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Osservatorio Assurb 2006 - 2016 Cosa pensano gli urbanisti a cura di Giuseppe De Luca Book predisposto per l’incontro del Coordinamento nazionale tra i Corsi di Laurea in Pianificazione e urbanistica Empoli, 8 novembre 2016 – Giornata Mondiale dell’Urbanistica

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Page 1: a cura di Giuseppe De Luca - Pianificazione UniFiOsservatorio Assurb 2006 - 2016 Cosa pensano gli urbanisti a cura di Giuseppe De Luca ... Programma del corso di Progettazione Urbanistica

Osservatorio Assurb 2006 - 2016

Cosa pensano gli urbanisti a cura di Giuseppe De Luca

Book predisposto per l’incontro del Coordinamento nazionale tra i Corsi di Laurea in Pianificazione e urbanistica

Empoli, 8 novembre 2016 – Giornata Mondiale dell’Urbanistica

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INDICE

Cosa pensano di urbanisti, Giuseppe De Luca 4

1. Il perché di questa rubrica, Daniele Rallo 12

2. La professione di pianificatore verso un riconoscimento europeo, Virna Bussadori 12

Urbanistica Informazioni n. 207 (2006)

3. Recognition of the profession of the planner and professional qualification by the European Union,

Consiglio Europeo degli Urbanisti 13

Urbanistica Informazioni n. 208 (2006)

4. 6° Premio europeo di Pianificazione urbana e regionale, Enrico Fontanari 16

Urbanistica Informazioni n. 209 (2006)

5. Riflessioni sulla classe di laurea in Scienze della pianificazione,

Domenico Patassini, Gino Cesare Mauro 17

6. Sisifo e i pianificatori territoriali/urbanisti, Beppe Vitale, Giuseppe De Luca 18

Urbanistica Informazioni n. 210 (2006)

7. Un'italiana alla presidenza del Ceu per il biennio 2008-2009, Virna Bussadori 20

Urbanistica Informazioni n. 211 (2007)

8. L'offerta formativa universitaria in pianificazione territoriale e urbanistica, Daniele Rallo 22

Urbanistica Informazioni n. 212 (2007)

9. Il MIUR accetta le modifiche proposte dall'Assurb per la nuova laurea magistrale, Redazionale 25

10. Aumento degli iscritti alle lauree in pianificazione territoriale e urbanistica, Giuseppe De Luca 25

Urbanistica Informazioni n. 213 (2007)

11. Primo incontro del Coordinamento nazionale Corsi di studio in pianificazione e urbanistica,

Giuseppe De Luca 27

12. Per un'agenda comune nella riorganizzazione degli studi universitari in pianificazione e urbanistica,

Domenico Patassini, Roberto Gambino, Alberto Magnaghi, Anna Marson 27

Urbanistica Informazioni n. 214 (2007)

13. Continua il dibattito all'interno del Coordinamento nazionale Corsi di studio in pianificazione,

Giuseppe De Luca 30

14. Come va cambiando la formazione universitaria del pianificatore e urbanista, Anna Marson 30

Urbanistica Informazioni n. 215 (2007)

15. Codice di deontologia dei pianificatori territoriali italiani, Daniele Rallo 32

Urbanistica Informazioni n. 216 (2007)

16. Nuove lauree magistrali in pianificazione territoriale e urbanistica. L'offerta di Venezia,

Domenico Patassini 33

Urbanistica Informazioni n. 217 (2008)

17. Codice deontologico dei pianificatori territoriali italiani (prima parte), Assurb 34

Urbanistica Informazioni n. 218 (2008)

18. Codice deontologico dei pianificatori territoriali italiani (seconda parte), Assurb 36

Urbanistica Informazioni n. 219 (2008)

19. La Coesione Territoriale: nuova prospettiva europea per la pianificazione. Ma cos'è, Virna Bussadori 40

Urbanistica Informazioni n. 220 (2008)

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20. La professione del pianificatore è costituzionalmente rilevante. Serve un percorso di studi autonomo,

Giuseppe De Luca 42

21. Nuove lauree magistrali in Pianificazione urbanistica. L'offerta di Firenze/Empoli, David Fanfani 43

Urbanistica Informazioni nn. 221/222 (2008)

22. Il Premio Europeo di Pianificazione Urbana & Regionale e la Biennale delle Città e degli Urbanisti,

Virna Bussadori, Franco Migliorini 45

Urbanistica Informazioni n. 223 (2009)

23. Pianificatore territoriale e urbanista: il valore legale del titolo di studio, Daniele Rallo 48

Urbanistica Informazioni n. 224 (2009)

24. Nuove lauree magistrali in pianificazione urbanistica. L'offerta del Politecnico di Milano,

Gabriele Pasqui 50

25. L'offerta formativa della Facoltà di Architettura della «Federico II» di Napoli, Alessandro Dal Piaz 51

Urbanistica Informazioni n. 225 (2009)

26. Cosa resta del profilo del Project Manager? L'esperienza del CdL e CdLS interfacoltà PGTA e PIVAT

Della "Sapienza" di Roma, Francesco Karrer, Bruno Monardo, Saverio Santangelo 53

Urbanistica Informazioni n. 226 (2009)

27. Il corso di laurea in PTUA di Palermo, Nicola Giuliano Leone 56

Urbanistica Informazioni nn. 227/228 (2009)

28. A Reggio Calabria il Corso di Laurea torna a chiamarsi “Urbanistica”, Enrico Costa 58

Urbanistica Informazioni n. 229 (2010)

29. Il corso di laurea triennale in Urbanistica e Sistemi informativi territoriali della Sapienza di Roma,

Cristina Imbroglini 60

Urbanistica Informazioni n. 230 (2010)

30. Pratiche e norme nella professione, Giuseppe De Luca 62

Urbanistica Informazioni n. 231 (2010)

31. Nuove figure professionali: il Pianificatore Junior e il Geometra laureato, Massimo Gronich 65

Urbanistica Informazioni n. 232 (2010)

32. Programma del corso di Progettazione Urbanistica, Giovanni Astengo (inedito) 67

Urbanistica Informazioni nn. 232/234 (2010)

33. La Pianificazione è una disciplina accademica?, Simin Davoudi 70

Urbanistica Informazioni n. 235 (2011)

34. La formazione universitaria del "tecnico del territorio" a Torino, Silvia Saccomani 73

Urbanistica Informazioni n. 236 (2011)

35. I corsi di laurea in urbanistica e pianificazione falcidiati da Gelmini, Francesco Domenico Moccia 75

Urbanistica Informazioni n. 237 (2011)

36. Chi è abilitato a coordinare la VAS?, Giuseppe De Luca, Daniele Rallo 77

Urbanistica Informazioni n. 238 (2011)

37. 1971-2011. Quarantennale del percorso formativo universitario, Daniele Rallo 79

Urbanistica Informazioni nn. 239/240 (2011)

38. Ingegnere-Urbanista (?), Daniele Rallo, Luca Rampado 81

Urbanistica Informazioni n. 241 (2012)

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39. Architetto-Urbanista o Architetto e Urbanista (?), Daniele Rallo, Luca Rampado 83

Urbanistica Informazioni n. 242 (2012)

40. Geometri/architetti, pianificatori territoriali junior, Daniele Rallo, Luca Rampado 85

Urbanistica Informazioni n. 243 (2012)

41. Riforma degli Ordini?, Daniele Rallo, Luca Rampado 87

Urbanistica Informazioni n. 244 (2012)

42. Aiutare i giovani alla professione di urbanista, Daniele Rallo, Luca Rampado 89

Urbanistica Informazioni nn. 245/246 (2012)

43. Tariffe professionali: massimo ribasso vs giusto compenso, Daniele Rallo, Luca Rampado 91

Urbanistica Informazioni n. 247 (2013)

44. Trasformare il territorio: dalla valutazione edilizia a quella urbanistico ambientale,

Daniele Rallo, Luca Rampado 93

Urbanistica Informazioni n. 248 (2013)

45. La nuova legge urbanistica del Piemonte. Una conferma del progetto di Astengo,

Daniele Rallo, Luca Rampado 95

Urbanistica Informazioni n. 249-250 (2013)

46. Urbanisti vs Edilizia, Daniele Rallo, Luca Rampado 97

Urbanistica Informazioni n. 251 (2014)

47. Urbanisti e perizie, Daniele Rallo, Luca Rampado 99

Urbanistica Informazioni n. 252 (2014)

48. Suap: una ulteriore opportunità per i pianificatori, Daniele Rallo, Luca Rampado 101

Urbanistica Informazioni nn. 253/254 (2014)

49. Urbanisti e “riserve”, Daniele Rallo, Luca Rampado 103

Urbanistica Informazioni n. 255 (2014)

50. I bandi di gara per l’urbanistica, Daniele Rallo, Luca Rampado 105

Urbanistica Informazioni n. 256 (2014)

51. Chi sono gli urbanisti? Daniele Rallo, Luca Rampado 107

Urbanistica Informazioni n. 258 (2014)

52. Urbanista e pubblico impiego, Daniele Rallo, Luca Rampado 109

Urbanistica Informazioni n. 259/260 (2015)

53. AUA AIA SIN e urbanisti, Daniele Rallo, Luca Rampado 111

Urbanistica Informazioni n. 261/262 (2015)

54. Urbanisti e consumo di suolo, Daniele Rallo, Luca Rampado 113

Urbanistica Informazioni n. 263 (2015)

55. Perequazione vs contributo straordinario, Daniele Rallo, Luca Rampado 115

Urbanistica Informazioni n. 264 (2015)

56. Per l’istituzione di una Facoltà di urbanistica e di pianificazione territoriale ed economica, di Enrico Sisi, a cura di Giuseppe De Luca 116

Urbanistica Informazioni n. 265 (2016)

57. Il DPR 328 e la professione di urbanista, Daniele Rallo, Luca Rampado 118

Urbanistica Informazioni n. 266 (2016)

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COSA PENSANO GLI URBANISTI Giuseppe De Luca

Cosa pensano gli urbanisti è un progetto di lavoro lungo dieci anni, reso possibile dalla rivista

Urbanistica Informazioni dell’INU che ha messo a disposizione di Assurb, fin dal 2006, due pagine su ogni

numero pubblicato, per riflettere sul ruolo e l’attività dei laureati in Urbanistica italiani dopo la chiusura

di un conflitto trentennale con gli Ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri su chi doveva

firmare i piani urbanistici, sia di livello territoriale che di livello locale.

Il conflitto è iniziato fin dalla prima metà degli anni Settanta del Novecento, dopo che i primi laureati del

Corso di Laurea in Urbanistica, attivato dal 1970 presso l’Università IUAV di Venezia1, cominciarono ad

affacciarsi sul mercato del lavoro pubblico. È stata proprio questa difficoltà alla base della nascita di

Assurb nel 19772.

Nella realtà la figura dell’urbanistica non è mai stata formalmente regolamentata in Italia, anche se di

fatto praticata fin dagli anni Venti del Novecento dagli iscritti agli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri,

e dal 1975 anche praticata in forma libera dai laureati in Urbanistica. Proprio questa “attività libera” è

stata fortemente contrastata dagli Ordini professionali, almeno fino al 1996, quando la Sentenza n.

1087/96 del Consiglio di Stato ha posto fine alle pretese di esclusività all’esercizio professionale in

materia urbanistica. Alla Sentenza è poi seguita la Direttiva del Ministero dei Lavori Pubblici del 9

febbraio 1998, contenente indirizzi e chiarimenti alla pubblica amministrazione per la redazione di

strumenti urbanistici di qualsiasi livello, che dispone alle Pubbliche amministrazioni: «per i canoni di

buona amministrazione, di rivolgersi a quei soggetti che, ancorché non monopolisti e non iscritti a

qualsivoglia Albo professionale, posseggono la più vicina competenza tecnica e la maggiore esperienza

in materia, in modo da garantire il soddisfacimento dell'interesse pubblico generale ad una

pianificazione adeguata sotto il profilo tecnico».

La Sentenza e la Direttiva hanno posto le premesse affinché anche l’attività dell’urbanista venisse

regolamentata, così come quella dell’architetto e dell’ingegnere. Ciò è stato fatto con il DPR 328/2001

che ha modificato l’accesso all’esame di Stato per le materie riservate, adeguandosi anche alla riforma

degli studi universitari italiani con l’introduzione del modello 3+2 (laurea triennale e laurea magistrale).

Così facendo ha innestato nell’Ordine degli Architetti altre 3 nuove figure professionali: il Pianificatore, il

Paesaggista e il Conservatore. Da allora l’ordine degli Architetti ha cambiato nome in Ordine degli

Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori (in acronimo APPC).

1 Il Corso di laurea in Urbanistica viene ufficialmente istituito nel nostro Paese con DPR n. 1009 del 14 ottobre 1970, come modificazione allo Statuto dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (Iuav) e alla tabella XXX del Corso di laurea in Architettura. Il Corso di laurea è il punto di arrivo della stagione della programmazione italiana, nata con l’approvazione della legge sull’edilizia economica e popolare, la n. 167 del 1962, con la Nota aggiuntiva di Ugo La Malfa al Bilancio dello Stato del 1962 e conclusa con il Progetto ’80 del 1969. In seguito il Corso di laurea è stato, nel 1974, attivato anche all’Istituto Universitario Statale (ora Università “Mediterranea”) di Reggio Calabria e più recentemente, conseguente alla riforma universitaria degli anni ’90 al Politecnico di Milano (1995) e all’Università di Palermo (1999) e via via in altre sedi. Non è l’unica proposta di Corso di laurea in Urbanistica, è quella che giunge alla fine. Un’altra, meno articolata ma più ambiziosa, fu quella di Emilio Sisi, presentata nel 1969 per l’Università di Firenze: Per l’istituzione di una Facoltà di urbanistica e di pianificazione territoriale ed economica, Zelli Ed., Arezzo 1970, ora in Urbanistica Informazioni, n. 265, 2016. 2 Una breve storia del contenzioso e dell’attività svolta dai primi laureati si trova in D. Rallo, «Il ruolo e gli obiettivi

di Assurb», in Consiglio Europeo degli Urbanisti/Assurb, La nuova Carta di Atene 1998, Alinea, Firenze 2000, pp. 13-19.

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L’urbanista è stato identificato con il Pianificatore territoriale e il Pianificatore Junior, che non sono altro

che la ridenominazione contemporanea della figura dell’Urbanista.

Assurb nasce, quindi, dopo che i primi laureati cominciavano a trovare difficoltà nell’entrare nel

mercato del lavoro professionale. Ha come obiettivo prioritario quello di rappresentare, promuovere

e tutelare la professione dell’urbanista e del pianificatore territoriale e ambientale, il

riconoscimento del titolo professionale (raggiunto proprio nel 2001), la formazione professionale

continua, nonché il raccordo con tutte le istituzioni europee e nazionali, regionali e locali e con le varie

associazioni di categoria che si occupano di questioni rilevanti per la professione dell’urbanista e del

pianificatore territoriale e ambientale. A livello Europeo nel 1985 Assurb è stata la prima firmataria

dell’accordo che ha dato vita all’European Council of Spatial Planning - ECSP, del quale è membro

effettivo.

In questa attività si inscrive la Sezione Assurb all’interno della rivista Urbanistica Informazioni3 che, dal

2006, costituisce un osservatorio sia dei percorsi formativi universitari del pianificatore che delle

questioni inerenti la professione e la sua riconoscibilità nel mercato delle professioni.

L’Urbanista: una figura contesa

L’importanza della Sezione Assurb nella rivista Urbanistica Informazioni è legata proprio alla figura

dell’urbanista. Nel campo della pianificazione territoriale e urbanistica, a partire dal 2001 – come

abbiamo ricordato prima – si è passati da una professione non regolamentata ad una professione

regolamentata, cioè essa è riservata ad un numero definito di persone iscritte ad un Ordine. Più

precisamente l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Sezione A, Settore

«Pianificazione territoriale» per i laureati quinquennali e magistrali; Sezione B, Settore «Pianificazione»

per i laureati triennali.

Il passaggio tuttavia non ha creato una esclusiva ‘forte’ (solo gli iscritti a quel determinato Ordine e

Sezione possono esercitare la professione di urbanista, pianificatore), ma sicuramente ‘tendenziale’,

perché lo stesso DPR ha esplicitamente previsto la salvaguardia delle posizioni precedentemente

assunte o diritti acquisiti.

L’ambiguità è dovuta perché la figura del «pianificatore territoriale» (così come del «paesaggista» e del

«conservatore» d’altronde) è stata in parte innestata e in parte affiancata in un tronco (la figura

dell’architetto) già esistente. Ciò significa che la riforma del 2001 – ricordiamo una riforma che ha

modificato sia l’esame di Stato per l’accesso alle professioni regolamentate, sia gli ordini professionali,

tra cui quello degli architetti (che per l’appunto ha cambiato denominazione) – si può considerare come

una (quasi)-riforma, che deve essere ancora concertata con la legge istitutiva delle figure di Ingegnere e

Architetto (L. 24 giugno 1923, n. 1395 Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e

degli architetti) e con il relativo regolamento di attuazione (RD 23 ottobre 1925, n. 2537 Approvazione

del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) e relative modifiche; ma soprattutto

necessita di un regolamento applicativo. Regolamento a tutt’ora non emanato e, a quanto è possibile

saperne, nemmeno tracciato nelle sue linee essenziali da nessuno dei Governi che si sono succeduti in

questi quindici anni. In assenza di questo passaggio politico-istituzionale, la definizione reale dei campi

professionali è lasciata o al ‘buon vivere’ di vicinato (molto italico) o ai vari tribunali della Repubblica.

Fermo restando che qualsiasi posizione è attaccabile giuridicamente, la posizione di Assurb su questo

argomento è la seguente:

■ la professione di pianificatore territoriale e urbanista è di competenza del laureato in tale

disciplina iscritto all’Ordine APPC di competenza, se laureato dopo l’entrata in vigore del DPR

3 La Sezione è stata diretta da Daniele Rallo dal n. 207/2006 al n. 215/2007; da Giuseppe De Luca dal n. 216/2007

al n. 237/2011; da Alessandro Calzavara dal n. 238/2011 al n. 241/2012; e poi dal n. 242/2012 nuovamente da

Daniele Rallo.

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328/2001;

■ per il laureato ante DPR 328/2001 vige la doppia possibilità di iscriversi o non iscriversi all’Ordine

APPC, in quanto lo stesso DPR ha fatto salvi i diritti acquisiti precedentemente, cioè la possibilità

di esercitare la professione senza iscrizione;

■ per il laureato in architettura e ingegneria (edile) prima e post DPR, per fregiarsi del titolo di

Pianificatore territoriale, è necessario superare l’apposito esame di stato, concetto ribadito

dall’ultima sentenza del TAR del Lazio del 2007 che ci interessa direttamente.

Questa posizione ufficiale, in realtà, dovrebbe avere un robusto aggancio deontologico: ognuno deve

esercitare la professione per la quale ha ricevuto una formazione adeguata (tutti sono dottori in

medicina, ma se qualcuno vuole curarsi per problemi di cuore non va dal ginecologo; tutti sono avvocati,

ma se qualcuno ha bisogno di assistenza legale per divorziare, non va dall’avvocato amministrativista.

Così se un Comune deve predisporre uno strumento urbanistico, un piano territoriale o qualsiasi azione

politica collegata al governo del territorio non deve andare dall’architetto o dall’ingegnere, che nel loro

percorso formativo hanno fatto – quando proprio va bene – uno o al massimo due-tre esami di

pianificazione e urbanistica, ma proprio dal pianificatore territoriale e urbanista). Tuttavia, di norme

deontologiche nazionali su questo argomento nessun cenno, solo Assurb ha proposto e adottato un

testo fin dal 2007. Su questi temi, comunque, Assurb è da diversi anni che sta proponendo:

■ una piattaforma comune europea per l’individuazione di percorso formativo minimo per

accedere alla professione, in Italia questa piattaforma è rappresentata dai Corsi di laurea in

Pianificazione territoriale e urbanistica che finalmente hanno dato vita ad un Coordinamento

nazionale;

■ la possibilità di ‘certificare’ i professionisti laureati in architettura o in ingegneria ex DPR

attraverso una Commissione paritetica con ordini e Assurb. Non è una novità, avviene già ora per

l’iscrizione all’Albo degli Esperti in Urbanistica e Tutela del paesaggio della Provincia Autonoma di

Trento, dove questo Albo esiste (art. 12, LP n.22/1991). L’iscrizione è subordinata alla

presentazione di un adeguato curriculum e valutata da una Commissione mista dove è presente

anche l’Assurb.

L’urbanista non è un vigile urbano Quando decisi di iscrivermi al Corso di Laurea in Urbanistica di Venezia un mio compagno di liceo – molto meravigliato e in parte deluso per quella mia scelta – confessò di non sapere che: «per fare il vigile urbano ci volesse una apposita laurea». Ricordo questo fatto realmente avvenuto ogniqualvolta sono costretto a definire il campo d’azione della materia o a distinguerlo da altre pratiche ben più consolidate e ben più presenti nel tessuto sociale. Una figura costituzionalmente rilevante, visto che tra i poteri regionali (art. 117 Cost. fino al 2001 vi era la materia «Urbanistica», poi elevata e forse resa incerta nella nuova dizione di «Governo del territorio» a seguito di modifica costituzionale), ma di scarso appeal sociale; con uno statuto disciplinare debole; difficile da spiegare, perché storicamente associata ad altre figure più solide e più penetranti come quelle dell’Ingegnere o dell’Architetto, e per certi versi anche dello stesso Geometra, al quale viene riconosciuta una forte utilità sociale quantomeno come interfaccia di collegamento con gli uffici tecnici locali nel disbrigo delle pratiche edilizie più minute o con gli uffici statali periferici per l’assistenza nelle pratiche catastali ed ereditarie. Eppure l’urbanistica (o il governo del territorio, che in questo scritto sono trattate come sinonimi) è un processo decisionale con il quale le istituzioni (il potere pubblico, quindi) regolano le modalità di uso dello spazio e i relativi diritti di uso e di trasformazione del suolo attraverso vari strumenti urbanistici (il potere tecnico, cioè). Proprio per questo il procedimento urbanistico non è altro che una decisione politica tecnicamente assistita; dove l’avverbio è un rafforzativo del ruolo della cultura tecnica rispetto all’input di partenza che è politico. Ciò perché costruire uno strumento urbanistico, sia di livello territoriale che soprattutto di livello locale, è un investimento di natura pubblica che deve funzionare ed

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essere coerente in quanto è innanzitutto una “struttura tecnologica” verbo-disegnata di organizzazione cosciente e consapevole dello spazio che serve per governare paesi, città e territori. Governare non solo nell’immediato presente, ma soprattutto in una prospettiva futura, dove la capacità di saper prevedere diventa fondamentale e scientificamente necessaria: non basta essere quindi abilitati, quanto scientificamente e professionalmente preparati per predisporla. Se questo è lo sfondo entro cui dovrebbe prendere corpo la pratica urbanistica, la figura non è irrilevante, né dal lato formativo né da quello etico-professionale. Concordo con Federico Oliva quando afferma che: «La costruzione di un Piano Strutturale, specie riguardo il sistema ambientale e quello infrastrutturale, comporta specifiche responsabilità tecniche e disciplinari, dell’urbanista e degli specialisti che egli coordina, che in buona misura costituiscono scelte scientificamente fondate, e comportano le conseguenti decisioni, non negoziabili dalla politica. Basta ripensare agli effetti drammatici delle ultime emergenze ambientali nel nostro Paese, accentuate dai cambiamenti climatici – ai quali non sono certo estranee le responsabilità di cattive pianificazioni e della scarsa gestione del territorio – per rendersi conto di quanto dovrebbe essere considerata la responsabilità professionale degli urbanisti, spesso, troppo spesso, dimenticata dagli stessi. Una responsabilità seriamente pregiudicata anche da una formazione universitaria che abilita architetti e ingegneri a occuparsi di qualsiasi forma di pianificazione, dopo solo due esperienze didattiche nelle rispettive carriere, mentre gli assai più preparati studenti delle neglette scuole di pianificazione stentano a trovare una collocazione professionale e un riconoscimento sociale adeguati alle loro competenze»4. Questo è il nodo principale, solo in parte esplorato nel dibattito pubblico e certamente non risolto nel sistema degli Ordini professionali nazionale che, pur prevendendo norme deontologiche professionali, non distingue tra le pratiche che prendono corpo nel dominio pubblico, e sono di interesse collettivo, rispetto alle pratiche che invece si esplicano esclusivamente nel dominio privato, e sono di interesse squisitamente privato. La distinzione è tutta qui. Proprio per questo Assurb si è preoccupata di proporre prima e di adottare dopo – per prima in Italia – un vero e proprio Codice Deontologico Professionale, cui devono attenersi gli aderenti all’Associazione, ma che dovrebbe fare proprio l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori5. Basterebbe questa distinzione per fare del pianificatore una figura socialmente riconoscibile e con una robusta utilità sociale. Ed invece la figura è avvolta ancora in uno stadio grigio e in parte negletta, seppur inserita dal 2001 nel sistema ordinistico, e la pratica storicamente affollata di molte figure che non hanno quella robustezza e terzietà richiesta da una professionalità che inizia e si esaurisce all’interno della sfera pubblica. Tanto per essere molto chiaro, i disastri ambientali e territoriali a cui abbiamo assistito e assistiamo anche di recente non sono solo l’esito dei cambiamenti climatici globali, né solo della natura che si ribella, quanto soprattutto da cattive pianificazioni, predisposte da tecnici probabilmente a debole o scarsa formazione disciplinare o da tecnici che operavano contestualmente sia nella sfera pubblica che in quella privata. Il che ha reso la figura dell’urbanista incerta e problematica da capire nei contesti sociali. Una figura poliedrica, ma cacofonica La cacofonia delle figure ne è una conseguenza sia nella comunicazione attraverso i media – soprattutto quelli specialistici e on line – sia nell’articolazione delle competenze richiamate ufficialmente da alcune agenzie specializzate. Se prendiamo la Guida Consumatore, che ha come sottotitolo «la rivista on line che rende il cittadino consapevole e informato» alla voce “come diventare architetto”6 vengono elencate queste specializzazioni: a) Architetto edile; b) Architetto d’interni; c) Bio-architetto; d) Architetto del paesaggio;

4 F. Oliva, «Semplificare la pianificazione, cambiare il piano», Urbanistica, n. 149, 2012, p. 99. 5 Il «Codice deontologico dei pianificatori territoriali italiani» è stato adottato da Assurb nel 2007 e divulgato nei numeri 218 e 219 di Urbanistica Informazioni del 2008. Ora scaricabile anche dal sito http://www.urbanisti.it/professione/deontologia-professionale 6 http://www.guidaconsumatore.com/professioni/diventare-architetto.html

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e) Architetto pianificatore; f) Architetto conservatore. Praticamente tutte le scale della progettazione sono ascritte alla figura (“multiservizi” e “multiruolo”, si potrebbe dire) dell’architetto, richiamando – fin troppo esplicitamente – la proposta formativa di Walter Gropius di un architetto che doveva saper progettare a tutte le scale e misurarsi con tutti i livelli della creatività: dagli oggetti alla città. Figura rilanciata in Italia da Gustavo Giovannoni e finita nel Regio Decreto n. 2537 del 23 ottobre 1925 che approva il regolamento per le professioni di Ingegnere e Architetto. Il testo è ancora vigente, nonostante “qualcosa” sia da allora cambiato nel pur lento Paese Italia e nonostante il riordino dell’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio delle professioni tecniche e dei relativi Albi professionali operato – come già citato – con Dpr 328/2001. Se poi ci spostiamo nel sistema della comunicazione istituzionale specializzata la cacofonia non cambia molto. Per esempio l’ultima Indagine Isfol-Istat sulle professioni (2014)7 dapprima propone una “speranzosa” divisione tra Architetti, da una parte, e Pianificatori, Paesaggisti e specialisti del recupero e della conservazione del territorio, dall’altra. Ma quando si passa alle declaratorie delle competenze ingloba nella categoria degli “Architetti”: «Le professioni (che) conducono ricerche ovvero applicano le conoscenze esistenti in materia di design, pianificazione, conservazione e restauro, progettazione, costruzione e manutenzione di opere civili e di siti industriali. Ne disegnano e progettano la forma, gli interni e i loro arredamenti; disegnano mezzi di trasporto e altri beni prodotti su scala industriale curandone gli aspetti funzionali, simbolici ed estetici; conducono ricerche sulle caratteristiche tecnologiche di particolari materiali e processi; definiscono e progettano standard e procedure per garantire la funzionalità e la sicurezza delle strutture. Sovrintendono e dirigono tali attività». Mentre nell’altra categoria si limitano a scrivere che essi: «applicano le conoscenze esistenti in materia di pianificazione, conservazione e recupero urbanistico e territoriale. Sovrintendono e dirigono tali attività». Tuttavia quando si passa alla declaratoria delle competenze ingloba nella categoria anche quelle di: 1. Architetto paesaggista; 2. Architetto progettista di strutture e servizi ambiente compatibili; 3. Conservatore dei beni architettonici e ambientali; 4. Esperto in gestione ambientale e recupero del territorio; 5. Paesaggista; 6. Pianificatore territoriale; 7. Urbanista. Sottolineo la figura n. 7, Urbanista, che sembra essere autonoma rispetto a quella del Pianificatore territoriale, insinuando in chi legge questo tipo di ricerche differenze nelle competenze che nella realtà non dovrebbero esserci. Cioè propone una cacofonia incomprensibile, senza porsi il problema dell’operare concreto nella società e in quale sfera d’azione queste figure sono chiamate ad operare, né se vi è una distinzione tra loro. Quindi anche l’informazione ufficiale, ripropone la figura dell’architetto omnibus senza porsi il problema dell’operare concreto nella società e in quale sfera d’azione questo avvenga. Nonostante l’autorevole fonte sia sotto l’egida del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la sua capacità dirimente è tutt’altro che soddisfacente. L’unico aspetto di un certo interesse dell’Indagine è che non rileva nessuna competenza territoriale e urbanistica specifica per l’Ingegnere. L’ambiguità su chi opera nell’ambito del governo del territorio è problematica se si tiene conto che la stessa Indagine prevede una robusta crescita professionale ascritta soprattutto a due domande amministrative: a) la territorializzazione delle politiche europee (dai bandi alla gestione e monitoraggio dei fondi europei), che richiedono professionisti che abbiano una capacità analitica sistemica con una buona dose di valutazione tecnica e una altrettanto robusta capacità di visioning delle implicazioni ambientali, sociali, economiche e territoriali che le azioni comportano, quindi devono saper costruire non solo una agenda di discussione pubblica ma anche saperne valutare le ricadute; b) il recupero e la manutenzione del territorio che, in una fase di rallentamento della crescita per aggiunta e dopo i disastri ambientali e idrogeologici, diventa una delle domande d’azione più rilevanti e deve, per sua natura, essere intersettoriale e interdisciplinare, caratteristiche queste che hanno pochi percorsi formativi universitari, proprio come quelli dei Corsi di Laurea in Pianificazione e Urbanistica. Verso queste prospettive bisognerebbe forse meglio strutturare, e con più convinzione indirizzare, la formazione universitaria, come d’altronde propone da tempo Cliff Hague, Emeritus Professor di

7 http://professionioccupazione.isfol.it/professioni_raggruppamenti.php?div=red&where=PROFESSIONI&id=2.6.1&limite=1

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urbanistica alla Heriot-Watt University di Edinburgh8, ma anche l’Associazione europea degli urbanisti9 e diversi studiosi10 di matrice europeista; ma che richiama anche i presupposti della Laurea in Urbanistica in Italia proposta da Giovanni Astengo fin dalla seconda metà degli anni Sessanta ed attivata nel 1970 a Venezia11; e poi ripresi con diverse sottolineature, come nel caso di Empoli, nato nell’alveo della Scuola Territorialista12. Una domanda professionale ancora tradizionale e incerta, ma con qualche apertura Guardando tuttavia al mercato vero dei bandi pubblici e degli avvisi professionali in Italia la realtà non sembra quella delineata dall’Indagine Isfol-Istat sulle professioni. Nell’anno solare 2015 sono stati 199 bandi pubblici nella tipologia di appalto “Urbanistica, Piani regolatori, Valutazione ambientale”13, dove le professionalità richieste sono raggruppabili in quattro grandi contenitori: a) servizi tecnici di urbanistica, che vanno dalla consulenza alla progettazione di strumentazione urbanistica generale; b) predisposizione di Valutazioni ambientali strategiche, di Impatto, ecc.; c) progettazione di strumentazione urbanistica attuativa; d) attività di ricerca conoscitiva di supporto alla pianificazione. Il dato globale sembra, comunque, molto sottostimato rispetto agli enti territoriali che hanno tra i loro compiti istituzionali la produzione della strumentazione urbanistica che sono circa 9 mila in Italia, suddivisi tra: 8.000 comuni, 100 province, 20 regioni, cui si aggiungono gli enti parco, le autorità di bacino, i consorzi di bonifica, le aree di sviluppo industriale, oltre a diversi altri enti funzionali, sia statali che regionali. Ma è da considerare sia che molti enti producono varia strumentazione urbanistica in house, ricorrendo al mercato privato solo per consulenze generali e/o specialistiche; sia che l’attività urbanistica è molto particolare rispetto ad altre professionalità, perché può svilupparsi in diverse annualità. Tuttavia, quando si leggono i bandi, poi, le principali figure indicate sono quelle di Architetto e Ingegnere, molto raramente vi è esplicitamente quella del pianificatore. Tanto che in Assurb è attiva una squadra di persone che prestano il loro tempo anche per la segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di tutti quei bandi esplicitamente collegati alle competenze del pianificatore che non vedono questa figura inserita nell’elenco delle professioni richieste14. Il problema dei bandi tuttavia apre altre questioni, che l’economia di questo contributo non permette di affrontare, perché sovente la formulazione del bando richiede una serie di prestazioni specialistiche tra loro collegate che necessitano di apparati tecnico-professionali complessi che i laureati di Urbanistica non sempre possono avere. Specializzarsi nel solo mercato professionale dell’urbanistica significa indirizzarsi, infatti, verso un segmento del mercato ristretto e di natura istituzionale, “tagliato”

8 C. Hague, Teaching generic skills to planners,http://geo.ku.dk/Forskning/netvaerk/lfb/tekst/bilag/cliff_hague_5_sep.pdf/ 9 ECTP-CEU, La Nuova Carta di Atene/The New Charter of Athens, 2000, Alinea, Firenze 20042, dove vengono individuate queste figure di pianificatore: a) come studioso; b) come progettista di scenari futuri; c) come consulente politico e mediatore; d) come amministratore e manager urbano. Cfr. http://www.ectp-

ceu.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=85 10 Cfr. Future Planners: Propositions for the next age of planning, Report by Peter Bradwell, Inderpaul Johar, Clara Maguire e Paul Miner, February 2007, che individuano queste figure di pianificatore: a) Facilitatore; b) Costruttore di scenari; c) Provocatore; d) Giudice. http://www.demos.co.uk/publications/futureplannersreport 11 Rimandiamo a F. Indovina «La scuola per i pianificatori territoriali», in Id., a cura di, La ragione del piano. Giovanni Astengo e l’urbanistica italiana, F. Angeli, Milano 1991. 12 Rimandiamo a M. Giusti e A. Magnaghi A., «L’approccio territorialista allo sviluppo sostenibile», Archivio di studi urbani e regionali, n. 51, 1994; e A. Magnaghi, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino 2000. 13 Cfr. http://www.infoappalti.it/site/ricerca_avanzata.php?action=progettazione. Certo è un segmento molto ristretto e soprattutto si riferisce ai soli bandi di gara, quindi non contemplano incarichi diretti che hanno importi sicuramente più modesti ma numericamente consistenti e assai diffusi per consulenze e lavori circoscritti sia nelle fasi preparatorie delle politiche

pubbliche che nel loro monitoraggio. Per la verità il numero dei bandi è davvero esiguo. In una simile rilevazione per il 2011 i bandi pubblicati erano stati 597. Il crollo si spiega solo con la politica di restringimento dell’investimento pubblico operato dal governo centrale a partire dall’autunno 2011. 14 Sul ruolo di Assurb e sulle sue battaglie in difesa della professione del pianificatore rimandiamo a sito ufficiale http://www.urbanisti.it/.

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sull’esigenza delle pubbliche amministrazioni che non permettono né economie di scala né integrazioni da altri mercati paralleli, come quello dell’edilizia privata, certamente più fluidi e fluttuanti, ma almeno più “accomodanti” in termini di pagamento15. Da una indagine – ancora in corso – presso l’Assurb16 la domanda pubblica è frammentata, ma presenta alcune particolarità che sono la spia delle trasformazioni che questa sta avendo nel mercato reale. Una di questa spia è legata all’irrompere nella giustificazione delle politiche pubbliche della Valutazione ambientale strategica (VAS). Forse più della Valutazione di Impatto Ambientale, collegata alle singole opere, la VAS è parte integrante del processo di pianificazione e/o programmazione; è lo strumento attraverso il quale è possibile garantire l’integrazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale nelle scelte operate ai diversi livelli di governo e assicurare al contempo che gli effetti sull’ambiente derivanti dall’attuazione di piani e programmi siano presi in considerazione sin dalla fase preparatoria, seguendone, con strumenti appropriati, tutte le fasi, compresa l’attuazione, giungendo fino alla fattibilità degli interventi di piano. Il processo richiede non solo conoscenze integrate e interdisciplinari, quanto agganciate al sistema territorio che la laurea in pianificazione sembra garantire, tanto che la legge nazionale affida proprio ai pianificatori territoriali questo compito di coordinamento. La curiosità, o meglio la spia assai significativa, è che questo tipo di domanda proviene anche dal mondo professionale privato (studi di architettura e ingegneri) che sovente scorporano queste fasi valutative da più ampi incarichi di pianificazione per affidarle (in una sorta di subappalto) a giovani laureati in Pianificazione territoriale e urbanistica. La VAS d’altronde è una riserva esclusiva del pianificatore17. Nella più ampia famiglia delle valutazioni rientrano anche le operazioni dei quadri conoscitivi e della loro restituzione su appositi Sistemi informativi territoriali. È un tipo di domanda quest’ultima, soprattutto privata, che si rivolge prioritariamente ai laureati triennali, tanto che alcuni corsi di laurea triennale hanno concentrato l’attività formativa proprio intorno a questa tecnicalità. Un’offerta universitaria che purtroppo accentua lo stato di smarrimento I Corsi di laurea in Urbanistica hanno avuto un notevole – e forse eccessivo – sviluppo a seguito nell’entrata in vigore della cosiddetta riforma 3+2 con lo sdoppiamento del percorso formativo tra laurea e laurea specialistica/magistrale (DM 509/1999 e DM 270/04). In pochissimi anni a partire dal 1999 si è passati pochi corsi laurea in Urbanistica esistenti (Venezia-Iuav dal 1970; Reggio Calabria dal 1974; Politecnico di Milano dal 1995; Palermo dal 1999, che anticipa la riforma nazionale) a 22 corsi di laurea triennali, distribuiti in 21 sedi universitarie; e in 12 corsi di laurea specialistici, distribuiti in 11 sedi universitarie18. Un’esplosione dettata più da logiche accademiche di posizionamento degli insegnamenti universitari che non da una vera e propria richiesta proveniente dal mercato delle professioni e da quello amministrativo. Tanto che in meno di un decennio il numero dei corsi di laurea si è significativamente ridotto19, cancellando anche il polo romano, che aveva il più alto numero di immatricolazioni20, ma

15 Cfr. D. Rallo, «Mercato dell’urbanistica e professione dell’urbanista» in Id., Divulgare l’urbanistica, Alinea, Firenze 2002. 16 http://www.urbanisti.it/lavori-in-corso/632-lic12007censimento-urbanisti-e-pianificatori 17 Così recita, in merito alle competenze del Pianificatore territoriale, il DPR 328/2001: «lo svolgimento e il coordinamento di analisi complesse e specialistiche delle strutture urbane, territoriali, paesaggistiche e ambientali, il coordinamento e la gestione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità dei piani e dei progetti urbani e territoriali», art. 16 sulle competenze professionali, c. 2, lettera b). Per l’interpretazione rimando a: G. De Luca, D. Rallo, «Chi è abilitato a coordinare la VAS?», Urbanistica Informazioni, n. 238, 2011. 18 La tabella è in: D. Rallo, «L’offerta formativa universitaria in pianificazione territoriale e urbanistica», Urbanistica Informazioni, n. 212, 2007, p. 92. 19 Cfr. F.D. Moccia, «I corsi di laurea in urbanistica e pianificazione falcidiati da Gelmini», Urbanistica Informazioni, n. 237, 2011, p. 75 (la tabella completa è in http://www.urbanisticainformazioni.it/IMG/pdf/offerta_formativa_gelmini.pdf). 20 G. De Luca, «Aumentano gli iscritti alle lauree in pianificazione e urbanistica», Urbanistica Informazioni, n. 213, 2007, p. 92.

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l’interpretazione di questa vicenda esula da questo contributo (per questo rimandiamo alle riflessioni di Fabio Lucchesi, in questo steso numero della rivista). Quello che interessa qui è la sola titolazione della laurea che contraddistingue anche il tipo di laureato. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare la creatività delle università è stata incredibile: ben 17 diverse titolazioni su 22 corsi di laurea triennali; e 9 diverse titolazioni su 12 corsi di laurea magistrali. Una indistinta cacofonia difficilmente spiegabile anche agli addetti ai lavori. Eppure vi erano due possibili agganci normativi e pratici cui fare riferimento: la presenza obbligatoria nelle piante organiche degli enti locali della figura dell’Urbanista, inserita all’interno di un apposito Ufficio Urbanistica, e sovente facenti riferimento ad un apposito Assessorato all’Urbanistica; la presenza nel mercato universitario della laurea in Urbanistica fin dal 1970; e se non bastasse la figura professionale richiamata nella stessa titolazione a partire dal 2001 dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori a partire dal 2001. Le titolazioni dei corsi di laurea avrebbero dovuto prendere in considerazione questi input di partenza. Le uniche che avrebbero reso la figura del laureato più coesa con il mercato del lavoro e sicuramente più certa nel “rappresentarsi” sia socialmente che individualmente. Eppure, ancora oggi, sono pochi i residui Corsi di Laurea che hanno titolazioni socialmente riconoscibili e facilmente comunicabili. Una ipotesi speranza Come uscire da questa cacofonia? Rilanciando il processo di dialogo all’interno dei percorsi formativi universitari21 e avendo come fulcro di discussione l’art. 80 del DPR 616/77, dove si afferma che «le funzioni amministrative relative alla materia urbanistica concernono la disciplina dell’uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente». Intorno a queste funzioni ridefinire non solo i percorsi formativi, quanto anche la figura tecnica che non può non avere il termine “urbanistica” nella sua titolazione Triennale e Magistrale. Per entrambe, la speranza è che si chiamino Laurea in Urbanistica triennale e Laurea in Urbanistica magistrale. Il percorso formativo diventerebbe così chiaro e riconoscibile; e la stessa figura tecnica, quella del Pianificatore Urbanista, socialmente comunicabile, ancorata com’è ad un ordine professionale esistente. Sono questi i temi e gli argomenti trattati in questi dieci anni nella Sezione Assurb della rivista Urbanistica Informazioni, che attualmente rappresenta l’unica autorevole voce di livello nazionale nel panorama delle riviste specializzate italiane.

21 Riannodando le fila del Coordinamento nazionale dei Corsi di studio in pianificazione e urbanistica, il cui incontro inaugurale si è tenuto ad Empoli l’8 giugno 2007, cfr. Urbanistica Informazioni, n. 214, 2007.

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- esiga da parte loro ilrispetto di regole di condottaprofessionale da essa pre-scritte e- conferisca ai medesimi ildiritto di un titolo professio-nale, di un’abbreviazione odi beneficiare di uno statuscorrispondente a tale titolodi formazione. Con la direttiva relativa alriconoscimento delle qualifi-che professionali approvatal’anno scorso, laCommissione Europea nonha solo inteso riordinare lamateria assemblando ben 15direttive settoriali relative aprofessioni regolamentate,ma ha anche inteso prevede-re un meccanismo di com-pensazione per quelle profes-sioni non già incluse nellastessa direttiva, ma “regola-mentate” in base a quantostabilito precedentemente.Questo meccanismo prevedela creazione di piattaformecomuni da parte di associa-zioni professionali europee.Per piattaforma comune s’in-tende l’insieme dei criteridelle qualifiche professionaliche attestano un livello dicompetenza adeguato all’e-sercizio di una certa profes-sione e in base ai quali taliassociazioni accreditano lequalifiche acquisite negliStati membri; questo pergarantire la libera circolazio-ne dei professionisti ed illoro accreditamento sullabase di criteri comuni.Il Consiglio Europeo degliUrbanisti (CEU/ECTP), di cuil’AssUrb e l’INU fanno parte,ha iniziato la procedura perla realizzazione di una piat-taforma per l’accreditamentodei pianificatori in Europa.Qui di seguito la relazionepresentata durante l’ultimaAssemblea Generale delCEU/ECTP.

* Consiglio Nazionale AssUrb e Vice-presidente CEU/ECTP.

tata», si intende l’attività ol’insieme delle attività pro-fessionali regolamentate checostituiscono una data pro-fessione in uno Stato mem-bro. Per «attività professionaleregolamentata», si intendeun’attività professionale, perla quale l’accesso o l’eserci-zio o una delle modalità diesercizio in uno Stato mem-bro siano subordinati, diret-tamente o indirettamentemediante disposizioni legis-lative, regolamentari oamministrative, al possessodi un titolo di formazione oattestato di competenza. Inparticolare, costituisconomodalità di esercizio diun’attività professionaleregolamentata: - l’esercizio di un’attività atitolo professionale qualoral’uso del titolo sia limitato achi possieda un dato titolo diformazione o un attestato dicompetenza previsto da dis-posizioni legislative, regola-mentari o amministrative; - l’esercizio di un’attivitàprofessionale nel settoresanitario qualora la retribu-zione e/o il relativo rimborsosiano subordinati dal regimenazionale di sicurezza socia-le al possesso di un titolo diformazione o di un attestatodi competenza. Quando non si applica ilcomma di cui sopra, è assi-milata ad un’attività profes-sionale regolamentata anchel’attività professionale eserci-tata dai membri di un’asso-ciazione od organizzazioneche, oltre ad avere segnata-mente lo scopo di promuove-re e di mantenere un livelloelevato nel settore professio-nale in questione, sia ogget-to, per la realizzazione di taleobiettivo, di un riconosci-mento specifico da parte diuno Stato membro e: - rilasci ai suoi membri untitolo di formazione,

La professione dipianificatore versoun riconoscimentoeuropeoVirna Bussadori*

Con la Direttiva 92/51/CEErelativa ad un secondo siste-ma generale di riconosci-

mento della formazione pro-fessionale, che integra laprecedente Direttiva89/48/CEE, l’Unione Europeaha approvato alcune chiaredefinizioni concernenti laregolamentazione delle pro-fessioni che è bene ripercor-rere brevemente:Per «professione regolamen-

In questi trentanni ha svoltouna attività importante per ilriconoscimento legale e defacto del titolo di studio dauna parte e per diffondere lacultura urbanistica dall’altra.L’inserimento delPianificatore territorialeall’interno del rinnovatoOrdine degli Architetti, con ilDPR 328/01 rappresenta unadelle ultime tappe del primocaso. La co-stesura assiemeal Consiglio Europeo degliUrbanisti della Nuova Cartadi Atene, nelle versioni del1998 e del 2003, è uno deiprodotti del secondo caso.L’INU da diversi anni ci haaffiancato e sostenuto per cuidevo ringraziare in modo par-ticolare gli ultimi due presi-denti, Stefano Stanghellini ePaolo Avarello, oltre ovvia-mente Federico Oliva e ildirettore della rivista che ciospita.

Il Presidente Daniele Rallo

Con questo primo articolo siapre una finestra sulla attivi-tà svolta dall’associazionenazionale degli urbanisti.L’AssUrb nasce a metà anni70 dopo la proclamazione deiprimi laureati in Urbanisticadel Corso di laurea fondatoda Giovanni Astengo e da ungruppo di docenti dell’IstitutoUniversitario di Architetturadi Venezia. Riunisce i laureatiprovenienti da queste scuole“specialistiche”. Le finalitàdella Associazione, espressenello Statuto, variano traquelle di “promuovere la pro-fessione dell’urbanista”, alsuo “riconoscimento giuridi-co”, “alla formazione e all’ag-giornamento professionale” a“promuovere iniziative intesea sviluppare il dibattito sulleprincipali politiche comunita-rie, nazionali, regionali elocali sui temi che riguardinol’urbanistica e la pianificazio-ne territoriale e ambientale”.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

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modes of pursuit in aMember State is subject,directly or indirectly byvirtue of laws, regulationsor administrative provi-sions, to the possession ofa diploma. The following inparticular shall constitute amode of pursuit of a regu-lated professional activity: - pursuit of an activityunder a professional title,in so far as the use of sucha title is reserved to theholders of a diploma gov-erned by laws, regulationsor administrative provi-sions”…Where the first subpara-graph does not apply, aprofessional activity shallbe deemed to be a regulatedprofessional activity if it ispursued by the members ofan association or organiza-tion the purpose of whichis, in particular, to promoteand maintain a high stan-dard in the professionalfield concerned and which,to achieve that purpose, isrecognized in a specialform by a Member Stateand:- awards a diploma to itsmembers,ensures that its membersrespect the rules of profes-sional conduct which itprescribes, and confers on them the right touse a title or designatoryletters, or to benefit from astatus corresponding to thatdiploma.

Note that between the firstand the second directive,the word diploma wasreplaced by “evidence ofeducation and training”.The definition of regulatedprofessional activity hadclearly moved on by thetime Directive 2001/19/ECwas drafted. In fact underSection 1, Article 1 of thisDirective, the definition of

State must provide theCommission with a list ofeducation and trainingrequirements of the profes-sions which they would liketo be recognised as specificprofessions. For each pro-fession, the Member Statesmust give the Commissionthe documents setting outthe requirements in nation-al legislation.So by successive comple-mentary listings of educa-tion and training, aninventory of the professionshas been established, whichis inevitably incomplete,mainly because it seems(unfortunately) that few ofthe Member States took theinformation request seri-ously. It is worth notingthat at no point in thisprocess was the professionof planner mentioned byany Member, except for onereference to R.T.P.I. in anannex to Directive89/48/EEC.In addition, the firstArticles of Directives89/48/EEC and 92/51/EECset out the meaning ofterms used in the specificvocabulary of professionalrecognition. These termsare covered: (a) diploma, (b)certificate, (c) proof ofcompetence, (d) Host mem-ber state, (e) regulated pro-fession, (f) regulated pro-fessional activity, (g) regu-lated education and train-ing, (h) professional experi-ence, (i) adaptation period,(j) aptitude test etc. Among these definitions,regulated professionalactivity should be of partic-ular interest to ECTP. Thisis the definition from theofficial document: - “regulated professionalactivity: a professionalactivity, in so far as thetaking up or pursuit ofsuch activity or one of its

regulated profession.Annexes C & D of the sec-ond directive primarily list-ed by country the educa-tion and training by vari-ous diploma-giving and/orregulatory bodies. One isforced to acknowledge thatthese lists are very incom-plete and most MemberStates did not even botherto respond.

The two fundamental direc-tives 89/48/EEC and92/51/EEC were followedby: - 5 directives modifyingAnnexes C and/or D(Directive 95/43/EC;D.97/38/EC ;D.2000/05/EC;D.2001/19/EC;D.2004/108/EC) amending,adding or removing entriesfrom the list of regulatedprofessions- one completing Directiverelating to people in somecraft, industry and com-mercial activities to enablethem work without gettingthe relevant national quali-fication for that trade orcraft in the host MemberState, to avoid discrimina-tion in the delivery of serv-ices (D.99/42/EC).

In applying these variousdirectives, each Member

Recognition of theprofession of planner andprofessional qualificationby the European Union

To organise and facilitatefree circulation of profes-sionals in the Europe, theEuropean Union hasworked to identify thenature of the professions,their levels of educationand training and the skillsand skills and competencesrequired to practice in allMember States.

I Professional recognitionsince 1989

Recognition first by theEuropean Community andthen by the EuropeanUnion of the variety ofprofessions practised in theMember States has gonethrough several phases.

The General System: - Two directives institutedthe principles of the gener-al system of professionalrecognition:- Directive 89/48/EEC, onrecognition of higher edu-cation diplomas concerningeducation and professionaltraining lasting at least 3years,- Directive 92/51/EEC, com-pleting the first and intro-ducing the concept of the

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

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Town Planners Institute. Weshould be glad that in thecourse of defending theirown interests they ensuredthat our profession wasmentioned at least once. It is regrettable that simplerecognition of public inter-est demonstrated by thepractice of the planningprofession and its specificcharacter were not put for-ward as convincing argu-ments for a sectoral direc-tive for planners.

II Reports on theapplication of the generalsystem of recognition ofdiplomas in highereducation

Two reports have been pub-lished by the EuropeanCommission aimed at aphased evaluation of theapplication of theDirectives mentioned aboveand the General System ofrecognition of the profes-sions.23 July 1996, Report COM(1996) 46 under Article 13of Directive 89/48/EEC.3 February 2000, ReportCOM (2000) 178, underArticle 18 of Directive92/51/EEC.

These reports allows us toassess the situation so far,to draw conclusions as toany modifications to thepresent system which mightbe necessary, and perhapsto submit proposals intend-ed to improve the existingregulations to facilitate freemovement of professionalsin the EU and uphold theright of establishment andthe freedom to offer servic-es as envisaged by theDirectives. The main conclusion ofthese reports was that thepresent arrangements arecomplex and difficult to

administer. So it wasagreed (in mid-2001) toembark on a wide consulta-tion of Member States witha view to simplifying theregulations and definingthe future European systemof recognition of profes-sional qualifications.

III The future system ofrecognition of professionalqualifications

On 2 July 2001, DGInternal Market of theCommission started anopen consultation on thefuture European system ofrecognition.On 7 March 2002, theCommission proposed tothe Council and theEuropean Parliament: - consolidation measuresapplying to the existingdirectives regarding recog-nition of professional qual-ifications,- simplification of theexisting regulations, management of the systemof recognition, - subsidiary application ofa general approach to someremaining situations notcovered by the “GeneralSystem” of recognition orthe rules on automaticrecognition under the“Sectoral” directives. The draft introduced thenotion of “common plat-forms” managed by theprofessions and intended tomake it easier for there tobe more automatic recogni-tion of professional qualifi-cations within the frame-work of the generalarrangement.- On 12 February 2004, theEuropean Parliamentapproved the draft direc-tive, indicating acceptanceof simpler approach.- On 20 April 2004, theproposal was modified by

The system of “sectoraldirectives”Twelve sectoral directiveshave been adopted. Theycover in particular certainhealth professions, veteri-nary surgeons, pharmacistsand architects. Since theprofession of planner doesnot have this status, wewill not pursue this notionhere. That said, it might be worthknowing why the profes-sion of architect was cov-ered by this system, partic-ularly since one of themain arguments invoked tojustify the need for a spe-cific directive was that:“architecture, the quality ofbuildings, the way theyblend in with their sur-roundings, respect for thenatural and urban environ-ment and the collective andindividual cultural heritageare matters of public con-cern”.It continues that architectare able to “understand andgive practical expression tothe needs of individuals,social groups and commu-nities as regards spatialplanning, the design,organization and construc-tion of buildings, the con-servation and enhancementof the architectural heritageand preservation of thenatural balance”

That definition leads to tworeflections:- whether the profession ofplanner is a matter of pub-lic concern, - whether architects canexercise the prerogatives ofplanners.

Planners are conspicuousby their absence: they arenot mentioned in any ofthe directives adopted sofar, with the exception ofthe reference to Royal

regulated profession incor-porates an obligation totake into considerationexperience acquired afterobtaining a diploma whenscrutinising a request forrecognition, and admits thepossibility of regulatededucation and training.Such education and train-ing must be specific to thepractice of a particular pro-fession, must consist ofpost-secondary educationstudy lasting at least threeyears. That same Directiveintroduces the notion ofprofessions for whichdiplomas may benefit fromautomatic recognition.These professions are regu-lated by Sectoral Directivese.g. the one for Architects. Before Directive 2001/19/ECtwo intermediate Directiveshelped to avoid certainproblems of recognition.Directive 1999/42/EC of 7June 1999 brought in amechanism for recognitionof diplomas for professionalactivities covered in liberali-sation directives and it wasenvisaged that there wouldbe a regular report onimplementation. Then on 14May 2001, Directive2001/19/EC brought in thenotion of “SectoralDirectives”, with transitionalmeasures for certain healthprofessionals and architects.We can see at this stage ofthe process that only theprofessions with a sectoraldirective were clearlydefined and the frameworkfor their operation fullyorganised. For the otherprofessions, notably plan-ners, the “General system ofrecognition of diplomas”could not be seen as a sys-tem of automatic recogni-tion of qualifications, espe-cially since the definition of“town planner” had no offi-cial visibility.

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level envisaged. We mustobtain Level 5 for planners.- Article 15: this allows forcommon platforms for allMember States. Such aplatform must “facilitatethe mutual recognition ofprofessional qualifications.European professional asso-ciations … which representa profession, can communi-cate to the Commission thecommon platforms whichthey establish at Europeanlevel. “Common platform”is understood to be a set ofcriteria for professionalqualifications which attestto a sufficient adequatelevel of competence for thepursuit of a given profes-sion and on the basis ofwhich those associationsaccredit the qualificationsobtained in MemberStates.”In this context ECTP mustput forward its own plat-form, which will be rigor-ous and taken all the moreseriously because it arisesout of wide and indis-putable representation ofthe profession in everyMember State.

ECTP must whole-heartedlyadopt its chosen role ofrepresenting the professionat European level and pro-moting and raising the pro-file of the profession.

Presentato all’incontrodi Bled (Slovenia),18 novembre 2005.

European Parliament andthe Council.- On 11 May 2005, theDirective was passed byEuropean Parliament withsome amendments to theCommon Position of theCouncil.- On 6 June 2005, theCouncil adopted theDirective and opened theconsultation for constitut-ing the Common Platforms,along with the requirementon Member States to inte-grate the arrangements intothe relevant national legis-lation.

The planning professionmust now seize the chanceto obtain (as a minimum)recognition of the distinc-tiveness of the profession.ECTP must be at the fore-front here, taking on thetask of constituting andadministering the commonplatform for planners. It isnot beyond the bounds ofpossibility that ECTP couldset itself the ambitious taskof using the Platform todemonstrate that all-impor-tant “evidence of publicconcern” of the professionof planner at the same timeas its distinctive character-istics: two necessary andsufficient criteria for thecreation of a Sectoral direc-tive. From the text of theDirectives we can takeamong other things thesebasic elements which wouldbe useful for our reflectionson the profession of plan-ner: - Article 11: this article setsout 5 levels of qualificationwhich could be envisaged.Level 5 corresponds to adiploma demonstrating suc-cessful completion of acourse of post-secondaryeducation of more thanfour years. It is the highest

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valore aggiunto apportato dalpianificatore all’avvio e alcoordinamento del processodi pianificazione;- il livello e il successo dellapartecipazione comunitaria;- il livello e i benefici dell’in-tegrazione interdisciplinarenel processo di pianificazio-ne.Per quanto concerne la parte-cipazione italiana, (sei casi),va segnalato come, accantoad alcuni fattori positivi,siano emersi in particolaredue aspetti negativi. Da unlato la eccessiva autoreferen-zialità di gran parte dei pianiselezionati (tutti di livellocomunale), che venivano pre-sentati dai diversi enti propo-nenti come un grande esitonell’applicazione di principi eindicazioni delle nuove Lur.Una volta messi a confrontocon la realtà europea, questipiani apparivano esempi diordinaria applicazione diprincipi ormai consideratistandard a livello europeo,senza che emergessero ele-menti di particolare eccezio-nalità (outstanding) o signifi-catività, tali da giustificarneun primato. Dall’altra, eranoassenti esempi di pianifica-zione di area vasta, proprio illivello di pianificazione cheinvece, a giudizio unanimedella giuria, ha rappresentatouna delle sorprese positivedel Premio, con piani checontenevano diversi elementidi innovazione e di eccezio-nalità.

Note1. Il premio, interamente organizzato dalConsiglio Europeo degli Urbanisti, sisvolge regolarmente dal 1990-1991.2. Il Ceu è composto da 23 associazioniin rappresentanza di 21 stati europei;l’Italia è rappresentata dall’Assurbanisti edall’Inu. 3. A volte organizzando premiazioninazionali che servono come meccanismodi selezione.4. La giuria era composta da: RachelKenny (Irlanda, presidente), MaciejChojnacki (Polonia), Enrico Fontanari(Italia), Georges Phedonos (Cipro), JorisScheers (Belgio).

sinergie e convenienze dellaconcertazione tra i diversiattori;- illustrare il valore crescentedel concetto di “territorialcohesion” e mostrare bestpractice nel campo della pia-nificazione “transfrontaliera”.Dopo un lungo lavoro diselezione iniziato nel 2005,nel corso della primavera diquest’anno si è conclusa lasesta edizione del Premio, cheha visto la partecipazione dinumerosi paesi europei, iviinclusi alcuni paesi che solorecentemente sono entrati afar parte dell’Unione Europea. La giuria4 si è riunita aSiviglia per esaminare i pianiselezionati (in tutto 35 inrappresentanza di 13 nazio-ni). Va sottolineato comealcuni paesi, che pure hannopartecipato alla prima fase diselezione, non hanno ritenutoopportuno inviare alcunpiano o progetto urbanistico,non riscontrando nei pianisottoposti al loro esame que-gli elementi di eccezionalità erappresentatività tali da per-mettere di considerarli comeun buon modello da genera-lizzare.Dopo un processo di selezio-ne progressiva, i vincitori e iprogetti segnalati o menzio-nati (che verranno comunica-ti a novembre a Siviglia)sono stati scelti sulla base deiseguenti criteri:- applicazione dei principidello sviluppo sostenibile, intutti gli aspetti ambientali,economici e sociali;- originalità e innovazionedel processo di realizzazione;- alta qualità del lavoro pro-fessionale di progettazione,sviluppo e applicazione diconcetti e tecniche di pianifi-cazione;- la validità del piano inquanto modello riproducibilee come riferimento per futuripiani;- il ruolo significativo e il

proprie o con il supporto diprofessionisti esterni, le pub-bliche amministrazioni didiverse entità territoriali (dalcomune alla regione).Vengono inviati i piani oprogetti urbanistici che sonoin grado di:- mostrare, al pubblico ma inparticolare al mondo profes-sionale, pratiche di pianifica-zione e di sviluppo innovati-ve e in grado di migliorareeffettivamente, da un puntodi vista sociale, economico eambientale, la qualità di vitadei cittadini europei;- promuovere una visiondelle future città europee cherisponda ai criteri elencatinella “Nuova Carta di Atene”,in grado di favorire la crea-zione di condizioni che per-mettano uno sviluppo urbanosostenibile;- rappresentare la diversità el’ampiezza degli obiettivi edelle azioni della pianifica-zione contemporanea indiversi campi: riqualificazio-ne di aree urbane e non,gestione economica, culturalee ricreativa della città, gestio-ne del traffico e dei trasporti,così come promozione dellasolidarietà e coesione econo-mica e sociale e della costru-zione di identità culturale;- dimostrare i vantaggi delprocesso di pianificazionepartecipata, evidenziando

6° Premioeuropeo diPianificazioneurbana e regionaleEnrico Fontanari

Consiglio Europeo degliUrbanisti - Siviglia 2006 Tra le diverse manifestazioniche a livello europeo si svol-gono con l’intento di identifi-care e premiare i lavori meri-tevoli nel campo della piani-ficazione e progettazioneurbanistica, il PremioEuropeo di PianificazioneUrbana e Regionale organiz-zato dal Consiglio europeodegli urbanisti ha ormaiassunto un grande rilievo1.Il Premio ha come obiettivola segnalazione delle bestpractices realizzate, in diversisettori della pianificazioneurbana e regionale, nei paesimembri del Ceu2. La competi-zione si articola in due fasi:la prima fase si svolge alivello nazionale, le associa-zioni di ciascun paese sele-zionano i candidati da invia-re al premio3; nella secondafase, una giuria internaziona-le sceglie tra i candidati pro-posti quelli da premiare o dasegnalare in base a diversecategorie.Possono inviare i lavori urba-nistici, realizzati con forze

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della classe, sono costituitidalla formazione nei settoritipici e qualificanti dellapianificazione territoriale,urbanistica, ambientale e delpaesaggio, della topografia ecartografia, ma anche inquelli economico-estimativi,del diritto urbanistico e delleopere pubbliche, in modo daformare una professionalitàin grado di affrontare leproblematiche di interessedal punto di vista non solopuramente tecnico, maanche multidisciplinare. Taliobiettivi possono essereesplicitati nell’acquisizionedi:- una adeguata preparazio-ne culturale scientifica dibase;- una buona preparazioneinterdisciplinare di basesulle tematiche urbanistiche,paesaggistiche, ambientali,cartografiche e topografiche;- un’appropriata prepara-zione culturale economica egiuridica di base;- un’adeguata preparazionenel campo delle tecnologieinformatiche nel campo ter-ritoriale e ambientale; - un’adeguata preparazioneingegneristica di base nelcampo delle opere edilizie,con riferimento agli aspetticostruttivi, strutturali edarchitettonici;- un’adeguata preparazionedi base nel campo dellecostruzioni stradali edidrauliche;- conoscenza di alcuniaspetti di economia applica-ta (urbana, regionale, delturismo, etc) e dell’estimorurale ed edilizio;- conoscenza di alcuni pro-fili dell’ordinamento giuridi-co nel campo privatistico,amministrativistico e penali-stico in urbanistica, in edili-zia ed in tematiche ambien-tali ed agrarie, e della con-seguente capacità di appli-care concretamente la relati-

pianificatore territoriale eambientale.Dovendo circoscrivere ilcampo di interesse alla clas-se di laurea in Scienze dellapianificazione territoriale,urbanistica, paesaggistica eambientale – L 21 – giàclasse 7, è utile ribadire chegli obiettivi formativi quali-ficanti si riferiscono alleconoscenze di base per ana-lizzare i processi di trasfor-mazione della città e del ter-ritorio; alle competenze teo-riche e pratiche per l’analisidelle forme e delle relazionifunzionali dell’ambiente fisi-co e dei suoi processi evolu-tivi; alle conoscenze di baserelative alla pianificazione eprogettazione urbanistica,territoriale, ambientale; allacapacità di analizzare ilmonitoraggio e la gestionedi progetti complessi e diprogrammi di opere pubbli-che; alle conoscenze di baseper valutare gli effetti delleazioni di pianificazione sulcontesto insediativo,ambientale, paesaggistico,sociale ed economico; allacapacità di utilizzare effica-cemente, almeno una linguadell’Unione Europea, oltreall’italiano, nell’ambito spe-cifico di competenza e perlo scambio di informazionigenerali.La normativa in vigore con-sente ai laureati della classe7 oggi L21, l’accesso, previosuperamento dell’appositoEsame di Stato, a diversialbi professionali [ordine deidottori agronomi e dottoriforestali (settore agronomo eforestale, sezione B); ordinedegli architetti, pianificatori,paesaggisti e conservatori(settore pianificazione,sezione B); agrotecnico;geometra; perito agrario;perito industriale (sezioneedilizia)].In considerazione di ciò, gliulteriori obiettivi specifici

La consapevolezza che losviluppo del territorio e latutela dell’ambiente costitui-scono una delle più impor-tanti sfide di questomomento storico, determinala necessità di formare tipo-logie professionali nuove,trasversali rispetto ai tradi-zionali percorsi formativi,capaci di gestire i delicatiprocessi di trasformazionedel territorio e vivacementesensibilizzate alle logiche inatto. Con la riforma universitariache individua due livelli for-mativi, il cosiddetto 3+2,(oltre ai dottorati di ricerca eai master), vengono intro-dotte la classe di laureatriennale in Urbanistica eScienze della Pianificazioneterritoriale (classe 7, oggiL21) e quella specialistica inPianificazione territorialeurbanistica e ambientale(classe 54S, oggi LM48) con-sentendo, con successivoprovvedimento legislativo(Dpr 328/2001), l’iscrizioneai rispettivi albi professiona-li, portando a compimentoun lungo percorso di ricono-scimento professionale dellafigura dell’urbanista e del

L’ultimo decennio è statointeressato da profondi esignificativi mutamenti neisettori della formazione uni-versitaria, delle professioni,della ricerca scientifica etecnologica, determinando,conseguentemente, unanuova “architettura” dellaformazione all’interno delleUniversità italiane e dell’e-sercizio di talune professio-ni. Un processo ancora incorso che vede, oggi, unarideterminazione delle classidi laurea triennali e magi-strali, che sancisce modifi-che ed accorpamenti, conl’obiettivo di razionalizzare ipercorsi formativi e renderlisempre più aderenti almondo del lavoro.A questo punto risultaquanto mai opportuno enecessario fare alcune consi-derazioni richiamando l’at-tenzione di fronte ad unduplice cambiamento, da unlato i mutamenti riferibilialla didattica, dall’altroquelli relativi all’ordinamen-to professionale, in partico-lare in riferimento alla pia-nificazione e progettazioneterritoriale, urbanistica eambientale.

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Riflessioni sulla classe di laurea inScienze della pianificazioneDomenico Patassini, Gino Cesare Mauro

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Urbanistica INFORMAZIONI

nico (C.d.S., Sez. IV, n.1087/1996). Non ultimo per importanza,ma solo per ragioni tempo-rali, il costante richiamodelle autorità comunitarie alrispetto dei princìpi di libe-ralizzazione e concorrenzanell’offerta dei servizi pro-fessionali, anche di quelliaventi rilevanza pubblica,egregiamente compendiatonella Relazione sulla concor-renza nei servizi professio-nali del febbraio 2004COM(2004) 83 dell’alloracommissario Mario Monti.Il fattore sostanziale dellasvolta regolamentare alpieno riconoscimento deipianificatoriterritoriali/urbanisti è rap-presentato dal superamentodel vecchio ordinamentodegli studi universitari basa-to sulle facoltà ed i corsi dilaurea a cui succede ilmodello del cosiddetto 3+2,che riconosce piena dignitàscientifica rispettivamentealla Classe di laurea 7(Urbanistica e scienze dellapianificazione territoriale eambientale) e di laurea spe-cialistica 54/S(Pianificazione territorialeurbanistica e ambientale).E’ stato un traguardo note-vole a cui tuttal’Assurbanisti, e parte delmondo accademico, ha pro-fuso impegno ed attenzionenel contribuire a delineare icampi formativi caratteriz-zanti e tipizzanti del laurea-to in urbanistica.Ciò ha rappresentato natu-ralmente il quadro di riferi-mento per delineare in per-fetta coerenza con gli obiet-tivi formativi i campi diintervento professionale,sinteticamente trasfusi nel-l’articolato di interesse spe-cifico del Dpr 328/01. Tuttodovrebbe volgere al meglio,da questo momento per ipianificatori/urbanisti.

Ma non è così perché partedella cultura professionale,facente capo ai vecchiOrdini professionali, cercanopermanentemente di fararretrare e confondere ilquadro normativo, approfit-tando, forse, del disinteressee della distrazione dellaburocrazia ministeriale. Unsolo esempio vale a chiariretutto: nella prima propostadi revisione del regolamentoper gli esami di Stato appro-vato dal Consiglio deiMinistri nel marzo 2006 (edancor oggi non pubblicatosulla Gazzetta Ufficiale), persostenere l’esame di statoper l’esercizio della profes-sione di pianificatore territo-riale/urbanista, incredibil-mente, solo in via subordi-nata era necessario possede-re la laurea della classe54/S. Versione immediata-mente modificata solo dopol’appello dell’Assurbanistipresso il Presidente dellaRepubblica per evitare dis-parità di trattamento, nellaformazione e nella profes-sione, in violazione delleregole costituzionali dellapiena parità nella vita socia-le, culturale, economica eprofessionale. Le stesse “anomalie” siriscontrano adesso nelloschema di Decreto ministe-riale che modifica ulterior-mente le Classi dei Corsi distudio universitarie. Lamodifica ha riguardato nonsolo la numerazione delleclassi, ma anche la loro tito-lazione e contenuto discipli-nare: la laurea triennale n. 7è diventata Laurea n. 21 conquesto nuovo titolo Scienzedella pianificazione, urbani-stica, paesaggistica edambientale; mentre la laureaspecialistica 54/s è diventatala Laurea Magistrale LM-48,mantenendo lo stesso titolodi prima, Pianificazione ter-ritoriale, urbanistica e

Sisifo e i pianifi-catori territoria-li/urbanistiBeppe Vitale,Giuseppe De Luca

La rivisitazione del preesi-stente ordine monoprofes-sionale degli architetti avve-nuta con il Dpr 328/01 hasignificato, nel panoramaordinistico italiano, una verae propria modernizzazionenon solo lessicale (comequalcuno aveva inizialmentecreduto o voluto credere),ma sostanziale. Essa, infatti,ha inciso nella “demografia”professionale, in quanto hasegnato la nascita del primoordine interprofessionale,pariteticamente rappresenta-tivo, di architetti, pianifica-tori, paesaggisti e conserva-tori. Quel provvedimento – sep-pur di natura regolamentare– non ha fatto parte di unprocesso lineare, ma è statodeterminato da una serie dicostanti pronunce giurispru-denziali, sia del giudiceamministrativo che di quelloordinario, dall’indagine anti-trust sugli ordini professio-nali, che rappresentò laprima vera e propria denun-cia di dominanti impegnateposizioni solamente a porrepaletti ostativi alle attivitàprofessionali fino a queltempo non tipizzate all’in-terno di alcun ordine profes-sionale e quindi esercitabilinon solo da chi fino ad allo-ra le aveva praticate, ma amaggior ragione dagli urba-nisti che ancorché nonmonopolisti, posseggono lapiù vicina competenza tecni-ca e la maggiore esperienzain materia, in modo dagarantire il soddisfacimentodell’interesse pubblico gene-rale ad una pianificazioneadeguata sotto il profilo tec-

va specifica normativa indi-spensabile nell’eserciziodella professione.

Questa prospettiva determi-na la necessità di tendereverso una nuova culturadella progettazione, basatasull’acquisizione di compe-tenze specifiche che, unita-mente a quelle tradizional-mente intese, consenta diavere una compiuta cono-scenza dei processi di con-trollo e di trasformazionedel territorio e del suogoverno. Il tutto in un’otticadi sviluppo basato sul coin-volgimento delle societàlocali, sulla determinazionedei reali bisogni e aspirazio-ni che dal territorio emergo-no, allargando l’orizzonte indirezione di settori scientifi-ci e professionali affini.

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Urbanistica INFORMAZIONI

del terzo settore operanti perle trasformazioni e il gover-no della città, del territorio edell’ambiente”.Dicitura similare è già pre-sente nelle declaratorie delleLauree Magistrali LM-3Architettura del Paesaggio eLM-4 Architettura eIngegneria Edile-Architettura; la sua assenzanella declaratoria della LM-48 Pianificazione territorialeurbanistica e ambientalepotrebbe generare ingiustedifferenziazioni e diversitàdi trattamento in figure pro-fessionali che trattano atti-vità similari.Il Governo del territorio e lapianificazione territoriale eurbanistica (cuore di riferi-mento della LM-48) appar-tengono alla sfera degliinteressi pubblici generali,per questo i Corsi di Laureache preparano laureatimagistrale della Classe 48,così come della precedenteClasse specialistica 54/s edei precedenti Corsi diLaurea in Urbanistica e inPianificazione territoriale eurbanistica, si preoccupanodi formare figure professio-nali altamente sensibili equalificate per il benecomune e con elevataresponsabilità per i fatti, lepolitiche e gli strumentiordinativi e regolativi per ilgoverno del territorio e dellacittà”.Per concludere questo breveresoconto, va anche dettoche il carattere esclusiva-mente pubblicistico dell’ur-banistica contenuto nellapur sempre vigente leggefondamentale del 1942 o inquello che oggi si definiscegoverno del territorio,(Titolo V della Costituzione)come declinato nelle varieleggi regionali, fa scaturiredirettamente alla prestazioneprofessionale esercitata daiPianificatori

territoriali/Urbanisti il carat-tere di interesse generale,recentemente ribadito dallastessa Corte dei Conti in unapronuncia della 2^ Sez.Giurisdizionale Centrale (n.109 del 2005), per cui leagende del ministrodell’Università e dellaRicerca e del Ministro dellaGiustizia dovrebbero forseporsi il nodo dell’opportuni-tà di creare un autonomoOrdine professionale degliUrbanisti/Pianificatori, cheaccanto al compito priorita-rio di qualificazione e certi-ficazione permanente dellaprofessione abbia quello dirappresentarne le esigenze; enelle more, ridefinire leregole elettive dell’Ordinedegli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti eConservatori per garantire lapresenza di tutte le categorieprofessionali come esigenzadi effettiva democrazia par-tecipativa e rappresentativanelle relazioni esterne edinterne.

e ambientale, crea figureprofessionali capaci adintervenire nella pianifica-zione territoriale e urbanisti-ca; in quella che la culturadi derivazione anglosassonedefinisce urban and regionalplanning, col solo campo diintervento comune agliarchitetti rappresentatodall’urban design.L’iniziativa dell’Assurbanistiha trovato immediata ecopresso le sedi dei percorsiformativi delle Facoltà diArchitettura. Ha iniziato aprendere posizione la sede diEmpoli dell’Università diFirenze, per poi estendersialle sedi di Venezia-IUAV,Reggio Calabria, Roma 1,Milano e Torino Politecnico,Palermo e Napoli. Tutte hanno inviato unaprotesta agli organi ministe-riali e parlamentari.Questo il tenore della presadi posizione comune.In riferimento allo Schemadi cui all’oggetto, ilConsiglio di Corso di Laurea,prendendo in considerazionela declaratoria degli obiettiviformativi qualificanti il lau-reato della classe LM-48, haevidenziato una manchevo-lezza nella figura del laurea-to magistrale che, qualorapermanga, potrebbe genera-re involontarie confusioni ediversità di trattamento nel-l’esercizio della libera pro-fessione e nell’attività pub-blica.Si chiede perciò la seguenteintegrazione:“Gli ambiti di attività tipicidel laureato magistrale sonocostituiti dalla libera profes-sione e da attività e funzio-ni di elevata responsabilità(quali il coordinamento ela direzione di gruppiinterdisciplinari nel gover-no del territorio e nellapianificazione territorialee urbanistica), in istituzio-ni, enti pubblici, privati e

ambientale.Le novità, tuttavia, nonsono solo nella diversa dis-tribuzione delle materiecaratterizzanti (di cui parle-remo in un prossimo nume-ro), quanto anche nelladeclaratoria contenente gliobiettivi formativi qualifi-canti della classe, che sem-bra creare una paradossalesubordinazione professionaledei pianificatoriterritoriali/urbanisti rispettoad altre professioni tecnichesia consolidate (come quelladegli architetti), che direcente istituzione (comequella dei paesaggisti) allor-quando prevede, grossolana-mente, solo per questi ultimilo svolgimento di funzionidi “elevata responsabilità ecoordinamento” in seno alleistituzioni ed enti pubblici. E’ evidente che si tratta diun maldestro tentativo diridimensionare una figuraprofessionale che ha, invece,acquisito autonoma rappre-sentatività professionalecaratterizzandosi sempre piùcome presenza di eccellenzaformativa, che ha saputocreare ulteriore valoreaggiunto dall’originariodisegno del cursus studio-rum concepito da GiovanniAstengo. Per questo motivo è statoimmediatamente interessatosia il Ministro dell’Universitàe della Ricerca che gli orga-ni tecnici e consultivi dellostesso ministero e le com-missioni di Camera e Senatoper colmare tale manchevo-lezza che altri (e sono tantie ben strutturati) avrebberopreso come documento diindirizzo generale, per dareuna involuzione di contro-tendenza alla naturaleespansione dell’offerta for-mativa e professionale che,relativamente ai corsi dilaurea afferenti la pianifica-zione territoriale urbanistica

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con questa nuova direttivaha voluto facilitare ilriconoscimento delle pro-fessioni già regolamentate,tuttavia – seppure richiestopiù volte ufficialmente allaCe – la figura del pianifica-tore non ha trovato espres-sione diretta all’internodella nuova direttiva inquanto non precedente-mente regolata da altredirettive. Nonostante ciò leautorità di Bruxelles hannoconsigliato di ricorrereall’applicazione dell’art. 15della medesima direttiva,che prevede la possibilità diistituire una piattaformaper il riconoscimento e lacertificazione a livelloeuropeo di tutte quelle pro-fessioni regolamentatedagli Stati Membri, ma nondirettamente incluse nellanuova direttiva. Il Ceu daun paio di anni si è attiva-to in tal senso, graziesoprattutto all’impulso inquesta direzione fornitoproprio dall’Assurb e che iointendo portare a termine.

2) Il rafforzamento delruolo del Ceu come refe-rente europeo per i pianifi-catori e la pianificazione èil mio secondo obiettivo. Intal senso intendo rafforzar-ne l’immagine come puntodi riferimento principale alivello europeo nelle que-stioni afferenti lo sviluppoterritoriale, la pianificazio-ne e la coesione. Non biso-gna dimenticare, infatti,che la Commissione euro-pea non ha competenzedirette in materia di piani-ficazione; tuttavia una seriedi programmi e di direttivesettoriali hanno forti rica-dute in materia di assetto egoverno del territorio, men-tre a livello nazionale lapianificazione è sempre più

con voto unanime. Questanomina non ha solo unvalore per l’Assurb, che ioda sempre rappresentoall’interno del Ceu, madev’essere intesa comeespressione della professio-ne di pianificatore in Italiae dell’intera comunità chesvolge l’attività nella liberaprofessione, in ambitoamministrativo e in ambitoaccademico. L’Italia gode,tra l’altro, di una doppiarappresentanza all’internodel Ceu grazie alla contem-poranea presenzadell’Assurb e dell’Inu (i cuidelegati non erano tuttaviapresenti a Siviglia). Questo nuovo incarico miconsentirà dunque di rin-saldare ancor più il giàottimo rapporto di collabo-razione tra queste dueassociazioni affinché gliurbanisti italiani sianorealmente ed attivamenterappresentati a livello euro-peo.

L’elezione a presidenteavviene ovviamente anchesulla base di una “lettera diintenti” con la quale ognicandidato s’impegna a pre-sentare il proprio program-ma di azione. Tra i punti fondamentalidel mio programma quelliche intendo perseguiresono i seguenti:1) il riconoscimento dellequalifiche professionali deipianificatori a livello euro-peo attraverso la creazionedi una “platform”, cosìcome stabilito dall’art. 15della recente direttiva euro-pea (1) che ha inteso rag-gruppare 15 direttive setto-riali sulle professioni rego-lamentate escludendo tutta-via la professione del “pia-nificatore”. La Commissione europea

que il ruolo a tutti glieffetti per i successivi dueanni e lo manterrò ancoraper un terzo come “PastPresident”, coadiuvandol’eventuale nuovo presiden-te.Considerando dunque l’in-tero periodo come PresidentElect, presidente effettivo ePast President, l’incaricodura complessivamente 4anni, sempre che non si siaeletti per un secondo man-dato consecutivo, eventua-lità alla quale sicuramenteora non penso. Non è la prima volta chel’Italia esprime un presi-dente. Già nel 1998 unmembro dell’Assurb,Alberto Cagnato, avevaricoperto questo importanteincarico, tuttavia allora didurata annuale e connomina a rotazione tra imembri del Ceu. Come detto, la mia elezioneavviene dopo 10 anni diservizio, di cui gli ultimi 6come Tesoriere, fornendouna collaborazione conti-nua che i delegati di 16diverse nazioni presenti aSiviglia hanno riconosciuto

Venerdì 17 novembre 2006è una data che non dimen-ticherò. Non perché io siasuperstiziosa, ma poiché inquella data sono stata elet-ta con voto unanime qualeprossimo Presidente delConsiglio europeo degliurbanisti (Ceu/Ectp)dall’Assemblea Generalesvoltasi a Siviglia.

A dieci anni dall’iniziodella mia attività all’inter-no del Ceu/Ectp per contodell’Assurbanisti ed a seianni dalla mia elezionecome membro del ComitatoEsecutivo (ExCo) è arrivatal’elezione a prossimo presi-dente. L’elezione non hatuttavia effetto immediatosull’inizio della mia nuovacarica poiché il regolamen-to Ceu/Ectp stabilisce cheogni presidente sia elettocon un anno di anticipo(President Elect) rispetto albiennio di presidenza, cosìda poter affiancare il presi-dente uscente per almeno12 mesi e garantire un cor-retto passaggio di compe-tenze. Solo al termine diquest’anno assumerò dun-

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

Un’italiana alla presidenza del Ceuper il biennio 2008-2009Virna Bussadori

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re quindi una strutturaorganizzativa più funziona-le e professionale. Uno deiproblemi più gravi in talsenso è l’organizzazionedella segreteria, attualmen-te ben gestita dal RoyalTown Planning Istitute, macon base ovviamente nelRegno Unito. In futuro sidovranno concentrare tuttigli sforzi possibili per atti-vare un proprio segretaria-to, indipendente dal soste-gno di un’associazione inparticolare, e che sarà dibase a Bruxelles, ove tral’altro il Ceu ha non solo lasua sede legale, ma disponegià di un ufficio e quindidelle strutture necessarie adospitare la segreteria.

Allargare la base associati-va a quegli Stati non anco-ra rapprsentati è una prio-rità per il Ceu non solo daun punto di vista economi-co, ma soprattutto per for-nire consulenza, tutela esostegno a tutti gli urbani-sti europei, così come perrafforzare nel contempo ilprofilo di una profesisone,quella del pianificatore, inforte evoluzione e chiamatasemprè più a risponderealle esigenze di una societàin bilico tra spinte verso laglobalizzazione e ricerca diautonomia e regionalizza-zione. Nel 21° secolo il continenteeuropeo sta affrontandoenormi trasformazioni eco-nomiche e culturali chenecessitano di una gestioneaccurata e consapevole delterritorio e quindi dell’azio-ne congiunta di professio-nisti in grado di tradurrealle diverse scale le sfideper un’Europa sostenibile,competitiva e solidale. La necessità di instaurareun dialogo comune tra i

pianificatori europei e difavorire il reciproco scam-bio professionale sarannodunque le priorità che gui-deranno il prossimo bien-nio di presidenza italianadel Consiglio europeo degliurbanisti. A tutti i colleghi italianidell’AssUrb e dell’Inu chie-do dunque impulso e soste-gno in tal senso.

Note1. Direttiva 2005/36/EC sul riconosci-mento delle qualifiche professionali.2. La collaborazione con il Consigliod’Europa di Strasburgo avviene attra-verso la consulenza del Ceu presso ilCEMAT (Consiglio delle autoritàregionali) sulle questioni attinenti lapianificazione urbana.3. ESPON - European SpatialPlanning Observation Network(www.espon.eu).4. AESOP - European Association ofSchools of Planning.5. International Society of City andRegional Planners.

per premiare i miglioriesempi di pianificazioneurbana e regionale, masoprattutto per fornireesempi di pratiche eccellen-ti che possano essere d’au-silio ad altri urbanisti, ecollaborando per l’organiz-zazione della Biennale delleCittà e dei Pianificatorieuropei. Tutte queste azionidovranno continuare anchein futuro; a queste tuttaviaintendo aggiungere ancheun nuovo servizio di con-sulenza (advice & expertservice) da fornire con isoci ai soci. È chiaro che ilCeu possiede un enormepotenziale di conoscenze ecompetenze rappresentatodai suoi 30.000 pianificato-ri e questo potenziale deveessere messo a disposizionedi chiunque (amministra-zioni locali in particolare)necessiti di consulenza suproblemi specifici o perconvegni, corsi, ecc.

3) Il terzo ed ultimo obiet-tivo che ritengo importanteè quello del rafforzamentodella struttura del Ceu,ovvero sia della sua baseassociativa, sia del suosegretariato. Attualmentefanno parte del Ceu 25associazioni in rappresen-tanza di 23 nazioni euro-pee, alcune delle quali nonfacenti parte dell’UnioneEuropea come ad esempiola Turchia, la RepubblicaSerba o l’Islanda. La forzadel Ceu sta però proprionell’allargamento della suabase associativa a tutti gliStati rappresentati nelConsiglio d’Europa o alme-no a quelli nei quali è pre-sente un’associazione dipianificatori. Solo con unabase associativa più ampiasi potranno assicurareintroiti maggiori e garanti-

competenza regionale. IlCeu deve in tal senso fun-zionare da riferimentoeuropeo sia per le ammini-strazioni locali e regionalisia per quelle comunitariefornendo consulenza e col-laborando con istituzionied altre associazioni.L’attuale presidenza ha giàpredisposto una strategia diazione che prevede tra l’al-tro la collaborazione (giàattivata) con laCommissione europea, ilConsiglio d’Europa (2) edEspon (3), ma anche conl’Aesop (4)e l’ISoCaRP(5)per citarne solo alcuni. Inquesto senso si sta giàlavorando ad una defini-zione delle implicazioni alivello regionale dell’agen-da di Göteborg e di quelladi Lisbona, ed in particola-re delle implicazioni degliobiettivi di coesione conparticolare attenzione allacoesione territoriale. Ilruolo di referente europeosulla pianificazione devetuttavia funzionare a dop-pio senso, ovvero non solonei confronti delle ammini-strazioni locali o europee,ma anche e soprattutto neiconfronti degli associati,cioè dei membri delle sin-gole associazioni facentiparte del Ceu. Sono a tut-t’oggi circa 30.000 gliurbanisti rappresentati dalCeu e verso questi profes-sionisti si devono in futuroconcentrare azioni specifi-che. Progetti in tal sensosono già predisposti, altriin fase di definizione. IlCeu fornisce infatti già orauna serie di servizi ai sociorganizzando annualmenteconferenze, predisponendotesti disponibili sul sitointernet, organizzando ognidue anni un ConcorsoEuropeo di Pianificazione

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

Agrigento). Nuova figuraprofessionale completamentediversa da quella dell’archi-tetto e dell’ingegnerecivile/edile mirata alla rea-lizzazione del manufattofisico.Questa situazione di parten-za nel mondo universitarioitaliano rimase sostanzial-mente inalterata fino allametà degli anni Novanta,quando venne attivato uncoevo Corso di laurea alPolitecnico di Milano (1995)e poi all’Università diPalermo (1999). Ma è solocon i cosiddetti “decretiZecchino” che l’offerta for-mativa germoglia in modosignificativo.In cinque anni, con ilnuovo regolamento univer-sitario, i corsi di laureasono proliferati e sonodiventati 36 (vedi tabella)tra triennali e quinquennali,sparsi in tutte le regioni. In8 atenei sono attivi sia icorsi di laurea triennale(Classe 7), sia i corsi di lau-rea specialistica (Classe54/S). In 12 atenei sonoattivi solo i corsi di laureatriennali, in 2 solo quelliquinquennali (a Venezia vene sono 4; due triennali edue quinquennali).La maggior parte dei corsisono stati attivati all’internodelle scuole di architettura(20) o legati a queste con lescuole dell’ingegneria (2),dell’ingegneria e della for-mazione (1), dell’economia(1), della giurisprudenza (1),delle scienze naturali (1). Glialtri seguono percorsi for-mativi partendo da altrescuole: agraria (3), agraria escienze naturali (1), econo-mia, ingegneria e scienzenaturali (1), scienze e tecno-logie applicate (1), giuri-sprudenza e scienze ambien-tali (1). A Venezia, unico

mento utile, ancorché neces-sario, per avviare un proces-so di ridefinizione delmodello di governance dellefacoltà con il coinvolgimen-to diretto degli attori esternialla realtà accademica.L’obiettivo deve essere quel-lo di immettere sul mercatolaureati “professionalizzati”facilmente inseribili nelmondo del lavoro. In altreparole bisogna interrogarsiassieme al “mondo dellaproduzione, dei servizi edelle professioni” su quantilaureati sono necessari e suquali curricula offrire aglistudenti in una fase storicain cui, con l’autonomia diateneo, l’università si stasempre di più regionalizzan-do (con tutti gli aspetti con-tradditori che ciò produce).

L’offerta

Per trent’anni i Corsi di lau-rea in urbanistica attivatinelle Università italianesono stati essenzialmentesolo due: quello “storico”fondato da GiovanniAstengo a Venezia nel 1970e quello aperto pochi annidopo a Reggio Calabria(artefice Enrico Costa).Entrambi attivati con decre-to ministeriale all’internodelle Facoltà di Architettura.La nascita del Corso di lau-rea in urbanistica (questa ladenominazione originaria) sirese necessaria per la crea-zione di una nuova figuraprofessionale capace di leg-gere e progettare i fenomeniterritoriali in un periodo incui si iniziava a discutere diprogrammazione (con iprimi governi di centro-sini-stra) e dopo gli eventi cata-strofici che avevano colpitoil Paese (l’alluvione diVenezia e Firenze, la trage-dia del Vajont, lo scaccodella valle dei templi di

c) i crediti assegnati a cia-scuna attività formativa, d) le caratteristiche dellaprova finale per il consegui-mento del titolo di studio.

Tali determinazioni devonoessere assunte dalle univer-sità “previa consultazionecon le organizzazioni rap-presentative a livello localedel mondo della produzione,dei servizi e delleprofessioni” (comma 4).La consultazione delle partisociali, con l’attivazione diun Comitato di indirizzo,rappresenta una importanteinnovazione procedurale per(ri)definire un processo diascolto e consultazione conla finalità di raccordare l’of-ferta formativa alla doman-da espressa dal territorio edalla società civile.Interrogarsi sulla domandadiventa indispensabile perattivare e produrre unaofferta tendenzialmente inlinea con le richieste delmondo economico e profes-sionale. E’ questo uno stru-

Il Decreto Ministerialen. 509 del 1999 ha avviatola nuova riforma universita-ria con l’approvazione delRegolamento recante normeconcernenti l’autonomiadidattica degli atenei a firmadell’allora Ministrodell’Università e dellaRicerca scientifica OrtensioZecchino. Il regolamentodetta “disposizioni concer-nenti i criteri generali perl’ordinamento degli studiuniversitari e determina latipologia dei titoli di studiorilasciati dalle università” eall’art. 11 fissa i criteri a cuisi devono attenere gli ateneinella stesura e approvazionedei propri “regolamenti (oordinamenti) didattici”.L’ordinamento didattico,approvato con DecretoRettoriale, deve determinare:a) le denominazioni e gliobiettivi formativi dei corsidi studio, indicando le rela-tive classi di appartenenza;b) il quadro generale delleattività formative da inserirenei curricula;

L’offerta formativa universitariain pianificazione territoriale eurbanisticaDaniele Rallo

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Tabella: Offerta formativa in pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale in Italia

Sede Titolo corso laurea triennale Titolo corso laurea specialistica

Percorsi formativi nelle scuole di architettura

Firenze/Empoli Urbanistica e pianificazione territoriale e ambientale Pianificazione e progettazione della città e del territorio

IUAV/Venezia • Scienze della pianificazione urbanistica e territoriale • Pianificazione della città e del territorio• Sistemi informativi territoriali • Pianificazione e politiche per l’ambiente

Milano Politecnico Urbanistica Pianificazione urbana e politiche territoriali

Napoli 1 Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientalee ambientale

Palermo Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale

Reggio Calabria Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale

Roma 1/Bracciano Progettazione e gestione dell’ambiente

Roma Urbanistica e sistemi informativi territoriali Pianificazione territoriale e ambientale

Sassari/Alghero Pianificazione territoriale, urbanistica ed ambientale

Torino Politecnico Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale

Percorsi formativi nelle scuole dell’architettura e dell’ingegneria

Genova Tecniche per la pianificazione urbanistica, territoriale e ambientale

Palermo Sistemi informativi territoriali

Percorsi formativi nelle scuole dell’architettura, dell’ingegneria e della formazione

Trieste/Gorizia Politica del territorio

Percorsi formativi nelle scuole dell’architettura e della giurisprudenza

Camerino Pianificazione del territorio e dell’ambiente

Percorsi formativi nelle scuole dell’architettura e dell’economia

Roma 1 Pianificazione e gestione del territorio e dell’ambiente Pianificazione e valutazione ambientale, territoriale e urbanistica

Percorsi formativi nelle scuole dell’architettura e delle scienze naturali

Chieti-Pescara Tecniche dell’ambiente e del territorio

Percorsi formativi nelle scuole dell’agraria

Padova/Legnaro Tutela e riassetto del territorio

Sassari Pianificazione e gestione dell’ambiente e del territorio rurale

Tuscia/Viterbo Pianificazione del territorio e dell’ambiente rurale

Percorsi formativi nelle scuole dell’agraria e delle scienze naturali

Catania Tecnologie e pianificazione per il territorio e l’ambiente

Percorsi formativi nelle scuole dell’economia, dell’ingegneria e delle scienze naturali

Calabria/Rende Scienze Geo-topo-cartografiche, territoriali, estimative ed edilizie

Percorsi formativi nelle scuole delle scienze e tecnologie applicate

Telematica Marconi Scienze Geo-topo-cartografiche, territoriali, estimative ed edilizie

Percorsi formativi nelle scuole di giurisprudenza e scienze ambientali

Urbino Tecnico del territorio

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con il superamento dell’esa-me di stato, permettono l’i-scrizione all’Albo rinnovatodegli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti eConservatori, sezione B.Nella classe delle lauree spe-cialistiche (o Magistrali,secondo la più recente tito-lazione) le denominazionisono meno variegate:Pianificazione territoriale,urbanistica e ambientale èsempre presente con l’ag-giunta talvolta della locu-zione “valutazione” (Roma1), “gestione” e “ambienterurale” (Sassari eViterbo/Tuscia). A Firenze eVenezia è introdotto anche ilriferimento alla città:Pianificazione e progettazio-ne della città e del Territorionella prima, Pianificazionedella città e del territorionella seconda.Non ancora sono disponibilidati aggiornati sugli iscrittie sui laureati, anche se unastima grossolana può esserefatta. Facendo una media di50 iscritti al primo anno nederiva un dato complessivo(triennale e quinquennaleassieme) di 1.700studenti/anno che corrispon-dono ad una “produzione”di laureati/anno di 1.400circa (stima 15% di abban-dono). Di contro i laureaticon il previgente ordina-mento (trent’anni) possonoessere stimati attorno ai3.000. Una riflessione sullaquantità e sul recepimentodel mercato diventa a questopunto ineludibile.

caso, l’ateneo ha istituito laFacoltà.Pur rimanendo all’internodelle Classi fissate dal mini-stero, le denominazioniassunte dai vari corsi sonoleggermente diversificate,soprattutto nelle triennali,prospettando percorsi for-mativi differenziati. Ladenominazione più ricorren-te è quella ministeriale:Pianificazione territoriale,urbanistica e ambientale conle varie declinazioni diScienze della pianificazioneurbanistica e territoriale(Venezia), Urbanistica escienze della pianificazioneterritoriale e ambientale(Napoli 1), Urbanistica(Milano Politecnico),Pianificazione dell’ambientee del territorio (Camerino),Pianificazione e gestione delterritorio e dell’ambiente(Roma 1). Le altre privilegiano invecela locuzione delle “tecni-che”: Tecniche per la piani-ficazione urbanistica, terri-toriale e ambientale(Genova), Tecniche dell’am-biente e del territorio(Chieti-Pescara), Tecnologiee pianificazione per il terri-torio e l’ambiente (Catania),Tecnico del territorio(Urbino). Altre ancora risentono mag-giormente della base di par-tenza delle scuole diversedalla architettura: Scienzegeo-topo-cartografiche, ter-ritoriali, estimative ed edili-zie (Calabria/Rende eTelematica Marconi), Tutelae riassetto del territorio(Padova/agraria). Tre percorsi formativi sonolegati ai Sistemi informativiterritoriali (Venezia,Palermo, Roma).Tutte però dovrebbero asse-gnare il titolo di “pianifica-tore territoriale junior” che,

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

tempo è anche legata alriposizionamento nell’agoràpolitico-amministrativodella nozione di “governodel territorio” a seguitodella riforma del Titolo Vdella Costituzione.Tuttavia una spinta fonda-mentale è stata data daquella politica spontaneadell’accademia che, appro-fittando della riforma uni-versitaria del 1999, ha “ela-sticizzato” i percorsi forma-tivi, anche quelli legatiall’urbanistica e alla pianifi-cazione del territorio, allon-tanandoli dall’alveo origina-rio delle scuole di architet-tura (su questo vedi UI 211).Una spia quest’ultima nonsolo della continua dilata-zione dell’originario signifi-cato di urbanistica e di pia-nificazione territoriale chevia via ha finito per inglo-bare saperi e contenti deipiù diversi; quanto anchedello scarto sempre più evi-dente tra le pratiche pubbli-che di controllo e governodelle trasformazioni fisicheregolate da specifiche leggiche definiscono percorsiapplicativi tendenzialmentericonoscibili, che richiedonoconoscenze e tecnicheappropriate; e la necessitàsempre più evidente di figu-re neo-professionali nuove,esperte sì di “fatti” urbani eterritoriali, ma più attente aisaperi contestuali, alle capa-cità di mettere in atto esostenere agende di discus-sione politiche e alla pro-cessualità discorsiva ecostruttiva dell’agire ammi-nistrativo3.In questa forbice sembra

Quasi mille, per la precisio-ne 993 sono stati gli imma-tricolati nei corsi di laureadella classe di studio n. 7(Urbanistica e Scienze dellapianificazione territoriale eambientale) nell’anno acca-demico 2006/071. Il dato ètanto significativo se con-frontato con il totale degliimmatricolati nei corsi lau-rea della classe di studio n.4 (Scienze dell’architettura edell’ingegneria edile) chenel complesso, nello stessoanno accademico, ammon-tano a 8.676. Un così eleva-to peso degli iscritti inurbanistica, il 10,2% deltotale degli immatricolati inentrambe le classi di studio,non si era mai verificato.E’ possibile trarre da questidati alcune prime considera-zioni sullo stato di attrazio-ne della disciplina e, analiz-zando la tabella sulla distri-buzione degli immatricolatinelle varie sedi, l’evoluzioneche questa potrebbe averenelle macro-aree regionali?L’aumento dell’attrazioneverso questo tipo di studi ècertamente legato ad unastabilizzazione della figuraprofessionale a seguito dellariforma dell’Ordine degliArchitetti operata nel 20012,con la sua ridenominazionee quatripartizione dellefigure al suo interno, unadella quale è quella del“pianificatore territoriale”.Questo ha sicuramenteaumentato la penetrazionenel mercato del lavoro diquesta figura e diminuitosensibilmente le controver-sie, anche giudiziarie, tra lefigure professionali. Al con-

estrema sintesi mentre per laclasse delle lauree magistraliin Architettura del paesaggio(LM3) e in Architettura eIngegneria Edile-Architettura,il percorso formativo formula-to, oltre alla libera professio-ne, portava anche a “funzionidi elevata professionalità (..) inistituzioni ed enti pubblici eprivati”; la stessa dizione noncompariva nella declatariadella laurea magistrale in Pia-nificazione territoriale urbani-stica e ambientale. La “man-chevolezza” era macroscopica,non perché poteva generareparadossali incongruenze tralauree che hanno, per moltiaspetti, i medesimi sbocchiprofessionali; quanto perchéla pianificazione territorialeurbanistica e ambientale èsvolta essenzialmente nell’am-bito della pubblica ammini-strazione o in seno a struttureconsorziali di interesse pubbli-co. Ed è indubbio che sono lelauree più specificatamenteindirizzate a ciò che possonogarantire la più vicina compe-tenza tecnica e la maggioreesperienza formativa necessa-ria al soddisfacimento dell’in-teresse pubblico.

Il Ministero dell’Università edella Ricerca, attraverso il sot-tosegretario prof. LucianoModica, ha annunciato conlettera del 21 marzo scorsoall’Associazione nazionaledegli urbanisti e dei pianifica-tori territoriali e ambientalil’accettazione dell’integrazionealla declaratoria della nuovaclasse di laurea magistrale LM48, che raccoglie le classi distudio in Pianificazione terri-toriale, urbanistica e ambien-tale (lettera scaricabile sul sitowww.urbanisti.it). Nell’ottobrescorso l’Assurb aveva fattonotare con un appello alMinistro - cui hanno successi-vamente aderito gli organigestionali dei Corsi di Laureaattivi nelle sedi di Torino,Milano, Venezia, Firenze,Roma, Napoli, Reggio Calabriae Palermo - una “manchevo-lezza” negli obiettivi formativiqualificanti riportati nellascheda di accompagnamentoal nuovo percorso che in nuceavrebbero potuto generareingiustificate ed illegittimesupremazie culturali e forma-tive tra le classi di laurea cheafferiscono in qualche manie-ra al governo del territorio. In

Il MUR accetta le modificheproposte dell’Assurb per la nuova

la laurea magistrale

Aumento gli iscritti alle lauree inpianificazione e urbanisticaGiuseppe De Luca

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muoversi l’offerta formativanelle università italiane.Certo pesa anche il numerochiuso nelle Facoltà diArchitettura e di IngegneriaEdile-Architettura che dirot-ta un certo numero di stu-denti esclusi dalle prove diaccesso a “non allontanarsitroppo” dai percorsi forma-tivi che speravano di intra-prendere. Ma questo nongiustifica il considerevoleaumento delle iscrizioni alprimo anno che, come facil-mente leggibile nella Tab. 1è legato anche al significa-tivo contributo provenientedai percorsi formativi diver-si dalle scuole dell’architet-tura e dell’ingegneria, chesfiorano il 30% degli imma-tricolati4.Se poi passiamo ad unaveloce considerazione delladistribuzione geografica siadei corsi che degli immatri-colati, è evidente lo sposta-mento della crescita dalletradizionali aree storichedella disciplina: l’asseVenezia-Milano per il norde l’area di Reggio per il sud.A favore di nuove polaritàcome quella romana; quelladella Calabria del nord ed,infine, quella siciliana.Certo stiamo parlando diimmatricolati al primo annodella laurea triennale. Nonci sono ancora rilevazionisignificative sul numerodegli studenti che completa-no il percorso e quanti diquesti poi transitano nellalaurea magistrale. Tuttavia una significativatrasformazione sta interes-sando la disciplina, il suosapere e, forse, anche la suariconoscibilità pubblica.Interrogarsi su questi pro-cessi, sulle modalità dell’in-segnamento e sulle figurenuove che si affaccerannonel mercato del lavoro

diventa una necessitàimpellente per tutti.

Note1. I dati sono stati reperiti nel sito delMinistero dell’Università e della ricercaall’indirizzo http://cercauniversita.cine-ca.it/ 2. DPR 328/01 recante modifiche edintegrazioni della disciplina dei requi-siti per l’ammissione all’esame di Statoe delle relative prove per l’esercizio ditalune professioni, nonché della disci-plina dei relativi ordinamenti3. Su questo tema lo stesso Consiglioeuropeo degli urbanisti si interroga daormai un quinquennio, cfr. La nuovaCarta di Atene 2003 - edizione ital-iana - Alinea, Firenze 2003, parte B2;ma è tradizionalmente presente nellacultura anglosassone da molto tempo.Per l’ultima interessante riflessione sipuò vedere P. Bradwell, I. Johar, C.Maguire e P. Miner, Future Planners:Propositions for the next age of plan-ning, Demos Publications, London2007.4. Sono i Corsi offerti nelle sedi diUrbino, Catania, Padova, Trieste, dellaCalabria e Marconi di Roma.

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Tab. 1 - Immatricolati al primo anno alla classe di laurea 7(urbanistica) - tutte le facoltà

Ateneo Immatricolati

Università della CALABRIA 100Università degli Studi di CAMERINO 13Università degli Studi di CATANIA 29Università degli Studi "G. d'Annunzio" CHIETI-PESCARA 43Università degli Studi di FIRENZE 36Università degli Studi di GENOVA 30Politecnico di MILANO 82Università degli Studi di NAPOLI "Federico II" 34Università degli Studi di PADOVA 68Università degli Studi di PALERMO 87Università degli Studi "Mediterranea" di REGGIO CALABRIA 30Università degli Studi di ROMA "La Sapienza" 209Università Telematica GUGLIELMO MARCONI 47Università degli Studi di SASSARI 25Politecnico di TORINO 54Università degli Studi di TRIESTE 5Università degli Studi di URBINO "Carlo BO" 21Università IUAV di VENEZIA 80

Totale 993

Tab. 2 - Immatricolati al primo anno alla classe 4(architettura e ingegnaria) - tutte le facoltà

Ateneo Immatricolati

Università Politecnica delle MARCHE 163Politecnico di BARI 280Università degli Studi della BASILICATA 56Università degli Studi di BERGAMO 104Università degli Studi di BOLOGNA 117Università degli Studi di CAGLIARI 117Università degli Studi di CAMERINO 145Università degli Studi di CATANIA 153Università degli Studi "G. d'Annunzio" CHIETI-PESCARA 211Libera Università della Sicilia Centrale "KORE" sede Enna 92Università degli Studi di FIRENZE 373Università degli Studi di GENOVA 212Università degli Studi di MESSINA 60Politecnico di MILANO 1704Università degli Studi del MOLISE 57Università degli Studi di NAPOLI "Federico II" 563Seconda Università degli Studi di NAPOLI 121Università degli Studi di PADOVA 168Università degli Studi di PALERMO 188Università degli Studi di PARMA 233Università di PISA 174Università degli Studi "Mediterranea" di REGGIO CALABRIA 470Università degli Studi di ROMA "La Sapienza" 926Università degli Studi di ROMA "Tor Vergata" 85Università degli Studi ROMA TRE 224Università degli Studi di SASSARI 36Politecnico di TORINO 827Università degli Studi di TRIESTE 129Università degli Studi di UDINE 105Università IUAV di VENEZIA 583

Totale 8676

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se ai quali gli atenei possa-no fare riferimento per con-sentire la revisione dei corsidi laurea e di laurea magi-strale a partire dall’annoaccademico 2008/9.Le principali novità intro-dotte dai nuovi decretiministeriali riguardano lemodalità istitutive dei corsidi laurea, anche interclasse;i vincoli di classe (differen-ziazione e integrazione intermini di cfu) e i minimi dicopertura con docenti ericercatori di ruolo; ilnumero massimo di esami ovalutazioni finali di profit-to; le possibilità di scelta diattività libere, affini e inte-grative da parte dello stu-dente e il riconoscimentodei crediti già maturati incaso di trasferimento diconoscenze e abilità acqui-site; la previsione per icorsi di laurea magistrale diuna pluralità di curricula alfine di favorire l’iscrizionedi studenti in possesso dilauree differenti. Importante è anche il rinvioal sistema di descrittoriadottato in sede europeanell’ambito del “processo diBologna”. Questi ultimiinformano i requisiti diattivazione dei corsi di stu-dio (in gran parte ancoratialla disponibilità di docenzastrutturata per ssd base ecaratterizzante per le lau-ree, caratterizzanti per lelauree magistrali), “misura-no” l’efficienza in terminidi risorse/risultati, il gradodi internazionalizzazione, il

Le prossime scadenze istitu-zionali (nazionali e comuni-tarie) consigliano unmomento di riflessione con-giunta su progetti scientifi-co-culturali e assetti deicorsi di studio nelle classiL21 e LM48 (ex 7 e 54s),aperta alla classe di archi-tettura del paesaggio.I riferimenti, brevementedescritti di seguito, consen-tono di proporre un’agendacomune.

Nuova disciplina delle clas-siLa discussione sulla nuovadisciplina delle classi deicorsi di laurea e di laureamagistrale sembra giunta indirittura d’arrivo. LaCommissione ”didattica”della Conferenza dei Rettoridelle Università Italiane(CRUI) ha svolto (a partireda Settembre 2006) unaccurato esame dei testi,ora trasmessi per il parerealla Corte dei Conti dalMinistero dell’Università edella Ricerca, e delle que-stioni legate alla riconside-razione dell’offerta didatticae formativa in applicazionedel DM 270/2004 e dei rela-tivi aggiornamenti .Particolare attenzione èstata prestata ai risvoltiistituzionali e di più direttacompetenza degli organicentrali di governo degliatenei.L’esame condotto dallaCRUI è finalizzato all’elabo-razione di linee di indirizzoe di interpretazioni condivi-

lavoro italiano e del ricono-scimento del titolo a livelloeuropeo.Dall’incontro è nata l’ideadar vita ad un Comitatonazionale dei Corsi di studioin pianificazione e urbanisti-ca presenti in Italia (22triennali e 12 magistrali),con il duplice scopo: dicostruire una minima baseformativa comune che per-metta riconoscibilità di per-corso e di figura, senza conciò pregiudicare l’articolazio-ne e i profili di offerta diciascun Ateneo; di averespecifica e chiara rappresen-tanza di gruppo nei diversiorgani e commissioni dilavoro nazionali. Il seminario si è chiuso conun Comunicato stampa el’organizzazione di unaagenda di incontri che segui-ranno l’iter della riformadegli studi universitari.Nel prossimo numero pubbli-cheremo la relazione intro-duttiva al seminario e leprime indicazioni che emer-geranno dall’agenda degliincontri. (gdl)

Il giorno 8 Giugno 2007 si ètenuto ad Empoli – sede deicorsi di laurea triennale emagistrale in urbanistica epianificazione territorialedell’Università di Firenze –un incontro tra i Presidenti, iDirettori, i membri di giunta,e i docenti dei diversi Corsidi Studio delle nuove classidi laurea L21 (Scienze dellapianificazione, urbanistica,paesaggistica ed ambientale)e LM48 (Pianificazione terri-toriale, urbanistica e ambien-tale), per istruire in modocondiviso le questioni postedal progetto di riassetto deicorsi di laurea in attuazionedel DM 270/04 e relativiaggiornamenti (vedi UI 210).Il seminario è stato organiz-zato dalle sedi universitariedi Firenze, Venezia, Roma 1,Milano e Torino, che hannopredisposto un documento didiscussione, che pubblichia-mo in questo stesso numero.Tra gli invitati anchel’Assurb e l’European Councilof Spatial Planning, chehanno presentato due memo-rie sui nodi del mercato del

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Primo incontrodel Coordinamento nazionale

Corsi di studioin pianificazione e urbanistica

Per un’agenda comunenella riorganizzazione degli studi universitari in pianificazione e

urbanisticaDomenico Patassini, Roberto Gambino,

Alberto Magnaghi, Anna Marson

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riflessione, in particolaresui problemi che l’urbaniz-zazione contemporanea, epiù in generale le trasfor-mazioni d’uso del territorionella crisi dei modelli disviluppo consolidati, pon-gono all’urbanistica, allapianificazione e al governodel territorio, e di conse-guenza all’offerta di forma-zione degli atenei italiani(nel quadro del contestointernazionale).Nei progetti formativi deicorsi di studio in urbanisti-ca e pianificazione in Italiarimangono tracce e in certicasi convivono diversi pro-grammi scientifico-cultura-li. In estrema sintesi, e rin-viando per approfondimentiai singoli ordinamentivigenti, si può notare comevi siano sedi che presenta-no una forte caratterizza-zione (in policy design piut-tosto che physical planning,pianificazione statutaria eidentitaria del territorio,pianificazione degli spaziaperti ecc.), altre in cui ilformato è ibrido. In ognicaso è in corso, nella mag-gior parte delle sedi, unosforzo di integrazione ericomposizione di linguaggidisciplinari diversi, andan-do a ridefinire il quadroconcettuale e operativodella pianificazione. Il qua-dro risulta arricchito(ancorché spesso complica-to) dalla varietà dei percor-si, dalle loro diverse originie appartenenze, come diseguito indicato.

Percorsi e appartenenzeLa banca dati Mur registraa dicembre 2006 oramai 22corsi di laurea triennale(classe 7, ora L21) e 12corsi di laurea specialistica(classe 54/s, ora LM48).Il quadro per facoltà di

appartenenza è il seguente: architettura (9L, 7Ls)architettura e ingegneria(2L)architettura, ingegneria eformazione (1L)architettura e giurispruden-za (1L)architettura e economia (1L,1Ls)architettura e scienze natu-rali (1L)agraria (1L, 2Ls)agraria e scienze naturali(1L)scienze e tecnologie appli-cate (1L)giurisprudenza e scienzeambientali (1L)pianificazione (2 L, 2 Ls).

I corsi nascono in contesticulturali e organizzatividiversi (con specifichematrici culturali a voltericonducibili a vere e pro-prie “scuole”) secondo duelogiche non sempre connes-se: come risultato di inter-pretazioni nei/dei rispettiviambiti disciplinari o comeaggregazione di ambitidisciplinari diversi4. Laprima logica cerca di evi-denziare il ‘contributo’ chealcune discipline possonooffrire alla comprensionedei problemi della città, delterritorio, dell’ambiente edel paesaggio e alla defini-zione di strumenti e strate-gie di intervento. Si trattadi discipline un tempo‘incardinate’ nel progettoformativo dei corsi di lau-rea in urbanistica (quin-quennale), in PTU e quindiPTUA (quadriennale), mache per propria evoluzionee con la spinta autonomi-stica del Dm 509/99 si sonoin parte svincolate da que-ste origini, offrendo nuoveinterpretazioni e cercandonuove legittimità. L’offerta formativa in atto

corrispondenti alle diversearee disciplinari.

Agenzia nazionale per lavalutazione (Anvur)Il Consiglio dei Ministri del4/4/2007 ha approvato loschema di Dpr per il regola-mento dell’Anvur, “valuta-tore esterno” proposto inlegge finanziaria 20073. Loschema non si discostasostanzialmente da quellodistribuito nell’incontro del13/3/2007 e lascia apertialcuni problemi, come lanomina governativa deicomponenti, i poteri ispetti-vi e sanzionatori, il requisi-to di terzietà dell’agenzia,le modalità di riconosci-mento del “valore” scienti-fico dei risultati della ricer-ca, i requisiti di attivazioneannuale dei corsi di studio,il rapporto con i nuclei divalutazione interna agliatenei. Il processo di Bologna(assieme a quello avviato aLisbona) e l’istituzione dellanuova Agenzia produrrannoeffetti sul “riposizionamen-to” degli atenei nel panora-ma italiano e internaziona-le, sugli ordinamenti diclasse, sulla “cultura” dellavalutazione e l’autonomia“reale”.

Ordinamenti didatticiLa pubblicazione delle clas-si definitive e del decreto diaccompagnamento renderàpienamente operativo il DM270/04. Successivamente,diventerà operativamentepossibile (obbligatorio entrol’a.a. 2009/10) procedere almiglioramento dei progettiformativi (come da discus-sione già avviata in variesedi) e alla riorganizzazionedei relativi corsi di studio. Sui progetti formativi èurgente attivare una duplice

sostegno al territorio. Sullabase degli esiti delle valuta-zioni periodiche il Ministeroprocederà agli accredita-menti FFO agli atenei.

Processo di Bologna Il “processo di Bologna”(avviato nel 1999) è finaliz-zato alla costruzione dellospazio europeo dell’istruzio-ne superiore (EuropeanHigher Education Area,EHEA). Nell’incontro svol-tosi a Bergen nel 2005 iministri si sono impegnati acompletare entro il 2010 ilNational Framework ofQualifications redatto inuna forma che ne consental’inserimentonell’OverarchingFramework. A tal fine, gli ordinamentididattici dei corsi che con-ducono ad ogni titolo distudio dovranno definire gliobiettivi formativi in termi-ni di “risultati di apprendi-menti attesi” (learning out-come) nel linguaggio deicosiddetti ‘descrittori diDublino’1. Ciò viene richia-mato nei decreti che defini-scono le classi, sia per lelauree che per le laureemagistrali.Il gruppo dei “Bologna pro-moter”, operante in Italia suiniziativa dellaCommissione Europea con-cordata con i governinazionali, assiemeall’Interconferenza dellaConferenza dei Presidi econ l’appoggio delMinistero competente, haavviato un lavoro istrutto-rio con tavoli analoghi aquelli che hanno elaborato iprogetti relativi alle classi2.L’obiettivo è fornire agliatenei suggerimenti inmerito a interpretazione,definizione operativa eimpiego dei ‘descrittori’

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con atenei stranieri;d) conoscenze, capacità,‘mestieri’ e ordini professio-nali; rapporto con il territo-rio (imprese, istituzioni,società civile) e le suedomande “locali”; e) sfide competitive con glialtri corsi di studio, interni(all’ateneo, al territorio) edesterni;f) organizzazione e gestionedei nuovi cds (managementdidattico).

Note1 I descrittori dovrebbero fornireinformazioni utili alla valutazione diperformance degli atenei sia sul ver-sante della ricerca che su quello didat-tico. Sul versante didattico, é opportu-no non dare per scontata la “logicadei descrittori” che enfatizza il valorestrumentale dell’istruzione. Il contro-valore di quest’ultima può essere ditipo diffusivo, legato all’esperienza edifferito nel tempo. Sarebbe auspicabi-le che l’attenzione della valutazione sispostasse verso la qualità dell’oppor-tunità di apprendimento, ovvero ilmerito intrinseco dell’esperienza for-mativa. Sembra che questa prospettivanon sia del tutto accolta nella “logicadei descrittori” anche laddove si invo-ca la determinazione dei requisiti inordine all’adeguatezza dei programmidi insegnamento. Alcune critiche(come quella dell’AssociazioneNazionale Docenti Universitari -Andu) ribadiscono la “libertà costitu-zionale della didattica”.2 I tavoli tecnici operano per macro-aree (Area Scienze matematiche, fisi-che, naturali e della vita; Area Scienzedella salute; Area tecnica; AreaUmanistica; Area Scienze sociali egestionali). Gli atenei che ospitanoCorsi di studio in classi 7 e 54s (futureL21 e LM48) appartengono a diversemacro-aree.3 La legge 286/2006 (commi 138-142)prevede le materie oggetto di regola-mento (struttura e funzionamentodell’Anvur, nomina e durata dei com-ponenti). Sono riprese nel decretofiscale collegato alla finanziaria 2007.4 Vincoli “di classe” su istituzione eattivazione dei cdl non ammettonoipotesi transdisciplinari, poco plausibi-li anche in progetti formativi inter-classe (si veda il discusso obbligo perlo studente di scegliere una delle clas-si di appartenenza del cds). 5 Ciò crea problemi di coerenza fraprove degli esami di stato (sez. A e B)e pluralità di mestieri.

i progetti formativi limitatialle lauree triennali sonoprevalentemente di indiriz-zo ‘tecnico’ professionaliz-zante;il ciclo completo (3 e 2)segnala qualche difficoltànella gestione operativa(per contenuti e assetti) deibinomi “professionalizza-zione-specializzazione”,“base-avanzato”.

Il panorama italiano del-l’offerta formativa delineapertanto una pluralità difigure con profilo più omeno specifico. Questi pro-fili si precisano con l’evol-versi di una pluralità dipratiche accolte con qual-che difficoltà dagli ordiniprofessionali5. Questa evoluzione comples-siva dei profili e delle prati-che avviene con una certarapidità e mette alla provagli impianti disciplinari tra-dizionali in tutti i settoriafferenti. Laddove le disci-pline aderiscono all’evolu-zione, e producono innova-zione, hanno probabilità dirinnovarsi con successo. Incaso contrario rischiano diessere marginalizzate, gene-rando pericolose inerzie neiprogrammi di studio.

Agenda di discussioneI temi trattati consentono didefinire la seguente agendadi discussione:a) progetti formativi:domande sociali, program-mi scientifico-culturali erapporti con la ricerca,varietà curriculare;b) progetti formativi: livellie assetti (proposte);c) partnership inter-ateneo:innovazioni curriculari,mobilità (debiti formativi) erequisiti minimi (esperienzein corso e prospettive);partnership multilaterali

rivela alcune tendenzesignificative. In sintesi:la scuola di architetturapropone (anche se conaccentuazioni e coerenzadiverse) un profilo di urba-nista-pianificatore in alcunicasi più legato alle discipli-ne della facoltà di prove-nienza, in altri più integra-to con discipline di altrefacoltà (agraria, ingegneria,scienze naturali ecc.); la scuola di ingegneriaaffianca al profilo dell’inge-gnere edile quello di urba-nista/pianificatore jr., limi-tandosi al primo livello eprivilegiando conoscenze ecapacità di tipo tecnico(tecnica urbanistica e Sit),rapporti fra progettazione esaperi della costruzione (v.iniziative in merito dellafacoltà di architettura eingegneria edile a Pescara).Questa tendenza riconosce,come per la costruzione,che anche per territorio ecittà è richiesto un dialogoe uno stretto rapporto conl’ingegneria (relazione pro-getto-engineering); le scuole di agraria pongo-no al centro dell’attenzionel’ambiente rurale (e i relati-vi paesaggi) sia al primolivello che al secondo, inuna fase di transizione dellepolitiche di settore (il perio-do di programmazione2007-13 segnerà probabil-mente la fine del ciclo del-l’agricoltura europea “pro-tetta” e il suo rilancio mul-tifunzionale);una scuola di scienze e tec-nologie applicate aggiornagli approcci alla rappresen-tazione, alla produzione egestione dell’informazioneterritoriale;più occasionali o di ‘nic-chia’ sembrano altre aggre-gazioni (come aTrieste/Gorizia e Urbino);

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paio d’anni a rinnovarsi inmodo considerevole.Oggi1 l’insieme delleUniversità italiane offre 22corsi di laurea (I ciclo) e 12corsi di laurea specialistica(II ciclo) in pianificazione.I primi due cicli di studi,frequentati all’interno di unprogramma sinteticamentedefinibile “urbanistica epianificazione”2, sono quelliche danno diritto a sostene-re l’esame di Stato per l’e-sercizio della professione,con riferimento rispettiva-mente alle sezioni B e A,pianificatori, dell’Albonazionale degli architetti,pianificatori e paesaggisti.Le modalità d’insegnamentosono in larga maggioranzaconvenzionali (a contatto),con l’eccezione di due corsitriennali che funzionano inteledidattica (il corso inSistemi Informativi per ilTerritorio di Venezia e quel-lo della G.Marconi, Roma).L’organizzazione è general-mente semestrale, salvo perla laurea triennale offertadall’Università dellaCalabria, articolata in tri-mestri. Vi è un unico corsodi studio (triennale) attivatoda un’università privata, laG.Marconi di Roma.La distribuzione territorialedei corsi di studio in urba-nistica e pianificazione èrelativamente paritetica traNord, Centro, Sud e isole,come si può evincere dairiferimenti che seguono(L=laurea; Ls= laurea spe-cialistica) Tab. 1.Il rapporto generale di 2:1fra lauree e lauree speciali-stiche si ritrova grossomodo tale e quale a livellodi macroaggregazioni terri-toriali.Il dato relativo al totaleimmatricolati3, pur scontan-do alcune imprecisioni4, è

Come vacambiando laformazione universitaria delpianificatoreterritoriale eurbanistaAnna Marson

Nei prossimi mesi il profiloformativo dei futuri urbani-sti e pianificatori italianisarà ridisegnato per dareattuazione alla riformaintrodotta dal D. lgs 270 del2004, che potrà essere rece-pita a partire dall’annoaccademico 2008-09, e inogni caso dovrà esserloentro l’a.a. successivo.L’organizzazione complessi-va della formazione univer-sitaria mantiene l’articola-zione in tre cicli: la forma-zione di base (i tre anni chesi concludono con la lau-rea); una formazione piùavanzata (i due anni cheportano alla laurea finora“specialistica”, d’ora in poi“magistrale”); la formazionealla ricerca (i tre successivianni del dottorato di ricer-ca). Ciò che cambia sono ivincoli che oggi legano fraloro primo e secondo ciclo,considerevolmente allentati;i crediti minimi di ciascuninsegnamento che si con-clude con una prova d’esa-me, destinati ad aumentare;i requisiti, calcolati indocenti strutturati di disci-pline caratterizzanti, cheogni ateneo deve possedereper attivare nuovi corsi distudio. Non solo i singolicorsi di studio, ma lo stessoquadro dell’offerta comples-siva di formazione universi-taria alla pianificazione èquindi destinata entro un

analisi della decisione collet-tiva e gestione dei processi,con particolare attenzionealle forme della programma-zione negoziata e dellademocrazia rappresentativa.Ad ogni “nucleo” corrispondeuna quantità di crediti for-mativi comuni per l’interoterritorio nazionale oscillantetra 60 e 90 crediti sui 180della triennale. Questo haportato anche a tracciare unaprima bozza di risultati attesinel percorso formativo dellalaurea triennale:il primo anno deve portaregli studenti a saper svolgereuna analisi di contesto e asaperla rappresentare inmodo adeguato;il secondo anno deve portaregli studenti a saper costruireuno schema di progetto e asaperlo rappresentare e argo-mentare;il terzo anno gli studentidevono essere in grado diapplicare le metodologie e letecniche di base per l’inter-pretazione e la progettazione,tenendo conto delle compo-nenti territoriali, ambientali epaesistiche e sapendo argo-mentare le scelte compiute.Le prossime tappe riguarde-ranno le lauree magistrali.

Per informazioni:[email protected]. (gdl).

Continua il dibattitoall’interno del Coordinamentonazionale Corsi di studiouniversitari in pianificazione

Il giorno 25 Giugno 2007 si ètenuta a Roma, presso ilDipartimento di Urbanistica ePianificazione territorialedell’Università di Roma “LaSapienza” la seconda riunio-ne del Coordinamento nazio-nale dei corsi di studio inpianificazione territoriale eurbanistica, dopo quella diEmpoli (vedi UI 214). Scopodell’incontro è stato quello diapprofondire i contenutiguida per la costruzione diun core curriculum condivi-so, al fine di garantire unaformazione sostantiva comu-ne, ottenendo con ciò ancheun più agevole reciprocoriconoscimento delle laureetriennali.Sono stati individuati quattro“nuclei” di conoscenza tipicodella laurea triennale:analisi delle diverse compo-nenti di contesto e delle lororeciproche relazioni, corre-lando e integrando i diversicontributi disciplinari;metodi e tecniche di rappre-sentazione del territorio,ambiente e paesaggio;attitudine alla definizione ecostruzione del progetto diterritorio;

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nella banca dati delMinistero, emergono invecealcuni dati curiosi, se noninquietanti. Se la maggio-ranza dei corsi di studiooffre infatti un congruonumero di ore per entrambigli insegnamenti diUrbanistica e Tecnica e pia-nificazione urbanistica, eun numero più ridotto neprevede soltanto uno deidue, vi sono casi (sia pursporadici) di corsi di laureain pianificazione che nonprevedono nessuno di que-sti insegnamenti, oppureche li prevedono ma nonhanno docenti strutturatidel settore. In compenso,molti corsi di studio dichia-rano docenti in decisosoprannumero (in assenzadel vincolo di ‘incardina-mento’ in un unico cds) peraltri settori scientifico-disciplinari non semprecoerenti rispetto al progettoformativo.Una certa pluralità dei pro-getti formativi è peraltroevidenziata dalla semplicelettura dei titoli dei 22Corsi di laurea della classeUrbanistica e scienze dellapianificazione territoriale eambientale.Se insieme a questi consi-deriamo i titoli dei 12 corsidi laurea specialistica dellaclasse di Pianificazione ter-ritoriale, urbanistica eambientale.…questa pluralità tendeahimé a divenire confusio-ne, perlomeno nella corri-spondenza tra denomina-zione e livello della laurea.In ogni caso sarebbe oppor-tuno un riallineamento“sensato” tra denominazio-ne e obiettivi formatividichiarati, spesso eccessivi enon sempre pertinenti conle classi di studio di riferi-mento5.

Relativamente ad alcuni deiproblemi fin qui assai sinte-ticamente richiamati lariforma di cui si sta avvian-do l’attuazione offre alcunicorrettivi mirati, aprendotuttavia spazi di libertàancora maggiori. Il coordinamento nazionaledei corsi di studio in urba-nistica e pianificazione (ilriferimento organizzativo èla sede dei cds in pianifica-zione di Empoli: [email protected]), sta lavo-rando da alcuni mesi percostruire un percorso con-diviso di ridefinizione deidiversi progetti formativi inpianificazione. L’obiettivo èin particolare quello diindividuare una base for-mativa comune capace digarantire le specifiche com-petenze della figura del pia-nificatore (junior e senior),pur rilevando la ricchezzadi una articolazione cuiconcorrono i diversi profilidi ciascun Ateneo, la plura-lità dei progetti culturali ela crescente territorializza-zione dei percorsi formativi.

Note1. I dati riportati fanno riferimentoalla banca dati OFF.F del Miur,aggiornata al 31.12.2006.2. In realtà la classe di laurea trienna-le di riferimento per urbanisti e piani-ficatori è ufficialmente denominata“urbanistica e scienze della pianifica-zione territoriale e ambientale”, men-tre la classe di laurea specialistica è in“pianificazione territoriale, urbanisticae ambientale”.3. Studenti che si iscrivono per laprima volta a un corso di studi.4. Attribuibili al fatto che le rilevazio-ni sono state compiute quando alcunicorsi di studio avevano i termini perl’iscrizione ancora aperti.5. Tra gli obiettivi del corsi di laureaofferto dall’Università G.Marconi diRoma figura ad esempio che “…il lau-reato potrà svolgere attività professio-nale riguardante…progettazione, dire-zione dei lavori e dei cantieri nelcampo delle costruzioni civili…”.

ducibili a contingenzeopportunistiche quali ilsoddisfacimento dei requisi-ti minimi richiesti dalMinistero in termini didocenti o l’occupazione dinicchie di mercato:Al di là delle Facoltà diriferimento, è comunqueinteressante considerare lapresenza, nei diversi corsidi studio in urbanistica epianificazione offerti daqualsivoglia ateneo, la pre-senza degli insegnamenticosiddetti “caratterizzanti”:per l’appunto Urbanistica(corrispondente alla siglaICAR/21) e Tecnica e piani-ficazione urbanistica(ICAR/20). Le altre materiecostituiscono infatti unsempre fertile e spessonecessario arricchimentodel bagaglio culturale edelle tecniche operative, mapresuppongono comunqueun riferimento insostituibilealle basi disciplinari.Da una rapida analisi deidiversi ordinamenti deicorsi di studio, depositati

intorno al migliaio di unità,con una larga prevalenza(due terzi del totale) di stu-denti maschi. Le diversesedi sono aggregabili, perquanto riguarda il numerodegli immatricolati, in tregrandi classi: quelle dameno di venti a circa qua-ranta immatricolati, gene-ralmente corrispondenti asedi prive di una tradizioneconsolidata nel campo dellapianificazione; quelle conun numero d’immatricolatiprossimo al centinaio, ingenere corrispondenti adatenei con una forte tradi-zione nel campo disciplina-re; infine il caso unico diRoma la Sapienza, che coni diversi corsi offerti da piùfacoltà supera i duecentoimmatricolati complessivi.Le facoltà di riferimento peri diversi corsi di studio inpianificazione sono varie eplurali, evidenziando unacerta vivacità d’iniziativa econtaminazioni potenzial-mente assai interessanti,pur essendo a volte ricon-

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Tab. 1 - Distribuzione territoriale dei corsi di studio delle classi di piani-ficazione

Nordest 4L + 1,5 Ls (Ve 2L+1,5Ls ; Pd 1L, Ts 1L)Nordovest 3L + 2Ls (Mi 1L+1Ls, To 1L + 1 Ls, Ge 1L)Centro 8L + 4 Ls (Fi 1L + 1Ls, Chieti-Pescara 1L, Camerino 1L,

Urbino 1L, Roma 4L + 2Ls, Tuscia 1Ls)Sud 3L + 2Ls (Na 1L + 1 Ls, Rc 1L + 1 Ls, Rende 1 L) Isole 4L + 2,5 Ls(Pa 2L + 1Ls, Ct 1L, Ss 1L+ 1,5Ls)

Tab. 2 - Facoltà che hanno attivato corsi di studio in pianificazione

• architettura (9L, 7Ls)• architettura e ingegneria (2L)• architettura, ingegneria e formazione (1L)• architettura e giurisprudenza (1L)• architettura e economia (1L, 1Ls)• architettura e scienze naturali (1L)• agraria (1L, 2Ls)• agraria e scienze naturali (1L)• scienze e tecnologie applicate (1L)• giurisprudenza e scienze ambientali (1L)• pianificazione (2 L, 2 Ls)

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individui, e riconoscono chele Comunità comprendonotanto Comunità geograficheche Comunità di interessi.

7. Stimolare la partecipa-zione del pubblico per unacondivisione consapevole. Ipianificatori territoriali cre-dono in una partecipazionepubblica significativa daparte degli individui e deigruppi, e cercano di artico-lare le necessità di tuttiquelli le cui necessità nonsono state rappresentate.Assumono l’imperativodella co-pianificazione econdivisione delle scelte.

8. Applicare e comunicarei valori. I pianificatori ter-ritoriali credono nell’appli-cazione esplicita di questivalori al loro lavoro edimpegno professionale, enella comunicazione dellaloro importanza alla loroclientela, ai loro datori dilavoro, ai loro colleghi edal pubblico.(bv, dr)

3. Valorizzare l’ambientenaturale e culturale. I pia-nificatori territoriali credo-no che l’ambiente, le risorsenaturali ed il patrimonioculturale debbano esserevalorizzati. Assumono illoro ruolo di “sovrintenden-ti” di questi ambienti, equi-librando conservazione esviluppo duraturo.

4. Riconoscere e reagirepositivamente di fronteall’incertezza. I pianificato-ri territoriali credono che leprevisioni di lungo periodosiano molto spesso impre-vedibili, e che occorre svi-luppare risposte adattabili eflessibili per fare frontepositivamente a quest’incer-tezza.

5. Rispettare la diversità. Ipianificatori territorialirispettano e proteggono ladiversità dei valori, delleculture, delle economie,degli ecosistemi, degliambienti costruiti e dei luo-ghi distintivi, unici e carat-terizzanti.

6. Equilibrare le necessitàdelle Comunità e degliindividui. I pianificatoriterritoriali cercano di equi-librare gli interessi delleComunità con quelli degli

il loro lavoro ha implica-zioni intersettoriali e dilungo termine. Affrontandoproblematiche e risponden-do a bisogni di breve ter-mine, i pianificatori territo-riali, riconoscono le neces-sità future delle comunità,l’esistenza di altre specie edei loro ambienti, ed evita-no di compromettere risor-se irripetibili o insostituibi-li. Essi devono, pertanto,garantire l’equilibrio deglispazi umani, socio-econo-mici e fisici, nonché l’inte-grità dell’ambiente naturalee di quello antropico nelrispetto di tutte le inva-rianti territoriali comerisorse di interesse pubblicolimitate, fragili e insostitui-bili da consegnare allegenerazioni future.

2. Superare o compensarele limitazioni dei confini. Ipianificatori territorialisono consapevoli che il lorolavoro ha un impattopotenziale su numerose giu-risdizioni e campi discipli-nari, su molteplici interessie settori di intervento;devono dunque realizzare laloro pratica professionale inmodo olistico e riconoscen-done la necessità diampliarne i confini di inte-resse.

Codice di deontologia dei pianificatori territoriali italianiL’Assurb, in vista della pre-disposizione di appositiCodici deontologici per lenuove figure professionaliinserite in appositi Ordini,propone il seguente artico-lato che si fonda su duepresupposti: a) che i piani-ficatori territoriali esercita-no la loro professioneesclusivamente per il bene el’interesse pubblico e quindiche il loro operare ha comefulcro di riferimento ilpatrimonio e i beni ocmuni;b) che i pianificatori territo-riali hanno responsabilitànon solo verso la loroclientela, quanto ancheverso pubblico e, soprattut-to, verso le generazionifuture, per questo devonoesercitare la professione inmodo etico e responsabile.Per questi motivi, i pianifi-catore territoriale italiano siconforma ai seguenti prin-cìpi:

1. Rispettare ed integrarele necessità delle genera-zioni future. I pianificatoriterritoriali riconoscono che

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Il corso di laurea magistrale insistemi informativi territoriali etelerilevamento (a formato ibri-do e in partnership con altresedi) pone al centro una que-stione oggi ineludibile: come laricchezza di dati messi a dispo-sizione dalle nuove tecnologiedi osservazione della terra (conpiattaforme e sensori in conti-nua evoluzione) generino infor-mazioni rilevanti ed utili pergestire il territorio in temporeale o differito, come rendanopiù robusto il significato spazia-le (multi-scalare) del dato, comeinfluiscano su economia, socio-logia e democrazia dell’infor-mazione. Il terzo corso di laureamagistrale in pianificazione epolitiche per l’ambiente è offer-to assieme alla Facoltà diArchitettura di Sassari (sede diAlghero) e al Dipartimento diGeografia della UniversitàAutonoma di Barcellona. Con ilsuo formato “itinerante” cercadi rispondere a due quesiti spe-cifici, partendo da una dram-matica constatazione: i cambia-menti climatici e l’effetto serrainsistono su un territorio degra-dato da un uso intensivo delsuolo e dalla distruzione dellerisorse naturali. In Italia questiprocessi hanno già superato lesoglie di non ritorno in moltiambienti insediativi. Il primoquesito può essere così formula-to: come la pianificazione delterritorio possa contribuire allamodifica dei modelli di consu-mo (soprattutto energetico e disuolo) in una logica di sobrietàe di impatto ambientale decre-scente. Con il secondo si cercadi identificare quali azioni pos-sano orientare la pianificazioneper adattare gli insediamentiumani ai cambiamenti climaticiche ci attendono.

Pianificazione della città e delterritorio, in Pianificazione epolitiche per l’ambiente e inSistemi informativi territoriali etelerilevamento, nuova classeLM48). Si tratta di un ‘albero’ il cuitronco è costituito da unaLaurea triennale e da unaLaurea Magistrale in ‘filiera’,orientate allo studio e alla rap-presentazione delle dimensionirilevanti della città contempora-nea. Su queste basi si innestanoi problemi di governo e gestio-ne privilegiando due aspetti:l’azione ‘plurale’ e la sua costru-zione. Il primo deriva dalla con-trapposizione di prospettiveconflittuali, ancorate a diversisistemi di valore. Essi possonoorientare scenari e strategie incui il gradiente pubblico-privatoe il rapporto fra “territori dellecomunità” e “spazi dell’econo-mia” mutano di continuo e inmodo imprevedibile. Gradientee rapporto oscillano. Ad esem-pio, i problemi incontrati dallepratiche di perequazione, digestione dei crediti edilizi odalla privatizzazione dei servizicollettivi (contrariamente alleaspettative) possono dare piùpeso al pubblico, mentre ladilatazione di spazi e reti presi-diati dall’economia può margi-nalizzare l’operatore pubblicocon effetti notevoli sulla strut-tura e il funzionamento dellacittà. Il secondo aspetto rilevante perla formazione del planner è la‘costruzione su misura’ dell’a-zione e dello strumento di pia-nificazione e programmazione.Una sorta di “pianificazione diservizio”, che rischia tuttavia diessere in balia del diritto forma-le e dell’economia d’assalto senon viene ancorata a principigenerali ben definiti. Su questidue caratteri si fonda l’asse por-tante della facoltà. Le due altreLauree Magistrali si caratteriz-zano per formato e contenuto.

pianificazione. Con un preva-lente ancoraggio alla matricecompositiva, alcuni corsi privi-legiano tecniche urbanisticheaggiornate, l’interpretazioneprogettuale e la ricomposizionedi linguaggi di matrice diversa.Vi sono, infine, approcci piùsensibili alle trasformazioni giu-ridiche, programmatiche e dellasocietà civile avvenute in questiultimi anni. In essi prendonoforma corsi di studio orientati alprogetto di territorio a forteconnotazione economico-socia-le, in cui si integrano diverseforme di programmazione. Unorientamento promettente ècostituito dal policy design daqualche anno sperimentato alPolitecnico di Milano.La Facoltà di Pianificazione delTerritorio (Università Iuav diVenezia) ha recentementeapprovato (marzo 2008) ilnuovo ordinamento. A partiredall’anno accademico 2009/10si passerà da una struttura 2+2(due corsi di laurea in Scienzedella pianificazione e Sistemiinformativi territoriali in exclasse 7 e due specialistiche inPianificazione della città e inPianificazione e politiche perl’ambiente, ex classe 54s) aduna struttura 1+3 (un corso dilaurea in Pianificazione, proget-tazione e politiche per la città eil territorio, nuova classe L21, etre corsi magistrali in

Nuove laureemagistrali.L’offerta diVeneziaDomenico Patassini

È in corso il dibattito all’internodel sistema universitario italia-no per il riordino degli ordina-menti didattici. UI si è interessa-ta già del tema relativo alla lau-rea triennale (numeri 214 e215). Di seguito si presenta ilpercorso formativo propostonella Facoltà di Pianificazionedel territorio dell’Università Iuavdi Venezia.Com’è emerso nei due incontridi coordinamento nazionale(Empoli e Roma 2007), la geo-grafia dei programmi di forma-zione e ricerca è composita.Alcuni corsi ribadiscono impo-stazioni proprie del ‘metododella pianificazione’, ereditatodai modelli di programmazionemessi a punto nella metà delsecolo scorso e adottati dall’ur-banistica del riformismo. Altri,incerti sulla plausibilità e tenutadi questi modelli e convinti del-l’importanza delle dimensionilocali, si orientano alla pianifi-cazione statutaria e identitariadel territorio o privilegiano lacostruzione di quadri strutturalie di schemi di uso del suolo,delimitando così il ‘campo’ della

a cura di Daniele Rallo

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Sezione III - Doveri edobblighi verso il cliente

§§ 11.. Disposizioni generali3.01.01 Prima di accettareun incarico, il pianificatoreterritoriale deve tenere inconsiderazione i limiti dellesue attitudini, delle sueconoscenze e dei mezzi dicui dispone rispetto, in par-ticolare, all’importanza, alcarattere od a motivi diurgenza dell’incarico daintraprendere. Deve ancheassicurarsi che gli elementid’informazione necessarisiano disponibili e che pos-sono essere acquisiti e/o for-niti.3.01.02 Il pianificatore terri-toriale non può precludereal committente il diritto diconsultare un collega, uniscritto ad un altro ordineprofessionale, o un’altra per-sona, comunque, competen-te.3.01.03 Il pianificatore ter-ritoriale deve astenersi dal-l’esercizio professionaleallorquando vi sono condi-zioni o motivi suscettibiliche possano comprometterela qualità dei suoi serviziprofessionali. 3.01.04 Il pianificatore terri-toriale deve cercare di fissa-re una relazione di fiduciareciproca tra sé stesso ed ilproprio cliente. A tale scopo,deve, in particolare, astener-si di esercitare la professionein modo impersonale. 3.01.05 Il pianificatore terri-toriale deve astenersi diintervenire negli affari per-sonali del cliente per nonrestringere indebitamentel’autonomia di quest’ultimo.

§§ 22.. Integrità 3.02.01 Il pianificatore terri-toriale deve assolvere i pro-pri obblighi professionalicon assoluta integrità.

2.02 Nell’esercizio professio-nale, il pianificatore territo-riale, deve tenere in consi-derazione l’insieme delleeventuali e prevedibili con-seguenze che possono averele sue scelte contenute inpiani, programmi, studi,ricerche, atti di panificazio-ne territoriale, urbanistica,ambientale e lavori, in gene-re, sulla società, ed in parti-colare, nell’interesse genera-le della popolazione interes-sata direttamente o indiret-tamente da tali lavori. 2.03 Nell’esercizio professio-nale, il pianificatore territo-riale deve anche tenereconto della qualità dellospazio e dei luoghi interes-sati e deve sempre conside-rare il territorio, nel signifi-cato più ampio del termine,come una risorsa naturaled’interesse pubblico, limitataed insostituibile. 2.04 Per ogni opzione studia-ta, nell’ambito di un progettoo di un atto di pianificazione,il pianificatore territorialedeve informare la committen-za sulle conseguenze che cia-scuna opzione di scelta puòavere sulla popolazione e sulterritorio, tanto in quelloimmediatamente interessatodalla pianificazione che neiterritori esterni ma intercon-nessi o correlati con l’atto dipianificazione. 2.05 Il pianificatore territo-riale deve favorire le inizia-tive di istruzione, approfon-dimento, formazione edinformazione nel settore incui esercita, cosa che costi-tuisce per lui un doveresociale. Eccetto che per vali-de ragioni, deve anche, nel-l’esercizio della professione,predisporre atti ed iniziativeappropriati affinché siafavorita tale funzione di for-mazione, istruzione edinformazione permanente.

L’Assurb, in vista della pre-disposizione di appositiCodici deontologici per lenuove figure professionaliinserite in appositi Ordini,dopo aver richiamato le pre-messe (UI 216), propone ilseguente testo che si fondasu tre presupposti: a) che ipianificatori territoriali eurbanisti hanno un ruolocostituzionalmente rilevante(art. 117) perché il lorolavoro è destinato a prende-re corpo all’interno di un’a-zione di livello istituzionale;b) che i pianificatori territo-riali e urbanisti esercitano laloro professione esclusiva-mente nel dominio pubblico,dunque nell’interesse gene-rale, quindi il loro operareha come fulcro di riferimen-to il patrimonio e i benicomuni; c) che i pianificato-ri territoriali e urbanistihanno responsabilità nonsolo verso la loro clientela,quanto anche verso pubblicoe, soprattutto, verso le gene-razioni future, per questodevono esercitare la profes-sione in modo etico eresponsabile. (gdl)

Sezione I - Disposizionigenerali

1.01 Nel presente regola-mento, a meno che il conte-sto indichi un senso diverso,si intende con: a) “Ordine”: l’ordine profes-sionale degli architetti, pia-nificatori, paesaggisti e con-servatori; b) “pianificatore territoria-le”: una persona che detienel’abilitazione all’esercizioprofessionale e che è iscrittaal relativo Settoredell’Ordine. 1.02 Le leggi ed i regola-menti interpretativi con leloro modificazioni presenti efuture, si applicano nel pre-sente regolamento.

Sezione II - Doveri edobblighi verso il pubblico

2.01 Il pianificatore territo-riale deve, eccetto per validee motivate ragioni, sostenereogni misura suscettibile dimigliorare la qualità e ladisponibilità dei servizi pro-fessionali nel settore in cuiesercita.

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13 Assurb (218) 30-06-2008 10:34 Pagina 92

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ritoriale ha il dovere diesporre al cliente in modocompleto ed oggettivo lanatura e la portata dei pro-blemi che, a proprio parere,costituiscono un insieme difatti e circostanze determi-nanti di cui è a conoscenza. 3.02.07 Il pianificatore terri-toriale deve astenersi daesprimere pareri o emettereconsigli contraddittori oincompleti. A tale scopo,deve cercare di essere acompleta ed approfonditaconoscenza di fatti e circo-stanze, prima di esprimereun parere o un consiglio. 3.02.08 Il pianificatore ter-ritoriale deve informare, nonappena possibile, il clientedi ogni errore pregiudizievo-le e difficilmente riparabileche ha commesso nell’esple-tamento dell’incarico profes-sionale.3.02.09 Il pianificatore ter-ritoriale deve svolgere conimpegno e cura l’incaricoaffidatogli e non deve divul-gare notizie riservate di cuiviene a conoscenza o che glivengono riferite né può uti-lizzare queste per finalitàdiverse da quelle per le qualiè stato incaricato. 3.02.10 Il pianificatore terri-toriale quando viene aconoscenza durante l’esple-tamento dell’incarico di ogniatto illegale che può portareun beneficio al cliente stessodeve avvertirlo.

3.02.02 Il pianificatore ter-ritoriale deve evitare qual-siasi rappresentazione falsatanto rispetto alle propriecompetenze quanto all’effi-cacia dei propri servizi pro-fessionali. Se il bene delcliente lo esige, deve, suautorizzazione di quest’ulti-mo, consultare un collega,un membro di un altro ordi-ne professionale od un altroprofessionista competente, oindirizzarlo verso una diqueste persone. 3.02.03 Il pianificatore ter-ritoriale deve, prima dell’ac-cettazione di un incarico,informare il cliente dell’am-piezza e delle modalità del-l’incarico. Se durante l’e-spletamento dell’incarico, siverificano fatti e nuove con-dizioni che possono influiree/o modificare l’ampiezza ole modalità dell’incarico ini-ziale, il pianificatore territo-riale deve adoperarsi diavvertire il proprio clienteed ottenerne, a tal proposito,il suo esplicito accordo. 3.02.04 Prima di accettareun altro incarico che inte-ressa parzialmente o total-mente un territorio sul qualeeffettua già uno studio, ilpianificatore territorialedeve informare tutte le partiinteressate ed ottenere a taleriguardo il loro esplicitoaccordo o consenso. 3.02.05 Parimenti nonappena viene a conoscenzache l’oggetto dell’incaricocontrattuale che gli propon-gono o che sta svolgendoriguarda il territorio di perti-nenza o interessato in tuttoo in parte con un incarico infase di esecuzione affidatoad un altro collega o profes-sionista, il pianificatore ter-ritoriale deve informare lacommittenza ed il collega oprofessionista incaricato. 3.02.06 Il pianificatore ter-

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The Town PlanningReview centenary

Call for papersCentenary Papers – AESOP

In 2010 the Town Planning Review will be celebratingits centenary. To mark this important milestone, theEditors are proposing to publish a series of reviewpapers that record and reflect on the state-of-the-artin a range of topics within the general field of townand regional planning. Appropriate topics includeurban regeneration, environmental planning and man-agement, strategic and regional planning, sustainableurban development, rural planning and development,transport planning, planning and urban governance,planning methods, planning theory, urban design,planning history and planning education. The review papers should be written for an interna-tional audience and should therefore communicate inclear straightforward English, avoiding wherever possi-ble the extensive use of academic and professional jar-gon. Papers may focus on research, on professionalpractice or on a combination of the two. The preferredlength of papers is 8,000 – 10,000 words.The Editors would welcome expressions of interest andwould be pleased to discuss the scope and content ofproposed papers. If you would like to contribute tothese centenary issues of the Review, please get intouch with one or other of the Editors before 30thSeptember 2008.

Submission deadline: 30th September 200

Professor Peter Batey:[email protected]

Dr David Massey:[email protected]

Professor David Shaw:[email protected]

Professor Cecilia Wong: [email protected]

Visit the official site: http://www.aesop-planning.com/

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§ 5. Indipendenza 3.05.01 Il pianificatore territo-riale deve anteporre gli interes-si del cliente a qualsiasi altrointeresse anche di natura per-sonale.

3.05.02 Il pianificatore territo-riale deve ignorare qualsiasiintervento di terzi che potrebbeinfluire sulla corretta esecuzio-ne dei propri doveri professio-nali e che possa arrecare pre-giudizio verso il cliente, ameno che tali interventi sianofatti nell’esclusivo interessepubblico.

3.05.03 Il pianificatore territo-riale deve salvaguardare sem-pre la propria indipendenza edignità professionale ed evitareogni situazione dove possa tro-varsi in conflitto di interessi.Senza restringere la generalitàdi ciò che precede ed a titolomeramente esplicativo, il piani-ficatore territoriale: a) è in conflitto di interessiquando gli interessi in oggettosono così come può essere por-tato a preferire alcuni di loro aquelli del suo cliente o che ilsuo giudizio e la sua onestàverso quest’ultimo possono esse-re sfavorevolmente destinati;b) non è indipendente quandoper un determinato atto, vitrova un vantaggio personale,diretto o indiretto, attuale oeventuale.

3.05.04 Appena constatato chesi trova in una situazione diconflitto di interessi, il pianifi-catore territoriale deve avverti-re il cliente e può continuare asvolgere l’incarico solamente sevengono rimosse le cause chehanno determinato il conflittodi interessi.

3.05.05 Quando il pianificatoreterritoriale ha nel territoriointeressato dall’incarico profes-sionale degli interessi persona-

3.03.06 Il pianificatore territo-riale non può, eccetto per unagiusta e ragionevole ragione,cessare di agire per conto di uncliente. Costituiscono a taleparticolare fine ragioni giuste eragionevoli: a) la perdita della fiducia delcliente;b) l’incitamento, da parte delcliente, di compiere atti illegali,ingiusti o fraudolenti o contrarialle norme di legge e dell’arte; c) il fatto che il pianificatoreterritoriale sia in situazione diconflitto di interesse o in uncontesto tale che la sua indi-pendenza professionale potreb-be essere messa in dubbio; d) il fatto, per il cliente, di nonadempiere sistematicamenteagli obblighi previsti dal con-tratto stesso;e) uno stato di salute che rendeil pianificatore territoriale inca-pace di eseguire l’incarico pro-fessionale.

3.03.07 Prima di rinunciareall’incarico, il pianificatore ter-ritoriale, deve fare pervenire unpreavviso di rinuncia entro untermine ragionevole ed assicu-rarsi per quanto possibile chequesta cessazione di servizionon sia pregiudizievole neiconfronti del cliente.

§§ 44.. Responsabilità 3.04.01 Il pianificatore territo-riale, nell’esercizio della profes-sione, assume interamente ogniresponsabilità civile e penale.Gli è dunque vietato inserire inun contratto di servizi profes-sionali clausole che escludanodirettamente o indirettamente,in tutto o in parte, tali respon-sabilità.3.04.02 Il pianificatore territo-riale deve identificare con lasua firma e timbro tutti i docu-menti da lui stesso redatti epreparati o sotto la sua direzio-ne e responsabilità o ai qualicollabora.

§§ 33.. Disponibilità e diligenza3.03.01 Il pianificatore territo-riale deve dare prova, nell’eser-cizio della professione, di dis-ponibilità e diligenza conside-revoli.

3.03.02 Il pianificatore territo-riale deve mettere al serviziodel cliente tutte le risorse etutto il tempo richiesti dall’im-portanza, dal carattere e dallanatura dell’incarico.

3.03.03 Oltre ai pareri ed aiconsigli, il pianificatore territo-riale deve fornire al cliente lespiegazioni necessarie per lacomprensione ed il giudizio deiservizi oggetto dell’incarico.

3.03.04 A meno che non siadiversamente precisato nelcontratto, il pianificatore terri-toriale, quando il cliente lorichiede, deve spiegare lemodalità di esecuzione dell’in-carico.

3.03.05 Il pianificatore territo-riale deve dare prova di obietti-vità e di oggettività quandopersone suscettibili di diventarepotenziali clienti gli chiedonoinformazioni.

L’Assurb, in vista della predi-sposizione di appositi Codicideontologici per le nuovefigure professionali inseritein appositi Ordini, dopo averrichiamato le premesse (UI216), presenta la secondaparte (la prima è su UI 218)del testo che si fonda su trepresupposti: a) che i pianifi-catori territoriali e urbanistihanno un ruolo costituzio-nalmente rilevante (art. 117)perché il loro lavoro è desti-nato a prendere corpo all’in-terno di una azione di livelloistituzionale; b) che i piani-ficatori territoriali e urbani-sti esercitano la loro profes-sione esclusivamente neldominio pubblico, dunquenell’interesse generale, quin-di il loro operare ha comefulcro di riferimento il patri-monio collettivo e i benicomuni; c) che i pianificatoriterritoriali e urbanisti hannoresponsabilità non solo versola loro clientela, quantoanche verso pubblico e,soprattutto, verso le genera-zioni future, per questodevono esercitare la profes-sione in modo etico eresponsabile. (gdl)

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(seconda parte)

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mazioni riservate e delle diver-se utilizzazioni che di esse pos-sono essere fatte.

3.06.04 Il pianificatore territo-riale non deve rivelare che unapersona ha fatto ricorso ai pro-pri servizi professionali quandodalla conoscenza di questofatto può derivarne motivo dipregiudizio nei confronti dellapersona stessa.

3.06.05 Il pianificatore territo-riale deve evitare le conversa-zioni indiscrete su un cliente esui servizi professionali che glisono resi.

3.06.06 Il pianificatore territo-riale non deve usare informa-zioni di natura confidenzialeper arrecare un qualsiasi pre-giudizio o danno ad un clienteo, per ottenere, direttamente oindirettamente, un vantaggioper sé stesso o per altri.

§ 77.. Accessibilità agli attioggetto dell’ incarico3.07.01 Il pianificatore territo-riale deve rispettare il dirittodel cliente di prendere cono-scenza dei documenti che loriguardano e di rilasciarglienecopia.

§ 8. Fissazione e pagamentodegli onorari 3.08.01 Il pianificatore territo-riale deve chiedere ed accettareonorari giusti e ragionevoli.

3.08.02 Gli onorari sono giustie ragionevoli se sono giustifi-cati dalle circostanze e sonoproporzionati ai servizi resi. Ilpianificatore territoriale devetenere conto, in particolare, deiseguenti criteri per la fissazionedel proprio onorario professio-nale: a) il tempo dedicato all’esecu-zione del servizio professionale; b) la difficoltà e l’importanzadel servizio;

c) la prestazione di servizi digrande rilevanza o che esigonouna competenza o una celeritàeccezionali.

3.08.03 Il pianificatore territo-riale deve fornire al clientetutte le spiegazioni necessariealla comprensione dei criteriper la fissazione dell’ammonta-re dell’onorario e delle modali-tà di pagamento.

3.08.04 A meno che non siadiversamente previsto nel con-tratto, Il pianificatore territo-riale deve astenersi da esigerein anticipo il pagamento deisuoi servizi. Deve d’altra parteevitare di dare al cliente indi-cazioni di costo approssimativisui servizi professionali che glisono richiesti.

3.08.05 Il pianificatore territo-riale non può percepire interes-si sulle richieste di pagamentoin sofferenza soltanto dopoavere debitamente avvertitocon mezzi certi il cliente.

3.08.06 Prima di ricorrere aprocedure giudiziarie, il pianifi-catore territoriale deve esauriregli altri mezzi di cui disponeper ottenere il pagamento delleproprie spettanze.

3.08.07 Il pianificatore territo-riale può cedere i propri creditisoltanto nelle forme previstedalla legge.

3.08.08 Quando il pianificatoreterritoriale affida ad altri il cre-dito derivante dai propri ono-rari, deve assicurarsi che questiprocedano di solito con tatto ediscrezione.

Sezione IV - Doveri ed obbli-ghi verso la professione § 11.. Incarichi e funzioniincompatibili 4.01.01 Le attività di mediazio-ne immobiliare e fondiaria

sporre atti, piani, progetti orelazioni per conto di un altrocliente che riguardano ancheuna parte qualunque del terri-torio facente parte di quellapubblica amministrazione,senza essere stato autorizzatoin anticipo e per iscritto inogni caso dall’organo consiliaredell’ente pubblico. Tale autorizzazione non è tut-tavia necessaria dopo l’interve-nuta approvazione degli studi,piani, progetti o relazioni effet-tuate per conto della pubblicaamministrazione.

3.05.11 Ai sensi dell’art. 41 bisdella Legge n. 1150 del 17 ago-sto 1942, come integrata emodificata, i professionistiincaricati della redazione di unpiano regolatore generale o diun programma di fabbricazionepossono, fino alla approvazio-ne del piano regolatore genera-le o del programma di fabbri-cazione, assumere nell’ambitodel territorio del Comune inte-ressato soltanto incarichi diprogettazione di opere edimpianti pubblici.

§§ 66.. Segreto professionale 3.06.01 Il pianificatore territo-riale deve rispettare il segretodi ogni informazione di naturaconfidenziale ottenuta nell’e-sercizio della professione.

3.06.02 Il pianificatore territo-riale può essere esonerato dalsegreto professionale soltantocon l’autorizzazione esplicitadel suo cliente o del suo datoredi lavoro o quando gli vieneordinato dalla legge.

3.06.03 Quando un pianifica-tore territoriale chiede ad uncliente di rivelargli informazio-ni di natura riservata o quandotali informazioni gli sono affi-date, deve assicurarsi che ilcliente sia interamente al cor-rente dello scopo di tali infor-

li, in particolare fondiari,suscettibili di influenzare i pro-pri servizi professionali, èobbligato ad informare il clien-te e, se necessario, rifiutarel’incarico o proporre l’annulla-mento.

3.05.06 Il pianificatore territo-riale può condividere i proprionorari con altri professionistisoltanto nella misura in cuiquesta divisione corrisponde aduna ripartizione dei servizi edelle responsabilità.

3.05.07 Il pianificatore territo-riale, fatta eccezione per laremunerazione alla quale hadiritto, deve astenersi di riceve-re, di versare o promettere diversare ad altri somme relativeall’espletamento dell’incaricoprofessionale.

3.05.08 A fronte del servizioprofessionale offerto, il pianifi-catore territoriale deve accetta-re le somme relative all’onora-rio pattuito dal solo cliente, ameno d’intesa esplicita o diver-sa tra tutte le parti interessate.Deve accettare il pagamentodell’onorario soltanto del clien-te o suo rappresentante.

3.05.09 Il pianificatore territo-riale deve generalmente agire,nello stesso incarico, soltantoper una delle parti in causa. Sei propri doveri professionaliesigono che agisca diversamen-te, deve precisare la naturadelle proprie responsabilità edeve tenere tutte le parti inte-ressate informate cessando diagire se la situazione diventainconciliabile con il propriodovere d’imparzialità.

3.05.10 Quando il pianificatoreterritoriale agisce come consu-lente nominato nelle materie dicompetenza, per conto di unapubblica amministrazione, nonpuò effettuare studi o predi-

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dere di essere esonerato.

4.03.08 Il pianificatore territo-riale, nella necessità che vi èoggi di una sempre maggioreintegrazione fra diversi apportidisciplinari e pratiche profes-sionali che non deve intaccarei fondamenti di ogni professio-ne o portare all’omologazione,ma semmai arricchire e dotaredi flessibilità ed apertura ognisingola professione, si adoperaper dare visibilità ed eventual-mente consolidare la propriaprofessionalità, nella convin-zione che solo attraverso unasolida e chiara identità profes-sionale è possibile cooperarecon altri per costruire progetti,piani, programmi ed interventiintegrati.

4.03.09 Il pianificatore territo-riale, è consapevole che lediverse professioni hannonorme etiche e deontologicheche orientano e guidano il lorolavoro. La reciproca conoscen-za diviene una responsabilitàetica di ogni professionista permeglio comprendere i valori, iprincipi operativi, i doveri cuiogni professione si vincola, pervalorizzare i contenuti comuni,per sostenerli insieme nell’eser-cizio professionale a vantaggiodel bene comune in tute le suedimensioni.

4.03.10 Il pianificatore territo-riale, nel lavoro in équipemono o pluriprofessionale,deve adoperarsi affinché sigiunga a decisioni, progetti,programmi, interventi, sceltecondivisi, dei quali ogni com-ponente professionale si senta esia personalmente responsabile,e l’équipe assuma responsabili-tà comune e la gestisca cometale.

4.03.11 Il pianificatore territo-riale, è consapevole che nellacollaborazione tra professioni-

sti è necessario che venganoesercitate una cultura e dellemodalità di lavoro idonee arispettare le specificità e l’auto-nomia di ogni professione e lapari dignità di ogni professio-nista.

4.03.12 Il pianificatore territo-riale è consapevole che nellavoro interdisciplinare i singo-li professionisti rispettano iparadigmi scientifici, metodo-logici e tecnici delle diversediscipline, si adoperano perrenderli chiari, comprensibili econdivisi ai professionisti dialtre discipline, si impegnano aconsiderare le differenze disci-plinari come una ricchezza dautilizzare per affrontare biso-gni, domande e problemi dellasocietà e a discernere gliapprocci disciplinari che possa-no meglio sostenere l’impegnoprofessionale.

§ 4. Contributo all’accrescimen-to della professione4.04.01 Il pianificatore territo-riale deve, nella misura dellesue possibilità, favorire ed aiu-tare lo sviluppo della professio-ne mediante l’interscambiodelle conoscenze e dei saperiacquisiti e della propria espe-rienza con i colleghi, gli stu-denti ed ogni persona cheopera anche in altri settoridisciplinari, e partecipare acorsi e stages di formazionecontinua ed a programmi diinformazione afferenti la piani-ficazione territoriale, urbanisti-ca ed ambientale.

4.04.02 Il pianificatore territo-riale in considerazione dellacomplessità dei problemi di cuisi occupa ha il diritto-dovere dicurare la propria formazionecontinua, personale e profes-sionale, e l’aggiornamentorispetto alle evoluzioni discipli-nari ed al progresso scientificoe tecnologico al fine di garan-

corrispondenza che provienedall’Ordine.

4.03.03 Il pianificatore territo-riale deve rispettare i propricolleghi ed in genere tutti iprofessionisti iscritti ad altrialbi ed elenchi. Se li critica,deve dare prova di obiettività,di giustizia e di moderazione.

4.03.04 Il pianificatore territo-riale non deve carpire la buonafede di un altro collega o ren-dersi colpevole verso lui di unabuso di fiducia o dell’adozionedi metodi sleali. Deve in parti-colare astenersi da:a) comportamenti che tendonoad ottenere da un cliente unincarico per il quale, come giàa sua conoscenza, è stato inter-pellato e presa in considerazio-ne l’offerta di servizi di unaltro collega; b) qualsiasi offerta di serviziprofessionali a persone con lequali il proprio datore di lavoroha regolari rapporti professio-nali inerenti un atto di pianifi-cazione in corso di elaborazio-ne, quando quest’offertariguarda tale medesimo atto.

4.03.05 Il pianificatore territo-riale non deve attribuirsi ilmerito di un lavoro svolto daun altro collega. È obbligato acitare le fonti utilizzate per l’e-laborazione dei piani, progetti,relazioni che elabora.

4.03.06 Il pianificatore territo-riale che viene consultato daun collega deve fornire nonappena possibile a quest’ultimola propria opinione e le proprieraccomandazioni.

4.03.07 Il pianificatore territo-riale che collabora con un col-lega deve garantire la propriaindipendenza professionale. Segli viene affidato un compitocontrario alla propria coscienzao ai propri princìpi, può chie-

sono incompatibili con l’eserci-zio della professione di pianifi-catore territoriale nel territoriooggetto di incarico.

§ 2. Atti in deroga 4.02.01 Oltre a quelli checostituiscono violazione dellenorme di legge, sono in viola-zione della dignità della profes-sione, i seguenti atti: a) il fatto di indurre qualcunoin maniera insistente o ripetu-tamente a ricorrere ai suoi ser-vizi professionali; b) l’impiego di agenti per pro-cacciare o per sollecitare even-tuali clienti;c) il fatto di comunicare con ilsoggetto reclamante senza ilpermesso scritto dell’Ordine,quando è informato di un’inda-gine sulla propria condotta o lapropria competenza professio-nale o quando ha ricevutonotizia di un reclamo sul pro-prio conto; d) non segnalare all’Ordine,quando ne viene a conoscenza,che un pianificatore territorialederoghi dalle norme di deonto-logia professionale; e) corrompere o colludere alloscopo di ottenere un incaricoprofessionale o qualsiasi altrovantaggio personale diretto oindiretto;f) colludere con chiunque alloscopo di favorire o impedire larealizzazione o la modifica diun progetto.

§ 3. Rapporti e relazioni conl’ordine ed i colleghi4.03.01 Il pianificatore territo-riale a cui l’Ordine richiede dieseguire il tutoraggio in unoccasione del tirocinio, di par-tecipare ad un collegio arbitra-le, etc. , deve accettare questafunzione a meno che non visiano ragioni eccezionali.

4.03.02 Il pianificatore territo-riale deve rispondere nonappena possibile a qualsiasi

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Sezione VI - Sanzioni6.01.01 La vigilanza del rispet-to delle vigenti norme deonto-logiche e l’applicazione scrupo-losa e tempestiva di quanto inesse previsto costituisce obbli-go inderogabile per i compo-nenti del Consiglio dell’Ordine.

6.01.02 Le sanzioni previsteper le violazioni alle presentinorme sono, per analogia:l’avvertimento, la censura, lasospensione e la cancellazioneai sensi dell’art. 45 del R.D.23.10.1925, n. 2537.Sono fatte salve, comunque, lesanzioni disposte dalle leggidello Stato.

6.01.03 Ogni infrazione relati-va ad incompatibilità, concor-renza sleale, partecipazione aconcorsi diffidati, mancatorispetto dei principi generali dicui alla Sezione III, e comun-que in grado di arrecare danno materiale o morale a terzi,comporta la sanzione dellasospensione fino a tre mesi.

6.01.04 Le violazioni non pre-viste all’articolo precedentecomportano la sanzione del-l’avvertimento o della censura.

6.01.05 Nei casi di recidivitàrelativi ad infrazioni previste aiprecedenti articoli sono com-minabili sanzioni corrispon-denti alla categoria di infrazio-ne immediatamente superiore, ecomunque, nei limiti dellasospensione di mesi sei.

6.01.06 La sospensione per unperiodo superiore ai sei mesi ela cancellazione saranno dispo-ste nei casi previsti dalle Leggie nei casi di recidività, o diperdita dei diritti necessari perl’iscrizione all’albo.

taria, è sempre responsabile delrispetto delle norme relativealla pubblicità, a meno che ilmessaggio pubblicitario indichichiaramente il nome del piani-ficatore territoriale che ne èdirettamente responsabile.

5.01.07 Il pianificatore territo-riale deve conservare una copiaintegrale di qualsiasi pubblicitànella sua forma originale, perun periodo non inferiore ad unanno decorrente dalla data del-l’ultima diffusione o pubblica-zione. A richiesta del Consigliodell’Ordine di appartenenza lacopia deve essere esibita.

§ 2. Simbolo grafico della pro-fessione5.02.01 Il settore della pianifi-cazione territoriale dell’Ordineè contraddistinto da un simbo-lo grafico conforme all’origina-le detenuto dal segretario delConsiglio Nazionale. Quandoun pianificatore territorialeriproduce il simbolo grafico inuna dichiarazione o un mes-saggio pubblicitario, deve assi-curarsi che sia conforme all’o-riginale detenuto dal segretariodel Consiglio Nazionale.

5.02.02 Il simbolo grafico checontraddistingue il Settoredella Pianificazione territorialeè costituito da un sole giallo,simbolo della luce e della crea-zione, somigliante ad una rosadei venti per significare lacapacità di posizionarsi neltempo e nello spazio. Ciò pren-de ispirazione dalla Carta diAtene del 1928 che fu la primapresa di posizione ecologica edello sviluppo sostenibile.

5.02.03 Il simbolo grafico checontraddistingue il Settoredella Pianificazione territorialeè riprodotto nel timbro identifi-cativo di ogni pianificatore ter-ritoriale.

tire prestazioni qualificate,competenti ed appropriate. Siimpegna per tale motivo ancheper promuovere il coinvolgi-mento di chi ha la responsabi-lità di favorire azioni formativee di cercare le condizionimigliori per attuarle.

Sezione V - Restrizioni edobblighi relativi alla pubblicità 5.01.01 Il pianificatore territo-riale non può fare o permettereche sia fatto, con qualunquemezzo, pubblicità falsa, ingan-nevole, incompleta o suscettibi-le di indurre in errore.

5.01.02 Il pianificatore territo-riale non può attribuirsi qualitào capacità professionali parti-colari, in riferimento sia versoil proprio livello di competenzao nei riguardi della dimensioneo dell’efficacia dei propri servi-zi professionali, soltanto se è ingrado di giustificarli dietro spe-cifica richiesta.

5.01.03 Il pianificatore territo-riale non può utilizzare metodipubblicitari che possono deni-grare o sminuire un altro pia-nificatore territoriale o un altrocollega, in genere.

5.01.04 Il pianificatore territo-riale, nella pubblicità, devepreoccuparsi che le precisazio-ni ed indicazioni del messag-gio pubblicitario devono esseretali da informare una personache non è a conoscenza delsettore della pianificazione ter-ritoriale, urbanistica edambientale.

5.01.05 Il pianificatore territo-riale deve, in qualsiasi dichia-razione o ogni messaggio pub-blicitario, indicare il proprionome ed il titolo professionale.

5.01.06 Il pianificatore territo-riale, sia in forma individualeche in forma associata o socie-

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sociale e può contribuire adidentificare ed attivare ildiverso potenziale delle cittàe regioni europee inrelazione alla promozionedella crescita economicasostenibile e alla creazionedi nuovi posti di lavoro,nonché a favorire losviluppo sociale eambientale in linea con gliobiettivi delle già citateStrategie di Lisbona e diGöteborg.Ma che cosa si intendeeffettivamente con “coesioneterritoriale”, o meglio qualisaranno le implicazioni perla pianificazione (regionalee locale) che tale politicaavrà?Una definizione ufficiale econdivisa di “coesioneterritoriale” ancora nonesiste. È chiaro che con taleconcetto si mira asviluppare una visioneequilibrata del territoriodell’UE, sostenendo lepolitiche di sviluppo ingrado di supportare edaumentare le risorsespecifiche dei territori(anche dette “capitaleterritoriale”); garantendo intal senso uno svilupposostenibile; sostenendo ilvalore aggiunto delladiversità e delle risorsepotenziali dei territori,collegandoli attraverso unsistema di reti efficienti edattivando tali potenzialitàattraverso l’implementazionedi politiche coordinate esettoriali piuttosto chedistribuire risorse. In tutte queste azioniintraprese a livellocomunitario da tempo si èinserito l’ECTP-CEU (ilConsiglio Europeo degliUrbanisti) con lo scopodichiarato di proporre unadefinizione di “coesione

“allargare” tale competenzaa livello Europeo e questo inun’ottica di coordinamentodelle politiche di sviluppo eper garantire una visioneequilibrata dei futuri assettiterritoriali. In questocontesto la CommissioneEuropea intende pubblicareun Libro Verde sullaCoesione Territoriale inautunno.Altri recenti documenticome l’Agenda Territorialedell’Unione Europea e laCarta di Lipsia sulle cittàeuropee sostenibili –approvate nel 2007 durantel’incontro dei ministriresponsabili dello sviluppourbano e dellapianificazione e sviluppoterritoriale allargato anche irappresentanti delParlamento europeo, dellaCommissione europea, delComitato delle regioni, delComitato economico esociale, della Banca europeaper gli investimenti, deipaesi candidati e dei paesivicini e di alcuneorganizzazioni nongovernative – consideranola “dimensione territoriale”come un fattore base per laformazione delle politiche alivello comunitario,nazionale, regionale elocale, con una particolareattenzione alla scelta deiprocessi decisionali in cuitali politiche si sviluppano,rilevando la necessità di unapianificazione e di unapolitica di sviluppo urbana eterritoriale integrate percontribuire al miglioramentodella situazione dei cittadinieuropei e delle imprese nelloro contesto sociale,culturale e ambientale.La coesione territorialecostituisce, dunque, unaspetto specifico dellacoesione economica e

Più recentemente il Trattatodi Lisbona indica a suavolta la coesione territorialecome uno degli scopiprincipali dell’UnioneEuropea, nonché come unodei fattori fondamentali perattuare le Strategie diLisbona e Göteborg sullacompetitività dello spazioeuropeo e sullo svilupposostenibile. Se il Trattatosarà ratificato da tutti gliStati membri (e qui sipresenta già il problemadell’Irlanda, il cuireferendum non obbligatoriolo ha per ora fermato) cisaranno implicazioniimportanti per quantoriguarda la pianificazioneterritoriale in Europa,soprattutto in termini diridefinizione dei ruoli edelle competenze dellaCommissione Europearispetto ai singoli Stati.Com’è noto la pianificazioneterritoriale è competenzadegli Stati membri, masempre più si ritiene che cisia la necessità di

Lo Schema di Sviluppo delloSpazio Europeo(SSSE/SDEC) ha indicato,circa 10 anni fa, la coesioneeconomica & sociale comeuno degli obiettivi piùimportanti per il futuroassetto territoriale europeo.La politica di coesioneaveva come scopo principalequello di ridurre ledisuguaglianze tra gli Stati,le Regioni, e gli individui inEuropa, riducendo ledifferenze tra i livelli disviluppo economico nellediverse regioni edoccupandosi di esclusionesociale, disoccupazione,trend demografici,formazione, ecc. Nei territorie nelle regioni europeedovevano dunque esseregarantiti pari livelli diqualità di vita e di lavoro.Nel 2001 il SecondoRapporto di Coesioneintroduce il concetto di“coesione territoriale”,ripreso poi dallaConvenzione Europea, maigiunta a ratifica definitiva.

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La Coesione Territoriale: nuova prospettiva europea

per la pianificazione. Ma cos’è?Virna Bussadori*

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definizione enell’implementazione dellepolitiche di assetto delterritorio dell’UnioneEuropea, quindi la necessitàdi formare professionisti edi garantire la loro presenzaa tutte le scale di intervento. L’ECTP-CEU ha continuatoin questi mesi a lavoraresulla definizione di“coesione territoriale”,organizzando tra l’altro dueconvegni internazionali nel2008. Un terzo e conclusivoconvegno sarà organizzato aLubiana i prossimi 26-27settembre. In quella sedesaranno approvati idocumenti finali: “StrategicPlanning towards TerritorialCohesion” e “Definition ofTerritorial Cohesion” cheserviranno a tutti ipianificatori europei pergestire e coordinare almeglio le loro azioni ed iloro interventi sia a livellolocale, sia regionale cheoltre.

*Presidente ECTP-CEU.

territoriale”, ma soprattuttodi tradurre tale definizionein indicazioni specifiche peri pianificatori siano essicoinvolti in processi alivello regionale che locale.Nel 2005 l’ECTP-CEU hadapprima creato un gruppodi lavoro e hasuccessivamente lanciato undibattito online tra i suoimembri coinvolgendo anchealtre personalità del mondoaccademico e professionale.Il risultato è stato un primodocumento che è stato via,via integrato e che è statopoi utilizzato per laredazione di documentiufficiali a partire dallapresidenza tedescadell’Unione Europea nel2007. L’ECTP-CEU hacontinuato la suacollaborazione durante lapresidenza di turnoportoghese, la quale hadapprima ufficialmentericonosciuto all’ECTP-CEUlo status di soggettointeressatonell’implementazionedell’Agenda Territorialechiedendone poi ilcoinvolgimento diretto nelprimo Programma d’Azione.La collaborazione dell’ECTP-CEU con la CommissioneEuropea si è intensificatanel 2008 durante lapresidenza di turno slovena.L’ECTP-CEU ha infatticontribuito alla definizionedei documenti sulla coesioneterritoriale, lo sviluppourbano e le politichearchitettoniche che laSlovenia ha di recenteadottato e trasmesso aicolleghi francesi.In queste conclusioni siriconosce soprattutto ilruolo fondamentale dellapianificazione territoriale equindi il ruolo strategico deipianificatori nella

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indubbie ricaduteistituzionali e sociali che ha.Essi devono, pertanto,garantire l’equilibrio deglispazi umani, socio-economici e fisici, nonchél’integrità dell’ambientenaturale e di quelloantropico nel rispetto ditutte le invarianti territorialicome risorse di interessepubblico limitate, fragili einsostituibili da consegnarealle generazioni future.Per questi veloci richiamatimotivi, architetti, ingeneri epianificatori urbanistitendono a coprire segmentidistinti, anche se in partecomplementari, della praticaprofessionale e del mercatodel lavoro. Ma soprattuttosvolgono attivitàdiversamente indirizzate: leprime verso una utenzasostanzialmente privata; glialtri verso una utenzaesclusivamente pubblica.Perciò le prestazioniprofessionali delPianificatore urbanista sonoassai particolari e devonoperciò essere di alto edadeguato livello qualitativo.Non solo, ma i “serviziprofessionali” che questafigura assicura sonodestinati a generare “benicomuni” che rappresentano,nella loro materialità, unvalore per la società ingenerale.La distinzione si porta dietroanche una esigenzaformativa del tuttoparticolare: più indirizzataal costruire, quella degliarchitetti e ingegneri; piùindirizzata alla definizionedelle regole e delle normequella dei pianificatori. Idue percorsi formativi sonoin larga parte diversi.Fino ad ora questa diversitàè stata affidata a soli Corsidi Laurea specifici (esistono

anche ai professionisticontigui, come gli architettie gli ingegneri. Infatti, searchitetti ed ingegneri sonoadusi ad un rapportoprincipalmente, o quasiesclusivamente, con lacommittenza privataincentrato sulla dinamicadello scambio contrattuale; ipianificatori territoriali eurbanisti svolgono quasiesclusivamente un ruolo disupplenza super partesall’interno delle pubblicheamministrazioni, anchequando sono inseriti inteam di progettazione. Illoro rapporto di lavoro nongenera uno scambiocontrattuale, quanto undisciplinare di incarico innome e per conto dellacollettività per la quale sonochiamati a lavorare. Essi,difatti, possono lavoraresolo con istituzioni, quindiil senso della res publica èinterno al loro operare: èconnaturato.Proprio per questonell’esercizio professionale, ipianificatori territoriali eurbanisti sono obbligati atenere in considerazionel’insieme delle eventuali eprevedibili conseguenze cheil loro lavoro, fissato inscelte contenute in piani,programmi, studi, ricerche,atti di governo del territorioe lavori in genere, hasull’intera società. Il lorolavoro è indirizzatoesclusivamente nell’interessegenerale della popolazioneinvestita direttamente oindirettamente dalle loroprestazioni.L’attività professionale èvolta a studiare, organizzaree definire lo sviluppo diregole per l’ambiente urbanoe l’organizzazione delterritorio, che deve esseresalvaguardato per le

all’interno di una azione dilivello istituzionale (art. 117,sia quando si richiamaval’urbanistica fino al 2001,sia quando si richiama dopoil governo del territorio);b) perché i laureati inpianificazione territoriale eurbanistica, in virtù delprimo assunto, esercitano laloro professioneesclusivamente nel dominiopubblico, quindi il lorooperare ha come fulcro diriferimento il patrimonio e ibeni comuni;c) perché i laureati inpianificazione territoriale eurbanistica, proprio per idue punti precedenti, hannoresponsabilità dirette nonsolo verso la loro clientelaistituzionale, quanto versotutta la “gente” e,soprattutto, verso legenerazioni future, perquesto sono chiamati adesercitare la professione inmodo etico e moltoresponsabile.Bastano questi tre richiamiper capire l’assolutaparticolarità di questa figuradi professionista rispetto

Serve un percorso di studiautonomo

E’ in corso una discussionesulla formazione di unaspecifica Facoltà diPianificazione territoriale eurbanistica nell’UniversitàMediterranea di ReggioCalabria, sul modello diquanto già avvenutoall’Istituto Universitario diArchitettura di Venezia datempo; e al contempo undibattito sullariorganizzazione delPolitecnico di Milano conl’ipotesi di attivare unaScuola di Pianificazione.Saluto con molto favorequesti dibattiti, e li rilancioa livello nazionale, peralcune intrinsechecaratteristiche della figura diprofessionista che verràformata – nell’uno onell’altro sistema formativo,poco importa - inscrivibiliin tre ordini di motivi:a) perché i laureati inpianificazione territoriale eurbanistica hanno un ruolocostituzionalmente rilevante,perché il loro lavoro èdestinato a prendere corpo

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La professione del pianificatore ècostituzionalmente rilevante

Giuseppe De Luca

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riferimento ad un bacino diutenza regionale, sovraregionale ed anche estero1. La matrice scientifica edidattica comune ai duecorsi di laurea è costituitadunque da una forteadesione al paradigmadisciplinare territorialista dacui scaturiscono alcunielementi centrali delprogetto didattico e diricerca della scuola dipianificazione empolese. Inparticolare tale elementifanno riferimento a:- profilo multidisciplinaredel percorso formativofinalizzato a cogliere ladimensione integrata emultisettoriale implicata daiprocessi di trasformazione epianificazione territoriale.Ciò con particolareriferimento all’obiettivo diformare «laureato dotato diuna competenzamultidisciplinare capace dimisurarsi con una varietà ditemi complessi cheriguardano in formaintegrata città, territorio,paesaggio, ambiente emondo rurale. Si intende inquesto modo superare lastorica dicotomia nellapianificazione del territoriofra spazi costruiti e spaziaperti, costruendo unaintegrazione teorica,metodologica e operativa fradominio dell’urbanistica edominio della pianificazionedegli spazi rurali»2;- particolare attenzioneformativa alla integrazionefra metodi e alle tecnichedella descrizione,interpretazione erappresentazione delpatrimonio territoriale e lacostruzione di scenaristrategici di svilupposostenibile, basati sullavalorizzazione delle risorsepeculiari dei diversi

ambienti insediativi. Inquesta prospettiva ilpatrimonio territoriale nonviene colto in unadimensione statica ma comefondamento evolutivo per lacostruzione di scenaristrategici intesi comeprocessi in grado diintegrare produzione socialee “costruzione esperta” delpiano;- il ruolo fondamentale,anche in relazione al puntoprecedente, che assumonodue obiettivi formativiulteriori. La capacità dellaureato di gestire processipartecipativi e comunicatividella pianificazione, sia ascala urbana che territorialee pertanto la conoscenza deimetodi e delle tecniche perla strutturazione delprocesso interattivo, comeprocesso determinante nellaformazione degli obiettivi ditrasformazione del territorioe della città. La capacità diimpiegare in manieraevoluta, davvero peculiarenel panorama nazionale,strumenti e metodi dicartografia digitale adeguatia produrre analisi,rappresentazioni delterritorio e della città conforte profilo statutario estrategico-progettuale.

Tale matrice formativa vienearticolata nei due livelli dilaurea, oltre che attraverso inaturali livelli dipropedeuticità fra gliinsegnamenti, anche inragione di una prevalente–ma non assoluta-formazione di expertiseanalitico-valutativa nellalaurea di primo livello e diun più marcato approccioalle tecniche e agli strumentidel progetto urbano,territoriale ed ambientale nelsecondo livello.

Nuove laureemagistrali inpianificazioneurbanisticaDavid Fanfani

L’offerta di Firenze/EmpoliIl corso di Laurea Magistralein Progettazione ePianificazione della Città edel Territorio della Facoltàdi Architettura di Firenzeesprime, come evidenziatoanche da Patassini nelprecedente n. 217 di UI, unaspecifica caratterizzazione –nel panorama italiano deicorsi di laurea inpianificazione – riferita allavalorizzazione delladimensione patrimonialelocale ed identitaria delterritorio come paradigmadisciplinare fondativorispetto al quale leggere edorientare i processi e ledinamiche di trasformazionedel territorio. Tale impostazione, che sievidenzia anche nellainiziativa di fondare uncorso di laurea in strettorapporto con il territorio ela società “ospite” delCircondario EmpoleseValdelsa e non comedecentramento funzionaleda Firenze, si è rivelata conil tempo una scelta “disuccesso”. Malgrado la loro recentefondazione, infatti, i corsi diLaurea triennale emagistrale di Empoli hannoampiamente evidenziato ilsuperamento del “sospetto”di una possibile deriva“localistica” ed ilriconoscimento della loroindividualità e specificitàdisciplinare è testimoniatodal consistente numero diiscritti che, per unaconsistente parte, fanno

oramai 22 corsi di laureatriennali e 12 magistrali),con l’unica eccezione diVenezia dove esiste, comegià ricordato, una appositaFacoltà. Ma è una stradainsufficiente e parziale, chel’evoluzione costituzionaledel concetto di “urbanistica”nell’odierno “governo delterritorio” rende ormai nonpiù adeguata. Il Corso diLaurea, infatti, non haquella necessariaautorevolezza e quellaautonomia didattica chesolo una Facoltà (in unavisione tradizionale) o unaScuola specifica (in unavisione contemporanea) puòavere e garantire per:forgiare un professionistaparticolarmente attento alleanalisi delle struttureterritoriali e del loroprocesso di trasformazione;all’elaborazione e allagestione di piani territorialie urbanistici; allaprogettazione urbanistica edattuativa; alla redazione dipolitiche di governo e diprogrammazione settoriale;alla valutazione integrata diprogrammi e piani, compresiquelli paesaggistici; alleresponsabilità etichenell’esercizio dellaprofessione; ed infine adoperare e tutelareesclusivamente l’interessecollettivo e generale.

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Ingegneria dell’Università diFirenze nella costruzionedell’offerta formativa3, la“riconoscibilità” culturaledella proposta della scuoladi Empoli, hanno prodottoun efficiente e funzionantemodello di decentramentodella didattica e ricercauniversitaria4. Inconclusione non si puòtuttavia celare il fatto che,mentre si redigono questenote, gli sforzi progettuali,scientifici e sociali chehanno prodotto i risultatidescritti, rischiano di esserevanificati dai perversi effetti– in particolare sulle sedidecentrate – della L.133/2008 e dai tagliindiscriminati eprovvedimenti draconianiche tale disposto normativocontiene.

Note1. Nell’ AA. 2006/07 dei 288 iscritti aidue corsi di laurea, il 56% provenivada fuori provincia di Firenze, di questiil 12% da fuori regione Toscana. Lealtre provenienze erano originate per il22% dalla Provincia di Firenze e per il22% dal Circondario Empolese Valdelsa(articolazione amministrativa dellaProvincia). Analoga comparazione perla Facoltà di Architettura di Firenze,per l’anno 2007/08 evidenzia un 71%di studenti provenienti da fuoriprovincia e un 33% di provenienzeextraregionali. 2. Nota di Alberto Magnaghi alDocumento preparatorio per ilcoordinamento nazionale dei Corsi diLaurea in Pianificazione urbanistica,giugno 2007.3. Il corso di laurea triennale è dall’AA.2008/09 un corso Interfacoltà che vedeinsieme Architettura e Agraria. 4. Tale affermazione non è ovviamentegratuita ma confortata, fra le altrecose, sia dai dati estremamente positividel monitoraggio sulla occupazione deilaureati triennali e magistrali e sulladomanda che riguarda tali figure che,più in generale, dagli esiti del controllodel Rapporto di Autovalutazionerelativo alla laurea triennale -effettuatoda soggetto terzo- nell’ambito delProgetto Campus One, promosso dallaCRUI e sostenuto dal MIUR e cui il CdLtriennale aderisce su base volontaria.

Il più recente percorso diriforma della classi di laureain attuazione dellanormativa vigente (Dm270/2004) non hasostanzialmente modificatoquesto quadro diriferimento. Gli elementi dimaggiore rilievo che sonoscaturiti da tale processo eche sono già attivi, ancheper la laurea magistrale,dall’anno accademico 2008-2009, riguardano inparticolare: - per quanto attiene laspecialistica Lm 48, unamaggiore autonomia,rispetto alla vecchia 54S,dalla L21 triennale rispettoagli accessi, cercando di farevolvere –almeno per Laureetriennali affini- il problemadei debiti formativi verso“crediti di ingresso”affrontabili nel primosemestre con sistemi diaggiornamento e direcupero; - un conseguente“indebolimento” della filieralaurea triennale-laureamagistrale per favorire unmaggiore accesso di laureatitriennali da corsi di laureadi medesima classe al CdLmagistrale e dei pianificatori“junior” verso la nuovalaurea magistrale inArchitettura del Paesaggioattivata dalla Facoltà diArchitettura di Firenzedall’anno accademico 2008-09. Nell’insieme il forteradicamento territoriale deicorsi, legato ad unasignificativa collaborazionee sostegno da parte delCircondario EmpoleseValdelsa ed anche ad unintenso lavoro di didattica ericerca sui temi del territoriolocale, il pienocoinvolgimento delle Facoltàdi Architettura, Agraria ed

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

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settori e attori pubblici eprivati che contribuisconoalla definizione di visioniintegrate e soprattuttocondivise, ove lapartecipazione pubblicadiventa un prerequisitoindispensabile nelladefinizione delle strategie edelle successive azioni dipiano, perché parteciparenon deve voler dire opporsima proporsi. Gli esempi premiati dallagiuria internazionale sonostati: per la categoria“Pianificazione trans-frontaliera / pianificazioneregionale / coesioneterritoriale” il Piano disviluppo Green Metropolische coinvolge tre regionitra loro confinanti inGermania, Belgio e PaesiBassi. La giuria ha volutopremiare questo piano cheprevede il recupero di vastearee post-industrialiintegrando considerazionidi tipo economico, socialee di tutela ambientale, mache prevede soprattutto ilcoinvolgimento deicittadini e delleamministrazioni locali nelladefinizione delle sceltestrategiche, in un quadro disviluppo sovra regionale.Sostanziale il ruolo deipianificatori nella gestionedei processi decisionali chehanno necessariamentedovuto confrontarsi conpiù livelli, con quadri diriferimento normativoassolutamente diversi e cheper questo hannonecessitato di approcciflessibili, orientati alrisultato.I due esempi per lacategoria “PartecipazionePubblica” premiati ex-aequo sono stati i piani diRombeek-Enschede (PaesiBassi) e di Stonebridge-

fondamentale quello dipresentare le soluzioni ebuone pratiche dipianificazione in Europa; sitratta del Premio Europeodi Pianificazione Urbana eTerritoriale e della Biennaledelle Città e degliUrbanisti.Come detto questi dueeventi hanno luogo ad annialterni.Nel 2008 si è svolta lasettima edizione del PremioEuropeo di PianificazioneUrbana & Territoriale, cheha visto per la prima voltal’assegnazione di premi adue categorie normalmentepoco rappresentate, ovveroquella della pianificazionetransfrontaliera & dellacoesione territoriale equella della partecipazionepubblica con un doppiopremio ex-aequo. La giuriainternazionale non hainvece assegnato alcunpremio, ma solo menzioniparticolari, allapianificazione urbana,solitamente la categoriache in passato haconquistato piùriconoscimenti sia conpiani di recupero che conpianificazioni di nuoveespansioni urbane. Non sitratta questa diun’inversione di tendenza,ma piuttosto della crescitadi consapevolezza che lagestione delletrasformazioni territorialinecessita dell’elaborazionedi visioni di sviluppo discala regionale, ove per“regioni” non si intendonoquelle definite dai limitipolitico-amministrativi, mapiuttosto quelle chepresentano problematichesimili ed offronopotenzialità comuni; inoltrela pianificazione semprepiù richiede di coinvolgere

urbane, così come le sfidedettate dai cambiamenticlimatici e dall’esigenzanon solo di mettere insicurezza bensì diintervenire con azioni diprevenzione e dimitigazione e non ultimo ilnecessario coinvolgimentodi soggetti diversi neiprocessi di piano, questesono alcune tra sfide piùimportanti che attualmentei pianificatori europei sonochiamati ad affrontare. A questo scopo risultafondamentale lo scambio diinformazioni e diesperienze per comprenderecome poter affrontare erisolvere, spesso conapprocci informali eflessibili, tal volta“eludendo” i ristretticonfini amministrativi, talisfide.L’ECTP da anni si impegnaad organizzare,alternandoli, due eventi chehanno come scopo

L’ECTP-CEU (EuropeanCounsil of SpatialPlanners – ConseilEuropéen des Ubanistes)l’unica istituzione europeache rappresenta ipianificatori urbani eterritoriali, ha tra i suoiobiettivi principali lapromozione dellaprofessione attraverso ladivulgazione di esempi e dipratiche nei diversi paesieuropei. È un dato di fattoche pur cambiando lenormative di riferimento oil quadro istituzionale,simili sono i problemi e lesfide che riguardano lecittà e le regioni in Europa.La necessità di uncoordinato sviluppo deicentri urbani, dellasalvaguardia delle ereditàstoriche o degli ambientinaturali, le trasformazionisociali ed economiche, maanche tecnologiche chesempre più rapidamentetrasformano le strutture

Il Premio Europeo diPianificazione Urbana & Regionale

e la Biennale delle Cittàe degli Urbanisti

Virna Bussatori* e Franco Migliorini**

A cura di Daniele Rallo

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e dell’organizzazionespaziale del continente.Grazie ad un decennio distudi, programmi eprogetti, in larga partesostenuti dallaCommissione Europea conl’appoggio degli statimembri (ESDP, ESPON,Interreg), oggi la nozionedi territorio europeo comespazio comune in cui unagrande società, quellaeuropea, persegue lafinalità della coesione alivello territorialerappresenta qualcosa disempre più familiare pertutti: cittadini,amministratori e imprese. La Biennale di Nancy sicolloca dunque nel solco diquello che possiamoconsiderare come uno deigrandi impegni europei:garantire un buon uso diquella risorsa comune cheè il territorio, operando perselezionare problemi,soluzioni e protagonisti. La Biennale del 2009richiama l’attenzione sullemedie e piccole cittàeuropee e sul loro ruolonello sviluppo economico,accesso ai servizi,garantendo qualità dellavita a tanta parte dellapopolazione dell’Unione.In una dinamicacompetitiva dell’economiamondiale che concentramolti investimenti nellegrandi città, il rischio è chetanta parte del sistemaurbano europeo - quelloche non rientra nei grandisistemi - finisca risucchiatoo emarginato dai processimetropolitani. Un’accezione che includetanta parte del tessutourbano del continente.Quello dove i fattoricompetitivi operano ma aduna scala in cui la qualità

della vita appare ancoragestibile, e anzi creaproprio dei presidii perl’accesso ai servizi di tantezone periferiche omarginali rispetto aimaggiori sistemi urbani: làdove, assieme allacompetitività più spinta, sipongono i maggioriproblemi di sostenibilitàambientale e sociale.Le città medio-piccolecome potenziali sistemiurbani regionali,interregionali e anchetransfrontalieri, in cui siradica il valore delpolicentrismo urbanoeuropeo comeprecondizione per unosviluppo sostenibile e coesodel continente.L’intreccio degli argomentia favore di questa scelta èpiuttosto fitto.Da un lato la questione delrafforzamento delleidentità, urbane eterritoriali. Una somma dipeculiarità culturali,artistiche e ambientalisedimentate dalla storiaeuropea sotto la formadurevole di centri urbani,ben identificabili pertradizioni, specializzazioni,consuetudini, stili di vita,forme di paesaggio.Questo grande patrimonioframmentato e diffuso deveinteragire coi grandiprocessi dell’economiamoderna tramite specificiprogetti e politiche mirate,aggiornando la propriacapacità competitiva sia intermini di massa critica chedi qualità.Sostegno allo sviluppoeconomico, accessibilità,rinnovo urbano,salvaguardia evalorizzazione dellepeculiarità paesisticoambientali, qualità della

tutti i premiati non si èmai trattato del lavoro diun singolo, bensì dell’operadi un team, spessomultidisciplinare,all’interno del quale lafigura del pianificatore èemersa come quella ingrado di gestire lacomplessità dei processi,delle scelte e dellatempistica. Tutti i gruppiche hanno ritirato i loropremi o le loro menzionispeciali hanno inoltresottolineato che talericonoscimento europeorappresentava un ulteriorestimolo oltre che uncontributo a proseguire conancora più convinzione nelloro lavoro quotidiano.A dicembre 2009 avràluogo l’ottava Biennaledelle Città e degliUrbanisti.La FNAU, FederazioneNazionale delle Agenzie diUrbanistica francesi, adicembre 2009 organizzeràl’8ª Biennale delle Città edegli Urbanisti europei aNancy, città industrialedella Lorena.Quattordici anni dopo la 1ªBiennale di Lione, del1995, la manifestazioneritorna in Francia per unrilancio ed aggiornamentodell’iniziativa, con ilsostegno organizzativo delgruppo permanente dilavoro per la Biennale (ilPIWP) espressodall’associazione degliurbanisti europei e l’ECTP,cui l’INU e l’AssUrbaderiscono.Quella che nel 1995 erastata un’iniziativa pioniera,oggi è diventata unappuntamento ches’inserisce nel quadro dellemolteplici iniziative discala europea che pongonoal centro il tema della città

Londra (Regno Unito).Il piano di recupero dellacittadina di Roombeek –Enschede trae le origini daun disastro avvenutoqualche anno fa quandoun’esplosione hacompletamente distruttouna fabbrica di fuochid’artificio e con essa intereparti dei quartieriresidenziali che lacircondavano, causandoanche diverse vittime. Inquesto caso eccezionale èstato il ruolo dellapopolazione locale che hapartecipato attivamente,attraverso ilcoinvolgimento di gruppidi discussione locale, atutte le fasi di recuperodelle aree disastrate e didefinizione della futurapianificazione urbana.Nel caso di Stonebridge aLondra, la partecipazionepubblica era caratterizzatadalla sfida di coordinaregruppi con diverseestrazioni culturali e socio-economiche in un contestodi degrado urbano. Anchein questo caso l’approcciomultidisciplinare eorientato alla soluzione deiproblemi gestito da unteam di pianificatorinell’arco di un decennio hacontribuito ad aumentare lacoesione sociale ed arealizzare le strutturenecessarie per ilmiglioramento della qualitàdella vita nel quartiere. Gli altri due premiati dallagiuria sono stati per lacategoria “Regione Urbana”il Piano di Drammen(Norvegia) e per lacategoria “SostenibilitàAmbientale” il ProgettoEcocity di Sarriguren(Spagna).Un’ultima considerazionedegna di nota è che per

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L’impegno è a far sì chequesta Biennale divengaper molte città italianel’occasione di mostrarsiall’esterno e di allargare larete dei contatti peracquisire nuovi stimoli eipotesi di lavoro utiliall’innovazione dellapolitica urbana.

*Delegata AssUrb all’ECTP-CEU.**Delegato INU all’ECTP-CEU.

vita: tutti argomenti cheogni realtà medio-piccolasi trova ormai a doveraffrontare, spesso con unnumero limitato di risorse edunque con la necessità dinuove soluzioni.Occorre dotarsi di modellidi marketing territorialeadatti ad interpretare lerisorse per consentire lorodi crearsi uno spazio e unavisibilità grazie all’usostrategico delle stesse.Concetti come patrimoniostorico e culturale, reti dicittà, collaborazione-competizione urbana,diversificazione della baseeconomica, accessibilità - ascala continentale eregionale - qualità dellavita, entrano a far parte dellinguaggio di una nuovacapacità di gestione urbanaorientata all’innovazionecompetitiva di cuil’urbanistica è unostrumento importante, manon il solo chiamato incausa.Questa Biennale è unagrande opportunità permolte città italiane che inquesti anni hannoaffrontato tematiche diquesto genere, immettendosempre maggiori contenutistrategici nei loro pianiurbani, e con ciòdiversificando sia il lessicoche la sostanza del farepianificazione urbanistica.Una buona occasione dataagli urbanisti perconfrontarsi tra loro. Maancor più un’occasioneofferta agli amministratorilocali di entrare in contattocon altre realtà analoghe edi misurare le proprie conle altrui capacitàd’innovazione politica.Un’occasione dunque diarricchimento per tutti,amministratori e città.

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architetti della plurima-iscrizione senza ricorrereall’esame di Stato echiedendo l’annullamentodegli atti citati. L’Assurb,sempre attenta a sostenere ipropri iscritti, è intervenutain giudizio con atto adopponendum con unasostanziale e sostanziosamemoria degli avv. IgorJanes e del prof. RobertoNania, a sua voltarichiedendo il rigettodell’istanza.Il TAR Lazio (Sentenza n.667/2006) si è espressodando completamenteragione agli urbanisti e diconseguenza ai paesaggisti eai conservatori. Laconclusione è stata che «ilricorso [presentato dagliarchitetti] è inammissibile» eche la norma, qualora fosselesiva per diritti soggettivi,dovrebbe essere soggetta algiudice di competenza.Contro la sentenza del TARl’Ordine di Roma ha ricorsoal Consiglio di Statoriproponendo le proprieinterpretazioni chiedendo inultima istanza la «censura diillegittimità del DPR328/01».A sua volta il Consiglio diStato ha posto fine allaquestione (Sentenza n.2676/2008) riaffermandoquanto espresso dal TarLazio e respingendo ilricorso.In conclusione per gliarchitetti, anche quellilaureati con il vecchioordinamento, è possibilel’iscrizione al Settore diversoda Architetto però solo edesclusivamente con ilsuperamento del relativoesame di Stato. La sentenzanon entra nel merito dellecompetenze professionali mavale la pena richiamarequanto affermato in

territoriale ed ambientale».In coerenza con questanuova suddivisione e con ilpercorso formativo di ognisingola laurea il DPRspecifica che «i Settoriistituiti nelle Sezioni degliAlbi professionalicorrispondono a circoscrittee individuate attivitàprofessionali» (art. 3, c. 1).Conseguentemente, adulteriore specificazione, siafferma che «gli iscritti inun Settore che (..)richiedano di essere iscrittiin un diverso Settore dellastessa Sezione, devonoconseguire la relativaabilitazione a seguito disuperamento di appositoesame di Stato» (art. 3, c. 4).Non convinti di taleprescrizione legislatival’Ordine provinciale di Romae il Consiglio Nazionaledegli Architetti hannochiesto una precisazioneautentica direttamente alMinistero di Giustizia. Nellacorrispondenza intercorsa ilMinistero ha rispostodefinitivamente che sia per ilaureati con il vecchioordinamento sia per quellidel nuovo ordinamento è«prevista l’iscrizionedell’architettoesclusivamente nel SettoreArchitettura alla Sezione Adel nuovo Albo, mentrel’iscrizione negli altri Settoriè subordinata alsuperamento del relativoesame di Stato» (Ministerodella Giustizia, 22.03.05,prot. 3/3836/05, firmatoDirettore Generale,Francesco Mele e successiva27.605 prot. 3/7148/05).Contro tale chiara edesaustiva espressionel’Ordine della provincia diRoma ha ricorso al TAR delLazio sostenendo lapossibilità da parte degli

superamento dello specificoesame.Il DPR 328/01 prevedeinfatti (art. 17 e art. 18) checon la laurea della Classe 4S– Architettura e IngegneriaEdile (ora di nuovoriformata e riclassificata) econ quella triennale Classe4, si possa essere ammessi asostenere gli esami di Statodi tutti e quattro i Settori(Architettura, Pianificazioneterritoriale, Paesaggistica,Conservazione dei beniarchitettonici ed ambientali).Gli esami di Stato sonodifferenziati e articolati conprove diverse per ognisettore. Per gli architetti vi ècome prima prova pratica«la progettazione diun’opera di edilizia civile».Per i pianificatori la primaprova scritta consiste nella«analisi tecnica deifenomeni della città e delterritorio o la valutazione dipiani e programmi ditrasformazione urbana,

Due nuove sentenze del TarLazio e del Consiglio diStato hanno dato ragione aipianificatori territoriali eurbanisti sul valore legaledel titolo di studio. Ilcontenzioso è nato da unainterpretazione non correttaattuata da alcuni Ordiniprovinciali degli architetti(dal 2001 anchePianificatori, Paesaggisti eConservatori). Alcuni loroiscritti, laureati inarchitettura, hanno richiestol’iscrizione, all’internodell’Albo, anche nei Settorispecifici dedicati agliurbanisti, ai paesaggisti e aiconservatori. Tale possibilitàè prevista dal DPR 328/01che ha modificato l’Albodegli architetti ed haintrodotto i nuovi esami diStato. I laureati inArchitettura, nuovo evecchio ordinamento,possono iscriversi agli altriSettori in cui è suddivisol’Albo ma previo

Pianificatore territoriale e urbanista: il valore legale

del titolo di studioDaniele Rallo

a cura di Giuseppe De Luca

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RAFFAELE SIRICA

Ci ha lasciato Raffaele Sirica, Professore universitario, Presidente del consiglio nazio-nale degli Architetti, e fino a qualche mese fa presidente del Consiglio Unitario delleProfessioni. Dalla fine degli anni 90, aveva trasformato un sonnacchioso ConsiglioNazionale degli Architetti, in un soggetto politico e culturale completamente nuovo.Raffaele ha condotto, in difesa degli architetti e del rilancio dell’architettura, nel nostropaese, una politica intelligente e a tutto campo, bipartisan, tessendo proposte, correg-gendo leggi, favorendo la ripresa della storia dell’architettura moderna, ferma, in Italia,agli anni ’50. Il suo impegno nazionale con gli architetti è iniziato con un ricorso, damolti considerato temerario e risibile, alla commissione europea, contro un decreto delgoverno, che equiparava il progetto d’architettura alla mera fornitura di servizi e l’atti-vità di progettazione ad una semplice attività commerciale. La storia finì con una delletante procedure d’infrazione inflitte all’Italia. Quando, anche per queste battaglie cheavevano per avversari grandi gruppi del mondo delle costruzioni, interessati a “regala-re” progetti in cambio d’appalti, era difficile fare uscire le posizioni degli architetti suigiornali, si fece promotore della “Festa dell’Architettura”; per una settimana, utilizzan-do la diffusione e la forza della rete degli Ordini Provinciali, in cento città si sono svol-ti eventi (dai convegni, alle targhe sui monumenti d’architettura moderna, presentati, avolte con un megafono, dagli architetti ai cittadini). Da allora l’architettura è ricompar-sa sui quotidiani, sui settimanali, sulle riviste femminili e di moda. Quando ci diceva-no che in Europa non c’erano gli Ordini, che il progetto d’architettura era un serviziocome le pulizie o le fotocopie, l’intuizione di Sirica ci ha portato a creare un organismoinformale: il Forum delle politiche architettoniche. Lì s’incontrano periodicamente rap-presentanti dei ministeri della cultura dei vari paesi europei, degli Ordini professionali,delle istituzioni culturali più importanti d’Europa e anche di rappresentanti d’associa-zioni imprenditoriali del settore delle costruzioni. Da questo Forum informale è scatu-rita la Direttiva europea per “la qualità architettonica”, riferimento per le leggi sull’ar-chitettura e sui concorsi d’architettura dei Paesi europei. Poi ci sono state le battaglieper la difesa degli Ordini, quelle sulle Tariffe. In qualche caso si è vinto, altre volte si èmediato. Ma Raffaele era sostanzialmente un uomo che faceva politica, nel senso piùnobile del termine, cioè il perseguimento d’obiettivi d’interesse collettivo, praticando unriformismo che trovava la base nella sua formazione socialista. Aveva compreso il pesopolitico elettorale degli Ordini, certo, e quest’intuizione l’aveva portato a riorganizzarein una rete più forte le professioni; ma questo progetto, nella sua pratica, non era mera-mente corporativo. Sirica aveva intuito il ruolo nella società contemporanea dei “lavo-ratori della conoscenza” e la necessità di riscoprire e promuovere una componente“etica” della professione, al di là delle semplici leggi del mercato. Era anche un uomogeneroso, maniacalmente attento al fatto, che non si potesse sospettare il minimo inte-resse personale, nelle sue azioni. I suoi avversari, e n’aveva, ne avrebbero subito appro-fittato. Personalmente ho collaborato e con lui e il CNA, in molte battaglie de iniziative. Connoi Urbanisti aveva buoni rapporti, anche se non mancavano distinguo su questionispecifiche. Ora ci attendeva una battaglia sulla nuova legge urbanistica da condurreinsieme. Ci mancherà la sua intelligenza, la sua intuizione politica, la sua capacità ditessere alleanze. A noi, suoi amici, mancheranno la sua simpatia e i suoi sogni realiz-zabili.

Fabrizio Mangoni

precedenza sempre dalConsiglio di Stato laddovescrive: «una volta esclusal’esistenza di una privativaprofessionale per lapianificazione urbanistica, sipuó ritenere del tuttoconforme a canoni di buonaamministrazione rivolgersi aquei soggetti come gliurbanisti i quali, ancorchénon titolati in via esclusiva,posseggono la più idoneacompetenza tecnica e lamaggiore esperienza inmateria. Va peraltroincidentalmente rilevato checon la creazione del corso dilaurea in urbanistica si sonocreate professionalitàtecniche le quali dimostranoil possesso di cognizioniidonee a svolgere attività dipianificazione urbanistica,trattandosi di un corso dilaurea particolarmentespecialistico edapprofondito, che fornisceun bagaglio culturaleprecipuamente specialistico»(Sentenza 8 ottobre 1996 n.1087).

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in ruoli di coordinamento digruppi interdisciplinari nelcampo della pianificazioneurbanistica e dellacostruzione e gestione dipolitiche pubbliche delterritorio, collocati nelleesperienze di maggioreinteresse e di frontiera nelcontesto italiano einternazionale.Dal punto di vista culturalela prospettiva assunta nellacostruzione del progettoformativo è riconducibile aduna interpretazione delmodello del 3+2 che cerca diovviare ai limiti deldispositivo costruendo alsecondo livello un progettoformativo solido, alimentatoda percorsi di ricercad’eccellenza e aperto anchea studenti provenienti daaltre esperienze, centrato sudue filoni principali(progettazione di piani eprogettazione di politicheurbane e territoriali)accomunati da unainterpretazione originaledella dimensione progettualepropria della tradizionepolitecnica.Questo orientamentoculturale di forte aperturaculturale e disciplinare einsieme di radicamento nellatradizione italianadell’urbanistica giustifica siala scelta di una collocazioneconvinta in una scuola diarchitettura, con la qualeappare sempre piùnecessario rafforzare unasignificativa integrazione;sia la decisione di nonprocedere alla costituzionedi una facoltà specifica, chepure i numeri sembrerebberopermettere.

L’architettura dell’offertaformativaDal punto di vistadell’architettura del progetto

Urbana e PoliticheTerritoriali offerta in italianoe in inglese (Master ofScience in Urban Planningand Policy Design).Si tratta di un progettoformativo fortementeimprontato alla discussionecritica delle prospettiveteoriche e operative dellapianificazione urbanistica edelle politiche urbane eterritoriali a scalainternazionale, anche inragione della presenza di unnumero significativo distudenti straneri (circa 40sugli 80 previsti per ilcorso), che cerca di sosteneredal punto di vista formativola prospettiva di unorientamento che fertilizzi latradizione formativadell’urbanistica italiana edeuropea collocata nellescuole di architettura con lepiù interessanti culture delplanning e delle politichepubbliche, secondo unapproccio insiemeprogettuale e critico-interpretativo.

Il progetto formativoLa Laurea magistrale inPolitiche Urbane ePianificazione Territoriale(PUPT), attivati da sei anninel quadro della riforma del3+2 sulla basedell’esperienza avviata ormaitredici anni fa con il Corsodi laurea quadriennale inPianificazione territoriale,urbanistica e ambientale, purcon alcuni limiti chesaranno evidenziati piùavanti, sta dunque cercandodi collocarsi in modocredibile nell’ambito dellescuole europee di urbanisticae pianificazione.Il corso di studi si propone ilcompito di formare laureaticon un forte orientamentoprogettuale, impegnati anche

pianificazione e allepolitiche del territoriodobbiamo riconoscere che ledifficoltà sono acuite dallasempre minore presenza deitemi del governo delterritorio nell’arena pubblica,con la conseguenza di unmeccanismo di “selezioneavversa” degli studenti nellelauree triennali e didifficoltà a identificare conchiarezza la specificità e lestrategia possibili per i corsidi laurea magistrali.In questo contesto si collocal’orientamento della facoltàdi Architettura e Società delPolitecnico di Milano, con lasua proposta di LaureaMagistrale in Pianificazione

L’offerta del Politecnico diMilano

Riflettere sull’offertaformativa dell’Universitàitaliana, oggi, significainterrogarsi sul senso e suldestino di una istituzioneche attraversa una profondacrisi, sia in ragione di unattacco alla politica dellaricerca che viene dalle sceltedel Governo, sia dellecriticità che l’Universitàstessa non è stata in gradodi affrontare adeguatamentee che ha portato a undiscredito pubblico non deltutto immeritato.Se poi concentriamol’attenzione sulle disciplinelegate all’urbanistica, alla

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

Nuove lauree magistrali in pianificazione urbanistica Gabriele Pasqui

Nei numeri 217 e 218 di UI abbiamo cominciato apresentare l’offerta universitaria nel campo dellapianificazione territoriale e urbanistica [classe di laureeLM48 e L21]. Continuiamo in questo numero, e in quelliche seguiranno, convinti che uno dei degradi della cattivagestione del territorio italiano risiede proprio nell’esistenzadi diversi percorsi formativi, che producono figureprofessionali più attente alla progettazione edilizia chenon alla pianificazione e alla gestione del territorio. GDL

a cura di Giuseppe De Luca

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professionali “di frontiera”,sul fronte delle politichecome su quello dellaprogettazione.

Le criticità e le sfideLa collocazione del Corso diLaurea Magistrale inPianificazione Urbana ePolitiche Territoriali puòessere valutata daprospettive diverse.Nell’ambito della Facoltà diArchitettura e Società delPolitecnico di Milano edell’Ateneo il Corso di Studimagistrale in planningrappresenta una esperienzaormai consolidata, che staattrezzandosi a giocare unruolo importante in una piùgenerale strategia diqualificazione e misurataarticolazione dell’offertaformativa della scuola diarchitettura. In questi ultimianni la Laurea Magistrale stasperimentando una semprepiù forte apertura sia versostudenti stranieri, sia versolaureati di primo livelloprovenienti sia da diversicorsi di studi, sia da altrescuole di urbanistica epianificazione. D’altra parte, l’approccioproprio della scuolarappresenta un tentativo dicostruire una offertaformativa capace dicontendere il campo, più chealle altre offerte diformazione specialisticanella classe LM48, ad altrearee nell’ambito dellediscipline geografiche,dell’ambiente e del territorio,delle scienze sociali chehanno in diverso modopraticato terreni vicini osovrapposti a quelli propridella nostra scuola. In definitiva, la prospettivaper i prossimi anni è quelladi radicalizzare alcune scelte(internazionalizzazione,

approccio progettuale e“politecnico”, intreccio traculture del progetto escienze sociali) che possonopermettere una più fortecapacità di collocazionesulla scena internazionale edi apertura alle articolazionidel mercato professionale.

L’offertaformativa Alessandro Dal Piaz

Facoltà di Architettura della“Federico II” di Napoli

L’offerta formativa inpianificazione territoriale eurbanistica nella facoltà diArchitettura di Napoli sicompone di un corsotriennale di Urbanistica escienze della pianificazioneterritoriale e ambientale(Upta), attivato nel 2002-03,e di un corso di laureaspecialistica inPianificazione territorialeurbanistica e ambientale(Ptua) attivato nel 2005-06.Dopo il dm 270/2007,entrambi i corsi sono statiriorganizzati, in particolareincrementando la presenzadelle tematiche delpaesaggio, al punto che ilcorso di laurea magistrale (il“più 2”) ha anche cambiatonome denominandosiPianificazione territorialeurbanistica e paesaggistico-ambientale (Ptupa). Sulla base di un’articolatariflessione tanto sullequestioni del governo dellacittà e del territorio e deimodi con i quali gliurbanisti vi possano svolgerecompiti incisivi, quanto inriferimento ad un’analisidella domanda sociale e delmercato del lavoro connessicon tali ambiti di attività, ilcorso triennale Upta intende

permettere un accesso aeguali condizioni aglistudenti provenienti dalPolitecnico e in particolaredalla laurea triennale inUrbanistica rispetto a quelliprovenienti da altre scuole. Irequisiti minimi di accesso ei debiti formativi sonovalutati in modopersonalizzato, anche al finedi valorizzare percorsiinteressanti per il Corso diStudi.

Il mercato e la professioneUna recente indagine delPolitecnico ha evidenziatoche i laureati inpianificazione lavoranoquasi tutti entro un temporagionevole dalla laurea.Diversa è tuttavia lavalutazione siarelativamente al grado disoddisfazione, siarelativamente allacongruenza tra offerta dimercato e competenze.In linea generale, anche seper ora è difficile daregiudizi compiuti, si puòparlare di un corso di studiche è in grado di collocarelaureati sia nell’ambito distudi professionali, sia nelleAmministrazioni pubbliche(non solo negli Ufficitecnici), sia in realtà menofamiliari (agenzie disviluppo, società del settoreimmobiliare, soggetti delterzo settore, associazioni dirappresentanza, etc..).Restano problematici sia iltema del rapporto con gliOrdini professionali(l’attivazione dell’Albo nonrisolve il problema inassenza di unaobbligatorietà di iscrizioneall’Albo dei pianificatori perchiunque svolga attivitàprofessionale nel campo), siala questione della naturapoco delineata delle figure

formativo il recenteadeguamento al DM 270 erastato in parte anticipatonegli anni precedenti, ed hapermesso di costruire unprogramma fondato suiseguenti aspetti:- la forte centraturasull’esperienza diLaboratorio (ogni studentedeve seguire tre laboratori di16 crediti ciascuno nelle dueannualità), accompagnate daun numero limitato di corsiobbligatori e da una offertaarticolata di opzionali chepermette di accrescere imargini di libertà;- l’esistenza di due indirizzi(Progettazione di pianiurbanistici e Progettazionedi politiche pubbliche), tra iquali tuttavia sono possibiliintegrazioni e fertilizzazionireciproche (è ad esempiopossibile seguire dueLaboratori di un indirizzo euno dell’altro);- l’apertura internazionale:oltre ai corsi obbligatori, ilaboratori e gli opzionali diuno dei due indirizzi (quelloin politiche) è offerto inlingua inglese.

Le dinamiche attuale degliaccessi Nella Laurea Specialisticaofferta al Politecnico diMilano (80 posti, conpossibilità di entrata sia alprimo che al secondosemestre), è cresciuto negliultimi tre anni per quantitàe quantità il numero distranieri (oltre 100 domandeper l’anno accademico2008/2009), oltre che laquota di domandeprovenienti da altre scuoledi urbanistica o da altri corsidi studi, anche in areedisciplinari non contigue.La politica adottata dallafacoltà è quella di unavalutazione curricolare per

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proposito segnalato però chela novità nel 2008-09 diprove di accesso autonome edistinte ha portato per laprima volta alla saturazionedei cinquanta posti offertiper l’immatricolazione inUpta; secondo le primevalutazioni, ciò sembradenotare sia una piùconvinta scelta specifica diformazione professionale, sial’attenzione ad unaopportunità di qualificazione“specialistica” per tecnicinon laureati già impegnatinella pubblicaamministrazione.Ma anche sotto il profilo deicontenuti il bilancio deicorsi “509” non si è ritenutosufficientemente positivo,con le conseguenti scelte diriorganizzazione,specialmente del biennalemagistrale, approfittando deldm 270. Da un lato, si è ritenutonecessario consolidare laformazione del “pianificatoresenior” ai finidell’acquisizione dellecompetenze necessarie aprogettare piani urbanistici eterritoriali, senza rinunciarealla modalità innovativa del“progetto urbano”; e,dall’altro lato, si è volutaadeguare l’impostazione delcorso magistrale inserendoviuna più attentaconsiderazione delletematiche del paesaggio,dopo il recepimento nellalegislazione italiana dellaConvenzione europea sulpaesaggio e l’entrata invigore del Codice dei beniculturali e del paesaggio chehanno dato nuovamente allapianificazione paesaggisticaun ruolo cospicuo nelleodierne attività in campourbanistico. Si sono pertanto riarticolati iquattro Laboratori

precedentemente convergentisulle questioni del solo“progetto urbano”incentrandoli ora,rispettivamente, sul pianourbanistico comunale, sulpiano di area vastaterritoriale e paesaggistico,sul piano urbanisticoattuativo e sul progettourbano come modalitàinterscalare. Si è inoltreincrementata l’attività distage, portata alladimensione di 10 creditiformativi, collocandola alquarto semestre ecollegandola conl’elaborazione della tesi dilaurea. Quest’ultima scelta,in particolare, si proponenon soltanto dicaratterizzare l’elaborazionedella prova finale sotto ilprofilo della concretezza edella attualità, ma anche esoprattutto di consolidare intermini non formali irapporti complessi fra i corsidi laurea in pianificazioneurbanistica e territorialedella facoltà di Architetturadi Napoli e le istituzioni delgoverno locale (presso cuisono programmabili leattività di stage), che sonooggi chiamate ad innovarele forme ed i contenuti dellapratica urbanistica anche pereffetto della nuovalegislazione regionale (leggi16/2004 e 13/2008) e,finalmente, della primastagione di pianificazionevasta in Campania, conl’approvazione del pianoterritoriale regionale (2008) el’adozione dei pianiterritoriali di coordinamentodelle province di Benevento(2004), Napoli (2007) eSalerno (2008).

formazione offerta ilriferimento costante al“progetto urbano” inciascuno dei quattrolaboratori, in modo daconnotare identitariamente ilCorso di laurea specialisticaanche nel contesto nazionalecome orientato a formareurbanisti specificamenteaddestrati a questainnovativa modalità digoverno delle trasformazioniurbane, in ogni casogarantendo conoscenzesufficienti circa la redazionedi piani urbanistici in unquadro dialogico-partecipativo e con adeguatasensibilità alla interazionecon le discipline tecnico-scientifiche rilevanti inordine ai problemiambientali ed a quelli socio-economici.L’esperienza dei corsi attivatisulla base della legge509/1999 ha consentito divalutare come i risultaticoncreti non siano staticomplessivamentesoddisfacenti.La difficoltà maggiore si èriscontrata in rapporto alladomanda di formazione,influenzata da orientamentisocio-culturalitradizionalmente prevalentinell’ambiente meridionale eda condizioni oggettive dellaprofessione. La possibilitàgarantita all’architetto disvolgere anche attività incampo urbanistico, laddovel’urbanista può esercitaresolo nell’ambito specificodella pianificazione, hadiminuito l’appetibilità delcorso Upta al confronto delcorso di laurea quinquennalein Architettura, sì che unaquota rilevante degliimmatricolati in Upta è stataper anni costituita da allievinon entrati in graduatoriaper il quinquennale. Va in

formare tecnici intermedidotati delle competenze utilia qualificarli comecollaboratori nella consuetaprogettazione di pianiurbanistici e territoriali, main possesso pure dellecapacità che possano farloro svolgere un ruolosignificativo, ancheautonomo, all’interno degliinnovativi processi dicostruzione condivisa dipolitiche urbane. Lo spettroampio ed articolato diinsegnamenti offerti sipropone infatti di formareprofessionisti che possanogià collocarsi nei segmentinuovi del mercato del lavoroin campo urbanistico (analisiterritoriali, costruzione eutilizzazione di sistemiinformativi, gestione diprocessi amministrativi,facilitazione di processipartecipativi) e che – ovevogliano accedere alla laureamagistrale – possano farlosia in corsi di pianificazione,sia in corsi di progettazionedel paesaggio.Il corso biennalespecialistico ha sperimentatonei primi anni unaimpostazioneconsapevolmente peculiaredeclinando il modello CUNsecondo due scelte rilevanti.La prima accentuava ilcarattere interdisciplinaredella formazione offerta,organizzando gliinsegnamenti quasiesclusivamente in“laboratori”, uno persemestre, nei qualiconfluivano come modulicoordinati le materie deidiversi settori scientifico-disciplinari presenti. Laseconda scelta – nel quadrodell’indirizzo “progettuale”di fondo del CdL – assumevacome contenutocaratterizzante della

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decrescenti a fronte diesigenze ed obiettivicrescenti, politiche di spesadi ateneo da un lato dirisparmio e dall’altro, diconseguenza, selettivesecondo criteri e obiettiviorientati non proprio almiglioramento dell’offerta edal posizionamentoqualitativo, ma invece allarispondenza a requisiti, purcomprensibili, di buonaamministrazione (o, meglio,di amministrazione di fattoquasi “commissariata”).Come è evidente, lamaggiore sperimentalitàdovuta alla condizioneinterfacoltà ha comportatoulteriori difficoltà, non tantodel progetto formativo(scontata la rigidità delsistema “discipline di base,caratterizzanti, affini”, eraproprio questa la prerogativacostitutiva dei due CCdL!),quanto di naturaorganizzativa e derivantidalla minorerappresentatività nell’offertacomplessiva per il pesonumerico di studenti iscrittiai due CCdL1, consideratobasso rispetto ai parametri divalutazione quantitativaassunti in sede ministerialeper CCdL/Facoltà/Atenei.Ciò nondimeno, il lavorocongiunto svolto in questiotto anni tra le due Facoltàdella “Sapienza” di Roma,Architettura “LudovicoQuaroni” ed Economia, hacondotto ad esiti che oggiriteniamo di un certointeresse e che ci fannopensare di avere speso beneil tempo e l’impegnoprofusi2.

L’idea del profilo integrato

Il bilancio complessivodell’esperienza rappresenta,dunque, un frammentosignificativo e in qualche

strada della suavalorizzazione.Diciamo subito che a frontedella scarsa significativitàdelle lauree triennali (sonopochi, infatti, i laureati diprimo livello che non siiscrivono alla biennalespecialistica), il “3 e 2” delDm 270 potrebbe comunquemigliorare le prestazioni delsistema formativo,ampliando l’accessibilità allelauree specialistiche aprescindere dall’offertapropria di filiera. Nella logicatriennio/biennio questoappare un approccio piùconvincente, ma a fronte didebiti formativi “sostanziali”che rischiano di costituire unforte disincentivo alla sceltapiù libera della laureaspecialistica (soprattutto sedebiti anche “formali”).Nell’insieme, dunque, larazionalizzazionequantitativa dell’offerta, idebiti formativi e la carenzadi risorse dedicate, rischianoancora una volta dicompromettere l’ennesimoaggiustamento di sistema. Di tutto questo, del Dm 509e del passaggio al Dm 270,ha risentito l’esperienzainterfacoltà dei Corsi diLaurea in Pianificazione eGestione del Territorio edall’Ambiente, PGTA(VALGESTA l’acronimooriginario), e inPianificazione e ValutazioneAmbientale, Territoriale eUrbanistica, PIVAT, attivatialla “Sapienza” Università diRoma; esperienza avviata nel2001 appunto per coglierel’opportunità di ripensare laformazione di urbanisti epianificatori rispetto almodello tradizionale, econdotta tra le moltedifficoltà che hannocaratterizzato la vita di tantiCCdL ex Dm 509: risorse

509 ha comportatodifficilmente può esserepositivo. Per la parzialitàappunto delle misure, ingenerale per l’assenza di undisegno organico e realmenterifondativo, per lademagogia che hacaratterizzato gli stessiprovvedimenti di solarazionalizzazione.L’Università – pubblica –,infatti, è stata vistasoprattutto come un“problema”, per molti versiriconducibile a quello piùgenerale di una P.A. costosae inefficiente. In misurairrilevante si è percorsa la

Dal Dm 509 al Dm 270

Con l’attuazione piena delDm 270/2004 dovrebberealizzarsi dall’annoaccademico 2009/2010l’auspicata razionalizzazionedel modello di offertaformativa che l’universitàitaliana aveva avviato nel2001 con il “3+2” ex Dm509/1999. Razionalizzazionecon differenze rilevanti circail funzionamento della filieratriennale/biennale.Ad oggi, intanto, come inpassato era già avvenuto, unbilancio complessivo dellaparziale riforma che anche il

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Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

Cosa resta del profilo del ProjectManager?L’esperienza del CdL e CdLS interfacoltà PGTA e PIVATdella “Sapienza” di Roma Francesco Karrer, Bruno Monardo, Saverio Santangelo

Nei numeri 217 e 218 di UI abbiamo cominciato apresentare l’offerta universitaria nel campo dellapianificazione territoriale e urbanistica [classe di laureeLM48 e L21]. Continuiamo in questo numero, e in quelliche seguiranno, convinti che uno dei degradi della cattivagestione del territorio italiano risiede proprio nell’esistenzadi diversi percorsi formativi, che producono figureprofessionali più attente alla progettazione edilizia chenon alla pianificazione e alla gestione del territorio. GDL

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(Laboratori di progettazioneurbanistica e simulazioneeconomica e finanziaria deipiani e dei progetti) e losvolgimento di stages pressoenti, amministrazionipubbliche o private,organizzazioni professionalio di categoria,organizzazioni nongovernative e nel “terzosettore”.

Risposte culturali e criticitàorganizzativo/gestionali

Di conseguenza è apparsachiara la necessità dicostruire nuovi segmenti dipercorso formativo ancherelativamente a insegnamentigià impartiti nelle rispettivearee tematiche, disegnandoper quanto possibileprogrammi mirati infunzione della domandaespressa dal profilo del“project manager”.La declinazione attuativa delprogetto formativo dal puntodi vista culturale, avendopresenti le perplessitàespresse da alcunisull’eccessivaspecializzazione di un profilointerfacoltà di questo tipo,teoricamente pococompatibile, in particolare,con una semplice Laureatriennale, si è preoccupata distabilire forme dicollaborazione, sinergia ecoordinamento nellacostruzione e sviluppo deiprogrammi dei diversiinsegnamenti non soltantonei rispettivi, fisiologicidomini di Facoltà, ma anche,per quanto possibile, inmodo incrociato. Era paleseinfatti la necessità di evitarela creazione di un profilo“bifronte”, dotato di elementidi base in campoeconomico-giuridico eurbanistico, ma privod’identità precisa e della

capacità di stabilireun’organica integrazione trai diversi contesti disciplinari.Le risposte in termini dilivelli di maturazione daparte dei laureati, dopo unainevitabile fase iniziale diassestamento, hanno fornitotuttavia un quadroprogressivamente piùrassicurante. Obiettivamentesi può affermare che il semegettato con costanza daidiversi insegnamenti peraffinare la capacità distabilire ponti logici,connessioni e integrazionitra le conoscenze acquisite incampo economico eurbanistico, ha contribuito aschiudere e consolidare unorizzonte aperto ad unapproccio piùinterdisciplinare,tendenzialmente “olistico”,pur attraverso passaggicaratterizzati da notevolidifficoltà per discenti edocenti. Anche se latendenza dei laureatitriennali è stata orientataalla prosecuzione delpercorso verso il bienniospecialistico “naturale”, nonsono stati infrequenti i casidi potenzialità di sbocco nelmondo del lavoro attraversoil superamento degli Esamidi Stato per laureati triennaliin Classe 7 (Ordine delPianificatore junior).

Un esito inatteso e un po’…amaro

Possiamo dunque valutarepositivamente l’esperienzaPGTA/PIVAT riferendocisoprattutto agli esiti finalidel “3 + 2”, quindi alle tesidella specialistica biennale,nelle quali si coglie il fruttodell’intero percorso.Mediamente, infatti, sonoevidenti i caratteri distintividell’approccio interfacoltà“Urbanistica-Economia” e

dell’Ordinamento e deiManifesti degli Studi, oltreche al campo tradizionale,veniva posta particolareattenzione al ruolo decisivodella preparazione in campogiuridico, gestionale-aziendale, storico eambientale.Un laureato capace non solo,dunque, di operare ocoordinare equipe diprogettazione, pianificazionee gestione della città, delterritorio e dell’ambiente(piani, programmi e progettia scala urbana e territoriale,generali, attuativi e disettore, regolamenti enormative), ma in gradod’individuare strumenti difinanziamento per i progettidi investimento pubblici eprivati e contribuire acostruire e valutare scenarialternativi di sviluppo eintervento in coerenza conprincipi, missioni e strategiedi amministrazioni,istituzioni, imprese, soggettiemergenti e nuoviprotagonisti delle comunitàurbane e territoriali.In definitiva, unacompetenza in grado difornire solide risposteall’esigenza di determinaregli impatti economici efinanziari derivanti dallascelte di trasformazione delterritorio, figure e capacitàsempre più richieste dallepolitiche di accessibilitàselettiva e di competizionetra soggetti per icofinanziamenti nel contestodei programmi d’interessenazionale e dell’Unioneeuropea.Da qui, la necessità diequilibrare la dimensioneteorica della conoscenza coni risvolti applicati,prevedendo nell’iterformativo la frequenza alaboratori specifici

modo emblematicamentecontraddittorio dellacomplessa declinazione dellepolitiche di rinnovamentoformativo di livellouniversitario concepite congrande enfasi alla fine deglianni novanta.L’idea del profilo formativoche un ristretto ma motivatomanipolo di docenti delleFacoltà di Architettura “L.Quaroni” e di Economia hainteso promuovere, nascevadall’oggettivo ritardo con ilquale le istituzioniuniversitarie si erano attivateper un’offerta specifica diesperti in grado dipadroneggiare i temi dellavalutazione e gestione dipiani, programmi, progetti ditrasformazione della città edel territorio, a fronte di unacrescente, esplicita domandaespressa in tale direzione giàa partire dagli anni ottantada pubblicheamministrazioni centrali, entilocali, imprese, societàd’investimento private emiste, altri soggetti portatorid’interesse in grado diincidere sulla scenainsediativa.In effetti, seguendo lefisiologiche specificitàdistintive tra il livello di base(triennale) e superiore(specialistico), il nuovoprofilo ha disegnatoun’identità ben precisa,caratterizzata dalla sinergiatra la consolidata formazionenelle discipline nel campodella Pianificazione urbana,territoriale e ambientalesecondo gli stili della Scuoladella Facoltà di Architettura“L. Quaroni” della «Sapienza»e il collaudato e robustopatrimonio di conoscenzedella Scuola di ScienzeEconomiche dello stessoAteneo. Al riguardo, fin dalleprime fasi di costruzione

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salve le fasi transitorie)dell’esperienza dei due Corsidi Studio che per decisionecongiunta delle due Facoltànon sono programmati per“migrare” verso la nuovaveste delineata dal Dm 270.Al di là degli aspetti, purrilevanti ma meramentequantitativi della riformaMoratti (questione deirequisiti minimi), apparesorprendente lacontraddizione tra quanto èstato sempre dichiarato dalcontesto istituzionale –anche pubblicamente e aimassimi livelli – circal’importanza e la sostantivitàdel profilo formativo da unlato e la deludentemobilitazione “politica” perrimodulare il progettodidattico in funzione deldecreto dall’altro, purmantenendonecaratterizzazione innovativae distintività. Troppo rigidesi sono rivelate, al riguardo,le visioni di porzioni nontrascurabili dell’apparatoaccademico per disegnare econvergere su un percorso insinergia con altri CdL daattivarsi nelle areedisciplinari comuni.

Note1. Ad oggi, per l’anno accademico2008/2009, gli immatricolati efrequentanti il primo anno dellatriennale sono una cinquantina, ilsecondo anno della biennale circa venti. 2. I due CCdL sono il frutto dell’attivitàdi progettazione e gestione inparticolare di Francesco Karrer, BrunoMonardo e Saverio Santangelo, dellaFacoltà di Architettura “LudovicoQuaroni”, e di Claudio Cecchi e PietroValentino, della Facoltà di Economia.Questo gruppo di docenti si è anchefatto carico di un consistente impegnodidattico volto a coprire le esigenzeformative distintive del progetto ed afronte della necessità di ricorrere ilmeno possibile ai contratti esterni.All’attività didattica hanno poicontribuito altri docenti strutturati delledue facoltà che in questi anni si sonoriconosciuti nel progetto.

soddisfacenti i livelli dipreparazione raggiunti inordine a: i) integrazione frale principali componentidisciplinari, urbanistica epianificazione, dirittourbanistico ed economia; ii)capacità, in questo senso, dianalizzare e valutare progettianche complessi ditrasformazione urbana eterritoriale; iii) estensionedella copertura tematica siadei percorsi formativi chedelle tesi; iv) attenzione alleproblematiche emergenti.In generale, nonostante lascarsezza complessiva dimezzi a disposizione, lavalutazione dei risultati dalpunto di vista culturalemette in evidenza unaforbice ristretta tra risultaticonseguiti sul campo eobiettivi delineati a priori.Segnatamente i laureatispecialistici rivelano una piùmatura assimilazionedell’approccio di tipointegrato che rappresenta la“conditio sine qua non” perla costruzione del modernoprofilo del “project manager”,un professionista le cuicompetenze siano facilmentespendibili tanto a livello dipubblica amministrazione,quanto nel mondodell’imprenditoria privata.La stabile collocazione o lacollaborazione di un discretonumero di laureati PGTA ePIVAT con Enti locali esocietà d’investimento esviluppo urbano e territorialemisti o privati rappresenta lapiù indiscutibile cartina ditornasole della validitàcomplessiva degli assunti delprogetto formativointerfacoltà intrapresoall’inizio del duemila.Proprio per questo è ancorapiù singolare e un po’malinconico ratificare ladefinitiva conclusione (fatte

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economie locali, ancheattraverso una intenzione diintreccio tra piano eprogetto e il secondol’allargamento ai temidell’ambiente. La spinta allaintegrazione dei temi eall’incontro tra le variecomponenti credo che siastata condotta da me inprima persona anche perchél’avvio del corso fu rettoattraverso, caso unico inItalia, un finanziamento delFondo Sociale Europeo (FSE)anche attraverso la formuladi connettere lo sviluppolocale alle nuove occasionidelle progettazionicomunitarie, quindi contutte le tecniche che già allafine degli anni ’90privilegiavano la culturadella partecipazione pur senei sui più diretti contenutitecnici.In questo contesto laseconda questione era piùdirettamente connessa con lepolitiche urbanistiche eterritoriali sviluppabili inuna Regione come la Siciliache potenzialmente possiedeautonomia proprio inmateria di governo delterritorio. L’attivazione delCorso di Laurea in Ptuaconsentì di avviare alcunisignificativi processi dipianificazione e diinterloquire in modo direttoper una riconoscibilitàcomplessiva del lavoro degliurbanisti. Si riuscì in queglianni ad avere ancheapprovata una leggeregionale che consentiva,nella Regione Siciliana,l’esercizio della professionedi pianificatori ai laureati inPtua. Fu avviata laformazione del Pianoterritoriale urbanisticoregionale e furono avviate leprocedure per la formazionedella Legge urbanistica

incrociare i grandi temidell’ambiente, Mentre Urbanie Doglio, attraverso un piùdiretto contatto con leprogettazioni architettoniche(Samonà, De Carlo)incrociavano i temi deicentri storici e dellosviluppo locale consignificativi testi alimentatida forti sguardimeridionalisti e diinterpretazione progettualedel territorio siciliano anchecon la partecipazione deiloro assistenti (Gangemi,Leone, Quartarone). Daallora le due scuole avevanoavuto difficoltà di dialogoanche in ragione di questadifficile storia e di una nonfacile comprensione nelleprospettive di crescita dellascuola. Già l’occasione delDottorato di ricerca avevaconsentito di rompere gliindugi e nelle generazionipiù giovani aveva prodottoalcune necessarieintegrazioni che avevanospinto a formulare unincontro delle due posizioniin una comune occasione diapplicazione formativa perla ricerca. L’opportunità dicostruire un apposito corsodi laurea che vedeva, perl’ampiezza del tema, presentie ricomposti tutti i varifiloni della scuolapalermitana, consentivanecessariamente un dialogoe quindi una amalgama trale differenti componenti.Tutto ciò ha giovatosicuramente alla scuola. Duefigure hanno interpretatoquesto passaggio in modoabbastanza concorde, mestesso e Bernardo RossiDoria. Per varie ragionihanno rappresentato ilprimo un insieme di tensioniarticolate verso l’ereditàdello sviluppo centrato sullerisorse e la dimensione delle

scomparsa di EdoardoCaracciolo (1962),personaggio di culturaaperta e generosa, si aprìuna diaspora che vide da unlato Giuseppe Caronia e,successivamente, VincenzoCabianca e dall’altroLeonardo Urbani e CarloDoglio avviare due percorsiculturali di differente naturae collocazione. Caronia,vincitore del concorso diCaratteri distributivi degliedifici, chiese di passare aricoprire la cattedra diurbanistica lasciata vacanteper la scomparsa diCaracciolo. Le cose siandarono complicandoquando Leonardo Urbani,nuovo vincitore di cattedra,fu chiamato da AlbertoSamonà, Gino Lo Giudice eVittorio Gregotti a ricoprireun’altra cattedra diurbanistica in un differenteIstituto.Caronia chiamò Cabianca aricoprire l’insegnamento diPianificazione territoriale equalche anno dopo ancheCabianca assunse gli oneridella cattedra. Caronia eCabianca andavanoalimentando un’attenzionetradizionale dell’urbanisticache attraverso Cabianca e inparticolare i suoi assistenti(Pinzello) tendeva ad

Il corso dilaurea in PTUAdi PalermoNicola Giuliano Leone

I Corsi di Laurea inPianificazione territorialeurbanistica e ambientalenascono in Italia come corsifortemente innovativi perchécentrati su di una culturadel progetto e del pianofortemente connessa ad unadimensione interdisciplinare.La storia delle origininazionali è nota.Il D.M. 31/12/1998pubblicato sulla G.U.R.I. n°304 con oggetto lo Statutodel Corso di Laurea inPianificazione Territoriale,Urbanistica e Ambientaledell’Università di Palermo,consentì con D.R. n. 55 del02/02/1999 di avviare ilcorso di laurea.L’attivazione del corso dilaurea in Ptua di Palermoconsentì alcuni importatipassi avanti nel contestodelle questioni che siagitavano in quel periodo.Una prima questione erapropriamente accademica.Una incresciosa condizionevedeva divisa in due pezzila scuola urbanisticapalermitana. Dopo la

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in altre sedi nazionali comestudenti di masteruniversitari o di altro.L’attivazione della riformadovuta al D.lgs 270/04 e allesue successive modifiche eintegrazioni ha sicuramenteprodotto una positivariduzione delle materie equindi degli esami, si speracon beneficio dei tempi diattraversamento del percorsodi studi. Si è però verificatauna riduzione della tensionemulti disciplinare anche perla chiamata alle singoleresponsabilità presso lemolteplici sedi delle facoltàuniversitarie dell’ateneo.È stato comunque possibiletenere in attività sia il corsotriennale che il corso dilaurea magistrale anche coni requisiti di qualità previstiin materia di autorevolezzadei docenti. Allo statoattuale si può persino direche i due corsi hannomigliorato la loro capacitàdidattica e non perso leconnotazioni di impegnocon l’integrazione di altrediscipline delle scienzesociali e delle scienze fisicheanche grazie ad unalungimirante apertura che inpassato è stata fatta perl’assunzione di docentigiovani in questi settoriafferenti al progetto dipiano, anche se non semprecapita e non del tuttorealizzata.La questione più grave èrappresentata dalla futuraandata in pensione didocenti della facoltàdell’area urbanistica e dallaimprobabilità del ricambiose la prassi del rinvio el’incertezza delle regole utilialla formazione dei docentied al ricambio generazionalecontinuano ad avere il trenddi questi ultimi tre anni pergiunta ulteriormente

peggiorati nell’anno incorso.Se la spinta perseguitaoramai da diversi lustri èquella di transitare da unaprevalente università diStato ad una prevalenteuniversità non statalesarebbe utile che venissecon chiarezza messa inevidenza quale assurdità siverranno a creare se questotracciato si continua aperseguire solo con politichedi disincentivazione e dipenalizzazionedell’università di Stato.Alcuni settori cardinedell’interesse del paesepotrebbero scomparireperché poco remunerativeper il privato. Alcuneimportanti Regioni del Paesepotrebbero trovarsi conuniversità declassate o deltutto prive di sediuniversitarie.L’urbanistica è una scienzasociale. Per questo serve nonsolo a fare i piani ma anchead educare gli abitanti aivalori del territorio e delvivere civile. Non è dato disapere ancora, con il trendin atto, se i suoi valoriverranno conservati e messiin grado di evolversiattraverso lo studio, laricerca e la trasmissione deisaperi. Per questo si ritieneche pur essendo i corsi diurbanistica ritenuti da alcunidei corsi come costruiti percombattere specifichebattaglie, essi sono corsi dilaurea necessari. Bisogneràpassare, per questo, da unanecessità tematica ad unaobbiettiva necessità diconfronto che, superando ilracconto dei molteplici esingoli casi sappia costruireuna confrontabile politicanazionale del territorio edelle sue risorse.

applicazione del D.M.509/99, ovvero sino all’a.a.2008/09 di una fortepartecipazionemultidisciplinare che havisto presenze di docentigeografi, sociologi,economisti, agronomi,ecologi, biologi, geologi,appartenenti di altre facoltàdell’ateneo e quasi tuttiordinari delle variediscipline, carichi di grandeinteresse per un corso cheaveva ed ha forti valenzeapplicative.Gli immatricolati sono statisempre intorno agli ottantaiscritti e gli abbandonimolto inferiori al venti percento fisiologico.Superati i tre anni del primocorso, già a partire dall’a.a.2003-2004 furono attivatidue corsi di laureaspecialistica (così alloranominati) uno inPianificazione territorialeurbanistica e ambientaledella classe 54/S e uno inEcologia e pianificazione delpaesaggio (Epp) della classe3/S. Già nell’a.a. 2006-07 cisi rese conto che il corso dilaurea in Epp non potevareggere nel tempo avendoun numero di iscritti nonadeguato ad un corsouniversitario. Fu decisopertanto di non riattivarloper i futuri anni accademici.Nonostante il numero dellematerie e quindi degli esamifosse molto alto sia nelcorso triennale che nei duecorsi specialistici si sonovisti i frutti positiviattraverso laureati di grandecapacità di applicazione benutilizzati sia presso studiprofessionali che praticanola pianificazione territorialee urbanistica, sia pressopubbliche amministrazioni,sia quale vincitori di borsedi dottorato ed infine anche

regionale, sino allaformazione di un nuovotesto quale proposta dilegge.La presenza del nuovo corsodi laurea consente di fattoalla Regione e ai vari Entilocali preposti al governo ealla pianificazione di potercontare su di una cultura delterritorio che si va semprepiù diffondendo anche se lepiù recenti vicissitudiniregionali e il prevalere diuna cultura del potereavverso una politica dellademocrazia e dellapartecipazione sembranoavere allontanato laconsapevolezzadell’importanza dell’azionedel pianificare alle variescale. In questo quadro il primopassaggio verso la riformavoluta dal D.M. 509/99 èstato agevolato dallaesistenza consolidata di unaforte coesione deicomponenti l’area dellaPianificazione urbanistica eterritoriale e da unriconoscimento ufficiale insede regionale del ruolodella pianificazione che si èandato smorzando solo apartire dal 2007.Ciò ha consentito di fareannoverare il nuovo corso dilaurea in Ptua della Classe 7(triennale) quale uno deicinque corsi «Campus One»dell’ateneo di Palermo. Apartire dall’a.a. 2001-2002,per i successivi tre anni, ilcorso riuscì ad esseresostenuto dai finanziamentidel progetto della CRUI sinoal suo accreditamentopositivo con apposito esamedei valutatori ministeriali.Il corso per la sua duplicecomponente centrata sullosviluppo locale e sulladimensione ambientale hagoduto per tutta la durata di

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“Strill.it” che offre una“Sezione” a carattere nonperiodico dal titolo “NuovaUrbanistica Mediterranea”1

curata dal Presidente delCorso di Laurea.Piuttosto che appoggiarsi adun contenitore, sempre on-line, come può essere un sitoufficiale di Ateneo2

necessariamente “ingessato”,si è preferito “accompagnare”il processo di profondorinnovamento che stasegnando il passaggio dal“PTU&A” ad “Urbanistica”con una campagna diinformazione sia sui giornalia stampa ed in televisioneche sulle testate on-line allaquale hanno collaborato estanno via via collaborando,oltre al Presidente del Corsodi Laurea triennale emagistrale in “Urbanistica”,anche tutti gli altri Docenti.Questo confronto continuocon l’opinione pubblicasull’approccio delle variearee disciplinari che fannol’urbanistica si sta rivelandoaltrettanto, se non più utiledei lavori compiutiall’interno delle mura dellacittadella universitaria:Consigli di Corso di Laurea,Commissioni di Facoltà,Consigli di Facoltà, Tavoli diconfronto per la redazionedegli ordinamenti, Assembleeed incontri con gli studenti.“Il nuovo Corso di Laurea inUrbanistica spiegato aglistudenti”, sapiente sintesi diFrancesco Bonsinetto delprogetto che è scaturito dal“tavolo” che ne ha curato laredazione e del quale è statosegretario, è anch’essodisponibile online3. Vi vienemessa in luce la continuitàfra quanto di originale èstato offerto agli studentinegli ultimi anni e leprofonde innovazionidell’attuazione a Reggio della

appartenenza, ma sono,altresì, la “Storiadell’Architettura”, nonché laStoria “in senso stretto”, digrande rilevanza nelprocesso formativo, inquanto solo la comprensionedelle sue dinamiche –politiche, sociali, economiche– rende possibile unacorretta interpretazione delletrasformazioni territoriali eurbane. Si introduce ilconcetto di “RestauroUrbano”, così importante peri nostri territori, ricchi nontanto di emergenzemonumentali quanto di uncomplesso edinteressantissimo sistema dicentri storici minori,fortemente segnati daifenomeni dell’abbandono edel degrado. Ed ancoratroviamo nell’offertaformativa l’Architettura delPaesaggio, elemento cardineper la concretizzazione in un“progetto morfologico” dellestrategie di recupero e/otrasformazione di territoriambientalmente sensibili.Infine, ma non ultima,l’introduzione della“ComposizioneArchitettonica e Urbana”, acolmare quel “vuoto orribile”venutosi a creare tra il“macro piano urbanisticodelle regole” ed il “microprogetto urbano dellearchitetture”, a ricostruire ilsenso di un “metodocompositivo urbanistico” cherecuperi il valore della scalaintermedia del Progetto dellaCittà e della sua capacità diraccordarsi al macro ed almicro, alle regole e allearchitetture”. Il contributo integrale dellaCampanella, interessantecome quelli di altri Colleghiche partecipano a questanuova sfida, può essere lettosul Quotidiano on-line

ritorno alle origini:“Urbanistica”. E poi unafigura di professionista “atutto tondo”, radicata nellatradizione disciplinare,adeguata allacontemporaneità ed in gradosia di aggiornarsi che diaffrontare con successo lesfide della globalità.E qui preferisco lasciare laparola a RaffaellaCampanella la quale scriveche si tratta di una scelta “nénostalgica né strumentale,peraltro ben lungi dall’esserepuramente nominale. Essaporta con se, infatti, unaccurato processo diriprogettazione dell’offertaformativa fornita che, comepuò essere evinto dalManifesto degli Studirelativo al nuovoordinamento, mantiene evalorizza quegli apportidisciplinari che storicamentehanno concorso allaformazione di eccellenti“pianificatori” e, alcontempo, li integramediante il rafforzamento ol’introduzione ex novo dimaterie di studio più propriedella tradizionale formazionedi architetto. Si rafforza cosìil ruolo delle “Storie” chesono la “Storia della Città edel Territorio”, anche esoprattutto quello di

A ReggioCalabria il CdLtorna achiamarsi“Urbanistica”Enrico Costa

Credo che il lettore, cheabbia già preso atto dellescelte compiute nelle diversesedi, non si aspettil’ennesimo contributo “dilinea” sulla formazionedell’urbanista pianificatorecosì come la 270 ha indottola comunità accademica aripensare e delineare. Neapprofitto, vista anche laristrettezza dello spazio adisposizione, per puntaresulla specificità del percorsoseguito in questa occasionedall’Università“Mediterranea” di ReggioCalabria, dove è presente ilpiù “antico” (dal 1974), dopoquello avviato nel 1971 aVenezia da GiovanniAstengo, dei “percorsiformativi direttamentefinalizzati all’urbanistica”.Innanzi tutto il nome – siadel Corso di Laurea triennaleL-21 che della MagistraleLM-48 –, rispetto al quale siè scelto con determinazione,e senza mezzi termini, il

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Biennale di Venezia: presentata la 12. Mostra Internazionale di Architettura

People meet in architecture è il titolo della 12. Mostrainternazionale di architettura della Biennale di Venezia, chesi terrà dal 29 agosto al 21 novembre 2010, presso i Giardini,l’Arsenale e in altri luoghi di Venezia. Il tema proposto daldirettore Kazuyo Sejima, architetto giapponese, premiatacon il Leone d’Oro nel 2004 alla 9. Mostra Internazionale diArchitettura della Biennale per l’opera più significativa,vuole evidenziare il ruolo dell’architettura come pratica chesi mette al servizio della gente e che ha, quindi, come obiet-tivo, l’organizzazione degli spazi di vita dei cittadini.Secondo il Presidente della Biennale di Venezia, KazuyoSejima “rappresenta una sorta di nuova aurora di maestridell’architettura dopo un periodo di archistars”, dove l’ar-chitettura è intesa “come fresca disponibilità di un architet-to a pensare ad un’architettura al servizio delle persone”.L’architetto giapponese sta lavorando ad una Biennale chenon sarà una mostra di oggetti, ma una dimostrazione dicome le idee di un architetto di relazionano con lo spazio.All’interno delle strutture della Biennale, ogni architettosarà invitato a pensare e a realizzare il proprio spazio, comemodo per sottolineare l’importanza della creatività e diun’architettura in divenire. In altri termini, lo spazio di ogniarchitetto sarà funzionale all’architettura che si vuolemostrare. Durante la presentazione alla stampa dellaMostra, Kazuyo Sejima, ha voluto precisare, inoltre, che “lepartecipazioni includeranno tecnici e artisti e non soloarchitetti, perché l’architettura è un prodotto dell’interasocietà. Così come avviene nella società, alcune parti dellaMostra saranno realizzate attraverso la collaborazione traartisti e architetti, o tra architetti e visitatori”.

La Mostra sarà accompagnata da una serie di incontri diapprofondimento sul mondo dell’architettura, durante “iSabati dell’Architettura” e attraverso il “ProgettoUniversità”.

Per l’intero periodo di apertura della Mostra, ogni saba-to, ciascun direttore delle precedenti edizioni della Mostraorganizzerà uno spazio di confronto e di discussione conarchitetti, critici e personalità sui temi dell’architettura.

Il Progetto Università mira invece a stimolare un dibatti-to con le scuole e gli istituti universitari, che saranno chia-mati a proporre delle giornate seminariali dove sviluppare leloro attività di insegnamento in linea con i contenuti dellaMostra.

Francesco Palazzo

dedicate alla Città ed all’AreaMetropolitana” (on-line sullaSezione “Nuova UrbanisticaMediterranea” ospitata dallaTestata Strill.it.).L’attenzione sui temimetropolitani è infineillustrata e sempreaggiornata attraverso laRubrica settimanale“Urbanistica e CittàMetropolitana”4, anch’essacurata dal Presidente delCorso di Laurea ed ospitataogni giovedì dalla TestataNewz.it. La consultazioneperiodica dei materialisempre nuovi offerti dallaRubrica (si segnala la sintesidella prima Tesi di LaureaSpecialistica dedicata a“Reggio Calabria CittàMetropolitana” dopo la suaistituzione dal titolo “Il Portodi Reggio Calabria. Cuore ePorta della CittàMetropolitana”, a cura diJusy Calabrò e PasqualePizzimenti) consente uncontinuo aggiornamento pertutti coloro che presso la“Mediterranea” studiano perdiventare Urbanisti ePianificatori.Pubblicamente stiamoillustrando le premesse, edaltrettanto faremo con irisultati.

Note1. http://www.strill.it/index.php?option=com_content&view=section&layout=blog&id=52&Itemid=2202. Che comunque si consiglia diconsultare per quello che di nuovooffrirà dalle prossime settimane in poi:http://www.unirc.it/3. http://www.newz.it/wp-content/downloads/NUOVO-CDL-URBANISTICA.pdf. Uno “spot” sul Corsodi Laurea è ospitato dalla home page(settore “filmati”) http://www.newz.it/4. http://www.newz.it/rubriche/ edhttp://www.newz.it/category/urbanistica/

riforma degli ordinamenti.Sulla stampa, in televisione esulle testate on-line da partedel Presidente e dell’interocorpo docente si è centratal’informazionesull’innovazione che inquesta fase caratterizza ilCorso di Laurea in“Urbanistica” della“Mediterranea” e sonofornite agli studentiinteressati ad intraprenderepresso la “Mediterranea” gliappassionanti studiuniversitari per diventareUrbanisti e Pianificatori, oggianche con marcatecompetenze in tema diambiente e di paesaggio,tutte le informazioni sugliobiettivi e sui contenutiinnovativi offerti da unprogetto formativoimportante e di grandetradizione ma profondamenterinnovato a partire dal2009/10.Di fronte alla straordinariaoccasione venutasi a crearecon l’istituzione delle dieciCittà Metropolitane e conl’inclusione fra queste anchedi Reggio Calabria,circostanza che oltre allenumerose ed importantiopportunità di sviluppo cimette a disposizione un veroe proprio “laboratorio a cieloaperto” di grande rilievo perlo studio e lasperimentazione “dal vivo”sui temi della città, delterritorio, del paesaggio edell’ambiente, si è ritenutoopportuno mettere al centrotematico della formazione diUrbanisti e Pianificatori iltema “Reggio CittàMetropolitana”, e questascelta è stata annunciata intempo reale dal Presidentedel Corso di Laurea in“Urbanistica” con l’articolo“Ad “Urbanistica” per treanni didattica e lauree

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Università e domanda esternaè stata facilitata in questi annigrazie all’esperienza deltirocinio. L’ultimo semestre delcorso di laurea è infattiinteramente dedicato altirocinio (250 ore) da svolgersipresso amministrazionipubbliche, enti di ricerca esocietà sia pubbliche cheprivate, nazionali einternazionali3. La scelta di inserire il tirocinioall’interno del progettoformativo è motivata, oltreche dall’esigenza diaggiornare costantemente ilpercorso e i contenuti delladidattica anche dalla volontàdi rendere il laureato triennalein grado di entrare concompetenza nel mondo dellavoro, senza essereconsiderato un laureato diserie B in attesa dellaspecialistica. In questo il corso di laureapersegue alcuni obiettivi chesembrano più che maiessenziali al rinnovamentodell’università italiana:garantire una formazionequalificata ma anchedifferenziata a più livelli,favorire il processo diaggiornamento e interscambiocon la società contemporanea,offrire la possibilità, aglistudenti, di entrare e usciredall’università dopo aversperimentato nel mondo leproprie capacità. All’esperienza di tirocinio ècorrelata anche la tesi dilaurea. La prova finalepresuppone infattil’interpretazione e lavalutazione criticadell’esperienza del tirocinio.Oltre alla preparazionecomplessiva degli studenti,viene infatti valutata lacapacità di confrontarsi conuno o più strumentiurbanistici (piani territoriali,piani di settore, programmi

collaborano alletrasformazioni dei territoricontemporanei;- la comunicazione intesa noncome ricerca di consenso macome modalità diargomentazione sintetica dellescelte, indispensabile per faremergere conflitti econvergenze in tutte le fasi dicostruzione del progetto.Le modificazioni apportate alManifesto degli studi in questianni, anche grazie al confrontocon altri Corsi di laurea dellastessa classe, ancora in atto,sono volte a realizzare unasempre più strettainterrelazione tra formazioneteorica e sperimentazionepratica2. Anche per questodall’Anno Accademico in corso,non esiste più l’articolazionedel corso in due distintipercorsi formativi finalizzatialla formazione di due profiliprofessionali: quello di tecnicourbanista e quella di tecnicoSIT. L’obiettivo è quello di formareuna figura professionalecapace di inserirsi concompetenza scientificanell’analisi e monitoraggiodelle trasformazioni e nelgoverno dei processi disviluppo, nonché in grado dicostruire e gestire sistemiinformativi territoriali inrapporto a specifiche esigenzee finalità. Strumenti e tecniche connesseall’innovazione informaticasono più che un valoreaggiunto nel percorsoformativo del pianificatorejunior, esse sono intese comecapacità essenziali perintervenire efficacemente econ competenza nei processidi trasformazione,conservazione evalorizzazione della città, delterritorio, dell’ambiente e delpaesaggio.La capacità di confronto tra

formativo dotato di unachiara identità didattica edisciplinare. Il confronto conAmministrazioni Pubbliche,Enti di ricerca e Ordineprofessionale, avviato in unConvegno pubblico nelmaggio 20021 e maiinterrottosi nel corso deglianni, ha portato alladefinizione e alla continuarevisione del percorsoformativo e dei contenutidella didattica.Le linee di forza, che hannocaratterizzato il corso dilaurea sin dalla sua istituzionesono sintetizzabili in trepunti:- la conoscenza comeinterpretazione contestuale,intesa cioè come capacità dileggere i contesti attraverso ilriconoscimento di molteplicitàe singolarità, differenze eanalogie, continuità e fratture,e di connettere saldamente leinterpretazione ai soggetti e aiterritori “reali” di volta involta osservati (evitando cioègenericità e astrazionimetodologiche);- l’interazione come principiofondativo dell’agireurbanistico, da intendersicome attitudine costitutiva aldialogo trans-disciplinare ecome capacità di ascolto,rilevazione e interlocuzionecon i molteplici soggetti che

Il corso di laureatriennale inUrbanistica e Sit Cristina Imbroglini

Il corso di laurea triennale inUrbanistica e SistemiInformativi Territoriali dellaFacoltà di ArchitetturaLudovico Quaroni UniversitàSapienza di Roma è statoattivato nell’a.a. 2001/2002.Nel 2005 è stato attivatoanche il Corso di laureamagistrale in Pianificazionedella città, del territorio edell’ambiente al quale ilaureati triennali possonoaccedere senza debitiformativi. I laureati triennali, previoesame di stato, acquisisconola qualifica professionale dipianificatore junior e possonoiscriversi al Nuovo Alboprofessionale dell’Ordine degliArchitetti, Pianificatori,Paesaggisti e Conservatori. L’attività didattica,specialmente nei primi anni, èstata caratterizzata da unaintensa sperimentazione inrelazione non solo alla nuovaarticolazione temporale delcorso di studi (laurea triennale+ laurea specialistica) maanche alla necessità dicostruire un percorso

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L’organizzazione delladidattica è semestrale e siarticola in una parteformativa, orientataall’apprendimento e allaconoscenza di teorie, metodi ediscipline, e in una parteteorico-pratica orientataall’apprendimento eall’esercizio del “saper fare”nel campo dell’urbanistica edei Sistemi informativiterritoriali. Il percorsoformativo si articola in CorsiMonodisciplinari, CorsiIntegrati, LaboratoriProgettuali4 all’interno deiquali sono presenti differentiseguenti aree disciplinari, tracui le principali sono:- Pianificazione urbanistica,ambientale e paesistica;- Storia, intesa come analisidelle trasformazioni urbane eterritoriali;- Fattibilità economica efinanziaria come pratica cheaccompagna il processo ditrasformazione della città edel territorio e del paesaggioridisegnando l’ esito inrapporto alle risorse, ai diversisoggetti e agli inevitabiliconflitti e suggerisce possibilialternative;- Sistemi informativiterritoriali come strumentoindispensabile in tutte le fasidi costruzione del progettourbanisticodall’interpretazione delterritorio e del paesaggio allescelte di progetto, almonitoraggio degli esiti edinfine al governo delterritorio;- Tecniche di telerilevamento;- Sociologia come studio dellerelazioni che intercorrono traspazi e individui, come studiodella realtà nel suo divenirestorico, delle variazioni deibisogni e dei valori;- Archeologia come disciplinacon cui relazionarsi percostruire metodologie di

indagine e progetti divalorizzazione condivisi;- Sistemi delle reti ditrasporto e delle retiecologiche.Gli insegnamenti sono tenutida docenti strutturati eriguardano i corsi principali ela direzione dei laboratori.Altri corsi sono tenuti daesperti provenienti dallapubblica amministrazione,enti di ricerca e grandiaziende private. I contratticoprono perlopiù gliinsegnamenti che siriferiscono a Settori scientificodisciplinari non reperibiliall’interno della Facoltà. La modalità di svolgimentodella didattica è incentratanella ricerca di unaconnessione orizzontale everticale tra i diversi Corsi ein un costante impegno nellaverifica dell’apprendimento. Il riscontro positivo del corsodi laurea è testimoniatodall’andamento delleimmatricolazioni. Se nei primitre anni gli iscritti hannooscillato tra i 32 studenti delprimo anno (2001-02); i 42del secondo anno (2002-03); i32 del terzo anno (2003-04)negli anni successivi c’è statoun vero e proprio “decollo” intermini numerici con 248immatricolati nel 2004-05 e137 nel 2005-06 e intorno ai100 negli anni successivicompreso il 2009-10.Il tasso di abbandono deglistudenti è stato molto bassocon spostamenti a saldo nulloin ingresso da altri corsi dilaurea e in uscita verso altricorsi di laurea; gli abbandonisi possono valutare intorno al15%. Tutto il corpo docente èfortemente impegnatoaffinché il corso triennale siaeffettivamente svolto in treanni e poco più.

Note1. Convegno Formazione Universitaria eNuove competenze dell’Urbanista, Facoltàdi Architettura “L. Quaroni” SapienzaUniversità di Roma, Roma 9-10 maggio2002.2. Tale obiettivo appare inoltre coerentecon le novità introdotte dal Dm 270/04 edai successivi decreti applicativi. I criteriseguiti per l’adattamento del corso ex Dm509/99 riguardano una maggioreintegrazione tra i diversi settori scientificodisciplinari con una loro partecipazionecongiunta nei laboratori disperimentazione applicativa el’inserimento di nuove discipline utiliall’aggiornamento tecnico nel settoredella pianificazione territoriale,ambientale e paesistica e dei SistemiInformativi Territoriali.3. I tirocini degli ultimi anni sono statiattivati, tra l’altro, presso: MinisteroInfrastrutture - Dipartimento per ilcoordinamento e Sviluppo del Territorio;Anas C.S.S.C - Centro SperimentaleStradale di Cesano ; Regione Lazio -Direzione Regionale e Ambiente AreaValutazione di Impatto Ambientale;Direzione Ambiente S.I.R.A SistemaInformativo Regionale per l’Ambiente;Direzione Territorio; Regione Molise -Settore pianificazione ambiente epaesaggio; Litorale spa; Provincia diRoma - Settore sicurezza stradale;Agenzia Sviluppo Provincia - Societàconsortile a Capitale Pubblico; ColumbiaUniversity N.Y.; Centro studi paesi in viadi sviluppo (Istambul); Sta - SocietàTrasporti Automobilistici; Ecosfera SpA -Studi di fattibilità per l’economia e lariqualificazione dell’ambiente; Mondo GisS.r.l. - Sistemi Informativi Geografici;Italeco SpA; Telespazio; Apat - Agenziaper la Protezione dell’Ambiente e per iServizi Tecnici; Enel; Comuni di Aprilia,Ardea, Ferrara, Isera, Monterotondo,Otranto, Rifreddo, Roma, Todi. 4. I Corsi Monodisciplinari, “frontali”,sono costituiti da insegnamenti di unospecifico settore disciplinare, sonoorientati all’apprendimento e allaconoscenza di teorie, metodi e strumentidisciplinari di base. I Corsi Integrati sonocostituiti più moduli didattici svolti informa coordinata, da più docenti chefaranno parte della commissione d’esamepresieduta dal docente del Corso Guida.L’integrazione può riguardare sia la stessaarea disciplinare, che aree disciplinaridifferenti e si concludono con un unicoesame di profitto. I Corsi Integratipossono essere a carattere metodologicostrumentale ovvero destinati allaformazione orientata all’apprendimento ealla conoscenza di teorie, metodi ediscipline, o possono essere a caratteresperimentale applicativo. I LaboratoriProgettuali sono costituiti più modulididattici svolti dallo stesso docente o, informa coordinata, da più docenti chefaranno parte della commissione d’esamepresieduta dal docente del modulo guida.

complessi, valutazioni diimpatto); di analizzare evalutare criticamente glistrumenti stessi, dimostrandouna più ampia capacità diriflessione teorica edisciplinare, di individuarelimiti e potenzialitàdell’esperienza svolta edelineare possibili proposte dimiglioramento eimplementazione. La validità di questo specificopercorso formativo, ètestimoniata dai numerosi casiin cui i laureati triennalihanno trovato occupazionepresso le sedi del tirocinio ecomunque in altre sedi subitodopo la laurea. Il percorso formativo si aprecon un Laboratorio diIngresso che introduce alcunitemi particolarmentesignificativi dellapianificazione urbanistica,sottolineandone i caratteri disapere eminentementecontestuale, legato aspecifiche situazioniproblematiche;evidenziandone la naturatrans-scalare emultidisciplinare. In tal sensoil laboratorio di ingressotende anche ad inquadrare ilruolo delle diverse disciplineall’interno del percorsodidattico triennale. Il primo anno è dedicato allaformazione di base,finalizzata all’apprendimentodegli elementi fondamentaliche compongono le struttureterritoriali, urbane epaesistiche. Il secondo anno ècaratterizzato dalla presenzadi laboratori disperimentazione operativa. Il terzo anno è caratterizzatodalla presenza di unlaboratorio di sperimentazioneprogettuale e di altrediscipline con caratteri diapprofondimento.

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l’urbanistica chetradizionalmente è nata perinteressarsi e strutturare “ipieni”.Il termine paesaggista, nelladeclinazione dell’architettodel paesaggio, è dunque unprofessionista che progettaspazi aperti, quali parchi,giardini, aree verdi. Ladisciplina che si occupa diquesta materia è, appunto,l’architettura del paesaggio.Ma non serve essereArchitetto per coltivarequesta disciplina, talchéalcuni riconosciuti architettidel paesaggio, come PietroPorcinai, provenivano daaltri percorsi formativi. La figura del “Paesaggista”(tout court, e non giàdell’Architetto Paesaggista,che nell’ordinamentovigente non esiste), almenodal punto di vistanormativo è molto recente.È stata introdotta nel nostroordinamento solo nel 2001con il Dpr 328 che hamodificato l’Alboprofessionale degliArchitetti, rinominandolo in“Ordine degli architetti,pianificatori, paesaggisti,conservatori (in siglaAPPC); ed istituendo al suointerno due sezioni A e B,la prima riservata ailaureati magistrali e quellilaureati in un ciclo di studiquinquennale, la seconda ailaureati triennali.Il Paesaggista è presentesolo nella sezione A. Siaccede dopo aver superatol’apposito Esame di stato.Attenzione!! Esame che nonè uguale a quellodell’Architetto, perchéognuno ha il suo. Il chesignifica che la formazioneè di natura specialistica(solo il biennio magistrale)e che un percorsoautonomo (3+2) non è

contenuti strutturali. Suquesto secondo passaggio –sono sicuro – lacondivisibilità comincia ascricchiolare e i distinguo,le differenze e gli“arroccamenti” sonoprobabilmente più numerosidegli elementi di unione.Circoscritti, almeno per me,i significati, interroghiamocisinteticamente sull’amleticointerrogativo iniziale.L’Architetto del paesaggioha una tradizione moltoantica. Non serve tornarci,basta leggere la recenteristampa del libro dellaCalcagno (Architettura delpaesaggio. Evoluzionestorica, Angeli 2010) perrendersene conto. Tuttavia,navigando nei sitidell’International Federationof Landscape Architects odell’Associazione italianaarchitettura del paesaggioemerge come la tradizioneabbia avuto unaaccelerazione ad inizionovecento per opera diFrederick Law Olmsted che,per la prima volta negliStati Uniti, all’Università diHarvard, si fa portavoce diuna nuova disciplina e diuna conseguente nuovaprofessione che si occupaprevalentemente di costruiree progettare il territorionelle sue parti nonedificate, valorizzando lerisorse del paesaggio econservando un correttoequilibrio ambientale.Sì … avete letto propriobene: “nelle sue parti nonedificate”. Con ciò sancendouna distinzione tra qualcosadi pieno e qualcos’altro divuoto che influenzerà ecaratterizzerà molte pratichedi intervento sul territorioed in modo particolarealcune pratiche“genitoriali”, come

intenzionalmente progettatodalle pratiche delPaesaggista e/odell’Architetto del paesaggioè solo una minima parte.Certo importante,soprattutto per la capacitàseminale di definire mode eicone, ma anche stili escuole, ma pur sempre unaminima parte. Tutto il restoè prodotto da praticheindividuali, da regolecomuni che ne definisconoalcuni contenuti strutturalie da consuetudini eadattamenti chedifficilmente si lascianoimbrigliare da piani,programmi e progettiappositamente indirizzati.Tuttavia, se – come spero –viene accetta l’idea che ilpaesaggio è l’esitodell’azione di fattorinaturali e umani e dellaloro interrelazione – comeafferma la Convenzioneeuropea del paesaggio –significa che esiste ancheun sistema territoriale chelo ha prodotto. Il paesaggioè quindi territorio, ed inquanto tale deve essereunico il governo del suocontrollo e della suatrasformabilità ed unica lastrada per definirne ladisciplina regolativa,almeno per i principali

Pratica e norme nellaprofessioneGiuseppe De Luca

“Paesaggista” o “Architettodel paesaggio”? Da questoamletico dilemma vorreipartire per proporre alcuneriflessioni nomadisull’attuale scenarioprofessionale inerente ilterritorio e il suo governo e,di conseguenza, sui“confini” identificatori entrocui prendono corpo lepratiche progettuali cheproducono paesaggio. Primadi far questo, tuttavia, hobisogno di fare unaprecisazione per meglioargomentare le mieriflessioni. Considero il paesaggio unprodotto della storia, dellerelazioni socio-economichee soprattutto dei rapporti dipotere che via via si sonoinstaurati in una comunità.Per questo, nella miavisione, paesaggio eterritorio non possonoessere scissi e interpretaticome due entità autonome,ma reciprocamente sirispecchiano in un tutt’uno. Di questo paesaggio quellodirettamente ed

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rapporto tra paesaggio eterritorio che stannomodificando i punti di vistae le prospettiveprofessionali. A me servequi solo mettere in rilievoun nodo di naturadeontologica che …. nonsolo non è stato scalfito daqueste attribuzioni, quantonon è stato messo in rilievoda nessuno, inconsiderazione al ruolo diquesta figura professionalerispetto alla committenza.Committenza che nel casodel Paesaggista è indirizzataverso l’istituzione pubblicaquando questo è chiamatoalla redazione dei PianiPaesistici (dizione anteCodice dei Beni culturali eAmbientali del 2004); equasi esclusivamenteprivata in tutti gli altri casi.Qui vi è una demarcazione“orizzontale” che, a mioparere, andrebbe tenuta benpresente. Lavorare per unaistituzione per una praticadi natura che prende corpoe si conclude nel solodominio pubblico è bendiverso che lavorare per unsoggetto privato o perpratiche che prendonocorpo e si concludono neidomini della contrattazioneprivata. La prima ha finalitàquasi esclusivamente socialie interessi generali, chenella dizione comune sonoclassificati come “interessipubblici”; il secondo hafinalità quasiesclusivamente individualiin una funzioneutilitaristica e interessistrettamente privati.L’habitus mentale per le duepratiche non è lo stesso, népuò essere lo stessol’operatore professionale cheli porta avanti e ciò, a miomodo di vedere, è ilprincipale problema di

ammesso, almeno nelsistema ordinamentaleuniversitario vigente. Mirendo perfettamente contoche non è una disposizionelegislativa che rende visibilee socialmente utile unaprofessione, ma il fatto cheesiste … crea un “confinegiuridico” che, a lungoandare, determina anche un“confine” nelle pratichedell’agire e una suariconoscibilità sociale.Quali sono le competenzeche vi vengono attribuiteper legge? Così recita l’art. 16, c. 3:«Formano oggettodell’attività professionaledegli iscritti nella sezione A- settore “paesaggistica”: a)la progettazione e ladirezione relative a giardinie parchi; b) la redazione dipiani paesistici; c) ilrestauro di parchi e giardinistorici, contemplati dallalegge 20 giugno 1909, n.364, ad esclusione delle lorocomponenti edilizie».Oltretutto è da sottolineareche lo stesso decretoimpietosamente recita (art.3, c. 3) che: «Ilprofessionista iscritto in unsettore non può esercitare lecompetenze di naturariservata attribuite agliiscritti ad uno o più altrisettori della stessa sezione,ferma restando la possibilitàdi iscrizione a più settoridella stessa sezione, previosuperamento del relativoesame di Stato». Non è questa la sede giustaper approfondire questiaspetti giuridici, né didiscutere questeattribuzioni, oltretuttoemanate subito dopo lafirma della Convenzioneeuropea del paesaggio del2000 che ha posto rivelantie nuovi argomenti sul

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prima vi era l’urbanistica,come materia concorrentedella legislazione regionaleper la quale si attiva ilprincipio di pianificazione),esercitando la suaprofessione esclusivamentenel dominio pubblico (sologli enti pubblici territorialifanno Piani, variamenteaggettivati). L’operare èdestinato a prendere corpoall’interno di una azione dilivello istituzionale. Perciòla prestazione professionaledel Pianificatore territorialeè assai particolare e deve diconseguenza essere di altolivello qualitativo, perchédepositaria dei soli interessigenerali. Non a caso leprincipali competenze sonoesclusivamente pubbliche:«pianificazione delterritorio, del paesaggio,dell’ambiente e della città»(art. 16, c. 2).Non solo, ma i “serviziprofessionali” che questafigura assicura, anchequando è inserita in team diprogettazione esterno allapubblica amministrazione,sono destinati a generare“beni comuni” cherappresentano, nella loromaterialità, un valore per lasocietà nel suo complesso. IlPianificatore territoriale,difatti, può lavorare solocon istituzioni, quindi ilsenso della res publica èinterno al suo operare: èconnaturato.Al contrario il“tradizionale” Architetto(post ad ante 2001) è adusoad un rapportoprincipalmente, o quasiesclusivamente, con lacommittenza privataincentrato sulla dinamicadello scambio contrattuale.Il suo lavoro è indirizzato alprogetto e alla sua gestione;è raramente indirizzato alla

questa figura professionale.Come lo è per l’Architetto“generalista” ante decretodel 2001. Non si puòlavorare per due differentidomini, come se nulla fosse.Le etiche di riferimento, lemodalità argomentative, levalutazioni dell’incidenzadelle pratiche, gli esiti attesie quelli che realmenteprendono forma sulterritorio sono talmentedifferenti da richiedereapparati conoscitivi ecomportamenti professionaliad hoc e in generedissomiglianti.Ma vi è al contempo unademarcazione “verticale”che è altrettanto perniciosarispetto alla prima. Haancora senso predisporre deiPiani Paesistici (oPaesaggistici, dopo dal2004) separati o autonomirispetto alla pianificazioneterritoriale nel suo insieme?Siamo davvero convinti,specialmente dopo laConvenzione Europea, e lasua ratifica nel sistemalegislativo italiano nel2006, che separarepaesaggio dal territorio siautile e necessario? Ho moltidubbi e perplessità.Le due demarcazioni primaindicate, comunque,richiedono delle precisazioniche tenterò di argomentarenella loro essenzialità.Su UI nn. 221-222 hosostenuto che la veradistinzione tra ilPianificatore territoriale(sempre istituito comeprofessione regolamentatanel 2001) e l’Architetto (post2001) risiede proprio nellacommittenza. Mentre ilprimo ha un ruolocostituzionalmente rilevante(il governo del territorio dal2001 è citato nell’art. 117della Carta costituzionale, e

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PUBBLICAZIONI CONTENENTI I MATERIALI E LE REGISTRAZIONI AUDIO DEGLI INTERVENTI

DEI CORSI SVOLTI (CD-ROM)

E’ disponibile il CD-rom anche in versione audio delSeminario:

““IILL PPRROOGGEETTTTOO UURRBBAANNOO EE IILL PPIIAANNOO NNEELLLL’’EESSPPEERRIIEENNZZAA IITTAALLIIAANNAA””

BOLOGNA 30 APRILE 2010

Al costo di € 25,00 (IVA pari al 20% esclusa)

Per ordinarli inviare la richiesta tramite: - e-mail a [email protected] - fax allo 06/68600070

L’importo dovuto potrà essere versato anticipatamentetramite bonifico bancario :c.c. n. 000001079520 c/o la Banca Monte dei Paschi diSiena Ag. 105, Via Giulia 169 Roma, intestato aFondazione Giovanni Astengo, Piazza Farnese 44 - 00186Roma.

IBAN: IT 76 E 01030 03375 000001079520causale: acquisto CD (titolo)

La spedizione avverrà contestualmente all’invio(e-mail o fax) della ricevuta di pagamento.

Per informazioniMaria Antonietta DuranteFondazione Giovanni Astengo

in un contratto di naturaprivata, non è normato cioèda un disciplinare diincarico.Questo, a mio modo divedere, rende la figura delPaesaggista incerta eprofessionalmente moltodebole. Spero che qualcunonon liquidi questesottolineature comeproblemi secondari o “dilana caprina” (come si dicein volgare popolare). Nelnostro Paese – incredibile,meraviglioso, maschizofrenico – tendiamo acompattare, sovrapporre emiscelare, anche nellediscipline, ciò che invecealtri distinguono,valorizzano come specificitàe separano come identità.Dovremmo con serenitàpraticarlo anche noi, nellenostre discipline e nei nostripercorsi formativi, se nonvogliamo sentire (comespesso avviene) qualcheoscuro giudice dei Tribunaliitaliani richiamarciall’ordine, sanzionandoci,per poi tracciare i confini eindicare le specificitàprofessionali.

Una versione più estesa èstata pubblicata in Ri-vistaon line, n. 12, magazine delDottorato di ricerca inProgettazione Paesisticadell’Università di Firenze:http://www.unifi.it/ri-vista/

produzione di norme eregole che hannonell’interesse generale lapartenza e l’arrivo. Omeglio lo è quando èincaricato (quello ante2001) di produrre pianipubblici.Da tempo (e non solo io,per fortuna) sostengol’assoluta necessità che idue mondi dal punto divista professionaledovrebbero essere demarcaticon più nettezza, se nonproprio separati, così comeil loro operare. Ma anche ilpercorso formativouniversitario dovrebbeessere distinto, ed in parte(almeno dal 2001) lo è. Nonlo è la pratica (almeno per i“vecchi” Architetti) e questoha generato e genera nonpochi problemi che stannoin parte alla base deldisastro territoriale delnostro Paese.Detto questo, ritorniamo alPaesaggista. Questa figura sipone a scavalco, almeno dallato delle competenzeprofessionali riconosciutedalla normativa attualmentevigente, tra un’animapubblica legata alleistituzioni: per quelle cheportano a predisporre iPiani paesistici/paesaggistici(sostanzialmente le Regioni)e in quelle pratichepubbliche dove il tema delpaesaggio è connaturato(tutti i livelli dellapianificazione territoriale eurbanistica), sempre diorigine pubblica; eun’anima sostanzialmenteprivata: per quelle riferitealla progettazione digiardini, giardini storici eparchi. Anche quandoquesti ultimi sono diproprietà pubblica, infatti, ilrapporto professionale èinevitabilmente incardinato

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FAFONDAZIONE

GIOVANNI ASTENGO

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a) pianificazione delterritorio, del paesaggio,dell’ambiente e della città;b) svolgimento e ilcoordinamento di analisicomplesse e specialistichedelle strutture urbane,territoriali, paesaggistiche eambientali, il coordinamentoe la gestione di attività divalutazione ambientale e difattibilità dei piani e deiprogetti urbani e territoriali;strategie, politiche e progettidi trasformazione urbana eterritoriale.5. Formano oggettodell’attività professionaledegli iscritti nella sezione B(Juniores), ai sensi e per glieffetti di cui all’articolo 1,comma 2, restandoimmutate le riserve eattribuzioni già stabilitedalla vigente normativa, peril settore “pianificazione”:1) le attività basatesull’applicazione dellescienze volte al concorso ealla collaborazione alleattività di pianificazione;2) la costruzione e gestionedi sistemi informativi perl’analisi e la gestione dellacittà e del territorio; 3) l’analisi, il monitoraggioe la valutazione territorialeed ambientale;4) procedure di gestione e divalutazione di atti dipianificazione territoriale erelativi programmicomplessi.Organizzata pertanto laprofessione di Pianificatorein seno all’Ordine degliArchitetti, Pianificatori,Paesaggisti e Conservatori,risultano al Capo XI, art. 55,riorganizzate anche leprofessioni di agrotecnico,geometra, perito agrario,perito industriale, ovvero leprofessioni fino ad allorariservate ai diplomati,seppur con ulteriore

specificatamente indirizzatoad una educazione già diper sé professionalizzante.Tale figura verrà arafforzarsi a partire dal2014, quando non si potràesercitare nessunaprofessione (o quantomenoaccedere) se non in possessodi una laurea.L’art. 2 del Decreto n. 328del 5/6/2001 attienel’istituzione di sezioni neglialbi professionali inrelazione al diverso grado dicapacità e competenzaacquisita mediante ilpercorso formativo, tramiteistituzione di due sezioni Ae B a seconda del possesso,previo esame di Stato, deltitolo di laurea specialisticao del titolo di laurea.L’Art. 9 elenca le attivitàprofessionali, il Capo IIIl’attività i cui allaProfessione di architetto,pianificatore paesaggista econservatore. Di nostrointeresse è pertanto la figuradel Pianificatore di primolivello e anche magistrale,in comparazione con laprofessione del Geometralaureato; peraltro lasuddivisione in due livellipare essere transitoria.Il Dpr 328/2001 ha fatto siche, per quanto attiene agliArchitetti e Pianificatori, laSezione A venisse ripartitanei seguenti settori:a) architettura;b) pianificazione territoriale;c) paesaggistica;d) conservazione dei beniarchitettonici ed ambientali.La Sezione B, a propriavolta, nei seguenti settori:a) architettura;b)pianificazione.I titoli professionali sonoquindi quelli di Pianificatoree Pianificatore Junior,aventi competenzerispettivamente come segue:

superiore, nel successivobiennio di praticaprofessionale conabilitazione conseguitamediante gli esami di Stato(se ed in quantoProfessionista diplomato)oppure, se esclusivamentelaureato, in possesso dellalaurea in Ingegneria,Architettura o PianificazioneTerritoriale e dell’esitopositivo degli esami diabilitazione alla professione.Pertanto il Geometralaureato è, secondo ilpercorso formativo,

Una recente figura diprofessionista per ilterritorio è presente nelmercato del lavoro: ilGeometra Laureato, nato nel2001 a seguito del riordinodelle professioni tecnicheoperato con Dpr 328/01.La figura del Geometralaureato è in parteprofessionalmente analoga aquella del Pianificatorejunior, ma con competenzepiù ricche ed articolate: ciòin virtù del percorsoformativo aggiuntivo che haavuto nella scuola media

Nuove figure professionali: il Pianificatore Junior e ilGeometra laureatoMassimo Gronich

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Una nuova figura di professionista per il territorio è pre-sente nel mercato del lavoro. È il geometra laureato.Presente dal 2001, a seguito del riordino delle professionitecniche operato con DPR 328/01. Si chiude così una spe-cificità italiana iniziata con il Programma ministeriale delcorso quinquennale per geometri che ha affidato a diplo-mati di scuola media superiore competenze in materia edi-lizia che, di fatto, hanno prodotto buona parte del paesag-gio urbano italiano di questo secondo dopoguerra.Rimangono tuttavia aperte troppe questioni sull’allinea-mento delle competenze e sui percorsi formativi. Unariflessione occorre (gdl).

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“complesso di uomini,strumenti e procedure(spesso informali) chepermettono l’acquisizione ela distribuzione dei datinell’ambitodell’organizzazione e che lirendono disponibili,validandoli, nel momento incui sono richiesti a chi ne hala necessità per svolgere unaqualsivoglia attività”.A prescindere dall’ipoteticafutura nascita dell’Ordine deiTecnici dell’Ingegneria,incide a questo punto lariforma scolastical’imminente applicazionedella quale, a far data dalsettembre 2010, dismette gliIstituti Tecnici per Geometricreando il Liceo Tecnologicocon settore costruzioni,ambiente e territorio, dalterzo dedicato allo studio diprogettazione, costruzioni eimpianti, geopedologia,economia ed estimo,topografia, Gestione delcantiere e sicurezzadell`ambiente di lavoro. In conclusione le figure delGeometra laureato e delPianificatore Junior hannomolto in comune, ma siritiene di poter affermareche l’esercizio dellaprofessione di Pianificatoredi primo livello siacertamente complementare,in termini di “valoreaggiunto”, rispetto allaProfessione del GeometraLaureato e probabilmente, infuturo, anche comprensivadella medesima funzione nelcaso di doppia iscrizione.Basterà questa evoluzionedegli studi per cancellare ungiudizio non semprefavorevole verso le vecchiefigure professionali deigeometri nel governo delterritorio?

necessità del legislatore diintrodurre un percorsoprovvisorio, per quanto “adostacoli”, nell’esercizio dellaprofessione del PianificatoreJunior, in attesa di unconsolidamento anchenumerico di tale funzione.Il confronto, tuttavia,avviene esclusivamente perquanto attiene alle duefigure laureate, escludendosiquindi una confusione tradiploma e laurea, chedarebbe luogo ad unconnubio contraddittorio,data peraltro l’imminentecessazione del diploma alfine dell’ingresso allaprofessione. Infatti si devetener presente che dall’anno2014 non si potrà piùesercitare una professione (oquantomeno accedere) senon previo ottenimento diuna laurea. È utilerichiamare qui la Sentenzadella Corte di Cassazione n.19292/2009 che escludepossa esservi subordinazionedi un laureato rispetto aldiplomato, con ogni logicaconseguenza a carico deldiplomato rispetto allaureato e al laureatomagistrale.Al riguardo la tabella A(prevista dall’art. 8, comma3) prevede che alPianificatore tecnico (B)competa la stesura di sistemiinformativi territoriali,misure ambientali,valutazione e controlloambientale, mentre alGeometra (Laureato)competano edilizia,ingegneria delleinfrastrutture e sistemiinformativi territoriali;risulta quindi esplicita unacomune anche se genericacompetenza in tema disistemi informativiterritoriali (Sit), ovvero nellapiù precisa delle accezioni

elemento di specializzazionedato dal biennio di praticaprofessionale e dalsuperamento dell’esame diStato (abilitazioneprofessionale).È infatti stabilito che gliesami di Stato per laprofessione di geometra oltreche con i titoli e tirociniprevisti dalla normativavigente e dalla attuazionedella legge 10 febbraio 2000,n. 30, si accede con lalaurea comprensiva di untirocinio di sei mesi, fermele attività professionaliriservate o consentite e leprove attualmente previsteper l’esame di Stato, per cuiagli iscritti con il titolo dilaurea spetta il titoloprofessionale di Geometralaureato, titolo “inedito” finoa tale momento. La classe 7prevista all’epoca si riferisceesplicitamente all’Urbanisticae scienze della pianificazioneterritoriale ed ambientale,cosicché, di fatto, qualora ilGeometra Laureato sia talein virtù di questo percorsoaccademico si potrà reputaresussistente una sorta dicomune identità tra ilPianificatore e il GeometraLaureato medesimo. Ariprova del ragionamento siha che il PianificatoreJunior, previo esame diabilitazione e praticantato,possa decidere a quale deidue albi iscriversi.Paradossalmente, in quantole competenze elencate per ilPianificatore Junior, che, siribadisce, è un Tecnicolaureato, appaiono carentisotto l’elencazione di variematerie tipicamenteterritorialistiche qualiedilizia, topografia, materieinscindibilmente connessealle scienze del territorio ealle necessità di governo.Una svista ? Forse, oppure la

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Se il progetto diventa,come è suo sbocconaturale, norma attuativaper una intera collettività,esso apre la strada adinnumerevoli azioni atte atradurre le indicazioniprogettuali nella realtàconcreta; in tal caso, ilpiano, oggettivandosi,costituisce, per un certoperiodo di tempo, fonte dimessaggi attuativi più omeno correttamenteinterpretati (o combattuti),ma resta comunque ecostantemente paradigmadi riferimento. Tra ilprimitivo progetto di Craigper Edimburgo e la cittànuova di Edimburgocorrono sostanzialidifferenze: possiamoapprezzare concretamentedi persona la città nuova,ma la lucida idea-forza chela sottende è e restaespressa nel disegnooriginale esposto al CityMuseum, a Huntly House.Ancora, le città sitrasformano perennementeed il progetto urbanisticonon può quindiidentificarsi con l’opera,salvo che per il momentoiniziale e felice di alcunecittà nuove. Il progettourbanistico definisce quindiin ogni caso una sezionetemporale precisa nelprocesso di sviluppourbano e territoriale ediventa tanto piùsignificativo per la storia ditale sviluppo quanto piùchiaramente esprimeobbiettivi e scelte cheerano state ritenute inquel dato momentopossibili, ed auspicabili.L’analisi critica di esso hadunque significato solo inquanto verifica di coerenzafra lo stato e le aspirazionidi una specifica società che

le caratteristiche fisiche edanche formali degliinterventi.Sotto questo profilo laprogettazione urbanistica,per fini, metodi e tecnichesi differenziasostanzialmente da altritipi di progettazione. InArchitettura, ad esempio, ilprogetto costituisce unafase di annotazione nelpassaggio dall’invenzioneall’oggetto, con cui siidentifica necessariamenteil prodotto architettonico;come tale, il progetto puòessere espresso con letecniche più differenti,unico essendo il rapportodi necessità: quello tra ilprogettista e l’oggettoideato.Ciò che caratterizza ilprogetto architettonico èquindi l’immagine mentaledel prodotto che si vuolerealizzare, ed è solo in fasedi divisione especializzazione del lavoroin cantiere che il progettoassume una effimeraconcretezza.Nel processo del fareurbanistico, il progetto èinvece un momentoconclusivo di per sé e siidentifica nel “piano”:questo costituisce nella suapiù genuina espressione,una penetranteinterpretazione di unapreesistente realtàterritoriale socio-economicaed urbanistica, su cui siinnesta l’invenzionetrasformatrice del piano, ilcui progettista è daintendere non solo comeesperto di una particolaretecnica, ma anche esoprattutto come interprete,più o meno felice edascoltato, di particolaristrati sociali e dei relativigruppi politici.

temporale dei successivicorsi lo abilita a realizzareconcretamente, durantel’intero ciclo, il processo dicrescita culturale-operativadell’iscritto.Questo disegno corrispondeper altro ad una intimaesigenza delle disciplineurbanistiche, poiché nonpuò darsi in esse studio oricerca, di carattere tantoconoscitivo quantonormativo, che non tendaal, o non si concluda nel,momento decisionale-progettuale in cui siesplicano gli obiettivieconomici e sociali e

1. PremessaNel disegno strutturale cheil piano didattico delnuovo Corso di Laurea haassunto con il DPRistitutivo appare evidenteche l’insegnamento di“Progettazione urbanistica”assolve alla funzione diasse portante dell’interoarco di studi. La presenza,in ognuno dei 5 anni diquesto insegnamento, loqualifica, infatti, anno peranno, come fuoco diconvergenza, diretta oindiretta, degliinsegnamenti annuali,mentre la concatenazione

Programma del corso diProgettazione UrbanisticaGiovanni Astengo

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Venti anni fa Giovanni Astengo ci ha lasciati. L’Assurbvuole ricordarlo pubblicando il primo Programma delcorso di Progettazione urbanistica III del 1° Corso diLaurea in Urbanistica, istituito con DPR n. 1009 del 17dicembre 1970 all’Istituto Universitario di Architettura diVenezia. Nonostante il tempo trascorso, il testo –inserito nel primo Vademecum per gli studenti dell’annoaccademico 1971-72 – ci sembra ancora attuale1,quando afferma l’importanza della progettazioneurbanistica quale “asse portante” della formazione di unpianificatore urbanista.

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Dato l’ampio ventaglio de1temi prospettati, si rendenecessario che tuttiindistintamente i corsiattivati contribuiscano inqualche modo al loroapprofondimentoassumendo prioritariamentecome campi diapplicazione, in terminitemporali e geografici, glistessi campi del corso diprogettazione.Così come, nell’ambito diquesti potranno esserindividuati temi, checostituiscano oggetto diricerche da convenzionarecon Enti pubblici e dasviluppare autonomamentemediante gruppi di lavoro,formati ad hoc, ecompensati con specificheborse di studio alimentatedalle convenzioni.

3. Articolazione interna delcorsoI quattro filoni di ricercasopraindicati sarannosviluppati in partemediante lezioni a tema, inparte mediante seminaricon la partecipazione dipersonalità esterne, oltreche dei docenti dei varicorsi attivati.Le lezioni verterannoessenzialmentesull’interpretazione storicadell’urbanistica italianadegli ultimi 30 annievidenziata a mezzo dialcuni episodi esemplari,sull’analisi delle situazionispecifiche delle areemetropolitane e sullametodologia dellaprogettazione urbanistica.Sono previste mostre didocumenti di progettazioneurbanistica, così comealcune visite in loco conviaggi di studi soprattuttonelle aree metropolitaneesaminate.

4. Calendario e temi dellelezioni e dei seminariLa complessa articolazioneprospettata e leconsiderevoli difficoltàorganizzative da affrontareper ottenere lapartecipazione di “esterni”e l’afflusso dei documentinon consentono lapredisposizione di unrigido piano di lavoro: ilprogramma preciso saràquindi reso noto nonappena andràconcretandosicon singoli accordi. Inlinea di massima, icontenuti saranno iseguenti:

A. lezioni e seminarirelativi alla “storiadell’urbanistica italianadegli ultimi 30 anni”. Sitoccheranno essenzialmentei seguenti temi:a) l’evoluzione socio-economica ed urbanisticadel paese in generale;b) gli obbiettivi politici alivello governativo e deglienti locali;c) le politiche settoriali;d) la situazione del paesereale: le tensioni, le forze,le lotte, le aspirazioni;e) la politica dell’INU;f) l’attività professionaledegli urbanisti italiani, e lacultura urbanisticaufficiale;g) lo sviluppo urbanisticoin concreto: costi e beneficiper la società;h) 1 problemi aperti.Trattandosi di “storia viva”,l’analisi si appoggerà sullalettura critica di documentioriginali e su testimonianzedirette di alcuni deipersonaggi-chiave dellevicende urbanisticheitaliane.Questi saranno chiamati, di

dell’anno 1971 in cui sonopresenti iscritticulturalmente già formatisecondo varie provenienzeed ai quali è statariconosciuta unaabbreviazione di carrierache riduce ad unaprospettiva di soli tre annila preparazione progettuale,il corso di ProgettazioneUrbanistica III dell’annoaccademico 1971 devenecessariamente contenerein sé anche una sintesi deiprimi due corsi normalioltre che sviluppare il corsonormale: obbiettivi e temirisultano pertantonecessariamente dilatati epiù generici di quello chesarà un normale III corsodi P.U.Essenzialmente, obbiettivi etemi convergeranno suquattro grandi direttrici:un primo tentativo, diraccogliere elementi peruna sintesi storicadell’urbanistica italianadegli ultimi trent’anni,essendo questa unapiattaforma necessaria perinquadrare ogni discorsotanto generale quantoparticolare;l’inizio dell’analisi dialcune tra le principali areemetropolitane dell’ItaliaSettentrionale, fra cuialmeno quelle di Torino,Milano, Verona e Venezia;un primo approccio allametodologia dellaprogettazione urbanisticaintesa come processo logicoverificabile;alcune prime applicazioniprogettuali sul campo dellearee metropolitaneesaminate, qualeavviamento di studi chesaranno sviluppati nei dueanni successivi e chepotranno formare oggettodi tesi di laurea.

vive in una determinatacittà o territorio e lepossibilità ed aspirazioniche il progetto ei pianoprospetta per una svoltanello sviluppo di quellarealtà socio-urbana. Cometale, il progetto di pianocontinua ad avere una suavitalità e validità,indipendentemente dalfattoche sia stato, o no,realizzato.Esso infatti appartiene, indefinitiva, più ai documentistorici che alla storia deimanufatti.Infine, la progettazioneurbanistica, proprio per lasua complessità del realecui si riferisce pertrasformarlo, non può esserassimilata ad unprocedimento tecnico di unparticolare settoretecnologico, o tantomenoartistico, anche se dallevarie tecniche emetodologie deriva la suastruttura scientifica diprocedimento logico ed aiprocessi creativi siaccomuna per ricchezza diinventiva anche formale.Documento complesso, ilprogetto di pianourbanistico è il risultato diun procedimento integratoscientifico-creativo che sisvolge a tappe obbligate,ma non necessariamentepercorra, nei vari casi,binari precostruiti: laricerca dei metodi e delletecniche di questoprocedimento costituiscequindi l’oggetto di studiodel corso di progettazioneurbanistica.

2. Obbiettivi e temi delcorsoTenuto conto delleparticolari caratteristichedello speciale 3° corso

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dimensionamento coerentedi tesi a condotti.Lez. n. 5 - L’invenzione delpiano.Lezz. nn. 6-7-8 - Metodiper l’ottimizzazione dellescelte:a) per obbiettivi dirazionalizzazioneb) per obbiettivi ditrasformazioneLez. n. 9 - Verificabilitàdelle scelte.Lez. n. 10 - I piani diviabilità e trasporti.Lez. n. 11 - Programmioperativi e normativa dipiano.Lez. n. 12 -L’organizzazione deglistudi. La partecipazionepopolare. I poteridecisionali.

In complesso, le lezioni delgruppo A e quelle delgruppo B costituiscono un“corpus” che, in primaapprossimazione a pur coninevitabili grosse lacune,possa fornire all’iscritto, diqualunque formazioneprecedente, una indicazionepanoramica dei problemidella progettazioneurbanistica, che valga comeprimo orientamento eprima ipotesi di lavoro,ovviamente da discutere edapprofondire, ma da cuipartire, al più presto, perspecifiche ricerche,individuali o di gruppo, eper temi di progettazioneurbanistica.

Nota1. Da: Vademecum per l’annoaccademico 1971-72, Corso di Laureain Urbanistica dell’IUAV, sede diPreganziol.

volta in volta, a fornirepuntuali precisazioni sudeterminati argomenti:1) di carattere generale, inseminari interni e temiprefissati fra cui:- i “protagonisti” dellaprogettazione urbanistica;- i “protagonisti” dellapolitica urbanisticanazionale e locale;- gli interpreti dell’utenzanella progettazioneurbanistica;- le forze economiche e lapianificazione urbanistica.2) di carattere specifico, inseminari dedicati allespecifiche areemetropolitane prese inesame ed alla cui analisisaranno chiamati apartecipare gli specificiprotagonisti locali.

B. lezioni di caratteremetodologico: esse sarannointercalate a lezionistoriche ed analitiche ed airelativi seminari, etoccheranno essenzialmentei seguenti argomenti:Lez. n. 1 - Il piano comeprocedimento integratoscientifico-creativo:razionalizzazione otrasformazione.Lez. n .2 - Analisi dellestrutture urbane eterritoriali ai fini dellaprogettazione: ossaturaportante, dotazione urbana,tessuto e tipologie, impiantie loro caratterizzazione.Lez. n. 3 - Definizionedegli obbiettivi:- per quali classi e perquale tipo di civiltàurbana;- con quali costi e a spesedi chi;- per quali orizzontitemporali e con qualistrumenti;- chi decide e come.Lez. n. 4 - Metodi per un

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scienza. La prospettivaeducativa si concentra sugliaspetti pedagogici legati aicontenuti dei programmi edel metodo diinsegnamento. Le disciplinesi distinguono per quelloche offrono in termini diverità, apprendimento emorale. Da una prospettivaamministrativa, soventedominante nelle università,prevale una articolazione indipartimenti di ricerca cheraggruppa aree disciplinari,così da allineare in modoefficiente e razionalel’offerta conoscitiva con lapossibile domanda. Per iresponsabili delle università,le strutture disciplinari sonodefinite secondo nodiamministrativi: un problemadi quanto conoscere per ilmercato. Quindi prevale ilcontrollo del bilanciodipartimentale, il carico dilavoro del personale, deicrediti degli studenti, e viadiscorrendo. Infine, laprospettiva storica siconcentra sul più ampiocontesto sociale, economicoe politico che ha portatoalla nascita di unadisciplina accademica e alsuo sviluppo. Dunque, ci sono prospettivediverse su che ciò checostituisce una disciplina. Per riassumere, le disciplinepossono essere definitecome costrutti sociali che sisono evolute attraversoprocessi storici. Mentre essesono socialmente estoricamente contingenti,dovrebbero anche essere,dal punto di vistaepistemologico, efficientinella produzione evalutazione di nuovaconoscenza, con un certogrado di coerenza in terminidi teorie, metodi e concetti.Quando parliamo di una

non solo quello di«addestrare qualcuno aseguire un rigoroso insiemedi istruzioni», ma anchequello di «rispettarnel’applicazione» (Krishnan,2009:8). L’espressione“disciplina accademica”contiene in sé diversielementi di questi passaggi,ma la sua definizione esattavaria a seconda del tipo diprospettiva che adottiamo.Secondo Krishnan (2009), cisono almeno sei prospettive“ideal-tipiche” cheforniscono diversi sfondiper capire una disciplina. Da una prospettivafilosofica, le disciplineaccademiche prospettanoessenzialmente problemi diepistemologia: p.e com’èorganizzata la conoscenza ecome si lega alla realtà. Ciòimplica che la caratteristicadistintiva di una disciplinaè il nucleo di valori, definitidai campi di indagine, dalleteorie, dai concetti e dallemodalità di validazione deirisultati ottenuti. Per gliantropologi è la pratica chegioca un ruolo importantenella definizione dellediscipline piuttosto chel’esistenza di un unicoparadigma. Infatti,enfatizzano le praticheculturali distinguendole in“famiglie accademiche”secondo i tipi dei linguaggiprodotti (gerghi tecnicicompresi), dei valori, dellavita sociale e delle altrepratiche culturali. I sociologidistinguono le disciplinesoprattutto in termini disociologia del lavoro, unaforma di divisione socialedel lavoro letta attraverso laprofessionalizzazione. Lediscipline accademiche sonoquindi viste come unimportante aspetto dellaprofessionalizzazione della

aggiunge alla formazionedel pianificatore anche lescienze naturali. Oggi, inrisposta alle sfide deicambiamenti climatici,anche le scienze fisiche e lediscipline ingegneristichestanno facendo irruzionenella pianificazione. L’esitodi questo approccio multi-livello è che lo statutodisciplinare è ancora moltofluido ed ambiguo. Alcuniinterpretano ciò come lavera natura interdisciplinaredella pianificazione; ma èdifficile sostenerel’interdisciplinarietà senzachiarire cosa costituisce unadisciplina.

Che cos’è una disciplina?La risposta a questadomanda non è diretta ecertamente nongeneralizzabile a tutte lediscipline. Un utile punto dipartenza è quello diapprofondire l’etimologiadella parola. Questa derivadai termini latini discipulus(allievo) e disciplina(insegnamento). Quindi ilsuo significato incorpora

Spesso è sostenuto che lapianificazione non puòessere collegata in manieraordinaria a nessunaspecifica disciplina. Eppurenel corso degli anni essa siè fondata su diversediscipline. Nel Regno Unitola pianificazione ha presocorpo dall’architettura,dall’ingegneria e dallatopografia, le cosiddetteprofessioni genitoriali. Ilprimo insegnamento dipianificazione, istituito aLiverpool nel 1909, avevaun’impronta dominata daldisegno e dalla cartografia.Nella meta degli anni ’50,dopo la pubblicazione delRapporto Shuster,l’impronta comincia aspostarsi da un nucleobasato sulla progettazionead uno basato sulle scienzesociali. Negli anni ’60 e ’70l’innesto della teoria deisistemi modifica lapercezione dellapianificazione da quella diun’arte a quella di unascienza. L’irrompere dellequestioni ambientali nelcorso degli anni ’80

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

La pianificazione è unadisciplina accademica?Simin Davoudi*

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come propria (Friedmann,1998)? Che cosa distingue ipianificatori dai geografi,dagli architetti, dagliscienziati ambientali o daimediatori professionali? Oggi, che i corsi universitaridei pianificatori britannicifesteggiano il centenario, laquestione del “di più” èdiventato un “santo graal”per la disciplina dellapianificazione. Mainteressa? Dopo tutto, dallesue umili origini comecoadiuvante dell’architetturae dell’ingegneria, lapianificazione si è evolutain una disciplinaindipendente e altamenteconsiderata nelle scienzesociali, non solo nel mondoanglosassone ma anche inaltre parti d’Europa.Tuttavia, se lapianificazione èconfortevolmente qualificatacome disciplina accademicain termini sociali edistituzionali, perché insisteresu come affrontare ilproblema di “qualcosa dipiù”?Il motivo sta nella doppianatura del processo dievoluzione disciplinare.Negli ultimi 100 anni, labase curriculare dellapianificazione è stata viavia adattata e ampliata perrispondere alle crescentiaspettative che su di essa sisono riversate. Questo hacontribuito a trovare nuovemotivazioni e rinnovatosostegno pubblico allapianificazione. Tuttavia,questo approccio flessibileha avuto un doppio costo:la vaghezza definitoria; euna diluizione dello statutodisciplinare. Le basi delleconoscenze dellapianificazione si sono cosìampliate tanto da copriremultipli campi scientifici,

ciascuno dei quali mantieneuna propria concezionefilosofica ed epistemologicadi base. Il pericolo, quindi,è quello che l’approcciomulti-livello può condurre aulteriori sovrapposizioni,alla diluizione e allaframmentazione dellapianificazione comedisciplina.

Affrontare il problema del“qualcosa di più”Cosa dovremmo mettere afuoco se vogliamoaffrontare la questione del“qualcosa di più” a livelloepistemico? Ci sono almenotre fondamentali aree chiaveper chiarire la posizioneepistemica della disciplinadella pianificazione.La prima è legata allo“spazio” come oggettosostanziale degli obiettividisciplinari. Questa ruotaintorno alla domanda checosa ricade nellapianificazione. Èfondamentale che una parteimportante delle ricerchedisciplinari possa essereconcentrata sulla naturadelle relazioni spaziali esull’articolazione dellospazio non-euclideo (peruna discussione sullo spazioe luogo, rimando a Davoudie Strange, 2009).La seconda è relativa allacaratterizzazioneinterdisciplinare. Anche sequesto termine è spessousato in modointercambiabile conmultidisciplinarietà, cheveicola un diversosignificato, un approcciomulti-disciplinare comportache una serie di disciplinecollaborino insieme, anche seciascuna lavora in modoindipendente all’interno deipropri statuti e metodi diriferimento. Alcuni chiamano

se una materia insegnatanelle università ha lapretesa di esserericonosciuta anche comedisciplina accademica.

Il problema del “qualcosa inpiù”L’argomento che si vuolsostenere è che, sebbene lapianificazione in GranBretagna si sia evoluta inuna disciplina accademicain termini sociali eistituzionali, la suaposizione epistemologica èrimasta ambigua. Questaambiguità ha contribuitoalla cronica crisi di identitàdella pianificazione, oquello che qui si chiama ilproblema del “qualcosa dipiù”. Lo chiamo così, perchécoglie l’essenza di come lapianificazione viene spessodefinita in relazione allealtre discipline. Ciòrichiama la riflessione fattada Gordon Cherry a valledella Conferenza dipianificazione organizzatadal RIBA nel 1910. Eglisuggerì che la Conferenzaportò ad un cambiamento diatteggiamento«sottolineando che non erapiù adeguato considerarel’urbanistica comeprerogativa dell’architetto,(...) urbanistica era qualcosadi più» (Cherry, 1974:45,corsivo nostro).Da allora scoprire che cosaesattamente possa esserequesto “qualcosa di più” èdiventato un periodico etipico interrogativo deipianificatori alla ricercadell’identità disciplinare. Divolta in volta, i pianificatorisi sono confrontati condomande come: qual è lacompetenza esclusiva deipianificatori che nessunaltra disciplina puòlegittimamente rivendicare

disciplina accademicaindividuiamo non già unaparticolare disciplinauniversitaria, ma soprattuttoun sistema di disciplina conun certo numero didimensioni epistemologiche,sociali e istituzionali.Epistemologicamente, lediscipline hanno distinticampi di indagine, anchequando rompono con lealtre discipline; hanno uncorpo di conoscenzespecialistiche accumulatoche è collegato ai lorocampi di ricerca; hannoteorie e concetti perorganizzare le proprieconoscenze in modoefficace; infine presentanospecifici metodi diinvestigazione adatti alleloro ricerche. Esseforniscono un insieme diregole per: ciò checostituisce un ‘problema’;ciò che conta come prova; equello che è consideratoaccettabile nei metodi diproduzione, valutazione escambio dei risultati.Socialmente, le disciplinehanno specificheterminologie e modalità dicomunicazione dei loroprodotti di ricerca. Esseforniscono linguaggi,identità, generi e sviluppicomuni. Infine, le disciplinehanno la capacità diriprodurre se stesse da unagenerazione all’altra tale dadiventare istituzionalizzatein forma di: corsiuniversitari, dipartimentiuniversitari, associazioninazionali ed internazionalicome AESOP, e produrredibattiti in riviste econferenze. Non tutte questecaratteristiche si applicanoa tutte le discipline, ma uncoerente nucleoepistemologico è essenziale

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insegnamento presso leuniversità al solo fine disoddisfare esigenze dinatura professionale,piuttosto che essere unavera e propria disciplinaaccademica. Finora, il dibattito sucontenuti e struttura deipercorsi formativi dellapianificazione si è spessoconcentrato sulle materienecessarie allapianificazione piuttosto chesulla natura delleconoscenze indispensabili(Healey, 1991:185) e sulmetodo con il qualevalidarle. Se concordiamoche il percorso formativodella pianificazione debbaruotare intorno al: «pensierocritico dell’interpretazionedello spazio e del luogocome momento centrale perl’azione e il progetto» (RTPI2004:1), ci deve essere unacerta chiarezza su ciò chequesto comporta. Senza unabase di apprendimenticoerenti, l’attualeentusiasmo strumentale perl’interdisciplinarietà,accoppiata alla logicagestionale universitaria didar vita a strutturedipartimentali più grandi,renderanno sempre piùdifficile difendere ericonoscere la pianificazionecome disciplina accademicadistinta e autonoma.

(traduzioneGiuseppe De Luca)

* Professore di Environmental Policyand Planning , School of Architecture,Planning & Landscape , NewcastleUniversity. Trascrizione dell’interventofatto alla 24ª Conferenza annualedell’Aesop, Helsinki 7-10 luglio 2010.Una versione molto più lunga (scrittainsieme a J. Pendlebury) è stataaccettata dal Journal of Town PlanningReview, come parte del numeromonografico sul centenario dellarivista.

Note bibliograficheCherry G.E., 1974, The evolution ofBritish town planning, Leonard HillBooks, Bedfordshire.Davoudi S. and Strange I., 2009,«Space and place in the twentiethcentury planning: An AnalyticalFramework and an historical review»,in Idem (eds.), Conceptions of Spaceand Place in Strategic SpatialPlanning, Routledge, London.Friedmann J., 1998, «Planning TheoryRevisited», European Planning Studies,6(3).Healey P. 1991, «The content ofplanning education programmes: somecomments from recent Britishexperience», Environment and PlanningB: Planning and Design, 18.Hunt J. and Shackley S., 1999,«Reconceiving science and policy:academic, fiducial and bureaucraticknowledge», Minerva, 37.Krishnan A., 2009, What are academicdiscipline? Some observations on thedisciplinarity vs interdisciplinaritydebate, Southampton: University ofSouthampton, ESRC National Centrefor Research Methods Working paperSeries 03/09.RTPI, 2004, Policy Statement on InitialPlanning Education, RTPI, London.

un intervento cosciente neiprocessi socio-spaziali.Questo significa che ipianificatori non solo hannobisogno di capire questiprocessi, ma hanno anchebisogno di sapere comeintervenire efficacemente alfine di comporre un pianocosciente. Quindi, un trattodistintivo dellapianificazione è la sfida nelcollegare le forme dellaconoscenza con le formedell’azione. Nonostante lequestioni normative sul“tipo di azione” daintraprendere sono stateampiamente discusse, lanatura del legame in sé nonancora. La comprensioneconvenzionale delcollegamento traconoscenza e azione èprofondamente strumentalee considera le azioni comeconoscenza applicata,mentre una comprensionepragmatica di questointerfaccia consideral’azione come una forma diconoscenza. Tali sfumatureepistemologiche raramentesono state discusse earticolate.Fare luce su queste tre areeè cruciale per dimostrare lafondatezza della pretesadella pianificazione dioffrire “qualcosa di più”della somma delle semplicidiscipline. Sono ilfondamento percomprendere il nesso trateoria e pratica.Se la comunità deipianificatori non si impegnasignificativamente eampiamente in un dibattitointorno alle questioniepistemiche dellapianificazione, in relazionea queste tre aree indicate, viè il reale pericolo che lapianificazione sia ridotta auna semplice materia di

questo approccio “scienzadella interazione” (Hunt eShackley 1999) secondo cuile discipline possonocoesistere in un contestoparticolare, pur mantenendoi loro confini.Interdisciplinarietà, tuttavia,comporta che esse occupinoanche gli spazi tra le variediscipline tale che possanogenerare nuove conoscenze.Alcuni chiamano questosecondo aspetto “scienzadella integrazione” (Hunt eShackley 1999) secondo cuila coerenza tra le conoscenzeè cercata e prodotta dallediverse discipline (per unadefinizione di trans-disciplinarietà, rimando alcontributo più lungo).Tuttavia, nonostante nelcorso degli anni l’aggiunta dinuovi temi per i percorsiformativi della pianificazionesia stato giustificato sullabase dell’interdisciplinarietà edell’integrazione delleconoscenze, quello che lapianificazione ha davveroofferto è stata lamultidisciplinarietà. Nelmigliore dei casi, questo hapermesso di guardare aiproblemi da diverseprospettive coltivandodiverse modalitàcollaborative nei processi dipianificazione. Nel peggioredei casi, è stata poco più cheuna raccolta acritica diinformazioni provenienti dadiverse comunità epistemicheper soddisfare, a voltesuperficialmente,l’espansione delle domandeformative.La terza ruota intornoall’interfaccia traconoscenza e azione. Unaspetto importante delladistinzione trapianificazione e, p.e.,geografia è che lapianificazione presuppone

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La Valutazione ambientale strategica (Vas) ri-guarda i piani e i programmi di intervento sul territorio ed è preordinata a garantire che gli effetti sull’ambiente derivante dall’attuazio-ne di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione. La Vas è quindi molto più ragionevolmente circoscritta al pro-cesso di formazione di una decisione pubblica che genera effetti trasformativi sul territorio. Ciò significa che le “valutazioni ambientali strategiche” altro non sono che “considerazio-ni ambientali”. Le quali, sotto forma di valuta-zioni, devono fare riferimento e rapportarsi al processo interno di costruzione di ogni piano e programma che abbiano ricadute territoria-li: non possono essere quindi né separate, né posticipate, ma connesse e – appunto – inte-grate nel processo di costruzione di quell’atto.Qui si apre un problema di competenze che, come spesso accade nel nostro Paese, non è trattato chiaramente. In questo caso, invece, il legislatore è stato assai chiaro ed esplicito. An-che se nella prassi concreta i comportamenti sono tutt’altro che soddisfacenti.Analizziamola brevemente insieme. Chi può seguire, redigere e coordinare, dal lato profes-sionale, un procedimento Vas? E qual è il mi-gliore percorso formativo universitario che pre/abilita a questo?Il punto di partenza è, necessariamente, il Dpr 328/01 che ha fissato le regole per l’esame di stato e per le competenze per le professioni tecniche. Se leggiamo integralmente quanto qui disposto sulle competenze tra le varie fi-gure professionali, regolate da appositi Ordi-ni, scopriamo che la Vas è riconosciuta come competenza (quasi) esclusiva del Pianificato-re territoriale; o comunque questo deve aver-ne il coordinamento generale, perché il solo abilitato a coordinarla e gestirla. Infatti, l’art. 16 sulle competenze professionali, c. 2, lettera b) così elenca le competenze del Pianificato-re territoriale: «lo svolgimento e il coordina-mento di analisi complesse e specialistiche

delle strutture urbane, territoriali, paesaggi-stiche e ambientali, il coordinamento e la ge-stione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità dei piani e dei progetti urbani e territoriali».Ora, se analizziamo l’intero Dpr 328/01 pos-siamo facilmente capirne la portata innovati-va ed anche la “riserva” che sottace. Vediamo le altre figure che, secondo, il Dpr possono svolgere parti di valutazione ambientale, o meglio alcuni segmenti molto specialistici: ! i biologi (art. 31, c. 1, lettera i) devono cir-

coscrivere la loro attività «valutazione di impatto ambientale, relativamente agli aspetti biologici»;

! i geologi (art. 41, c. 1, lettera h) possono ef-fettuare «gli studi d’impatto ambientali per la Valutazione d’impatto ambientale (Via) e per la Valutazione ambientale stra-tegica (Vas) limitatamente agli aspetti ge-ologici»;

! gli agronomi non hanno nessuna compe-tenza legata alla Vas, la competenza spe-cifica non è citata nel Dpr, né in quelle at-tribuite precedentemente (legge 152/92, che modifica l’ordinamento della pro-fessione di Dottore Agronomo e di Dot-tore Forestale). Solo per similitudine si può estendere una loro competenza, ma comunque limitata agli aspetti agricoli, o meglio per dirla con la lettera g) art. 2della legge 152/92 «per quanto attiene alle componenti agricolo-forestali ed ai rapporti città campagna». La stessa Via, esplicitamente citata come competenza, è molto ristretta. Così recita la lettera r) della stessa legge «la valutazione di im-patto ambientale ed il successivo monito-raggio per quanto attiene agli effetti sulla flora e la fauna»;

! gli ingegneri (sezione Ingegneria civile e am-bientale) non hanno una competenza pie-na nella Vas, ma molto settoriale; il Dpr art. 46, c. 1, lettera a) gli affida «la valuta-zione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impian-ti civili e per l’ambiente e il territorio»;

! gli ingegneri (sezione industriale) non han-no una competenza ampia Vas, ma solo

molto parziale su un segmento preciso; infatti il Dpr art. 46, c. 1, lettera b) affida loro: «la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di macchine, impianti industriali, di impianti per la produzione, trasformazione e la distribu-zione dell’energia, di sistemi e processi industriali e tecnologici, di apparati e di strumentazioni per la diagnostica e per la terapia medico-chirurgica»;

! gli architetti nel Dpr 328/01 non ne hanno esplicitamente alcuna, né si trova traccia specifica in altre disposizioni nazionali, né nella direttiva europea. La generica (e coprente) formula che usa il Dpr all’art. 16, c. 1 «le attività già stabilite dalle di-sposizioni vigenti nazionali ed europee per la professione di architetto, ed in particolare quelle che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative o spe-rimentali» non sono state mai oggetto indicazione ministeriale o regolamenta-re specifica. Proprio su questa generica formulazione poggia e si estende la com-petenza degli architetti sulla Vas.

La competenza per il Pianificatore territoria-le sulla Vas, sia come coordinatore che come gestore, può essere intesa come una vera e propria “riserva” professionale. Riserva resa ancora più solida per la cancellazione della precedente Laurea in Scienza Ambientali (DM 509/1999, elenco delle nuove classe di laurea) dal nuovo ordinamento delle lauree (DM 207/2004) italiane. Questi laureati, in ogni caso, per svolgere attività professionale, dovevano superare l’esame di stato in Pianifi-cazione e poi iscriversi all’Ordine APPC, setto-re Pianificazione. L’iscrizione li assimilava ai Pianificatori territoriali.Approfondendo ancora di più questo argo-mento, spostiamo l’attenzione sulla formazio-ne universitaria. Proviamo a verificare, cioè, gli obiettivi formativi che le Classi di Laurea Magistrale dichiarano di avere1 abbiamo una ulteriore conferma di quanto qui sostenuto.Tra gli obiettivi formativi qualificanti, quelli legati alla Valutazione Ambientali li troviamo solo nella laurea LM74, Scienze e tecnologie geo-logiche, ma come abbiamo visto prima la com-petenza è ristretta solo agli aspetti geologici.

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Alessandro Calzavara

Giuseppe De Luca, Daniele Rallo

Chi è abilitato a coordinare la Vas?

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URBANISTICA INFORMAZIONI | 65

Per le altre lauree magistrali, comprese quelle di pianificazione, gli obiettivi formativi sono questi: ! «l’analisi e la valutazione paesistica e gli

studi di impatto ambientale» per la laurea LM3, Architettura del paesaggio;

! la «valutazione degli impatti e della com-patibilità ambientale di piani e opere» per la laurea LM35, Ingegneria per l’Ambien-te e il Territorio;

! la «valutazione d’impatto, recupero e di gestione dell’ambiente naturale» ..... nonché «quegli aspetti della legislazione ambientale che richiedono competenze naturalistiche, con particolare riferimen-to agli studi di impatto (comparto flora-fauna) e alla valutazione di incidenza» per la laurea LM60, Scienze della natura;

! «analisi e valutazione di impatto am-bientale in aree montane e forestali» per la laurea LM73, Scienze e tecnologie forestali ed ambientali;

! il «coordinamento e gestione delle attivi-tà di valutazione di progetti, programmi, piani e politiche urbane, territoriali e am-bientali» per la laurea LM48, Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale.

Anche da questa lettura, dunque, abbiamo la conferma che l’unica laurea che dichiara di avere obiettivi formativi robusti è quella in Pianificazione territoriale, Urbanistica e Am-bientale. Non poteva essere diversamente, stante la riserva contenuta nel DPR 328/01. Nei bandi di gara pubblici per la redazione dello strumento urbanistico è spesso collega-to anche l’incarico parallelo della Vas. Ma di questa distinzione non vi è traccia. Né il di-battito tecnico e amministrativo sembra aver preso coscienza di questi temi professionali e dei possibili rilievi giurisprudenziali che po-trebbero essere innescati sugli atti approvati.

1. Sostanzialmente se studiamo gli ordinamenti universitari, così come questi sono stati approvati dal Ministero competente con il DM 270/04 e relativi regolamenti.

#02AstengoEditoriali di urbanistica dal 1949 al 1975a cura di Marisa Fantin e Laura Fregolent

#03Praticare il PIANO?di Paolo Galuzzi e Piergiorgio Vitillo

#04STU: quali, come, perchè?di Daniela Mello

Rapporto dal territorio 2010a cura di Pierluigi Properzi

Rapporto 2010 del Centro di ricerca sul consumo di suoloa cura di Andrea Arcidiacono, Damiano di Simine, Federico Oliva, Stefano Pareglio, Paolo Pileri, Stefano Salata

Adriano Olivetti: il lascitoUrbanistica, Architettura, Design, Industria.a cura di Mario Piccinini

Novità editoriali

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Paolo Avarello ha titolato l�editoriale del numero 146 di Urbanistica (aprile-giugno 2011): Il Piano è morto, Viva il Piano. Sono passati quaranta anni dal 1971, quando Giovanni Astengo inaugurava con un terzo anno sperimentale il primo Corso di

Laurea in Urbanistica all�interno dell�Isti-tuto Universitario di Venezia Iuav nella sede distaccata di Villa Albrizzi Franchet-ti a Preganziol (vedi UI 233/234). Tra gli �urbanisti ortodossi� come li definisce Avarello penso possano rientrare, a pie-no titolo, anche i laureati in urbanistica, che hanno �invaso� il territorio e � posso testimoniarlo di persona � lo �presidiano�. Forse esagero un po�, ma non troppo. E� vero che la classe degli studenti di quei primi 10-15 anni1, che oggi si avvicina ai sessant�anni, ricopre posti di lavoro o ha incarichi amministrativi ai massimi livelli. Diversi sono liberi professionisti e �fanno� piani in giro per la Penisola2, diversi sono docenti universitari, alcuni di una certa levatura, particolarmente addensati nei classici settori disciplinari dell�urbanistica (Icar 20 e 21); moltissimi sono entrati a tutti i livelli della pubbli-ca amministrazione, e diversi con cariche dirigenziali; altri, proprio quasi a copiare uno degli insegnamenti del maestro, sono attivi nella gestione della cosa pubblica, come assessori (due sono attualmente as-sessori regionali all�urbanistica) o Sindaci in diversi comuni. Il progetto di Astengo �militante�3 è stato di una lungimiranza tale che difficilmen-te ha dei paragoni nella storia italiana del dopoguerra. Era dagli inizi degli anni �60 che Astengo si propone di introdurre in Italia un corso specialistico in Urbanistica. In quegli anni Astengo lavora alla stesura della nuova legge urbanistica nazionale presso il Ministero dei Lavori Pubblici, ricordata come Legge Sullo4. �Rivoluzio-

naria� in quanto introduceva il concetto di diritto di superficie per tutte le aree di nuova espansione, ma mai approvata dai governi di centro-sinistra e non abba-stanza appoggiata dalla sinistra. Quella legge doveva anche sanare una situazio-ne paradossale: nonostante fin dal 1942 la legge nazionale urbanistica richiamas-se la professione dell�urbanista, questa non era stata ancora attivata5. Sempre in quegli anni Astengo, professore allo Iuav, cercava di �razionalizzare l�insegnamento dell�urbanistica all�interno dei corsi della facoltà di architettura veneziana�6. Nel 1967 lo Iuav prende una posizione precisa sull�argomento: «non si può immaginare di giungere a livello di diploma di lau-rea nelle facoltà di architettura, ad una compiuta preparazione culturale e pro-fessionale del pianificatore e ricercatore urbanista, che ad un certo momento non potrà più, per formazione di applicazione, identificarsi con l�architetto. (�) Ritenia-mo che una corretta e completa soluzione potrebbe avvenire attraverso la creazione di specifiche facoltà per il conseguimen-to del diploma di laurea in Urbanistica»7. Sempre nel 1967 in un documento Iuav si riportava «la dimensione urbana determi-na e caratterizza i problemi della vita so-ciale, economica e politica. Vi è il rischio di sottovalutare i problemi dell�uso del suolo: uno studio frammentario, inade-guato rispetto alla loro natura, affrontato con superficialità, può avere conseguenze politiche e sociali estremamente gravi, mentre sempre crescente è l�interesse col-lettivo per questi argomenti. .. indilazio-nabile appare l�esigenza di un�istituzione universitaria in grado di affrontare con strumenti culturali e tecnici i problemi dell�assetto territoriale»; per poi finire: «L�assenza di una specializzazione (�) ha già troppo danneggiato il Paese (� e) ri-sulta insopportabile per le pubbliche am-ministrazioni al cui interno la presenza del tecnico Urbanista diviene necessaria anche per le dimensioni medio-basse (� e) contribuisce a perpetuare e a giustificare la non utilizzazione dello strumento della pianificazione da parte degli enti pubbli-ci»8. La proposta dello Iuav per la creazio-

ne di un corso di laurea in Urbanistica, spedita per la vidimazione al Ministero viene approvata. Il 14 ottobre 1970 è sot-toscritto dal Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, e dal Ministro della Pubblica Istruzione, Riccardo Misasi, il Dpr 1009/70 recante Modificazioni allo Sta-

tuto dell�Istituto Universitario di Architettura

di Venezia. Due mesi dopo Astengo apre il CdL in forza dell�art. 2 del Dpr che recita «A decorrere dall�Anno Accademico 1970-1971 è istituito presso la facoltà di archi-tettura dello Iuav il Corso di Laurea in Urbanistica». Questo prevede il consegui-mento della laurea in Urbanistica, secon-do l�ordinamento introdotto dalla Tabella XXXbis allegata allo stesso. La durata del corso è di cinque anni e lo studente «per essere ammesso all�esame di laurea deve aver seguito le lezioni e le esercitazioni e deve aver superato tutti gli esami degli in-segnamenti obbligatori e almeno sei inse-gnamenti complementari della durata di un anno (o equivalenti) da lui scelti fra i corsi attivati». In complesso si trattava di un minimo di 24 esami ad un massimo di 30, oltre all�esame di una lingua straniera e la tesi di laurea.La Tabella allegata al Dpr istituisce 60 in-segnamenti suddivisi tra �fondamentali� (18) e �facoltativi� (42). La Progettazione

urbanistica segue lo studente per tutti i cinque anni, le �teorie� e le �analisi� per i primi tre. Le materie di insegnamento, se-condo la visione astenghiana, erano sud-divise in tre filoni principali facenti capo all�analisi urbanistica, alla progettazione ur-

banistica e, infine, alla gestione urbanistica. Tra gli insegnamenti vi sono le materie connesse al disegno della disciplina: dise-gno e comunicazioni visive, tecnica della comunicazione con elementi di tecnica fotografica, cinematografica, auditiva, tecniche di rappresentazione, fondamenti di aerofotogrammetria, cartografia tema-tica. Vi sono insegnamenti relativi alle discipline dell�economia, della ecologia, della idro-geologia, della viabilità e tra-sporti, della regolamentazione edilizia, della normativa urbanistica, del diritto pubblico e amministrativo, della sociolo-gia urbana, della economia agraria, della

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Alessandro Calzavara

Daniele Rallo

1971-2011 Quarantennale del percorso formativo universitario

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URBANISTICA INFORMAZIONI | 105

geografia, della storia urbanistica. Oltre gli insegnamenti �classici� di statistica, demografia, matematica e informatica. In sostanza tutte materie che contribuiscono alla conoscenza e alla progettazione dei fenomeni che avvengono sul territorio. Al suo interno la classe dei docenti si divide in due �correnti�, gli �analisti� e i �proget-tisti�, che influenzano anche il corso stu-diorum della classe degli studenti, forte-mente motivati in quanto si trattava di un nuovo corso di laurea dagli sbocchi incerti ma di sicuro interesse interdisciplinare. I primi si concentrano sostanzialmente in-torno alle �politiche� urbane e territoriali, i secondi si indirizzano prevalentemente sulla �progettazione urbana e territoria-le�9. In effetti si tratta di due facce della stessa medaglia: la sintesi la faranno suc-cessivamente i laureati entrando, in forze, nel mondo del lavoro attraverso pratica dell�agire quotidiano.Astengo tiene gli insegnamenti della pro-gettazione urbanistica prima al terzo anno sperimentale, poi al quinto anno. Consi-dera questo il perno centrale dell�offerta formativa: «Nel disegno strutturale che il piano didattico del nuovo corso di laurea ha assunto con il Dpr istitutivo appare evi-

dente che l�insegnamento di Progettazione urbanistica assolve alla funzione di asse portante dell�intero arco di studi. La pre-senza, in ognuno dei 5 anni di questo in-segnamento, lo qualifica infatti, anno per anno, come fuoco di convergenza, diretta o indiretta, degli insegnamenti annuali, mentre la concatenazione temporale dei successivi corsi lo abilita a realizzare con-cretamente, durante l�intero ciclo, il pro-cesso di crescita culturale-operativa dell�i-scritto»10. Ma Astengo si è prodigato anche per il ri-conoscimento legale del titolo di studio all�interno dell�ordinamento professio-nale italiano. Profondamente convinto della inutilità degli Ordini professionali, dei relativi Albi e dell�Esame di Stato, da Assessore all�Urbanistica della Regione Piemonte fa approvare un articolo speci-fico all�interno della nuova legge urbani-stica del 1977, n. 56. L�art. 79 dedicato alla �progettazione degli strumenti urbanisti-ci� così recita: «Gli incarichi esterni per la progettazione degli strumenti urbani-stici generali ed esecutivi sono conferiti dai Comuni ad esperti che siano laureati in urbanistica, nonché in architettura ed in ingegneria con specifica competenza

nella disciplina urbanistica». Ma è solo una �mosca� all�interno delle istituzioni, fortemente ancorate ancora alla visione dell�organizzazione professionale nata negli anni Venti. Sarà solo l�Associazione dei laureati in Urbanistica (meglio cono-sciuta con l�acronimo Assurb) che a livel-lo nazionale innescherà una forte opposi-zione al sistema corporativo fondato negli anni �20, richiedendo l�applicazione delle nuove regole dell�Unione europea fonda-te sul libero mercato, portando a termine un contenzioso futile ed inutile durato trent�anni11.Il progetto tecnico-politico di Astengo, nonostante tutti gli attacchi frontali e tra-sversali, ha tenuto per tutti questi lunghi anni e a livello europeo ci è invidiato dallo stesso European Council of Spatial Planners. L�urbanistica, cioè l�analisi, il progetto e la gestione del territorio rappresenta un fon-damento della società civile. L�urbanista, purtroppo, rimane una figura d�elité nel panorama delle professioni italiane. Im-pensabile e inimmaginabile la sua sosti-tuzione con l�architetto �tuttofare� o con l�ingegnere �civile-edile�.

1. Tanto per avere un punto di riferimento, fino a quando Astengo non andò in pensione: il 1985.

2. Basta monitorare le risposte ai bandi di gara per rilevarlo subito, oppure sfogliare il Registro unico del Consiglio nazionale dell�Ordine APPC dove dal 2001 è possibile iscriversi.

3. Cfr. L. Ciacci, B. Dolcetta, A. Marin, Giovanni Astengo, urbanista militante, Marsilio, Venezia. 2009.

4. Cfr. il recente convegno nazionale dell�Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti di Padova, La disciplina urbanistica. Dalla legge Sullo ad oggi, Padova 20 ottobre 2010.

5. Per ferrea opposizione da parte degli Ordini di Ingegneri e Architetti. Nonostante l�art. 3 della legge del 1942, c. 2, così recitasse «Nella sede degli ispettorati del Genio civile e degli uffici decentrati del Ministero dei Llpp sono istituite le sezioni urbanistiche rette da funzionari del ruolo architetti ingegneri urbanisti del Genio Civile». Nelle piante organiche, in attesa di un regolamento mai emanato, la figura dell�urbanista (richiesta dalla legge) è stata diluita temporaneamente e in

maniera indifferente in quella dell�ingegnere o dell�architetto. La situazione è stata sanata solo nel 2001 (Dpr 328) che modifica l�Ordine degli Architetti inserendo anche la figura del pianificatore urbanista, tanto che l�attuale ordine è così ridenominato: Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

6. Cfr. P. Di Biagi, «Giovanni Astengo. Un metodo per dare rigore scientifico e morale all�urbanistica», in P. Di Biagi, P. Gabellini, a cura di, Urbanisti italiani, Laterza, Roma-Bari 1992; e G. De Luca, F. Sbetti, a cura di, Giovanni Astengo, Inu Edizioni, Roma (in corsa di stampa).

7. Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Vademecum del Corso di Laurea in Urbanistica. Presentazione del Corso di Laurea in Urbanistica, a cura di Giovanni Astengo, Venezia, 1971. Per una breve storia della scuola cfr. F. Indovina, «La scuola per i pianificatori territoriali, in Id., La ragione del piano. Giovanni Astengo e l�urbanistica italiana, F. Angeli, Milano 1991.

8. Idem.9. Cfr. E. Salzano, Memorie di un urbanista, l�Italia che

ho vissuto, Corte del Fontego, Venezia 2010, p. 147.

10. G. Astengo, «Premessa al Corso di Progettazione Urbanistica», in Vademecun, cit. ora anche in UI 233/234, 2010.

11. L�Assurb nasce nel 1976, ad opera dei primi laureati in Urbanistica, per difendere la figura professionale e per far valere il titolo di studio. Nello svariato contenzioso proposto contro gli urbanisti dagli ordini degli Ingegneri e degli Architetti, ha avuto un ruolo fondamentale nella difesa dei singoli laureati annoverando numerose sentenze a favore da diversi Tar fino alla rilevante Sentenza del Consiglio di Stato n. 1086 del 1996, che ha sancito il riconoscimento ufficiale. È questa sentenza che costituisce la base per il Dpr 328/01 che ha introdotto l�esame di stato anche per gli urbanisti e il conseguente inserimento nel rinnovato Albo, rinnovato e ridenominato, degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (APPC). Per una breve storia si rimanda a R. Rallo, «Il ruolo e gli obiettivi dell�Assurb», in Consiglio Europeo degli Urbanisti, La nuova Carta di Atene 1998, Alinea, Firenze 2000, pp. 13-19.

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Alla Associazione degli Urbanisti si rivolgono, con sempre più frequenza, iscritti agli ordini (archi-tetti e ingegneri, ma non solo) con domande sulle competenze dei laureati in pianificazione. Ma si rivolgono anche iscritti ad altri settori, chiedendo se possono sottoscrivere strumenti urbanistici. Si tratta in prevalenza di giovani laureati - nuovo ordinamento - che non trovano risposte soddisfa-centi dagli ordini di appartenenza né dalle uni-versità. L’AssUrb si trova ad assolvere un ruolo “sindacale” che, seppur implicito nel proprio Sta-tuto, dovrebbe essere svolto proprio dagli Ordini. Con il presente articolo l’AssUrb vuole iniziare una serie di considerazioni che derivano da un dibattito interno al Consiglio Nazionale ma che non hanno alcuna pretesa di essere esaustive. Lo stesso rappresenta un contributo per iniziare una discussione pacata ma anche per aprire un tavolo del confronto senza pregiudizi.

Il problema delle comptenze in materia ur-banistica viene posto con insistenza dopo l’introduzione del Dpr 328/01. Il Decreto non modifica quelle che per legge erano le attivi-tà riservate ex-ante alle figure professionali pre-esistenti, tra cui quella di ingegnere, ma ha evidenziato che per occuparsi di piani-ficazione il professionista deve necessaria-mente iscriversi nella Sezione e nel Settore di appartenenza entro l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.Il Dpr ha regolamentato, per la prima volta conseguentemente alla riforma universita-ria, la professione di urbanista attribuendogli specificità e caratterizzazioni professionali. Per la professione di ingegnere, ha provvedu-to non tanto ad istituire nuove figure (come nel caso dei Pianificatori, Paesaggisti e Con-servatori inseriti nell’Ordine degli architet-ti), bensì a redistrubuire le competenze che la normativa già ad esso assegnava, dal Rd n. 2537 del 1925. Viceversa la professione diPianificatore è stata “regolamentata”, cioè è stata assegnata ad una definita figura profes-sionale che deve superare un apposito esame

di stato e deve essere iscritta ad un Ordine. Più precisamente l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Se-zione A, Settore «Pianificazione territoriale» (per i laureati quinquennali e/o magistrali) o Sezione B, Settore «Pianificazione» (per i lau-reati triennali). Tale riforma tuttavia non ha creato una esclusiva “forte” ma sicuramente “tendenziale”, in quanto lo stesso decreto ha previsto la salvaguardia delle posizioni pre-cedentemente assunte o dei cd diritti acqui-siti. Per quanto riguarda le competenze attribuite al pianificatore la norma recita che esse sono le seguenti:a. la pianificazione del territorio, del pae-

saggio, dell’ambiente e della città;b. lo svolgimento e il coordinamento di

analisi complesse e specialistiche dellestrutture urbane, territoriali, paesaggi-stiche e ambientali, il coordinamentoe la gestione di attività di valutazioneambientale e di fattibilità dei piani e deiprogetti urbani e territoriali;

c. strategie, politiche e progetti di trasfor-mazione urbana e territoriale.

Tale dizioni non sono riportate nelle elenca-zioni delle competenze né di Architetti né di Ingegneri. Una tale posizione è confermata dallo stesso Ordine degli Ingegneri (cfr. Fi-renze) che alla voce “Oggetto e limiti della professione di Ingegnere” afferma che il ri-ferimento esclusivo rimane il Regio Decreto a cui rimanda: Gli artt. 51 e 52 non hanno alcun riferimento alla pianificazione terri-toriale o all’urbanistica. L’art. 51 specifica: “Sono di spettanza della professione di inge-gnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente oc-correnti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di tra-sporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geome-trici e le operazioni di estimo.”: L’art.52 reci-ta: “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geo-metrici e le operazioni di estimo ad esse re-lative. Tuttavia le opere di edilizia civile, che

presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contem-plati dalla legge 20 Giugno 1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica può essere compiuta tanto dall’archi-tetto quanto dall’ingegnere.”Non vi è nella norma fondante la profes-sione di ingegnere alcun riferimento alla disciplina urbanistica. Lo stesso concetto è ribadito nel Dpr 328/2001 i cui contenuti non hanno alcun riferimento alla pianifica-zione territoriale e all’urbanistica. Il Dpr ha istituito due Sezioni dell’Albo, cui si accede con Esami di Stato distinti (la Sezione A per i laureati quinquennali e la B per i trienna-li) e tre Settori, cui sono attribuite le diverse competenze. Al settore “ingegneria civile e ambientale (sono attribuite) la pianificazio-ne, la progettazione, lo sviluppo, la direzio-ne lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impianti civi-li e per l’ambiente e il territorio.”Non si vi è alcun riferimento alla pianifi-cazione territoriale, mentre si introduce il concetto di pianificazione limitatamente alle opere edili ed infrastrutturali. Inoltre si precisa che restano immutate le riserve e le attribuzioni previgenti. Non essendo la pianificazione territoriale e urbanistica presente nelle attività professionali dell’in-gegnere, (né tantomeno esclusiva come in più occasioni ribadito dalla Giurisprudenza del Consiglio di Stato), è ovvio che le attività assegnate agli ingegneri, ed ad essi riservate, siano esclusivamente quelle derivanti dalla norma fondante, E cioè quelle riferentesi alle opere edili, alle infrastrutture, agli impianti, ecc. Tutto ciò che prima del Dpr non era espres-samente assegnato ma che ora è attribuito ad altre figure, cioè al Pianificatore Territoriale, non può, per coerenza, che essere assegnato alle nuove figure professionali. La stessa of-ferta formativa proposta dalle Università di Ingegneria per il settore civile ambientale non contempla le discipline urbanistiche al suo interno, se non in rari casi.

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Daniele Rallo, Luca RampadoIngegnere-Urbanista (?)

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In conclusione:• visto che la pianificazione non era espres-

samente assegnata prima del Dpr 328/01quale materia riservata all’ingegnere néad altra professione, ma per buona prassi ci si poteva rivolgere in primis agli ur-banisti, quali tecnici specificatamentecompetenti in materia secondo quantoespresso dalla sentenza del Consiglio diStato 1087/1996;

• visto che il Dpr 328/01 ha solo redistri-buito ciò che prima era esplicitamente

assegnato alle professioni protette (ivi compresa quella dell’ingegnere);

• visto che dopo l’approvazione del Dpr328/01 la pianificazione è specificacompetenza dell’iscritto al Settore Pia-nificazione Territoriale dell’Ordine de-gli Architetti Pianificatori Paesaggisti eConservatori;

appare evidente che l’attività di pianificazio-ne territoriale e urbanistica sia esclusa dalle competenze dell’ingegnere iscritto alla sezio-ne civile-ambientale per i laureati post Dpr

328/01.Va inoltre considerato, ad ulteriore supporto di tale tesi, che la laurea in ingegneria civile-ambientale non consente l’iscrizione al Set-tore Pianificazione Territoriale dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. La possibilità è invece lasciata al laureato in architettura (classe 4S e succes-sive modifiche) previo però superamento del relativo esame di stato.

Rapporto 2012a cura di Andrea Arcidiacono, Damiano Di Simine, Federico Oliva, Stefano Pareglio, Paolo Pileri, Stefano Salata

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Gateways: atti della IX Biennale delle Città e degli Urbanisti Europeia cura di Andrea Vergano, Alessandro Caruana

(In)certezze di Ricerca: atti del IX Convegno Nazionale della Rete Interdottorato in Urbanistica e Pianificazione Territoriale e Ambientalea cura di Federica Benelli, Emanuela Biscotto, Sveva Brunetti, Daniela De Ioris, Maria Guida, Alessandra Nguyen Xuan

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

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Quale sia la competenza del geometra e, oggi, del geometra-laureato non è definito in modo univoco ed inequivocabile. Le sen-tenze della giustizia amministrativa che a riguardo si susseguono da decenni non fan-no altro che ri-proporre il problema senza che il legislatore intervenga però succes-sivamente, come sarebbe opportuno. I ri-ferimenti normativi rimangono ancora le obsolete leggi del regio decreto degli anni Venti, anche se il più recente Dpr 328 del 2001 ha comunque posto le basi, per tutte le professioni tecniche, per nuove e più concrete interpretazioni. Da una recente sentenza della giustizia amministrativa, che riguarda le competen-ze dei Geometri per la redazione di un pia-no di lottizzazione, si possono trarre delle interessanti conclusioni anche per le com-petenze di architetti e urbanisti in campo pianificatorio attuativo. Il contenzioso è stato rivolto dall'Ordine degli APPC di Pa-dova contro un geometra reo di aver sotto-scritto una mini-lottizzazione di quattro lotti per complessivi 5mila mc.La sentenza (Tribunale di Padova, Sez. Este, n. 33/11, depositata 13.12.2011) condannail geometra per abuso di professione con ri-sarcimento del danno a favore dell'Ordine (5.000 Euro).Al di là del fatto specifico, è interessante soffermarsi sulle argomentazioni esposte dai giudici.Secondo la tesi dell'Ordine APPC ai Geome-tri risultano preclusi interventi che hanno ad oggetto la pianificazione del territorio in quanto competenza riservata agli archi-tetti. Il piano di lottizzazione non rientra nelle competenze del geometra in quanto questa figura non possiede quella visione d’insieme tale da risolvere problemi di ca-rattere programmatorio, che postulano va-lutazione non rientranti nella competenze professionale come definita dall’art. 16 del Rd n. 274/1929.

La tesi sostenuta dalla Sentenza, pur acco-gliendo il ricorso, è molto diversa e, argo-mentata in modo opposto: vi si deduce che la “riserva” per gli atti pianificatori è inve-ce dei Pianificatori Urbanisti. La sentenza infatti introduce un chiaro argomento (an-corché ovvio, a nostro avviso): per proget-tare e sottoscrivere un atto urbanistico si devono avere le competenze professionali idonee quantunque non supportate chiara-mente per legge. La Sentenza afferma che i testi normativi di riferimento “che disciplinano i limiti della competenza dei geometri e degli architetti/ingegneri, ossia il Rd n. 274 del 11.2.1929 ed il Rd n. 2537 del 23.10.1925, nulla pre-vedono in merito”. Il Giudice ricorda chia-ramente che “gli artt. 51 e 52 del Rd 2537 del 1925 ‘non contengono una espressa ri-serva’ a favore degli architetti e degli inge-gneri per quanto riguarda la progettazione dei piani in questione”. Viceversa il “Rd del 1929 (art. 16) attribuisce alle competenze dei geometri le operazioni topografiche di rilevamento, le misure e divisioni di aree urbane e di modeste costruzioni vicinali, le operazioni di tracciamento di strade pode-rali e quelle di minore importanza”. Ne consegue che per il Tribunale di Padova è consentita ai geometri solo: “la redazione dei piani di lottizzazione di modesta enti-tà nei casi in cui il piano di lottizzazione non preveda una vera e propria attività di pianificazione quale soluzione organica ai molteplici problemi urbanistici, quando dettagliamente risolti dai piani regolatori generali”.Nella fattispecie il Piano in questione, pur di modeste dimensioni, è stato (a parere del Giudice) notevolmente rimaneggiato rispetto alle previsioni originarie del Piano Regolatore Generale, essendo stato modifi-cato nella composizione urbanistica e nel-la tipologia edilizia di riferimento.Per il Tribunale di Padova i Regi Decreti del 1925 non hanno nessuna attinenza con l’attività urbanistica, perché non la richiamano, nonostante già allora attività normale delle pubbliche amministrazio-ni. Per questo l’unico riferimento utile in rapporto alle competenze urbanistiche è il recente Dpr 328 del 2001. È questo che

entra nella materia e, per la prima volta nel panorama giurisprudenziale italiano, esplicita le “riserve” attribuite ai pianifi-catori territoriali e urbanisti. Tale figura è l'unica – secondo il citato Dpr – che ha come “oggetto dell'attività professionale (…) la pianificazione del territorio, del pa-esaggio, dell'ambiente e della città, (…) il coordinamento e la gestione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità dei piani e dei progetti urbani e territoriali, (…) le strategie, politiche e progetti di trasfor-mazione urbana e territoriale”.Il Dpr declina anche le competenze del pia-nificatore con laurea triennale, che sono invece:1. le attività basate sull'applicazione

delle scienze, volte al concorso e allacollaborazione alle attività di pianifi-cazione,

2. la costruzione e la gestione di sistemiinformativi per l'analisi e la gestionedella città e del territorio,

3. l'analisi ed il monitoraggio e la valuta-zione territoriale e ambientale,

4. procedure di gestione e di valutazionedi atti di pianificazione territoriale erelativi programmi complessi.

Qui nasce una palese contraddizione tra questa figura di laureato triennale e il ge-ometra. Il laureato triennale, dopo aver superato un esame di stato ad hoc ed aver fatto un corso studiorum ovviamente più avanzato del diplomato, ha attribuito del-le competenze inferiori a quelle del diplo-mato geometra. Ciò richiama non solo un allineamento professionale attraverso una chiarificazione legislativa, doverosa dopo oltre un decennio dalla applicazione del Dpr del 2001. Chiarificazione che nasca da un tavolo di discussione tra Università, Or-dine APPC, Collegio dei Geometri, organi ministeriali, e istituti e associazioni che curano da anni gli interessi della pianifica-zione pubblica, come l’Inu e l’Assurb.Ciò al fine di aiutare lo stesso Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ad uscire dallo “imbarazzo” nel prendere posizione sia per gli architetti iunior sia per i pianificatori iunior. Nella Circolare esplicativa delle competenze per i professionisti con lau-

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

Daniele Rallo, Luca RampadoGeometri/architetti, pianificatori territoriali e junior

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rea triennale, i cosiddetti junior (Circolare n. 68 del 28.5.2009): non ha fatto altro cheriportare il testo del DPR, limitandosi ad af-fermare che al laureato triennale è attribu-ita la: “funzione di supporto e collaborazio-ne nelle attività professionali rivolte alla pianificazione”; e specificando solo che nel campo professionale dello junior non è in-clusa “la pianificazione (…) compresi i pia-ni attuativi di qualsiasi natura ed entità”.In sintesi il Tribunale di Padova afferma che i Geometri diplomati non possono progettare le lottizzazioni, oltre le mode-ste dimensioni, poiché non sono esplici-tamente citate tra le loro competenze (Rd n° 274/1929) e in quanto non hanno com-petenze professionali specifiche in mate-ria urbanistica, derivanti da curriculum studiorum. Mentre Architetti ed Ingegne-ri non hanno alcuna riserva in tal senso. Ne consegue che solo la legge può attri-buire competenze riservate ad una data professione, come fa il Dpr 328/01, che, attribuendo a una specifica figura profes-sionale (e non ad altre) una specifica com-petenza, essa si deve intendere “riserva” di quella professione.

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Ai primi di agosto 2012 è stato emanato il Regolamento recante la riforma degli or-dinamenti professionali (Dpr 7.8.2012 n. 137). Il Decreto entra nel merito di alcune tematiche come l’accesso alla professione, il tirocinio e la formazione permanente, l’assicurazione professionale fissando de-gli adempimenti obbligatori che rende-ranno ancora più pesante la struttura no-core-business di un qualsiasi studio tecnico. Parallelamente si individuano nuovi tema-tismi per mantenere in vita la complessa, quanto anacronistica, macchina degli Or-dini professionali che conta (solo per gli architetti) 100 sedi, 300-350 dipendenti, 1.000 consiglieri e che ogni iscritto man-tiene con una quota annuale (media) com-presa tra 200-300 Euro, per complessivi 50 milioni di Euro (stima approx). Cifra che deve essere decuplicata se si comprendono gli Ordini ed i Collegi delle altre professio-ni tecniche.Il Dpr definisce in primis che cosa si inten-de per “professione regolamentata”: le atti-vità «riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio è con-sentito solo a seguito d'iscrizione in ordini o collegi subordinatamente al possesso diqualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità». In questo modo si continua a perpetuare la dualità del sistema professionistico (ordini vs as-sociazioni), senza entrare nel merito della definizione di lavoro intellettuale o legan-do la definizione al reale percorso formati-vo. Il caso più eclatante rimane quello dei laureati informatici, specialisti del setto-re, che l’Ordine degli Ingegneri non vuole inserire all'interno del rispettivo Settore dell’Albo (introdotto con il Dpr 328/01).Il decreto ribadisce che l’accesso alla pro-fessione “è libero”, ma rimane ferma l’isti-tuzione dell’anacronistico Esame di Stato ancorché non certificante, citato all’art.33 della Costituzione e ripreso nel Dpr (art. 2) su richiesta insistente degli Ordini.

L’art. 3 introduce l’"Albo Unico Nazionale" delle singole professioni. È questo l’uni-co aspetto cogente che sin dagli anni ’20 spetta agli Ordini. Sinora questo è tenuto dai singoli Ordini provinciali e rinnovato annualmente. L’ipotesi che sia nazionale fa ben sperare che, in un tempo breve, lo stes-so possa essere tenuto direttamente da un organo statale, il Ministero competente nel caso delle professioni tecniche. Ma soprat-tutto che l’iscrizione sia regolamentata non solo con il superamento dell’Esame di Stato ma anche da regole economiche e di mercato. Per esempio la riserva al lavorato-re autonomo che esercita la professione in modo prevalente e continuativo o la diffe-renziazione dal lavoratore impegnato nel-la pubblica amministrazione. Se l’elenco diventa di competenza ministeriale (o di altro organo come la Camera di Commer-cio) l’iscrizione all’Albo non diventerebbe più obbligatoria ma rappresenterebbe un vantaggio di immagine che lo stesso Ordi-ne dovrebbe conquistarsi nel libero merca-to. È il caso dei Royal Institutes inglesi di architetti o di urbanisti, la cui iscrizione non è obbligatoria ma essere inserito nel-lo stesso è un requisito di appartenenza certificante. In Italia analogamente nella professione di urbanista l’Istituto Naziona-le di Urbanistica nacque con il medesimo scopo, quello di aggregare professionisti specialisti nel settore oltre ad avere un “profilo alto” per lo sviluppo ed il conso-lidamento della materia e per interloquire direttamente con le istituzioni. L’Albo Unico Nazionale può, a tutti gli ef-fetti, sostituire la pletora degli albi provin-ciali e rendere facoltativa l’iscrizione agli stessi. Gli Ordini provinciali potrebbero continuare a vivere su base volontaria e, secondo le regole del mercato, a seconda dei servizi che gli stessi potrebbero offrire o del grado di rappresentatività che potreb-bero assumere localmente. Già oggi tra il corpo elettorale che ha il diritto di votare e quello che esprime il voto vi è una diffe-renza abissale. La legge degli anni ’50 fissa infatti tre tipi di quorum per rendere valide le votazioni. Al primo turno il 50% più uno degli iscrit-ti; al secondo almeno 1/3; al terzo va bene

qualsiasi percentuale. Ne consegue che alle votazioni per i singoli consigli provinciali si esercita il voto solamente al terzo turno e che la percentuale dei votanti sia attorno al 10-15%. Viceversa il 90% dei non-votanti “esprime” il disagio di questa situazione e l'indifferenza verso questo istituto. Ancora più “strana” è la votazione dei rappresen-tanti del Consiglio Nazionale. I rappresentanti dei consigli provinciali riuniti congiuntamente presso la sede di appartenenza eleggono le persone che han-no presentato la loro candidatura. Tutti gli iscritti possono presentare la candidatura ma de facto vi è una sorta di “listino chiu-so” deciso preventivamente ancorché asso-lutamente ufficioso. Ovviamente il tutto avviene nella massima legittimità anche se la regolarità delle operazioni di voto è demandata agli stessi Ordini in autotutela.

La "riforma" entra nel merito di tre questio-ni probabilmente significative ma che, se non adeguatamente calate nel mondo reale [delle professioni], rischiano di diventare banali quanto inutili rendendole però ob-bligatorie e quindi col rischio di appesan-tire ulteriormente i carichi economici dei singoli professionisti:a. l’obbligo di stipulare una assicurazio-

ne obbligatoria,b. l’obbligo del tirocinio solamente per le

professioni che già lo prevedono,c. la formazione continua obbligatoria.

L’Assicurazione per i danni provocati al cliente nell'esercizio dell’attività profes-sionale ha una sua ragion d’essere qualora questo sia chiaramente evidente. Il crollo di un edificio perché l’ingegnere non ha fatto i corretti calcoli oppure l’architetto che nella direzione lavori non ha control-lato il giusto apporto di cemento ad una struttura. Questa è la responsabilità civile e penale del professionista. Ma l’architetto che presenta una pratica edilizia in comu-ne e questa viene approvata in un lasso di tempo di due anni invece che di sessanta (o centoventi a seconda dei casi) giorni per via della pastoie burocratiche o per le in-terpretazioni soggettive date dal valutato-re della legge e dei vari provvedimenti? Si

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Daniele Rallo, Luca RampadoRiforma degli Ordini?

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può identificare come danno al cliente che nel frattempo a stipulato mutui per finan-ziare l’opera? È facile precedere conten-ziosi inutili quanto dannosi. Già vi sono contenziosi aperti, anche con quantifica-zione e risarcimento del danno, per prov-vedimenti assunti dopo la scadenza di un determinato finanziamento pubblico. Nel campo urbanistico quando scatta il danno al cliente? Il Piano è, in ultima ana-lisi, un allegato ad una delibera consiliare approvato successivamente da un altro organo politico, regionale o provinciale nonché previa acquisizione di numerosi pareri da parte di altri soggetti (Genio Civi-le, Consorzi di Bonifica, ecc.). Nei contratti con la pubblica amministrazione è comun-que già prevista la polizza fidejussoria che garantisce il Comune ed eventuali danni al cliente.

Il Tirocinio professionale (art. 6) «è ob-bligatorio ove previsto dai singoli ordina-menti professionali», cioè solo per le pro-fessioni che già lo prevedono. A tutt’oggi il “praticantato” è obbligatorio, tra i laure-ati, solo per talune professioni (avvocati, dottori commercialisti). Lo stesso ha cre-ato delle grosse difficoltà nell'entrare nel mondo del lavoro da parte dei giovani neo-laureati.Per le professioni tecniche, per l’accesso alla Sezione A, non vi è obbligatorietà. Il Dpr 328/01 che ha disciplinato l’esame di stato non prevede infatti che il certificato di compiuta pratica sia un elemento neces-sario per accedere all'esame per l’iscrizione alla Sezione A; resta l’obbligo invece di un tirocinio di 6 mesi per l’accesso all’esame per la sezione B.

Molto più proficuo risulta essere invece il “tirocinio” previsto all'interno dello stes-so periodo del corso di laurea (di solito all’ultimo anno) che mette in contatto lo studente con il mondo del lavoro privato o pubblico. L’esperienza del Corso di laurea in Urbanistica di Venezia, che dura da oltre un quarantennio è altamente qualificante. Lo studente inserito con apposita conven-zione stipulata tra università e studio pro-fessionale o ente pubblico permette allo

stesso di capire lo svolgimento della pro-fessione o del mestiere, valutare sia il set-tore privato, che quello pubblico, prefigu-rarsi una possibilità lavorativa post-laurea da conseguire o attraverso esame di stato o attraverso concorso pubblico.

La Formazione continua (art. 7) è previ-sta al «fine di garantire la qualità e la ef-ficienza delle prestazioni professionali, nel miglior interesse dell'utente e della collettività». L’aggiornamento professio-nale che tutti i professionisti praticano per non essere esclusi dal mercato diventa ora “obbligatorio”. La violazione di tale obbli-go costituisce “illecito disciplinare” (sic!). Spetta al Consiglio Nazionale dell’Ordi-ne regolamentare entro un anno (agosto 2013) la materia previo parere favorevole vincolante del Ministro vigilante. La rego-lamentazione riguarda: a) le modalità per l’assolvimento dell’obbligo; b) i requisiti minimi dei corsi di aggiornamento; c) il valore del credito formativo. I corsi di for-mazione possono essere organizzati oltre che dall’Ordine «anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autoriz-zati dai consigli nazionali degli ordini». In questo caso l’Istituto nazionale di urbani-stica con la Fondazione Astengo è sicura-mente l’ente che, in materia urbanistica, rappresenta la maggior esperienza e pro-fessionalità. La formazione continua non è invece obbligatoria per il dipendente pubblico. Lo stesso però può partecipare a spese dell’ente a convegni e corsi di ag-giornamento in orario lavorativo. Il profes-sionista, è facile prevedere, dovrà diversa-mente farsi carico di una nuova spesa, vera e propria “tassa obbligatoria”, decurtando il tempo dal proprio lavoro.

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Daniele Rallo, Luca RampadoAiutare i giovani alla professione di urbanista

Entrare nel mondo della professione è per un giovane urbanista molto difficile. Le strade principali sono prevalentemente due: il lavoro all'interno della pubblica amministrazione o la libera professione. Nel primo caso si accede attraverso pub-blico concorso, nel secondo si intraprende un percorso che inizia come collaborazio-ne in uno studio già presente sul mercato e si evolve (non sempre) verso l'apertura di uno studio proprio o in associazione. In entrambi i casi l'ingresso nel mondo del lavoro si scontra con le difficoltà oggettive date dal mercato soprattutto in questa fase storica di transizione infinita e di incertez-za globale. Per i laureati in Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale vi è un ostacolo aggiuntivo: la "non-conoscen-za" (nel 2012!) di questa tipologia di laurea altamente qualificante da parte delle am-ministrazioni in genere e il "boicotaggio" espresso spesso dagli stessi ordini profes-sionali. Eppure la laurea in urbanistica è sempre stata una laurea "specialistica" sin dalla sua creazione nel 1970 grazie al deci-so impegno di un gruppo di professori, do-centi presso l'Istituto Universitario di Ar-chitettura di Venezia con a capo Giovanni Astengo, "urbanista militante"1. Laurea che ha addirittura ottenuto una formale equi-parazione alle lauree in architetture ed in ingegneri civile per l’accesso ai pubblici concorsi (Dm 11/02/2000). I laureati in ur-banistica hanno sempre rappresentato una elite nel panorama professionale naziona-le, prodotto di un corso studiorum alta-mente qualificato e qualificante, invidiato a livello europeo dallo stesso Consiglio Eu-ropeo degli Urbanisti (Ceu-Ectp). Sollecita-re la ulteriore diffusione della conoscenza di questa laurea deve rappresentare un im-perativo sia del mondo accademico sia del mondo professionale cd regolamentato.

Concorsi pubbliciAncora oggi, seppur sempre più raramen-te, è possibile incrociare bandi per con-corsi pubblici per la copertura di un posto di urbanista o comunque responsabile di Settori variamente denominati Governo del territorio, Edilizia privata e urbanisti-ca, Ambiente, ecc. presso la pubblica am-ministrazione "riservato" genericamente ad architetti o ingegneri (nessuno escluso quindi ivi compresi meccanici, aeronauti-ci, elettronici, ecc) iscritti all'Albo. Se que-sto era già inaccettabile attorno agli anni 70-80, a seguito dell'apertura del corso di laurea, diventa oggi intollerabile dopo la approvazione del Dpr 328 del 2001. Questo provvedimento legislativo nazionale ha finalmente sancito la decadenza dei vec-chi ed anacronistici ordini di architetti e di ingegneri sostituendoli con una nuova "disciplina dei relativi ordinamenti" e con nuovi "requisiti per l'ammissione all'esa-me di stato" e con l’individuazione di spe-cifici e riservati ambiti professionali per i rispettivi iscritti. Il Dpr ha istituito al'interno degli Albi le "Sezioni" (laurea triennale o specialistica) e i "Settori". Nel nuovo albo degli architetti sono inseriti a fianco dell’originario settore “Architettura” i Settori della "Pianificazio-ne territoriale", della "Paesaggistica" e della "Conservazione dei beni architettonici e ambientali" (art.15). L'albo degli ingegne-ri ha i Settori "Civile-Ambientale", "Indu-striale", e "dell'Informazione". (art.45). Per ogni figura vi è percorso formativo diverso, un diverso "titolo professionale", un diver-so esame di stato e soprattutto assegnate e riservate specifiche attività.Qualsiasi bando di gara che non tiene con-to di questa differenziazione è inficiato alla base e, come tale, rischia di essere annulla-to. L'ignoranza della legge non è ammessa, ancorpiù dalla Pubblica Amministrazione. Come detto il Dpr ha inoltre specifica-to per ogni figura professionale l'attività professionale riservata. Ai Pianificatori territoriali (e solo a loro) è attribuita "a) la pianificazione del territorio, del paesaggio, dell'ambiente e della città, b) lo svolgimen-to ed il coordinamento di analisi comples-se e specialistiche delle strutture urbane,

territoriali, paesaggistiche e ambientali, il coordinamento e la gestione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità dei piani e dei progetti urbani e territoriali, c) strategie, politiche e progetti di trasforma-zione urbana e territoriale" (art.16). Ai laureati in architettura (vecchio e nuo-vo ordinamento) è possibile accedere al Settore della Pianificazione territoriale previo il superamento dello specifico esa-me di stato. Ai laureati in ingegneria civile e ambien-tale (che diversamente dagli architetti non possono accedere all’esame di stato per la professione di Pianificatore territoriale) è riservata la progettazione, lo sviluppo e la direzione lavori, ecc. "di opere edili" e di "strutture e infrastrutture …" (art.46). Nei concorsi pubblici deve quindi essere data priorità alla figura professionale del Pianificatore territoriale.

Gare per i pianiAi giovani laureati Pianificatori territoriali viene riconosciuta dalla legge una oppor-tunità aggiuntiva. Il Codice degli Appalti (DLgs n° 163/2006) regolamenta anche i Servizi attinenti all'urbanistica e alla pa-esaggistica (Allegato IIA categoria 12). In caso di Bando di gara per l'affidamento di un progetto di piano urbanistico "lo stes-so deve essere espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vi-genti ordinamenti professionali … con la specificazione delle rispettive qualificazio-ni professionali (art.90, c.7). Lo stesso arti-colo specifica che deve essere promossa la presenza anche di giovani professionisti "nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione, concorsi di idee." Per "giova-ni professionisti" si intende i laureati con meno di cinque anni di iscrizione all'albo.Ne consegue, anche se non sempre è espli-citato e soprattutto scontato, che per le gare relative alla progettazione di piani ur-banistici i giovani laureati sono quelli del nuovo ordinamento post-Dpr328, e cioè i Pianificatori territoriali della Sezione A o i triennali iunior. Appare evidente che tutti i componenti di ogni soggetto affidatario (gruppo, rag-

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No

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i parole chiave volum

i

Masterplan: nè piano nè progettodi Marco Ardielli

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gruppamento temporaneo, ecc.) parteci-pano con pari dignità, con pari obblighi e con pari diritti già in sede di presentazione dell'offerta al bando di gara. Pertanto, tutta la documentazione prodotta dal concor-rente (ivi compresa l'istanza, l'offerta tec-nica, l'offerta economica, ecc.) deve essere sottoscritta da tutti i componenti, e quindi anche dal giovane professionista, che se ne assume la responsabilità anche in ordi-ne all'aspetto economico e fiscale essendo richiesta la regolarità contributiva anche allo stesso giovane professionista (Durc).A maggiore sostegno di quanto affermato, si rileva che il Legislatore ha voluto incen-tivare la presenza di giovani professionisti nell'ambito di gruppi o raggruppamenti, attribuendo un incremento di punteggio al concorrente e, in caso di Raggruppamenti Temporanei di Professionisti, rendendone addirittura obbligatoria la presenza.Non sempre questa normativa viene rispet-tata.

In entrambe i casi è compito della Pubblica Amministrazione adeguarsi per non incor-rere in errore sia nella formulazione del bando sia nella sua esplicazione. È compito dell'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti, conservatori, a cui gli urbani-sti sono iscritti, in qualità di organo di ma-gistratura conferitogli dalla legge, vigilare e intervenire. È compito dell'AssUrb, ma anche dell'Inu e delle scuole di pianificazione contribui-re affinchè queste norme siano osservate e rispettate.

1. La definizione assolutamente calzante è di Leonardo Ciacci. Cfr. il suo libro dal titolo omonimo: L.Ciacci, B.Dolcetta, A.Marin, Giovanni Astengo. Urbanista militante, Iuav-Marsilio ed., 2009, con inserito il DVD-film di L.Ciacci.

Campos VenutiAmministrare l'urbanistica oggia cura di Marisa Fantin e Francesco Sbetti

L'Aquila, ripensare per ricostruiredi Federico Oliva, Giuseppe Campos Venuti, Carlo Gasparrini

La città fuori dalla cittàa cura di Marisa Fantin, Maurizio Morandi, Maurizio Piazzini e Lorenzo Ranzato

Le eredità di Astengoa cura di Giuseppe De Luca eFrancesco Sbetti

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In linea con la politica delle cosiddette li-beralizzazioni, portata avanti sia dai gover-ni di centro destra che di centro sinistra, anche le tariffe per le prestazioni profes-sionali di tipo urbanistico sono state abro-gate (DL 1/2012, art. 12). La parcella è stata lasciata alla libera contrattazione tra pro-fessionista e "cliente". Nella pratica legata alla redazione degli strumenti urbanisti-ci, però, il Committente è esclusivamente rappresentato da un Ente Locale che, come tale, è soggetto alla normativa degli appal-ti di servizi e di conseguenza deve agire attraverso gara pubblica. La stazione ap-paltante, nel momento in cui deve proce-dere ad un bando, si trova nella oggettiva difficoltà di porre un valore "a base d'asta" da inserire nei criteri di valutazione/ag-giudicazione della gara. La conseguenza è che la cifra di riferimento viene assunta in modo soggettivo senza alcun riferimento di legge. In una fase di mancanza di risor-se (patto di stabilità, spending review, ecc.) la scelta viene assunta in riferimento alle disponibilità di bilancio e, in sostanza, ad un valore di molto inferiore a quello prece-dente in cui erano in vigore il tariffario. Per i professionisti partecipanti alle gare ciò si traduce nel proporre un ulteriore ribasso che mediamente si aggira attorno al 30%, con punte sino al 50%. A fronte di questi "minimi" il lavoro per la stesura di un piano è notevolmente au-mentata comprendendo analisi e valuta-zioni specifiche e di settore che talvolta (anzi spesso) sono ricomprese nell'incarico principale di progettazione: la Valutazio-ne Ambientale Strategica, la Valutazione di Incidenza, la Compatibilità Idraulica, l'adeguamento al Piano di Assetto Idro-geologico (parte frane e parte idrica), la Compatibilità al rischio sismico, la valu-tazione dei beni storici o archeologici, la Partecipazione e la Concertazione, l'infor-matizzazione secondo canoni prestabiliti,

ecc. Ognuno di questi documenti allegati al piano necessitano per essere redatti di professionalità adeguate e sono diversi in ogni regione o provincia. Vi è poi l'aspetto legato ai tempi della valutazione del "pia-no-burocratico" da parte degli enti ed uffici delegati: Servizio geologia, Servizio idri-co integrato, servizio sismico, ufficio Vas, ufficio Vinca, Sovrintendenza/e, Quadro conoscitivo e Cartografia informatizzata, e, per ultimo, ufficio Urbanistica. Il profes-sionista deve interloquire con tutti questi uffici e riformulare proposte e documenti in una sorta di "co-pianificazione".

Il Decreto legge di liberalizzazione ha, però, introdotto al suo interno delle "de-roghe". Ha previsto cioè che il compenso professionale venga determinato in base a parametri stabiliti con Decreto del Mini-stero della Giustizia (che sovrintende agli Ordini) per due casi: a. nel "caso di liquidazione da parte di un

organo giurisdizionale";b. nel caso di gare di progettazione.Il primo ha lo scopo di derimere le contro-versie sorte in occasioni di contenziosi. Il secondo per fissare dei "minimi" che diven-tino di riferimento per la stazione appal-tante. Questi ultimi devono essere concor-dati con un Decreto interministeriale cioè "di concerto con il ministero delle Infra-strutture". In agosto 2012 è stato emanato il primo Decreto (Dm 140/2012), in novembre è sta-to approntato il secondo che però non ha concluso l'iter a causa della chiusura anti-cipata della legislatura. Entrambi i provve-dimenti si basano sui medesimi parametri e permettono di avere un termine di para-gone per le gare future.

Il "Regolamento recante la determinazione per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le pro-fessioni regolamentate" specifica tra le professioni di "area tecnica" la professione di "Pianificatore" e di conseguenza fissa i parametri per il calcolo delle prestazioni urbanistiche. I parametri generali per la liquidazione del compenso sono quattro (art.34):

a. il parametro "V", cioè il "costo econo-mico delle singole categorie compo-nenti l'opera" ,

a. il parametro "P", cioè il parametro baseche si applica al "costo economico del-le singole categorie componenti l'ope-ra",

a. il parametro "G" che definisce la "com-plessità della prestazione",

a. il parametro "Q" che definisce la "speci-ficità della prestazione".

Il costo economico dell'opera è individuato "tenendo conto del suo valore determinato, di regola, con riferimento al mercato". Nel caso di prestazioni relative "alla pianifica-zione e alla programmazione di tipo gene-rale il Valore dell'opera è determinato sulla base del Pil complessivo relativo al conte-sto territoriale interessato" (nota 2, tav.Z1). Per la redazione dei piani regolatori gene-rali, comunque denominati nelle norma-tive regionali, il parametro di riferimento diventa il valore del Pil di quel particolare contesto territoriale. Il valore del PIL è le-gato alle dinamiche di mercato e sostitui-sce il precedente parametro di riferimento che era il numero degli abitanti dettato dal-la Circolare del Ministero dei Lavori Pub-blici del 1969 (Circ. n.6679 del 1.6.1969). Il Pil pro capite deve essere moltiplicato per il numero degli abitanti reali o nel caso di comuni turistici per il numero di "abitanti teorici" dato dalle presenze massime gior-naliere.Per quanto riguarda la strumentazione ur-banistica attuativa il valore da prendere in considerazione è quello "determinato sulla base del valore delle volumetrie esistenti e di progetto". In questo caso si riconferma il parametro volumetrico come nella prece-dente Circolare Ministeriale senza però le-gare il dato ad una parametro fisso (15 lire al mc. indicizzato Istat, di cui alla Circolare del 1969) ma ai costi reali di costruzione rapportati al metro cubo o al metro quadro, cioè ai valori di mercato.

Partendo dal PIL attraverso una equazione pre-fissata si stabilisce il parametro base (P). Tale valore può essere incremenato o diminuito in base alla "complessità dell'o-

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Daniele Rallo, Luca RampadoTariffe professionali: massimo ribasso vs giusto compenso

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pera (G)", e varia tra 0,8 a 1,5 ed è a discre-zione. Infine il parametro Q è un indice pre-fissato dal decreto e corrisponde alla prestazione da eseguire: per es. per la Pia-nificazione è pari a 0.006.La determinazione del compenso comples-sivo è dato dal prodotto di tutti i parametri (art.39).La criticità più evidente del Dm 140 è data dal fatto che viene attribuita al Giudice la facoltà di abbattere o aumentare i compen-si del 60% (art.36) in maniera completa-mente discrezionale.

Nella bozza del secondo decreto per il "cor-rispettivo a base di gara" i parametri sono stati ulteriormente specificati suddividen-do la "pianificazione urbanistica" rispetto al numero degli abitanti della città in cui si interviene e sono state inserite nuove "voci" quali la relazione paesaggistica, la Via, la Vas, il monitoraggio, gli studi di compatibilità. E' stato inoltre fissato un compenso orario per le prestazioni non ri-comprese e sono state inserite le spese de-gli oneri accessori che variano tra il 10 ed il 25%. Tutti elementi migliorativi rispetto al primo decreto.

Ad una prima valutazione sommaria con il secondo decreto (non ancora approvato) il compenso per un piano ritorna a valo-ri economici più aderenti ai reali costi di produzione anche se la discrezionalità da parte della stazione appaltante rimane de-terminante, come il ribasso proposto dal concorrente in una situazione di libero mercato, salvo poi incorrere nel conten-zioso ed avere come riferimento il primo decreto.

Per avere un termine di paragone rispetto al lavoratore dipendente si può azzardare un confronto con le retribuzioni "minime" sindacali fissate per i contratti dei dipen-denti pubblici di livello dirigenziale. Per la categoria dei Dirigenti è prevista sia una retribuzione da posizione che una da ri-sultato. I contratti dirigenziali si aggirano tra gli 85.000 Euro ed i 120.000 Euro lordi annuali. A queste cifre si deve aggiungere per avere confronto alla pari il "costo" di una postazione di lavoro (affitto, software/hardware, utenze, cancelleria, ecc.) che si aggira attorno ai 10.000-20.000 Euro/anno. Per il lavoratore autonomo ciò rappresenta una spesa da recuperare mentre per il di-

Calcolo prestazioni urbanistiche DM Ministero Giustizia 140/2012

PIANO URBANISTICO COMUNALECP=V*G*Q*P

VValore Piano

Ggrado di

complessità max

Q0,006

(pianificazione)

P CPTOTALE

COMPENSO

abitanti euro

5.000 144.448.050 1,5 0,006 0,03545 46.082

7.000 202.227.270 1,5 0,006 0,03476 63.266

10.000 288.896.100 1,5 0,006 0,03413 88.734

20.000 577.792.200 1,5 0,006 0,03313 172.271

30.000 866.688.300 1,5 0,006 0,03266 254.753

50.000 1.444.480.500 1,5 0,006 0,03217 418.198

100.000 2.888.961.000 1,5 0,006 0,03164 822.745

pendente è un costo che ricade sulla col-lettività. In sostanza un posto di lavoro dirigenziale paragonabile a quello di un libero professionista è valutabile intorno ai 100.000-150.000 Euro lordi/anno. Il “giusto compenso” per il professionista dovrebbe almeno corrispondere al "costo" di un dirigente pubblico, debitamente pa-rametrato al tempo impiegato per la reda-zione del piano. Gli eventuali “sconti” am-messi in fase di gara non dovrebbero essere applicati a questo “minimo sindacale” ma piuttosto agli eventuali bonus aggiuntivi, collegati per esempio alla consegna del la-voro in tempi rapidi, alla maggior qualità del prodotto finale, ecc. In questo modo è forse auspicabile un miglioramento del prodotto finito consegnato alla pubblica amministrazione. Assegnando l’incarico prevalentemente sulla base del “maggior ribasso”, si assiste al progressivo decadi-mento della qualità del lavoro.

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Presentare un permesso di costruire in Co-mune per ottenere la vidimazione del pro-getto è (oggi) una pratica molto complessa e complicata. Non sono più sufficienti, in-fatti, gli elaborati riportanti l’ultimo stato legittimato, lo stato di fatto, quelli di pro-getto, quelli comparativi, con planimetrie, sezioni e prospetti. A corredo del progetto vengono richieste valutazioni sui terreni (quantitative e qualitative), sulla compa-tibilità ed invarianza idraulica, sulla valu-tazione e coerenza paesaggistica, sull'im-patto acustico, sulla efficienza energetica, sull'impiantistica e l’impiego di energie rinnovabili, sull'accessibilità per i porta-tori di handicap, sull’impatto ambientale, ecc. Se si tratta di un edificio produttivo bisogna inoltre rispettare la copiosa nor-mativa sulle emissioni in atmosfera e sugli scarichi dei reflui. Bisogna controllare gli allacciamenti alle reti, calcolare il grado di permeabilità, saper calcolare gli oneri di urbanizzazione tabellari, dimensionare la dotazione di parcheggio privato. Oltre alle valutazioni per la sicurezza sanitaria, per il nulla osta dei vigili del fuoco, per la stati-cità dell'edificio, che si complica in caso di territori con grado sismico elevato. Inoltre un progetto edilizio deve essere corredato dalla Valutazione di Incidenza Ambientale o almeno dallo screening (siti Rete Natura2000 SIC/ZPS). Se è inserito in una parte di territorio tutelato deve essere corredato da una relazione paesaggistica. Ed ancora se è collocato nei pressi di una fascia di rispet-to elettromagnetica o di un allevamento intensivo o di una fabbrica RIR (a rischio rilevante) deve essere corredato da una re-lazione specifica di compatibilità.Progetti più importanti vengono risolti at-traverso progetti complessi che presuppon-gono accordi pubblico-privato, fattibilità economica, perequazione, compensazione,

crediti edilizi, SUAP, ecc. Il progettista ma anche il valutatore (che in questa fase de-vono lavorare a stretto contatto con ruoli spesso difficilmente scindibili) devono avere una preparazione multi-disciplinare che gli permetta di sopperire a tutte le ri-chieste o perlomeno di saper interloquire con diverse figure professionali a vario ti-tolo coinvolte. Il progetto deve essere inoltre inserito in un contesto della città costruita o del ter-ritorio che lo circonda. Il progetto deve essere contestualizzato. Troppo spesso il progettista de-contestualizza il progetto complice anche l'insegnamento ricevuto dal corso di studi universitario.Lo stesso concetto giuridico di progetto ha subito una evoluzione nel corso degli anni: si è passati dalla licenza edilizia a costruire degli anni 40-60 (L 1150/42) alla concessione edilizia a costruire introdotta dalla legge Bucalossi nel 1977 (L 10/77), al permesso di costruire del Testo Unico per l'Edilizia (Dpr 328/01). La licenza di costru-ire è legata allo sviluppo edilizio dei Piani di Fabbricazione con annesso Regolamento Edilizio, disciplinando le mere costruzioni edilizie. La concessione ha invece introdot-to la possibilità di costruire solo in presen-za delle opere di urbanizzazione e corri-spondendo all’amministrazione comunale gli oneri necessari (teoricamente) alla loro realizzazione o, nel caso di loro assenza, subordinando l’intervento all’obbligo di eseguirle o ancora prevedendone la mone-tizzare come oneri per la costruzione della città pubblica. Il permesso di costruire ha introdotto il concetto di trasformazione del territorio o meglio di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio legan-do le due pratiche ma dando una valenza prioritaria alla prima sulla seconda1. Non è solo una questione terminologica. È un approccio molto diverso, ancorchè scarsa-mente riconosciuto in quanto la trasforma-zione non è più solo edilizia ma coinvolge tutti gli aspetti del territorio. Ciò porta a ri-considerare la preparazione che devono avere i tecnici che affronta-no la tematica progettuale sia dal punto di vista dell'oggetto edilizio sia da quello

dell'inserimento urbanistico, cioè della trasformazione di una parte del territorio, in un contesto costruito definito da pieni e da vuoti. Anche la produzione edilizia assume il valore di una trasformazione ter-ritoriale, di un inserimento in una parte di territorio. Ne consegue che il progetto edi-lizio deve sottostare ad una serie di regole sul ben-costruire ma ancor prima sulla co-erenza ambientale-urbanistica. Ogni pro-getto deve contribuire alla costruzione di una porzione della città pubblica o, come minimo, deve inserirsi in maniera armo-niosa seguendo il principio insediativo ivi presente.Seppur non si possa alzare la qualità este-tica degli edifici attraverso la legge è pur vero che tutti i provvedimenti legislativi in materia sono orientati a certificare il materiale dell'architettura attraverso la prioritaria attenzione al progetto urbani-stico. Gli esempi significativi sono molteplici, oltre a quelle già citate. Dalla Convenzione europea sul paesaggio (sottoscritta a Firen-ze il 20.10.2000) al Codice Urbani dei Beni Culturali e del Paesaggio che ha re-intro-dotto i piani paesistici già presenti sia nel-la legge 1497/39 che nella legge urbanisti-ca quadro del 1942 ma scarsamente attuati. Anche perché la stessa viene interpretata come un inutile ulteriore appesantimento nella consueta "cascata" di piani; il concet-to di paesaggio dovrebbe essere presente all'interno di tutta la strumentazione ur-banistica e della progettazione edilizia. Un esempio significativo è rappresentato dalla legislazione della Regione Lombardia che ha definito delle "Linee Guida per l'esame paesistico dei progetti" (Dgr 8.11.2002, n.7/11045 e Dgr 29.12.2005 n.8/1681) indi-pendentemente dall'inserimento del con-tenuto paesaggistico nella strumentazione urbanistica comunale, cioè anche in as-senza del Piano generale del territorio (Pgt che è formato contemporaneamente da tre piani: il Documento di Piano, ovvero delle strategie, il Piano dei Servizi, ovvero degli standard, il Piano delle Regole, ovvero dello zoning). Le Linee Guida partono dal concet-to che la qualità paesistica costituisce un

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Daniele Rallo, Luca RampadoTrasformare il territorio: dalla valutazione edilizia a quella urbanistico-ambientale

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bene collettivo, culturale ed economico, e che tutelare il paesaggio riguarda il gover-no delle sue trasformazioni ed arrivano a definire i "criteri per la determinazione del-la classe di sensibilità del sito". Il giudizio sulla sensibilità di un paesaggio tiene conto di tre differenti modi di valutazione: la va-lutazione morfologico-strutturale, la valu-tazione vedutistica e la valutazione simbo-lica. Incrociando tali valutazione si arriva alla determinazione dell'impatto paesistico dei progetti edilizi attraverso un punteggio sul grado di incidenza rapportato alla clas-se di sensibilità del sito. Pur riconoscendo a priori che è "da escludere che si possa trova-re una formula capace di estrarre da questa molteplicità di fattori un giudizio univoco e oggettivo" data anche la molteplicità di sog-getti rappresentati nella società che intera-giscono tra loro in forme complesse e spesso conflittuali.Altri esempi ne sono l’incentivo per pro-muovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate (cd Decreto Sviluppo art. 5 c. 9 L 106/2011), la legge per lo svilup-po ed il recupero delle spazi verdi urbani (L 10/2013) ed il progetto di legge per il blocco del consumo di suolo. Infine il progetto edilizio e urbanistico è sempre maggiormente legato al concetto di sostenibilità collettiva. Il miglior progetto non è quello del progettista ma quello con-diviso dalla collettività, dalla comunità lo-cale.Per poter operare e valutare la trasforma-zione urbanistico-territoriale vi è quindi la necessità di una preparazione multi-di-sciplinare che gli urbanisti e pianificatori territoriali e ambientali, per il particolare corso studiorum, hanno forse più di altri tecnici operanti sul territorio.

1. Su questo tema cfr. Luca Rampado DanieleRallo “Progetti di trasformazione urbana e territoriale: compiti e responsabilità del Pianificatore Territoriale e Urbanista” ma anche Giuseppe De Luca “Progettazione urbanistica e Progetti di trasformazione urbana e territoriale” in www.urbanisti.it 94

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La legge urbanistica della regione Piemon-te è conosciuta e denominata anche come "legge Astengo". Nel 1977, anno di approvazione della legge, Giovanni Astengo è Assessore all'Urbani-stica della regione e contemporaneamente direttore del corso di laurea in urbanistica di Venezia dove insegnava "progettazione urbanistica" agli studenti del quinto anno1. Sempre in quell'anno escono i primi lau-reati che si possono fregiare del titolo di "urbanista". Astengo, alle proclamazioni delle prime lauree, convinto oppositore degli ordini professionali annuncia che si sarebbe auto-sospeso dall'Albo degli Archi-tetti, di cui si attendeva lo smantellamento per l'entrata in vigore del mercato euro-peo, per poter condividere la posizione dei laureati urbanisti "senza albo"2. Astengo, "urbanista militante"3, profondamente convinto che la progettazione urbanistica è materia diversa da quella della architet-tura o della ingegneria civile si prodiga per il riconoscimento della figura del laurea-to in urbanistica nel panorama nazionale delle professioni. Le prese di posizioni su tale argomento sono diverse ancorchè ina-scoltate dall’accademia ma portate avanti con orgoglio dalla piccola e giovane Asso-ciazione nazionale degli urbanisti. Nella presentazione del Vademecum per l'Anno accademico 1981-1982 denuncia che a die-ci anni dalla istituzione del corso di laurea "alcuni nodi condizionano dall'esterno la vita e l'operatività del cdl e dei suoi lau-reati". Il primo nodo esterno riguarda "la mancata istituzione … dell'esame di stato per i nostri laureati che, privi di questo riconoscimento, si trovano sguarniti di fronte alla concorrenza professionale degli architetti. Questi, infatti, attraverso l'azio-ne degli Ordini professionali, difendono ad oltranza il diritto nell'esercizio della

professione di urbanista e pianificatore territoriale che nessuna legge dello Stato ha finora regolato, nè, tantomeno, ha loro conferito in esclusiva."4. E ancora nell'an-no 1983 quando in contrasto con il nuovo corso assunto con la riforma del cdl lascia la guida dello stesso5 ritorna sul "riconosci-mento del titolo dei nostri laureati e della furibonda e acrimoniosa battaglia sferrata dalla pletorica corporazione dei 100mila architetti contro quella che viene conside-rata una invasione di campo …"5.In attesa della eliminazione degli Ordini, Astengo "militante" propone la nuova leg-ge urbanistica della regione Piemonte e al suo interno interviene anche sulla questio-ne degli incarichi professionali. L'art. 79 della legge sulla "Tutela ed uso del suolo" (Lr 5.12.1977, n. 56) detta disposizioni sulla "progettazione degli strumenti urbanisti-ci" ed in maniera chiara ed inequivocabile recita: "Gli incarichi esterni per la proget-tazione degli strumenti urbanistici gene-rali ed esecutivi sono conferiti dai Comuni ad esperti che siano laureati in urbanistica, nonché in architettura ed in ingegneria con specifica competenza nella disciplina urbanistica.La deliberazione di conferimento dell’inca-rico deve contenere la illustrazione dell’at-tività scientifica e professionale svolta in campo urbanistico dall’incaricato.Per l’intera durata dell’incarico di proget-tazione dei piani generali e fino alla loro approvazione i progettisti non possono as-sumere incarichi di progettazione da parte di privati nell’ambito dei Comuni interes-sati." Non essendo la materia urbanistica esclu-siva dei laureati architetti o ingegneri ed essendo la materia urbanistica delegata dallo Stato alle Regioni, Astengo è convin-to che si possa legiferare anche in materia di indirizzo professionale. Infatti tale arti-colo non sarà mai oggetto di contenzioso. Anzi la storia successiva confermerà tale pronunciamento con la sentenza del Con-siglio di Stato del 1998 e con il definitivo Dpr 328 del 20016. La legge specifica che in primis gli incarichi devono essere con-feriti agli urbanisti e, secondariamente, ai laureati in architettura o ingegneria che

abbiano però "specifica competenza nel-la disciplina urbanistica". La competenza deve essere comprovata dal curriculum che deve essere richiamata esplicitamente nella delibera di incarico. Infine per essere ancora più espliciti viene ribadita la norma deontologica già inserita nella legge urba-nistica nazionale del 1942 che prevede che durante la stesura del piano e sino alla sua approvazione i progettisti non possono as-sumere incarichi di progettazione da parte dei privati. Ribadire in questa sede la nor-ma sembra più un monito/suggerimento agli architetti e agli ingegneri di occuparsi della loro materia e a lasciare agli urbanisti la loro specializzazione.L'articolo in questione viene modificato nel 19847 introducendo una ulteriore spe-cificazione. I laureati in urbanistica sono i diretti interessati alle analisi tecniche specifiche (di cui all'art 14, 2a e dell'art.29, comma 2).A marzo 2013 la Regione Piemonte (a mag-gioranza centro-destra) approva ulteriori modifiche alla legge di tutela del suolo del 1977 che viene riconosciuta come "nuova legge urbanistica"8. L'art. 79 viene aggior-nato prendendo atto delle nuove denomi-nazioni delle lauree a seguito dell'entrata in vigore della riforma universitaria ma viene confermata in toto la filosofia di del 1977 dettata da Astengo. Si introduce in-fatti la laurea magistrale in pianificazio-ne territoriale urbanistica e paesaggistico ambientale9 (oltre a quella urbanistica) ma non quella magistrale in architettura o in-gegneria. Ad una lettura "giuridico-lettera-ria" la legge introduce una separazione tra le lauree ante e post Dpr 328/01. Gli inca-richi per i piani possono essere dati ai lau-reati vecchio ordinamento, ovvero agli ur-banisti o agli architetti/ingegneri con "con specifica competenza urbanistica" purchè "iscritti ai rispettivi Albi". Oppure ai laure-ati quinquennali magistrali in "pianifica-zione territoriale urbanistica e paesaggisti-co-ambientale". Vengono esclusi i laureati magistrali architetti o ingegneri post Dpr 328/01. Spingendo oltre la interpretazione alla lettera la legge favorisce anche il per-corso formativo in quanto sembra esclude-re anche i laureati architetti o i laureati in

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Daniele Rallo, Luca RampadoLa nuova legge urbanistica del Piemonte. Una conferma del progetto di Astengo

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scienze ambientali che, superato l'apposito esame di stato, possono iscriversi al Setto-re "Pianificatori" dell'Albo. Infatti gli stessi non sono citati.

1. Di Biagi P. (1992), Giovanni Astengo, in Urbanisti Italiani (a cura di Di Biagi P., Gabellini P.), ed. Laterza

2. Testimonianza diretta. Non risulta però che poi sia stato portato avanti tale proposito anche perché impegnato in diversi incarichi di progettazione.

3. Ciacci L., Dolcetta B., Marin A. (2009), Giovanni Astengo. Urbanista militante, Marsilio editore.

4. IUAV, CdL Urbanistica, Vademecum 1981-1982, Presentazione, de Il Presidente del Consiglio di Corso di Laurea, prof. Giovanni Astengo

5. Comunicazione del prof. G.Astengo al Consiglio del CdL dell'11.1.1983, riportato integralmente in "Il Giornale degli Urbanisti", organo dell'AssUrb, novembre 1983

6. CdS 1087/1996, Dpr 328/2001 che sancisce definitivamente il riconoscimento ordinistico dell'urbanista o pianificatore all'interno del nuovo Ordine rifondato e ridenominato Ordine degli Architetti, dei Pianificatori, dei Paesaggisti e dei Conservatori (APPC). Con questi provvedimenti si sancisce il disegno strategico di Astengo anche se ciò avviene dieci anni dopo la sua scomparsa. Giovanni Astengo muore il 26 luglio 1990 in treno mentre da Pisa, città per la quale stava preparando il piano, stava ritornando a Venezia.

7. Regione Piemonte, Legge regionale n. 61 del 6-12-1984 Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 56/77 e successive modificazioni , Art. 62 "L’art. 79 della L. R. 56/ 77 è soppresso e sostituito dal seguente: Art. 79 - Progettazione degli Strumenti Urbanistici. Gli incarichi esterni per la progettazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi sono conferiti dai Comuni ad esperti laureati in urbanistica, in architettura ed in ingegneria, con specifica

competenza nella disciplina urbanistica. Per l’intera durata dell’incarico di progettazione dei piani generali e fino alla loro approvazione i progettisti non possono assumere incarichi di progettazione da parte di privati nell’ambito dei Comuni interessati. Per la redazione degli allegati tecnici di cui all’art. 14, punti 2a e 2b per gli accertamenti di cui al 2º comma dell’art. 29, gli incarichi debbono essere conferiti a laureati in urbanistica e ad esperti con specifica competenza iscritti ai rispettivi albi professionali, ed in particolare, per gli allegati di cui al punto 2b di cui all’art. 14, a laureati in geologia o ingegneria."

8. Legge regionale 25 marzo 2013, n. 3 Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) e ad altre disposizioni regionali in materia di urbanistica ed edilizia.

9. Art. 76.(Modifiche all’articolo 79 della l.r. 56/1977)1. Il comma 1 dell’articolo 79 della Lr 56/1977 è sostituito dal seguente:"1. Gli incarichi esterni per la redazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi sono conferiti dai comuni ad esperti con laurea magistrale in pianificazione territoriale urbanistica e paesaggistico-ambientale, in urbanistica, in architettura e in ingegneria, con specifica competenza urbanistica, eventualmente integrati da esperti nelle discipline coinvolte nella predisposizione degli stessi.". " 2. Il comma 2 dell’articolo 79 della l.r. 56/1977 è sostituito dal seguente:"2. Per l'intera durata dell'incarico di redazione dei piani generali o delle loro varianti e fino alla loro approvazione, i professionisti non possono assumere incarichi da parte di privati nell'ambito dei comuni interessati.". Il comma 3 non viene modificato.

urbanistica INFORMAZIONIon-line

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URBANISTICAsemestrale

150-151(luglio - dicembre 2012gennaio - giugno 2013)

urbanistica INFORMAZIONIbimestrale

249-250(maggio - giugno 2013luglio - agosto 2013)

urbanistica DOSSIER130Strategie di mitigazione del rischio sismico e pianificazione CLE: condizione limite per l’emergenza

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Con l'istituzione del nuovo Ordine degli archi-tetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori dopo l'approvazione del DPR 328/01 anche gli urbanisti sono entrati nell'Albo omonimo con la denominazione di “pianificatori territoriali e pianificatori junior” acquisendo de iure nuo-ve opportunità professionali. Anche se alcune di queste erano loro attribuite anche prima del 2001. In modo particolare si tratta delle nuove pro-fessioni che richiedono, oltre una cultura ge-nerale, uno specifico approfondimento nel campo edilizio. Si tratta delle professionalità legate a particolari operazioni della filiera edi-lizia: gli accatastamenti ed i frazionamenti, le stime, le perizie e le expertise, la certificazione energetica dei complessi edilizi, la certifica-zione ambientale dei quartieri, ecc. Uno dei più recenti riconoscimenti, in tale ottica, è rappresentato proprio dal "Regola-mento recante la disciplina dei criteri di accre-ditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici" approvato con DPR n. 75 il 16 aprile 2013 ed entrato in vigore il 12 luglio ultimo scorso.Il Regolamento porta in attuazione il decreto legislativo del 2005 (art. 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192) che prevedeva l'emanazione di uno o piu' de-creti del Presidente della Repubblica al fine di definire i requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la qualifi-cazione e l'indipendenza degli esperti o degli organismi a cui affidare la certificazione ener-getica degli edifici e l'ispezione degli impianti di climatizzazione. Il Regolamento esce con notevole ritardo rispetto alla Direttiva Euro-pea (2002/91/CE,art.7) tanto che l'Italia era già stata messa in mora dalla stessa Unione. Il Regolamento ha come finalità la definizio-ne dei "requisiti professionali e i criteri di ac-

creditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti o degli organi-smi a cui affidare la certificazione energetica" anche per "una applicazione omogenea, co-ordinata e … operativa … su tutto il territorio nazionale." (art.1).Il Regolamento individua esattamente i re-quisiti che devono essere posseduti per poter svolgere la mansione di certificatore energeti-co. Il tecnico per essere definito competente deve essere in possesso di uno dei titoli citati nell'elenco allegato, iscritto ai relativi ordini e collegi professionali e abilitato contempo-raneamente all'esercizio della professione in materia di progettazione di edifici ed impianti ad essi connessi (art. 2 c. 3). Nel lungo elenco inserito all'art. 2 c. 4 compa-iono tra l'altro la Laurea Magistrale LM 48, la Laurea Specialistica 54/S e la Laurea (trienna-le) L7 ed L21 che sono quelle corrispondenti alla figura del Pianificatore urbanista, territo-riale e ambientale. Precisa inoltre il Decreto che il tecnico abilita-to ed iscritto all'Ordine competente, laddove non fosse competente nella “progettazione di edifici e impianti asserviti agli edifici stessi” (art. 2 lett. b) c. 3) […] “o nel caso che alcuni di essi esulino dal proprio ambito di competen-za” [...] dovrà “operare in collaborazione con altro tecnico abilitato in modo che il gruppo costituito copra tutti gli ambiti professionali su cui è richiesta la competenza. L’alternativa è “sanare” questa lacuna con la frequenza e superamento del corso corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici (art. 5). Interessante a tal proposito il contenuto del comma 4 lett. a) dell’art. 2 che precisa come tra i titoli necessari per potere esercitare in veste di certificatore energetico previa frequenza di corso e superamento di apposito esame via si-ano anche i “titoli di cui al comma 3, ove non corredati della abilitazione professionale in tutti i campi concernenti la progettazione di edifici e impianti asserviti agli edifici stessi”. Ciò significa, di fatto, che qualcuno tra quei titoli (art. 2 c. 3) sicuramente non ha tutte le competenze richieste e che pertanto tutti quei i tecnici abilitati ed iscritti al rispetto Ordine e/o Collegio che non dimostrino di possedere le competenze per progettare edifici ed im-

pianti ad essi connessi dovranno comunque conseguire un attestato di frequenza, con su-peramento dell'esame finale, relativo a speci-fici corsi di formazione per la certificazione energetica. Il legislatore non fa, in questo caso, alcuna dif-ferenza tra la laurea di provenienza, metten-do tutti sullo stesso piano ed "obbligandoli" a seguire un apposito corso di formazione post-laurea laddove appunto non si dimostrasse il possesso dei requisiti sopraccitati.Le caratteristiche del corso sono specificate dallo stesso decreto. Il corso deve avere una durata minima di 64 ore suddiviso in otto mo-duli con informazioni sulla legislazione, sul bilancio del sistema edificio-impianto, sull'a-nalisi tecnico-economica degli investimenti, sull'involucro edilizio, sugli impianti termici, sull'utilizzo delle fonti rinnovabili, ecc. E' interessante notare la sola preparazione universitaria di tecnici che “normalmente” si occupano di edilizia (architetti, ingegneri, agronomi, geometri laureati), seppur con-centrata sull'involucro edilizio, non potrebbe essere sic et simpliciter ritenuta idonea ai fini della certificazione energetica (art. 2 c. 4 lett a)). Gli stessi dovranno infatti, laddove non possedessero i requisiti richiesti, anche dopo il superamento dell'esame di stato, procedere attraverso la partecipazione ed il superamen-to di un corso specifico professionalizzante, alla stessa stregua delle altre figure previste dal Decreto. L'Associazione Nazionale degli Urbanisti ha sempre precisato ed ha sempre portato avan-ti la linea della diversità delle figure profes-sionali di architetto e di urbanista. I primi operano nell'edilizia, i secondi nella città e nel territorio. Ma il legislatore in questo caso ha ritenuto di dare una interpretazione più allargata, più in linea con le direttive euro-pee del libero mercato che più che una mera iscrizione ad un ordine/collegi o richiedono la dimostrazione del possesso di determinati re-quisiti derivanti dal percorso studiorum e pro-fessionale oltre che dal superamento di corsi specifici post laurea (è il caso dei redattori della valutazione di incidenza ambientale, dei coordinatori per la sicurezza nei cantieri, dei tecnici competenti in acustica ambientale, dei mediatori civili o conciliatori, ecc.). In questo

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Daniele Rallo, Luca RampadoUrbanisti vs edilizia

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cado la certificazione è “riservata” ad un am-pio elenco di laureati e diplomati (nel Decreto sono citate circa una ventina di titoli tra lau-ree e diplomi) subordinando però l’esercizio della professione al superamento di un appo-sito corso di formazione ed esame finale. Analogamente per le pratiche catastali che oggi avvengono esclusivamente in via infor-matica il format (Dofca, Pregeo, ecc.) previsto dal Ministero competente alla domanda "pro-fessione" richiede la sola iscrizione all'Ordine (o collegio) senza ulteriori precisazioni (si pensi al caso degli ingegneri, tutti raggruppati sotto la medesima dicitura “ingegnere” senza precisare se trattasi di ingegnere civile am-bientale o industriale). Analogamente, di nuovo, il Giudice di un Tri-bunale, nella sua piena autonomia, può asse-gnare il compito di CTU ad una figura tecnica specialistica. Non vi è dubbio che in molte dia-tribe riferentesi alle valutazioni edilizio/urba-nistiche il miglior esperto in perizie è proprio il laureato in pianificazione. Così (a maggior ragione) anche per le valu-tazioni e le expertise che sono necessarie, con le nuovi leggi urbanistiche regionali, per l'introduzione dei concetti di perequazione, compensazione, credito edilizio, accordo pub-blico-privato, ecc..Le pratiche anzidette offrono un campo di la-voro relativamente vasto per i giovani laurea-ti in urbanistica e pianificazione territoriale e ambientale dove trovano però altre figure con più storia e ben più consolidate nel mercato. L'anello debole della catena è rappresentato ancora dalla scarsa conoscenza che la figu-ra dell'urbanista – pianificatore territoriale ha nel mercato delle professioni. E, in alcuni casi, dalla stessa poca pubblicizzazione fatta dagli ordini professionali a cui gli stessi sono iscritti. L'aiuto delle università è in questo caso fondamentale. La pubblicità data ai cor-si universitari deve essere fatta ex-ante (per le iscrizioni) ma anche ex-post, presso enti, isti-tuzioni (e consigli degli ordini) per meglio far conoscere ed apprezzare la laurea in urbanisti-ca e pianificazione territoriale e ambientale.

Libri e altro a cura di Ruben Baiocco

Prove di rigenerazione urbana. Tre temi e sei progetti per BaranzateLaura Montedoro (a cura di), Alinea, Firenze, 2012, 139 pp., 28 euro.

Se la rigenerazione urbana sembra ormai una strategia irrinunciabile per operare sui nostri territori, dove si possono più utilmen-te individuare i campi sperimentali per la sua applicazione? E quale ruolo può avere in questa strategia il progetto urbano?A questi e altri interrogativi si propone di dare risposta questo libro curato da Laura Montedoro, che lungi dal riportare unica-mente gli esiti progettuali di un Laboratorio didattico – tenutosi presso la Scuola di Archi-tettura civile del Politecnico di Milano, dove la curatrice svolge la sua attività di ricerca e didattica – fornisce numerose occasioni di ri-flessione ed esiti di sperimentazione.In primo luogo, l’occasione di riflettere sul rapporto tra gli strumenti dell’urbanistica e i luoghi della città contemporanea, sull’ade-guatezza dei primi rispetto alla complessità dei secondi. Ma quella messa in atto nel pic-colo comune dell’hinterland milanese è un’e-splorazione che può anche condurre a speri-mentare approcci progettuali e individuare concreti risultati a differenti scale e con rife-rimento a molteplici, e molto rilevanti, temi di progetto.Baranzate è un piccolo Comune di circa 11.000 abitanti e meno di 3 kmq. di superfi-cie, così prossimo a Milano da essere coin-volto con forza nelle sue attuali e future

strategie di sviluppo; ma anche un’area con-trassegnata da differenti e rilevanti fenome-ni di marginalità all’interno di un territorio composito come il Nord Milano; e infine una realtà urbana che è possibile leggere alla scala dell’intera città metropolitana, se si in-tende adottare in modo proficuo un strategia che non pone il fuoco dell’attenzione sul e dal centro, ma su una delle componenti, per più aspetti peculiare e rilevante, di questa complessa urbanità.Tra i caratteri di rilievo sui quali il Laborato-rio didattico ha posto l’attenzione si può così individuare l’insieme di caratteristiche di marginalità, frammentarietà, conflittualità più o meno latente e carenza di risorse (non solo economiche) che caratterizza molta parte dei territori contemporanei di recente insediamento. Baranzate ci appare nel volu-me come un mix di periferie, pastiche privo di riconoscibilità, luogo della marginalità e della carenza di attrezzature e accessibilità (pur se attraversato e frammentato da assi infrastrutturali importanti), laboratorio so-ciale de facto, in quanto Comune a più alta percentuale di popolazione straniera in Ita-lia, con abitanti di 72 diverse nazionalità. Caratteristiche che portano a riconoscere in questi luoghi un laboratorio dove sperimen-tare buone pratiche progettuali, da applicare in seguito su più ampia scala e in diversifica-ti contesti.I tre temi di lavoro che i progetti degli studen-ti hanno affrontato – attraverso la redazione di masterplan e di progetti alternativi per le aree di trasformazione individuate – sono quelli della redazione di un progetto che svi-luppi i principi e le attese contenute nel PGT recentemente approvato dall’Amministra-zione comunale, della stesura di un master-plan nel quale sia centrale il tema dell’acco-glienza, dove siano previsti luoghi ospitali e spazi di relazione, e infine dell’elaborazione di uno scenario improntato alla sostenibilità (nel suo senso più lato) e alla qualità urbana.La ricostruzione della storia dei luoghi – come da campagna siano divenuti periferia metropolitana – e delle immagini di città interpellate per orientare il progetto precede l’illustrazione dei tre masterplan e delle va-

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lillygi
Rettangolo
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Il campo di lavoro degli urbanisti e dei pianifi-catori territoriali e ambientali iscritti all'albo professionale è in continua evoluzione e si sta delineando sempre più ampio.Il vocabolario giuridico dell'urbanistica si è incrementato negli ultimi decenni di nuove terminologie che hanno introdotto e codifi-cato nuovi concetti già presenti nel dibattito disciplinare accademico e sviluppati priorita-riamente dall'Inu.Le nuove leggi urbanistiche regionali o le modifiche (inserite come monconi nelle leg-gi "sviluppo" o "del fare") alla legislazione na-zionale hanno iniziato ad inserire nel testo normativo i concetti di perequazione, com-pensazione, credito edilizio, accordo pubbli-co-privato, ecc..In una fase storica di risorse scarse la costru-zione della città pubblica viene sempre di più sollecitata e attuata con l'apporto della finan-za privata. Gli investimenti per la realizzazio-ne delle opere pubbliche, degli standard, vie-ne demandata al developer edilizio che ha il maggior ricavo dall'operazione immobiliare. L'ente locale, che (assieme a regione e città me-tropolitane) ha la prerogativa costituzionale del "governo del territorio", decide attraverso il piano regolatore l'individuazione delle aree di trasformazione. Al tempo stesso però deci-de l'imposizione della quantità di quota parte del surplus che deriva dall'operazione im-mobiliare che deve ritornare alla collettività, attraverso la costruzione di parcheggi, verde, impianti sportivi, ecc. (E' un controllo della rendita di posizione, avremmo detto anni ad-dietro).Per attuare queste politiche il legislatore ha messo a disposizione dell'urbanista la possibi-lità di utilizzare i nuovi strumenti di negozia-zione per addivenire a degli accordi tra attore pubblico e attore privato. In realtà la partecipazione del privato alla co-struzione della città pubblica è una politica

che ha una lunga storia nello sviluppo dell'ur-banistica italiana. Parte dalle leggi sull'esproprio post unità del-la seconda metà dell'800 e arriva alla legge Bucalossi del 1977 che dà a regioni e comuni il diritto di fissare il quantum in termini di contributo concessorio. Oneri primari, oneri secondari e contributo costo di costruzone se-condo tabelle parametriche, con riferimento al metro cubo o al metro quadro edificabile, fissate da legge regionale e da delibera consi-liare. Purtroppo i valori che dovevano essere parametrati ai reali costi di realizzazione da troppe amministrazioni sono state sempre tenute molto al di sotto. Il risultato è stato un minor introito, una minore capacità di spesa, un sottodimensionamento nella realizzazio-ne degli standard, una città pubblica con ser-vizi non adeguati.La perequazione, la compensazione o i crediti edilizi a seconda delle leggi regionali possono essere inseriti sia nel piano strutturale che nel piano operativo. In altri casi sono fissati attra-verso accordi pubblico-privato ad hoc piegati successivamente allo strumento urbanistico più idoneo. I fattori indispensabili per la rea-lizzazione degli stessi sono la trasparenza e la pubblica utilità.

La professionalità dell'urbanistaPer attuare queste politiche diventa necessaria una nuova professionalità, quella del "valuta-tore" e quella del "facilitatore" che sia in grado di gestire il "tavolo del confronto" ed il "tavolo della negoziazione". Che sia, cioè, in grado di assumere un ruolo di terziarità per addiveni-re all'accordo tra le parti, che abbia presenti il raggiungimento degli interessi pubblici ma che sappia tener presente il giusto ristoro de-gli interessi privati. Si tratta di una figura che abbia la giusta pre-parazione in campo urbanistico, economico e giuridico per mettere assieme tutti gli ele-menti per chiudere l'accordo tra le parti o per scrivere la normativa tecnica del piano rego-latore. La fattibilità economica del progetto, l'ex-pertise, la due-diligence quali evoluzione della vecchia perizia di stima, sono gli elaborati che vengono richiesti in questi in casi.

Spesso il piano operativo deve essere collega-to alla programmazione economica dell'ente locale, al Piano Triennale delle opere pubbli-che, al Piano delle Alienazioni, al piano di va-lorizzazione dei beni demaniali. La relazione di fattibilità economica come l'applicazione della perequazione è da diver-si anni un elaborato del piano urbanistico in regione Toscana ancor prima dell'entrata in vigore della legge1. Nel Veneto invece il piano operativo, denominato Piano degli Interventi, che viene adottato e approvato solo dal Con-siglio Comunale e ha una valenza quinquen-nale, deve essere corredato da una relazione Programmatica con l'indicazione del quadro economico, dei tempi e delle priorità operati-ve per la sua attuazione (Lr Veneto 11/2004).

Ordine e perizieDal punto di vista ordinistico la competenza degli urbanisti in materia di perizie è sancita da quando è comparsa tale figura negli anni settanta ed è stata ulteriormente specificata dopo il rinnovo degli ordini conseguente alla riforma universitaria e al decreto di riordino degli stessi (Dpr 328/2001). Il Giudice del Tribunale che ha ampia facoltà di nominare il CTU ha fatto riferimento alla figura dell'urbanista appena questa è entrata nel libero mercato. In alcuni casi l'iscrizione alla Associazione degli Urbanisti ha fatto fede su richiesta degli stessi Tribunali provinciali.Ma l'importanza ulteriore è richiamata negli ultimi provvedimenti post Dpr 328.Per es. la rivalutazione dei terreni agricoli ed edificabili (L. 27/2003 e legge finanziaria 2010) deve essere stimata attraverso la redazione di una perizia ai fini del versamento delle impo-ste sostitutive. La legge afferma che agli effetti della determinazione delle plusvalenze e mi-nusvalenze del testo unico delle imposte sui redditi, per i terreni edificabili e con destina-zione agricola può essere assunto il valore de-terminato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da soggetti iscritti all'albo degli architetti, ridenominato APPC, oltre che degli ingegneri, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili.

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

Daniele Rallo, Luca RampadoUrbanisti e perizie

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Cosa analoga vale per l'acquisto di terreni non edificati nelle operazioni cofinanziate dal Fondo europeo di sviluppo regionale (art.5 del Dpr 196/2008) in cui deve essere presentata una perizia giurata di stima redatta da sogget-ti iscritti agli albi degli ingegneri, degli archi-tetti (ora A.PianificatoriP.C.), dei geometri, dei dottori agronomi, dei periti agrari, degli agro-tecnici o dei periti industriali edili che attesti il valore di mercato del bene.Un ulteriore specificazione si ritrova nella legge sulla rateizzazione delle somme dovute per le procedure di liquidazione, riscossione e accertamento. La legge stabilisce che il va-lore dell'immobile può essere, in alternativa, determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l'articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti (ora A.PianificatoriP.C.), dei geometri, dei dottori agronomi, dei periti agrari o dei periti indu-striali edili.In base sia al curriculum studiorum che alla normativa vigente l’urbanista - pianificatore territoriale si dimostra essere la figura profes-sionale centrale nei processi di trasformazio-ne del territorio che necessitano di azioni va-lutative di tipo economico-finanziario ma che al tempo stesso siano particolarmente attente all'aspetto pubblico dell'operazione.

L’architettura degli spazi del lavoro. Nuovi compiti e nuovi luoghi del progettoMarini S., Bertagna A. e Gastaldi F. (a cura di), Quodlibet, Macerata, 2012, pagg. 144, 24,00 Euro.

Il volume raccoglie alcuni contributi sul tema del progetto degli spazi del lavoro presentati in occasione di un convegno te-nutosi a Venezia nel novembre del 2012, e affronta una serie di questioni di assoluto rilievo per le attività progettuali alle diver-se scale: da quella del singolo edificio, sino a quella urbana, paesaggistica e territoria-le. L’attuale crisi economica, sommandosi a processi di de-industrializzazione già in corso, pone infatti rinnovate questioni an-che per le discipline che si occupano, nello specifico, dei luoghi dedicati al lavoro, in-tesi in senso onnicomprensivo.Il volume è organizzato in tre parti. Le con-siderazioni richiamate nelle prime due, coordinate da Sara Marini e Alberto Berta-gna, guardano al tema del progetto e alla trasformazione dei modelli architettonici dettata dal mutamento occorso al modello economico e all'organizzazione del lavoro; quelle proposte nella terza parte si focaliz-zano invece proprio su questioni di gover-no del territorio, assumendo come specifi-co campo di riflessione il Nord Est italiano.La crisi ha infatti avuto delle ripercussio-ni anche su quello che, per diversi anni, è stato considerato un sistema vincente di piccola-media impresa organizzato in for-ma distrettuale e diffusa. Paradossalmente, se lo sviluppo di tale contesto è sorto in for-ma spontanea, frutto spesso di “non deci-

sioni” dei diversi livelli istituzionali che lo hanno di fatto assecondato, la drammatici-tà della crisi attuale pone nuove questioni di regolazione, sostegno e indirizzo pro-prio alle attività di pianificazione pubblica del territorio.Per Francesco Gastaldi, la crisi avrebbe effettivamente generato una nuova do-manda di governo del territorio legata a questioni di dismissione di capannoni e destinazioni d'uso obsolete, riconoscendo tuttavia una certa difficoltà, da parte della cultura e della pratica urbanistica locale, a ripensare complessivamente il modello di sviluppo prevalente. Anche dal punto di vista della competitività del sistema, è più che mai indispensabile un indirizzo pub-blico che sappia sostenere le imprese nelle sfide poste dall'internazionalizzazione e dalla competizione globale. Michelangelo Savino sostiene come il “malfunzionamento” del modello Nord Est sia in realtà l’esito di una più generale (ma assolutamente non recente) incapacità di riconoscere, trattare e gestire i problemi e le dinamiche di sistema. Gli effetti sono facilmente osservabili, con crescenti costi economici, ambientali e sociali prodotti dagli insediamenti produttivi disseminati sul territorio, dalla diffusione di residen-ze e servizi, dalla congestione del traffico e dal deficit infrastrutturale. In linea con quanto riportato da Gastaldi, anche per Sa-vino è la cultura urbanistica locale a dimo-strare una certa inerzia al cambiamento. Nonostante infatti le retoriche politiche e le evidenze di un preoccupante sottoutiliz-zo di volumi e superfici, la strumentazione urbanistica continua a riproporre, in molti casi, vecchie logiche di sviluppo fondate sull'incremento quantitativo di nuove co-struzioni.Ai fini di un concreto cambio di direzione, le misure auspicabili sono di diverso tipo: la riduzione delle espansioni quantitative degli insediamenti, la ri-organizzazione del costruito in connessione al potenziamento del sistema infrastrutturale, la messa in sicurezza del territorio e la valorizzazio-ne delle risorse paesaggistico-ambientali.

1. Per es. i piani di Siena e Prato di Bernardo Secchi o successivamente il piano di Arezzo di Antonio Mugnai o il piano di Montevarchi con responsabile del procedimento Stefania Fanfani e progetto di Bruno Gabrielli.

2. art.3 bis della L 462/1997 “Unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662” aggiunto dalla L. 244/2007 art.1, comma 144.

Libri e altro a cura di Ruben Baiocco

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Lo Sportello Unico per le Attività Produttive rappresenta una best-pratice per procedere all'apertura di una attività imprenditoriale o all'ampliamento di una esistente in tempi bre-vi e certi. L'aspetto fondamentale del SUAP è che il progetto edilizio può essere presentato anche in deroga allo strumento urbanistico vigente. La pratica SUAP è composta da due parti principali: il progetto edilizio ed il pro-getto urbanistico. Questa seconda diventa fondamentale e, ovviamente, propedeutica per la prima. Lo Sportello unico per le attività produttive nasce da lontano. A cavallo tra il Governo Pro-di ed il Governo D'Alema quando al Ministero delle Attività Produttive vi era Bersani. Nel 1998 viene approvato su proposta del Consi-glio dei Ministri e dei Ministri per la funzio-ne pubblica e gli affari regionali di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato dei Lavori pubblici, dei Beni culturali e ambientali, della Sanità, il Decreto del Presidente della Repubblica n.447. Il DPR introduce un "Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autoriz-zazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi".Finalità del Regolamento è quella di accelera-re i processi "burocratici" per la approvazione dei progetti concernente attività produttive di beni e servizi. Constatato che per l'apertura di una attività produttiva sono necessari una de-cina di pareri e nulla-osta da parte dei vari Enti a cui il progetto deve essere sottoposto che ne-cessitava di un tempo medio stimabile in 12-18 mesi. il legislatore si è giustamente preoc-cupato di avvantaggiare il settore produttivo nell'espletamento delle pratiche autorizzati-ve. La "liberalizzazione" non è avvenuta però a discapito del governo del territorio, né ha rap-

presentato una "semplificazione" per togliere "lacci e lacciuoli". La riforma ha riguardato l'assunzione di responsabilità da parte degli Enti da esercitare in tempi certi per l'operato-re economico. La semplificazione avviene con l'introduzione nel procedimento della Confe-renza di Servizi di cui alla Legge 241/1990 più volte modificata e aggiornata. Il Regolamento, modificato nel 2000 con un altro DPR (n. 440) ma che ne ha mantenuto la sostanza, prevede che il progetto presentato per la realizzazione di una nuova impresa o per l'ampliamento della esistente qualora sia in contrasto con lo strumento urbanistico sia "rigettato" dando facoltà al Sindaco di "convo-care una conferenza di servizi … per le conse-guenti decisioni dandone contestualmente pubblico avviso" (art. 5). Il progetto deve es-sere comunque conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro.Alla conferenza di servizi possono interve-nire, oltre ai proponenti, tutti i portatori di interessi pubblici e privati "individuali o col-lettivi nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati" ai quali possa derivare "un pregiudizio dalla realizza-zione del progetto dell'impianto indistriale." Con questa modalità è assicurata la massima trasparenza e partecipazione. Ma la Conferen-za di Servizi "obbliga" tutti gli enti interessati alla vidimazione del progetto ad esprimersi nella medesima seduta e a dare un parere posi-tivo ovvero una richiesta di modifica e aggiu-stamento qualora il progetto lo necessiti. Le modifiche devono essere presentate dopo un congruo tempo con la convocazione di una seconda Conferenza di Servizio che diventa "decisoria".I tempi della CdS non devono superare i 90 giorni.La novità più importante è però rappresen-tata dal fatto che la pratica SUAP può essere in deroga al piano urbanistico comunale e la variante viene discussa, valutata e vidimata sempre all'interno della CdS. In Conferenza devono essere convocati i rappresentanti di tutti gli Enti che devono esprimersi sul pro-getto edilizio (Comune, Provincia ufficio viabilità, Provincia ufficio ecologia, Vigili del

Fuoco, Azienda Sanitaria, Sovrintendenza al paesaggio, ecc.) ma anche tutti gli Enti che de-vono esprimersi sul progetto urbanistico, cioè sulla Variante al Piano (Regione o Provincia settore Urbanistica, Regione o Provincia setto-re Ambiente, Regione Genio Civile, Consorzio di Bonifica, Ufficio valutazione SIC, Ufficio valutazione VAS o VIA, ecc.). Qualora il pro-getto interessi infrastrutture tecniche o stra-dali devono inoltre essere convocati gli uffici ANAS o Regionale, Ferrovie, ENEL/Terna, mu-nicipalizzate delle reti sotterranee, ecc.La approvazione in CdS del progetto in varian-te allo strumento urbanistico costituisce "pro-posta di variante … sulla quale si pronuncia definitivamente entro 60 giorni il Consiglio comunale" tenuto conto delle osservazioni e opposizioni "formulate dagli aventi titolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n.1150." An-corchè in CdS possano intervenire chiunque, per maggiore trasparenza, è stato ri-proposto il procedimento della pubblicazione-osserva-zioni-controdeduzioni per dare a tutti i citta-dini la possibilità di avanzare le eventuali cri-tiche e perplessità.Il progetto si compone quindi di una impor-tante parte che equivale ad una Variante di Piano per cui devono essere allegati tutti gli elaborati richiesti dalla legislazione nazionale e/o regionale. In modo particolare deve esse-re prodotta una Compatibilità Idraulica per verificare il principio di invarianza idraulica. Deve essere prodotta la Relazione di Valuta-zione di Incidenza o la assoggettibilità per le implicazioni con i Siti Natura 2000. Deve esse-re prodotta la Relazione Paesaggistica qualora ci si trovi in prossimità di aree di cui al Decre-to Beni Ambientali. Deve essere prodotta una Relazione tecnica sui flussi di traffico attesi. Deve essere prodotta una tavola di Variante e una tavola Comparativa. Deve essere prodotta una Scheda Norma o Scheda Progetto con le prescrizioni urbanistico-edilizie riguardanti i parametri edificatori e la soluzione per le aree a standard, verde e parcheggi. In alcune Re-gioni la pratica Suap è inoltre incrociata con la legislazione locale per cui oltre agli oneri di urbanizzazione viene richiesta una compen-sazione o perequazione per la trasformazione territoriale. Ciò comporta una negoziazione

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Daniele Rallo, Luca RampadoSuap: una ulteriore opportunità per i pianificatori

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Pubblico/Privato per addivenire al giusto equilibrio tra benefici pubblici e ristoro pri-vato.Tutto ciò è materia di competenza privile-giata per gli urbanisti e i pianificatori terri-toriali e ambientali, mentre gli architetti si concentrano sulla progettazione del volume e gli ingegneri sugli impianti e sul lay-out.La normativa è stata dopo un decennio ag-giornata (Governo Berlusconi, Ministro Brunetta) con l'introduzione di un nuovo Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sul SUAP che ha abrogato il precedente senza incidere però sulla finalità e filosofia della norma. Il nuovo DPR (n.160/2010) introduce infatti la "sem-plificazione" di presentare il progetto solo ed esclusivamente attraverso la procedura informatica. A tale scopo istituisce il portale "impresa_in_un_giorno" a livello nazionale di accesso con gli uffici periferici dello Stato secondo format e linguaggi prestabiliti. Il procedimento è quindi tutto automatizzato e centralizzato anche se, alla fine, la Confe-renza di Servizio rimane in capo al Comune e al Sindaco per il principio di sussidiarità e quale Ente referente per il governo del terri-torio. Il nuovo Decreto conferma comunque la possibilità di presentare il progetto in Va-riante di Piano dando facoltà "all'interessato" di "richiedere al responsabile SUAP la con-vocazione della conferenza di servizi" (art.8) senza aspettare il "rigetto" previsto dal prece-dente DPR.

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Nella legge di stabilità 2014 è previsto un piano di dismissione immobiliare trienna-le, di circa 500 ml€ per anno, che dovrà esse-re proposto dal Governo sentita la InVimit SGR, le Commissioni parlamentari compe-tenti e, infine, la Conferenza Unificata. Se l’obiettivo è quello di incassare la cifra an-zidetta entro ciascun anno di riferimento, si pongono alcune questioni preliminari. La prima è una evidente contrazione del mer-cato immobiliare con una sensibile riduzio-ne degli investitori “corporate”. In tre anni il settore non residenziale è passato da un vo-lume totale di circa 25 mld€ a soli 14 mld€; quello “corporate” nel 2013 non raggiunge i 4 mld€. La seconda riguarda l’“appetibilità” degli immobili pubblici, rispetto ai po-tenziali acquirenti, in questo momento di congiuntura particolare. Molte aste di ven-dita di immobili di proprietà pubblica sono andate deserte anche nel caso di edifici di pregio o che, sulla carta, presentano interes-santi caratteristiche di sviluppo potenziale. La terza, date le due condizioni precedenti, è relativa alla possibilità materiale di collo-care sul mercato immobili pubblici entro il termine di un anno, al massimo valore pos-sibile e con ipotesi di trasformazione soste-nibili. Questi sono alcuni dei problemi con i quali confrontarsi per garantire che venga-no realizzati gli obiettivi proposti dalla leg-ge di stabilità 2014. Ma sono anche questio-ni che si innestano sul “rischio normativo e fiscale”, su quello “amministrativo-urba-nistico” che caratterizzano l’Italia da molto tempo e che condizionano, in particolare, quei mercati immobiliari non considerati “prime location” dagli investitori interna-zionali. Altre questioni critiche di carattere più ge-nerale interferiscono con la valorizzazione

degli immobili pubblici. Un primo tema è l’indefinita o disomogenea distinzione, a livello regionale - a dire il vero anche tra Comune e Comune - delle regole di trasfor-mazione territoriale e delle modalità di va-lutazione economica, sociale e ambientale degli impatti e degli effetti della trasforma-zione stessa; Un secondo aspetto di rilievo è la questione della certezza dei tempi della decisione della PA e, in particolare, da parte dell’Amministrazione comunale che possie-de la leva urbanistica e quindi, in definiti-va, la possibilità di espressione del valore degli immobili pubblici di proprietà anche di altre Amministrazioni, prima fra tutte lo Stato, ma anche delle Regioni e degli altri soggetti pubblici. Infine, è determinante la certezza, a valle della definizione delle nuo-ve destinazioni d’uso, degli ulteriori tempi di definizione urbanistica attuativa e di autorizzazione edilizia che condizionano il Business Plan del privato.Appare evidente il difficile dialogo delle va-rie PA coinvolte in un processo di autoriz-zazione complesso che si pongono, rispetto al privato, con un fronte disomogeneo; sot-to questo aspetto, sarebbe utile ragionare a monte sulle modalità di inserimento del-le decisioni e degli indirizzi, anche degli Organi nazionali, all’interno di un unico documento di riferimento (attraverso una norma di principio generale che prescriva un obbligo di copianificazione?) e, a valle, su di un processo certo e trasparente di coin-volgimento dei vari soggetti pubblici che autorizzano. E’ necessario proporre schemi di partenariato pubblico-privato (PPP) o di finanza di progetto (PF) anche per le dismis-sioni immobiliari pubbliche - che compor-tano alcune peculiarità rispetto al mondo dei contratti pubblici - con l’obbligo delle PA di proporre con chiarezza cosa sia possi-bile fare, ovvero quanto sia assolutamente vietato, d’intesa con il Comune competen-te; sono condizioni che possono consentire di svolgere una gara tra vari soggetti dota-ti dei requisiti prevedendo che l'esito sia vincolante per la PA sia per la cessione o la messa a reddito dell’immobile, sia per le tra-sformazioni assentite. Tutto questo per ga-

Rosario ManzoIl Patrimonio immobiliare pubblico tra esigenze di cassa e sostegno allo sviluppo

Urbanistica, Società, Istituzioni

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Il vocabolario on line della Treccani.it alla parola “riserva” specifica:“L’azione e il fatto di riservare esclusivamente per sé o per determinate persone e finalità un diritto, un bene o una facoltà: r. dell’esercizio di un’attività” e ne declina diversi significati ed usi. Tra le altre: “r. di legge, attribuzione alla legge della normativa di determinate materie, disposta a tutela di particolari liber-tà e diritti.”Oppure il più usato “giocare in r. o come r., nell’atletica, nel ciclismo, nel calcio e negli sport a squadre in genere, ogni singolo atleta che è convocato per partecipare a una gara o a una serie di gare solo in caso d’indisponibi-lità o infortunio di un titolare”.Ecco. Tra questi due corni del problema si è sviluppata la figura del laureato in urbanisti-ca dalla sua istituzione alla fine degli anni ’60 ad oggi. Da una parte gli è sempre stato at-tribuito il ruolo di “riserva” rispetto ai “cugi-ni” architetti ed ingegneri. Dall’altra invece emerge sempre di più il ruolo assegnato dalla legislazione alla professione “riservata”.Il legislatore nazionale, dopo anni di incer-tezze e nella “impossibilità” di abolire le “cor-porazioni”, nonostante il confronto europeo, nel 2001 (Dpr 328/01) ha fissato dei precisi confini riformando gli Ordini professionali a seguito, anche, della riforma dell’ordinamen-to universitario. Ordine degli Architetti e Or-dine degli Ingegneri (ma anche agronomi, geologi, avvocati, ecc.) sono stati trasformati inserendo le Sezioni ed i Settori ed introdu-cendo Esami di Stato mirati per ogni profes-sione. L’urbanistica è diventata una materia “riservata”. Il Dpr ha specificato il campo d’azione della professione di urbanista, di ar-chitetto, di ingegnere, di agronomo, ecc. Con la vischiosità della macchina burocratica nostrana questa “riserva” da latente sta len-tamente ma progressivamente emergendo. I bandi di gara per l’assegnazione della re-

dazione dei piani regolatori ed attuativi ed i concorsi pubblici per ricoprire posti in pian-ta organica nel settore dell’urbanistica, ma anche del Sit o della valutazione ambientale, sono, in linea di tendenza, “riservati” priori-tariamente (ancorché non esclusivamente) alla figura specifica del pianificatore territo-riale abilitato ed iscritto all’Ordine. Diverse sono le prese di posizione chiarifi-catrici assunte negli ultimi mesi da alcuni enti locali e dallo stesso Consiglio Naziona-le dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Particolarmente due sono significative: la prima riguarda la redazione della Valutazione Ambientale Strategica, la seconda la redazione di uno strumento urbanistico comunale.

La VAS L’area legale del CNAPPC (prot.1639 del 18 dicembre 2013, risposta ad un quesito posto dal Consiglio provinciale di Pordenone) ha diramato un parere, che ha valore di circo-lare per tutti gli ordini provinciali, in cui si ribadisce che “la prestazione riguardante la Vas appare chiaramente appannaggio privi-legiato del Pianificatore Territoriale”. Il pare-re è stato redatto dando la giusta lettura ed interpretazione del Dpr 328. Il Consiglio specifica puntualmente:a. secondo il Dpr “la competenza del pia-

nificatore è essenzialmente rivolta allapianificazione territoriale ed urbanisti-ca con particolare riferimento alle at-tività di coordinamento ed alle analisicomplesse legate alla pianificazione edalle strategie di trasformazione urbana eterritoriale”

b. la Direttiva Europea (2001/42/CE) indi-vidua come obbligatoria la pratica Vasper piani e programmi “elaborati neisettori agricolo, forestale, …. della piani-ficazione territoriale o della destinazio-ne dei suoli ….” (cfr. Direttiva 2001/42/CE art.3, Direttiva 85/337/CEE, Direttiva92/43/CEE).

Di conseguenza afferma il CNAPPC che nel Dpr “è possibile riscontrare i limiti di com-petenza per la stesura di una Vas da parte di altre categorie professionali” quali biologi,

geologi, agronomi (solo per gli effetti sulla flora e sulla fauna) e ingegneri (solo per la va-lutazione di impatto ambientale di impianti e processi industriali). Ne consegue che per tutte queste figure la prestazione riguardante la Vas “non può essere svolta in forma piena ed esclusiva” mentre è riservata ai pianifica-tori territoriali e in subordine agli architetti che, avendo superato il relativo esame di sta-to (per pianificatore), si possono qualificare anche come urbanisti. Per questa specifica competenza non si può infatti fare riferimen-to alla pre-vigente normativa (i cd diritti ac-quisiti) in quanto la materia è successiva alla data di entrata in vigore del Decreto.

Il Piano regolatoreIn un bando di gara per la redazione del pia-no regolatore di un comune della Toscana1 veniva specificato che tra i requisiti per la partecipazione era il possesso della laurea in Pianificazione e l'iscrizione all'Albo profes-sionale da almeno 10 anni. Più precisamen-te il Bando richiedeva che “il professionista indicato dal concorrente quale progettista della Variante Generale al Ru e responsabile del gruppo di lavoro ovvero il professionista che redigerà la variante generale, svolgendo, al contempo, il ruolo di responsabile della direzione e del coordinamento delle presta-zioni professionali oggetto del contratto e di referente dell'Amministrazione, dovrà essere in possesso di laurea in Architettura (con però l’iscrizione nella Sezione A del Settore Pianificatore territoriale) o in Pianificazione urbanistica e territoriale o in Ingegneria ci-vile, corso di laurea di 5 anni (o titolo equi-pollente in ambito europeo) e dovrà essere iscritto al rispettivo ordine professionale e dovrà avere esercitato la professione di Piani-ficatore da oltre 10 anni,. [...]"In modo particolare il Bando richiedeva il possesso della Laurea in Architettura o in Pianificazione Territoriale - Urbanistica (o ingegneria civile) con un corso di anni quinquennale e la dimostrazione dell’eserci-zio della professione da almeno una decina d’anni. L’estensore del Bando giustamente metteva in evidenza come un incarico così specifico e delicato dovesse essere ricoperto

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Daniele Rallo, Luca RampadoUrbanisti e “riserve”

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Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

da un specialista nella materia con compro-vata esperienza decennale. Sulla questione è stata posta una Faq che rammentava che "il Titolo di Architetto - Sezione A - Laurea Ma-gistrale di 5 anni, da sempre (??) è abilitato all'esecuzione degli strumenti urbanistici e di pianificazione del territorio". E dopo que-sta affermazione faceva seguire l'assioma che "tale titolo (laurea in architettura) non può pertanto essere dimenticato nei titoli di stu-dio ritenuti obbligatori alla partecipazione della gara". In effetti il Bando non escludeva la laurea quinquennale in architettura ma specifica-va che la stessa doveva essere accompagnata dalla iscrizione all’apposito settore dell’Albo, cioè a quello del Pianificatore Territoriale. Per i laureati in ingegneria civile (vecchio or-dinamento) si doveva comunque dimostrare l’esperienza decennale. Mentre per gli inge-gneri laureati con il nuovo ordinamento e post-Dpr non era ammessa la partecipazione. Si tratta nient’altro di una corretta e coerente lettura del Dpr 3282.Ma il Dpr ha fatto salvo, come succede in questi casi, i cd diritti acquisiti affermando che i "vecchi" laureati mantengono le possi-bilità ex-ante. Ciò significa che architetti ed ingegneri (vecchio ordinamento) possono sottoscrivere gli strumenti urbanistici ancor-ché senza alcuna formazione derivante dal curriculum studiorum.Per ovviare a questa anomalia la Stazione ap-paltante, giustamente, per un incarico così importante e specifico, ha ristretto la platea ai soli "ingegneri civili" che si presume ab-biano un percorso formativo adeguato anche nella materia urbanistica, e agli architetti che possano dimostrare comunque di aver esercitato la professione di Urbanista da al-meno un decennio.Ancora più esplicito il bando di un comune della Sardegna3 per la redazione del Piano particolareggiato del Centro Storico e della Vas in adeguamento al Piano Paesistico e al Pai regionale4. La Determina del Responsabile del procedi-mento specificava che “l'incarico non è scin-dibile nelle sue due componenti, essendo unitario e destinato ad un unico professioni-

sta e che, pertanto, l'unica figura professiona-le che dispone di entrambe le competenze ri-chieste dall'incarico in oggetto appare essere quella del Pianificatore Territoriale, iscritto nell'Albo tenuto dall'Ordine degli Architet-ti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Sezione A, Settore B): Pianificazione Territo-riale”. E concludeva “il conferimento dell’incarico (…) ad un soggetto (…) in possesso dell'iscri-zione all'Albo, tenuto dal seguente Ordine Professionale, nell'ambito delle competenze professionali definite dall'ordinamento giu-ridico vigente, ovvero equivalente posizione giuridica nell'ambito della Comunità Euro-pea: Ordine degli “Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori”, Sezione A, con iscrizione nel Settore - Pianificazione Terri-toriale”.Dopo anni dalla istituzione del primo corso di laurea in urbanistica (1970) il disegno tec-nico-politico e strategico di Giovanni Asten-go trova conferma finalmente anche nella banale (e buona) prassi della quotidianità.

1. Si tratta del comune di Carrara che dovevaassegnare l’incarico per la redazione del Regolamento Urbanistico.

2. Tale linea interpretativa è stata inoltre ribadita:a. dal Tar Lazio, con la sentenza 667/2006

che specifica quanto evidenziato dal Dpr 328/01, cioè l'obbligo di sostenere l'esame di stato per coloro i quali vogliano fregiarsi del titolo di Pianificatore, come espresso anche dal Ministero competente su precisa richiesta dell'Ordine APPC di Roma;

b. dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Servizio Affari Istituzionali e Autonomie Locali, Parere del 22.9.2010 - Redazione strumenti urbanistici riservati a soggetti muniti di idoneo titolo di laurea (parere in merito alla competenza necessaria per la redazione di atti di pianificazione);

c. dalla Regione Piemonte che, all'articolo76 della Lr 3/2013 prevede la possibilità di redazione degli atti di pianificazione solo per urbanisti, architetti ed ingegneri ante Dpr 328/01 e laureati magistrali in pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale post Dpr.

3. Si tratta del Comune di Romana (Sassari) – Determina n.321 del 9.9.013 del Responsabile del Servizio (un ingegnere) per conferimento incarico professionale per la progettazione del Piano particolareggiato Centro Storico e il coordinamento e la gestione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità del Piano Urbanistico Comunale in adeguamento al Piano Paesaggistico Regionale e al Pai

4. In Regione Sardegna un forte impulso allacorretta interpretazione dei Bandi di Gara si ha anche per la attenta posizione assunta dall’Università di Alghero. Cfr. lettera 5.5.2010 Il Preside Giovanni Maciocco, Il presidente del Corso di laurea in Urbanistica Arnaldo Cecchini, Il presidente del Corso di laurea in Architettura Maurizio Minchilli in http://www.architettura.uniss.it/ita/la-Scuola/Notizie-e-segnalazioni/Lettera-difesa-laureati

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Dopo l’entrata in vigore della Direttiva Ap-palti e Servizi (D.Lsg. 12 aprile 2006 n° 163) anche gli incarichi per la progettazione urba-nistica devono essere messi a gara pubblica. La procedura di riferimento prevede diverse soglie e altrettante modalità di attuazione. La base comune è comunque l’evidenza pub-blica che deve sempre essere garantita nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e tra-sparenza, con la procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara. Sino ad certa soglia (ma le soglie sono state mo-dificate diverse volte) la stazione appaltante può invitare direttamente tre o cinque pro-fessionisti a presentare una offerta e sceglie-re quella ritenuta più idonea prefissando i criteri di valutazione. La scelta deve avvenire prelevando da un apposito elenco di profes-sionisti che è stato formato con precedente avviso pubblico. O, in alternativa, dopo aver effettuato una apposita ricerca di mercato. Sotto una certa soglia (40.000 Euro) l’incari-co può essere diretto ma sempre prelevando-lo dall’elenco pre-definito.Oltre la soglia superiore deve essere espletata una gara aperta a tutti.La legge ha definito in linea di massima an-che i criteri prestazionali che devono essere seguiti per l’individuazione dei partecipanti. I criteri principali sono due: il curriculum che deve qualificare i partecipanti e l’offerta economica. A questi si aggiunge solitamente la relazione metodologica nella quale i parte-cipanti devono descrivere come svolgeranno il lavoro e in quali tempi. Mentre i primi due possono essere considerati elementi oggetti-vi in quanto sono valutabili con delle quan-tità prestabilite, il terzo (la relazione meto-dologica) è qualitativo e la valutazione della stessa non può essere che soggettiva. Recentemente una nuova normativa nell’ot-tica della spending review ha introdotto an-

che la possibilità/obbligatorietà di avere una unica stazione appaltante di livello sovra-comunale per ridurre i costi di gestione della gara e ottimizzare le procedure. La stazione appaltante, soprattutto i piccoli e medi comuni, si trova in una oggettiva diffi-coltà in quanto le gare sulla tematica urbani-stica non sono frequenti e non hanno quindi una casistica di riferimento. L’incarico urbanistico presenta anche ulterio-ri difficoltà. Lo stesso è ancora considerato da molti un incarico di tipo fiduciario in quanto legato a decisioni che vengono assunte con l’ausilio della parte “politica”, cioè una mag-gioranza, e perciò deve rispettare certe valu-tazioni programmatorie date da una Ammi-nistrazione. Purtroppo questo aspetto non è ancora stato superato completamente anche se la trasparenza che si deve tenere sia per l’e-spletamento delle gare sia per la redazione del progetto di piano, in primis grazie alla introdu-zione della procedura di Valutazione Ambien-tale Strategica, ne riduce notevolmente il peso specifico che era abnorme prima dell’introdu-zione della Direttiva servizi. Ma la stazione appaltante si trova a fronteg-giare anche un altro problema legato ai costi dell’incarico. L’Ente Locale è sottoposto alla rigida prassi contabile del “patto di stabilità” e alla reale mancanza di risorse. Ne consegue che l’offerta più economica, che normalmen-te si aggiudica la gara, è considerata quella al massimo ribasso. Dalla parte opposta il par-tecipante alla gara per ottenere un punteg-gio maggiore è costretto ad offrire sconti ben oltre la ragionevolezza, con inevitabili riper-cussioni negative sulla qualità del prodotto finale fornito e sullo sviluppo di un conten-zioso inutile e dannoso.Se da una parte le tariffe minime di riferi-mento sono state eliminate, due provvedi-menti governativi recenti le hanno de facto reintrodotte. Il primo riguarda il contenzio-so che potrebbe crearsi tra committente e professionista (DM 140/2012). Il secondo (DM 143/2013) riguarda le cifre minime di riferimento per gli incarichi di architettura-ingegneria e urbanistica che devono essere messe a bando dalla stazione appaltante.I due provvedimenti hanno inserito una stes-

sa procedura di calcolo per i vari incarichi che oltre alla stazione appaltante diventano di riferimento in sede giurisdizionale, dando la facoltà al giudice di valutare direttamente (anche senza il ricorso ad un CTU) la “parcel-la” da liquidare. La base di partenza per gli in-carichi urbanistici è fissata nel PIL (normal-mente su base Regionale) del territorio cui fa riferimento l’ente locale. Il calcolo deve inol-tre essere suddiviso tra le varie prestazioni richieste: il progetto di piano (strutturale ed operativo), la valutazione ambientale strate-gica, la compatibilità idraulica, le fattibilità economiche per i processi di perequazione-compensazione, ecc..Infine l’ultima difficoltà, ma in realtà do-vrebbe essere al primo posto, riguarda la fi-gura professionale a cui affidare l’incarico. Si tratta infatti di un incarico che abbisogna di una alta professionalità tecnica specifica. Il riferimento nell’ordinamento giuridico nazionale è il decreto ministeriale (D.P.R. n° 328/01) che ha fissato le competenze profes-sionali corrispondenti ai vari percorsi forma-tivi a seguito della riforma universitaria e del riordino delle Classi di Laurea. E’ ovvio che la figura maggiormente prepa-rata in materia urbanistica, pianificazione territoriale e valutazione ambientale è il lau-reato nelle classi afferenti l’urbanistica e/o pianificazione territoriale e ambientale. Il percorso studiorum ha infatti preparato un tecnico specialistico in materia. La laurea quinquennale (oggi 3+2) la si ottiene dopo un percorso formativo che comprende tre fi-loni principali: la progettazione urbanistica-ambientale, le analisi territoriali, ambientali, sociali ed economiche, la gestione normati-va e prescrittiva. Gli esami da superare com-prendono inoltre le materie legate a viabilità e trasporti, alla ecologia, alla economia, alla sociologia, alla geologia, all’idraulica, al di-ritto e alla legislazione, sempre nell’ottica urbanistico-territoriale e paesaggistico-am-bientale. Altre materie sono quelle di dise-gno e rappresentazione grafica, di cartogra-fia e aerofotogrammetria, di comunicazione e partecipazione, ecc. A conclusione del percorso formativo il pia-nificatore deve inoltre superare un mirato

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Daniele Rallo, Luca RampadoI Bandi di Gara per l’urbanistica

URBANISTICA INFORMAZIONI102 | 105

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Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

esame di stato concentrato nelle materie ur-banistiche, con due prove scritte e una orale.L’Urbanista e il Pianificatore Territoriale iscritto all’Ordine (obbligatorio per poter esercitare dopo l’entrata in vigore del Dpr n° 328/01), rappresenta quindi la figura che più risponde alle caratteristiche del bando di gara in questione. Ma la legislazione ha anche fatti salvi i cd di-ritti acquisiti. L’Urbanista non è infatti l’unica figura pre-sente sul mercato. Dagli anni ‘20 l’urbanisti-ca, con l’istituzione dell’Ordine professiona-le, è stata svolta anche dagli architetti e dagli ingegneri. Queste figure, pur non detentrici di alcuna riserva nelle materia (come più vol-te ribadito dalla giurisprudenza), se laureate prima del 2001, possono infatti ancora eser-citare la professione di Urbanista anche sen-za aver superato lo specifico esame di stato introdotto dal Dpr.La stazione appaltante dovrà comunque obbligatoriamente accertarsi che vi sia uno specifico curriculum vitae comprovante la effettiva professionalità in campo urbanisti-co (anche alla luce delle diverse normative regionali che lo prevedono, come nel caso del Piemonte. Cfr. UI 249-250). Per i laureati architetti ed ingegneri iscritti all’Albo dopo il 2001 il superamento dell’esame e l’iscrizione al Settore Pianificazione sono invece obbli-gatori per poter esercitare la professione.Diverso è l’incarico per la redazione della valutazione ambientale strategica che il Dpr n° 328/01 “riserva” al solo all’iscritto alla Se-zione A – settore Pianificazione dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (cfr. UI 255). Senza voler cre-are nessuna posizione di monopolio né di esclusiva, di nuovo, il percorso studiorum di un laureato in pianificazione è senza dub-bio superiore, per lo meno come numero di esami (oggi crediti) a quello dell’architetto o dell’ingegnere nuovo ordinamento. Il Dpr,correttamente, ne dà atto.

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No

vità

ed

ito

rial

i libririviste

URBANISTICAsemestrale

152(luglio - dicembre 2013)

SMART CITIES AND COMMUNITY-BASED PLANNINGdi Gianluca Cristoforetticollana Parole Chiave

urbanistica INFORMAZIONIbimestrale

256(luglio-agosto 2014)

SPAZIO PUBBLICO FRA SEMIOTICA E PROGETTOa cura di Isabella Pezzini e Nicolò Savarese

ADRIANO OLIVETTI: IL LASCITOa cura di Mario Piccinini

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L’Associazione Nazionale degli Urbanisti per sapere chi sono e cosa fanno i laureati in pia-nificazione ha indetto un monitoraggio attra-verso la somministrazione di un questionario anonimo raggiungibile dal sito web dell’asso-ciazione (www.urbanisti.it)1 . Al censimento possono accedere solo i laureati in urbanistica e pianificazione territoriale (vec-chio e nuovo ordinamento) iscritti e non alla Associazione. Nell’anno compreso tra luglio 2013 e luglio 2014 hanno risposto circa 300 laureati (302) che rappresentano un campione significativo dell’universo. In assenza di statistiche ufficiali o parziali, spes-so i pianificatori sono confusi e annegati nel mare magnum degli architetti, l’Associazione stima che i laureati dall’inizio degli anni ‘70 con l’istituzione del primo corso di urbanistica, sia-no compresi tra i 3.000 ed i 4.000. Bisogna tener presente infatti che per vent’anni gli unici cor-si attivi sono stati quelli di Venezia e di Reggio Calabria a cui si sono aggiunti quelli di Milano, Firenze-Empoli, Sassari-Alghero negli anni 90. Solo dopo il 2000 con la riforma universitaria dei 3+2 si sono attivati un’altra decina di corsi presso altre università pubbliche (Torino, Roma, Padova-Agraria, Viterbo, Palermo, ecc.). A Roma ha preso avvio anche un corso telema-tico con l’Università Marconi dove accedono prevalentemente pubblici dipendenti in quan-to gli vengono riconosciuti dei crediti formativi anche per il lavoro che svolgono presso le pub-bliche amministrazioni. Si tratta in prevalenza di diplomati geometri che devono laurearsi per poter accedere a posti di lavoro di livelli supe-riori secondo la pianta organica che richiede un titolo di laurea. La laurea telematica è infatti una opportunità in quanto permette di seguire i corsi a distanza e con il minimo di sottrazione di orario di lavoro retribuito.Al questionario hanno risposto prevalente-mente i giovani che hanno maggior dimesti-chezza con internet e sono maggiormente con-nessi alla rete.

Il tipo di laureaLa maggioranza dei laureati, 78,5%, possiede la laurea quinquennale. La laurea triennale è pos-seduta solo dal 21,5%. Una buona parte di que-sti comunque sta già frequentando i corsi per aggiungere anche la quinquennale. La motiva-zione principale è che la laurea triennale stenta a farsi ri-conoscere nel mercato del lavoro sia della libera professione che del pubblico impie-go. I limiti posti sulle competenze dal decreto modifica-ordini (DPR 328/01) conseguente alla riforma universitaria sono notevoli e restringo-no il campo d’azione professionale. Il laureato triennale può solamente collaborare alla ste-sura del progetto e/o piano e non può esserne il responsabile. Ciò ha comportato notevole confusione soprattutto per i laureati anche diplomati geometri o periti che, secondo una restrittiva e incomprensibile interpretazione degli Ordini professionali, “perdono” le compe-tenze acquisite a meno che non mantengano entrambe le iscrizioni all’Ordine e al Collegio, con conseguente aggravio delle spese sostenu-te per l’attività. Fermo restando che ciò stride con la normale prassi che il titolo superiore non può inficiare quello inferiore, nella prassi giuridica italiana però la logica ragionevolezza deve sempre essere sancita e confermata da un atto interpretativo del MIUR o del Ministero di Giustizia.

Sede universitaria Rispetto alla sede universitaria in cui si è con-seguita la laurea si nota che la maggioranza (20,3%) ha svolto i propri studi presso la Fa-coltà di Venezia. Con pochi punti percentuali inferiori seguono Palermo (17,9) e Roma (17,2). Quest’ultimo dato conferma la “preferenza” data al corso di laurea telematico. Venezia ri-mane però ancora la sede più prestigiosa e rico-nosciuta a livello nazionale.

ProvenienzaLa provenienza dei laureati prevalente è quella del Sud, con il 41,7%. Mentre Nord e Centro si aggirano attorno al 30%. Anche in questo caso è il corso di laurea attivato a Roma che proba-bilmente fa alzare i valori. Il dato viene in parte confermato anche dalle regioni maggiormente rappresentate. Sicilia e Lazio assieme hanno quasi il 35% contro il 13,6 del Veneto e l’11,7 della Toscana.

Iscrizione OrdineLa maggior parte dei laureati (68,5) è iscritto all’Ordine rinnovato degli architetti, pianifica-tori, paesaggisti e conservatori. Vi è però un 6% che pur essendo laureato preferisce rimanere iscritto al Collegio dei Geometri (o dei Periti) stante le difficoltà interpretative sulle compe-tenze. Il 10% non si iscrive a nessun Albo. Si tratta in prevalenza di coloro che lavorano o trovano lavoro presso la pubblica amministra-zione. Nella maggioranza dei casi l’iscrizione ad un Ordine per un pubblico dipendente non è necessaria, in altri è addirittura proibita.

Tipo di occupazioneIl dato sull’occupazione è “abbastanza” confor-tante. Il 70% dei laureati ha trovato lavoro an-che se un 14% alla domanda risponde “altro”. La maggioranza il 29% intraprende la libera professione mentre il 20% entra nel pubblico impiego e uno 0,8% rimane all’università. Un 10,8% entra nel settore pubblico legato alla ri-cerca territoriale. I laureati che non hanno ancora trovato lavo-ro dopo tre anni dalla laurea sono solamente il 5%. Si tratta di un dato fisiologico nel mercato italiano ma notevolmente inferiore a quello dei “cugini” architetti. I neo laureati, cioè usciti dall’università da meno di tre anni, alla ricerca di occupazione sono il 25,8%. Si tratta di un valore ancora mol-to elevato che colpisce anche i laureati in pia-nificazione ma che è strutturale del panorama italiano. Le cause sono ascrivibili, come già sottolineato dalla Associazione, alla relativa non-conoscen-za del tipo di laurea nel mercato e alle resistenze ordinistiche. Anche se dopo l’entrata in vigore della riforma degli Ordini nel 2001 (DPR 328) la “non-conoscenza” laddove vi sono bandi pub-blici o concorsi per la pianta organica pubblica diventa ingiustificabile per gli Enti banditori. Ciò conferma che il lavoro da fare sia per l’Ac-cademia che per l’Istituto nazionale di urba-nistica, che per la stessa Associazione, per far conoscere tale figura altamente specializzata è ancora molto. La riforma universitaria fa infat-ti esplicito riferimento alla attenzione che deve essere prestata alla formazione “professionaliz-zante” e alla condivisione con soggetti ed enti territoriali per l’incontro tra domanda e offerta tecnica specifica.

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Daniele Rallo, Luca RampadoChi sono gli urbanisti?

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Tipo di Laurea conseguita

Laurea quinquennale 78,5

Laurea triennale 21,5

Laurea Urbanistica 6,4

Laurea PTU 4,1

Laurea PTUA 27,2

Laurea Specialistica 54S 17,4

Laurea Specialistica 48LM 23,5

Laurea triennale Classe 7 11,7

Laurea triennale Classe 21L 9,7

Sede universitaria in cui si è conseguita la Laurea

Venezia 20,3

Palermo 17,9

Roma 17,2

altre 44,6

Sede di residenza dei laureati

Nord 30,3

Centro 28,0

Sud 41,7

Regioni maggiormente rappresentate

Sicilia 22,7

Toscana 11,7

Veneto 13,6

Lazio 11,4

Altre 40,6

Iscrizione all'Ordine professionale

APPC 68,5

Nessuno 10,2

Collegio Geometri 6,0

Altri 15,3

Tipo di occupazione

Libera professione 28,8

Pubblico impiego 19,6

Settore privato 10,8

Università 0,8

altro 14,2

temporaneamente non occupato 25,8

non occupato laureato da più di tre anni

5,2

1. http://www.urbanisti.it/lavori-in-corso/182-lic12007censimento-urbanisti-e-pianificatori

URBANISTICA INFORMAZIONI | 105108

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Con una serie di provvedimenti legislativi il Governo sta promuovendo una nuova archi-tettura istituzionale: la eliminazione delle Province, la costituzione delle Città Metro-politane, l’accorpamento dei Comuni. Ma nel dibattito dell’agenda politica viene mes-so in discussione anche il ruolo delle Regio-ni: troppo sperequante è il confronto con le Regioni (e le Province) a Statuto Autonomo. Il tutto condito anche dalla revisione della carta costituzionale nell’ottica del federali-smo “obbligato” dalla scarsità di risorse e da “una crisi mai vista”1.La legge 122/2010 ha preso in considerazione l’unione dei comuni con popolazione sino a 5000 abitanti, o 3000 se riferentesi a comuni-tà montane. La legge “obbliga” ad esercitare alcune funzioni fondamentali degli stessi comuni attraverso il ricorso ad una forma “associata” o “mediante unione di comuni” o attraverso l’utilizzo di apposite “convenzio-ni”. Ma se le funzioni richiamate “sono legate alle tecnologie dell’informazione e della co-municazione” i comuni le devono esercitare “obbligatoriamente in forma associata”. Ora-mai quasi tutte le funzioni vengono esercita-te informaticamente, il riferimento sembra pleonastico.L’obbligo introdotto dalla legge corrisponde perciò ad una nuova architettura istituziona-le che, in linea di tendenza, cerca di ridurre il numero dei comuni piccoli attraverso una pseudo-riforma tecnica. Non potendo im-porre direttamente gli accorpamenti per la vischiosità del sistema, la riforma parte da requisiti tecnici per approdare in modo stri-sciante all’unione politico-amministrativa.Essendo impossibile trovare delle regole condivise, vedasi per es. il fallimento dell’en-te intermedio individuato negli anni ’80 nel “comprensorio”, l’unione dei comuni avvie-ne così con modalità “volontaristica” ancor-ché “obbligatorio”. I comuni interessati sono quasi il 70% del

totale. (vedi tab.). Le aggregazioni devono av-venire tra comuni con un limite minimo di popolazione di 10.000 abitanti.Le “funzioni fondamentali” a cui la legge si riferisce sono quelle specificate nella Costi-tuzione all’art. 117 come modificato nel 2012 (L. 135/012). Queste, come si legge dall’elen-cazione, sono in pratica tutte quelle di norma esercitate dagli enti locali e sono le seguenti:a. organizzazione generale dell’ammini-

strazione, gestione finanziaria e contabi-le e controllo;

b. organizzazione dei servizi pubblici di in-teresse generale di ambito comunale, ivicompresi i servizi di trasporto pubblicocomunale;

c. catasto, ad eccezione delle funzionimantenute allo Stato dalla normativavigente;

d. la pianificazione urbanistica ed ediliziadi ambito comunale nonché la parteci-pazione alla pianificazione territorialedi livello sovracomunale;

e. attività, in ambito comunale, di pianifi-cazione di protezione civile e di coordi-namento dei primi soccorsi;

f. l’organizzazione e la gestione dei servizidi raccolta, avvio e smaltimento e recu-pero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

g. progettazione e gestione del sistema lo-cale dei servizi sociali ed erogazione del-le relative prestazioni ai cittadini;

h. edilizia scolastica, per la parte non attri-buita alla competenza delle province (in via di dismissione!), organizzazione e ge-stione dei servizi scolastici;

i. polizia municipale e polizia ammini-strativa locale;

j. tenuta dei registri di stato civile e di po-polazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizielettorali e statistici, nell’esercizio dellefunzioni di competenza statale.

Il governo del territorio cioè la pianificazio-ne urbanistica ed il controllo dell’edilizia di-venta uno dei cardini delle funzioni che de-vono essere esercitate dal “nuovo” comune. La concentrazione in un unico ente dovreb-be produrre delle economie di scala e, si pre-sume, una maggiore attenzione e valorizza-zione, per quello che interessa in questa sede,

alla tematica legata all’urbanistica.Sinora nei comuni di piccole dimensioni l’ufficio delegato assomma(va) sia il control-lo e la vidimazione delle pratiche edilizie, sia la pianificazione generale ed attuativa, sia i lavori pubblici (ed in certi casi anche l’am-biente/ecologia). La figura professionale che ricopre l’incarico di responsabile dell’ufficio è l’architetto o l’ingegnere “vecchio ordinamento” ma mol-to spesso risulta essere un diplomato geome-tra. Non essendo presenti alcune professio-nalità con competenze specifiche il Comune si vede costretto ad affidare contratti a termi-ne o contratti di tipo professionale esterni. Il ricorso al professionista esterno per la re-dazione della strumentazione urbanistica, generale e attuativa, diventa in questo modo obbligatoria, sia per l’oggettivo carico di la-voro sia per complessità della materia sia per mancanza di competenze. La pianificazione urbanistica ma anche il controllo del processo edilizio sono diven-tate operazioni complesse e complicate per cui il tecnico delegato deve avere una prepa-razione di base tecnica specifica non sempre fornita dal percorso studiorum. La laurea, a differenza dei politecnici di altri paesi europei, soprattutto quelli dei paesi dell’est, difficilmente sono “professionaliz-zanti” anche se tale obiettivo è dichiarato esplicitamente nella legge di riforma univer-sitaria già dalla fine degli anni ‘90 e ribadito dal provvedimento che ha riorganizzato gli ordini professionali di architetto e di inge-gnere (D.P.R. n° 328/01). Per valutare un progetto edilizio bisogna ave-re competenze anche in materia urbanistica, ambientale-paesaggistica, di compatibilità idraulica e geologica, di impiantistica, di valutazione ambientale strategica, di valu-tazione di incidenza, di vincolistica ecc.. Ma anche di valutazione economico-finanziaria per poter stare al tavolo del confronto e delle trattative per l’applicazione della perequa-zione, della compensazione, del credito edili-zio per i programmi di rigenerazione urbana, di recupero delle aree dismesse, ecc.. Sono tutte competenze specifiche del per-corso degli studi che svolge il laureato in urbanistica o in pianificazione territoriale e ambientale2.

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

Daniele Rallo, Luca RampadoUrbanista e pubblico impiego

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Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

La riorganizzazione degli uffici deve quindi passare anche attraverso la riorganizzazio-ne del personale. Il settore edilizia e lavori pubblici deve essere staccato dal settore pia-nificazione urbanistica e ambientale, come già avviene nei comuni di medie e grosse dimensioni, e la figura di responsabile deve essere distinta valorizzando le competenze acquisite nel percorso formativo. E’ anche con questa motivazione che alla fine degli anni ’60 viene creato il primo corso di laurea in urbanistica per poter immettere sul mer-cato una figura professionale specialistica e settoriale3.

1. V.Parlato, Una crisi mai vista, 20142. Sull’argomento vedi anche http://

www.urbanisti.it/2013/attachments/article/80/ui0213.pdf

3. L.Ciacci, B.Dolcetta, A.Marin, GiovanniAstengo. Urbanista militante, 2009

Comuni con popolazione inferiore a 5000abitanti per Regione 2014

Regione Totale Comuni

di cuii inferiore 5000 abitanti

numero %

Valle d'Aosta 74 73 98,65

Molise 136 125 91,91

Piemonte 1206 1070 88,72

Trentino Alto Adige 326 289 88,65

Sardegna 377 314 83,29

Abruzzo 305 249 81,64

Calabria 409 323 78,97

Liguria 235 183 77,87

Basilicata 131 99 75,57

Marche 236 170 72,03

Friuli Venezia Giulia 216 153 70,83

Lombardia 1531 1064 69,50

Lazio 378 252 66,67

Umbria 92 60 65,22

Campania 550 335 60,91

Veneto 579 308 53,20

Sicilia 390 204 52,31

Toscana 279 126 45,16

Emilia Romagna 340 148 43,53

Puglia 258 85 32,95

Totale 8048 5630 69,96

Fonte: ns elebor. su dati Istat

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Il Testo Unico Ambiente (D.Lgs. n. 152/2006) introduce, tra i tanti argomenti (318 articoli e sei allegati) per il controllo della salvaguardia dell’ambiente alcune importanti procedure autorizzative che hanno un diretto riferimen-to alla pratica urbanistica. E di conseguenza alla specifica professionalità degli urbanisti o, come indicati nella terminologia delle profes-sioni ordinistiche (Dpr 328/01), dei Pianificato-ri territoriali e ambientali.L'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ha per oggetto la prevenzione e la riduzione de-gli impatti negativi sull'ambiente prodotti dal-le attività produttive, sia per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, nell'acqua e nel suolo, sia in relazione alla gestione dei rifiuti e al con-sumo delle risorse naturali.L'Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) è un provvedimento che incorpora in un unico atto diverse autorizzazioni ambientali previste dalla normativa di settore ed è improntato al principio di proporzionalità degli adempimen-ti amministrativi in relazione alla dimensione dell'impresa e al settore di attività, e all'esigen-za di tutela degli interessi pubblici. Si applica a tutte le categorie di piccole e medie imprese, nonché agli impianti non soggetti ad Autoriz-zazione Integrata Ambientale (AIA) e a valuta-zione d'impatto ambientale (VIA).I Siti di Interesse Nazionale (SIN) ed in gene-re i siti contaminati sono territori individuati come tali e soggetti ad una procedura ammi-nistrativa accelerata per poter procedere alla bonifica in tempi rapidi.Si tratta di autorizzazioni e di iter procedurali complessi che racchiudono in un unico prov-vedimento diverse valenze tecniche e che, per la loro strategicità, possono essere anche rila-sciate in deroga alla strumentazione urbani-stica, o meglio in Variante al piano regolatore generale. Da qui la difficoltà oggettiva che si presenta ai tecnici valutatori come ai profes-sionisti di parte, spesso ingegneri o architetti senza idonea preparazione.

La filosofia di riferimento del Testo Unico è esplicitamente quella della salvaguardia dell’ambiente quale bene primario non ripro-ducibile. Il principio dello sviluppo sostenibile (art. 3, quater) stabilisce che “ogni attività umana giuridicamente rilevante deve conformarsi allo stesso, al fine di garantire che il soddisfaci-mento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.” Ruolo rico-nosciuto fondamentale è quello della pubblica amministrazione la cui attività “deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sosteni-bile, per cui nell'ambito della scelta compara-tiva di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'am-biente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”. Data la complessità delle relazioni e delle inter-ferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di in-dividuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consu-mo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro (comma 3).L’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero rifiuti (art. 208) deve essere presentata con apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documen-tazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in ma-teria urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Il progetto viene valutato in Conferenza di Servizi e la sua “approvazione sostituisce ad ogni effet-to visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costi-tuisce, ove occorra, variante allo strumento ur-banistico e comporta la dichiarazione di pubbli-ca utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.”Per gli impianti di incenerimento e coincene-rimento devono essere adottate misure parti-colari (art. 237 octies) affinché le attrezzature utilizzate per la ricezione, gli stoccaggi, i pre-trattamenti e la movimentazione dei rifiuti, e

dei residui prodotti, siano progettate e gestite in modo da ridurre le emissioni e gli odori, se-condo le migliori tecniche disponibili. Al fine di ridurre l'impatto dei trasporti di rifiuti in fase progettuale dovrebbe essere prevista anche la realizzazione di appositi collegamenti ferro-viari con oneri a carico dei soggetti gestori di impianti. L'approvazione di tale elemento pro-gettuale nell'ambito della procedura di autoriz-zazione, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.Gli interventi di bonifica e ripristino ambienta-le dei siti contaminati (art. 239) devono avveni-re secondo procedure definite per eliminare le sorgenti di inquinamento o comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze in-quinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al prin-cipio "chi inquina paga". Gli interventi di bonifi-ca e ripristino ambientale per le aree caratteriz-zate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani. La regione, ac-quisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di ser-vizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integra-zioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. L'autorizzazione regionale costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifi-ca, sono quelli individuati dal Ministero com-petente in relazione alle sue caratteristiche, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni cul-turali ed ambientali (art.252). L'autorizzazione del progetto sostituisce a tutti gli effetti le auto-rizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla le-gislazione vigente. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichia-razione di pubblica utilità, urgenza ed indifferi-bilità dei lavori.Il Testo Unico ambiente definisce anche l’or-ganizzazione territoriale del servizio idrico integrato attribuendo alle regioni la potestà

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

Daniele Rallo, Luca RampadoAUA AIA SIN e urbanisti

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di individuare gli Ambiti territoriali ottimali. Per tali Ambiti deve essere redatto un apposito piano costituito da una ricognizione delle infra-strutture, da un programma degli interventi, da un modello gestionale ed organizzativo e da un piano economico finanziario. Anche tale piano può essere in deroga allo strumento urbanistico generale. Infatti i progetti definitivi delle opere e degli interventi sono approvati dagli enti di governo degli ambiti attraverso apposita con-ferenza di servizi. L'approvazione comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce titolo abilitativo e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e ter-ritoriale, esclusi i piani paesaggistici. Qualora l'approvazione costituisca variante agli stru-menti di pianificazione urbanistica e territo-riale, tale variante deve essere coordinata con il piano di protezione civile (L. 225/92, art. 3, c. 6). Per la redazione di tutti questi progetti com-plessi, ma anche per la valutazione degli stessi da parte degli organi competenti e delegati, è necessaria una preparazione multidisciplina-re e soprattutto una visione complessiva di tutte le problematiche. In tutti i casi la frase chiave è rappresentata dalla “dichiarazione di pubblica utilità in variante alla strumentazio-ne urbanistica”. L’unica figura professionale che in Italia ha una competenza così vasta e interdisciplinare, sia per formazione che per attribuzione normativa, è quella del Pianificatore territoriale e ambien-tale. Lo stesso può colloquiare con le professio-ni di altre discipline assumendo, nella maggior parte dei casi, la valenza di “cabina di regia” del provvedimento. Tale ruolo è definito anche giu-ridicamente dal regolamento delle professioni ordinistiche (Dpr n. 328/01) e riconosciuto dalle prese di posizioni del Consiglio Nazionale degli Architetti, pianificatori, Paesaggisti e conserva-tori (vedi UI nn. 238 e 255 per es. sulle “Riserve” in campo VAS).Occorre ricorda infine che, trattandosi comun-que di interventi comportanti variante ad uno strumento urbanistico, la competenza in tale materia [urbanistica e pianificazione] è riser-vata, per i laureati post 2001, esclusivamente agli iscritti al Settore Pianificazione dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Con-servatori (vedi UI n. 255 per es. sulle “Riserve” in campo Urbanistico).

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Uno dei principi fondamentali che è stato alla base degli insegnamenti della Scuola di Preganziol, cioè del Corso di Laurea in Urba-nistica fondato dal prof. Giovanni Astengo alla fine degli anni ’60, è stato proprio quello riferito alla limitazione e/o al controllo del “consumo di suolo”. Tale principio basilare nella costruzione di una qualsiasi politica ur-banistica è stato portato avanti da tutta una serie di discipline che hanno caratterizzato (e tuttora caratterizzano) il percorso formati-vo dell’urbanista. Dalle materie economiche (Indovina, Secchi, Ceccarelli) alle materie ecologiche e di principi di geologia (Bettini, Berbenni), alle materie legate al settore agri-colo (Cannata, Reho) sino alla analisi e alla progettazione urbanistica (Dolcetta, Roma-no, Gabrielli, Astengo, Salzano, Airaldi, Vit-torini) e alle materie giuridiche (Sernini, Di Giovine, Dugado) se non anche quelle legate ai trasporti e alle infrastrutture (G. Zambrini, Ciurnelli). Il principio di base era semplice e facilmen-te condivisibile. Il territorio rappresenta un bene finito, e non infinito, per cui deve essere tutelato, salvaguardato e, sopratutto, non sprecato. Una volta consumato non può essere sostituito. Non ve n’è un altro a dispo-sizione, lo stesso deve essere trasferito alle generazioni future nella migliore condizio-ne possibile. I testi su cui una generazione di urbanisti si è formata sono stati, tra gli altri, P.A.Odum, Principi di ecologia (1973), MIT-Club di Roma, I limiti dello sviluppo (1972), M.Roubault Le catastrofi naturali sono pre-vedibili (1973), B. Secchi, Squilibri regionali e sviluppo economico (1976), ecc. Tutto ciò dai primi anni 70 in avanti.Nell’agenda della politica il tema dello stop al consumo di suolo è entrato solo da alcuni anni, cioè 40 anni dopo da tali insegnamen-ti. Un ritardo e un gap culturale incolmabile che ha portato alla continua erosione di suo-lo agricolo, a trasformazioni territoriali spes-

so incontrollate, a fenomeni di criticità idro-geologica, ecc. Il ritardo con cui la politica ha iniziato a rendersi conto che tale tematismo era ed è un problema fondamentale dello svi-luppo sostenibile è inconcepibile. Emblema-tico poi è che tale consapevolezza sia partita prima dai piccoli comuni per poi approdare nei disegni di legge regionali o statali. Ma nonostante i proclami nessuna proposta è ancora entrata nella fase di discussione par-lamentare o consiliare regionale. Nessuna è diventata legge. Gli ultimi timidi tentativi riguardano le proposte di legge degli ultimi governi (Monti, Letta, Renzi) o di alcune re-gioni (Veneto, Emilia Romagna, Sardegna, ecc.). Nessuna di queste propone un limite perentorio e cogente come se il problema non avesse ancora raggiunto una soglia di non-ritorno. Tutte propongono una enuncia-zione generale e generica ma nessun limite fisico né un inizio temporale immediato, ma sempre posticipato.Per esempio le proposte governative del 2013 e il disegno di legge Lupi del Governo Renzi sino l’ultima veneta del governatore Zaia1.Gli studenti di allora, una volta laureatisi in Urbanistica ovvero Pianificazione Territoria-le, Urbanistica e Ambientale sono entrati nel mondo del lavoro e della professione. Alcu-ni di questi sono anche entrati nel mondo della politica assumendo ruoli importanti: sindaco di piccoli e grandi comuni, assessore all’urbanistica in comune, provincia o regio-ne, funzionario di nomina ministeriale, ecc. Altri hanno continuato la carriera accademi-ca sino a diventare professori ordinari. L’im-pegno su tali temi è rimasto immutato. La ricerca finalizzata a mantenere alta l’at-tenzione su tale tema è stata portata avanti da tutta una serie di studi e ricerche. Vedasi per es. il progetto finalizzato IPRA-CNR della fine degli anni 80 “I consumi di suolo: meto-di ed esperienze di analisi” a cura di Matelda Reho e Paolo Santacroce2 Così chi ha avuto responsabilità politiche di assessorato ha cercato di sviluppare tali temi o nelle nuove leggi urbanistiche proposte o nei piani pa-esaggistici regionali. Si veda i casi del Piano Paesaggistico della Toscana e anche la legge regionale sul governo del territorio del 2015 o il Piano paesaggistico della Regione Puglia.

Il Piano paesaggistico della Regione Puglia ha inserito all’interno di un approfondito e originale apparato normativo uno specifico articolo intitolato simbolicamente “Il Patto Città-Campagna” che identifica un preciso progetto strategico. Tale progetto risponde “all’esigenza di elevare la qualità dell’abitare, sia urbana che rurale, attraverso l'integrazio-ne fra politiche insediative urbane e politi-che agro-silvo-pastorali ridefinite nella loro valenza multifunzionale.” Tale progetto ha per oggetto “la riqualificazione dei paesaggi degradati delle periferie e delle urbanizza-zioni diffuse, la ricostruzione dei margini urbani, la realizzazione di cinture verdi pe-riurbane e di parchi agricoli multifunziona-li, nonché la riforestazione urbana anche al fine di ridefinire con chiarezza il reticolo ur-bano, i suoi confini “verdi” e le sue relazioni di reciprocità con il territorio rurale”3.Il Piano paesaggistico toscano ha cercato di controllare le trasformazioni antropi-che nel territorio agricolo destando le pre-occupazioni dei viticoltori locali e perciò fortemente criticato ed avversato4. Il Piano Paesaggistico e la legge di governo del ter-ritorio della Toscana (Lr 65/2014) cerca di reinterpretare il carattere urbano del terri-torio toscano assumendo anche come pre-condizione fondamentale “che si smetta di distruggere il territorio rurale di riferimen-to di ciascun sistema urbano, inteso in sen-so lato, attraverso i noti fenomeni di consu-mo di suolo. In questa direzione la recente legge…, nel tutelare il territorio rurale dalle urbanizzazioni non necessarie ha costrui-to il presupposto necessario per riscoprire il complesso sistema insediativo esistente, contribuendo ad evitare che parti consisten-ti ne vengano abbandonate per sostenere ar-tificialmente speculazioni fondiarie a breve termine, e promuovendo così un migliore impiego dei finanziamenti anche pubblici in investimenti più produttivi”5. La formazione culturale degli urbanisti del-la scuola di Preganziol è stata a questo ri-guardo fondamentale per elevare la cultura territoriale e ambientate generale del Paese ancorché fortemente (e stupidamente) av-versata dagli ordini professionali di archi-tetti e ingegneri.

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Daniele Rallo, Luca RampadoUrbanisti e consumo di suolo

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1. Il Progetto di legge “Principi in materia di politichepubbliche territoriali e trasformazione urbana” presentato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 2014 con l’obiettivo mirante ad “un razionale uso del suolo” vd anche Assurb – Governo del Territorio http://www.urbanisti.it/rubriche/governo-del-territorio-a-cura-di-assurb/416-principi-in-materia-di-politiche-pubbliche-territoriali-e-trasformazione-urbana. La Proposta di legge “Disposizioni per il contenimento del consumo del suolo e la tutela del paesaggio” Presentata il 24 maggio 2013 dal Gruppo misto SEL M5S ecc. La Legge Regionale n.14/2015 presentata dai consiglieri Zaia, Finco, Rizzotto “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo ….” che specifica all’art.1 di “ridurre progressivamente il consumo di suolo non ancora urbanizzato con l’obiettivo europeodi azzerarlo entro il 2050 …”, cioè fra 35 anni (!).

2. M.Reho, P.Santacroce, I consumi di suolo: metodied esperienze di analisi, Franco Angeli ed. 1990.Vol 10 – di Sistema agricolo italiano, (prof.ssa Reho laureatasi alla Scuola di Preganziol_IUAV è da diversi anni Preside della Facoltà)

3. PPTR approvato con Delibera GR del 16.2.2015n.176 Assessore all’urbanistica Angela Barbanente (prof.ssa di urbanistica, laureata alla Scuola di Preganziol_IUAV) vedasi in particolare Elaborati 4.2.2 e Linee guida 4.4.3.

4. Piano Territoriale Paesaggistico della RegioneToscana, Assessore all’Urbanistica Anna Marson(prof.ssa di urbanistica, laureata alla Scuola di Preganziol_IUAV) e la legge sul Governo del Territorio n.65/2015. Su tale polemica vedasi articolo sulla Rivista on-line EyesReg, Vol.5, N.4, Luglio 2015, Ferdinando Semboloni, Toscana: un Piano paesaggistico per il nuovo mondo.

5. Irpet, Rapporto sul Territorio, 2015, acura di C.Agnoletti, S.Iommi, P.Lattarulo,dalla Presentazione di Anna Marson.

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Dal novembre del 2014 è entrato in vigore un importante principio di regolamenta-zione della “rendita fondiaria” introdotto dalla legge n.164/14. La legge sulla scia dei cd “sblocca Italia” denominata “mi-sure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la di-gitalizzazione del Paese, la semplificazio-ne burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivi-tà produttive” introduce una modifica al Testo Unico per l’Edilizia (DPR 380/2001) riguardante l’art. 16 sul “Contributo per il rilascio del permesso di costruire”. L’artico-lo in questione specifica che “il rilascio del permesso di costruire comporta la corre-sponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazio-ne nonché al costo di costruzione”. Non è nulla di più della riproposizione del testo della “vecchia” legge Bucalossi del 1977. In quegli anni a seguito delle manifestazioni sul diritto alla casa e ad un dibattito molto attento ai temi dell’urbanistica e della ge-stione del territorio vennero approvate a poca distanza tra loro tre leggi fondamen-tali conseguenti al dibattito di allora sui temi contro lo spreco edilizio e il consumo di suolo. La legge per l’edilizia residenziale (L.457/78) che conteneva importanti nor-me generali per il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistenti. La legge per l’edificabilità dei suoli (L.10/77) con l’in-troduzione della concessione ad edificare soggetta al pagamento degli oneri di urba-nizzazione per contribuire alla realizzazio-ne della città pubblica operatore immobi-liare. La legge sull’equo canone che per la prima volta nel Paese fissava dei parametri oggettivi per il calcolo valore dell’affitto. La sommatoria dei tre provvedimenti fu interpretata anche come una riforma com-plessiva in mancanza della nuova legge urbanistica in sostituzione di quella del

1942. A distanza di un quarantennio si può affermare che tale riforma è stata in gran parte “tradita”1. I valori degli affitti sono stati liberalizzati, il consumo di suolo at-traverso la politica del recupero edilizio è stato attuato in piccola parte, la Bucalossi è stata disattesa. Nella maggior parte dei casi la sua attuazione è stata fatta coincidere, soprattutto nella fase iniziale, con i valori minimi che la legge (comunque) permette-va in applicazione dei vari parametri. In questo modo le “entrate” incamerate per oneri sono state sottostimate. Gli investi-menti per servizi pubblici sono stati infe-riori. Le città hanno continuato ad avere un sottodimensionamento di standard.Il testo della Bucalossi, però, era chiaro ed esplicito: “la concessione comporta la corresponsione di un contributo commi-surato alla incidenza delle spese di urba-nizzazione nonché al costo di costruzione” (art.3). Non solo ma la destinazione dei proventi doveva essere accantonato in un conto corrente “vincolato” e destinato alla realizzazione delle opere di urbanizzazio-ne, al recupero dei centri storici e all’ac-quisizione delle aree per esproprio (art.12). Ciò è avvenuto molto parzialmente. Evidente è stato l’abisso tra le tariffe “ta-bellari” quelli che erano e sono gli effettivi costi di urbanizzazione primaria e secon-daria. Stessa considerazione vale per l’ap-plicazione della percentuale sul costo di costruzione. La legge consentiva un range tra il 5% ed il 20% applicato ai valori di mercato come da computo metrico allega-to al progetto. La maggior parte dei comuni lo ha applicato al minimo (e tuttora viene applicato). E’ facile presumere che se la legge 10/77 fosse stata applicata con i reali valori di mercato non si sarebbe reso neces-sario alcun ricorso a forme “aggiuntive” di contributo sulla trasformazione urbana e territoriale.Nel frattempo, a partire dagli anni 90 si è aperto un dibattito sulla “perequazione, compensazione, sui crediti edilizi, sulle premialità volumetriche”. In mancan-za di una legge nazionale di riferimento i comuni hanno iniziato a sperimentare procedure e metodologie per far versare

maggiori contributi all’operatore privato beneficiario dell’operazione immobiliare. Sia attraverso formule inserite nei “piani perequativi”2, sia applicando una nuova contribuzione su progetti e programmi complessi. La mancanza di un riferimen-to a livello nazionale ha però dato adito a diversi contenziosi e, come accade spesso in questi casi, ci sono state sentenze della giustizia amministrativa sia a favore che contrarie. Non ultimo il caso del Piano re-golatore di Roma in cui sono state conte-state e andate a giudizio le zone omogenee in cui venivano applicate le norme relative alla perequazione. Alcune Regioni hanno quindi introdotto tali principi nella pro-pria legislazione con le leggi urbanistiche o di “governo del territorio” di seconda ge-nerazione3.Per cercare di ovviare a tale presunto in-conveniente si è cercato di inserire il principio della perequazione nei vari ten-tativi di riforma urbanistica mai andati a buon fine. L’ultimo del 2014, che ha preso il nome di “riforma Lupi”, aveva inserito diversi articoli a tal riguardo4, sulla fisca-lità immobiliare, sulla perequazione, sulla compensazione, sulla trasferibilità e com-mercializzazione dei diritti edificatori, sul-le premialità5. Nella versione precedente alla definitiva era inserito anche un arti-colo sul “contributo straordinario per le trasformazioni urbane” che in modo espli-cito fissava le regole per le operazioni di maggiore valorizzazione immobiliare. La percentuale da devolvere all’Ente Locale era stata individuata nel 66% tra il valore ex post e quello ex ante l’inserimento della modifica nello strumento urbanistico6. Con il “decreto Renzi” si cerca di attuare una perequazione attraverso un contribu-to straordinario. Il provvedimento è stato inserito nella legge di conversione del De-creto corrispondente attraverso un emen-damento proposto da Roberto Morassut. L’on. del PD che era stato assessore all’ur-banistica nella Giunta del Sindaco Wal-ter Veltroni e aveva seguito la lunga fase dell’approvazione del Nuovo Piano Regola-tore del Comune di Roma, attraverso varie delibere consiliari tra il 2003 e il 2008.

Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

Daniele Rallo, Luca RampadoPerequazione VS Contributo Straordinario?

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Nel fervore del dibattito alla fine degli anni Sessanta su come e in che direzione riorganiz-zare l’alta formazione universitaria un posto centrale lo occupa la questione urbanistica. In quel dibattito nasce la proposta di una vera e propria Facoltà di urbanistica di Enrico Sisi che qui presentiamo. Certo non ha lo spessore di quella che portò all’istituzione del primo Corso di laurea in urbanistica nel 1970 all’I-stituto universitario di architettura di Venezia, ma merita attenzione.La pubblichiamo ora che l’autore, quasi cen-tenario, ci ha lasciato come testimonianza di un’attenzione non così diffusa come potrebbe oggi apparire1.Enrico Sisi (Vicenza 1915, Arezzo 2015), lau-reato in Ingegneria civile nel 1939 a Roma, aveva ottenuto la libera docenza in Urbanisti-ca nel 1961, ed era stato dichiarato Commen-datore al Merito della Repubblica nel 1975. Ha insegnato per qualche anno alla Facoltà di Architettura di Firenze, dove maturò l’idea (1969) di istituire una Facoltà di Urbanistica, ma non riuscì a trovare il giusto consenso. Per questo si dedicò all’insegnamento tecnico-com-positivo all’Itis di Arezzo, dove fu Preside dal 1969 al 1974.Aveva combattuto in Africa nella Seconda Guerra Mondiale. Socialista-liberale, molto attento al risvolto sociale delle pratiche pub-bliche, aveva individuato nella formazione scolastica e in quella universitaria il senso di riscatto dopo la grande guerra. (a cura di Giuseppe De Luca)

Le battaglie, che oggi si combattono in Italia per l’accaparramento dei corsi uni-versitari, si imperniano generalmente sulla istituzione di facoltà di tipo classico. Hanno perfettamente ragione gli studenti e l’opinione pubblica, quando individuano nel nostro mondo politico una mancanza di fantasia che sconcerta.

Manca assolutamente ogni aderenza ai bi-sogni reali del mondo in evoluzione. Con la proposta di istituzione di una facoltà di ur-banistica e di pianificazione territoriale ed economica non si vuol certo dare una solu-zione definitiva alla totalità dei quesiti che il mondo moderno pone: si vuole solo offrire una parziale soluzione di essi, in campo pur sempre limitato per quanto amplissimo.L’istituzione di questa facoltà troverà senza dubbio immediati ed acerrimi oppositori. Troverà oppositori negli ambienti delle fa-coltà istituzionalizzate, come ingegneria ed architettura, che finora sono state le deposi-tarie dello scibile urbanistico; troverà oppo-sizione negli ambienti economici ed intellet-tuali, che per lungo tempo hanno tenuto ad opporre una preconcetta opposizione all’ur-banistica dapprima e quindi alla pianifica-zione territoriale. Sembrerà strano, ma, tutto sommato, minore resistenza psicologica ha incontrato la programmazione economica: forse per il suo carattere meno pressante, meno urgente. La pianificazione urbanistica ha avuto un’opposizione fortissima proprio per la sua continua presenza su interessi spe-cifici precostituiti.Per lungo tempo la figura dell’urbanista fu so-stenuta esclusivamente dall’ingegnere, cui si è sostituito da due decenni circa l’architetto. Con questa sostituzione, che del resto già di per se stessa denotava una significativa diversa posizione dinanzi alla disciplina, l’architetto diveniva – in Italia – il propulsore primo e vera-mente accanito della globalità urbanistica.L’architetto pero, che con la propria persona-lità ed il proprio fervore domina il consiglio comunale e perfino organismi molto più ampi, è una figura che di necessità deve es-sere sostituito dalla figura completa dell’ur-banista. Questi è un laureato che, pur avendo molto dell’ingegnere e dell’architetto, è in grado, per preparazione specifica, di tenere, con piena conoscenza di causa, le fila della tessitura urbanistica ormai divenuta vastis-sima, con precisi ed ampi addentellati su nu-merose discipline.L’architetto e l’ingegnere, che si specializza-no in aspetti particolari dell’urbanistica, non verranno affatto a scomparire, come non scompariranno il geografo o il sociologo,

che studiano i fenomeni applicati agli enti urbani. Ma tutte queste figure rimarranno come specialisti, che applicheranno le loro conoscenze limitate, per quanto profonde, sul ritmo delineato dall’urbanista. Per questo non c’è ragione che i relativi insegnamenti specifici vengano aboliti nelle facoltà tradi-zionali. Tutt’altro. A proposito di insegna-menti sia chiaro fin da ora che il programma che presento non è affatto da considerarsi come una infarinatura delle attuali possibi-lità offerte dal sapere. Attraverso una precisa setacciatura dei temi e degli argomenti esso invece offre specifiche e profonde conoscen-ze su materie e discipline del tutto nuove. E di quelle già oggetto di insegnamento offre sempre una visione moderna, attuale, adatta allo scopo che la facoltà si propone.Deve infine cadere l’opposizione psicologica all’urbanistica, che così a lungo ha fatto da sgabello alla speculazione delle aree, che per tanti decenni ha dominato – e domina im-perterrita – la vita delle nostre città.Non vi è movimento politico che oggi non ac-cetti i principi informatori dell’urbanistica; si tratterà di penetrare più o meno profonda-mente nel vivo del concetto di pianificazione a seconda dei propri presupposti politici, ma nel complesso i benefici e le necessità dell’ur-banistica sono unanimemente accetti.Questo in teoria.Ben diversa è la situazione pratica: le circo-lari ministeriali, gli impulsi legislativi e gli accanimenti dei teorici non hanno portato a notevoli cambiamenti rispetto alla tanto de-precata situazione dei primi anni di questo dopoguerra. I piani urbanistici sono diventa-ti più numerosi, ma rimangono sempre sfa-sati nel tempo, coprono una superficie mo-destissima del territorio nazionale, vengono facilmente superati, spesso sono disattesi.Liberato il campo dai pregiudizi, sentito il bi-sogno della costituzione di una realtà urba-nistica, si rende evidente la necessità di orga-ni umani non solo preparati ma soprattutto elastici, facilmente penetranti nella materia e nei suoi messi, che sappiano trattare la di-sciplina non quali specialisti in singoli setto-ri ma come normali applicatori di un lavoro corrente, per quanto altamente interessante e impegnativo.

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Enrico SisiPer l’Istituzione di una facoltà di urbanistica e di pianificazione territoriale ed economica

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Associazione Nazionale UrbanistiPianificatori Territoriali e Ambientali a cura di Daniele Rallo

Questo lavoro è utilissimo, anzi fondamenta-le, quale componente il rinnovamento della società italiana.Sorge quindi il problema se il fabbisogno ita-liano di un tale prodotto umano può giustifi-care l’istituzione di una specifica facoltà.A questo proposito si pensi a tutti gli uffici urbanistici comunali, ai liberi professionisti, alle necessità degli uffici del Genio Civile e del Ministero dei lavori pubblici in genere, ai comitati di programmazione regionale per il settore urbanistico territoriale. Per il ramo economico territoriale si pensi invece alle necessità della programmazione economica, sia nazionale sia regionale, a quella degli or-ganismi statali e degli enti pubblici e privati legati per tante vie ai bisogni di una organiz-zazione, che sappia porre comunque correla-zioni tra problemi così interdipendenti come sono oggi quelli della vita di una nazione.Certo, se le necessità della vita presuppongo-no un dato numero di uomini atti a risolver-le, la presenza di uomini preparati a questo scopo amplia il campo per cui il loro uso si rende opportuno. Il fabbisogno crea il mez-zo, ma la disponibilità del mezzo incrementa il fabbisogno.D’altra parte non dovrebbe sfuggire la riso-nanza internazionale, almeno per quanto riguarda il Mediterraneo, che una tale facoltà potrebbe assumere.La facoltà è scissa in due specializzazioni. Di ambedue presento qui uno schema per il corso degli studi. Devo premettere però che, mentre per la specializzazione urbanistico-territoriale l’indicazione delle materie è abbastanza precisa, in quanto quella specia-lizzazione mi è più congeniale, per il ramo economico-territoriale la stessa indicazione ha valore di massima. Tengo infine a preci-sare che intenzionalmente non ho apportato alcuna distinzione tra discipline fondamen-tali e materie complementari.

1. Enrico Sisi, Per l’istituzione di una facoltà di urbanistica e di pianificazioneterritoriale ed economica, Zelli Editore.

Facoltà di urbanistica e di pianificazione ter-ritoriale ed economica.• Specializzazione in urbanistica e pianifi-

cazione territoriale• Specializzazione in pianificazione terri-

toriale ed economica.

Corso di studi per la specializzazione in urba-nistica e di pianificazione territoriale.• Analisi matematica e calcolo infinitesi-

male• Geometrie teoriche ed operative• Statistica metodologica• Fondamenti di fisica e chimica• Scienze naturali dell’ambiente• Storia degli insediamenti umani• Geografia urbana

• Tecniche operative per la matematica ela statistica

• Tecniche dell’analisi dell’ambiente na-turale

• Fondamenti di scienza delle costruzionie delle tecniche costruttive

• Tecnica delle costruzioni stradali• Storia dell’architettura delle opere e de-

gli insediamenti• Igiene dei gruppi organizzati

• Sociologia• Demografia• Fondamenti di economia politica• Analisi delle attività umane nei settori

economici• Essenza e storia del paesaggio naturale

ed umano• Architettura tecnica e tecnica degli im-

pianti sociali• Tecnica urbanistica I

• Storia dell’urbanistica e del pensiero ur-banistico

• Tecnica urbanistica II• Tecnica dei modelli di progettazione e

programmazione• Principi di diritto e legislazione urbani-

stica• Principi di estimo urbano• Composizione architettonica• Composizione urbanistica a livello co-

munale I

• Composizione urbanistica a livello co-munale II

• Composizione urbanistica a livello ter-ritoriale

• Composizione urbanistica a livello par-ticolareggiato

Corso di studi per la specializzazione in pia-nificazione territoriale ed economica• Analisi matematica• Analisi infinitesimale• Geometrie teoriche ed operative• Fondamenti di fisica e chimica• Fisica dell’ambiente naturale• Lingua straniera I

• Tecniche dell’analisi dell’ambiente na-turale

• Statistica metodologica• Matematica finanziaria• Economia politica• Tecniche operative per la matematica e

la statistica• Lingua straniera II

• Statistica economica• Statistica dell’edilizia e dei servizi collet-

tivi• Scienza delle finanze I• Analisi dei fattori influenti sulla pro-

grammazione I• Geografia economica• Demografia regionale• Sociologia

• Analisi delle attività umane applicateall’economia

• Tecnica dei trasporti e delle strade• Tecniche dello sfruttamento delle ener-

gie naturali e derivate• Scienze delle finanze II• Analisi dei fattori influenti sulla pro-

grammazione II• Econometria• Le regioni e le subregioni umane e natu-

rali

• Tecniche operative per la programma-zione

• Composizione urbanistica a livello ter-ritoriale

URBANISTICA INFORMAZIONI | 95117

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Sono passati ormai 15 anni dall’entrata in vigore del DPR 328/01 che ha stabilito le competenze professionali per i laureati del vecchio e nuovo ordinamento universitario (3+2), per lo svolgimento degli esami di Stato e per il completo rinnovo dell’ordinamento ordinistico. In prima battuta si può afferma-re che la riforma (se tale la vogliamo chia-mare) ha tenuto. Pochi sono stati infatti gli attacchi giurisprudenziali e tutte le sentenze hanno mantenuta inalterata la stabilità della legge. Ancorché la stessa avesse creato mol-ti malumori e diverse critiche, soprattutto dagli Ordini delle professioni storiche poco propense al cambiamento. Critiche sia dagli architetti ma anche dagli urbanisti storici della scuola di Preganziol. I primi mal hanno digerito l’inserimento di altre figure profes-sionali al loro interno, i secondi non hanno sopportato la ingerenza dell’Esame di Stato, considerato inutile da tutti ma soprattutto da chi aveva già un curriculum professionale ventennale e che aveva lottato per l’abolizio-ne del sistema ordinistico.Il DPR ha comunque contribuito a fissare i li-miti della professione e le differenze sostan-ziali tra “pianificatori territoriali”, architetti e ingegneri. Questi ultimi sono stati comple-tamente esautorati dal campo urbanistico forse in modo troppo brusco e sbrigativo. Formano oggetto dell’attività professionale del pianificatore territoriale quinquennale “la pianificazione del territorio, del paesag-gio, dell’ambiente e della città” (art. 16). In altri termini sono riservati ai pianificatori tutti i piani regolatori, territoriali, ambien-tali e particolareggiati o di attuazione dello strumento principale con qualsiasi dizione richiamati dalla legislazione regionale o na-zionale. Sono inoltre riservati “lo svolgimen-to ed il coordinamento di analisi complesse e specialistiche delle strutture urbane, territo-riali, paesaggistiche e ambientali” nonché “il coordinamento e la gestione di attività di va-

lutazione ambientale e di fattibilità dei pia-ni e dei progetti urbani e territoriali.” Oltre gli studi di analisi che precedono qualsiasi progettazione urbana e territoriale la norma stabilisce con precisione anche le attività di valutazione ambientale e di fattibilità di pia-ni e progetti. Tale chiarezza ha fatto si che lo stesso Ordine ha emanato un parere per cui la valutazione ambientale strategica è stata riconosciuta come competenza esclusiva della figura del pianificatore (vedi UI n. 255).Al pianificatore è anche riconosciuto un ambito professionale di valore specialisti-co molto elevato in quanto stabilisce che oggetto della professione è la redazione di “strategie, politiche e progetti di trasforma-zione urbana e territoriale”. In sostanza l’ur-banista è la figura professionale più idonea per progettare a tutte le scale dall’urbano al territoriale. Anche se la complessità del tito-lo ablativo per un progetto edilizio o per la valutazione dello stesso ha bisogno spesso di una conoscenza preventiva della norma ur-banistica. Nonché la redazione di accompa-gnamento di un progetto edilizio complesso che spesso richiede una competenza diversa da quella del semplice architetto. La valuta-zione ambientale strategica o la valutazione di incidenza dei siti SIC e ZPS o la valutazio-ne economico-finanziaria o la valutazione di compatibilità idraulica e geologica, o la va-lutazione paesaggistica, ne sono un esempio.Viceversa la attività professionale dell’archi-tetto è rivolta alla costruzione del progetto edilizio ed “in particolare quelli che impli-cano l’uso di metodologie avanzate, innova-tive o sperimentali.” All’ingegnere “civile ed ambientale” è riservata “la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo ….. di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di tra-sporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione ….”(art. 45). La laurea in ingegneria anche quella specifica del settore di ingegneria civile ed ambientale esclude la abilitazione alla pro-fessione di urbanista. Naturalmente queste attività sono riservate a chi si laurea con il nuovo ordinamento men-tre rimangono valide le competenze urbani-stiche per i laureati del vecchio ordinamento. I laureati in architettura hanno riconosciuta

anche una chance in più. Possono cioè iscri-versi al Settore Pianificazione Territoriale previo superamento dell’apposito esame di stato, come confermato da una sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio (vedi UI n. 255). Il DPR ha infatti stabilito e specifica-to i diversi esami di stato a seconda del tipo di laurea cioè di formazione universitaria. Dopo quindici anni si può affermare che la riforma ha avuto il suo effetto anche se le conseguenze non ancora sono state inserite pacificamente nella prassi quoti-diana. E’ il caso per es. dei Bandi di Gara per la stesura dei piani urbanistici o dei Concorsi per ricoprire la figura del tecnico urbanista all’interno della Pubblica Ammi-nistrazione. Non tutte le Gare segnalano la differenza tra un Settore e l’altro dell’Ordi-ne, Ancora genericamente si fa riferimento alla figura dell’architetto o dell’ingegnere senza tener conto delle specifiche del DPR e della suddivisione in Sezioni e Settori dell’Albo. Potrebbe e dovrebbe diventare qualificante l’iscrizione all’Istituto Nazio-nale di Urbanistica ancorché non ricono-sciuto come ente certificatore professiona-le ma “solo” di alta cultura. In Inghilterra l’omologo Royal Town Planner Institute certifica prima di tutto i percorsi formativi per chi può svolgere la professione di plan-ner. L’iscrizione allo stesso non è obbliga-toria per legge ma per prassi riconosciuta.Nella riforma (conseguente al DPR) alcune lacune riscontrate non sono ancora tate ri-solte. Per es. la rappresentatività all’interno dei Consigli degli Ordini provinciali e della Federazione nazionale. La riforma si è preoc-cupata che all’interno degli Ordini vi siano i rappresentanti anche del livello iunior, cioè dei laureati triennali, ma non delle altre pro-fessioni. Forse perché si pensava che il nu-mero dei laureati triennali giustificasse tale decisione oppure perché la categoria mag-giore (gli architetti) rappresentasse e portas-se avanti le istanze di tutte le altre. Le cose sono andate diversamente. I laureati trien-nali sono molto minori di quelli delle altre professioni. La minoranza è quindi (giusta-mente) rappresentata mentre le altre catego-rie che sono quantitativamente più rilevanti, non sono rappresentate.

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Daniele Rallo, Luca RampadoIl DPR 328 e la professione di urbanista

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Per quanto riguarda la rappresentatività re-ale, cioè quanto porti avanti le istanze della base, anche degli architetti, questa è assolu-tamente carente o inesistente. La maggior parte degli iscritti non ritiene più valido il sistema dell’Ordine e il suo mantenimen-to. La controprova si ha al momento delle elezioni. Solo un risicato 10-20% sono gli iscritti che vanno a votare. Lo stesso avvie-ne per la approvazione dei Bilanci annuali. I presenti/votanti sono poche decine. Sembra più rappresentativo il “non-voto”. Se si appli-casse un quorum minimo, per es. quello dei referendum, o la soglia minima dei partiti per l’ingresso nelle istituzioni democratiche, non avremmo più alcun Ordine provinciale (A questo punto sarebbe più corretto ritorna-re alla originaria dizione di “corporazione” ancorché incapace di fare lobby).Gli Ordini rimangono quindi in funzione solo perché l’iscrizione all’esercizio della “libera” professione è “obbligatoria” ed il pagamento della quota annuale è anch’essa “obbligatoria”. Lo stesso dicasi per la iscrizio-ne alla Cassa di previdenza. Un laureato che ha scelto di fare la “libera” professione non è “libero” di iscriversi alla Cassa di previden-za nazionale ma è “obbligato” ad iscriversi a quella di categoria. Perché?

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No

vità

ed

ito

rial

i collane

BOLZANOmasterplan della città

#01collana Piani&Progetti

LA PIANIFICAZIONE COMUNALE NEL MEZZOGIORNOa cura di Emanuela Coppolacollana Accademia

RURBANCErural urban governance

#02collana Piani&Progetti

UNA POLITICA PER LE CITTÀ ITALIANEa cura di Francesco Domenico Moccia e Marichela Sepecollana Accademia

PROGETTI PER IL PAESAGGIOa cura di Angioletta Vogheracollana Accademia(prossima uscita)

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