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10 luglio 2011 EUREBUS IL NUOVO MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA PUSTERIA “Mansio Sebatum”, l’apertura è prossima S an Lorenzo di Sebato – Sarà aperto al pubblico tra poche settimane il nuovo Museo Archeologico “Mansio Sebatum”. Si tratta del primo museo in Alto Adige dedicato esclusivamente all’età del ferro e all’epoca romana nell’arco alpino mediterraneo. Il museo è collocato su quattro piani e racconta l’affascinante storia dell’insediamento di Sebatum: così all’epoca si chiamava appunto la località pusterese. Un numero impressionante di ritrovamenti a San Lorenzo e nei dintorni, ma anche i risultati della ricerca sull’età del ferro e sulle vicende dell’impero ro- mano nel territorio altoatesino, offrono un’immagine efficace della vita quotidiana di questa importante stazione viaria romana. Nell’allestire il museo è stata posta la massima attenzione all’aspetto didattico, alla possibili- tà di un confronto tra passato e presente non- ché all’apprendimento ludico e interattivo. “È infatti nostra intenzione – spiegano gli allesti- tori – garantire che la visita di questo museo sia un’avventura, specialmente per i piccoli e i giovani”. P.Val. LA TESTIMONIANZA 08103905 OPERE DI TINTEGGIATURA PER LA RIQUALIFICAZIONE, IL DECORO E LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO; ISOLAMENTO TERMOACUSTICO A CAPPOTTO; RESTAURO ARTISTICO DI SUPERFICI LAPIDEE, LIGNEE, INTONACI, STUCCHI, AFFRESCHI, METALLI E REPERTI ARCHEOLOGICI SOTTOPOSTI A TUTELA DELLA SOVRINTENDENZA PER I BENI STORICO-ARTISTICI MONUMENTALI; RICERCA E PROGETTAZIONE CON PRODUZIONE DI INTONACI DI PURA CALCE PER I PROFESSIONISTI DEL RESTAURO. nato questo libro, che è una sorta di pellegrinaggio attraverso le visioni e le idee che hanno strutturato il pensiero di Panikkar”. Quale è l’attualità di Panikkar in un mondo nel quale religioni e culture sono viste come elemento di divisione anziché come occasione di dialogo? “Nella prefazione al libro, il noto economista e filosofo francese Serge Latouche coglie molto bene l’unicità di Panikkar. Egli era al 100% cristiano, cattolico e al 100% indiano, induista. Era il dono che gli veniva dalla confluenza di due identità, quella materna e quella paterna. Per tutta la vita Panikkar ha cercato di trovare i nessi e i collegamenti fra questi due mondi ed è arrivato a formalizzare un pensiero del dialogo intra-religioso fra i più avanzati del nostro tempo. Per lui le identità sono fondamentali, nessuno può annichilire le verità (culturali, religiose...) ma esse non sono statiche, sono dinamiche. La vita è come un ritmo – diceva – come una danza, mai uguale. In questo cerchio ognuno si apre all’altro secondo un processo aperto alla mutua fecondazione. Io ho le mie verità che fecondano l’altro ma anche l’altro ha le sue verità che fecondano la mia vita. Siamo inarcati sotto differenti orizzonti, eppure dobbiamo avere il coraggio di uscire da noi stessi e di guardare il mondo con altri occhi. ‘Chi ha paura di perdere la propria fede – affermava – la perderà’. Ma chi ha una fede matura, per dirla con Bonhoeffer, allora può tranquillamente aprirsi e persino “convertirsi” all’altro senza paura di perdersi. ‘Nessuna religione – dice ancora – ha il monopolio sulla Religione, che è quell’atteggiamento profondo di relazione con il tutto che supera i vincoli e i dogmi propri di ogni formazione religiosa. I dogmi sono importanti, diceva, ma sono come le dita di una mano che indicano la luna. L’importante non è guardare le dita ma la luna, ossia il mistero di Dio’”. l B B olzano – È uscito da qualche settimana “Il cerchio di Panikkar” (ed. Il Margine), il libro che Francesco Comina ha dedicato ad “uno dei più complessi e prolifici pensatori del nostro tempo”. È lo stesso autore a spiegarci ciò che l’ha spinto a scrivere. “Certamente il motivo principale è stata la morte di Panikkar, avvenuta lo scorso 26 agosto nella sua casa- eremo di Tavertet sui Pirenei della Catalogna. Ho pensato immediatamente alla lezione che ci ha lasciato, alla sua passione per l’uomo, alla volontà di ristabilire un principio armonioso nella realtà. Panikkar diceva spesso: ‘Nel momento in cui parlo, dico delle cose, annuncio verità che mi porto dentro, prendo il distacco da quelle idee e come il seminatore getta i semi sui campi, così le mie parole, le mie intuizioni, non sono più mie, ma di chi le raccoglie’. La morte di di Paolo Valente Simulazione grafica del nuovo museo dedicato esclusivamente all’età del ferro e all’epoca romana FRANCESCO COMINA PARLA DEL POLIEDRICO PENSATORE E DELLA SUA EREDITÀ Il cerchio di Panikkar “Come il seminatore getta i semi sui campi, così le mie parole, le mie intuizioni, non sono più mie, ma di chi le raccoglie” (Raimon Panikkar) A BOLZANO E TRENTO “Fui io – ricorda Comina – a portarlo sia a Bolzano nel 1997, sia a Trento nel 2004. Il libro è arricchito da una sezione di foto che ricostruiscono quei pas- saggi in regione”. “A Bolzano Panikkar parlò all’interno di un ciclo di incontri sul tema del dia- logo interreligioso orga- nizzato dall’Azione Catto- lica. Erano mesi in cui di- vampava in città il dibatti- to circa l’opportunità di creare un’università. Pa- nikkar, che ha insegnato nei più prestigiosi atenei del mondo ed era profes- sore emerito di storia delle reli- gioni all’Univer- sità di Santa Bar- bara, disse: ‘Non fate un’universi- tà classica, con i modelli in voga in tutti i Paesi, ma impregnate- la di territorio, fateci entrare le tradizioni e le lingue tipi- che del vostro mondo, fa- te corsi di cultura tedesca, ladina, fate dialogare le vostre culture particolari e le vostre lingue. Una università scollegata dal territorio non ha alcun senso’”. “A Trento – continua Co- mina – ricordo che l’in- contro fu di mattina e che gli stessi organizzatori si stupirono per l’enorme af- fluenza di gente. Panikkar non volle tenere una con- ferenza, ma semplice- mente rispondere alle do- mande delle persone ac- corse ad ascoltarlo. Pa- nikkar affrontò tutti i pro- blemi, dai più banali ai più complessi, facendo anche lunghi silenzi. Ci fu un mo- mento, davanti ad una domanda sul male degli innocenti, in cui si mise a piangere. Panikkar ha fatto emergere da sé l’enorme eredità di un pensiero fra i più ricchi e complessi del nostro tempo. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, di frequentarlo e di studiarne il pensiero ha dovuto fare i conti con quella eredità e con il bisogno di consegnarla agli altri, soprattutto ai più giovani. E così è Raimon Panikkar a Trento nel 2004 foto Gianni Zotta 14 vita trentina

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10 luglio 2011 EUREBUSIL NUOVO MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA PUSTERIA

“Mansio Sebatum”, l’apertura è prossimaS an Lorenzo di Sebato – Sarà aperto al

pubblico tra poche settimane il nuovoMuseo Archeologico “Mansio Sebatum”. Sitratta del primo museo in Alto Adigededicato esclusivamente all’età delferro e all’epoca romana nell’arcoalpino mediterraneo. Il museoè collocato su quattro piani eracconta l’affascinante storia

dell’insediamento di Sebatum: così all’epoca sichiamava appunto la località pusterese.Un numero impressionante di ritrovamenti aSan Lorenzo e nei dintorni, ma anche i risultati

della ricerca sull’età del ferro e sulle vicende dell’impero ro-mano nel territorio altoatesino, offrono un’immagine efficace

della vita quotidiana di questa importante stazione viariaromana.

Nell’allestire il museo è stata posta la massimaattenzione all’aspetto didattico, alla possibili-tà di un confronto tra passato e presente non-ché all’apprendimento ludico e interattivo. “Èinfatti nostra intenzione – spiegano gli allesti-tori – garantire che la visita di questo museosia un’avventura, specialmente per i piccoli e igiovani”.

P.Val.

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OPERE DI TINTEGGIATURA PER LA RIQUALIFICAZIONE, IL DECORO E LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO;ISOLAMENTO TERMOACUSTICO A CAPPOTTO;

RESTAURO ARTISTICO DI SUPERFICI LAPIDEE, LIGNEE, INTONACI, STUCCHI, AFFRESCHI, METALLI E REPERTI ARCHEOLOGICISOTTOPOSTI A TUTELA DELLA SOVRINTENDENZA PER I BENI STORICO-ARTISTICI MONUMENTALI;

RICERCA E PROGETTAZIONE CON PRODUZIONE DI INTONACI DI PURA CALCE PER I PROFESSIONISTI DEL RESTAURO.

nato questo libro, che è una sorta dipellegrinaggio attraverso le visioni e leidee che hanno strutturato il pensierodi Panikkar”.Quale è l’attualità di Panikkar in unmondo nel quale religioni e culturesono viste come elemento di divisioneanziché come occasione di dialogo?“Nella prefazione al libro, il notoeconomista e filosofo francese SergeLatouche coglie molto bene l’unicità diPanikkar. Egli era al 100% cristiano,cattolico e al 100% indiano, induista.Era il dono che gli veniva dallaconfluenza di due identità, quellamaterna e quella paterna. Per tutta lavita Panikkar ha cercato di trovare inessi e i collegamenti fra questi duemondi ed è arrivato a formalizzare unpensiero del dialogo intra-religioso frai più avanzati del nostro tempo. Per luile identità sono fondamentali, nessunopuò annichilire le verità (culturali,religiose...) ma esse non sono statiche,sono dinamiche. La vita è come unritmo – diceva – come una danza, maiuguale. In questo cerchio ognuno siapre all’altro secondo un processoaperto alla mutua fecondazione. Io hole mie verità che fecondano l’altro maanche l’altro ha le sue verità chefecondano la mia vita. Siamo inarcatisotto differenti orizzonti, eppuredobbiamo avere il coraggio di uscire danoi stessi e di guardare il mondo conaltri occhi. ‘Chi ha paura di perdere lapropria fede – affermava – la perderà’.Ma chi ha una fede matura, per dirlacon Bonhoeffer, allora puòtranquillamente aprirsi e persino“convertirsi” all’altro senza paura diperdersi. ‘Nessuna religione – diceancora – ha il monopolio sullaReligione, che è quell’atteggiamentoprofondo di relazione con il tutto chesupera i vincoli e i dogmi propri di ogniformazione religiosa. I dogmi sonoimportanti, diceva, ma sono come ledita di una mano che indicano la luna.L’importante non è guardare le dita mala luna, ossia il mistero di Dio’”.

BBolzano – È uscito daqualche settimana “Ilcerchio di Panikkar” (ed.Il Margine), il libro che

Francesco Comina ha dedicato ad“uno dei più complessi e prolificipensatori del nostro tempo”. È lostesso autore a spiegarci ciò che l’haspinto a scrivere.“Certamente il motivo principale èstata la morte di Panikkar, avvenutalo scorso 26 agosto nella sua casa-eremo di Tavertet sui Pirenei dellaCatalogna. Ho pensatoimmediatamente alla lezione che ciha lasciato, alla sua passione perl’uomo, alla volontà di ristabilire unprincipio armonioso nella realtà.Panikkar diceva spesso: ‘Nelmomento in cui parlo, dico dellecose, annuncio verità che mi portodentro, prendo il distacco da quelleidee e come il seminatore getta isemi sui campi, così le mie parole, lemie intuizioni, non sono più mie, madi chi le raccoglie’. La morte di

di Paolo Valente

Simulazione grafica del nuovo museo dedicato esclusivamenteall’età del ferro e all’epoca romana

FRANCESCO COMINA PARLA DEL POLIEDRICO PENSATORE E DELLA SUA EREDITÀ

Il cerchio di Panikkar“Come il seminatoregetta i semi sui campi, così le mie parole, le mie intuizioni, non sono più mie, ma di chi le raccoglie”(Raimon Panikkar)

A BOLZANO E TRENTO“Fui io – ricorda Comina –a portarlo sia a Bolzanonel 1997, sia a Trento nel2004. Il libro è arricchitoda una sezione di foto chericostruiscono quei pas-saggi in regione”.“A Bolzano Panikkar parlòall’interno di un ciclo diincontri sul tema del dia-logo interreligioso orga-nizzato dall’Azione Catto-lica. Erano mesi in cui di-vampava in città il dibatti-to circa l’opportunità dicreare un’università. Pa-nikkar, che ha insegnatonei più prestigiosi ateneidel mondo ed era profes-sore emerito distoria delle reli-gioni all’Univer-sità di Santa Bar-bara, disse: ‘Nonfate un’universi-tà classica, con imodelli in vogain tutti i Paesi,ma impregnate-la di territorio,fateci entrare letradizioni e le lingue tipi-che del vostro mondo, fa-te corsi di cultura tedesca,ladina, fate dialogare levostre culture particolarie le vostre lingue. Unauniversità scollegata dalterritorio non ha alcunsenso’”.“A Trento – continua Co-mina – ricordo che l’in-contro fu di mattina e chegli stessi organizzatori sistupirono per l’enorme af-fluenza di gente. Panikkarnon volle tenere una con-ferenza, ma semplice-mente rispondere alle do-mande delle persone ac-corse ad ascoltarlo. Pa-nikkar affrontò tutti i pro-blemi, dai più banali ai piùcomplessi, facendo anchelunghi silenzi. Ci fu un mo-mento, davanti ad unadomanda sul male degliinnocenti, in cui si mise apiangere.

Panikkar ha fatto emergere da sél’enorme eredità di un pensiero fra i piùricchi e complessi del nostro tempo. Chiha avuto la fortuna di conoscerlo, di

frequentarlo e di studiarne il pensieroha dovuto fare i conti con quella ereditàe con il bisogno di consegnarla aglialtri, soprattutto ai più giovani. E così è

Raimon Panikkara Trento nel 2004

foto Gianni Zotta

14vita trentina