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La Newsletter settimanale dell'11 febbraio 2016TRANSCRIPT
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano
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e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 11 febbraio 2016
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IPSE DIXIT
Storie di ieri e di oggi - «Un tempo la chiamavamo razza, oggi
la chiamiamo identità.». – Naga
OLTRE L’IDENTITÀ - Dal 26 febbraio, tre incontri il venerdì sera (a
cura di Naga e Asnada) e tre laboratori il sabato mattina (a cura di
Asnada) esploreranno l’identità, gli esodi e i percorsi migratori, la
responsabilità degli operatori nella costruzione di un tessuto sociale
orientato all’incontro e alla giustizia.
Vai all'invito sul sito del Naga e sulla nostra Pagina Facebook
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EDITORIALE
Ripasso
di Andrea Ermano
Quando i generali della Prima guerra mondiale mandavano al macello
ventenni a miriadi per conquistare una postazione qualsiasi che il
giorno dopo i generali nemici avrebbero riconquistato facendo
massacrare altre migliaia di ragazzi…
Quando quindici anni dopo Stalin, a margine di lunghe liste di
proscrizione comprendenti le migliaia di nomi da "purgare" in questa o
quella città sovietica, annotava a matita che in quella città occorreva
deportarne almeno diecimila in più…
Quando – dopo un'altra quindicina d'anni di alacre scalata al vertice
del male – Hitler e Göring disponevano lo sterminio di tutti gli Ebrei…
E quando alla Conferenza di Wannsee i gerarchi nazisti approvavano
per acclamazione (!) il progetto "Auschwitz" ideato da Eichmann al
fine di industrializzare l'Olocausto…
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Quanto sopra è accaduto nella prima metà del Novecento qui da noi, in
Europa. Dalle tragedie del XX secolo il mondo è uscito stabilendo che
l'autonomia del Politico vada intesa non come indipendenza "dalla",
ma come autodeterminazione "nella" morale. In altre parole il Politico
presuppone tipi di decisione che è compito di tutti e ciascuno
mantenere all'interno di un'etica specifica, che possiamo chiamare
etica pubblica.
I fondamenti dell'etica pubblica sono codificati nella Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo del 1948.
Al di fuori di quei confini un partito, una nazione, un'alleanza di stati
tendono a trasformarsi in una banda di briganti assassini.
Ma c'è un "ma". Perché nessuna decisione può accontentare tutti.
Così i governanti talvolta devono compiere scelte simili a quelle del
capitano di un battello che cali le sue scialuppe a soccorso di un gruppo
di naufraghi. Con l'ordine perentorio, però, che quando una scialuppa
abbia raggiunto il carico massimo nessuno possa più salirvi. Orribile
situazione, nella quale qualcuno finirà per affogare. Ma peggio sarebbe
il ribaltamento della scialuppa e il naufragio di tutti.
Ma c'è un "ma". Perché la barca piena alla quale il discorso pubblico
contemporaneo allude è: l'Europa. Un continente che con i suoi
cinquecento milioni di abitanti reputa impossibile accogliere un
milione di profughi.
Il ribaltamento politico temuto qui e oggi riguarda le classi dirigenti
che hanno governato settant'anni in pace e prosperità il nostro
continente. Se queste forze di governo cadessero, esse verrebbero
sostituite da capi populisti ciechi di fronte al fatto che il razzismo di
ieri sta alle odierne flatulenze sull'identità come il nazionalismo di ieri
alle odierne flatulenze sulla sovranità.
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Vestigia di civiltà romano-cristiana
Viviamo come in una sorta di training autogeno sfuggitoci di mano. Ci
ripetiamo ipnoticamente che occorrerà diventare un po' crudeli. Perché
la lunga estate europea è finita. E perché un'altra estate come quella del
2015 non riusciremo a superarla indenni. Ci facciamo un sacco di
compassione, con questi stranieri venuti a disturbare.
E allora ritorna il teatro della propaganda con le parole sui profughi,
tutti accattoni, molestatori, infidi, perfidi e terroristi jihadisti.
L'escalation verbale in atto porterà all'inalveamento del massacro
mediterraneo dentro un bozzolo di gelo e indifferenza.
Poi il programma andrà prevedibilmente avanti con interventi
militari qua e là, nell'intento impossibile di fermare le migrazioni,
costruendo "campi di contenimento" sulle sponde meridionali e
orientali del Mediterraneo. Senza escludere quelle operazioni di
"respingimento" che dovessero rendersi necessarie ove il
“contenimento” non bastasse (non basterà).
Ma c'è un "ma". Chi stabilirà la necessità e l'urgenza dei
"respingimenti"? A ciò si candidano la Le Pen con Salvini e consorti.
Questi retori fingono di non rendersi conto che quando l'Africa e l'Asia
minore inizieranno a far sentire le loro spallate demografiche,
scardinando ogni velleità di gestione dei campi di "contenimento"
oltremare, a quel punto scatterà in grande stile l'ora del
"respingimento", che è la continuazione del "contenimento" con i
mezzi dell'annegamento.
Ma davvero non comprendono, i leader populisti, che giunti a quel
punto la via dell'indifferenza, del contenimento, del respingimento e
dell'annegamento sfocerà, giocoforza, in una vera e propria guerra
totale?
Guerra totale. A parte lo scenario di possibili attacchi nucleari
"sporchi" contro le capitali dell'Occidente (scenario evocato alcuni
anni fa ad Assisi dall'ex segretario di Stato alla difesa Robert
McNamara) – una guerra porterebbe con sé insormontabili difficoltà
anche in ambiti apparentemente ovvi e scontati come il presidio dei
confini.
L'Europa meridionale ha un enorme sviluppo costiero. Quello
italiano equivale a circa ottomila chilometri. La Grecia ha quasi
quattordicimila chilometri di coste. E a questi se ne aggiungono molte
altre migliaia in Spagna, Francia, Slovenia, Croazia, Serbia,
Montenegro, Albania e Turchia.
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Quale invincibile armata potrà mai controllare militarmente un
fronte marittimo di quest’estensione? Quanti milioni di ragazzi
dovrebbero essere inviati sui bagnasciuga (nostri e altrui) onde
inchiodarvi il nemico clandestino? Soprattutto, quanto brutale e
bestiale e crudele diverrà un cosiffatto clima e stato di guerra?
Rudolf Schlichter, Blinde Macht, 1937
Chi oggi chiede il "controllo" manu militari dei confini esterni e il
"rafforzamento" di quelli intereuropei, chi si muove lungo la via del
"contenimento", del "respingimento", dell'"identità" e della "sovranità",
chi osasse spezzare l’equilibrio della pax europaea, finirà per innescare
una frantumazione bellica dentro la stessa Europa, che “ancora una
volta per la prima volta” si vedrà costretta a una sanguinosa e
dissanguante mobilitazione generale.
Nessuno s'illuda, è stato così in passato e non si vede perché stavolta
dovrebb’essere diversamente.
Unica alternativa ragionevole a questo atroce ricorso storico, è la via
dell'accoglienza. Ma non basterà un'accoglienza fatta di semplice
buonismo. Dovremo lungamente lavorare alla costruzione di politiche
d'integrazione adeguate, mobilitando tutte le risorse morali, culturali ed
economiche necessarie alla costruzione di un grande esercito civile
europeo votato a salvare invece che ad annientare.
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Da l’Unità online http://www.unita.tv/
Perché Bernie?
Per quale ragione il “socialista” Bernie Sanders ha stravinto
sulla “femminista” Hillary Clinton nel New Hampshire?
Per capirlo è necessario dimenticare l’America dei
film ed entrare nell’America reale
di Federiga Bindi
Nella fredda notte del New Hampshire, Hillary ha sentito il fiato sul
collo di Bernie Sanders il quale, con la schiacciante vittoria alla prima
primaria della stagione, ha reso chiaro che Hillary davvero non è più la
“candidata inevitabile” e che la campagna elettorale sarà lunga e non
scontata. Il discorso con il quale Sanders ha celebrato la vittoria è
rimasto rivoluzionario nelle proposte politiche, ma per la prima volta
ha avuto anche un tono presidenziale, ricordando che l’obbiettivo
finale è battere i repubblicani e quindi – una volta finite le primarie – ci
sarà da ricompattare il partito. Così facendo ha messo anche a tacere
quanti lo accusano di non essere un “vero” democratico, essendo
inizialmente eletto al Senato come indipendente.
Per capire perché Bernie Sanders ha stravinto su Hillary Clinton e
messo una prima ipoteca sulla nomination è necessario dimenticare
l’America dei film ed entrare nell’America reale. Abituati a vedere le
casette con il giardino, ci dimentichiamo che l’American dream e
ormai sempre più un sogno irraggiungibile per gli under 45. Sono loro,
infatti, lo zoccolo duro dei sostenitori di Sanders.
I numeri fanno impressione: nella fascia di età 17-29, Sanders ha
preso l’84% dei consensi in Iowa ed l’85% in New Hampshire. Nel
2008, i giovani erano per Barak Obama (in aveva Iowa aveva preso il
57% dei loro voti) e gli over-45 per Hillary Clinton, con
un’accentuazione per gli over-60; la stessa divisione vede oggi gli
under-45 (donne incluse) favorire Bernie Sanders e gli over-45 la
Clinton.
Sanders ha anche attratto il 72% degli indipendenti: in America si
può essere registrati come Democratici, Repubblicani o Indipendenti e
stati come il New Hampshire – che hanno una forte tradizione di
Independents – permettono loro di votare per quale primaria
preferiscono.
Il dibattito della scorsa settimana e gli ultimi giorni di campagna – in
cui Hillary ha chiamato a raccolta in New Hampshire sostenitori, amici
e parenti – non ha aiutato. Nel dibattito, Hillary è andata
esageratamente all’attacco e ha continuato a ripetere che gli elettori
debbono votare lei perché ha più esperienza ed è più brava, risultando
alla fine parecchio antipatica.
Le sue sostenitrici, hanno fatto poi il resto del danno: Madeleine
Albright ha affermato che “c’è un posto speciale all’inferno per le
donne che non aiutano le altre donne” – un suo vecchio mantra che
ama ripetere per sottolineare che le donne debbono sostenersi a
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vicenda in ambito professionale – cosa molto importante negli Stati
Uniti dove il 70% dei posti di lavoro si trova grazie al networking, le
raccomandazioni degli amici. Traslato in un contesto politico, tuttavia,
la frase è infelice ed in particolare le giovani l’hanno presa storta.
Il patatrac finale l’ha fatto Gloria Steinem, mitica capofila delle
femministe americane, che al Bill Maher show ha visto bene di dire
che le ragazze giovani sostengono Sanders perché ai suoi rally trovano
i ragazzi fighi. Fosse stata detta in Italia, sarebbe stata una battutaccia,
ma qui è stata presa malissimo, tanto più detta in sostegno alla moglie
di uno che la Presidenza l’ha quasi persa per una stagista. Apriti cielo!
Si aggiunga che molte donne qui non perdonano ad Hillary di non aver
mollato Bill dopo la Levinski, e al contrario di aver contribuito a svilire
e umiliare le donne con cui il marito aveva avuto relazioni.
Gli Stati Uniti sono un paese profondamente maschilista e la
legislazione contro il sexual harassment non aiuta a distendere gli
animi. Diana Bilimoria, docente alla Case Western Reserve University,
ha calcolato che alla fine della propria carriera professionale una donna
guadagna in media $2.120.731 meno di un uomo di pari qualifica e
capacità. In Senato, le donne sono 20 su 100; al Congresso, 104 (il
19,4%): la maggior presenza femminile mai eletta nella storia degli
Stati Uniti.
La generazione della Clinton e delle sue più accese sostenitrici è una
generazione che ha strappato, pezzo per pezzo, con determinazione e
coraggio, un pezzettino di cielo. Il prezzo che hanno pagato è però
quello – salvo rarissimi casi – di una mortificazione eccessiva della
propria femminilità: Hillary definisce se stessa e la sua generazione “la
sisterhood in giacca-pantalone (pant-suit)”.
Alunna di Welsley College – una delle “Seven Sisters”, i migliori
collegi femminili americani – Hillary è una femminista storica e, a suo
onore, ha fatto molto per cambiare le cose. Al Dipartimento di Stato, il
suo maggior contributo è indubbiamente stata la promozione delle
donne e delle politiche di genere. L’articolo della sua Direttrice del
Policy Planning – Anne Marie Slaughter, “Why Women Cannot Have
it All” – ha poi scatenato un dibattito importante ed un rinnovato
entusiasmo contro il cosidetto “glass cieling”, il tetto di cristallo. Ma
da lì a pensare che le donne votino Hillary in quanto donna, il passo è
lungo.
Le giovani Millenials, i pant-suits li amano poco e ancora non sono
abbastanza senior da sbattere contro il glass cieling. Sono del resto
parte della generazione più egualitaria della storia, una generazione
anche meno consumista e materialista di quelle passate: per fortuna, si
direbbe, dato che sono mediamente oberate dai debiti universitari.
La questione del costo dell’educazione e della salute non a caso sono
pilastri delle proposte di Sanders, tanto popolari da costringere la
Clinton ad adeguarsi e spostarsi sempre più a sinistra. Un anno in
un’università di élite costa, tutto compreso, oltre 100.000$. Un anno
all’Università nel proprio Stato di Residenza – l’opzione più
economica – viaggia dai 12.000 ai 25.000$ l’anno di sole tasse di
iscrizione. Perciò, quando Sanders parla di college gratuito, la proposta
suona come musica nelle orecchie sia dei Millenials che della
Generazione X, i quali – dopo aver finito di pagare i propri debiti
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universitari e con la casa ancora sul groppo – deve indebitarsi
ulteriormente per pagare l’educazione ai figli, come ha ammesso
l’ormai ex terzo candidato Dem Martin O’Malley.
Per tacere della sanità. Il controllo medico (obbligatorio) di inizio
anno scolastico con annesso vaccino, senza assicurazione costa sui
500$. Fare un figlio in ospedale può costare sui 100.000$.
L’assicurazione medica base, costa anch’essa un minimo di 500$ al
mese, sperando che tutto vada bene: se ci si ammala – ad esempio di
cancro – la partecipazione alle spese (pudicamente definita “co-pay”)
può costare la casa, per la quale bastano poche rate di mutuo saltate per
andare in “foreclosure”. Qualche settimana fa, il vicepresidente Joe
Biden ha raccontato che quando il figlio Beau era malato, Obama si è
offerto di aiutarlo economicamente per evitargli di vendere casa:
perché l’assicurazione è legata al lavoro, se ci si ammala e non si
lavora, dopo un po’ si perdono entrambe.
In un mondo così, è evidente che molti siano attratti da Bernie. Va
bene una donna alla Casa Bianca, ma vuoi mettere l’educazione gratis
e la copertura medica per tutti, svincolata dal lavoro? Eh, sì, è vero che
anche la Clinton dice di lottare per la classe media sempre più
impoverita, ma poi con un singolo “speech” guadagna più di una
coppia di professionisti medio-alti in un anno… Non a caso, il dato che
più di tutti fa riflettere è la percentuale ottenuta da Sanders in New
Hampshire tra quelli che ritengono che l’onestà debba essere la
principale qualità di un candidato: secondo un sondaggio Cnn, Sanders
ha vinto 92% a 6%.
Vai al sito dell’Unità
Da Avanti! online www.avantionline.it/
Giulio Regeni
non era una spia
“È interesse di tutti che emerga la verità” hanno dichiarato i
parlamentari socialisti in una interrogazione rivolta al ministro degli
Esteri, Paolo Gentiloni. Giulio Regeni non era uno 007. Smentita una
delle ipotesi circolate per spiegare le circostanze della morte del
giovane ricercatore italiano. Questa mattina, rispondendo a una
interrogazione alla Camera, Benedetto della Vedova, sottosegretario
agli Esteri, lo ha detto ufficialmente. Gli inquirenti italiani stanno
esaminando il pc di Regeni, ritrovato dalla famiglia mentre non è stato
ritrovato il suo cellulare.
“È palesemente senza fondamento” che Giulio Regeni fosse un
informatore dei servizi italiani ha detto il sottosegretario agli Esteri
Benedetto Della Vedova rispondendo a quei deputati che hanno
sollevato la questione di un impegno dovuto ma ‘particolare’ sul caso
Regeni aggiungendo che “la solerzia dell’ambasciata è un elemento
dovuto e, nella drammaticità, positivo. Chi sta al Cairo o in altre città
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complicate sa che non sta a New York”. “Il corpo di Giulio – ha poi
spiegato – presentava ecchimosi, segni di bruciature e tagli alle spalle e
al torace. Si è trattata di una morte violenta e efferata”. Della Vedova
ha inoltre sottolineato che “siamo in una fase preliminare, sul piano
formale è stato assicurato un livello sufficiente di collaborazione” ai
nostri investigatori da parte delle autorità egiziane mentre “Renzi ha
avuto rassicurazione da al Sisi (il Capo di Stato egiziano, ndr) della
piena collaborazione dell’Egitto”.
Quanto al pc portatile di cui in un primo momento era stata denunciata
la scomparsa assieme al cellulare e al passaporto, si trova invece nelle
mani degli inquirenti che indagano sulla sua morte. Il pc era stato preso
dalla famiglia del giovane nella sua abitazione in Egitto e consegnato
alle autorità italiane. Sembra invece che Regeni non avesse un tablet o
altri supporto informatici ad eccezione del cellulare che portava sempre
con sé, e che non è stato ritrovato.
Le condizioni terribili del corpo del giovane – entrambe le orecchie
mozzate, decine di piccoli tagli sul corpo, fin sotto la pianta dei piedi,
numerose ossa rotte, le unghie di un dito della mano e di uno del piede
strappate – e tutti gli elementi finora conosciuti, fanno pensare che sia
stato torturato dagli uomini dei servizi segreti, ma l’Egitto lo smentisce
categoricamente.
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SPIGOLATURE
A costo di ripetersi
Bisogna cercare di "cambiare lo stato di cose presenti",
come scriveva Giulio Regeni, il giovane ricercatore
italiano assassinato al Cairo.
di Renzo Balmelli
INCUBO. Quando il dolore e l'indignazione si intrecciano come dopo
l'ennesima strage di migranti nell'Egeo, il rischio è di non trovare più le
parole giuste per stigmatizzare la crudele, intollerabile, assurda
violazione dei diritti umani. A costo di ripetersi bisogna invece andare
avanti e reagire senza tregua per cercare di "cambiare lo stato di cose
presenti" come scriveva Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano
assassinato al Cairo. Anch'egli vittima della brutale, insensata violenza
di forze oscure e spietate che assistono con sguardo indifferente alla
riedizione dell'olocausto consumato in presa diretta, tra bimbi annegati.
barconi afflosciati, scafisti senza cuore. Che nel terzo millennio,
nonostante le lezioni della storia, tante atrocità fossero ancora possibili
al punto da chiedersi se ragione e sentimenti siano ormai un bene
definitivamente rottamato, è qualcosa che stravolge i sogni di un
mondo migliore trasformandoli in un incubo senza pace.
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VEZZO. Ricco di una tradizione che ne fa il secondo più vecchio
partito socialista e operaio del mondo (solo l'SPD tedesca venne
fondata prima), allo PSOE si presenta l'opportunità di riconsegnare alla
Spagna un esecutivo di sinistra. Dopo l'incolore stagione di Mariano
Rajoy e del suo Partido Popular, duramente punito dalle urne, la svolta
avrebbe un effetto salutare per rimodulare in senso progressista il
panorama politico sia nel Paese iberico, sia in Europa dove le spinte
populiste e xenofobe non promettono nulla di buono. Però c'è sempre
un però. Che qui si chiama litigiosità, quella che sta dentro al partito
del giovane leader socialista Pedro Sanchez incaricato di formare il
governo ma che potrebbe inciampare nei veti e nelle ostilità dei suoi,
un vezzo dal quale lo PSOE, simile in questo a quanto accade in seno
al Pd, non riesce a guarire, rischiando di farsi male da solo e di
mancare l' appuntamento con la storia.
QUINTE. Che si considerasse il padre della Patria se non addirittura
un regalo della Provvidenza per trasformare l'Italia nel Paese delle sette
meraviglie è un concetto col quale Silvio Berlusconi è riuscito, a dire il
vero con grande abilità, a farsi aprire una linea di credito di cui però,
come si è visto, non ha fatto l'uso migliore. Nel consuntivo dei suoi
vent'anni di gloria effimera il saldo attivo è piuttosto modesto. Eppure,
nonostante le batoste elettorali, giudiziarie e il suo partito ai piedi dei
sondaggi, il Cavaliere si ostina ancora oggi, come ha ripetuto nel corso
di una corposa intervista al Corriere del Ticino, a rivendicare per se un
ruolo di primo piano nell'affrontare le sfide nazionali e internazionali.
Al maggiore quotidiano svizzero di lingua italiana, il Cavaliere
consegna una sorta di manifesto politico con il decalogo di quanto
ancora farà per salvare l'Italia. Ma salvarla da chi e da cosa? Magari,
senza volerlo, lo ha già fatto stando dietro le quinte.
BATTAGLIA. Risultati alla mano, nessuno dei suoi rivali potrà dire
di Bernie Sanders, come andava ruminando Don Abbondio, "Carneade,
chi era costui". Con la sonante seppure annunciata vittoria nella
primarie del New Hampshire in cui ha surclassato Hillary Clinton, il
senatore socialista del Vermont si attesta come una figura di primo
piano, capace di interpretare meglio degli altri la voglia di
cambiamento specie tra i giovani e di declinare su un registro più equo
e solidale l'aspirazione verso il sogno americano. Si è trattato con ogni
evidenza di un voto anti sistema e questo promette una battaglia lunga
e complicata per la nomination visto che l'outsider non gode dei favori
dell'establishment democratico. Chiunque salirà alla Casa Bianca dovrà
comunque tenere in debito conto le pulsioni espresse dall'elettorato che
si affaccia ora sulla scena politica per non consegnare gli Stati Uniti
alla retrograda retorica della destra repubblicana.
BRAMA. Dopo la dissoluzione dell'Unione sovietica si disse che la
storia aveva imparato a correre. Seppure non sempre in modo positivo,
la profezia in parte si è avverata. Nessuno però avrebbe immaginato,
neppure scrutando la sfera di cristallo, che la destra nostrana in preda a
strane scalmane voltasse le spalle all'America, un tempo suo faro e
guida, accusandola di losche manovre per imporre la propria
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Weltanschauung. L'America di Obama, s'intende, non quella di Trump
e dei suoi compagni di merenda che in quel circolo verrebbero accolti a
braccia aperte. Non siamo ancora all'impero del male rovesciato, ma
poco ci manca, tanto più che ora l'oggetto del desiderio è la Russia neo
zarista; la Russia di Putin che nella repressione del dissenso e nei
bombardamenti indiscriminati in Siria, non può dirsi un modello di
democrazia. E' la brama dell'uomo forte che torna a fare capolino
incurante delle tragedie già vissute.
TORPORE. Andare a Zurigo senza fare un salto al Cabaret Voltaire
sarebbe come sprecare un'occasione per rivivere l'atmosfera che vi
regnava cento anni fa, quando nel famoso locale nacque la corrente
artistica e letteraria del Dadaismo. Come nel film "Midnight in Paris"
in cui il personaggio creato da Woody Allen si innamora di un sogno
incontrando i suoi autori preferiti, la stessa cosa potrebbe succedere
lungo la Spiegelgasse, nel cuore del centro storico zurighese, entrando
nel locale che fu la culla del movimento di rottura con le convenzioni
imperanti. Una boccata d'aria fresca che proponeva nuovi percorsi
nell'universo estetico e creativo mentre l'Europa era dilaniata dal
conflitto mondiale. Tra magia e ironia si potrà assaporare l'onda lunga
del Dadaismo immaginando di essere a tu per tu con i suoi impetuosi
personaggi e con loro immergersi nel mondo sfavillante, stravagante,
irriverente ,rivoluzionario e libero da costrizioni capace di accendere le
più audaci fantasie. Quel mondo che un secolo dopo potrebbe
risvegliarci dal torpore .
VETRINA. Sessantasei edizioni fa, rigorosamente in bianco e nero e
con la rima obbligata "amore e cuore" per non offendere il comune
senso del pudore, non occorreva blindare la perla della Riviera per
assistere al Festival di San Remo. Tra pizzi, merletti e bianche colombe
la vetrina della canzone italiana era ciò che doveva essere per appagare
l'immaginario collettivo: allegra, canora, melodica e controllata dai
rigidi censori democristiani. Nessuno insomma avrebbe immaginato
che un giorno su quel palco , mentre risuonavano le note di Elton John,
incontrastata icona gay, sarebbero comparsi i nastri arcobaleno a
sostegno delle unioni civili. Anche quest'anno dunque il Festival ha
assunto una connotazione politica, forse ancora più marcata che in
precedenza, segno di un inarrestabile cambiamento del costume che
scandalizza solo i benpensanti di facciata. Tanto da far dire a qualcuno
che per riformare l'Italia basta riformare l'Ariston!
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Politiche d’integrazione e
relazioni Italia-Germania
STORIA SUDATA
DI UN SUCCESSO
Conferenza di Laura Garavini al Goethe Institut di Roma: “La storia
dei Gastarbeiter in Germania rimane di grande attualità anche per
l’Europa di oggi”.
“Pericolosi, rumorosi, arroganti”: così venivano percepiti i
Gastarbeiter nella Germania degli anni Cinquanta. Quattordici milioni
in tutto, arrivati dal 1955 al 1974 nella Repubblica Federale Tedesca
alla luce degli accordi bilaterali stilati con numerosi paesi di
immigrazione. Tra questi c’era l’Italia, ma anche la Turchia, il
Marocco, la Tunisia. Una massa enorme di giovani, spesso uomini,
temuti e guardati con sospetto dalla cittadinanza.
Settecentomila all’ anno, in media, provenienti da culture diverse,
spesso da condizioni di estrema povertà e frequentemente anche di
religione musulmana. Situazioni certamente diverse da quelle dei
rifugiati attuali, ma con tante analogie”. Così Laura Garavini,
deputata eletta in Europa, componente PD della Presidenza alla
Camera, intervenuta oggi alla conferenza “Da Gastarbeiter a EU-
Worker” organizzata dal Goethe Institut di Roma.
“Pericolosi, rumorosi, arroganti”
Insieme a lei, al dibattito ha preso parte il Professor Oliver Janz,
ordinario di storia contemporanea alla Freie Universitaet di Berlino.
“Eppure quella storia, quella dei "Gastarbeiter" è una storia di
successo”, ha rimarcato Garavini. “Innanzitutto circa il 90% di loro
sono rientrati e hanno contribuito con i loro guadagni ad arricchire le
zone di origine. Quelli che sono rimasti, invece, in linea di massima si
sono integrati bene in Germania, nonostante le difficoltà. La storia dei
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“Gastarbeiter” in Germania rimane di grande attualità anche per
l’Europa di oggi”.
“L’integrazione dei “lavoratori ospiti” in terra tedesca – ha ribadito
la parlamentare Pd – si è rivelata nel tempo un percorso di successo,
nonostante gli errori e i ritardi nel mettere in campo idonee politiche di
integrazione. Conoscere questa storia significa avere gli strumenti per
combattere una visione apocalittica del mondo, che vede
nell’immigrazione solo un problema da eliminare. Non è così, per
fortuna. L’emigrazione è una grande opportunità di arricchimento
reciproco. A chi intende alimentare la paura dei cittadini europei
dobbiamo rispondere che un grande “film”, quello di 14 milioni di
migranti in Germania, dagli anni cinquanta agli anni settanta, è andato
a finire bene. E non c’è motivo per cui anche i “film” di oggi, quelli in
cui i rifugiati sono protagonisti da immigrati nei paesi membri dell’UE,
non vadano a finire altrettanto bene”.
“Quello che è importante – ha concluso – è imparare dagli errori del
passato e prevedere, da subito, una serie di misure volte a promuovere
una piena integrazione dei migranti, prevedendo anche risorse
sufficienti a garantire questi processi, a partire dalla scuola”.
(aise/ADL)
ECONOMIA
Rischi finanziari peggiori del 2007?
Un’analisi della situazione del debito partendo dalle dichiarazioni
di William White, autorevole economista dell'OECD e della BIS.
di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista
«Il sistema finanziario globale è diventato pericolosamente instabile ed
è di fronte ad una valanga di bancarotte che metterà alla prova la
stabilità sociale e politica». Queste sono le autorevoli parole di William
White che è presidente dell’Economic Development and Review
Committe dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (OECD). Già economista capo della Banca dei
Regolamenti Internazionali, egli da tempo sottolinea le sue
preoccupazioni in interviste e dichiarazioni pubbliche. Recentemente
lo ha fatto in relazione al Forum Economico Mondiale di Davos.
White ha per decenni anche lavorato nelle banche centrali del
Canada e della Gran Bretagna, a contatto quindi con i ‘decision maker’
finanziari della City. Prima del collasso della Lehman è stato uno dei
pochi a denunciare l’inevitabile deriva del sistema. Aveva tra l’altro
dimostrato come la liberalizzazione dei mercati finanziari, la cosiddetta
deregulation, stesse provocando una crescita eccezionale dei prestiti e
dei valori finanziari.
Il problema centrale è rappresentato, quindi, dall’aumento
esponenziale del debito in ogni parte del mondo nei passati 7 anni,
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tanto che, per White, «la situazione di oggi è peggiore di quella del
2007».
Per quanto riguarda l’Europa, le banche europee hanno crediti in
sofferenza (non-performing loans) per circa 1.000 miliardi di euro! Si
tratta di prestiti, concessi sia nel mercato interno sia in quello delle
economie emergenti, che finora sono stati tenuti nascosti nei bilanci
delle banche come dei ‘cadaveri imbalsamati’.
In mancanza di un accordo globale e di una nuova architettura del
sistema finanziario da rendere operativa in modo congiunto e celere, la
questione di fondo è come gestire le cancellazioni del debito
impagabile e il riordino del sistema senza creare sconquassi economici
e tempeste politiche.
Si tratta di riprendere la discussione sul ‘curatore fallimentare’,
purtroppo da tempo abbandonata. E’ una cosa che non si può lasciare
in gestione a livello di singoli Paesi perché necessita di regole globali e
condivise, che coniughino giustizia economica e ripresa con assoluta
priorità rispetto agli egoismi locali e ai dettami dei più forti.
L’assenza di una chiara visione delle responsabilità e dei metodi di
intervento del ‘curatore fallimentare’ è ben visibile anche nel caos
creatosi intorno alla bancarotta delle quattro piccole banche regionali
italiane in cui, oltre alla mancanza di trasparenza e di giustizia, hanno
dominato l’improvvisazione, l’incompetenza e gli interessi particolari
di amici e lobby locali.
Oggi il totale del debito pubblico e privato è salito ai limiti massimi:
è il 265% del Pil nel club dei Paesi della citata OECD e il 185% del Pil
nei mercati emergenti. Entrambi registrano un aumento del 35%
rispetto al 2007.
Secondo l’agenzia di stampa economica americana Bloomberg, il
debito delle grandi corporation a livello mondiale sarebbe di 29 trilioni
di dollari. La metà delle multinazionali comprese nel listino borsistico
S&P di Wall Street non guadagnerebbe abbastanza per pagare il
servizio del proprio debito.
I Quantitative easing hanno creato e mantengono l’effetto di poter
continuare a spendere non in relazione alle reali possibilità dell’attuale
situazione economica e di bilancio ma in deficit prendendo a prestito
dal futuro. Ciò nel tempo diventa una “dipendenza tossica” facendo
smarrire il senso e il rapporto con la realtà. Ad un certo punto però
anche il futuro presenterà il conto. Non si può continuamente spendere
oggi i soldi che saranno eventualmente guadagnati domani!
Si noti anche che gran parte della nuova liquidità è stata usata dalle
grandi corporation e dalle banche per crescenti operazioni di riacquisto
delle proprie azioni. Il Wall Street Journal stima che dal 2005 ad oggi
negli Usa sarebbero stati usati ben 4,21 trilioni di dollari in operazioni
di riacquisto dei propri titoli. Si tratta di circa un quinto dell’attuale
valore totale dei titoli della borsa americana. Sono in gran parte
operazioni cosmetiche che hanno dirottato importanti risorse a
discapito degli investimenti, della modernizzazione tecnologica e
dell’occupazione.
Il debito eccessivo è una trappola nella quale, secondo White,
sarebbe caduta anche la Fed. La situazione è quindi talmente
deteriorata che non si riesce a trovare la giusta soluzione: se si
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aumentano i tassi di interesse essa diventa ancora più difficile e
pesante, se invece non si aumentano essa sicuramente peggiora.
Ancora una volta viene chiamato in causa il potere politico e la sua
responsabilità nella definizione di nuove regole per il sistema
finanziario.
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Il “costituzionalista” Casaleggio
di Giuseppe Tamburrano
“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per
concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale”. L’articolo 49 della Costituzione della Repubblica Italiana
non sembra contemplare i principi-guida del documento messo a punto
da Gianroberto Casaleggio nel quale si prevede una “punizione” di 150
mila euro per quegli eletti che dissentono dalla linea ufficiale o,
meglio, dal “pensiero unico” del partito. Certo, la tempistica con la
quale il Pd ha pensato di dare attuazione a quell’articolo (o, almeno, a
una sua parte) appare un po’ sospetta. Ma che le regole del Movimento
5 stelle (ad esempio, l’imposizione del vincolo di mandato non tanto
rispetto alle indicazioni dell’elettorato, quanto ai diktat di due
smanettatori di computer) siano più in linea con quelle di una setta che
di una organizzazione dedita alla politica, è ormai abbastanza evidente.
Alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno bollato come
“fascista” l’iniziativa del Pd. Consiglio ai “Casaleggio-Boys” una
breve meditazione su queste poche parole: “Io ho sempre sostenuto che
per preparare il testo di una nuova costituzione democratica, sia più
opportuno o più prudente muovere dal punto di vista della minoranza”.
Le pronunciò settant’anni fa nel corso di un intervento alla Costituente
Piero Calamandrei che forse aveva con il diritto e i diritti una
familiarità maggiore di quella che mostrano oggi Casaleggio e Grillo.
Anche lui fascista? Ormai è chiaro cosa intendeva dire il M5s con lo
slogan “uno vale uno”. Intendeva semplicemente sottolineare che solo
“uno vale”. Cioè l’insigne costituzionalista Casaleggio.
LETTERA dal Nazareno
Grazie per le vostre critiche
Tra qualche giorno il Governo compie due anni. Ventiquattro mesi
come le ventiquattro slide che raccontano i primi risultati del governo:
le trovate qui e vi sarei davvero grato di un commento. L'email per
dirmi le vostre impressioni è sempre la solita: [email protected]
Ventiquattro mesi racchiusi in questo video, che restituisce il sapore
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del viaggio. https://youtu.be/nSFkA_bVA-Q
C'è ancora molto da fare e lo faremo. Intanto grazie per la vostra
fiducia, per il vostro affetto, per le vostre critiche. E se vi va fate girare
queste slide su Facebook, su Twitter, via email agli amici. http://www.slideshare.net/Palazzo_Chigi/2-anni-di-governo-renzi-in-numeri Perché la quantità di riforme realizzate è impressionante, ma diventa
condivisa solo se arriva agli occhi e al cuore delle persone. E questo
possiamo farlo solo insieme.
Matteo Renzi, segretario del PD
A parte che i commenti li scriviamo ogni settimana sulla nostra
Newsletter, certo non rifuggiamo dall’invito di esprimere un commento
critico. Certi impulsi di politica europea e l’adesione al PSE possono
anche garbarci, ma non le riforme costituzionali, troppo raffazzonate,
mentre l’Italicum prefigura un Parlamento di nominati. – La red
dell’ADL
LETTERA
Il partito non è un porto
“Il partito non è un porto”, ha detto Bersani. Per dire la stessa cosa
(non si devono accogliere personaggi squallidi e corrotti) qualche mese
fa aveva preferito un’altra metafora, però di segno opposto: “Via dal
nostro giardino”.
Meglio tardi che mai: se lo fosse ricordato qualche anno fa, avrebbe
trovato il modo di buttare fuori a calci dal Pd Renzi e le sue
margheritine, con una scusa qualsiasi.
Però le figure retoriche bisogna saperle usare. Da quelle di Bersani
si deduce che il suo Pd non sia un porto, luogo aperto, inclusivo, bensì
un giardino privato, immagino protetto da un muro e da cui occorre,
principale preoccupazione, scacciare gli estranei perché non calpestino
l'erba o strappino i fiori. Metafore sbagliate, inadatte a un partito di
sinistra.
Traspare l’affanno, suo e di tutta una classe dirigente (dirigente si fa
per dire), di chi ormai proprio non sa cosa sia o debba essere la sinistra,
di chi da tempo ha rinunciato alla tradizione e ideologia del socialismo
per inseguire (non mi è chiaro se per ingenuità, incapacità o
complicità) i miti del liberismo globalista, e ora si ritrova non solo
senza idee ma anche senza linguaggio. Che pena. Gramsci diceva che il
partito era il nuovo principe: quella sì che era un’immagine forte,
efficace, esaltante, altro che giardini e porti.
Se non gli va di leggere e capire Gramsci, Bersani almeno ascoltasse
i discorsi di Bernie Sanders, che è più vecchio di lui ma sa parlare ai
giovani, sa entusiasmarli: non con metafore ridicole ma con programmi
ambiziosi, coraggiosi, che non accettano il postulato neocapitalista che
non ci siano alternative al dominio assoluto delle multinazionali e al
culto del successo. O meglio, i discorsi di Sanders dovremmo ascoltarli
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noi. Per prendere esempio da lui e renderci conto che anche in Italia la
sinistra delle chiacchiere e del gossip, effettivamente chiusa nel suo
giardino di privilegi e di illusioni autoreferenziali, come Maria
Antonietta nel Pétit Trianon a giocare alla pastorella, deve essere
liquidata al più presto.
Serve una nuova sinistra di lotta, lucida, risoluta, capace d’azione
ma anche di pensiero, di un linguaggio che significhi qualcosa.
F.E., Massachusetts, USA
Sante parole di un socialista americano. Dovremmo anche riscoprire
Michael Harrington ( (February 24, 1928 – July 31, 1989) un
pensatore socialista che ho avuto occasione di conoscere nel 1969.
Spero che grazie a Bernie Sanders si cominci a conoscere il
movimento socialista USA con esponenti come.Norman Mattoon
Thomas (1884-1968), leader del movimento socialista negli USA per
più di quattro decenni, fu il candidato socialista alla Presidenza per
sei volte dal 1928 al 1948.– Felice C. Besostri
LETTERA DALLA GERMANIA
USA che succede?
Mentre la socialdemocrazia europea tende a spostarsi sempre più su
posizioni liberali, in USA la base vorrebbe spostare il Partito
Democratico su posizioni socialdemocratiche. Bernie Sanders ha i suoi
anni, ma non si può negare che riesce a entusiasmare in particolar
modo i giovani.
GF, Monaco, Germania
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.