affari di gola - maggio 2012

40
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO Supplemento al n. 19 de “La Rassegna” del 17 maggio 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60 maggio 2012 Confetture, alla ricerca della frutta perduta Lo spiedo bresciano rilancia con la versione estiva Zanella: “Così il Franciacorta crescerà ancora” L’INTERVISTA Arredamenti Metalfrigor, una grande famiglia al servizio dei pubblici esercizi L’AZIENDA LA SPECIALITÀ In Val d’Astino torna la produzione di olio d’oliva L’ESPERIMENTO Crescono le aziende che riscoprono piante dimenticate da oltre un secolo. Viaggio tra i produttori bergamaschi

Upload: affari-di-gola

Post on 26-Mar-2016

240 views

Category:

Documents


3 download

DESCRIPTION

In rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

TRANSCRIPT

Page 1: Affari di Gola - maggio 2012

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Supp

lem

ento

al n

. 19

de “

La R

asse

gna”

del

17

mag

gio

2012

- G

iuse

ppe

Rug

gier

i dire

ttor

e re

spon

sabi

le E

ditr

ice:

La

Ras

segn

a S.

r.l. v

ia B

orgo

Pal

azzo

137

, Ber

gam

o P

oste

Ital

iane

S.p

.A. S

pedi

zion

e in

Abb

onam

ento

Pos

tale

- D

.L. 3

53/2

003

(con

v. in

L. 2

7/02

/200

4 n.

46)

art

. 1, c

omm

a 1,

DC

B B

erga

mo

- €

2,6

0maggio 2012

Confetture, alla ricerca della frutta perduta

Lo spiedo bresciano rilancia con la versione estiva

Zanella: “Così il Franciacorta crescerà ancora”

L’INTERVISTA

Arredamenti Metalfrigor, una grandefamiglia al servizio dei pubblici esercizi

L’AZIENDALA SPECIALITÀ

In Val d’Astino torna la produzione di olio d’oliva

L’ESPERIMENTO

Crescono le aziende che riscoprono piante dimenticate da oltre un secolo. Viaggio tra i produttori bergamaschi

Page 2: Affari di Gola - maggio 2012
Page 3: Affari di Gola - maggio 2012

MAGGIO 2012

www.affaridigola.itSOMMARIO

4

6

10

12

14

18

24

28

PENNA ALL’ARRABBIATAI turisti chiedono poche informazionisulla nostra enogastronomia?Proviamo a stuzzicarli meglio

CONFETTUREVasetti di bontà

IL PERSONAGGIOPizzaballa, l’ex portiere con la passione per il vino

L’INTERVISTAFranciacorta, “Così la nostra Docg crescerà ancora”

SAPORI IN CITTÀIn Val d’Astino torna l’olio d’oliva

L’ESPERTO“Il numero dispari rende più appetibile il piatto”

LA SPECIALITÀLo spiedo bresciano sfi da anche l’estate

L’AZIENDAArredamenti Metalfrigor, una grande famigliaal servizio dei pubblici esercizi

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi, - Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Ric-cardo Lagorio, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Grafi co, Bg

4R, Casera Monaci, F.lli Latini, Galateria la Mimosa, Hotel & Resort DelphinaI NOSTRI INSERZIONISTI

6

12

18

Page 4: Affari di Gola - maggio 2012

I turisti chiedono poche informazioni sulla nostra

enogastronomia? Proviamo a stuzzicarli meglio

U n bell’articolo, su “La Rassegna”, di Roberta Ga-ribaldi, docente di marketing turistico dell’Univer-sità di Bergamo, dà lo spunto per qualche consi-

derazione sull’offerta enogastronomica del territorio al turista che si presenta da noi.Il Centro Studi per il Turismo, organismo che può conta-re su personalità quali Andrea Macchiavelli e Rossana Bonadei, oltre alla stessa Garibaldi, ha realizzato una ricerca con le risposte di 90.000 visitatori che si sono affacciati agli sportelli turistici in città e all’aeroporto, in sei mesi. E ci sono riscontri interessanti, a partire dal-

la classifi ca aggiornata degli stranieri, che mette in fi la Spagna, Regno Unito, Nord Europa, Est Europa, Germa-nia e Francia.Una piccola rivoluzione, negli anni, da addebitare evi-dentemente alle nuove tratte aeree low cost, ma utile da acquisire per farci trovare più preparati alle risposte da offrire.Ebbene, il dato eclatante è quel miserrimo 1,1% di stra-nieri e 1,4% di italiani che richiede agli sportelli informa-zioni sulla nostra enogastronomia, nonostante possa vantare punte d’eccellenza.

di Luciano Della Vite

4

COMMENTI

STORIE

di Pier Carlo Capozzi

PEN

NA

ALL’A

RR

ABBI

ATA

L’Italia dimentica anche lo chef che h

Dobbiamo a Giampiero Zazzera, li-braio artigiano di Lodi e fondatore della Bibliotheca Culinaria, la pri-

ma riedizione, nel 1999, dell’“Apicio Mo-derno, ossia l’arte di approntare ogni sorta di vivande” di Francesco Leonardi.Si tratta di una ristampa anastatica in 500 esemplari di un’opera, suddivisa in 6 to-mi, che raccoglie oltre 3mila ricette, ancor oggi attualissime, e che si confi gura come una vera e propria enciclopedia del man-giar bene, ricchissima di rifl essioni e spun-ti, anche fi losofi ci, sull’arte della cucina, sul buon gusto e sulle regole igieniche che i cuochi debbono rispettare.Grazie alla meritoria iniziativa di Zazzera esce, dunque, da un lungo oblìo la fi gura di uno dei massimi cuochi italiani, scono-sciuto perfi no a molti addetti ai lavori.Leonardi, originario di Roma, attivo tra il 1740 e il 1800, dopo un lungo apprendi-stato a Parigi, fu chiamato a San Pietro-burgo, nel 1778, al servizio del Principe

Gregorio di Orlov, ove fu notato, per la sua maestrìa dall’imperatrice Caterina II, di cui divenne cuoco e scalco (lo scalco era colu-i che si occupava di ordinare il convito, di mettere in tavola le vivande e di trinciar-le). La Sovrana era notoriamente dotata di straordinari appetiti e circondò di atten-zioni il Leonardi che poteva disporre, per le sue preparazioni, delle più ricercate mate-rie prime. Basti dire che la cucina poteva utilizzare frutta e verdura in abbondanza, coltivate nelle serre appositamente co-struite per soddisfare i bisogni alimentari della corte e riscaldate artifi cialmente du-rante il rigido inverno russo.Proprio i rigori del clima, ch’egli non sop-portava, convinsero il Leonardi a tornare in Italia, raggiungendo Roma, nel 1787, ove tre anni dopo fu pubblicato l’Apicio Moderno.Lavorò in seguito a Napoli, al servizio del Duca di Gravina, ma quando gli eserciti napoleonici invasero l’Italia, il nobiluomo

fuggì in Sicilia e Leonardi dovette provve-dere a se stesso.Di lui si persero defi nitivamente le tracce. Ma il suo capolavoro gli sopravvive perché di autentico capolavoro si tratta.Da secoli, dopo lo Scappi, gli italiani non avevano più avuto un manuale di cucina che codifi casse la grande tradizione ga-stronomica nazionale. Sì, perché Leonar-di, pur ispirandosi liberamente a ricette straniere e subendo l’evidente infl usso della cucina francese, adatta i piatti al gu-sto dei suoi compatrioti, utilizzando ingre-dienti tipicamente italiani, come la ricotta, il parmigiano.Egli sottolinea l’eccellenza dei prodotti del nostro paese, dalle cozze del Golfo di Ta-ranto, al manzo toscano, al pesce squisito, repe-ribile ovunque.Sorprendente è l’at-tualità dell’invito ad accostarsi alla cucina

PEN

NA

ALL’A

RR

ABBI

ATA

PEN

NA

ALLA

RR

ABBI

ATA

Page 5: Affari di Gola - maggio 2012

Non è che le richieste per i percorsi cultu-rali o gli avvenimenti facciano riscontrare percentuali bulgare, però è un dato da ap-profondire e, se possibile, da correggere per il futuro.Vero è che, nell’era di Internet e della pre-notazione on-line, molti arrivano sapendo già dove andare a cenare e, successiva-mente, ad alloggiare perché, al momento della partenza, hanno già provveduto a tutto, noleggio eventuale dell’auto compreso.È altrettanto chiaro come il visitatore possa essere intercettato dalla segnalazione di qualche guida cartacea, nel caso fosse riu-scito a schivarsi i feedback on line su questo o quel locale.Dopo aver usato il setaccio, bisogna però convenire che si potreb-be fare qualcosina di più.La nostra provincia, negli anni, si è ritagliata un invidiabile posto al sole nel panorama dell’offerta enogastronomica, grazie all’im-pegno di quanti ci hanno creduto (produttori, imprenditori, colti-vatori, enologi, enti preposti, ristoratori), grazie all’aiuto di qual-che sponsor speciale (pensiamo a Gino Veronelli) e anche per l’ottimo passaparola dei visitatori stessi.Tutto ciò è molto positivo, ma evidentemente non basta. Noi sia-mo, da tempo immemorabile, fautori di iniziative semplici, ma molto ben organizzate e non disdegniamo di ricordare che se un’idea funzionava bene anni addietro, non è detto che non si possa rivisitare e riproporre.Sono pochi i visitatori che chiedono notizie: però, probabilmen-te, anche gli addetti a fornirgliele non hanno in mano granché di

stuzzicante da proporre per le loro cene e per le loro tasche, oltre agli indirizzi stra-noti, s’intende. Una volta, ed era Città Alta a farla da padrona, c’era (richiestissimo) il “menù turistico” con una scelta ristret-ta di piatti ed un altrettanto ristretto co-

sto fi nale.Ma gli stranieri ci si buttavano a capofi tto. Ora, la domanda è mol-to semplice: ci piace avere turisti che pranzano col trancio di piz-za passeggiando per strada o preferiamo farli accomodare da-vanti ai casoncelli con un secondo piatto a seguire, ad un prezzo accattivante?La presenza di un “menù turistico” non dovrebbe essere lasciata all’iniziativa del singolo ristoratore: si potrebbe studiare per beni-no, magari trovare qualche sponsor e uniformarlo il più possibile nella scelta dei piatti e nel calcolo dei prezzi. E, in questo proget-to, anche lui low cost, le associazioni di categoria potrebbero fare da apripista. E perché, poi, non tornare su rassegne di successo come l’antico “Invito a Tavola” o il più recente “Sosta d’arte”, ma-nifestazioni che richiamavano buongustai dalle altre province e che si potevano proporre ai visitatori di passaggio?Gli uffi ci turistici (ma anche gli alberghi) avrebbero così qualcosa di originale da proporre, per tasche diverse e, soprattutto, “pen-sato” insieme. Iniziative da veicolare al meglio, sennò agli Iat con-tinuerebbero a barcamenarsi intorno all’uno per cento.Che, con l’aria di elezioni che tira, non sarebbe davvero un buon risultato.

[email protected]

5

maggio 2012

e ha inventato la pummarola n’coppacon umiltà e dedizione. Leonardi precisa nella prefazione al suo trattato: “ … Per es-sere eccellenti in questa professione sen-za limiti e che si estende fi n dove giunge una felice immaginazione, non basta sa-per fare un pranzo o una cena, bisogna sa-perlo fare bene. Mentre in tutte le profes-sioni v’è il buono, il mediocre ed il cattivo, quel che v’è più di male è che ognuno sup-pone di essere un cuoco perfetto, nel tem-po stesso che forse ne ignora i primi princi-pi. Più un uomo ha talento e meno ha pre-sunzione, essendo l’amor proprio un temi-bile ostacolo a qualunque avanzamento. Ecco una delle ragioni per cui in Italia l’arte della cucina da due secoli a questa parte è andata sempre più in decadenza. Un cuo-co si crederebbe tacciato d’ignoranza se fosse sorpreso leggendo un libro che tratta della sua professione (...). Noi non abbia-mo in Italia quei lunghi ed assidui lavori, onde colla pratica potersi istruire, né a tut-ti si presentano quelle occasioni di vedere il Mondo e di osservare nei paesi esteri la

maniera, diversa dalla nostra, colla quale preparano non solo gli alimenti a noi cogni-ti, ma eziandìo quelli da noi mai veduti; di modo che, volendo correggere questo di-fetto del caso, non solo bisogna abbraccia-re con avidità tuttociò che può istruire, ma di più bisogna andare in traccia di quanto può contribuire a perfezionarsi nella pro-pria professione …”.Si tratta di un vero e proprio manifesto pro-grammatico che meriterebbe di essere dif-fuso nei nostri Istituti alberghieri, come se fosse stato scritto per i giovani studenti di oggi: è giusto sentirsi orgogliosamente ita-liani, anche in cucina, ma non bisogna di-menticare di essere cittadini del mondo ed aprirsi con curiosità e senza preconcetti al-le altre culture gastronomiche.Francesco Leonardi si è, tuttavia, guada-gnato fama imperitura con una straordi-naria intuizione. Egli è il primo che pensa di ottenere un sugo per la pasta asciutta utilizzando il pomodoro privo di semi, fatto sobbollire lentamente con aglio, cipolla e

sedano. È proprio così. La mitica pumma-rola n’coppa non è di origini napoletane, ma è frutto della creatività e dell’estro di un cuoco romano.Il suo ragù di pomi di terra prevede l’impie-go di “… pomidoro nella quantità che ave-te bisogno, dategli una mezza spremuta e metteteli dentro una cazzarola con fusti di pretzemolo, basilico, qualche spicchio d’a-glio, fette di cipolla, qualche scalogno. Po-nete sopra il fuoco, fatelo bollire per un’ora dolcemente, poi passateli al setaccio, con una cucchiara a forza di braccia, dovendo passar tutto, alla riserva delle pelli e dei semi …”.Ed ecco pronto il condimento per la pasta che ha reso celebre l’Italia e Napoli nel mondo.Nessun plauso, onore o benemerenza fu-rono ascritti per questo al Leonardi. Nem-meno Napoli gli ha dedicato una via, un busto o una targa commemorativa. Anzi amici napoletani, non sarebbe il caso di ri-mediare a questa ingiustizia?

Page 6: Affari di Gola - maggio 2012

Vasetti di bontà

ate dalla saggezza antica per conservare a lungo la frutta di stagione, le con-fetture sono ancora oggi insostituibili a colazione e in pasticceria. Ma c’è frutta e frutta da spalmare su una fetta di pane o su una crostata. Anche se conser-vanti e coloranti sono stati banditi da tutti i produttori (sempre meglio verifi care in etichetta la loro assenza) e l’unico additivo che può essere presente è il ge-lifi cante (di solito la pectina, che è naturale e si ricava dalle mele), la qualità di una confettura è ovviamente legata alla percentuale di frutta utilizzata e, come per qualsiasi prodotto da portare a tavola, alla qualità della materia prima. Se i produttori dai grandi numeri si attengono agli standard minimi di contenuto di frutta (tetto fi ssato al 45% per legge), gli artigiani delle conserve impiegano dal 65 al 75% di frutta, realizzando in tutto e per tutto delle composte o quanto me-no delle confetture extra con la “e” maiuscola (questa particolare preparazione prevede un contenuto di frutta pari ad almeno il 65%), bandendo conservan-ti, additivi e preferendo cotture rapide per mantenere il più possibile i preziosi ingredienti della frutta fresca, maturata sulla pianta. Ecco una serie di indiriz-zi dove acquistare confetture a chilometro zero che conservano tutto il sapore della frutta coltivata in modo rigoroso (dall’impollinazione dei fi ori affi data all’o-perosità della api, ai dettami della coltura bio o della lotta integrata) e maturata al sole, con la sicurezza di assistere ad ogni fase del processo e perfi no - è il ca-so dell’azienda Settimo Cielo - con lo smartphone grazie al Qr Code. Non man-cano frutti dimenticati, riscoperti dalla paziente ricerca di alcuni agricoltori, co-me la pirola e le erde longhe coltivate da John Brignoli dell’azienda agricola Mi-riam, e nell’ambito di un progetto innovativo come i.Land, ideato da Italcemen-ti nell’ambito di i.Lab al Kilometro Rosso e realizzato in collaborazione con la Condotta di Bergamo di Slowfood, presieduta dall’avvocato Raoul Tiraboschi. Affari di Gola ha voluto dare una sbirciata al campo prima della presentazione uffi ciale, in programma a fi ne agosto: al Kilometro Rosso avranno nuova vita frutti, in particolare mele e pere, entrati da oltre un secolo nel dimenticatoio - dal pom d’or al pom stela, dal pom diaulì al pir buter alla pirola - che saranno trasformati in confetture biologiche, pronte a sostituire le merendine “spazza-tura” attraverso la distribuzione nelle scuole, dalla scuola materna alle supe-riori, e a diventare, a suon di gettone, snack sostenibili attraverso speciali di-stributori automatici che saranno installati nel territorio.

di Laura Bernardi Locatelli

N

ANCORA OGGI INSOSTITUIBILE A COLAZIONE

O IN PASTICCERIA, LA FRUTTA DA SPALMARE TUTTO L’ANNO

TROVA SEMPRE PIÙ APPASSIONATI CHE DECIDONO

DI PASSARE DAL CONSUMO ALLA PRODUZIONE DIRETTA.

E A BERGAMO C’È CHI SCENDE IN CAMPO PER RECUPERARE

PRODUZIONI DIMENTICATE

CONFETTURE

AN

O

TR

DI

E A

PR

6

LA SCHEDA

ATTENTI A USARE BENE IL TERMINE MARMELLATAMarmellata deriva dal nome porto-ghese della pianta di mele cotogne (il marmelo), ma nella terminolo-gia moderna designa solo i prodotti a base di agrumi (limone, arancio, mandarino, pompelmo, clementi-na, cedro e bergamotto). Tutti gli al-tri frutti danno origine a prodotti che si dovrebbero indicare più corret-tamente - in base ad una direttiva comunitaria - con il termine di con-fettura. La differenza è nella percen-tuale di frutta utilizzabile. Nelle mar-mellate, gli agrumi possono arrivare anche a solo il 20%, mentre nelle confetture si arriva al 35%. La con-fettura è detta extra se la presenza di frutta arriva al 45%. La composta di frutta si distingue dalla marmella-ta per il maggior contenuto di frutta (superiore al 65%) e conseguente-mente il minor quantitativo di zuc-chero aggiunto. La gelatina di frutta viene prodotta con zucchero e succo della frutta ed è largamente impie-gata in pasticceria per apricottare i dolci prima di glassarli.

Page 7: Affari di Gola - maggio 2012

7

maggio 2012

John Brignoli, ingegnere ambientale, ha defi nitivamente attaccato al chiodo giacca e cravatta e abbandonato un po-sto sicuro come consulente in azienda, per “ritornare alla terra” e portare avan-ti l’azienda agricola della madre Miriam, in cui è cresciuto, a Trescore. 15 ettari di terreno coltivato, di cui sei dedicati alla coltivazione di piccoli frutti: lampo-ni, mirtilli, more, ribes, fragole e uva fra-gola, come evidente dal logo aziendale, una farfalla colorata con ali di frutti di bosco. Alla coltivazione di piccoli frutti, Brignoli ha voluto affi ancare, dopo un lungo lavoro di ricerche e studi, frutti di-menticati come la “pirola” (pera da cuo-cere con vino e zucchero) e la Spadona d’Inverno o “erda longa” (piccola pera da lasciar maturare nel fi eno) varietà

autoctone bergamasche ed ormai quasi scomparse. La Piröla è particolarmente indicata per essere consumata cotta, come ben sapevano le nostre nonne, mentre la Erda Longa, che viene raccol-ta a settembre quando il frutto è ancora verde e acerbo e poi lasciata riposare su di un letto di paglia, è un ingrediente im-prescindibile del ripieno dei veri cason-sei bergamaschi. Alla vendita di frutta, l’azienda ha affi ancato recentemente anche un laboratorio di trasformazio-ne per la realizzazione artigianale, se-condo la ricetta della signora Miriam, di confetture, che vengono vendute di-rettamente in azienda e nei mercatini Coldiretti, ma che hanno conquistato piazze importanti come Milano e Geno-va, dove è possibile acquistarle in punti

vendita selezionati. C’è solo da sbizzar-rirsi nella scelta del vasetto preferito: chi cerca sapori antichi può cercare di acca-parrarsi uno dei 200 vasetti di erda lon-ga prodotti ogni anno o ripiegare sulla mela cotogna; gli amanti dei piccoli frut-ti possono optare per lampone, mirtillo, ribes o uva fragola. Non mancano con-fetture di cachi e kiwi per completare l’offerta (il prezzo non cambia in base al-la varietà ed è di 4,50 euro). Gli indecisi possono acquistare il formato mignon, declinato nelle 18 varietà proposte, al piccolo prezzo di 1 euro. Oltre alle con-fetture extra e senza zucchero, l’azien-da vende succhi di lampone e mirtillo (33 euro la confezione da 12 pezzi). Ma i prodotti del laboratorio di casa Brigno-li non si esauriscono qui: la novità, che sarà lanciata presto sul mercato celebra un prodotto antico in chiave moderna: per garantire a tutti la possibilità di sco-prire la Piröla, saranno venduti sacchet-ti con la pera bergamasca cotta a vapo-re, pronta da gustare.

AZIENDA AGRICOLA MIRIAM

via Vallesse - Trescore tel. 035 94520

AZIENDA “CASCINETTO D’AGRO”Il tempietto di San Tomè domina dall’alto, dalle parti dell’Agro di Almenno San Bartolomeo. Appena sotto, il Ristorante “Giubì” e l’Azienda agricola biologica “Cascinetto d’Agro”, rispettivamen-te il regno di Beppe Locatelli e del fratello Giuliano, anche titola-re dei fornelli allo storico locale di famiglia. Giuliano Locatelli è un coltivatore biologico, di quelli cioè di stretta osservanza na-turale: non usa diserbanti né tantomeno pesticidi nelle sue col-tivazioni, a cavallo tra il ristorante e l’azienda, dove coltiva i frutti per le sue confetture, che prepara con metodo artigianale, sen-za impiegare coloranti o conservanti. Giuliano segue scrupolo-samente la stagionalità. A giugno avremo quindi le confetture di ribes e lamponi; a luglio quelle di albicocca, gelso e more; ad agosto mirtillo e sambuco; a settembre azzeruolo e prugna tar-diva; a ottobre mele cotogne, nespole e mosto cotto con frutta. Nel periodo estivo Giuliano produce inoltre le confetture di pe-peroni e cipolle, strepitose nell’accompagnamento dei formag-gi. Da segnalare, tra le altre produzioni, il “Vino rosso biologico della Bergamasca” ed una giardiniera in grado di esaltare un piatto di bolliti misti così come una semplice fetta di pane casereccio. Pur essendo un piccolo produttore, Locatelli s’è tolto una soddisfazione non da tutti: si sono innamorati delle sue confetture anche in Giappone, dove un sito le consiglia caldamente ai suoi utenti. “Nespole !”- verrebbe da esclamare per restare in tema.

via Cascinetto, 4 - Almenno San Bartolomeo - tel. 035 548203

Page 8: Affari di Gola - maggio 2012

Una fattoria in legno che ricorda quelle del Nord e della vici-na Svizzera trapiantata nella Bassa, a Ciserano. Una scelta di stile quasi obbligatoria per chi, come Sabrina Turini, ha deciso di abbandonare il lavoro di interior designer per dar-si all’agricoltura, inaugurando nel 2000 da giovane e corag-giosa mamma di tre bambini - Michele, Elisa e Filippo che

oggi danno un piccolo aiuto nella gestione - la sua azienda. In questi anni l’azienda si è distinta per la produzione di pic-coli frutti, in particolare di fragole, nate da un incrocio tra il frutto più conosciuto e la fragolina di bosco, conquistando pasticceri, ristoranti rinomati e i migliori negozi di ortofrut-ta. Nel 2010 l’azienda ha scelto di destinare una piccola parte del raccolto (circa il 6%) alla trasformazione in con-fetture, affi data ad un laboratorio esterno. Mirtilli, fragole, frutti di bosco, ribes, more e lamponi, coltivati fuori-suolo per raddoppiare la superfi cie coltivabile e seguendo i det-tami dell’agricoltura a lotta integrata, vengono trasformati in confetture extra con un contenuto di frutta del 70% (100 grammi di confettura senza zucchero sono realizzati con 200 grammi di frutta; 170 grammi nel caso delle confettu-re tradizionali). Ogni vasetto contiene una percentuale di mela Golden in virtù del suo contenuto naturale di pectina. La produzione è limitata - 1.000 vasetti in media l’anno -; le confetture e le conserve (senza zuccheri aggiunti e tradizio-nali) vengono vendute direttamente in azienda o nei merca-tini. I prezzi vanno dai 4,20 ai 5,80 euro. L’azienda agricola è specializzata anche nell’allevamento di cavalli, una pas-sione di famiglia.

“LE FRAGOLE” DI SABRINA TURINI

8

via Solferino 21 - Ciseranotel. 339 5975824

AZIENDA AGRICOLA SETTIMO CIELOAlberto Sangalli ha lasciato una carriera nello sviluppo software per diventare il terzo abitante della piccola frazione Bret-to di Camerata Cornello, ricominciando da zero nel paese eletto tra i borghi più belli d’Italia. L’azienda agricola Settimo Cielo, nata nel 2007, è specializzata nel-la coltivazione nei 4 ettari di terreno di proprietà e trasformazione di frutta, pic-coli frutti, ortaggi ed erbe offi cinali che trasforma e utilizza per la preparazio-ne di diversi prodotti, dalle confetture ai succhi, dal miele ai formaggi, dalle salse, erbe ed aromi ad una serie di prodotti innovativi a base di frutta e verdura disi-dratata, essenze, estratti e prodotti nu-traceutici. La produzione di confetture è la principale specialità dell’azienda, rea-lizzate con almeno il 70% di frutta fresca, senza additivi, conservanti o addensan-

ti. La scelta va dai frutti di bosco ai frutti rossi, alle fragole, ai lamponi, ai mirtilli al ribes e all’uva spina; non mancano pro-dotti più ricercati, come la confettura di rosa canina e di prugne selvatiche (prez-zi dai 4 ai 9 euro a vasetto). Le confettu-re realizzate in modo artigianale vengo-no preparate con una cottura breve per conservare integralmente le proprietà della frutta; al metodo tradizionale si af-fi anca la cottura sottovuoto a bassa tem-peratura che non prevede l’aggiunta di zucchero per un prodotto che conserva tutto il sapore della frutta maturata al so-le. Alle confetture si affi ancano le sfoglie di frutta disidratata da portare con sé in ogni occasione (3 euro) e le spremute di frutta, vendute in bottigliette da 20 cl (un concentrato medio 450 g di frutta fre-sco) a 4 euro. Ogni fase della produzio-

ne è sempre a disposizione sul vasetto, a prova di smartphone: l’etichettatura con aggiunta di codici QR e Tag permette la tracciabilità ma anche la descrizione dettagliata dell’intera vita del prodotto, dalla coltivazione alla vendita. I prodot-ti vengono venduti direttamente, on-line e si possono trovare in alcuni punti ven-dita selezionati, ma entro l’estate sbar-cheranno all’estero grazie al progetto di internazionalizzazione della Camera di Commercio, che ha permesso all’azien-da di prendere contatti con Paesi dell’E-stremo Oriente, come Singapore, e di co-noscere imprese in Australia.

via Bretto 18 Camerata Cornellotel. 339 4469996

CONFETTURE

Page 9: Affari di Gola - maggio 2012

9

LE TRUBINE DI MIRIAM PULCININel 2006 Miriam Pulcini decide di la-sciarsi alle spalle 17 anni di lavoro in un’industria metalmeccanica e di ini-ziare la coltivazione di piccoli frutti in una minuscola frazione di Locatello in Valle Imagna, dove ha acquistato una stalla con un terreno ideale per que-sta tipologia di coltivazione, selezio-nando varietà montane. Oggi l’azien-da è un punto di riferimento in Valle per la coltivazione ad hoc di more, lamponi, uva spina, fragole e mirtilli, per una produzione che si aggira sui 20 quintali l’anno. La trasformazione in confetture e succhi di frutta viene affi data ad un laboratorio specializza-to esterno, su indicazione e ricetta di Miriam. “L’obiettivo - anticipa Pulcini - è creare entro due anni un laborato-rio ed un punto vendita per poter così realizzare in casa le confetture in una produzione a ciclo chiuso e venderle direttamente in azienda, mostrando tutte le fasi di realizzazione”. Le con-fetture, extra, con il 70% di frutta, ma-turata e colta al momento giusto e il restante 30% di zucchero di canna, senza conservanti e coloranti, sono il fi ore all’occhiello dell’azienda agrico-la; non manca una produzione di com-poste senza zucchero per rispondere alle richieste di una clientela sempre più attenta. Alla coltivazione di picco-li frutti, l’azienda agricola affi anca un piccolo allevamento di asini e capre e una piccola produzione di miele - mil-lefi ori, tiglio, castagno e tarassaco -, nettare prodotto dalle “api di casa” incaricate dell’impollinazione dei fi o-ri e che quindi fanno la loro parte di lavoro per migliorare la qualità della frutta. L’azienda agricola partecipa ai mercati dei prodotti agricoli Coldiretti “Campagna Amica” e pratica la ven-dita diretta in azienda. I prezzi vanno dai 4 euro per le confetture extra ai 4,50/5 euro per le composte senza zucchero. Da provare anche succhi e nettari di frutta naturali al 100% e sempre senza zuccheri aggiunti, dai 2 ai 2,50 euro.

Loc. Trubine - Locatellotel. 389 0725974i.Land - Kilometro Rosso - via Stezzano - Bergamo

maggio 2012

GRAZIE ALL’ I.LAND, ANCHE ITALCEMENTI FA LE CONFETTURENel parco tecnologico del Kilometro Rosso nasce l’orto delle colture dimenticate grazie alla volontà di Italcementi che, in collaborazione con la Condotta di Bergamo di Slow Food, ha realizzato I.Land, un orto sostenibile, nato all’interno dell’innova-tivo centro di ricerca e innovazione I.Lab. Su una superfi cie di 12mila metri quadri si coltivano varietà scomparse da un se-colo dai nostri mercati e dalle nostre tavole, per dare vita a prodotti rigorosamente bio. Confetture extra e frutta essiccata saranno la merenda sostenibile di bambi-ni e ragazzi dai 3 ai 18 anni, grazie alla collaborazione con gli istituti scolastici, e rappresenteranno un’alternativa a junk-food, dalle patatine agli snack, nei nuovi distributori automatici “Bio”. Nel frutteto Italcementi sono stati piantati oltre 300 arbusti di piccoli frutti, 400 meli e peri bergamaschi, dal pom d’or al pom diaulì al pom stela tra i fi lari di meli, al pir buter e alla pirola tra quelli dei peri (2.700 i metri quadri destinati a frutteto). Tra i piccoli frutti, la varietà di lamponi è quella autoctona, originaria dei Colli di Ber-gamo, il “Rossana” di Albenza, cui sono dedicati 280 mq. Nel raccolto i.Land non mancheranno nemmeno mele cotogne, prugne e nespole. Gli antichi frutti bergamaschi, scomparsi dal mercato perché non perfetti alla vista e recuperati grazie al lavoro di ricerca dell’azienda agricola “Antiche Delizie” di Ce-ne da Slow Food, hanno un gusto tutto da scoprire. La trasformazione artigianale in confetture bio sarà realizzata dall’azienda agricola Matteo Moioli, che segue per la Condotta Slow Food in ogni fase il progetto I.land, dalla pianta al frutto al vasetto. L’obiettivo è raggiungere, a regime, da qui a 3/5 anni, 400 chili di vasetti e frutta essiccata di meli e peri. Il taglio del nastro di I.land, che consentirà di scoprire l’orto dell’ Italcementi, è previsto il 30 agosto.

IN COLLABORAZIONE CON SLOW FOOD

Page 10: Affari di Gola - maggio 2012

Pizzaballa, l’ex portiere con la passione per il vinoal vigneto sulle colline di Ponteranica si vede lo stadio. Con un binocolo, durante le partite, anche la sua maglia, la nu-mero 1, quella di un “mito” atalantino. Parliamo di Pier Luigi Pizzaballa, personaggio genuino, nel calcio come nella vita. E così pure nel vino, che per hobby produce sulle colline in-torno a Bergamo. Una produzione limitata di uve barbera, merlot e cabernet, con la “chicca” di un moscatino bianco che offre una pro-duzione di appena sessanta litri all’anno. Tutti prodotti arti-

gianalmente dalla moglie Lucia Ro-deschini e della sua mamma, la

93enne Ancilla. “La vera passione della mia vita è sempre stata il calcio, è ovvio. L’in-teresse nei confron-ti mondo enologico è invece nato durante le tre stagioni (dal ’66 al ’69) con la maglia romanista - confessa Pizzaballa -. Nella ca-pitale, con mia moglie,

durante la giornata libe-ra del lunedì, andavamo a

curiosare tra le bellissime cantine di tufo dei colli ro-

mani nella zona di Frascati. La passione è sbocciata e si

è ulteriormente rafforzata du-rante i miei anni al Verona. Abi-

tavo a San Floriano in Valpolicel-

la e abbiamo avuto il tempo e l’opportunità di innamorarci di grandi vini come il recioto e l’amarone”. L’inizio dell’esperienza di Pizzaballa nel mondo del vino è stata poi agevolata dagli eventi. “Per tenermi in forma - ri-corda l’ex portiere atalantino - curavo il bosco e il vigneto della famiglia. Lì pian piano l’interesse per il vino si è tra-sformato, sono passato alla parte operativa. E nel ’73, con il fondamentale aiuto di mia moglie Lucia, una vera esper-ta, abbiamo iniziato i lavori in vigna e siamo partiti con una piccola produzione”. Che è rimasta limitata e purtroppo ri-servata solo a pochi palati, amici e parenti, che ovviamente richiedono di pasteggiare con il vino di famiglia nei lori con-vivi. Si parla, infatti, di soli 9/10 quintali, di cui 500 litri di rosso, settanta di bianco, da dividere anche con i tre fratel-li. Tutto prodotto quando la vendemmia lo consente, perciò non tutti gli anni. Una volta effettuata la spremitura, il vino prende la strada di due contenitori in vetroresina e uno in acciaio. La sgranatrice e il torchio sono d’epoca, risalgono alla metà del ‘900. Mentre degustiamo insieme all’ex portiere il delizioso e leg-germente frizzante rosso, non possiamo esimerci dal ricor-dare la passione nei confronti del buon bere di altri “perso-naggi calcistici. “Come il Paron Nereo Rocco, mio allena-tore al Milan - ricorda Pizzaballa - oppure lo svedese Nils Liedholm, che è poi diventato un famoso produttore in Pie-monte”. Ma il ricordo più forte è nei confronti di un altro sve-dese, Kurt Hamrin, “il quale - sottolinea ancora Pizzaballa - dopo avermi ubriacato segnandomi 5 gol in un 7 a 1 per la Fiorentina, ha acquistato un vigneto sulle colline toscane”. Ora il nostro ex portiere, dopo averci regalato l’unico trofeo atalantino nel ’73, la Coppa Italia, dovrà parare le richieste per il suo vino, ma per un gran portiere…

di Fabrizio Pirola Pier Luigi Pizzaballa con la moglie Lucia Rodeschini

D

1010

SULLE COLLINE

DI PONTERANICA,

PRODUCE BARBERA,

MERLOT E CABERNET.

“LIMITATA LA PRODUZIONE,

MA DEDICARMI AL VIGNETO

È UN GRANDE PIACERE”

IL PERSONAGGIO

con la “chicca” di un moscatino biduzione di appena sessanta litri all

gianalmendeschin

93en“

racur

canmanLa pa

è ulterante i

tavo a Sa

Page 11: Affari di Gola - maggio 2012

“Un’operazione di grande rilievo - sottolinea Enrico Rota, presidente del Consorzio Tutela Valcalepio -. Il messaggio che vogliamo inviare chiaro e forte è che il Valcalepio di-mostra sempre più di essere il vino di Bergamo e dei bergamaschi e co-me tale viene valorizzato dai nostri ristoratori. Il risultato ottenuto da

questa prima edizione della guida è assolutamente soddisfacente, lavo-reremo con i nostri soci per miglio-rarlo ancora. Ci piacerebbe che tut-ti i ristoranti e i locali di Bergamo e provincia proponessero in carta una selezione quanto più rappresentati-va possibile dei vini del nostro terri-torio. Il Consorzio - prosegue il pre-

sidente - promuove il vino di Berga-mo, il Valcalepio, ed è sempre felice di poter appoggiare le sue aziende in iniziative di questo tipo che di-mostrano quanto a Bergamo è già stato fatto in favore del Valcalepio e della sua diffusione e fa rifl ettere su quanto ancora possiamo fare per il futuro”.

Rota: “Un segnale forteper il vino del nostro territorio”

Pronta la Guida Enoturistica per rilanciare il ValcalepioIN USCITA A METÀ GIUGNO. SONO 245 I RISTORANTI E 18 LE ENOTECHE

CHE SI IMPEGNANO A TENERE IN CARTA ETICHETTE LEGATE AI VINI DEL TERRITORIO

i è conclusa lo scorso aprile la raccolta delle adesioni al pro-getto “Guida Enoturistica di Bergamo e dintorni” promossa dal Consorzio Tutela Valcalepio e in uscita a metà giugno.Grande la soddisfazione dei membri del direttivo per i risul-tati raggiunti dalla guida, che sarà stampata in 10mila copie e verrà distribuita gratuitamente presso le aziende e i locali aderenti, gli alberghi, i punti turistici della città e della provin-cia e tramite la rete Iat. L’obiettivo è quello di raggiungere un numero di persone, locali e turisti, il più ampio possibile per-ché tutti sappiano dove è possibile degustare i vini del territo-rio. Il ristorante aderente si impegna infatti a presentare in carta almeno tre etichette Valcalepio di tre aziende differenti aderenti al Consorzio, numero che sale a cinque per le enoteche. La guida ovviamente non si propone di giu-dicare il locale, il servizio, il cibo: nasce co-me semplice strumento per i bergamaschi e per i turisti che vogliono avere indicazioni sui locali che offrono i vini del territorio. Nel-le schede dedicate ai locali verranno ripor-tate indicazioni relative agli orari di apertu-ra, ai giorni di riposo, alle ferie, al numero di coperti che il locale offre, al prezzo medio di un menù, curiosità e specialità della casa e, naturalmente, quali etichette del territorio propone nella sua carta dei vini.

I numeri: 245 i locali che hanno deciso di aderire all’iniziativa del Con-sorzio, dimostrando che oltre un quarto dei ristoranti di Ber-gamo e provincia propone nella propria carta dei vini almeno 3 etichette Valcalepio di 3 aziende differenti aderenti al Con-sorzio (questa infatti era la condizione essenziale per rien-trare nella guida);

9 i ristoranti che offrono nella propria carta dei vini una se-lezione di 10 o più aziende aderenti al Consorzio Tutela Val-

calepio, a dimostrazione del fatto che è im-portante credere nel nostro territorio e pre-sentarlo in maniera quanto più esatta e va-riegata possibile al pubblico;

18 le enoteche di Bergamo e provincia che propongono 5 o più etichette di aziende del territorio ai propri avventori;

31 i locali in città e oltre 200 quelli sparsi per la provincia e le valli che si fanno fi eri araldi del vino del territorio

24 le aziende del Consorzio Tutela Valcale-pio che fanno parte del Circuito dell’Ospi-talità, al quale sarà dedicata un’apposita sezione della guida che raccoglierà le infor-mazioni relative alla possibilità di organiz-zare tour delle aziende, degustazioni e ac-quisto di prodotti tipici.

S

Il commento del presidente

1111

maggio 2012

Page 12: Affari di Gola - maggio 2012

Franciacorta, “Così la nostra Docgcrescerà ancora”

aurizio Zanella guida come presidente da tre anni il Consor-zio per la Tutela del Franciacorta, vino ottenuto esclusiva-mente con il metodo della rifermentazione in bottiglia e pri-mo ad avere ottenuto, nel 1995, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg). Una sola espressione, Franciacorta, che defi nisce un ter-ritorio, un metodo di produzione e un vino. È vero, presi-dente?“Certamente, come Consorzio negli ultimi anni abbiamo vo-luto coinvolgere Comuni, Provincia e Regione Lombardia af-fi nché i nostri obiettivi di tutela del territorio incrociassero gli interessi dei vari Enti. Per un Consorzio, e per un territorio co-me la Franciacorta, è necessario che si condividano proget-tualità e i minimi comun denominatori per creare un piano di lavoro coerente con gli obiettivi”. Quali sono?“In sintesi si devono cercare indirizzi collettivi per valoriz-zare il territorio. Per individuare quali sono i punti di forza e quindi utilizzare le risorse nella direzione della valorizzazio-ne del territorio abbiamo approfondito molti aspetti: quello demografi co analizzando le dinamiche evolutive, quello ur-banistico capendo come si sono sviluppati i 19 paesi che compongono il territorio Franciacorta dall’epoca del catasto napoleonico ad oggi, quello industriale. Così avremo un qua-dro dell’evoluzione degli ultimi 40 anni e da lì partiremo per progettare il futuro. Abbiamo già organizzato cinque semina-ri in proposito, istituendo anche un’apposita ricerca sul no-me Franciacorta”.Proprio questo è un aspetto interessante: il Franciacor-ta è nettamente diverso e più riconoscibile che la Fran-ciacorta.“Sì. Ci troviamo di fronte ad una duplicità di signifi cato a se-conda che si voglia intendere l’area geografi ca o il vino. E

proprio per questo bisogna fare in modo che il territorio sia confi gurabile come vocato e propenso alla produzione di bol-licine. Da parte nostra ce la stiamo mettendo tutta. La Docg Franciacorta ha cambiato cinque volte il disciplinare di pro-duzione in vent’anni, spostando sempre più in alto l’asticella della qualità e chiedendo ai consorziati grandi sacrifi ci che nessun altro consorzio al mondo fa per accrescere la propria reputazione”. Il tutto in tempi relativamente brevi...“Direi di sì. Il Franciacorta ha solo 50 anni, altre aree in Eu-ropa hanno una tradizione che rimonta a 300 anni fa e oltre. C’è poi un altro aspetto che richiede da parte dei produtto-ri del Franciacorta un grande rigore: i concorrenti degli altri Paesi si possono esprimere con più facilità sul mercato in-ternazionale grazie a posizioni più consolidate negli anni e quantitativamente più grandi. Per questa ragione dobbiamo dare del Franciacorta un’idea di coesione e crearci un’eleva-ta reputazione tramite regole rigorose e severe che nessun altro ha”.Quindi convivono ancora punti di forza e di debolezza in grande vino del Made in Italy?“È ovvio. Ma proprio perché il Consorzio viene gestito più co-me un’azienda, siamo in grado di defi nire punti di forza e di debolezza, che ci permettono di gestire le scelte che dob-biamo fare nel prossimo futuro. Come ho ricordato, ci siamo imposti regole severe e rigorose per la produzione del Fran-ciacorta”. Il punto di forza più signifi cativo? “È l’oggettiva qualità che abbiamo costruito nel corso dei decenni”E quello debole?“Nonostante appunto la qualità, ci possiamo considerare ancora inesperti: in cinquant’anni, poiché ciascuna vendem-

di Riccardo Lagorio

M

1212

L’INTERVISTA

PARLA MAURIZIO ZANELLA, PRESIDENTE DEL CONSORZIO DI TUTELA.

“IN 20 ANNI ABBIAMO CAMBIATO CINQUE VOLTE IL DISCIPLINARE

DI PRODUZIONE ALZANDO SEMPRE PIÙ L’ASTICELLA DELLA QUALITÀ”.

“LA NOSTRA REPUTAZIONE È SOLIDA, MA SIAMO GIOVANI E DOBBIAMO

DIVENTARE ADULTI”. “I MERCATI ESTERI SARANNO UNO SBOCCO IMPORTANTE”

Page 13: Affari di Gola - maggio 2012

1313

L’ULTIMA BATTAGLIA: basta usare il nome “bollicine”Uno stop in piena regola a uno dei ter-mini più utilizzati per indicare il Fran-ciacorta, piuttosto che lo Champagne o gli spumanti in genere. L’appello viene dal Consorzio Franciacorta, che si rivol-ge soprattutto a chi comunica il vino, ma anche ad operatori, appassionati e produttori. “Chiamiamo il vino con il proprio nome e non con termini che ne generalizzano e ne uniformano le pecu-liarità, appiattendone, di fatto, la quali-tà percepita - spiega Maurizio Zanella, presidente del Consorzio Franciacorta -. Bollicine è un termine obsoleto e sen-za futuro. Il tempo presente ci offre una nuova occasione per affermare i nostri vini di qualità, cominciando dal conso-lidare la cultura di base in materia e da un appropriato linguaggio”. “È neces-

sario - aggiunge Zanella - iniziare un nuovo percorso per valorizzare i grandi vini anche dal punto di vista nomina-le. Con impegno e passione il Francia-corta ha raggiunto il traguardo dei 50 anni; a questo punto, credo sia matu-ro per un passo successivo, importan-te per poter defi nitivamente trovare, a livello nazionale ed internazionale, un posizionamento coerente e rispon-dente all’eccellenza che esprime”. “E che non si chiami più spumante - con-tinua il presidente -. Non per velleità o principio, ma per decreto ministeriale” (il riferimento è al disciplinare di pro-duzione del Franciacorta, ndr). “Oggi il Franciacorta, come anche altri vini di qualità, esige più rispetto, elegan-za, identità, che il termine bollicine, or-

mai, non è in grado di dare - conclude Zanella -. Franciacor-ta, Champagne e Cava: in Europa, solo questi tre vini possono utilizzare un unico termine per identifi ca-re in modo preciso un vino, un territorio e il metodo di pro-duzione. Ecco l’identità di cui parlo. Chiamiamo il vino con il proprio nome e quindi: Spu-manti, i vini senza Denomina-zione specifi ca; Franciacorta, il Franciacorta”.

mia ha una storia diversa dalle altre, abbiamo accumulato poca pratica, se la paragoniamo ad altre esperienze. L’attuale ridotta di-mensione del numero di bottiglie prodotte, intorno agli 11 milioni e mezzo, è un punto di debolezza che si potrà tradurre in elemento positivo se cresceremo mantenendo gli stessi attributi di oggi. Ep-pure non potremo mai superare i 25 milioni di bottiglie, in quanto il territorio si estende su un’area ristretta”.Quindi anche in futuro ci dobbiamo aspettare un vino prodotto su piccola scala, lontano dall’idea di gigantismo che ha carat-terizzato e caratterizza altre realtà…“Oggi sono 2.800 gli ettari vitati a Franciacorta Docg e le aziende associate sono 189, di cui 83 viticoltori e 106 aziende produttrici. Il 5 marzo 1990, giorno di fondazione del Consorzio, eravamo 29 produttori con il solo scopo di controllare il rispetto della disciplina di produzione del vino Franciacorta. Del 1995 è il riconoscimento della Docg e nel 2010 abbiamo eseguito l’ennesima revisione del disciplinare di produzione per rendere ancora più restrittive le rego-le per elaborare il Franciacorta. In questi numeri sta anche il valore del nostro lavoro. La sintesi del lavoro che abbiamo fatto in questi anni sta anche nel periodo di produzione: si impiegano almeno 18 mesi per ottenere il brut, 24 mesi per il satèn ed il rosé, 30 mesi per i Franciacorta millesimati e ben 60 mesi per i Franciacorta Riserva, che rappresentano l’1,1% della produzione totale”. Nella scala commerciale quali sono i più venduti?“Ovviamente il brut, con il 68,6% sul totale. Segue il millesimato con quasi il 13%, il satèn con il 9,3% ed il rosé con l’8,1% del com-plesso”.

Soddisfatto del giudizio delle Guide?“Enormemente. Gratifi cazioni le otteniamo dalle pubblicazioni più autorevoli del settore vinicolo: Veronelli, Duemilavini, Gam-bero Rosso, L’Espresso, tanto per citarne alcune. Su 103 realtà premiate che producono metodo classico, oltre il 50% fa capo al Franciacorta. Il gradimento è emerso anche da una ricerca Cer-mes-Bocconi del 2011: in un mercato degli spumanti positivo del 4,7%, la crescita delle vendite registrata dai nostri associati è sta-ta dell’11%”.E per quest’anno che previsioni fate?“Prevediamo un ulteriore incremento delle vendite, anche grazie all’inserimento in Svizzera, Germania e Gran Bretagna, con una tendenza positiva anche in Giappone e Stati Uniti. Tutto ciò dimo-stra che il Franciacorta non deve avere timore reverenziale nei con-fronti di nessuno”.Il consolidamento delle esportazioni è un obiettivo prioritario? “Che ciascuna azienda associata cerca di risolvere con gli stru-menti a sua disposizione. Dal 2013, sperimenteremo invece un osservatorio economico che monitorizzerà le cantine in maniera cumulativa. Mantenendo l’anonimato dei singoli dati, si saprà in tempo reale quante bottiglie vengono vendute, il prezzo medio e il canale di destinazione”.Per fare cosa? “Sono dati che aiuteranno la singola azienda a capire se si colloca all’interno delle dinamiche consortili o se deve aggiustare la pro-pria posizione. In particolare vorremmo proseguire a sviluppare la nostra presenza su quei canali distributivi che più di altri richiedono un’intermediazione tra prodotto e consumatore, nello stile Francia-corta. La promozione è un elemento distin-tivo per il prodotto. Non a caso, dopo Bo-logna il 14 maggio, il Festival Franciacor-ta si ripeterà anche a Forte dei Marmi il 23 giugno, in Piazzetta a Capri a luglio e settembre e il 15 ottobre a Milano”.

maggio 2012

Maurizio Zanella

Page 14: Affari di Gola - maggio 2012

1414

L’ITI

NER

ARIO

Una piccola valle piena di grandi sapori

La valle di Astino, caratterizzata e conosciuta per la presenza dell’omonimo monastero, regala ai suoi visitatori un paesag-gio decisamente agricolo e boschivo, benché parte della città. In passato, la zona era abitata da contadini che coltivavano i seminativi e i vigneti con contratti di mezzadria. L’attività agri-cola è stata favorita dalla sua esposizione al sole, dalla fertili-tà dei terreni data anche dalla presenza della roggia Curna e dalla protezione dai venti. Nell’area si sta sviluppando anche un progetto di riqualifi cazione agricola che coinvolgerà alcuni produttori d’eccellenza. Per le sue ottime caratteristiche ambientali è da sempre meta di escursioni, grazie a percorsi alla portata di tutti. L’itinerario pedonale ed enogastronomico che proponiamo ai nostri lettori parte lasciando il mezzo di locomozione vicino alla trattoria Lozza, all’incrocio tra via Astino e via Madonna del Bosco. Qui si imbocca la via Astino e subito dopo s’incon-tra l’azienda agricola Beatrice Arrigoni, produttrice di piccoli

frutti, all’angolo con via Ripa Pasqualina. Successivamente si prosegue verso il Monastero di Astino e ci si imbatte nel-le aziende agricole di Roberto Bonacina, orticoltore, e di Gio-vanni Locatelli, viticoltore. Si arriva poi in via dell’Allegrezza, strada panoramica che porta all’omonimo bosco. Qui ci si im-batte in due sentieri, uno più alto e l’altro in basso, entrambi raggiungono Sella di Madonna del Bosco dove si trova l’agri-turismo Marco e dove ci si può fermare per gustare le sue pre-libatezze per un pranzo all’insegna della cucina bergamasca. Una volta sfamati, si scende da via Madonna del Bosco e ci si immette in via della Bagnada e la si percorre fi no ad incrocia-re via Rabaiona. La strada si districa tra campi coltivati e vi-gneti. Tramite via del Coppo, si raggiunge e si imbocca via Ca-stello Presati, una caratteristica strada ciottolata che ci porta verso la Chiesa parrocchiale Madonnina del Bosco. Si svolta quindi a destra in via Madonna del Bosco e la si percorre fi -no a ritornare al nostro punto di partenza, la trattoria Lozza.

ALLE PORTE DI BERGAMO SI PUÒ GODERE DI UN LUOGO SUGGESTIVO E RILASSANTE,

DOVE PASSEGGIARE MA ANCHE SCOPRIRE PIACERI GASTRONOMICI.

ECCO UN PERCORSO CON LE PRODUZIONI E LE AZIENDE DA VISITARE

In Val d’Astino torna l’olio d’oliva

di Lara Abrati

SAPORI IN CITTÀ

Page 15: Affari di Gola - maggio 2012

1515

Agriturismo Marco e l’Engim sono i promotori di un progetto che prevede l’impianto di un uliveto delle dimensioni di 5000 mq in Val d’Astino. L’ulivo era storicamente coltivato nel-la piccola valle alle porte di Bergamo. Il recupero vede coinvolto anche il Parco dei Colli, uno dei soggetti promotori della sopraccitata scuola, che punta a ripristinare sia la colti-vazione degli olivi sia delle infrastrutture necessarie alla lavorazione e frangitura. La colla-borazione ha come responsabile l’agronomo Luciano Levati, docente della scuola, che ha spiegato come l’opportunità sia utile per entrambi i soggetti: per gli studenti perché pos-sono mettere in pratica le nozioni legate agli studi intrapresi, per l’azienda agricola perché si trova una presenza tecnica non indifferente che può aiutarla a migliorare le sue produ-zioni. Il gruppo di venticinque studenti che frequentano la classe seconda infatti è stato chiamato in causa anche nelle altre colture frutticole dell’azienda, avendo quindi la possi-bilità di seguire l’intero ciclo di allevamento. Gli ulivi verranno invece impiantati nel terreno a balze e il periodo di impianto sarà a settembre. Il progetto è stato creato da Levati e al-tri docenti della scuola, con l’aiuto e la manodopera degli studenti. La cultivar impiantata sarà il Frantoio, allo scopo di produrre nei prossimi anni olio extravergine di oliva monova-rietale che andrà a incrementare e completare l’offerta dell’agriturismo che auto-produce già i molti alimenti che ne costituiscono l’offerta. Inizialmente l’idea era di recuperare la Sbresa, cultivar autoctona della provincia di Bergamo e molto simile alla cultivar che sarà invece impiantata, ma purtroppo per motivi di reperibilità non è stato possibile mantenere la scelta. In provincia la Sbresa assume anche il nome di Sbressa o Bresa.

L’ A SETTEMBRE

LA MESSA A DIMORA

DELLE PIANTE

SU UN’AREA DI 5MILA MQ.

LA CULTIVAR SCELTA

SARÀ IL “FRANTOIO”.

LA SVOLTA GRAZIE

ALLA COLLABORAZIONE

TRA L’AGRITURISMO

MARCO ED ENGIM

GUSTAVO BATTAGLIA E L’AGRITURISMO MARCOL’azienda agricola è affi ancata dall’agriturismo Marco che, oltre a cene e pranzi domenicali, offre possibilità di alloggio. Presto verrà impiantato un uliveto per un pro-getto con la scuola Engim San Giuseppe di Valbrembo. Ha una stalla in cui alleva bovini e suini. Previa comuni-cazione è possibile visitare l’azienda. Con il Parco dei Colli ha intrapreso il progetto legato alla coltivazione della “Patata dei Colli”. In particolare, con altri due produttori e attraverso l’aiuto del Parco e di alcuni tec-nici, si è iniziata la coltivazione di tre varietà adatte alle condizioni pedoclimatiche della zona: la Spun-ta, la Daifl a e la Stempster. Si possono acquistare in sacco da 5 e 10 chilogrammi. L’azienda contribui-sce al recupero anche di due varietà di mais bergama-sche antiche coltivando il Rostrato rosso e lo Spina-to di Gandino. Le fa macinare a pietra. La farina prodotta viene utilizzata per l’attività ristorativa dell’agriturismo e viene venduta in sacchetti da 1 Kg al costo di 3 euro.L’agriturismo offre piatti della cucina bergamasca, si possono gu-stare infatti ottimi taglieri di salumi prodotti in loco nel laboratorio aziendale, casoncelli, paste fresche e vari secondi piatti. È aperto il giovedì, venerdì, sabato sera e la domenica a mezzogiorno.

È gradita ed essenziale la prenotazione. Il prezzo medio è di 25-30 euro, mentre il “menu

cucciolo” per bambini con meno di 10 anni ha un costo pari a 10 euro. L’azienda si trova in via Madonna del Bosco. Tel. 320 1565350

www.agriturismomarco.com

OMarco

bilità diun pro-

brembo. omuni-co dei zione due

i tec-attepun-tareribui-gama-ina-

me

BEATRICE ARRIGONIL’azienda è nata nel 2001 e produce piccoli frutti in 5mila mq seguendo le indicazioni dell’agricoltura biologica (non ancora certifi cata). Coltiva lamponi, more, mirtilli, uva spi-na e ribes. Viene prestata molta attenzione alla sostenibi-lità delle produzioni. Infatti, oltre all’adesione ai principi dell’agricoltura biologica, è stato predisposto un bacino idrico per l’accumulo di acqua per l’irrigazione. Oltre ai pic-coli frutti, l’azienda ha dei terreni a prato e seminativo e coltiva erbe aromatiche. Le produzioni vengono commer-cializzate direttamente, prevalentemente tramite i Gas o ai ristoranti. La raccolta viene effettuata previa prenota-zione per garantire la freschezza del prodotto, importante per questi frutti, facilmente deperibili. Non vengono anco-ra prodotte confetture, ma tra i progetti probabilmente c’è anche questo.La si può trovare in via Astino, all’angolo con via Ripa Pa-squalina. L’azienda è visitabile previo contatto con la Signo-ra Beatrice Arrigoni (338/9840219). E-mail: [email protected].

maggio 2012

Gustavo Battaglia

Page 16: Affari di Gola - maggio 2012

TRATTORIA LOZZALa trattoria è nata negli anni 70 per iniziati-va di Giancarlo Lozza. Originariamente era una cantina dove veniva servito il vino che la famiglia Lozza produceva in valle d’Asti-no. Successivamente l’offerta è stata am-pliata e si è trasformata prima in trattoria e infi ne anche in pizzeria. La trattoria-piz-zeria è gestita dalle tre sorelle Lozza, fi glie di Giancarlo, la cui moglie è ancora in cuci-na. Accanto al locale c’è anche un’azienda agricola, gestita dall’altro fi glio, Elis. Nell’a-zienda agricola vengono prodotti ortaggi, vino e vengono allevati bovini, ovini, suini e animali da corte destinati all’attività ri-storativa. Anche le carni vengono lavorate e trasformate in salumi. La cucina, a parte le pizze, è legata al territorio. A mezzogior-no offrono un menu a prezzo fi sso a 10 eu-ro, mentre alla sera e nei giorni festivi la spesa per pranzare o cenare va dai 15 ai 30 euro, in base alle portate. La trattoria è aperta tutti i giorni tranne il lunedì. Si trova in via Madonna del Bosco, 21. Tel. 035 252580

L’azienda agricola si estende per 15 ettari ed è formata da due cascine ben ristrut-turate, l’azienda offre ospitalità in termini di alloggio. Produce inoltre vino Valcalepio Doc rosso che viene imbottigliato direttamente all’origine. L’azienda si trova in via Fontana, ma vi si accede da via Colle dei Roccoli 33, Bergamo.Cell. 349 7130270, www.lesorgentibergamo.it

NEI DINTORNI

L’azienda agricola si estende per 15 ettari ed è formata da due cascine ben ristrut-turate, l’azienda offre ospitalità in termini di alloggio. Produce inoltre vino Valcalepio Doc rosso che viene imbottigliato direttamente all’origine. L’azienda si trova in via Fontana, ma vi si accede da via Colle dei Roccoli 33, Bergamo.Cell. 349 7130270, www.lesorgentibergamo.it

Fuori dalla Valle d’Astino, ma sui colli attorno alla città di Bergamo si possono visita-re le aziende: Angelo Viscardi, Franco Viscardi e Giuseppe Bonacina. Si trovano in via San Martino della Pigrizia e in Borgo Canale e producono la pregiata Scarola dei Colli, diventata presidio Slow Food. Coltivata da secoli vicino alle mura attorno a Cit-tà Alta, si distingue dalle altre varietà in commercio per il processo di imbiancatura delle foglie. Viene seminata da inizio luglio in campo aperto e a ottobre viene legata affi nché le foglie interne non prendano la luce. Con i primi freddi i cespi vendono tra-sferiti in scantinati bui dove maturano.Angelo Viscardi - via Borgo Canale, 80 - tel. 035 251955Franco Viscardi - via San Martino della Pigrizia, 24 - tel. 035 259312Giuseppe Bonacina - via San Martino della Pigrizia, 18 - tel. 035 251592

LA SCAROLA DEI COLLI

SAPORI IN CITTÀ

1616

GIOVANNI LOCATELLI

BONACINA ROBERTOL’azienda si trova in via Astino, prima del monastero. Coltiva ortaggi con metodo con-venzionale. In particolare produce porri, zucchine, fagiolini, peperoni e, in alcuni anni, zucche. Lo spazio coltivato è di circa 10mila mq, tutto viene coltivato in campo aperto. Purtroppo, non è possibile la vendita diretta, ma potete vedere la coltivazione passeg-giando per la valle Astino.

Originariamente guidata da Giovanni, ora l’azienda è gestita dai suoi due fi gli, Luigi e Valentino. Ha sede nella cascina “La Schesa” in via Astino 27/e. Il terreno coltiva-to a vite è circa 4mila mq. Le varietà da cui ricavano il vino sono il Merlot ed il Caber-net. Producono esclusivamente vino rosso da tavola composto da circa 90% Merlot e 10% Cabernet mantenuto solo in botti di acciaio o vetroresina. Valentino e Luigi continuano con l’attività di produzione di vino iniziata dal padre per passione, infatti entrambi hanno un altro lavoro. Per questo motivo per eventuali visite in azienda o acquisti è necessario concordare un appuntamento attraverso un contatto telefoni-co. Il vino viene venduto sfuso, attraverso damigiane o dame da 5 litri al costo di 9 euro, e imbottigliato, venduto in cartoni contenenti sei bottiglie al prezzo di 14 euro (circa 2,30 euro/cad.).Contatti: Luigi 338 7494636, Valentino 338 2242396

AGRITURISMO LE SORGENTI

Page 17: Affari di Gola - maggio 2012

1717

Si avvera il sogno di due giornalisti bergamaschi:ristoratori in FranciaLA SCOMMESSA DI SERGIO COTTI E LAURA CERESOLI,

DUE CRONISTI CHE HANNO DECISO DI LASCIARE L’ITALIA PER ANDARE A VIVERE A NIZZA

iornate frenetiche trascorse a rincorrere le notizie per arri-vare prima di qualunque altro. E come costante compagno di avventura un cellulare che, in certi momenti, non smette mai di squillare, neppure a tarda sera. Era questo il lavoro di Sergio Cotti fi no a qualche giorno fa. Adesso però tutto sta per cambiare. Il destino, a un certo punto, lo ha messo di fronte a un bivio: continuare a fare il giornalista, barcamenandosi tra innumerevoli collaborazio-ni (tra queste anche l’Ansa e il Corriere della Sera) o insegui-re il sogno di una vita: vivere nella sua amata Francia? La moglie Laura Ceresoli, anche lei giornalista, non ha avu-to esitazioni: serviva un cambiamento. Bisognava però far-lo in fretta, prima che Margot, la loro bimba di quasi 3 anni, iniziasse a frequentare la scuola materna a Bergamo. Allora perché non dar sfogo a quella indomabile passione per la cucina che da un paio di anni a questa parte i due coniugi stavano coltivando attraverso il loro blog “Cotti e mangiati”? E perché non farlo nel cuore delle Alpi Marittime, nei luoghi che li hanno fatti innamorare? Così l’idea di trasferirsi in Co-sta Azzurra negli ultimi mesi è diventata sempre più concre-ta. Già, perché Sergio e Laura quelle zone le conoscono be-ne. Quattro anni fa si sono sposati proprio a pochi chilome-tri da Montecarlo, nella chiesetta di un paesino medievale chiamato Eze Village. Sarà che l’amore viscerale di Cotti per la Francia non è mai stato un mistero. Nella libreria del suo studio sono stipate centinaia di libri in lingua francese e una collezione assai rifornita di Tour Eiffel di ogni forma e colore. “I tasselli del puzzle si sono ricomposti quasi per magia lo scorso aprile - spiegano Sergio e Laura -. Abbiamo trascor-

so quattro giorni in Costa Azzurra per vedere se il progetto di aprire un locale Oltrealpe fosse fattibile o meno. Se fossimo riusciti a trovare un appartamento in affi tto e un negozio in quel lasso di tempo voleva dire che era destino, altrimenti avremmo lasciato perdere, non ne avremmo parlato più e avremmo continuato a fare il nostro lavoro di giornalisti sen-za più lamentarci”. Detto, fatto. A tempo di record, Sergio e Laura, su suggerimento di una agente immobiliare italiana, hanno trovato sia la casa dove trascorreranno i prossimi me-si sia un delizioso locale dove iniziare la loro nuova attività. “Via Montenapoleone” è il nome ambizioso scelto per il loro ristorante, un omaggio alla celebre strada del pret-à-porter milanese ma anche alla città natale di Cotti. Appuntamen-to, quindi nel carré d’or di Nizza, nel quartiere Gambetta. Lì, dove la vita scorre veloce e la moda dell’aperitivo comincia a fare il suo timido ingresso, Sergio e Laura vogliono portare una marcia in più. Nel loro locale di rue Dalpozzo nelle pros-sime settimane si potranno degustare, a buffet o seduti, ta-glieri di salumi e formaggi italiani, dal culatello di Zibello al lardo di Colonnata, dal crudo di Parma al salame nostrano, passando ai formaggi, in primis il parmigiano reggiano che, all’estero, è da sempre un peccato di gola assai ricercato. Il tutto accompagnato da buon vino, pane casereccio e, per-ché no, da un po’ di polenta. E, dulcis in fundo, una selezio-ne di torte fatte in casa con ingredienti di stagione. “Lasciare tutto non è stato uno scherzo - concludono Sergio e Laura -. A Bergamo avevamo tutto, una bella casa, una famiglia, un lavoro che ci piaceva. Ma essere riusciti a trasferirci nel luo-go dei nostri sogni non ha prezzo”.

G

LA SFIDA

Laura Ceresoli Sergio Cotti

Page 18: Affari di Gola - maggio 2012

“Il numero disparirende più appetibileil piatto”

stato chiamato da Woody Allen sul set del suo ultimo fi lm “To Rome with Lo-ve”, in qualità di food designer, curan-do personalmente l’ambientazione, la mise en place e la realizzazione di tut-to il cibo di scena della pellicola. Fabio Campoli, chef e fondatore del Circolo dei Buongustai a Roma, non è nuovo a esperienze di questo tipo. Da oltre dieci anni realizza il cibo di scena per il cinema e la televisione, luoghi dell’in-gegno e della fantasia, dove la fi nzione raggiunge l’impensabile e l’occhio vuo-le molto più della sua parte. “Il food de-sign per il cinema è un’esperienza total-mente diversa dalla cucina in cui lavori, dietro le quinte, solo con la tua creativi-tà, le forme e i colori - spiega Campoli -. Quando ho iniziato a lavorare per la te-levisione e per il cinema, ho capito che quello che si vede, non è sempre quello che si mangia”. Dopo l’esperienza con Woody Allen, dove ha lavorato a stretto contatto con le stelle di Hollywood pre-parando, tra le altre, la scena del party interpretata dalla bella Penelope Cruz, lo incontriamo per capire quanto de-sign si nasconda tra i fornelli per fare di un cuoco, un grande chef. Televisione, cinema, ricettari, pubbli-

cità, il cibo è onnipresente e deve fa-re quasi più gola alla vista che al pa-lato. Di cosa di occupa esattamente un food designer? “Esistono, innanzitutto, tre specialità differenti nelle quali uno chef può esse-re impiegato lavorando sull’immagine di un cibo. C’è lo Still Life dove lavora a stretto contatto col fotografo, predi-sponendo delle nature morte per riviste e libri. C’è l’Home Economist, termine molto antico riutilizzato nella pubblici-tà, dove si preparano dei piatti di scena per delle riviste o delle telepromozioni, lavorando su un progetto già stabilito dell’agenzia pubblicitaria. Ed, infi ne, c’è il Food Design, dove lo chef, assieme allo scenografo e all’arredatore, è l’ar-chitetto nella costruzione di una scena televisiva o cinematografi ca, come ele-mento integrante della parte artistica”. Esiste un rapporto tra design e cu-cina? “Certamente, curare un piatto prima di servirlo, stare attenti alle geometrie, ai colori e al servizio può fare la differen-za. Guardando un piatto, si capisce al-meno l’80 per cento della formazione di chi l’ha cucinato, se ne percepisce lo stile, se è più raffi nato, pacchiano, naif,

di Giordana Talamona

È

1818

PARLA FABIO CAMPOLI, FOOD DESIGNER, REDUCE DAL SET DELL’ULTIMO FILM

DI WOODY ALLEN. “È SEMPRE MEGLIO UTILIZZARE LA REGOLA DELL’UNO-TRE-CINQUE

QUANDO SI SERVONO DELLE PORZIONI, FOSSERO ANCHE DELLE FETTE DI PROSCIUTTO.

L’EFFETTO VISIVO È DI MAGGIOR PIACEVOLEZZA”. “L’ERRORE DEGLI CHEF?

TALVOLTA CUCINANO PER SE STESSI E NON PER IL LORO OSPITE”

L’ESPERTO

Page 19: Affari di Gola - maggio 2012

1919

chic, se ha avuto certi tipi di esperienze, se è stato all’estero”.Qualche regola da rispettare? “Partirei innanzitutto dal piatto, che è per lo chef importante, al pari della tavolozza di un pittore. È chiaro che ogni chef sce-glie le porcellane in base al proprio gusto,

quindi è diffi cile generalizzare, tuttavia consiglio di prestare molta attenzio-ne alla luminosità del piatto e alla sua bordatura, che può essere di diverso tipo, satinata, liscia o raffi -nata. A me piace la tavolozza bian-

ca, la brillantezza della porcellana

lungo la bordatura, per cui quando pre-paro un piatto evito di predisporre il cibo sui bordi”. C’è qualche trucco che visivamente può rendere più appetibile una pietanza? “Il dispari è più effi cace per l’occhio, dà un effetto visivo di maggior piacevolezza. An-che in un piatto con del semplice prosciut-to, ad esempio, è sempre meglio utilizzare la regola “uno, tre, cinque”, adagiandove-ne delle fette in numero dispari”. Perché? “È una questione di proporzioni, le quat-tro fette danno un senso di “piatto”, e tec-nicamente ricordano la croce, mentre la regola “uno, tre, cinque”, esalta la forma e la morbidezza della pietanza. In genere si preferisce o il pezzo singolo o il tre, ma mai il pari”. La disposizione della pietanza sul piatto può infl uenzare il modo in cui verrà man-giata dall’ospite? “Certo, l’esempio più banale sono i for-maggi disposti sul piatto dal più tenero al piccante, partendo da mezzogiorno, ma questo vale per qualunque pietanza. Pren-diamo del fi letto, ad esempio, quando lo impiatto penso già a dove si trovano coltel-lo e forchetta, quindi nella mia testa ho in mente che la carne dovrà stare a sinistra

e le patate a destra. Così, dunque, chiedo che vengano serviti”. Anche il rapporto tra chef e cameriere, dunque, è importante? “Direi che è fondamentale, perché se ho strutturato un piatto in un certo modo, non è solo per far mangiare più comodamente il mio cliente, ma anche per esaltare il gu-sto di quella pietanza. È una questione di comunicazione del cibo, senza stress, det-tata dalla consapevolezza che anche il ser-vizio, al pari della cucina, è fondamentale. Per questo prima di una serata occorre fa-re un briefi ng ai camerieri, dando loro tut-te indicazioni che riteniamo importanti. Ad esempio, ho recentemente preparato una rana pescatrice coperta da patate di colori differenti, che era disposta esattamente al centro del piatto e così ho voluto che arri-vasse al tavolo”. Trova che il servizio sia stato tralascia-to in questi anni? “Senza dubbio, anche per questo ho fon-dato il “Circolo del Buongustai”, per rilan-ciare l’arte del servizio, perché come “cuo-cere e cucinare sono differenti”, anche “mettere un piatto a tavola e servire”, sono due cose ben diverse”. Quali sono gli errori che più frequente-mente commettono gli chef? “Talvolta cucinano per se stessi e non per il loro ospite. Questo è un errore che ha rovi-nato molti chef, tipico della mia categoria. Io prediligo la semplicità e la pulizia, nella presentazione di un piatto, il che non signi-fi ca essere essenziali, ma avere cura de-gli alimenti, servirli in un modo da renderli mangiabili, senza troppi eccessi”. Le regole del food design sono applica-bili in cucina? “Non esattamente, un conto è il food de-sign, un altro è un piatto edibile. Questo è

un errore che molti giovani chef commet-tono, facendosi infl uenzare dai piatti di scena che realizzo. Cercano di rifarli al ri-storante, ma poi mancano di quelle carat-teristiche gustative che esaltano il gusto, come la succulenza, ad esempio. Certa-mente, qualche piccola indicazione sulla presentazione è utile trarla anche dal food design, ma senza mai dimenticare che so-no due mondi ben distinti”. I piatti di scena devono essere spesso molto invitanti, ma sono anche comme-stibili? “Nel 70% dei casi no, perché si utilizzano dei prodotti che permettono di preservarli a lungo o che, addirittura, si utilizzano abi-tualmente nell’edilizia. Certo, la mia for-mazione da chef mi permette di applicare a questi materiali le stesse tecniche che uso in cucina, ma il risultato è ben diverso. In questi dieci anni d’esperienza sui set ci-nematografi ci, mi è capitato di “costruire” di tutto”. Ci faccia qualche esempio. “Qualcuno crede che io stia preparando della panna montata, ed invece sto usan-do della calce per l’edilizia. Qualcun altro vorrebbe provare degli invitanti tiramisù, e non sa che si tratta di prodotti chimici. Ricordo ancora quando ho preparato, per il telefi lm storico “Roma”, dei fi nti testico-li di capra e l’attore si è rifi utato di man-giarli credendo fossero veri, cosa che gli è costata una bella ramanzina da parte del regista”. Non lo erano? “No, si trattava di gustose caramelle. E che dire delle anguille fatte di liquirizia o di quei pesci, veri in quel caso, che dovevano rima-nere sul set per molti giorni? Io li misi in sa-lamoia per così tanto tempo, che nessuna mosca ebbe il coraggio di avvicinarvisi!”.

IL CIRCOLO DEI BUONGUSTAI DI FABIO CAMPOLIvia Tenuta del Cavaliere, 1 - Guidonia (Roma) - www.ilcircolodeibuongustai.net

IL CIRCOLO DEI BUONGUSTAIIl Circolo dei Buongustai, nato nel 2006 da un’idea di Fabio Campoli, chef di fama internazionale, ha come obiettivo la riscoperta del “convi-vio” intorno alle buone cose attraverso la grande cucina. Nel corso de-gli anni, il Circolo si è affermato come espressione della cultura della buona tavola, sinonimo non solo di gusto, ma di qualità e benessere. Forte di un suo comitato scientifi co, l’Associazione è presente in mani-festazioni e convegni, si occupa di formazione attraverso corsi e stage, si propone come consulente nel mondo della ristorazione e dell’alimen-tazione, organizza eventi culturali ed enogastronomici.

“CERTAMENTE

CURARE UN PIATTO PRIMA

DI SERVIRLO, STARE ATTENTI

ALLE GEOMETRIE, AI COLORI

E AL SERVIZIO PUÒ FARE

LA DIFFERENZA”

maggio 2012

Page 20: Affari di Gola - maggio 2012

Mas-cì, il buon gusto declinato al femminile

embra una nemesi, una legge del contrappasso, una hybris che entra trionfante nelle sale del ristorante quasi a voler sparigliare le carte. Perché al Mas-cì (“maschietto” in berga-masco) di Clusone sono le femmine di casa Barzasi a dare forma e sostanza al locale. Donne al comando che si divi-dono tra gestione dell’attività e mise en place dei tavoli, tra servizio in sala e cucina, con una leggerezza e disinvoltura che ti lasciano senza parole. Non le vestali di un tempo sacri-fi cate al culto esclusivo della cucina, ma mogli e madri che riescono in quell’equazione fi no a poco tempo fa impossibi-le di conciliare lavoro e famiglia, fi gli e femminilità. Belle (di una bellezza fresca e spontanea), longilinee, creative e so-prattutto determinate, sono queste le donne del “Mas-cì”, un nuovo tipo antropologico, prototipo di una donna in muta-zione assai più veloce rispetto alla controparte maschile an-corata ai pochissimi geni presenti sul povero cromosoma Y. Eppure, raccontano Vittoria e Savina, «ancora oggi in paese ci chiamano Mas-cì, anziché Barzasi», segno che i fatti so-pravanzano le parole. “Mas-cì”, perché un secolo fa quan-do dopo un’infornata di femmine insperatamente arrivava il maschio (il mas-cì) era un evento, un dono del Cielo. Allora bastava dire “maschio” e dicevi tutto: sostentamento, pro-tezione, sicurezza economica, posizione sociale, insomma, un’assicurazione sulla vita. Oggi invece i maschi del Mas-cì (anzi l’unico maschio di ca-sa rimasto al ristorante, dopo la scomparsa del padre Angelo nel 2002) son chiusi in cucina a fare il lavoro “duro”, a spa-dellare ai fornelli e a controllare il paiolo. Quello di rifi nitura

e supervisione spetta alle donne. Sono loro a impiattare, a dare l’aggiustamento fi nale, a fare in un certo senso l’editing del piatto, a scrivere il fi nale della storia. Senza quel tocco di creatività i piatti resterebbero buoni piatti, ma in qualche modo incompiuti, l’occhio privato del piacere estetico.Piatti che, a dispetto del taglio moderno della presentazione, sono in buona parte ancora quelli di papà Angelo, un lasci-to prezioso per il fi glio Tommaso, che, con le sorelle, rappre-senta la terza generazione di ristoratori del Mas-cì. Ed ecco allora i tagliolini al fumé, uno dei piatti cult, che visti lì per lì sul menù magari non fanno una grande impressione, ma

di Lelia Parisi

S

2020

MENTRE AI FORNELLI DEL LOCALE DI CLUSONE “GOVERNA” CON ESPERIENZA

CONSOLIDATA LO CHEF TOMMASO BARZASI, A DARE FORMA E SOSTANZA AL LOCALE

SONO LE DONNE DI CASA. LA PROPOSTA GASTRONOMICA

È ANCORA QUELLA IMPRONTATA DAL PAPÀ ANGELO

IL RISTORANTE

ALBERGO COMMERCIO RISTORANTE MAS-CÌ piazza Paradiso, 1 - Clusone - tel. 0346 21241 - chiuso il giovedì (luglio-agosto: sempre aperto) - www.mas-ci.it

madri che impossibi-à. Belle (di

eative e so-el “Mas-cì”, na in muta-aschile an-

mosoma Y. gi in paese e i fatti so-o fa quan-

e arrivava il Cielo. Allora mento, pro-

nsomma,

schio di ca-dre Angelo

uro”, a spa-di rifi nitura

senta la terza generazione di ristoratori del Mas-cì. Ed ecco allora i tagliolini al fumé, uno dei piatti cult, che visti lì per lì sul menù magari non fanno una grande impressione, ma

Page 21: Affari di Gola - maggio 2012

2121

AMBIENTEPosto nel centro storico di Clusone di fronte all’imponente chiesa del Paradiso, l’Al-bergo Commercio e relativo ristorante è inserito in un elegante stabile d’epoca, il cui nucleo originario (la parte del pianoterra occupata dal ristorante) risale al XV-XVI secolo. Il ristorante si compone di tre salette, due con camino, per un totale di 100 coperti. Mattoncini a vista, travi in legno, fi nestre basse, mura spesse creano un

ambiente di avvolgente intimità pervaso da una luminosità calda. In estate, la terrazza pergolata è il luogo ideale per pranzi e cene.

CUCINAAi fornelli il primogenito Tommaso (classe 1961) è l’unico ma-schio di casa Barzasi a tenere alto il nome del Mas-cì, dopo che il papà Angelo è scomparso nel 2002, benché in suo nome con-

tinuino a parlare i tanti piatti elaborati in 40 anni di cucina, che si sono conquistati ormai un posto d’onore in carta, in primis i taglio-

lini al fumé. La proposta è di terra (solo negli antipasti fa un timido in-gresso il pesce, per lo più affumicato), ricca e di sostanza, con radici “miste”, che dal territorio (evocato dall’ampio ricorso ai formaggi delle valli, ai porcini e a paste rustiche) si diramano nelle vicine regioni. Presenti richiami alla cucina transalpina (quella che negli anni Settanta faceva sentire il suo peso in una Valle Seriana che andava arricchendosi, sensibile dunque ai richiami della cucina internazionale) nel frequente uso della panna per ammorbidire i sapori, specialmente nei primi, tal-volta magari da moderare, e in una nutrita offerta di formaggi francesi. La Chateu-briand, tuttora la regina delle carni alla griglia del Mas-cì, appare quasi un simbolo di quell’eredità.

CANTINAUn centinaio le etichette in una carta dei vini non troppo corposa, ma in compenso ben curata, che copre tutto il territorio enologico italiano e si appresta ad accoglie-re un congruo numero di rossi francesi. E dove, caso unico o quasi, compaiono le foto delle etichette per una più immediata riconoscibilità, oltre a una descrizione delle caratteristiche (tipologia, vitigni, zona di produzione, gradazione alcolica) di ogni bottiglia. Buoni i ricarichi.

ESPERIENZATommaso ha appreso l’arte e la tecnica della ristorazione lavorando per 20 anni a fi anco di papà Angelo. «Ho lasciato subito la scuola alberghiera per imparare sul campo la cucina, quella vera». Quella che il padre ha costruito passo passo sudan-do per 40 anni ai fornelli, proseguendo il lavoro iniziato nel lontano 1927dal non-no Tommaso, capostipite di questa famiglia di ristoratori-albergatori. La tradizione che Tommaso mette in tavola è dunque soprattutto un patrimonio gastronomico familiare consolidato nel tempo. L’impiattamento è opera delle due sorelle, mentre i dolci, superlativi, sono affi dati all’estro e al buon gusto (è proprio il caso di dirlo) di Savina.

SERVIZIOSavina si destreggia elegantemente tra cucina e tavoli, coadiuvata in sala da Terry Baronchelli, da anni un supporto prezioso per la famiglia Barzasi in questa macchi-na ben oleata che si muove senza intoppi. Servizio ottimo, veloce, cortese, sorriso sempre sulle labbra, lo stesso che ogni piatto porta in tavola, grazie a una mise en place curata in ogni dettaglio, senza però diventare maniacale. La gestione alber-ghiera (4 mini-appartamenti e 14 stanze) è in carico a Vittoria, che si occupa anche dell’allestimento del menù. Alla cassa mamma Giannina.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZOMolto buono il rapporto qualità prezzo, in particolare negli antipasti e primi. I primi viaggiano tra i 7 euro degli gnocchi alla parigina e i 12 dei tagliolini al tartufo, gli an-tipasti tra i 9 e i 12. Generose le porzioni. Presente peraltro un intero menù dedica-to al tartufo (nero di Bracca e bianchetto d’Alba) a prezzi più che ragionevoli. Risulta un po’ anacronistico solo il coperto, a 3 euro.

p.s.

IL GIUDIZIO

così ben calibrati nel loro condimento a base di pancetta, pomodoro, peperon-cino e panna, da strappare elogi ai vari commensali che li ordinano. Non temo-no rivali nemmeno i rustici tagliolini (piut-tosto spessi e fatti in casa come tutte le altre paste fresche) al tartufo nero di Brac-ca, di buona fattura pur nella loro quasi scon-tata semplicità. Buoni anche gli spaghettoni di castagne con funghi, oppure quelli ai pistacchi mantecati alla panna, mutuati da una ricetta siciliana. Tra gli antipasti, la palma va allo speck in sfoglia con insa-latina di fi nocchio e taleggio fuso, seguito dalla carne salata del Trentino con capri-no fresco locale e pera cruda con salsa alle noci, mentre la coreografi ca pasta fi l-lo con trevisana grigliata, miele e fondu-ta, dopo un primo assaggio, risulta un po’ stucchevole (predomina la nota dolce del miele). Un piccolo menù è dedicato alla polenta, cotta nel paiolo di rame, con fari-na di Cerete mista a quella di Storo. La più ricca è quella con salame nostrano, por-cini e stracchino fuso, molto sapida, ma non manca la versione con tartufo nero e Branzi fuso. Al formaggio fuso, presente in diverse altre proposte, sarebbe tutta-via preferibile talvolta una fonduta legge-ra che del formaggio trattiene comunque profumi e aromi, con il vantaggio di non appesantire il piatto.Ampia la scelta tra le carni, tra i punti di forza del menù, per lo più di razza barbina piemontese, come le fi orentine e le costa-te alla griglia, oppure australiane come la tagliata di angus proposta in più mise. Spiccano, in particolare, un succulento fi -letto di manzo ai porcini con polenta e un degno controfi letto di vitello in crosta di spezie miste, grigliato e poi passato in for-no. Fuori lista, l’ottimo capretto al forno al burro e aglio.I dolci, curati interamente da Savina, sfo-derano tutta la grazia e l’abilità di queste ragazze, esibendosi in fantasiose, e irre-sistibili, creazioni, dove delicate compo-ste di frutti esotici e di bosco si alternano a deliziose creme chantilly, sottili merin-ghe, frutta secca e suadenti gelati di cre-ma. Tra i tanti, la torta soffi ce di pere con gianduia e cesto croccante di gelato, la composta di tiramisù, la praline di noci, la sfoglia con chantilly e frutta fresca mista.Un conto medio (da 2 a 3 piatti) si aggira sui 40 euro, vini esclusi.

Page 22: Affari di Gola - maggio 2012

Casera Monaci cala due nuovi assi: yogurt e budini

radizione e innovazione sono i valori su cui si fonda da sempre l’attività di Casera Monaci. Tradizione perché l’a-zienda di Almenno San Salvatore opera nel pieno rispetto delle antiche lavorazioni del latte, privilegiando soprattut-to qualità e freschezza. Innovazione perché non si è mai adagiata sulla scia del successo dei suoi prodotti di pun-ta, Branzi e Formaggella Valle Imagna innanzitutto, ma ha sempre cercato strade nuove, per allargare una gamma che col tem-po è diventata sempre più ricca e variegata. Sopra queste due qua-lità c’è un altro aspetto che preva-le su tutto: la passione. Per quello che si fa, per come si lavora il lat-te declinandolo in decine di crea-zioni, per la cura che ci si mette in ogni fase delle lavorazioni, per la ricerca maniacale della perfezione e della qualità del prodotto. Proprio la passione è alla base della rivolu-zione della gamma dei freschi, destinata a proiettare Ca-sera Monaci in una dimensione ancora più ampia rispetto al passato, ma sempre con l’ambizione di rappresentare un punto di riferimento per il proprio territorio. “Creando questa nuova gamma di prodotti, da un lato gli yogurt, dall’altro i budini, abbiamo voluto mandare un du-plice segnale - spiega il presidente Roberto Monaci -: in

primo luogo offrire alla clientela tradizionale e a quella di ristoranti e alberghi un prodotto di alta qualità a prezzi contenuti che riteniamo non abbia nulla da invidiare, anzi, agli yogurt tanto reclamizzati di altre parti d’Italia. Inoltre quello che vorremmo far capire ai ristoratori, chef e alber-gatori è che la promozione di un territorio e in primo luogo delle nostre montagne, comincia proprio a tavola. E come

si propongono piatti di richiamo per i primi e i secondi, occorre an-che offrire al turista alternative lo-cali valide sul fronte dei dessert: ci piacerebbe che chi gusta un nostro yogurt o un nostro budino imme-diatamente pensasse al latte vac-cino che viene dai pascoli delle no-stre montagne, alla nostra storia, alle tradizioni della Bergamasca”. La rivoluzione del dessert è un in-vito quindi a non prendere scorcia-toie controproducenti: “La qualità

deve andare dall’antipasto al dolce: non esiste che un lo-cale curi magari all’estremo un risotto o un secondo e poi vada ad acquistare un budino per i suoi clienti alla grande distribuzione. Ecco perché la nostra linea valorizza il fi ne pasto con materie prime di grande qualità, in grado di ter-minare un pranzo all’insegna della genuinità”. Nata a San Giovanni Bianco nel 1973 e trasferitasi ad Almenno dal

di Leo Bartoli

T

2222

LA NOVITÀ

L’AZIENDA DI ALMENNO SAN SALVATORE RIVOLUZIONA

LA GAMMA DEI FRESCHI CON DUE PRODOTTI DALL’OTTIMO

RAPPORTO QUALITÀ-PREZZO. IL PRESIDENTE ROBERTO MONACI:

“VOGLIAMO TRASMETTERE A RISTORATORI, CHEF E ALBERGATORI

IL MESSAGGIO CHE LA PROMOZIONE DI UN TERRITORIO,

E IN PRIMO LUOGO DELLE NOSTRE MONTAGNE, COMINCIA PROPRIO A TAVOLA”

Page 23: Affari di Gola - maggio 2012

2003, Casera Monaci è sempre stata un’azienda a dimensio-ne familiare, con Roberto che ha raccolto il testimone di papà Giovanni, il patriarca, ancora oggi onnipresente come mamma Rina, e gestisce l’azienda con i fratelli Luca, responsabile della produzione, e Clara, a capo di amministrazione e contabilità. Con loro un team di nove dipendenti, molto affi atato, che se-gue tutta la fi liera del latte e che ha contribuito con i Monaci ad ottenere la certifi cazione per il Branzi legata al marchio “Ber-gamo Città dei Mille Sapori” della Camera di Commercio (ente certifi catore CSQA). Ma non è l’unico riconoscimento ad aver premiato l’azienda di Almenno, che in passato è stata premia-ta anche con la medaglia d’oro per la Formaggella Valle Ima-gna al Trofeo San Lucio di Pandino (Cremona). E con altrettanto entusiasmo la “squadra” di Casera Monaci si è buttata in questa nuova avventura legata ai “freschi”. Cre-moso, gusto avvolgente e accattivante, lo yogurt di montagna di casera Monaci si può già trovare in tanti gusti: dal naturale a quello ai frutti di bosco (il più gettonato in assoluto), poi alla fra-gola, ciliegia, albicocca, banana, pesca, mela verde, arancia, nocciola e caffè, mentre dal prossimo mese e per tutta l’estate è previsto anche quello rinfrescante la menta. Cinque invece i budini già in commercio: da quelli al cioccolato e alla vaniglia, al creme caramel, panna cotta e crema catalana. “Fin da subi-to la nostra clientela ha dimostrato di apprezzare la qualità dei nuovi prodotti - conclude Roberto Monaci -: ci auguriamo che diventino un’abitudine alimentare per un sempre maggiore nume-ro di consumatori che vogliono mantenersi in forma senza pe-rò rinunciare al bontà e alla qualità di un prodotto genuino e 100% made in Ber-gamo”.

2323

per un sempre maggiore nume-ro di consumatori che vogliono mantenersi in forma senza pe-rò rinunciare al bontà e alla qualità di un prodotto genuino e 100% made in Ber-gamo”.

Luca Monaci

Roberto Monaci

maggio 2012

Page 24: Affari di Gola - maggio 2012

Lo spiedo brescianosfi da anche l’estate

o spiedo con uccelli sta ai bresciani co-me la pasta sta agli italiani. Un’equazio-ne nient’affatto licenziosa! Non esiste altra preparazione gastronomica più rappresentativa e quasi innata in cia-scuno degli abitanti di una provincia conosciuta forse più per la sua attività economica e (quella che era) la supre-mazia industriale. Ma anche a tavola, attraverso un piatto ancestrale e fonte di innumerevoli inibizioni proprio per la presenza dei piccoli uccelli, Brescia ha un’identità. A dire il vero le varianti, le difformità più o meno marcate, le pe-culiarità di una determinata zona non mancano. Numerosi lavori di ricerca hanno evocato il nascere della tradi-zione dello spiedare legandola alla tra-dizione dell’estrazione del ferro e, suc-cessivamente, alla nascita dell’attività armiera, in particolare in Valtrompia e Valle Sabbia. Tuttavia l’attività dello spiedare il cibo non nasce certo con lo sviluppo dell’attività armiera nelle valli: è di gran lunga precedente e rappresen-ta una modalità di cucinare e mantene-re il cibo nella sua forma essenziale, an-cestrale. Originariamente infatti lo spie-do era cucinato con soli uccelli: ciò per-mette di collocare la nascita dello spie-do nel contesto dei cibi disponibili gra-tuitamente, quindi anche per le classi sociali più basse e legato al periodo del-le migrazioni, l’autunno in particolare. Un’ipotesi che non è stata suffi ciente-mente percorsa per spiegare l’esisten-

za di questo piatto così singolare nel bresciano riguarda, infatti, la presenza di numerosi specchi d’acqua ancorché di boscaglia. Acquitrini, laghi, rogge: si-tuazioni geografi che e climatiche og-gi per gran parte scomparse ma che caratterizzavano il territorio bresciano prima delle bonifi che o delle cementi-zie canalizzazioni. Queste circostanze geografi che rappresentavano, insieme ai boschi, pure presenti, la condizione indispensabile per l’inizio della tradizio-ne della caccia, soprattutto di uccelli. Al tempo stesso, rappresentavano una, talvolta l’unica, fonte di proteine per un gran numero di persone, al pari del pe-sce d’acqua dolce, delle rane, dei gam-beri, che erano diffusi nei ruscelli e nei laghi, ottenibili pressoché gratuitamen-te. Agli uccelletti, solo in tempi relativa-mente recenti, si sono aggiunti i lombi di maiale, la faraona, il pollo, il coniglio, le anguille, le patate a seconda dell’are-a geografi ca di preparazione dello spie-do bresciano.Se allora lo spiedo è lo specchio di una cultura come quella bresciana che si re-alizzava un tempo nei campi e nelle rog-ge, e nel terzo millennio neanche più nell’industria ma nelle banche, parlare di ingredienti per lo spiedo vuol dire ca-ratterizzarne la storia. In tutta la provin-cia di Brescia spiedo è sinonimo di uc-celli. Vale la pena ricordare come sino a pochi anni fa le macellerie ed i negozi di alimentari (o, in certi casi, anche i pri-

di Riccardo Lagorio

L

2424

TIPICA PROPOSTA INVERNALE, ORA È STATA DESTAGIONALIZZATA PRIVILEGIANDO

L’OLIO AL BURRO E SOSTITUENDO ALCUNI TIPI DI CARNE.

ZANOLA (CASTELLO DI SERLE): “ANCHE LA RISTORAZIONE DEVE STARE AL PASSO

CON I TEMPI. NON POSSIAMO INGESSARE UN PIATTO PERCHÉ FA PARTE

DI UNA TRADIZIONE, MA DARE AL CONSUMATORE LA POSSIBILITÀ

DI TROVARE QUEL CHE DESIDERA TUTTO L’ANNO”

LA SPECIALITÀ

Page 25: Affari di Gola - maggio 2012

2525

vati) proponessero ai loro clienti, durante il periodo delle migrazioni, gli uccelli con-fezionati a dozzine in caratteristici mazzi legati tra di loro con uno spago infi lato nel becco o intorno al collo. A dispetto delle re-centi normative sulla conservazione degli alimenti, venivano esposti all’esterno delle vetrine, bene in vista, ed il fresco autunna-le ne permetteva la salvaguardia dalle ul-time ondate di insetti. Anche i contenitori che servivano a riparare da ragni e inset-ti formaggio o salumi, le moscaröle, erano utilizzati per mantenere qualche tempo, al fresco, gli uccelletti. Tra gli uccelli più ap-prezzati per lo spiedo, a prescindere dal-la possibilità di cacciarli, vanno ricordati il pettirosso (sbesèt), il fringuello (franguen), il codirosso (carusì), la balia nera (alì), la peppola (frasaröla), l’allodola (sarlodö) e il lucherino (lögherì), e in misura minore, la cesena, il bottaccio, le quaglie e il merlo.Ai nostri giorni l’evoluzione di un piatto le-gato ad antiche pratiche non si è fatta at-tendere e, in ossequio alle istanze del mer-cato che richiedono cibi light e il più possi-bile freschi, soprattutto in estate, c’è chi ha pensato di rivedere alcuni degli ingre-dienti tradizionali. Emilio Zanola, patron della Trattoria Castello di Serle (telefono 0306910001) e sommelier, ha cercato di destagionalizzare questo piatto abituale

delle fredde giornate di novembre, sosti-tuendo alcune materie prime. “Anche la ristorazione deve stare al passo con i tem-pi. Non possiamo pensare di ingessare un piatto semplicemente perché fa parte di una tradizione che viene da lontano nel tempo. Ma soprattutto è utile dare la possi-bilità al consumatore che viene sino a Ser-le di trovare quello che si attende tutto l’an-no. Tuttavia è altrettanto vero che quando ci è data la possibilità, cioè da metà set-tembre a tutto marzo, lo spiedo che propo-niamo è quello tradizionale…”.In effetti Serle è diventata una piccola grande capitale dello spiedo dopo che l’Amministrazione comunale ha adottato la Denominazione Comunale (DE.CO.) pro-prio sulla preparazione di questo piatto. In effetti l’Amministrazione si è adattata ad un dato di fatto: la ristorazione è il motore portante dell’economia serlese grazie al piatto che viene servito in oltre una tren-tina di locali. Così non si poteva far man-care ai visitatori che salgono fi n quassù dalla città o dalla umida bassa alla ricerca di refrigerio il piatto serlese, rivisto. “Dopo numerose prove abbiamo trovato il modo per salvaguardare sia parte della tradizio-ne, sia l’innovazione - continua Zanola -. Al burro abbiamo sostituito l’olio extravergi-ne d’oliva del Garda, al suino e agli uccelli

carni considerate più magre ed accessibili a tutti: pollo, coniglio ed agnello. Anche la polenta gialla è stata sostituita con quella bianco perla e il tempo di cottura è sceso a “sole” 4 ore… Carni bianche e polenta bianca rappresentano la nostra risposta per fare in modo che lo spiedo non manchi mai nei locali di Serle. E sta avendo un otti-mo successo”.Tradizione deriva dal latino tradere: tra-smettere e tradire. Proprio per la trasmis-sione di una tradizione talvolta questa de-ve essere tradita, insomma…

DECISIVI LA SCELTA DELLE CARNI E LA CAPACITÀ DI UTILIZZARE LA BRACE Per l’esecuzione di un buono spiedo, essenziale è la scelta del burro, la parte grassa non può essere inferiore all’82%. Ciò consente di rimarcare il gusto robusto delle carni e degli uccel-li. Nella fascia costiera del lago di Garda si utilizza l’olio per ir-rorare lo spiedo. Anche la brace è elemento fondamentale. Ap-prezzata giustamente è quella che deriva dalla combustione lenta e senza fi amma e fumo al momento che si coprono con una velatura biancastra di carpino, vite, olivo, rovere, nocciolo che procurano calore intenso e duraturo. L’arte di spiedare ri-chiede che la brace sia estratta quando è arroventata al pun-to giusto e sia disposta ad arte con la paletta sotto le bacchet-te. I tagli di suino che possono essere utilizzati sono la coppa, che deve garantire la giusta morbida succosità; la costina, che conferisce la cor-retta croccantezza; il lombo che, con gli uccelli, è l’ingrediente indispensabile per ottenere lo spiedo bresciano e all’interno del quale viene posizio-nata una foglia di salvia. Poi quel-lo che viene chiamato lo spiedo vero e proprio. In antichità era un’arma fatta di un ferro acuto posto sulla cima di un’asta e veni-

va usata per la caccia grossa, i cacciatori si servivano dell’ar-ma, al termine della battuta, per infi lzarvi la selvaggina ed ar-rostirla, all’aperto, al fuoco di legna. Col passare del tempo, il termine spiedo ha fi nito, così, per indicare principalmente lo strumento di cucina all’interno del quale vengono infi lzate le carni per essere abbrustolite.Nella cultura bresciana il termine spiedo è passato a signifi ca-re anche l’oggetto in cui vengono cotte le carni: uno scatolo-ne metallico che ha al suo interno una base su cui poggiare le braci e delle bacchette su cui s’infi lzano le carni e che ruotano intorno a se stesse. Le bacchette vengono mosse meccanica-

mente affi nché la velocità sia costante e le carni siano cot-te uniformemente. Da sopra viene colato il burro

(e inizialmente il lardo) per mantenere morbi-de le carni; viene raccolto e utilizzato sino

al termine della cottura dalla leccarda, una padella allungata che consente di riprendere, ancora caldo, l’intin-golo colato. In parte la meticolosità (pulizia delle carni, abilità di accen-dere e mantenere il fuoco, capacità di cuocere omogeneamente i vari ingredienti) ed il tempo necessario

maggio 2012

la giusta morbida onferisce la cor-

che, con gli pensabile sciano e posizio-i quel-piedo à era acuto

e veni-

te uniformemente. (e inizialmente

de le carni; al termine

una paddi ripregolo c(pulizdere edi cuoingred

Emilio Zanola

Page 26: Affari di Gola - maggio 2012

alla preparazione del piatto (non meno di cinque ore), oltre alle stringenti norme relative alle specie cacciabili, sono condizioni che hanno penalizzato negli ultimi anni la realizzazione del piatto in molti ristoranti o trattorie. Tuttavia, la soddisfazione di servire gli uccelli e gli altri ingredienti sfi lati dalle bacchette e raccolti in un piatto di portata, conditi con l’intingolo raccolto nella leccarda e arricchito di minuscoli saporiti frammenti di uccelletto o

di carne caduti dallo spiedo, è tanta e tale che qualsiasi fatica viene alla fi ne ampiamente ripagata.Cibo robusto e poderoso, pieno di carattere e poco con-sono alle frigide abitudini alimentari di molti connazio-nali di oggi, lo spiedo con gli uccelli è appunto il rifl esso della società che lo ha generato: accondiscendente al-la fatica, ma che — con caparbietà — vuole festeggiare la vita.

Dove la tradizione è più radicata, le amministrazioni comunali hanno ritenuto opportuno stabilire delle regole per tutelare i sa-peri di vecchia data. I Comuni di Serle e Gussago hanno in ser-bo per l’autunno iniziative per mantenere viva la tradizione dello spiedo e valorizzarlo nel migliore dei modi. Dal 2010 il Comune di Gussago organizza “Lo Spiedo Scoppiettando…”, un’iniziativa che coinvolge 15 locali della cittadina. Tutti i giovedì sera si può degustare lo spiedo tradizionale di Gussago a Denominazione Comunale (De.Co.) accompagnato da fumante polenta ed abbi-nato al vino Cellatica superiore Doc. Nel Comune di Serle il mer-coledì i ristoranti ospitano a rotazione artisti musicali e servono lo spiedo accompagnato ad altre pietanze tradizionali a prezzi promozionali.Come si prepara: • Si formano degli involtini con coppa o lonza di maiale, arroto-

landovi una foglia di salvia ed insaporendo con sale;• si spiedano le carni alternando nelle bacchette uccelli, involti-

ni, costine e sottili fette di lardo;• le bacchette sono fatte cuocere nello spiedo tamburato, inse-

rendo nell’apposito spazio braci di legna o carbone;• i primi grassi che colano vengono eliminati;• le carni vengono salate e si inizia a raccogliere il grasso ed il

burro che colano. La carne viene irrorata con questi condimen-ti, raccolti nella leccarda;

• a cottura ottimale (di solito cinque ore) si smette di irrorare la carne e per qualche tempo viene fatto girare lo spiedo senza condire. Lo spiedo di Gussago e Serle De.Co. si presenta mor-bido internamente e croccante esternamente, di colore rama-to-dorato e dal palato che riconduce al persistente amarognolo degli uccelli e della cottura alle braci. Va servito caldo con la po-lenta (gialla), che va inondata dal burro caduto nella leccarda.

LO SPIEDO DE.CO. DI SERLE E DI GUSSAGO

Nella provincia di Brescia esistono almeno quattro modi di preparare gli uccelli allo spiedo. Questa classifi cazione di tipo geografi co è lo specchio delle condizioni sociali e di mercato che si sono create nel corso di anni in cui la mobi-lità non era facile come lo è oggi. Queste quattro aree par-lano in sostanza delle abitudini alimentari di un mondo in parte seppellito sotto la patina dell’omologazione, ma che si rintraccia facilmente investigando proprio il mondo del-lo spiedo. Sommariamente, si può stabilire che a Brescia e in Valtrompia è consuetudine utilizzare gli uccelletti dal becco gentile come tordi, allodole, fringuelli, pispole che, essendo di piccole dimensioni, non andrebbero (condizio-nale d’obbligo…) puliti ma solo spennati, bruciacchiati e secondo alcuni neanche privati degli occhi e delle zampi-ne. Nella pianura centrale non è inconsueto l’utilizzo di uc-celli di maggiore dimensione. Nella zona del basso lago di Garda e nell’entroterra sino a Salò lo spiedo si arricchisce di altre carni: coniglio, costine di maiale, tocchetti di pollo o altri pennuti, addirittura anguille o fette di patata. In Val-le Sabbia e a nord di Salò nell’Alto Garda lo spiedo si pre-para tutto l’anno indipendentemente dalla presenza delle diverse specie cacciabili, poiché, oltre agli uccelli, si utiliz-zano tanti altri tipi di carne: di maiale (preferibilmente la coppa fresca perché più grassa e gustosa del lombo), di pollo, di coniglio, d’anitra e fettine di fegato di maiale av-volte nella reticella.

POSTO CHE VAI, SPIEDO CHE TROVI

LA SPECIALITÀ

Page 27: Affari di Gola - maggio 2012

APPUNTAMENTI

2727

TRA STORIA E GENETICA,A GRUMELLO UNO DEI MASSIMI STUDIOSI DI VITICOLTURA

“Roma Caput Vini” è un libro scritto da Giovanni Negri che non è solo una ricostruzione storica sulla diffusione della vi-te in Europa, ma anche il luogo di una clamorosa scoperta ge-netica basata sul lavoro più che trentennale del professor Attilio Scienza (nella foto), cattedra di viticoltura dell’Università di Mila-no, sull’origine della vite. Merco-ledì 6 giugno l’enoteca Vino Bvo-no e la Biblioteca di Grumello del Monte, in collaborazione con la Condotta Slow Food del berga-masco, presenteranno il volume e ne approfondiranno i contenuti grazie alla prestigiosa presenza dello studioso, riconosciuto tra i massimi esperti di viticoltura al mondo. L’incontro, moderato da Roberto Zadra, si terrà alle 19 nella sala civica comunale (in piazza Ca-mozzi) di Grumello del Monte. A seguire un buffet in bibliote-ca preparato dall’Enoteca Vino Bvono. L’ingresso è libero fi no ad esaurimento posti.

Cantine Aperte è il più impor-tante appuntamento in Italia – arrivato al traguardo della ventesima edizione - dedica-to ad appassionati e intendi-tori che vogliono conoscere il vino attraverso i suoi luoghi di produzione e la sua gente. Or-ganizzata come da tradizione l’ultima domenica di maggio dal Movimento Turismo Vino, la manifestazione coinvolgerà circa mille aziende su tutto il territorio nazionale, accoglien-do, si stima, un milione di eno-turisti interessati a vivere un’e-sperienza diretta in cantina. In

Bergamasca sono 14 le aziende vitivinicole che domenica 27 maggio apriranno le porta per visite e degustazioni: Lurani Cernuschi (Almenno San Salvatore); a Scanzorociate La Brugherata, Fejoia e il Cipresso; La Tordela (Torre de’ Roveri); a San Paolo d’Argon Cantina sociale bergamasca e Pecis; Medolago Albani (Tre-score Balneario); Castello degli Angeli (Carobbio degli Angeli); Locatelli Caffi (Chiu-duno); Tenuta Castello di Grumello (Grumello del Monte); Tallarini (Gandosso); La Rocchetta (Villongo); Le Mojole (Castelli Calepio).

Non solo acqua minerale. Dal pri-mo al 3 giugno a San Pellegrino sa-rà protagonista l’effervescenza del-la birra artigianale per la seconda edizione di Beerghèm, la rassegna dei micro-birrifi ci della provincia di Bergamo organizzata dal birrifi cio Via Priula di San Pellegrino e dalla Compagnia del Luppolo. L’evento ri-unisce nel prestigioso scenario del Casinò i sette birrifi ci presenti nella nostra provincia: oltre ai padroni di casa del Via Priula, Elav di Comun Nuovo, Endorama di Grassobbio, Maspy di Ponte San Pietro, Maivisto di Sedrina, Valcavallina di Entratico e Sguaraunda di Pagazzano, offren-do la possibilità di conoscere le diverse realtà aziendali ed i loro prodotti e di degustarli in accompagnamento ai piatti del territorio, curati da uno chef e dagli allievi dell’Istitu-to alberghiero. A fare da contorno, una serie di iniziative legate dal fi l rouge della birra, come performance artistiche, fi lmati, la degustazione di birre artigianali provenienti da fuori provincia, senza dimenticare la musica dal vivo. L’appuntamento vuole anche es-sere un momento di confronto per gli operatori, chiamati, ad esempio, a ragionare sull’i-dea di consorziarsi per migliorare gli acquisti e la promozione o sui rapporti con i distri-butori. Insomma, quello che è partito come un fenomeno di nicchia si sta consolidando e vuole crescere ancora.

PORTE APERTE IN 14 CANTINE

SAN PELLEGRINO “CAPITALE” DELLA BIRRA BERGAMASCA

27 MAGGIO

6 GIUGNO

DAL PRIMO AL 3 GIUGNO

Page 28: Affari di Gola - maggio 2012

Arredamenti Metalfrigor, una grande famiglia al servizio dei pubblici esercizi

Le realizzazioni sono di grande effetto. Basta dare un’occhiata alle fotografi e presenti sul sito per rendersene conto. Ma poiché oggi, nell’era dei semilavorati forniti già pronti dalla grande indu-stria, «niente è come sembra» è bello scoprire cosa ci sta dietro. Dietro la Arredamenti Metalfrigor - azienda di Seriate che da oltre cinquant’anni progetta e produce arredamenti per bar, ristoran-ti, pasticcerie, gelaterie e negozi -, c’è una famiglia. È questo che fa la differenza e che, per ammissione stessa dei protagonisti, ha permesso di resistere in un settore in cui la Bergamasca è stata regina, ma che ha visto negli anni perdere la maggior parte delle imprese. Che sia qualcosa di scritto nel Dna lo dimostra il fatto che tutta la seconda generazione ha seguito le orme dei fondatori, i fratelli Giu-seppe, Guglielmo e Ilario Cortinovis, partiti con l’attività nel 1959 a Bergamo e dopo pochi anni passati nell’attuale sede di Seriate, in via Paderno 58, ampliata con tre interventi successivi. «È grazie ad un’attenta gestione dei costi – dicono Stefano e Ornella, in rappre-sentanza dell’intera compagine familiare – che siamo riusciti ad affrontare anche i momenti più diffi cili del mercato». Ma, ovviamente, non c’è solo questo. C’è l’esperienza, respirata fi n da piccoli nei laboratori nei momenti di pausa. Sopratutto c’è un si-stema di produzione ancora di tipo sartoriale. «Seguiamo il lavoro in ogni aspetto – racconta Stefano -, dall’idea del cliente e dal so-pralluogo per visionare gli spazi arriviamo al progetto chiavi in ma-no dell’intero locale e da qui alla produzione (dalla falegnameria, acciaieria alla verniciatura), al preallestimento nei nostri laboratori e al montaggio fi nale. Ogni fase è interna, il che signifi ca, ad esem-pio, che chi ha costruito il mobile spesso è anche colui che curerà il montaggio, si ha quindi la precisa conoscenza di ogni passaggio ed è questo che permette di realizzare sempre una proposta su misura». Anche i dipendenti della Arredamenti Metalfrigor, come i titolari, sono cresciuti in azienda «e sono anch’essi orgogliosi– sottolinea Ornella - di veder nascere ogni volta qualcosa pensato e

creato interamente qui, molto spesso unico».L’ultimo lavoro realizzato in Bergamasca è il Caffè del Largo, in lar-go Belotti in centro città. I più conosciuti sono probabilmente A.I. Giardini San Marco e American Bar Le Iris, sempre a Bergamo. Tra gli allestimenti più recenti ci sono anche il bar Il Nome di Alzano Lombardo, una cartoleria ancora in largo Belotti, l’Enoteca Mar-chesi di Seriate, il Bar Numero Primo di Albino e a Milano la pastic-ceria Scaringi e il ristorante Langosteria n. 10. Se invece si vuole avere un’idea di come anche una macelleria può diventare una boutique, la Seveso di Grandate in provincia di Como è un bell’e-sempio. «Bergamo e la Lombardia sono il bacino di riferimento – afferma Stefano Cortinovis -, ma stiamo lavorando bene anche con l’estero, Svizzera, Spagna, Germania e Olanda. La cosa ci gra-tifi ca non solo perché ci permette di ampliare gli orizzonti, ma per-ché ci vengono riconosciuti serietà, accuratezza, precisione e stile, mentre in Italia, forse per via del pe-riodo davvero critico per l’eco-nomia, si fa sempre più fa-tica a vedere apprezzati questi valori». «L’aspetto che in questo momento ci interessa sviluppare – conclude – è quello commerciale. Siamo alla ricerca di rappre-sentati, collaboratori, studi di architettura che possano presentare la nostra realtà e metterci in contatto con poten-ziali clienti».

L

2828

TUTTA LA SECONDA GENERAZIONE È AL LAVORO NELL’AZIENDA

DI ARREDAMENTI DI SERIATE, ATTIVA DA PIÙ DI CINQUANT’ANNI.

TUTTE LE FASI SONO SEGUITE DIRETTAMENTE PER SOLUZIONI SU MISURA.

«ORA PUNTIAMO A SVILUPPARE LA RETE COMMERCIALE»

L’AZIENDA

, , p ,er via del pe-r l’eco-a-

llallllalllllllllllllll

Page 29: Affari di Gola - maggio 2012

2929

«Non è raro che un cliente arrivi con un’idea e che esca con un’altra - racconta Stefano Cortinovis -. O che dall’incontro con l’architetto professionista del cliente nasca una collabo-razione che porta a risultati particolari, come è avvenuto per Civus a Bergamo, progettato dall’architetto Erika Tirloni, per Time Break di Azzano San Paolo dell’architetto Pievani e per l’enoteca Di Vino in Vino di Gorlago, progettata dall’architet-to Rosa Locatelli. Anche dire la propria in termini reali e non assecondare per forza il committente fa parte della profes-sionalità di un’azienda di arredamento». Del resto, non rie-sce diffi cile pensare che in fatto di pubblici esercizi i titolari della Arredamenti Metalfrigor possano consigliare chi si lan-cia per la prima volta nel settore. «Spesso proponiamo so-luzioni che permettono di migliorare la gestione del lavoro - prosegue -, talvolta l’introduzione di piccole novità si rivela col tempo una grande svolta». Se il tipo di proposta, lo spazio in cui è inserita e le richie-ste del cliente dettano la linea generale, le tendenze fanno il resto. «Oggi la direzione è ben chiara – spiega Cortinovis – c’è un ritorno ai materiali e ai colori naturali, l’esigenza è di situazioni più rilassanti, anche nelle gradazioni, e infor-mali, come avviene un po’ nei locali spagnoli. Il tutto non di-sgiunto dall’attenzione all’ambiente, perché non si può fare diversamente. Il legno è perciò sostenibile, se le sedie sono in plastica sarà riciclabile, la pelle sarà “eco”. E poi, visto che oggi le attività sono sempre più polifunzionali, è fonda-mentale l’illuminazione, per il cambio di atmosfera nel cor-so della giornata». Tra nuovi locali e restyling, in Bergamasca c’è una certa vi-vacità. «Le aperture sono legate al fatto che il bar viene visto come un’opportunità di lavoro – rimarca -. L’aggiornamen-to dell’arredamento è invece una prassi in voga da qualche tempo. In un diffi cile contesto competitivo, i locali sentono in-fatti il bisogno di ravvivare l’interesse proponendosi con una nuova immagine». Quanto alle scelte, non mancano le solu-zioni originali. «Non siamo sulla Riviera romagnola, dove l’im-perativo è stupire nei tre mesi della stagione – commenta -, ma, grazie anche alle possibilità date ai dehors, c’è qualcu-

no che rivede l’impostazione e osa un po’ di più».Il tutto detto nella consapevolezza che «l’arre-

damento ha il suo peso, ma per il successo di un locale

sono determinanti la qualità dell’ac-

coglienza e dei prodotti».

LE TENDENZE

ARREDAMENTI METALFRIGOR SRLvia Paderno, 58 - Seriate - tel. 035 294386 - fax 035 294497 [email protected]

maggio 2012

zioni originali. «Non siamo sulla Riviera romagnola, perativo è stupire nei tre mesi della stagione – comma, grazie anche alle possibilità date ai dehors, c’

no che rivede l’impostazione e osa un po’ di più».Il tutto detto nella consapevolezza ch

damento ha il suo pesil successo di

sono detelalalaa qualità

cogliepro

«NETTO RITORNO AI MATERIALI E AI COLORI NATURALI»

Page 30: Affari di Gola - maggio 2012

3030

FUORI PORTA

Milano Food Week è un contenitore di più di 200 appuntamenti legati dal comune obiettivo di diffondere la cultura enogastro-nomica. Per rafforzare questo messaggio, la manifestazione, alla quarta edizione, quest’anno parte il 19 maggio, Food Revolu-tion Day, la giornata mondiale ideata e promossa dallo chef Jamie Oliver, occasione internazionale per scambiarsi informazioni ed unirsi nel nome di una miglior educazione alimentare. Motore dell’iniziativa, che si conclude il 27 maggio, sono proprio lo scambio, l’interazione e la condivisione tra i professionisti e gli appassionati, nella convinzione che i portatori della conoscenza

in campo food non sono solo i grandi nomi ma ciascuno di noi. Per esempli-fi care questo spirito, tra le tante proposte, citiamo il Recipe Market, un “mer-cato”, allestito all’esterno di Palazzo Giureconsulti, dove il pubblico potrà “barattare” la propria ricetta, prendendone una in cambio e dando così via al recipe crossing. O la Public Kitchen, una cucina temporanea allestita in un ex container navale, nella quale chiunque potrà prenotare il proprio spa-zio per esibirsi ai fornelli. Anche otto ristoranti stellati partecipano con me-nù speciali: Al Pont de Ferr, D’O, Devero Ristorante, Il Luogo di Aimo e Nadia, Innocenti Evasioni, Joia, Tano passami l’Olio e Unico. Altrettanti gli chef che si esibiranno in show cooking ispirati dall’idea della grande cucina aperta a tutti: Fabio Baldassarre, Massimo Bottura, Haruo Ichikawa, Ernst Knam, Pietro Leeman, Gualtiero Marchesi e Daniel Canzian, Aimo Moroni con Ales-sandro Negrini e Fabio Pisani, Claudio Sadler.Per trovare l’evento preferito: www.milanofoodweek.com

MILANO INVASA DAL CIBO. ALLA FOOD WEEK ANCHE LO SCAMBIO DI RICETTE

DAL 19 AL 27 MAGGIO

A MALPENSA DECOLLA IL FESTIVAL DEL CAKE DESIGN

Promette di essere una festa per gli occhi ancor prima che un attentato al-la linea la seconda edizione del Cake Design Festival, la kermesse dedicata all’arte di decorare i dolci che da ten-denza tipica del mondo anglosassone sta contagiando il nostro Paese, decli-nandosi in uno stile proprio, capace di coniugare tradizione, fantasia e innova-zione. Ad ospitare l’evento, organizza-to dall’agenzia Silovoglio, sabato 26 e

domenica 27 maggio, sarà lo Sheraton Hotel nei pressi dell’aeroporto di Mila-no Malpensa. L’esposizione si sviluppe-rà su tre piani offrendo spazio sia alle aziende specializzate (una trentina, ita-liane e internazionali) sia ai maggiori ca-ke designer. La manifestazione offre poi una serie di strumenti, dai corsi alle dimostrazioni, dagli incontri alle competizioni, alle con-sulenze, per gli appassionati che voglio-

no migliorare le proprie creazioni ma an-che per chi vuole trasformare la passio-ne in un’attività. Da quest’anno, con la sezione Pastry Pro, il Festival si occupa anche delle tematiche legate all’intro-duzione e gestione di questa tipologia di prodotto all’interno di un laboratorio di pasticceria, grazie a conferenze e dimo-strazioni tenute dai maestri dell’Accade-mia Pasticceri. Info: www.cakedesignitalianfestival.com

26 E 27 MAGGIO

Page 31: Affari di Gola - maggio 2012

3131

maggio 2012

Dall’8 al 10 giugno la Villa Mirabello ed il parco di Monza ospiteranno il primo in-contro regionale della rete di Terra Madre, il progetto di Slow Food che vuole promuo-vere, dare visibilità e tangibilità ad un’a-gricoltura di prossimità e di scala ridot-ta, rispettosa di cicli, ambienti e territori, memore di storie e tradizioni, testimone di dignità, diritti e benessere di chi ci lavo-ra. “Per non mangiarci il futuro – Un nuo-vo patto con la terra” è il signifi cativo titolo dell’iniziativa, organizzata da Slow Food Lombardia in collaborazione con il Con-sorzio Villa Reale e Parco di Monza, che presenterà le piccole produzioni agricole

di eccellenza che ancora popolano il ter-ritorio lombardo, compresi gli otto Presìdi Slow Food della regione, tra cui Stracchino all’Antica delle Valli Orobiche, Agrì di Val-torta e Bitto Storico. Le diverse proposte sono raccolte attorno a parole chiave: Di-re (conversazioni attorno al cibo, teatro e

musica), Fare (atelier artigiani), Mangiare (Osterie di Terra Madre, cucina di strada, Laboratori del gusto, Enoteca e birreria), Vedere (cartoline dai Presìdi Slow Food, installazioni, opere d’arte, video e docu-mentari), Acquistare (Mercato della Terra con prodotti buoni, puliti e giusti di territo-rio e di stagione). Tra gli operatori berga-maschi chiamati a portare la propria te-stimonianza, l’allevatore Angelo Santinelli nell’incontro “Parla come mungi: allevare bovini senza ricorrere ad insilati ed ogm” e il frutticoltore Romano Micheletti con “Una tira l’altra: l’esperienza contagiosa della autoraccolta in frutticoltura”.

TERRA MADRE ORA È ANCHE UN EVENTO REGIONALEDALL’8 AL 10 GIUGNO

Nata nel 1947 ed ancor oggi appuntamento atteso, la Fie-ra del vino Garda Classico Doc di Polpenazze del Garda è la più antica e conosciuta vetri-na della produzione vitivinicola della Valtènesi, che torna per la 63esima edizione dal 25 al 28 maggio. Sede uffi ciale del concorso enologico nazionale della Doc Garda Classico isti-tuito dal Ministero per le Poli-tiche Agricole, la Fiera allarga quest’anno l’area dei concor-si al Valtènesi Chiaretto 2011, primo frutto della Doc entrata in vigore lo scorso anno con la

vendemmia 2011. Muniti di sacca e bicchiere, i visitatori potranno degustare i vini proposti dalle cantine, in un percorso nel quale non mancheranno assaggi di prodotti tipici. Nella Piazzetta del Biologico spazio ai sempre più numerosi pro-duttori che hanno scelto il bio come alternativa, in una terra dove è già biologico il 25% del vigneto iscritto all’albo, mentre la Corte degli Assaggi offrirà degusta-zioni guidate e comparate abbinate ai migliori formaggi del territorio come Strac-chino, Tombea e Bagoss. Nel programma anche un’esposizione dei migliori extravergini Garda Dop e il con-corso dedicato al miglior salame della Valtènesi, mentre in piazza si servirà il tra-dizionale ed immancabile spiedo gardesano.

A Moniga del Garda, città natale del Chiaretto “il vino di una notte”, torna per il quinto anno “Italia in rosa”, mani-festazione che permette di conoscere e assaggiare centinaia di vini provenienti da tutta Italia e anche qualche “chic-ca” transalpina. Per la nuova edizione sono salite a tre le giornate di apertura al pubblico (1, 2 e 3 giugno) ed è sta-ta creata una nuova giornata (lunedì 4 giugno) riservata agli operatori. Palco-scenico è la seicentesca Villa Bertanzi, nel centro storico del paese. Al costo di 10 euro (sconto del 50% per i soci Onav, Ais e Fisar) si riceveranno bicchiere da degustazione e tasca portabicchiere e sarà possibile degustare tutti i vini presenti in manifestazione e accedere, su prenotazione, a degustazioni guida-te tematiche. Domenica 3 giugno convegno internazionale sui rosati nel mondo. Info: www.italiain-rosa.it

Garda bresciano

ALLA FIERA DI POLPENAZZE IN CONCORSO ANCHE LA NUOVADOC VALTÈNESI CHIARETTO

I ROSATI D’ITALIA IN PASSERELLAA MONIGA

Page 32: Affari di Gola - maggio 2012

Tra menù e clienti è un festival di strafalcioni

n delizioso, è il caso di dire, trattato semiserio per buongu-stai, giocato molto, o tutto, sull’ironia, con un pizzico di dop-pisensi, un chilo di cultura enogastronomica, che lascia “lie-vitare” la mente per qualche ora, lentamente, giusto il tempo di gustarsi, in santa pace, le sue pagine. “Via col Ventre” di Mario Bianco è idealmente un libro happy hour, da spiluc-care saltando da un capitolo all’altro, trovando consigli utili, massime storiche, strafalcioni dei menu, battute comiche, aneddoti e molto altro ancora, perché, si sa, se la fame vien mangiando, la cultura vien leggendo. “Sono sempre stato un buongustaio - racconta Mario Bianco -, mia madre gestiva un ristorante, così la mia passione per la cucina è cresciuta negli anni. Viaggiando molto per lavo-ro, sia in Italia che all’estero, ho avuto la possibilità di racco-gliere una serie di strafalcioni contenuti nei menù, oltre ad una serie infi nita di errori commessi dai clienti dei ristoran-ti. Un esempio su tutti? Cameriere, ho ordinato l’inguine allo scoglio! O come quel tale che chiese, un mezzo pollo intero, o ancora, quell’altro che ordinò un petto di pollo d’anatra!”.Ancora: “Con i wurstel ci vuole un bel boccaglio di birra te-desca”. “Prego un caffè con latte macchiato”, “Dopo questa bella mangiata non ti senti rifucilato?”, “Non ho digerito, non ha del bicarbonato di soia?”, “Mi porti delle pesche sciroc-cate con l’uva passera”, “Non avete il pus pus? (leggi cous cous). “Vorrei un brasato al Barolo senza vino perché sono astemio”, “Il ristorante era così zeppo che la gente rigurgita-va per la strada”.Dalle pagine di questo libro si scoprono, inoltre, fatti semi-sconosciuti sulle nostre origini culinarie. Chi conosce l’etimo di aperitivo? Aperire come aprire o spalancare la porta al de-

siderio di dissetar-si: etruschi, roma-ni e greci avevano già l’abitudine di consumare “una bevanda aroma-tica, più o meno alcolica, per stuz-zicare l’appetito – spiega Mario Bianco dalle pagi-ne del suo libro – Caterina de’ Medici introdusse a corte l’aperitivo chiaman-dolo “Aperitif” (…), mentre a Milano, nel 1900, questo rito si trasforma in un fenomeno sociale”. Un capitolo ironico, che strappa qualche risata a denti stret-ti, è senza dubbio quello sulle affi nità tra l’uomo e il pane. “Crudo: di poche parole, rosso e privo di gentilezze, insapo-re, meglio eliminarlo. Sfi latino: si identifi ca con la sua protu-beranza e la ostenta, pensa sempre a una sola cosa. Biscot-to: ciapel sot che l’è un biscot (allusione dialettale milanese che non richiede particolari approfondimenti). Lievitato: al-tezzoso, pieno di sé, supponente. Toscano: casalingo, genui-no, rustico, affi dabile, rassicurante, ma sciocco”. Qualche rifl essione sui ristoranti etnici, che negli ultimi de-cenni hanno spopolato nel Bel Paese, vien proprio alla men-te, dopo aver letto questo libro, anche se la cucina rivisitata per noi occidentali è ben diversa da quella originale locale. “Mi è capitato di mangiare in diverse parti del mondo – spie-ga Bianco – ma la nostra cucina è la migliore che esista,

di Giordana Talamona

U

3232

C’È QUELLO CHE HA ORDINATO “L’INGUINE ALLO SCOGLIO” O QUELLO CHE

HA CHIESTO “UN MEZZO POLLO INTERO”: C’È DI TUTTO E DI PIÙ NEL TRATTATO

SEMISERIO PER BUONGUSTAI SCRITTO DA UN APPASSIONATO

DI CUCINA, MARIO BIANCO. CHE HA ACCESSO I RIFLETTORI

ANCHE SULLE CUCINE MONDIALI E SULLA MODA DI MANGIARE INSETTI

IL LIBRO

Page 33: Affari di Gola - maggio 2012

3333

nonostante non mi sia mai rifi utato di provare anche quella este-ra”. E vien da chiedersi se l’autore abbia provato o no qualcuno dei piatti asiatici che cita. “I menù cinesi sono tra i più diffi cili da comprendere ed esistono piatti unici al mondo che se agli indige-ni fanno venire l’acquolina in bocca, - prosegue - a noi occidentali a volte procurano il voltastomaco come ad esempio: zampe pal-mate di uccelli, zampe di orsi, topi, stelle di mare in olio di squalo, bisce di fi ume al vapore, stringa di serpente crudo, fegato di cane con verdure, polmoni di capra con peperoncino, scorpioni preda-tori, lucertole spellate impanate con uovo, spiedini di calamari e iguane, zuppa di cervello di cane, cavallucci marini, scorpioni ne-

ri, cicale e scarafaggi merdaioli fritti, serpentelli e bachi da seta scottati, tranci di boa al vin panato, bollito di viscere di cavallo e vacca. Comunque a parte questi cibi particolari, la cucina cine-se non ha eguali e non sperimentarla sarebbe un vero peccato”. Dalla Cina il passaggio al Sol Levante è breve, come un voltar pagi-na. “Elementi di questa cucina sono la naturalezza e la perfezione estetica. (…). Le donne non possono preparare il sushi nei risto-ranti perché secondo la tradizione le loro mani potrebbero esse-re troppo calde e deteriorare il sapore del pesce. I vari ingredienti non vengono mai mescolati tra loro: i sapori devono mantenersi distinti. Tale cucina, basata su precetti buddisti e ispirata alla fi lo-sofi a Zen, è prevalentemente vegetariana (con soia e verdura in quantità) ad esclusione del pesce che viene servito crudo. Non si utilizza il burro, poco il formaggio a parte il tofu (formaggio di soia) perché viene considerato un prodotto ammuffi to”. Sull’India gastronomica, e non solo, scopriamo tradizioni quanto meno curiose. “Religioni e credenze differenti spiegano cose che ai nostri occhi potrebbero sembrare originali. Ci sono cuochi che non si sognerebbero nemmeno di lavorare senza avere una cordi-cella legata agli alluci e altri che si rifi utano di lavorare se la cucina non si trova nella posizione adeguata. I colori che prevalgono so-no il marrone e il giallo. (…). I pranzi indiani sono prevalentemen-te composti da curry e miscugli di spezie (dette masala) accom-pagnati da verdure, carne, riso e pesce, preparati in contenitori di terracotta. Il ghee, o burro chiarifi cato, è per gli indiani considera-to il massimo della bontà”. Sulla cucina a stelle e strisce, in quanto a stranezze macabre, ne scopriamo delle belle. “La casa madre della catena fast food Roy Rogers ha dovuto, a titolo di risarcimento, sborsare ben 30.000 dollari a due clienti perché al posto di una doppia porzione di pollo, sui rispettivi piatti, fu servito un topo. Nell’Ohio a Jackson Township, in un ristorante della catena Red Robin Gourmet Bur-ger, un cliente trovò la punta di un pollice di un inserviente”. Tra il serio e il faceto, parlando di “vino ed altri alcolici” scopriamo che le affi nità tra Bacco e Venere non solo poi così lontane, persi-no nella terminologia dei sommelier. “Beverina: pronta da consu-marsi subito. Brusca: di carattere deciso. Franca: di carattere ben deciso. Inacidita: vecchia (se non si ha fretta si può condire l’insa-lata). Soave: gentile. Spumeggiante: gasata, allegra con brio. Sta-gionata: da consumarsi subito. Vecchia: fa sempre buon brodo”. Un tema per stomaci forti è quello sull’entomofagia, la moda di mangiare insetti. “Una nuova cucina sta prendendo piede in Italia - prosegue Bianco - per chi ama scoprire i nuovi sapori che riser-vano gli insetti. Ragno docet. (…). In Romagna, patria di buongu-stai, è presente una società per studi naturalistici che ci fa notare come ogni anno, nel corso della nostra vita e in modo inconsape-vole, mentre dormiamo o quando siamo in corsa con il motorino, ingeriamo circa 80 insetti, per non parlare dei loro frammenti pre-senti nei cibi! Chi si nutre di cavallette, tarme, bachi da seta, locu-ste, larve, camole, ecc. dichiara che hanno un sapore gradevole e, per di più, posseggono qualità alimentari sorprendenti, perché ricchi di vitamine, sali minerali e proteine. I piatti più apprezzati sono gli spiedini di cavallette caramellate infi lzati su fette d’angu-ria, il fritto misto di bachi da seta, tarme della farina, camole del miele e della farina. Il tutto bagnato da vini rossi o bianchi ad alta gradazione. I sapori di questi insetti ricordano quelli delle patate, delle noci, delle mandorle e del miele. Le zanzare, le mosche, gli scarafaggi non vengono contemplati, ma forse i cinesi la pensa-no diversamente”.

maggio 2012

Gli esempi, tutti godibilissimi, di quante papere si commettano con la forchetta in mano o predisponendo un menù

Nei menù• Filetto di rambo• Zimbello di culatello • Pizzaccheri della Valtellina • Uova al burro con tantufo • Favette al brodo vegetabile • Baccalà mantecatto• Insalate: carrucola con uova, tonno. • p.s. il pesce asterisco è surgelato• Stinco di prosciutto al forno• Panettone astronomico• Orata al forno con aceto aromantico di Parma• Spumante metodo Champignon • Fisco di vino: euro 10

I clienti• Come contorno vorrei i topini al bur. • Mi porta quelle tartine con il parquet di tonno? • Mangio poco perché faccio una vita sedimentaria. • Vorrei un piatto di calamai fritti. • Mi porta una coca e un’acqua atomica? • Prego, una frittura di crampi (e calamari). • Mi porti della bresaola con delle scorie di parmigiano. • Io ordino polenta con funghi traforati. • Il timpallo di maccheroni è pesante”.

LE MIGLIORI

Page 34: Affari di Gola - maggio 2012

Breve Respiro, la sosta dal sapore antico

ur correndo il rischio di apparire ba-nali, ci sembra giusto dare la priorità alla domanda che suggerisce il no-me del locale, “Antica Trattoria Breve Respiro”, che si trova in via Romaco-lo 28 a Zogno. È un’insegna per certi versi enigmatica, che lascia aperto il campo alle più svariate interpretazio-ni. La risposta, del resto, spiega in mo-do chiaro e razionale l’origine non so-lo del nome ma della trattoria stessa,

proiettandoci di colpo in un passato anche abbastanza remoto. Lo scena-rio è, ovviamente, quello delle nostre valli, delle nostre montagne. La tratto-ria è collocata nell’unico e breve tratto in discesa che si incontra a Romacolo prima di imboccare la ripida mulattie-ra che portava, e porta, ad Endenna. Ecco risolto l’enigma: un breve respi-ro alla locanda prima di intraprendere un’impegnativa salita.E la locanda ha resistito - in prati-ca sembra ci sia sempre stata - in un bel palazzo affrescato che è stato ri-strutturato nel 2006. Dal 2008 Marco Maffi in cucina e la moglie Sara Mo-

retti in sala, con la collabora-zione del papà di Marco,

Claudio, che si occupa prevalentemente degli aspetti amministrativi, gestiscono l’attività con risultati soddisfacen-

ti. «Siamo a Zogno, non dobbiamo dimenticar-

lo – racconta Mar-co Maffi – e cer-

co di offrire una cucina in linea con la clientela della zona. Quindi una cucina equilibrata, non esuberante. Penso sia il sogno di tutti gli chef poter proporre una cucina più ricercata, ma il territorio è questo, non dobbiamo dimenticarlo. Le novità hanno una certa diffi coltà a passare e non vorrei trascorre più tem-po a illustrare il piatto ai clienti che a cucinarlo. Non per questo mi sento un cuoco in tono minore. Facciamo bene la cucina tradizionale sia di carne sia di pesce variando il menù su base stagio-nale tre o quattro volte all’anno».Non molte cose ma fatte con cura sem-bra essere l’impostazione alla quale si ispira la conduzione dell’Antica Tratto-ria Breve Respiro: una scelta che ben si coniuga con le caratteristiche del lo-cale, veramente molto accogliente con due piccole sale quasi intime al piano terreno e una bella sala più grande e affrescata al piano superiore.«Oltre i più classici piatti della tradizio-ne come il brasato d’asino o gli stracot-ti – dice ancora Marco - abbiamo an-che noi le nostre specialità. I casoncelli innanzitutto e poi la costata di manzo cotta sull’ardesia oltre alla “maialata” che è uno dei nostri fi ori all’occhiel-lo. Lo consideriamo un piatto unico. Si tratta di due braciole che vengono impanate, quindi cotte e servite come una tagliata, con i funghi. Diffi cile poi ordinare qualche altra portata. Per i piatti di pesce abbiamo le trenette al-le vongole veraci e le ricette più clas-siche».Marco e Sara se la cavano bene, han-

di Fulvio Facci

P

3434

E la locanda ha resistito in pratica sembra ci sia sempre stata - in un bel palazzo affrescato che è stato ri-strutturato nel 2006. Dal 2008 Marco Maffi in cucina e la moglie Sara Mo-

retti in sala, con la collabora-zione del papà di Marco,

Claudio, che si occupa prevalentemente degli aspetti amministrativi, gestiscono l’attività con risultati soddisfacen-

ti. «Siamo a Zogno, non dobbiamo dimenticar-

lo – racconta Mar-co Maffi – e cer-

IL PREZZO FISSO

LA TRATTORIA DI ZOGNO DEVE IL NOME AL FATTO

CHE LÌ SI “TIRAVA IL FIATO” PRIMA DI IMBOCCARE

LA RIPIDA MULATTIERA PER ENDENNA. NEL BEL PALAZZO

AFFRESCATO ATMOSFERA D’ALTRI TEMPI E CUCINA CLASSICA

Marco Maffi e Sara Moretti

Page 35: Affari di Gola - maggio 2012

3535

no diviso con attenzione i compiti e riesco-no far funzionare il locale con successo. C’è da saltare, come si suol dire, ma i ri-sultati non mancano. «Si tratta di un vec-chio locale – racconta invece Claudio Maf-fi – con un’attività consolidata. La gente arriva magari da Zogno ma anche da più lontano per il passaparola, oppure si trat-ta di milanesi che hanno la seconda casa in zona. Fondamentale è che coniughiamo un buon ambiente e una cucina apprezza-ta a prezzi accessibili. Da parte nostra cer-chiamo anche di vivacizzare un po’ l’atmo-sfera, soprattutto nella buona stagione. Abbiamo completamente rifatto il campo per il gioco delle bocce, ci sono dei tavoli, vorremmo fare delle grigliate o delle altre iniziative magari per i gruppi. Vedremo».

PRAMAGGIORE, NUOVI PREMI AI VINI DEL “CIPRESSO”

IL CONCORSO

Il Concorso Enologico Nazionale di Pramaggiore (Venezia) - giun-to quest’anno all’importante tra-guardo dei 51 anni - si è confer-mato un importante banco di prova per i vini tranquilli, frizzan-ti e spumanti Docg, Doc e Igt. La competizione, inserita nell’ambi-to della Mostra Nazionale Cam-pionaria dei Vini, ha ancora una volta riservato risultati più che lu-singhieri all’azienda agricola “Il Cipresso” di Scanzorosciate. Ben tre vini - il Valcalepio Doc rosso Dionisio 2009, il Valcalepio Rosso Riserva Doc Bartolomeo 2007 e il Moscato di Scanzo Docg Serafi no 2008 - hanno infatti ottenuto il di-ploma di “Medaglia d’oro 2012” unitamente al premio speciale regionale “Oscar d’argento Pra-maggiore”.Poco più di quattro ettari di vigne-to sulle colline alle porte di Ber-gamo (celebri per il Moscato di Scanzo Docg), l’azienda guidata da Angelica Cuni si caratterizza per una produzione limitata ma di alta qualità, in tutto circa 16mi-la bottiglie tra Valcalepio bianco, rosso, riserva e Moscato di Scan-zo. «La scelta aziendale - spiega Cuni - è quella di contenere i nu-meri della produzione per poter privilegiare i fattori qualitativi». A giudicare dai premi, la scelta pare azzeccata.

Ci sono anche due piatti, un primo e un secondo, un po’ diversi dal solito nella li-sta del pranzo a prezzo fi sso del “Breve” di Zogno. Il costo è di 10 euro da lunedì a venerdì e di 12 il sabato, per il menù completo che comprende primo, secondo, contorno, acqua, vino e caffè. C’è anche la possibilità di prendere solo il primo per 6.50 euro oppure solo il secondo per 7.50 euro.Nel giorno della nostra visita le proposte per i primi erano rappresentate da pasta al pomodoro, al ragù, alle vongole e alla siciliana quindi con melanzane e scamor-za. Tra i secondi piatti ricordiamo invece il roastbeef all’inglese, un soutè di cozze, l’arrosto di vitello, il pollo arrosto ripieno, la caprese e la braciola. Insalata verde, pomodori e spinaci i contorni.Siamo tentati dai piatti di pesce ma alla fi ne, tenendo conto della collocazione montana del locale, andiamo sui classici dei menù a prezzo fi sso e quindi farfal-le condite con un ottimo ragù e roastbeef all’inglese fresco di cottura con spinaci per contorno. Buon servizio e cucina decisamente apprezzabile per un rapporto prezzo-qualità più che buono.

LA PROVA

ANTICA TRATTORIABREVE RESPIRO via Romacolo, 28 - Zognotel. 0345 91006chiuso nelle sere di lunedì e martedì

maggio 2012

Page 36: Affari di Gola - maggio 2012
Page 37: Affari di Gola - maggio 2012

Le tante battaglie che devono combattere i pubblici esercizi

er il 90 per cento degli esercenti è ab-bastanza, se non addirittura molto, ri-levante la presenza di realtà che som-ministrano alimenti e bevande senza essere pubblici esercizi. La quasi tota-lità degli imprenditori nella ristorazio-ne individua nella concorrenza cosid-detta “sleale” la fonte di tutti i propri guai. Il problema del calo dei fatturati dipende, dunque, dalla presenza sul mercato dell’offerta parallela che è talmente tanto parallela da sconfi na-re in un unico mercato fatto oltre che dai pubblici esercizi anche dagli agri-turismo, pizzerie a taglio e kebab per non parlare delle tanto vituperate sa-gre e feste paesane di vario genere. In effetti, esistono oggettivamente del-le agevolazioni per alcuni rispetto ad altri che la Commissione europea ha confi gurato addirittura come aiuto di Stato. E poi, diciamolo chiaro: spesso

e volentieri alcuni cir-coli privati na-

scono proprio con l’intento di effettuare un’attività da

pubblico esercizio, eludendo tasse e vessazioni.A chi non è capitato di entrare in un locale dove al momento dell’ordina-zione viene presentata la classica tes-serina da fi rmare per diventare socio del circolo? Magari pure… enogastro-nomico! Correggere queste distorsio-ni signifi ca lavorare sicuramente nei confronti degli esercenti associati, visto che solo un 10% non considera predominante questo problema. Ma siamo proprio sicuri che tutti i mali della ristorazione italiana dipendano solo dalla concorrenza sleale di cir-coli e sagre? Perché mai un’offerta gastronomica da consumare su uno scomodo tavolaccio di legno, con il cibo servito in un piatto (e posate) di plastica e senza neanche troppe ga-ranzie igienico-sanitarie, può mettere in diffi coltà il 90% dei ristoratori forti della loro qualità e professionalità? Se un cliente sceglie una sagra inveceche un ristorante spesso è spinto da una ridotta capacità di spesa. Gli italiani hanno meno soldi in tasca. Lo sappiamo tutti. Allora dobbiamo insistere sulle battaglie politiche che portino il paese verso l’uscita dalla crisi. E non è solo accanendoci con-tro le sagre o contro i circoli (ma ripeto che le situazioni di agevolazioni van-no contrastate) che si può rilanciare l’economia del paese. Dobbiamo con-tinuare a battere di più i pugni sul ta-volo per una riforma del lavoro che ci vede penalizzati. Abbiamo titolo per chiedere al Governo una programma-zione del turismo. Ci tocca insistere sulla patrimoniale più volte evocata

anche dal nostro presidente Stoppa-ni. Dobbiamo ragionare sulla Tobin Tax per reperire risorse dalle transa-zioni fi nanziarie che pure hanno con-tribuito fortemente a portare il nostro paese sull’orlo del baratro. Va alzata ancora la voce contro un aumento dell’Iva che penalizzerà tutti i consu-mi. Dobbiamo richiedere al Governo qual è il piano strategico a cui sta pen-sando per le risorse energetico. Sia-mo in grado di proporre l’introduzio-ne di un’aliquota molto più alta solo per i beni di gran lusso, anziché pe-nalizzare quella al 10% della ristora-zione. Dobbiamo rivoltarci contro cor-ruzione e criminalità organizzata che costituiscono il vero freno del sistema Italia (con soldi riciclati nei ristoranti mafi osi). E soprattutto dovremmo cercare di sgominare e mettere alla gogna tut-ti quegli sprechi economici che sot-traggono fondi da destinare proprio a quelle imprese come le nostre in grado di rilanciare la produttività. Al-cuni di questi sprechi sono ben de-scritti nel libro di Mario Giordano dove si legge che, con un conto a spanne, la provincia di Oristano, tanto per por-tare un esempio, sarebbe riuscita a spendere in un solo anno oltre tren-tamila euro per sagre a vario titolo. Mi domando, al di là della concorrenza sleale delle suddette sagre, quante cose si sarebbero riuscite a fare se questi trentamila euro fossero stati messi a disposizione delle imprese di ristorazione. Allora sì che la battaglia della Fipe diventerebbe una “Sagra Battaglia”.

P

L’INTERVENTO

di Alfredo Zini*

*vicepresidente Fipe e presidente dell’Ente Bilaterale del Turismo

3737

coli privati nascono proprcon l’intentdi effettuarun’attività d

Page 38: Affari di Gola - maggio 2012

Orata al forno con patate e pomodorini

PREPARAZIONEUngete una teglia con un cucchiaio di olio e ricoprite il fondo con uno strato di sottili fettine di patata. Spolverate il tutto con prezzemo-lo, pecorino e un pizzico di sale. Adagiate l’orata (già pulita e sciacquata) sul fondo appena preparato e quindi ricopritela con le fetti-ne di patate rimaste. Aggiungete quindi i pomodori ciliegini tagliati a metà, il prezzemolo, il pecorino, sale e pepe a piacere e mezzo spicchio d’aglio. Versate altri due cucchiai di olio e infornate a 200 gradi per circa 30 minuti.

CURIOSITÀUna delle abitudini più sbagliate di chi “è sempre di corsa” è la rinuncia a sperimentare nuove pietanze, preferendo così andare sul sicuro con la preparazione dei soliti quattro piatti. Ciò che non si conosce, infatti, è sempre percepito come diffi cile o complicato (so di cosa parlo, perché ci sono passato) e l’idea che si sprechi del tempo prezioso, magari per pulire anche una padella in più, uccide quel poco di vena creativa che alberga in ognuno di noi. Tra i cibi che un single abituato alla cucina veloce evita solitamente di considera-re, c’è il pesce, che richiama subito a parole come “lungo nella preparazione” e “laborioso da pulire”, divenendo automaticamente una pietanza da gustare solo al ristorante. Ma è una credenza priva di fondamento che va smentita: oggi infatti è possibile acquistare dell’ottimo pesce già pulito, pronto per es-sere cucinato in tanti modi semplici e veloci. La ricetta in questa pagina ne è l’esempio lampante.L’orata è un secondo piatto prelibato dalla polpa pregiata e dal sapore delicato che piace a tutti, anche ai palati più diffi cili; e non è solo buona, ma fa anche bene: è infatti ricca di proteine nobili, contiene vitamine B1, B2 e vitamine PP e tra i sali minerali in essa con-tenuti spiccano fosforo, iodio, ferro e una discreta quantità di calcio. Quando la si acquista, è importante fare attenzione che la car-ne sia soda al tatto e che le squame aderiscano bene al corpo. Se avete dei dubbi, non compratela, optate per un menù alternativo e soprattutto cambiate pescheria. Se non la cucinate subito, va conservata in frigorifero per 1 o 2 giorni al massimo, coperta da una pellicola alimentare o chiusa in un sacchetto da freezer. E prima di cominciare a cucinarla, sciacquatela sempre. Una volta “rotto il ghiaccio”, provate a cucinarla anche in altri modi perché è un pesce versatile che si presta a tanti esperimenti, tut-ti squisiti. “La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuo-va stella” era solito dire il famoso gastronomo francese Anthelme Brillat-Savarin. Sono sicuro che non potrete che essere d’accordo. Vi auguro buon appetito.

3838

L’AN

GO

LO

Ricette facili e veloci per chi

vive da solo, ma non rinuncia

alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’u-more, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

di

é

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

INGREDIENTI PER 1 PERSONA1 orata1 patata tagliata a fettine sottili5 pomodori ciliegini20 g circa di pecorino romano grattugiato

olio extravergineprezzemolomezzo spicchio d’agliosale e pepe

ADV-BIRRACUVEE-AFF-GOLA.indd 1 31/01/11 08:26

Page 39: Affari di Gola - maggio 2012

Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.

Q U A T T R O E R R E

ADV-BIRRACUVEE-AFF-GOLA.indd 1 31/01/11 08:26

Page 40: Affari di Gola - maggio 2012