6. descrizione ed analisi del problema meccanico · ü protezione meccanica della parete ü...

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6. Descrizione ed analisi del problema meccanico 6.1 Introduzione In questo capitolo verranno esposti in modo organico i temi al centro della ricerca effettuata. Per poter avere una visione precisa saranno evidenziati i dati di diretto interesse ingegneristico avulsi dai dettagli medici. Inoltre saranno esposte tutte le idee di natura biologica prese in considerazione nel corso del lavoro. Infine, per la direzione scelta, saranno illustrati i dettagli ed i possibili modelli matematici per l’applicazione reale del meccanismo di locomozione proposto. 6.2 Morfologie delle sezioni da attraversare

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Page 1: 6. Descrizione ed analisi del problema meccanico · ü protezione meccanica della parete ü barriera alla diffusione di sostanze idrofiliche ... Il meccanismo di locomozione dei lombrichi

6. Descrizione ed analisi del problema

meccanico

6.1 Introduzione

In questo capitolo verranno esposti in modo organico i temi alcentro della ricerca effettuata. Per poter avere una visione precisasaranno evidenziati i dati di diretto interesse ingegneristico avulsi daidettagli medici.

Inoltre saranno esposte tutte le idee di natura biologica prese inconsiderazione nel corso del lavoro.

Infine, per la direzione scelta, saranno illustrati i dettagli ed ipossibili modelli matematici per l’applicazione reale del meccanismo di locomozione proposto.

6.2 Morfologie delle sezioni da attraversare

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.2

L’apparato digerente è composto da numerosi organi, alcuni deiquali, anche nel capitolo dedicato alla anatomia, sono staticompletamente ignorati. Nello specifico, l’esofago, lo stomaco, ilduodeno ed il retto, sono ben raggiungibili con gli strumentitradizionali e quindi non sono stati analizzati nel dettaglio.

6.2.1 Intestino tenue, Digiuno

Questo tratto dell’apparato digerente è caratterizzato dalla presenza di una sezione di passaggio pressoché circolare. Il diametro internomedio è compreso tra 25 e 30 mm nell’adulto. Lo spessore dellaparete è da 3 a 5 mm. La lunghezza media di questo tratto, in vivo, è di 1200 mm.

Fig. 6.1

Come mostrato in figura 6.1, la sezione è frequentemente ostruitada pliche mucose, che si elevano trasversalmente all’asse del viscereper una frazione della sezione, raramente per l’intera area di

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.3

passaggio. Inoltre l’intera superficie interna è ricoperta dai villiintestinali, la cui altezza varia da 0,32 a 0,57 mm. Deve esserecomunque sottolineato che tutte le strutture biologiche presentiall’interno di questo tratto dell’intestino tenue, non hanno laconsistenza tale da opporre una vera e proprio resistenza meccanicaall’avanzamento. Infatti le uniche difficoltà riscontrate sperimental-mente nell’attraversare questo tratto sono la presenza di numerosecurve e la estrema mobilità del tubo se sottoposto ad azionimeccaniche. Quest’ultima caratteristica è dovuta alle condizioni divincolo che sono molto limitate: solo il mesentere collega il tenue alfondo della cavità addominale.

6.2.2 Intestino tenue, Ileo

Questo terzo tratto dell’intestino tenue è caratterizzato dalla minore sezione di passaggio. Infatti il diametro interno è compreso tra 16 e22 mm nel media degli individui adulti. Lo spessore della parete variada 3 a 4 mm. La lunghezza media in vivo è di 1600 mm.

Fig. 6.2

Come mostrato nella figura 6.2, anche in questo caso la sezione èpressoché circolare, con rare pliche mucose, che si elevano

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.4

trasversalmente all’asse del viscere per una frazione della sezione.Sebbene in modo meno pronunciato rispetto al digiuno, la superficie è ricoperta di villi intestinali.

6.2.3 Sfintere ileo-ciecale

Questo è sicuramente l’ostacolo più difficile da superare nel percorso intestinale. Si tratta di piccolo orifizio contornato da fibre muscolaricircolari con lo specifico compito di chiudere la sezione di passaggio.Nel caso dello sfintere ileo-ciecale, si ha passaggio di materia soloquando la pressione, nel tratto finale dell’ileo, raggiunge il valorecritico tale da superare la resistenza opposta dalle fibre muscolari dicui sopra. Quindi il superamento di questa sezione è realizzabile solose il dispositivo endoscopico percorre l’intestino in senso concorde aquello del cibo digerito. In caso contrario la forza da generare èsicuramente tale da avere un rischio elevato di provocare lacerazioni e gravi lesioni al paziente. Comunque esistono in letteratura medica casi estremi in cui è stato provato questo tipo di approccio, con l’uso difibroendoscopi tradizionali, per curare patologie nell’immediatevicinanze dello sfintere stesso.

6.2.4 Intestino crasso

L’intestino crasso ha una sezione di forma molto particolare:trilobata. Il diametro interno varia notevolmente nel sensolongitudinale e passa dai 20-25 mm nella zona del retto ai 60-65 mmall’altezza dello sfintere ileo-ciecale. Lo spessore è compreso tra 6 e7 mm. La lunghezza media in un individuo adulto è di 1420 mm.

La tipica sezione trilobata è dovuta alla presenza di tre tenie (fibremuscolari) longitudinali che percorrono il colon per tutta la lunghezza. Tra le tenie, come mostrato in figura 6.3, l’intestino crasso èsacculato, con la formazione delle haustra.

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6.5

Fig. 6.3

Queste concavità, separate dalle pliche semilunari, sporgono nellume a tutto spessore, mantenendo però una distanza maggiorerispetto alle valvole conniventi dell’intestino tenue.

6.3 Secrezioni digestive

Durante il percorso dentro l’organismo umano, il cibo vieneaddizionato ad una grande varietà di sostanze secrete localmente daivari organi coinvolti. Per chiarezza si riportano nella tabella 6.1 tutte le sostanze con indicazione del ruolo funzionale e dell’organo sorgente.

Come si evince dalla tabella stessa si tratta di una grande quantitàdi sostanze e di funzioni. In questa trattazione l’attenzione saràfocalizzata sul muco intestinale.

Tutta la mucosa intestinale, dal duodeno al retto, produce secrezioni che contengono muco, elettroliti ed acqua. Il volume totale di talisecrezioni è di circa 1500 ml al giorno. La natura delle secrezioni ed imeccanismi che le regolano sono differenti da un tratto all’altrodell’intestino.

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6.6

Succhidigestivi

Sorgente Sostanze Ruolo funzionale

Saliva Ghiandole salivariMuco Lubrifica il bolo, facilita la

mescolanza dei cibi. Amilasi Gli enzimi attivano la

digestione dell'amido. Bicarbonato di sodio Aumento del pH.Acqua Diluisce e facilita la

mescolanza dei cibi. Succo gastrico Ghiandole gastriche Pepsina Digerisce le proteine.

Acido cloridrico Denatura le proteina ediminuisce il pH perfavorire la funzione dellapepsina.

Muco Lubrifica e protegge lamucosa gastrica.

Acqua Diluisce e facilita lamescolanza dei cibi.

Succopancreatico

PancreasProteasi Enzimi che digeriscono

proteine e polipeptidi.Lipasi Enzimi che digeriscono i

lipidi.Colipasi Coenzima che concorre

con la lipasi alladigestione dei lipidi.

Nucleasi Enzima che digerisce gliacidi nucleici (DNA eRNA).

Amilasi Enzima che digeriscel'amido.

Acqua Diluisce e facilita ilmescolamento dellesostanze.

Muco Lubrifica.Bicarbonato di sodio Aumento del pH.

Bile Fegato Lecitina e sali biliari Emulsione dei lipidiBicarbonato di sodio Aumento del pH.Colesterolo Espulsione dell'eccesso di

colesterolo nel corpotramite le feci.

Prodotti delladisintossicazione

Prodotti dalle celluleepatiche e escreti con lefeci.

Pigmenti biliari Prodotti dell'emolisi delsangue, escreti con lefeci.

Muco Lubrifica.Acqua Diluisce e facilita il

mescolamento dellesostanze.

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6.7

Succointestinale Mucosa dell'intestino

Muco Lubrifica.

Bicarbonato di sodio Aumento del pH.Acqua Diluisce e facilita il

mescolamento dellesostanze, in questa zonain piccola quantità.

Tab. 6.1

6.3.1 Caratteristiche reologiche del muco

Il muco costituisce uno strato continuo dallo stomaco al colon conspessore variabile, da 20 micron nel tenue fino a 800 micron nelcrasso , la cui funzione è quella di proteggere tali organi da attacchimeccanici e chimici. E' formato da due strati: uno intimamente legatoalla mucosa del gastro-intestino ed uno più esterno e facilmenterimuovibile.

Possiede diverse funzioni, in particolare:

ü lubrificazione e protezione della mucosa dall'ambiente ostiledel lume gastro-intestinale (per questo contiene ioni HCO3-,che tamponano gli ioni H+).

ü protezione meccanica della pareteü barriera alla diffusione di sostanze idrofilicheü protezione dalle proteasiü protezione da virus, batteri e parassiti (i suoi residui

oligosaccaridici sono in grado di legarli)

E' prodotto dalle ghiandole di Brunner, nel tratto del duodeno e dalle cripte di Lieberkühn nella restante parte dell’intestino tenue. Una volta liberato sulla superficie epiteliale, il muco si idrata, si espande e forma un materiale simile a un gel. A differenza dei gel composti solo dacarboidrati si presenta più fragile dal punto di vista meccanico emostra un comportamento non-newtoniano. E' sensibile agli sforzi ditaglio e alla concentrazione delle sostanze contenute nel lume gastro-

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.8

intestinale. Il mantenimento di un adeguata idratazione è essenzialeper le funzioni del muco.

Il muco è costituito da una miscela complessa di proteine,glicoproteine, lipidi, proteoglicani, acidi nucleici, cellule epitelialistaccate dall'epitelio per esfoliazione, legati insieme da legami non-covalenti, in particolare di tipo idrofobico. Tuttavia le proprietàprotettive del muco sono correlate principalmente alla strutturapolimerica della sua porzione glicoproteica, rappresentata dallemucine.

Le mucine formano circa il 90% del muco totale. Le mucine sonoglicoproteine costituite da un cuore formato da proteine altamenteglicosilate (resistente alla proteolisi) e da una regione parzialmente onon glicosilata (sensibile alla proteolisi).

La composizione aminoacidica della parte proteica delle mucinecontiene:

15% serina15% treonina13% prolina20% aminoacidi acidi19% aminoacidi idrofobici11% aminoacidi basici8% glicina

La struttura polimerica che le mucine presentano è legata allaformazione di ponti disolfuro, che legano i singoli monomeri insieme(circa 150 ponti S-S per ciascuna molecola di mucina); sono presentiinoltre molti gruppi -SH liberi.

La composizione oligosaccaridica è costituita da catene laterali di10-20 residui di O-glicani legati con legami O-glicosidici, in particolare: N acetilgalattosammina, fucosio, N acetilglicosammina, galattosio eacido sialico. E’ presente anche una porzione minore di N-glicani.

La viscosità intrinseca delle mucine, in forma polimerica, è di circa240 g/ml, decresce sensibilmente in seguito a digestione del muco.

La massa molecolare è di circa 11 x 106 in quello umano, mentrescende a 5,5 x 106 per il muco di maiale. Il muco può essere

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.9

prelevato dall'animale e la porzione di mucine può essere isolata epurificata mediante protocolli standard.

Il muco si presenta come un gel visco-elastico composto da un'alta percentuale di acqua, glicoproteine, ioni (ione potassio, sodio, cloruro, bicarbonato) ed enzimi (peptidasi, nucleasi ed enterocinasi), ma la sua composizione specifica può variare in funzione del sesso, dell'età,della digestione e di patologie. In particolare la composizione del muco varia in funzione della parte del tratto gastro-intestinale che si vuoleanalizzare: infatti, nel duodeno il muco è più ricco di ioni bicarbonatoper neutralizzare l'acidità proveniente dallo stomaco, mentre il lorocontenuto nel resto dell'intestino è sempre minore.

6.3.2 La mucina

La mucina è costituita da due tipi di glicoproteine ad alto pesomolecolare secrete dalle cellule epiteliali della mucosa gastro-intestinale: un tipo ricco di residui di serina, treonina e prolina, ealtamente O-glicosilate, l'altro tipo ricco di residui di cisteina e conmeno legami O-glicosilati.

Queste glicoproteine, per la presenza di gruppi -SH (cisteina),formano ponti disolfuro S-S, che sono quindi responsabili delleproprietà reologiche del muco.

La composizione chimica delle glicoproteine è di circa il 77% dicarboidrati, il 21% di proteine, di cui il 52% di serina, treonina eprolina. Queste glicoproteine hanno una elevata carica negativadovuta dalla presenza del 3,1% di esteri solfati e del 18,3% di acidosialico.

6.4 Possibili meccanismi di locomozione biologica

Come già mostrato nei capitoli precedenti, i possibili meccanismi dilocomozione sono moltissimi. Già la letteratura ed i numerosi brevetti presentano tantissime soluzioni. In coerenza, con la scelta di fondo del

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6.10

progetto BIOLOCH, si sono investigati vari modelli di adesione e/olocomozione di derivazione biologica.

In questa direzione, le strade percorribili sono ancora una voltainnumerevoli. Nei paragrafi seguenti saranno descritte tutte le vieprese in considerazione e saranno quindi esposte le motivazioni chehanno portato a metterle da parte.

6.4.1 Modello basato sul lombrico

Il meccanismo di locomozione dei lombrichi è parso subitointeressante, soprattutto perché questi piccoli invertebrati sono ingrado avanzare in ambienti ostici e di scavare tunnel nella terra. Laspinta propulsiva è generata dalla contrazione di fibre muscolaricircolari intorno ad una camera chiusa piena di fluido incomprimibile(vedi paragrafo ...). In questo modo l’elemento di allunga e si genera uno spostamento in direzione assiale.

Per contro due ostacoli sono risultati allo stato insuperabili. Primo e fondamentale, la necessità di realizzare un ancoraggio estremamentestabile per poter effettivamente avanzare e non solo allungarsi erestringersi. Infatti come illustrato nei capitoli precedenti, molti gruppidi ricerca hanno usato meccanismi simili avendo sempre il problemaancora irrisolto dell’adesione. Il secondo è la difficoltà di realizzare econtrollare un robot lombrico di dimensioni così ridotte.

6.4.2 Modello basato sul serpente

Anche i serpenti sono in grado di avanzare in ambienti particolaricome distese di sabbie e rocce. In questo caso, l’avanzamento èrealizzato tramite ondeggiamenti della spina dorsale. L’onda più vicina alla coda e la relativa sabbia accumulata intorno al questa vengonousate come punto d’appoggio per spingere in avanti il resto del corpo. Localmente la rotazione tra le vertebre è realizzata con la contrazione dei muscoli che le collegano una all’altra.

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6.11

L’idea è molto affascinate ed anche questa è stata usata da moltiricercatori per realizzare prototipi di vario tipo. Però la necessità direalizzare un grande numero di elementi per poter replicare questotipo di locomozione rende allo stato attuale difficile immaginare dipoter arrivare al livello di miniaturizzazione richiesta per l’applicazione in esame. Inoltre il sistema di controllo di un robot di questo tipopresenta una complessità notevole.

6.4.3 Modello basato sull’avena sativa

Nel paragrafo 2.3.2 è stato descritto in modo dettagliato l’ingegnoso comportamento del seme di questa pianta per poter raggiungere unavasta superficie.

Lo spunto è sicuramente promettente ma non pare essereapplicabile al problema in discussione. Innanzi tutto perché le fibredell’avena sativa sono dei materiali a memoria di forma che sonosensibili all’umidità, quindi all’interno del tubo digerente non èpossibile sfruttare questa caratteristica. Inoltre il moto è dovuto allaamplificazione della rotazione tramite una lunga leva, da cui è difficile pensare ad una miniaturizzazione sufficientemente spinta perrealizzare una prototipo delle dimensioni volute.

6.4.4 Modello basato sulla tenia

Il comportamento di questo parassita intestinale è di estremointeresse dato che si tratta un microrganismo che vive nell’intestino.

La struttura è caratterizzata da una testa uncinata che si attaccaalla parete intestinale, da un lungo corpo che si distende liberamenteall’interno del tubo digerente ed da una estremità libera. Ilmeccanismo di attacco alla parete intestinale è molto efficiente. Comemostrato in figura 6.4, l’estremità di attacco è caratterizzata dallapresenza una appendice (indicata in figura con la lettera G) cheaggredisce la valle che si forma tra due villi intestinali. Quest’ultima è

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6.12

inoltre dotata di uncini comegià evidenziato nel capitolo 2.Inoltre, nella zona indicata infigura con la lettera A, la tenia ha quattro apparati muscolaridiametrali che fungono daventose.

Nella realtà, la tenia non ha un vero e proprio sistema dilocomozione, dato che simuove in modo indipendentesolo nella fase di attacco allaparete intestinale; ma si tratta di piccole contrazionimuscolari che consentono aquesto parassita di insinuarsistabilmente tra i villiintestinali. Da questo segue un notevole interesse nel cercaredi replicare proprio ilmeccanismo di adesione.

In questa direzione molto promettente lavorano già da alcuni anni i colleghi del gruppo del Sant’Anna. Da questo e dalla volontà dirivolgere la ricerca verso i sistemi di locomozione deriva la scelta dinon seguire questa strada.

6.4.5 Modello basato sul geco

Anche questo piccolo rettile insettivoro è da molti anni al centro di numerosi lavori di ricerca. La capacità di camminare sui muri inqualsiasi direzione è la principale caratteristica che è stata studiata in modo approfondito. Il geco riesce nelle sue evoluzioni grazie ad unasuperficie estremamente sofisticata presente sui polpastrelli: unenorme numero di microscopici filamenti ricopre questi ultimi (vedifigura 6.5) e dalle interazioni di Van der Waals che nascono con la

Fig. 6.4

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6.13

parete si genera la forza che consente al geco di vincere la forza digravità.

I gechi riescono a muoversiutilizzando quattro zampette, tramite le quali aderiscono alla superficie,attaccando e staccando i loro piedi con una velocità dell'ordine dei millisecondi.

I piedi dei gechi sono caratterizzatidalla presenza di setole e di spatule, le cui dimensioni sono molto piccole (nonsono visibili ad occhio nudo). Ci sonocirca 500.000 setole per ciascun piedee da 100 a 1.000 spatule nell'estremità di ciascuna setola. Il diametro dellaspatula è delle dimensioni di circa 200-500 nanometri.

Questi rettili hanno la capacità dimuoversi ad una velocità di circa unmetro al secondo. Il movimento dei gechi è caratterizzato dallapresenza di deboli interazioni elettrodinamiche esercitate dalle spatole e dalle setule sulle superfici, che moltiplicate per un elevato numero,creano forze adesive molto potenti.

Le forze di interazione che giocano un ruolo molto importante nelmovimento dei gechi sono le forze di Van der Waals, deboli forze che se vengono però esercitate da un'ampia superficie determinano unarisultante significativa.

I piedi e le punte di geco sono articolati per ottimizzare l'adesione e il distacco da una superficie. Per staccarsi da una superficie, le puntesono articolate in maniera tale che possono staccarsi via dallasuperficie come il nastro. La separazione di una setula specificaavviene quando il vettore della forza è vicino a 30 gradi dallasuperficie.

Alcuni gruppi di ricerca come Kellar Autumn e Robert J. Full, stanno cercando di realizzare sistemi robotici capaci di simulare il movimentodei gechi, attualmente queste piccole macchine sono capaci di

Fig. 6.5

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.14

muoversi su superfici verticali utilizzando una gomma adesiva perattaccarsi.

Dei possibili meccanismi di adesione dovuti ad interazioni chimichetra l’endoscopio e la parete intestinale si tratterà dettagliatamente nel ultimo paragrafo di questo capitolo dedicato alla mucoadesione.

6.4.6 Modello basato sulla lumaca

La lumaca è un gasteropode, che si presenta con un corpo moltomorbido e caratterizzato dalla presenza di una tesa e di un piedeappiattito. Il corpo viene protetto da una copertura rigida che leconferisce sicurezza dagli attacchi esterni.Le lumache si muovono strisciando sulle varie superfici grazie allapresenza di piedi, sui quali sono presenti delle ghiandole chesecernono muco (di consistenza liquida). Il movimento delle lumache è di tipo ondulatorio, riescono a muoversi esercitando una certapressione sul suolo dove si appoggiano e a creare così un motoondeggiato in avanti.

La lumaca e il lumacone hannocaratteristiche fisiche molto simili,ad eccezione della presenza, nellalumaca, del guscio di rivestimento; il movimento però è molto simile,si spingono in avanti, facendo forza sulla superficie di appoggio creando dei movimenti ondulatori, ma,mentre il movimento della lumacaè a tratti, quello del lumacone ècontinuo.La secrezione del muco , presente

nella lumaca in una sacca interna, consente di muoversi su superficiparticolari ,per esempio, superfici rugose), materiali taglienti esuperfici verticali.

Fig. 6.6

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6.15

6.4.7 Modello basato sulla drosofila

La drosofila è una larva che si muove sul substrato per contrazioniperistaltiche. Nel comportamento normale,questa larva avanza peruna sequenza coordinata di contrazioni peristaltiche che percorrono ilcorpo dalla parte posteriore verso la parte anteriore. Nel caso diarretramento il comportamento è inverso.

I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno condotto degliesperimenti tesi a realizzare larve di drosofila senza alcuna rispostasensoriale. In questo caso il moto peristaltico è comunque indotto dai circuiti oscillatori che sono presenti nel sistema nervoso centrale, manon essendovi alcuna catena in retroazione sensoriale, questo risultapressoché casuale. Nonostante questo, i ricercatori hanno riscontratosperimentalmente una sorta di avanzamento anche se menopronunciato di quello registrato sulle larve naturali.

In figura 6.7 sono mostrate tre fasi successive di contrazione nellelarve modificate.

Fig. 6.7

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.16

6.5 Modelli meccanici di derivazione biologica

In questo paragrafo saranno approfonditi, negli aspetti tipici dellameccanica, alcuni sistemi biologici di locomozione ed adesione ritenuti interessanti per questa ricerca.

Di sicuro interesse è la locomozione dei serpenti. In particolare, sitratta di approfondire sia il modo in cui questi avanzano, interagendocon l’ambiente, sia i meccanismi interni che sfruttano per poteravanzare.

Contrariamente a quanto si possa pensare i serpenti avanzano conandature diverse. In questa trattazione saranno citate solo le dueseguenti: strisciamento(serpentine crawling), side-winding.

La prima è sicuramente lapiù diffusa e la più usata dalla maggior parte dei serpenti econsiste in un motosimultaneo di tutte le parti del corpo, con un continuocontatto strisciante con ilterreno. In sostanza si trattadi onde di curvatura cheviaggiano indietro lungo ilcorpo del serpente e lospingono in avanti. Comemostrato in figura 6.8, si èsemplificato il corpo delserpente con uno zigzag. Inquesto modo si puòcomunque studiare il motosenza dover introdurre inutilicomplicazioni geometriche. Siconsidera il moto di unsingolo elementino. Perché si

D dm

DµAd m g

DµΤd m g

λ

φ

Fig. 6.8

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6.17

possa avere un moto nella direzione voluta è necessario che larisultante delle forze applicate al singolo elemento abbia unacomponente positiva nella direzione di avanzamento del serpente.Avendo definito un coefficiente d’attrito µA nella direzione diavanzamento dell’intero animale ed uno trasversale alla direzionestessa µT, è relativamente semplice individuare la condizione minimaper cui è possibile l’avanzamento (trattandosi di attrito dinamico,entrambi i coefficiente qui riportati sono dinamici). Infatticonsiderando i singoli tratti semplificati del corpo inclinati di un angolo φ per avere avanzamento è necessario che la componente, lungo ilcorpo del serpente, dell’attrito trasversale sia maggiore dellacomponente dell’attrito assiale nella direzione stessa. Ciò è mostratodella seguente relazione:

gdmgdm AT ⋅⋅⋅>⋅⋅⋅ )cos()sin( φµφµ

da cui segue che

T

A

µµ

φ >)tan(

Nella realtà i serpenti si muovono in ambienti non omogenei ementre avanzano vengono a contatto con molti corpi diversi. Perquesti motivi il serpente durante il moto deve adattare localmente lapostura alla coefficiente d’attrito di ciascun punto di contatto. Inparticolare i serpenti non usano questa andatura su superfici conbasso coefficiente d’attrito e nei passaggi stretti.

A differenza di quanto si possa pensare a prima vista, anche questo tipo di andatura ha una efficienza energetica pari a quella di altrianimali dotati di zampe di pari taglia. L’energia persa per attrito nondipende dalla velocità, viceversa la componente inerziale è quadraticanella velocità e diventa dominante quando la velocità di avanzamentocresce. Le due relazioni seguenti mostrano proprio questo:

(6.1)

(6.2)

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.18

)cos(φµ gm

E AATTRITO

⋅⋅=∆ e λ

φ )(tan22 ⋅⋅=∆

vmEINERZIA

Per quanto riguarda l’applicazione di questo tipo di avanzamento per il caso in esame, non sembra possibile sfruttare questo meccanismobiologico per due motivi: primo l’efficienza e la fattibilità di questaandatura sono dovute alla capacità dei serpenti di leggere lecaratteristiche del terreno e di correggere in retroazione continua levariazioni della conformazione e della resistenza del terreno stesso;secondo neppure i serpenti usano questa modalità di locomozione inambienti a basso coefficiente d’attrito.

L’altra andatura, tipica di molti serpenti, che si vuole analizzare è ilsidewinding. Questa ultima è tipica dei serpenti che avanzano sulledune di sabbia.

Questa andatura è data dall’uso di onde di curvatura lateralecontinue ed alternate. Il contatto tra serpente e terreno è limitato asolo due zone. Inoltre il serpente, in queste zone, esercita una forzaverticale diretta verso il basso per generare una reazione d’attritosufficiente per l’avanzamento. Questo perché sulla sabbia ilcoefficiente d’attrito è estremamente basso. Il contatto limitato a duezone ha due probabili motivazioni: primo in questo modo non ci sonocontatti con attrito dinamico che generano perdita di lavoro; secondoin questa maniera il serpente lascia a contatto con il suolo solo unapiccola porzione del corpo per volta e questo consente di nonsurriscaldare il corpo anche procedendo su terreni roventi come quellidesertici.

Per quanto riguarda l’andatura dei gechi, i meccanismi sonocompletamente diversi. In questo caso l’aspetto rilevante è il modo di aderire che questi piccoli rettili usano per camminare anche contro laforza di gravità. Per capire come ciò sia possibile è necessario studiare la micro-meccanica delle zampe del geco. Infatti i polpastrelli di questo animale sono ricoperti da circa 500.000 setule (piccole appendicifiliformi lunghe da 30 a 130 micron e con un diametro pari ad un

(6.3)

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6.19

decimo di quello di un capelloumano) la cui estremità liberacontiene centinaia di appendiciterminali lunghe da 0,2 a 0,5micron chiamate spatule.Questo vuol dire che ciascunazampa di geco è ricoperta dacirca un miliardo di spatule. Lo schema di una singola setula è riportata un figura 6.10.Ciascuna zampa, dopo averaderito, è in grado di sviluppare una forza adesiva pari a circa 40 N.Per spiegare questa rilevante forza, sono stati proposte nel tempomolte ipotesi. Autumn ed altri sono riusciti a spiegare l’adesione delgeco in modo completo. Questo gruppo di ricercatori suppone chel’adesione sia legata allo sviluppo di forze di Van der Waals. A questosi arriva dopo aver escluso altri possibili meccanismi tra cui: capacitàdel geco di generare localmente zone di depressione sotto la zampa,esclusa poiché l’adesione avviene anche in presenza di vuoto; usodelle forze d’attrito, escluso poiché i coefficienti d’attrito misurati travarie superfici e le estremità del geco non sono tali da spiegare leforze adesive reali; meccanismi di microadesione legati alle interazioni tra la geometria della superficie di contatto e la zampa, esclusi perché il geco è in grado di avanzare anche su superfici estremamente lisce; l’attrazione elettrostatica è stata esclusa perché sono stati condottiesperimenti con aria ionizzata da raggi X in cui i gechi sono staticomunque in grado di aderire; l’adesione dovuta alla presenza di colle biologiche è stata esclusa perché non sono presenti nelle zampe deigechi ghiandole in grado di generare questo tipo di sostanze. Secondo Stork ed altri resta da investigare il ruolo dell’acqua assorbita.

Le forze di Van der Waals sono tipiche dell’interazioni in cui sonopresenti dipoli. I dipoli sono porzioni di materia in cui sono presentidue cariche elettriche puntiformi, uguali e di segno contrario, a piccola distanza tra loro (dell’ordine di grandezza di 10-8 cm). Queste forzesono dovute a due fattori: ogni carica elettrica genera un campo nelquale di orientano gli eventuali dipoli presenti; ogni carica elettrica

30-130 µm

0,2-0,5 µm

Setula Spatule

Fig. 6.10

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.20

induce cariche elettriche di segno opposto sia in molecole dipolari che in molecole non dipolari (dipoli indotti). Le forze di Van der Waalscomportano che la parte positiva di un dipolo si orienta verso la parte negativa degli altri dipoli e viceversa, e contemporaneamente si haun’esaltazione reciproca della carica, dovuta alla induzioneelettrostatica. I legami così formati sono dell’ordine di qualche decinadi KJ/mole. L’entità di queste forze diminuisce rapidamente con ladistanza; perciò tali forze sono significative solo se distanze sonomolto piccole (dell’ordine delle dimensioni atomiche).

In caso del geco, le forze di adesione ottenute sono date dallasomma un’enorme quantità di queste piccolissime forze. In letteratura è presente un semplice modello per stimare la forza generata da unasingola spatula. Si assume che la punta della spatula sia un segmento di sfera di raggio R pari a 2 micron, e che questa disti δ=0,3nanometri (distanza prossima alle dimensioni atomiche per cui sisviluppano le forze di Van der Walls) da un’ampia superficie piana. Con queste ipotesi la forza generata è pari a A·R/6· δ2 dove A è la costante di Hamaker, che dipende dal materiale di cui è realizzato il piano e che può essere posta pari a 10-19 J. Con queste ipotesi è possibile stimarela forza sviluppata da ciascuna spatula pari a 0,4 µN. Poiché le spatule contenute in una zampa sono circa un miliardo la massima forzagenerabile se tutte le spatule fossero alla distanza ottimale (tale dagenerare la forza massima) dal piano d’appoggio è pari a 400 N. Ciòovviamente non è possibile, dato che si tratterebbe di posizionare con la precisione del decimo di nanometro un miliardo di spatule in alcunimillisecondi su una superficie di geometria ogni volta diversa. Questoprobabilmente spiega la forza realmente misurata.

Di grande interesse è anche il distacco dalla superficie. In questocaso è molto importante porre attenzione all’angolo che si forma tra la setula ed il piano d’appoggio. Infatti è stato rilevato sperimentalmente che la forza di distacco mostra un minimo nell’intorno dei 30 gradi.Nella realtà, probabilmente, il geco usa due effetti che riuscire avincere la forza attrattiva: il primo, già esposto, di sfruttare lapresenza di un angolo critico al raggiungimento del quale si ha unnetto calo della forza di attrazione; il secondo di muovere la zampa

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.21

opportunamente in modo da staccare le setule a gruppi in tempisuccessivi.

Infine si riporta il dettaglio della locomozione dei lombrichi.Quest’ultimi sono invertebrati, cioè non hanno uno scheletro, ma sono comunque capaci di avanzare nel sottosuolo.

Il corpo dei lombrichi è più o meno cilindrico ed il diametro è moltopiù piccolo della lunghezza. Il corpo, fatta eccezione per le partiiniziale e terminale, è costituito da una successione di elementosostanzialmente identici, detti celomeri o celle celomeriche. Le zoneterminali dei lombrichi sono differenti dal resto del corpo perché ivisono collocati organi particolari come bocca e organi escretori, ma dal punto di vista della locomozione queste differenze non sono rilevanti.In figura 6.11 è riporta una sezione trasversale schematica di tre celle celomeriche di un lombrico. E’ possibile notare che intorno ai celomeri i lombrichi hanno dei fasci muscolari circolari e longitudinali. Ciascuna cella celomerica non è altro che un cilindro chiuso pieno di un liquidoacquoso. Il moto dei lombrichi è legato alla incomprimibilità dei liquidi. Infatti contraendo le fibre muscolari circolari che avvolgono le cellecelomeriche i lombrichi ottengono aumento della lunghezza dellasingola cella che è regolato dalla seguente relazione:

•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

Fibre muscolari circolari

Fibre muscolari longitudinaliLiquido celomerico

Setto

Fig. 6.11

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.22

)22()()( 222222 rdldrdrlrrdldrdldrllrdlldrrlrV ⋅⋅⋅−⋅⋅⋅−⋅+⋅+⋅+⋅⋅=+⋅−⋅=⋅⋅= πππ

da cui eliminando i termini di ordine superiore segue che

drlrrdllrlr ⋅⋅⋅⋅−⋅⋅+⋅⋅=⋅⋅ ππππ 2222

da cui semplificando si ottiene la seguente relazione:

l

r

dl

dr

⋅=

2

Questo significa che accorciando le fibre muscolari circolari di una data quantità di ottiene un allungamento doppio nella direzione delavanzamento. Proprio questi allungamenti, che percorrono l’interocorpo in modo ritmico, sono usati dai lombrichi per avanzare. Inparticolare, il corpo dei lombrichi è ricoperto di ciglia orientabili, checonsentono al lombrico di bloccare, contro il terreno, la posizione delle sezioni a diametro maggiore (sezioni in cui le fibre muscolari circolarisono rilassate) usandole come punto di appoggio per l’avanzamento.

1 2 3

4 5 6

Fig. 6.12

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6.23

Viceversa le celle compresse di diametro minore non toccano le pareti del tunnel e possono avanzare liberamente. In natura esistono moltevarianti di questo tipo di meccanismo di avanzamento, tra cuiinvertebrati che uniscono a questo la presenza di piccole protuberanze (parapodi) per aumentare la capacità di superare ostacoli. Nella figura precedente è mostrata successione di passi di avanzamento.

6.6 Modelli meccanici e matematici per lo studio della

locomozione eccitata da vibrazioni

L’idea di partenza è quella di realizzare un sistema in grado diavanzare tramite vibrazioni. Per poter sfruttare delle vibrazionipressoché casuali è necessario realizzare una geometria asimmetricache sia in grado di dare al moto una direzione precisa. In letteraturanon esistono modelli specifici per questo tipo di locomozione. Perciò è stato necessario partire da due ipotesi di base: forzante sinusoidale (in realtà sin ora si è parlato di forzante casuale, ma data la difficoltà che verrebbe introdotta nei calcoli da questa eventualità, si è scelto diutilizzare questa semplificazione) e superficie di contatto asimmetrica.

6.5.1 Equazione del moto generale

In parallelo è stata studiata una equazione del moto molto generale in cui il termine viscoso è stato diviso in due componenti, uno linearecon la velocità ed uno quadratico. Infatti la via, presa in

considerazione del paragrafo precedente, con le due ipotesi di corpirigidi e attrito secco appare troppo semplificativa per cogliere a pieno il fenomeno fisico da simulare.

tieFxkxcxcxm

ω⋅=⋅+⋅+⋅+⋅ 0

2

21&&&& (6.2)

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.24

Fig. 6.13

Con l’equazione (6.2) si cerca di tener conto della presenza, inparallelo allo smorzamento tradizionale rappresentato dal terminelineare nella velocità, di una componente viscosa dovuta allamediazione del contatto da parte del muco. Questo comportamento èrappresentato dalla componente quadratica della velocità. Infine iltermine elastico è da considerarsi come la condensazione ad unparametro della non rigidezza della superficie di contatto. I termini c1,c2, k ed m sono posti costanti.

Per poter avere una soluzione più generale possibile si è cercatal’integrazione diretta dell’equazione (6.2), ma non è stato possibiletrovare una soluzione esatta.

Fig. 6.14

G

F(t)

m ·xMuco c

2·x2

c1·x

k·x

tempo [sec]

x(t) [m]

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6.25

Quindi si è condotta una integrazione numerica, che ha portato adun andamento come quello riportato in fig. 6.14. Inoltre per realizzare la predetta integrazione si è posto, con un artificio matematico, che al variare al segno della velocità varia l’entità del coefficiente c1. Inparticolare, se il segno della velocità è concorde con la x il valore èmaggiore, nel caso opposto è inferiore. Nel prossimo paragrafo saràillustrato nel dettaglio il metodo seguito.

6.5.2 Modello meccanico semplificato

Prima di provare a risolvere, per qualsiasi via, il problema ènecessario impostare nel modo più generale possibile un modellomeccanico minimo.

Nella figura precedente sono mostrate le forze in gioco in direzioneorizzontale nell’ipotesi di massima semplificazione: attrito secco ecorpi rigidi. In questo caso, con una forzante sinusoidale simmetrica, si può avere un avanzamento del baricentro rispetto ad un sistema diriferimento assoluto solo se il coefficiente d’attrito è asimmetrico.Come mostrato in figura l’attrito asimmetrico può essere realizzato con una particolare superficie di contatto la cui geometria sia tale daopporre una resistenza all’avanzamento variabile con la direzione delmoto. Per esempio, se si percorre l’asse orizzontale nel verso delle xpositive il valore del coefficiente d’attrito è pari a 0,01 se invece lo si

G

F(t)

m ·xµ m g

Fig. 6.15

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.26

percorre nel verso delle x negative il valore sale a 0,1. Per ottenerequesto la funzione µ deve essere tarata tramite le costanti a,b e c. Inquesto caso, a viene posto pari a 0,055 e b pari a 0,045. Il parametro c influenza solo la pendenza e l’ampiezza della zona di transizione tra i due asintoti orizzontali. Al crescere di c il gradino diventa piùpronunciato. Nel caso mostrato in figura 6.16 c è pari a 100.000.

Fig. 6.16

In questo modo, quando la forza eccitatrice è concorde con ladirezione d’attrito ridotto si ha un avanzamento del dispositivo, invecequando l’eccitazione è diretta nel verso opposto, poiché la forzad’attrito è notevolmente superiore, si ha un arresto del moto oppureun arretramento inferiore all’avanzamento precedentementeeffettuato. E così via nel susseguirsi dei cicli di eccitazione.

Con l’unione di queste ipotesi, si è provato a studiare l’equazione del moto in direzione orizzontale. Nell’equazione (6.1), l’asimmetria delcoefficiente d’attrito è realizzata con un artificio matematico per poter realizzare una integrazione relativamente semplice.

dx/dt [m/sec]

µ

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.27

In figura 6.13 si può vedere l’andamento del coefficiente d’attritocon il variare del segno della velocità di avanzamento del corpo. Si può notare che, intorno all’origine, invece di avere un gradino, si ha unandamento continuo ma molto vicino a quello teorico. Inoltre, essendo a,b e c costanti arbitrarie, è possibile tarare la funzione µ in base aivalori misurati sperimentalmente. Nel dettaglio

La funzione (6.1) è stata studiata con l’ausilio di un software dicalcolo. I risultati ottenuti sono interessanti e sono riportati in figura6.17. L’integrazione è stata condotta usando la funzione Rkfixed cherestituisce una matrice di soluzioni per l’equazione differenziale inesame partendo dalle condizioni iniziali e compiendo l’integrazione con il metodo di Runge-Kutta.

Il grafico riportato nella figura precedente è ottenuto ponendo lecostanti arbitrarie su valori vicini a quelli ipotizzati per il primoprototipo realizzato, di cui si parlerà nei prossimi capitoli. In

⋅⋅−=⋅−⋅⋅=⋅

)tanh()(

)()cos(

xcbax

mgxtFxm

&&

&&&

µµω

(6.1)

tempo [sec]

x(t) [m]

Fig. 6.17

0,

0,

0,

0,

0,

0,

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.28

particolare la massa è stata posta a 30 grammi ed il coefficiented’attrito è pari a 0,1 nel verso positivo delle x ed a 0,5 in quellonegativo.

6.5.3 Equazione del moto idrodinamica

Un altro possibile approccio per semplificare il problema è quelloutilizzato nella teoria dei cuscinetti tipo Michell. Prima di arrivare allatrattazione di Michell è necessario considerare le ipotesi da cui questa teoria parte. Innanzi tutto è importante sottolineare che lo studio deicuscinetti reggispinta è una applicazione particolare dell’equazione diReynolds.

Trattandosi di contatto tra due corpi mediato da un fluido, èopportuno iniziare con il caso più semplice. In fig. 6.18 sono mostrate le forze in gioco nel caso più semplice: due elementi in moto relativodi cui uno inclinato di un angolo δ e con una velocità relativa costante pari a V in direzione x.

Fig. 6.18

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.29

Le ipotesi fatte sono: fluido incomprimibile, peso del fluidotrascurabile, effetti dovuti all’inerzia del fluido trascurabili, moto delfluido laminare, moto del fluido bidimensionale, viscosità del fluidocostante lungo il meato, pressione costante in ogni sezione normalealla direzione della velocità del fluido.

Scrivendo l’equazione di equilibrio alla traslazione secondo l’asse xdell’elemento di fluido considerato si ha:

0=⋅

∂∂

++⋅−⋅

∂∂

+−⋅ dxdyy

dxdydxx

ppdyp

τττ

da cui, dopo aver tenuto conto che la pressione lungo la direzione y si mantiene costante e dopo aver integrato due volte lungo y e dopoaver posto che l’angolo δ sia piccolo, si ottiene la seguenteespressione:

⋅⋅

−⋅⋅⋅

=hV

q

h

V

dx

dp 21

62

µ

dove dp/dx è il gradiente di pressione esistente nel fluido, dove V è la velocità relativa tra i due elementi, dove q è la portata in volumeper unità di larghezza del meato e dove h è l’altezza della sezione acui si riferiscono le altre grandezze. L’equazione (6.4) è la forma piùsemplice dell’equazione di Reynolds per il caso di moto bidimensionale del fluido.

Per quanto riguarda la trattazione di Michell per i cuscinettireggispinta, questa parte dall’equazione di Reynolds (6.4) affiancandol’ipotesi di ripartire il carico pagante in modo omogeneo tra i singolipattini e procedendo allo studio di solo un singolo pattino sottoposto al carico pagante diviso il numero di pattini.

Con semplici passaggi si arriva alle seguenti relazioni:

⋅=

⋅⋅⋅⋅

=

⋅⋅⋅⋅

=

m

fT

p

clx

ch

lbVF

ch

lbVP

0

2

2

2

2

µ

µ

(6.3)

(6.4)

(6.5)

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.30

dove P è il carico verticale agente sul singolo pattino, dove FT è laforza tangenziale agente su ogni pattino diretta in senso opposto almoto, dove x0 è la distanza, lungo x, tra l’inizio del pattino e il punto di applicazione della risultante delle forze di pressione restituite al pattino dal fluido. Inoltre m è la viscosità del fluido, b è la larghezza delmeato, l è la lunghezza del pattino, h2 è lo spessore minimo delmeato, cp, cf e cm sono tre coefficienti adimensionali funzioneunicamente della geometria del meato. Tutti i termini sopraelencatisono costanti.

Per applicare questi risultati al caso in esame è necessario farealcune considerazioni.

Nello specifico, l’endoscopio deve avanzare in un tubo quindi èevidente che si debba supporre che anche quest’ultimo abbia unasimmetria circolare. Nonostante le apparenti differenze geometriche il caso è riconducile alla simmetria piana precedentemente esposta: Loscambio di forze tra elemento in moto e tubo si concentra in unaristretta zona dove si scarica la risultante della forza peso, poiché nella restante porzione di circonferenza non si ha contatto, dato chel’endoscopio è di diametro inferiore rispetto alla sezione di passaggio e entrambi i corpi sono considerati rigidi. Volendo quindi svolge, inprima approssimazione, un calcolo piano, si deve ipotizzare unalarghezza di contatto equivalente per riportarsi al caso bidimensionale puro.

Fig 6.19

Gm ·x

V

m ·g

α· C

TC

NC

RA

D

TD

ND

BA·

RB

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.31

Per approssimare il caso in esame si è scelto di studiare il casomostrato in figura 6.19.

In particolare, si tratta di due pattini identici accoppiati cheavanzano a velocità costante sopra una superficie piana. In figurasono mostrate tutte le forze in gioco, in modo del tutto generale.Infatti le reazioni in A e B sono presenti solo se il corpo è fermo e leforze applicate in C e D che il fluido, nel meato, restituisce al corposono diverse da zero solo se la velocità non è nulla.

⋅−⋅+⋅+⋅⋅−⋅−⋅=⋅

⋅−+++=⋅++=⋅

DDDDAGCCCC

DCBA

DC

yTxNlRxgmyTxNI

gmNNRRym

tFTTxm

ϑ&&&&

&& )(

Sopra sono riportate le equazioni del moto (6.6), in cui xC, xD e yC,yD sono rispettivamente le coordinate lungo x e lungo y dei punti diapplicazione delle forze che il fluido esercita sul corpo in moto. Inoltre G è il baricentro dell’elemento mobile e A e B sono i punti di contattoquando il corpo è fermo.

Per poter risolvere il sistema (6.6) si pongono le seguenti ipotesi:

====TTT

NNN

DC

DC

e

==+

DC

DC

yy

xlx

Anche le seguenti considerazioni geometriche devono esseresottolineate:

CC xtgy ⋅= )(α e CD xtgy ⋅= )(α

Infine si suppone che l’accelerazione in direzione y e l’accelerazione angolare siano pari a zero.

Tutto ciò premesso, facendo alcuni semplici passaggi, si ricavano le seguenti relazioni (6.9):

(6.6)

(6.7)

(6.8)

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.32

( )

⋅⋅=⋅⋅−⋅⋅

⋅=

+⋅=⋅

2)(2

2

)(2

lgmatgTgmx

gmN

tFTxm

C

&&

poiché si hanno tre equazioni e quattro incognite non è possibileprocedere in questa direzione senza porre ulteriori ipotesi.

6.5.4 Analisi e sintesi dei modelli proposti

I primi due modelli sono risultati integrabili per via numerica edhanno fornito degli andamenti possibili. L’ultimo modello proposto,nonostante le notevoli ipotesi semplificative poste, non è solubilepoiché si hanno più incognite che equazioni e quindi non ha consentito neppure un approccio numerico.

Questo perché si è provato ad affrontare il problema dellalubrificazione nel caso non stazionario con una geometriarappresentativa della realtà da investigare. Per poter risolvere ilproblema è necessario porre un’ulteriore ipotesi che potrebbe scaturire dai seguenti aspetti: prove sperimentali sul campo da cui ricavarel’andamento del moto reale ed usare la famiglia di curve a cui questoappartiene come soluzione di tentativo dell’equazione differenziale darisolvere; stabilire un legame tra le forze verticali e quelli orizzontaligenerate dall’interazione idrodinamica; fare delle ipotesi sullaposizione del punto di applicazione della risultante delle forze viscoseoppure generare un qualche relazione empirica che consenta di averequattro equazioni in quattro incognite.

In tutti e tre i casi, avendo posto per l’equazione idrodinamical’ulteriore condizione semplificativa per poter procedere alla soluzione,

(6.9)

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.33

la complessità matematica non consente un integrazione diretta dinessuno dei sistemi di equazioni trovati. Essendo quindi comunquenecessaria un’integrazione numerica non ci sono particolari differenzenelle difficoltà connesse alla risoluzione dei vari casi.

Per quanti riguarda i due modelli semplificati è ragionevole chel’equazione del moto reale sia intermedia tra i risultati ottenibili con idue approcci. Per questo, nella figura seguente sono riportaticongiuntamente i due andamenti. Con linea continua è riportatol’andamento dell’equazione del moto con attrito viscoso e idrodinamicoe con linea tratteggiata la soluzione del sistema con attrito secco.

Fig. 6.20

6.6 La muco adesione: possibilità e limiti

La bioadesione è un fenomeno interfacciale nel quale due materiali,dei quali almeno uno è biologico, sono tenuti insieme da forzeinterfacciali. I polimeri non interagiscono direttamente con il tessuto,ma il legame è mediato sempre dalla presenza di muco. Nel fenomeno della bioadesione, i polimeri, sintetici o naturali, ad alto pesomolecolare, devono entrare in contatto con lo strato più superficialedel muco, in particolare devono interagire con la mucina.

tempo [sec]

x(t) [m]

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.34

In realtà le teorie utilizzate per spiegare il fenomeno dellabioadesione sono varie, per esempio teorie elettroniche, diadsorbimento, e di diffusione.

In generale si può dire che il fenomeno della mucoadesione si divide in due momenti: inizialmente si ha un intimo contatto fra il polimeroidrato e la membrana, seguito dalla formazione del legame che siinstaura principalmente attraverso interazioni sia fisiche che chimiche.I legami di tipo fisico risultano dalla compenetrazione fra la matricepolimerica e le catene estese del muco, mentre i legami chimici sonoprevalentemente interazioni elettrostatiche, idrofobiche ad idrogeno edi Van der Waals. Il fenomeno della mucoadesione può avvenire siamediante legami di tipo covalente che mediante legami non covalenti.

Sono stati proposti numerosi meccanismi per spiegare questofenomeno. Secondo la teoria elettronica c'è un doppio strato di caricaelettrica all'interfaccia tra il tessuto e la sostanza bioadesiva, dovuto al trasferimento di elettroni al livello del contatto superficiale. Questotrasferimento di elettronico si verifica a causa della differenzastrutturale tra la sostanza bioadesiva e le glicoproteine del muco, inquesto caso la bioadesione è dovuta all'attrazione elettrica attraverso il doppio strato. Invece la teoria dell'assorbimento suggerisce che labioadesione sia legata a forze secondarie come quelle di Van DerWaals e legami ad idrogeno, ovvero legami deboli. Infine la teoriadella bagnabilità, applicata principalmente ai sistemi bioadesivi liquidi,analizza la capacità di un liquido di potersi espandere su superficibiologiche, e per valutare la mucoadesività utilizza il coefficiente didiffusione di un liquido su superfici biologiche.

Per avere una buona bioadesione è necessario che le molecole delpolimero si intercalino completamente nello strato mucoso. È moltoimportante anche il valore del pH, così come la conformazione spaziale della molecola del polimero.

In generale i polimeri che presentano cariche negative riescono adaderire meglio, ma è stato osservato che anche i polimeri come ipoliacrilamide e i poli(dimetil-aminoetil-metacrilato) riescono aformare dei legami con il muco, purché il pH sia neutro.

Una limitazione nel fenomeno della mucoadesione è il tempo diricambio del muco del tratto gastro-intestinale, che è di circa 4 ore,

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Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi

6.35

per cui, visto che l'adesione avviene fra il polimero ed il substratomucoso, l'adesione non può durare per un periodo maggiore aquest’ultimo.

In effetti i polimeri ed il muco possono interagire fra loro, siamediante legami covalenti (per esempio la formazione di ponti S-S),ma questo provoca, almeno per il nostro scopo, un legame troppoduraturo nel tempo (come minimo il tempo di sostituzione del muco:quattro ore).

Partendo da questo, si può quindi pensare di utilizzare alcunipolimeri che siano in grado di interagire con il muco intestinalevariando sia il pH che la temperatura, oppure applicando un campoelettrico.

Oggi polimeri come il Carbopol Polymers, Pemulen PolymericEmulsifiers e Noveon Polycarbophils , sono utilizzati come polimerimucoadesivi per il rivestimento di farmaci a rilascio controllato. Inquesti polimeri sono presenti molti legami incrociati, inoltre non sisciolgono in acqua, ma riescono ad aumentare il loro volume circa1000 volte quello di partenza.

Il meccanismo d'azione di questi tipi di polimeri è influenzato molto dal valore del pH, infatti un pH elevato conferisce a tale polimero lapresenza di gruppi carichi negativamente sulla superficie, in manieratale da permettere la formazione di legami ad idrogeno.

Quindi anche questi polimeri potrebbero rappresentare dellepotenziali sostanze da utilizzare per l'adesione con il muco intestinale.

Il problema fondamentale per fruttare la mucoadesione in campoendoscopico è la ricerca di polimeri con proprietà adesive modulabili.In pratica il problema si divide in due parti, ovvero la ricerca dipolimeri con proprietà adesive e la ricerca di polimeri con proprietàmodulabili.

Questi due campi difficilmente si integrano, poiché da una parte èpossibile trovare polimeri mucoadesivi, ma il fenomeno dell'adesione si realizza mediante legami covalenti (S-S), mentre dall'altra è possibiletrovare polimeri con caratteristiche di forma e di resistenza modulabili, ma che non manifestano proprietà adesive.

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Capitolo 6 • Descrizione ed analisi del problema meccanico

6.36

Purtroppo ad oggi non è stato possibile trovare polimeri con lecaratteristiche richieste e quindi la strada della mucoadesione è stataaccantonata.