesaggi artificiali”, di “animali metallici”, di “flora magica astratta”, di “marionette”, che sono una specie di giocattoli con cui teoriz-zerà i Complessi plastici, frutto della sua amicizia con il pittore svizzero Gilbert Cla-vel. Dopo la prima guerra mondiale il nostro De-pero s’impegna in un Futurismo improntato più sulla simultaneità, sulla velocità e, so-prattutto, sul nuovo rapporto uomo-macchi-na che sta emergendo dalla moderna socie-tà; in seguito alla sua esperienza a New York, dove nascono importanti disegni e quadri con il sul tema “città-industria”, sottoscrive infatti con Tommaso Marinetti e altri futuri-sti il Manifesto dell’Aeropittura futurista

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Curiosità

• Per il suo Museo, Fortunato Depero scelse il palazzo medioevale del Monte dei Pegni, al suo interno decorato con fregi rinascimen-tali: l’edificio, che in passato custodiva gli oggetti di valore della gente a garanzia del denaro che riceveva in prestito, divenne così scrigno di opere d’arte oggi di inestimabile valore.

• Le due cariatidi che osservano il cliente en-trare nella Cappelleria Bacca in via Rialto, lo storico negozio (1823) arredato ancora con mobilia dell’epoca, sono state progettate proprio da Fortunato Depero.

(1929) che intende esaltare l’idea del volo compreso quella dell’aeroplano in sé. Depero crea servendosi di tantissimi ma-teriali e, guardando le sue opere, sembra proprio divertirsi! Così è anche con la gra-fica pubblicitaria, dove in cui si muove con disinvolta libertà nell’universo merceologi-co: Cicli Bianchi, Campari – la bottiglietta dell’aperitivo Campari Soda da 10 cl è anco-ra quella firmata da Depero 80 anni fa – il liquore Strega, l’AGIP Gas, la matita Venus per la quale inventa un uomo/matita e tanti altri prodotti ancora. Per tutti, compresa la sua produzione arti-stica per l’ENIT-Ente nazionale italiano per il turismo, riesce a presentare il prodotto non nel suo essere oggetto, magari eccessi-vamente decorato secondo il gusto allora ancora imperante, ma come tutt’uno con ciò che quel prodotto richiama, anche grazie all’innesto di più tecniche (collage, pittura, caratteri tipografici…). Parola e immagine si fondono in simboli, an-ticipando tecniche pubblicitarie che verran-no poi utilizzate nei decenni successivi.Infine non va dimenticata la produzione di arazzi o, meglio, di “tarsie di stoffe”, che av-via a Rovereto grazie all’aiuto sempre com-prensivo della moglie Rosetta. Si tratta di un laboratorio che intende con-trastare la diffusione allora di tappeti per-siani e francesi; la bottega prende il nome di Casa d’arte futurista, un’autentica officina che, in linea con la poetica futurista di De-pero, sforna immagini di realtà ma anche di

Sopra: il MART di Rovereto. Sotto: le “cariatidi” del negozio Bacca, disegnate da F. Depero.

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OGGI Casa d’Arte Futurista Depero

Rovereto, Via Portici 38tel. 0464 431813; 800 397760www.mart.tn.it [email protected] lunedì; sbarrierato; Family in Trentino;book shop e gift shopvisite guidate; laboratori per adulti e bambini: tel. 0464 454108; [email protected] informatizzazione della collezione

La Galleria Museo voluta da Fortunato Depero – ufficialmente aperta al pubbli-co nel 1959 in via della Terra, nel cuore medioevale di Rovereto – è il primo mu-seo futurista in assoluto: sorse grazie a un accordo tra l’artista e l’amministrazio-ne comunale di Rovereto. Quest’ultima, infatti, acquisiva l’opera artistica e documentaria di Depero con l’obbligo di esporla nella Galleria Museo, mentre l’artista s’impegnava a sostituire le opere vendute con altre di nuova cre-azione; gli introiti erano spartiti a metà. L’artista, che lavora instancabilmente, muore nel 1960 ma è solo dopo la morte della moglie Rosetta Amadori (1975) che l’intera produzione passa in esclusiva al comune di Rovereto. Depero progettò e creò questo museo nella sua interezza, distribuendovi deco-razioni a “greche” e a mosaico sulle pareti, nonché mobili futuristi a intarsio e riem-piendo lo spazio con i suoi dipinti, con i colorati “arazzi” in panno come Il corteo della gran bambola o Festa della sedia, con le marionette dei Balli Plastici, con gli in-confondibili manifesti della pubblicità. Il tutto per descrivere “la ricostruzione futurista dell’Universo” in un ritmo coin-

volgente ed entusiasta, capace di esaltare il mito della tecnologia e della velocità. Oggi si chiama Casa d’Arte Futurista De-pero e ci entrate da via Portici (ingloba infatti ora l’adiacente Casa Caden: non è proprio l’originale Galleria Museo ma la sua visita è comunque davvero emozio-nante. Dal 1987 fa parte del MART e i restauri conservativi del piano terra e integrativi del primo e secondo piano, che Depero non era riuscito a completare, hanno di fatto ridato luce alla qualità architetto-nica del museo, sottolineando la multi-forme attività del suo fondatore. L’ultimo piano è occupato da mostre temporanee che fanno conoscere questo ricco patri-monio artistico e archivistico.

Istituto d’Arte-Liceo Artistico “Fortunato Depero”

38068 RoveretoSede: via delle Fosse 9; tel. 0464 [email protected]: via Balista; tel. 0464 750375

Se anche voi ragazzi siete un po’ artisti o comunque amate il fantastico mon-do dell’arte, prendete in considerazione l’Istituto d’Arte “Fortunato Depero” che, assieme all’Istituto d’Arte “Andrea Vitto-ria” di Trento (e alla Scuola d’Arte di Poz-za di Fassa specializzata nella lavorazione del legno), insegna agli studenti i segreti del lavoro creativo in tutte le varie sfac-cettature, dall’ideazione alla realizzazio-ne pratica. Per iniziare potete cominciare col fre-quentare i diversi laboratori organizzati con l’Area Scuola della Sezione Didattica del MART.

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Sopra: la vecchia insegna della Galleria Museo Depero. Sotto: un’altra sala di Casa Depero.