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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente Dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali Corso di laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari AGRICOLTURA SOSTENIBILE E PRODUZIONE INTEGRATA Relatore Prof. Edi Defrancesco Laureanda Sara Marchetti Matricola n. 1010954 ANNO ACCADEMICO 2012-2013

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVADipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse

Naturali e AmbienteDipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali

Corso di laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari

AGRICOLTURA SOSTENIBILE E PRODUZIONE INTEGRATA

RelatoreProf. Edi Defrancesco

LaureandaSara MarchettiMatricola n. 1010954

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

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INDICE GENERALE

Riassunto 5

Abstract 7

1. Introduzione 9

2. Il quadro normativo sul versante produttivo

2.1 Sostenibilità e produzione integrata 13

2.2 Il quadro normativo europeo 17

2.3 Il quadro normativo nazionale 23

3. Il quadro normativo per la valorizzazione sul mercato

3.1 Il quadro normativo comunitario 29

3.2 Il quadro normativo nazionale 33

3.3 Il quadro normativo regionale 36

4. La diffusione della produzione integrata

3.1 La produzione integrata in Europa 41

3.2 La produzione integrata in Italia 44

3.3 La produzione integrata in Veneto 52

5. Conclusioni 57

Bibliografia 59

Ringraziamenti 67

3

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RIASSUNTO

La gestione dell'ambiente e delle sue risorse è diventato attualmente uno tra i temi più

rilevanti nel settore dell'agricoltura in quanto principale attività utilizzatrice degli spazi

naturali. Allo stesso tempo anche il concetto di qualità dei prodotti alimentari e

l'impatto della loro produzione sul territorio sono tra gli argomenti più sentiti dai

produttori e dai consumatori.

Per questi motivi, ultimamente, si stanno valorizzando sul mercato diversi metodi

produttivi in grado di trovare un punto di equilibrio tra tutte queste questioni e in modo

particolare in questo elaborato viene analizzato lo sviluppo e la situazione attuale della

produzione integrata, sistema agricolo in grado di rispettare l'ambiente attraverso un

minor apporto di sostanze chimiche, ma anche tramite una migliore gestione delle

risorse come l'acqua e il suolo allo scopo di salvaguardare la natura, il consumatore e il

prodotto stesso.

Nella prima parte viene analizzato a livello europeo, nazionale e regionale il quadro

normativo di riferimento sul versante produttivo ponendo l'attenzione soprattutto ai

cambiamenti e alle innovazioni che si sono apportati dagli inizi degli anni Novanta fino

ad oggi quando si è raggiunta l'obbligatorietà per alcuni aspetti legati alla produzione

integrata.

Nella parte successiva invece vengono individuati i metodi che hanno permesso la

valorizzazione sul mercato dei prodotti derivati da agricoltura integrata: dai marchi

privati, utilizzati soprattutto dalla Grande Distribuzione Organizzata, fino ai più recenti

marchi collettivi pubblici che hanno iniziato ad affermarsi grazie ad una maggiore

omogeneità di norme, alla presenza di Linee Guida a livello nazionale e di disciplinari

regionali.

Nella parte finale vengono invece analizzati i dati riguardanti la produzione integrata a

livello comunitario e nazionale, con un particolare approfondimento riguardante la

regione Veneto e i prodotti certificati con il marchio Qualità Verificata.

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ABSTRACT

Since agriculture is the main activity which uses natural areas, the management of the

environment and of its resources is one of today's most relevant objectives in the

agricultural field. Other common preoccupations of producers and consumers concern

the quality of food and the impact of food's production on the environment. For these

reasons, various production methods are being marketed at present, in order to find a

balance between these needs.

This essay will analyze the development of integrated production, as well as its present

condition. Integrated production is an agricultural system that respects the environment

by making a reduced use of harmful chemical substances and by optimizing the use of

water and soil, in order to protect and safeguard nature, the consumer and the product

itself. Integrated production also aims at delivering high-quality products to the

consumer.

The first part of this essay considers the regulations of integrated production at a

European, national and regional level, focusing on the changes and innovations which

have been made in this field from the beginning of the 1990's to the present day, when

some aspects of integrated production are mandatory.

The second part of the essay expands on the methods which have increased the market

value of the products of integrated agriculture, ranging from private brands (mainly

present in Large Scale Retail) to the most recent public collective brands, which have

become more popular thanks to the standardization of rules, National Guidelines and

Regional codes.

Finally, the last part of the essay focuses on data regarding integrated production at a

community and national level, with a more detailed description of its situation in the

Veneto Region and on products which present the "Qualità Verificata" brand.

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1. INTRODUZIONE

“L’agricoltura si trova al crocevia costituito dalle sfide che attendono la nostra società”

(Dacian Cioloș, 2012): la sfida alimentare, la sfida ambientale e la sfida territoriale sono

tre tra le maggiori tematiche che riguardano non solo il settore agricolo, ma anche

quello politico, economico e sociale.

Per questo motivo, negli anni, l'Unione e tutti i suoi Membri si sono preoccupati di

regolare e salvaguardare le interazioni tra l'attività agricola e i molteplici settori

connessi, tra i quali soprattutto l'ambiente, tenendo conto della fragilità delle risorse

presenti in esso come l'acqua e il suolo, ma considerando anche come la coltivazione

della terra sia fonte fondamentale di reddito per le comunità rurali, nonché di un bene

insostituibile per l'intera popolazione.

Attraverso i Regolamenti e le Direttive emanate a livello comunitario, ma anche

attraverso i Decreti e le Leggi regionali, è possibile delineare l'atteggiamento,

individuandone anche i cambiamenti, che ha contraddistinto la politica agricola

internazionale, nazionale e locale, strettamente legata anche a quella ambientale ad

economica, nel corso dell'ultimo ventennio.

Per quanto riguarda il versante produttivo la Politica Agricola Comune (PAC) si pone

come mezzo fondamentale per riuscire a mettere d'accordo tutte queste questioni:

inizialmente, con la sua nascita nel 1962, la PAC prevedeva come primo obiettivo la

sicurezza alimentare per la popolazione; è poi dal 1992 che si avviano i concetti di

qualità e di attenzione per l'ambiente che vengono poi approfonditi a partire dalla fine

del ventesimo secolo dove vengono richieste il rispetto di specifiche norme legate

all'ambiente, al benessere degli animali e agli standard di sicurezza degli alimenti.

In modo particolare attraverso le misure agroambientali nel contesto del Programma di

Sviluppo Rurale (PSR) l'Europa si sta sempre più spingendo quindi verso un'agricoltura

sostenibile che sia in grado non solo di risponde al bisogno di cibo, ma che consideri la

necessità di ottenere prodotti di qualità nel rispetto delle risorse naturali: tra i metodi

possibili di produzione si è affacciato quello della produzione integrata “che utilizza

tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a

ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la

fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici” (Legge n.

4, 3 Febbraio 2011, articolo 2).

Questo sistema, studiato fin dagli inizi degli anni Settanta, e incentivato tramite i

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Regolamenti e le Direttive emanati dall'Unione Europea, si pone in linea con le recenti

disposizioni riguardati l'uso sostenibile dei pesticidi, dove viene posto come obiettivo

per il 2014 l'applicazione obbligatoria della produzione integrata per alcuni suoi principi

chiave a tutto il settore agricolo. Questo permetterà l'uniformarsi della diffusione

dell'agricoltura integrata che attualmente in alcuni Stati Membri vede un'ampia

diffusione, come nel caso di Austria e Regno Unito, ma in altri, come Grecia e

Portogallo, dove essa è stata solo recentemente introdotta, di sviluppare e rafforzare

questa tecnica. Grazie quindi a questi provvedimenti a livello produttivo e agli

Orientamenti dati dalla Commissione in tema di certificazioni facoltative si è potuto

negli ultimi tempi introdurre nel mercato dei marchi collettivi pubblici in grado di

valorizzare appieno gli alimenti provenienti da produzione integrata offrendo così un

prodotto intermedio tra il biologico e il convenzionale che si pone in un'ampia fetta di

mercato che richiede alimenti di questo tipo, ma che ancora non ha trovato il completo

soddisfacimento dei consumatori.

Per quanto riguarda i sistemi di certificazione della produzione integrata anche l’Italia

sta progredendo nel tempo, anche se tuttavia la loro applicazione rimane ancora poco

conosciuta ai consumatori: dalle prime norme riguardanti questo metodo risalenti a

trent'anni fa, proposte da alcune Regioni come l'Emilia-Romagna e il Trentino Altro

Adige, ad oggi si sono compiuti numerosi cambiamenti ed innovazioni in particolare

riguardanti gli Organismi responsabili, le Linee Guida nazionali e la nascita di un nuovo

marchio che certifica queste produzioni sul mercato. Nonostante ciò l'apprezzamento da

parte dei consumatori, che rispetto al passato si stanno avvicinando maggiormente alle

tematiche legate alla qualità alimentare, sta avvenendo lentamente e richiedendo sforzi

per quanto riguarda comunicazione e pubblicità.

Si sono fatti dei passi in avanti, in particolare nella stesura dei disciplinari di

produzione, anche nella Regione Veneto che, dopo incongruenze e difficoltà iniziali,

hanno trovato una traccia nelle Linee Guida nazionali rendendo più omogenee le scelte

degli agricoltori e potendo dare un valore aggiunto alle produzioni agricole. Inoltre sono

stati istituiti o rafforzati marchi regionali specifici, come ad esempio “Qualità

Verificata” in Veneto o “Qualità Certificata” in Emilia Romagna, per poter permettere la

valorizzazione e il riconoscimento soprattutto nel caso dei prodotti ortofrutticoli.

Si può definire quindi il quadro attuale legato all'agricoltura sostenibile e alla

produzione integrata in continuo sviluppo e cambiamento, in quanto esso sta al passo

con le innovazioni e le nuove conoscenze tecniche e scientifiche permettendo così una

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gestione ambientale sempre più efficiente, ma anche considerando l'andamento politico,

economico e le richieste del mercato che si modificano costantemente.

In questo elaborato si andrà quindi ad analizzare lo sviluppo e lo stato attuale della

produzione integrata a livello europeo, nazionale e regionale individuando i

provvedimenti presi sul versante produttivo e i sistemi di certificazione utilizzati per la

valorizzazione sul mercato dei prodotti ottenuti tramite questo metodo; ma anche si

andranno ad osservare alcuni dati che permettano una migliore rappresentazione della

situazione odierna in particolare per quanto riguarda il settore dei prodotti ortofrutticoli.

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Le politiche a favore della produzione integrata

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IL VERSANTE PRODUTTIVO

POLITICHE COMUNITARIE

Dal 1992 ad oggi:

- Regolamento CEE n. 2078/1992- Misure agroambientali del Programma di Sviluppo Rurale (PSR): Regolamento CE n. 1257/1999 Regolamento CE n. 1783/2003 Regolamento CE N. 1698/2005 Regolamento UE n. 1312/2011

Strumento utilizzato: incentivo

Dal 2014...:- Direttiva CE 128/2009- Decreto Legislativo 14 Agosto 2012, n. 150 (a livello nazionale)

Strumento utilizzato: obbligo

IL MERCATO AL CONSUMO

Prima del 2014:MARCHI PRIVATI per autocertificare la produzione integrata

Dal 2014:MARCHI COLLETTIVI PUBBLICI

Riferimenti:- “Orientamenti UE sulle migliori pratiche riguardo ai regimi facoltativi di certificazione per i prodotti agricoli e alimentari” (Comunicazione della Commissione 2010/C 341/04);- Linee Guida Nazionali per la produzione integrata e Sistema di qualità nazionale per la produzione integrata;- Sistemi Regionali e Linee Guida Regionali;

Strumento utilizzato: sistema di certificazione pubblico con controllo da parte di Organismi terzi

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2. IL QUADRO NORMATIVO SUL VERSANTE PRODUTTIVO

2.1 SOSTENIBILITA' E PRODUZIONE INTEGRATA

Tra i diversi regimi facoltativi tra i quali attualmente le imprese agricole possono aderire

troviamo anche quello legato alla produzione integrata definita come “sistema di

produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle

produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze

chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi

ecologici, economici e tossicologici” (Legge n. 4, 3 Febbraio 2011, articolo 2).

Questa tecnica produttiva, conosciuta e praticata da diversi decenni nella nostra penisola

per volontà diretta degli agricoltori, attualmente sta subendo cospicui approfondimenti e

sviluppi e sempre più si sta avvicinando, per alcuni suoi punti basilari, verso

l'obbligatorietà.

Questo concetto risale però al 1976 quando un gruppo di entomologi appartenenti

all'Organizzazione Internazionale per il controllo biologico (IOBC)1 portando la propria

esperienza trentennale riguardo le pratiche di lotta integrata, decisero di pubblicare

l'anno successivo, tramite un bollettino dell'Organizzazione, “verso la produzione

agricola integrata, con la lotta integrata”; già in quel momento le parole chiave

individuate erano state la qualità dei prodotti, l'ecologia attraverso una migliore gestione

e protezione dell'ambiente e l'economia: “[la produzione integrata] cerca dunque di

integrare la ricchezza della natura, grazie al concorso illuminato e illuminante dei

migliori acquisti della scienza” (Baggiolini,1998).

Successivamente i principi e gli scopi della produzione integrata vennero analizzati e

sviluppati negli anni Ottanta fino ad arrivare al 1993 alla pubblicazione delle prime

Linee Guida, aggiornate negli anni successivi fino alla più recente terza edizione

pubblicata nel 2004, allo scopo di fornire una struttura per la formulazione di Linee

1IOBC è un'Organizzazione nata nel 1955 come affiliata del Comitato Internazionale per la scienza; essa

promuove metodi di controllo degli infestanti compatibili con la sicurezza ambientale. L'Organizzazione è

divisa in sei Sezioni Regionali: 24 Paesi europei, le Regioni mediterranee e il Medio Oriente fanno parte

della sezione WPRS (West Palaearctic Regional Section) e ad essa partecipano scienziati singoli o

appartenenti a Governi e organizzazioni commerciali o scientifiche.

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Guida nazionali e regionali e favorire un'armonizzazione dei concetti basilari a livello

internazionale.

In questo documento la produzione integrata viene definita come “un sistema agricolo

che produce alimenti di alta qualità e altri prodotti utilizzando le risorse naturali e

regolando i meccanismi per sostituire gli apporti di inquinamento e per difendere

l'agricoltura sostenibile” (IOCB, 2004). Vengono inoltre indicati come componenti

essenziali la conservazione della fertilità del suolo e della diversificazione ambientale,

la necessità di bilanciare attentamente i metodi biologici, tecnologici e chimici tenendo

conto della protezione dell'ambiente, della redditività e delle esigenze collettive

nell'osservazione dei criteri etici e sociali.

In queste stesse Linee Guida troviamo poi gli obiettivi della produzione integrata che

vanno a toccare diversi aspetti chiave: innanzitutto l'intenzione alla base di ottenere

un'agricoltura sostenibile che tramite la gestione attenta ed intelligente delle risorse

naturali è in grado di sostituire gli apporti agricoli, come fertilizzanti e pesticidi, allo

scopo di abbassare l'inquinamento, ma anche abbattere i costi di produzione

migliorando l'economia agricola. Altro obiettivo fondamentale è poi quello della qualità,

non solo a livello della produzione alimentare (food quality), ma anche a livello

ecologico (ecological quality) basandosi sull'agricoltura sostenibile, del benessere

animale (ethical quality) e delle condizioni di lavoro degli agricoltori (social quality)

per produrre e sostenere un reddito agricolo generato da un valore aggiunto giustificato.

Emerge poi anche il concetto di multifunzionalità dell'agricoltura in quanto essa non

deve solo produrre cibo, ma deve rispondere ai bisogni dell'intera società ad esempio

diversificando l'ambiente, salvaguardando la natura, mantenendo le tradizioni locali.

Oltre a questi obiettivi l'Organizzazione ha stilato una lista di undici principi riguardanti

la produzione integrata (IOCB, 2004):

• essa si applica solo olisticamente, cioè non deve prevedere unicamente l'impiego

combinato di tecniche di lotta integrata e particolari misure agronomiche, ma

credere sulla regolazione dell'ecosistema, sull'importanza del benessere animale e

sulla protezione delle risorse naturali;

• minimizzare i costi e gli effetti delle esternalità indesiderate come ad esempio la

contaminazione delle acqua da pesticidi;

• la produzione integrata deve presentare un approccio focalizzato all'intera

agricoltura in quanto le strategie sulle quali essa si basa, come il ciclo bilanciato dei

nutrienti o la rotazione delle colture, hanno senso solamente quando tutto il

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comparto agricolo viene coinvolto;

• le conoscenze degli agricoltori riguardo questa metodologia produttiva devono

essere costantemente aggiornate;

• deve essere mantenuta la stabilità dell'ecosistema agricolo, intendendo come

stabilità il procurare da parte delle attività agricole il minore disordine possibile;

• il ciclo dei nutrienti deve essere il più bilanciato possibile e con la minimizzazione

delle perdite;

• la fertilità del suolo deve essere preservata e migliorata;

• la lotta integrata deve essere alla base delle decisioni riguardanti la protezione delle

colture che, nel caso dell'agricoltura sostenibile, prevede innanzitutto l'utilizzo di

misure preventive (controllo indiretto) contro le specie nocive e solo

successivamente, in caso di perdite economiche, un vero e proprio controllo diretto;

• la diversità biologica deve essere sostenuta a livello genetico, di specie e di

ecosistema;

• la qualità del prodotto è un'importante caratteristica di questo metodo di fare

agricoltura la quale però non deve essere definita solo in base a parametri

convenzionali, ma anche da criteri non visibili ai consumatori come quelli sociali e

di gestione;

• deve essere preso in considerazione il benessere di tutte le specie animali coinvolte

nel settore primario ed anche la densità della loro popolazione in conformità agli

altri principi.

Oltre a questi principi e obiettivi IOCB nelle sue Linee Guida dedica un intero paragrafo

all'argomento qualità specificandone in modo più approfondito la sua concezione: “il

mercato presta attenzione alla qualità esterna dei prodotti agricoli, mentre l'agricoltura

sostenibile appoggiata dall'IOCB considera quattro caratteristiche aggiuntive di qualità

dei prodotti, del metodo produttivo e delle condizioni di lavoro. Esse sono generalmente

invisibili al consumatore, ma forniscono i componenti essenziali della qualità

complessiva del cibo:

➢ qualità interna del prodotto (Internal Product Quality) data dalle caratteristiche

fisiche, chimiche e organolettiche;

➢ qualità ecologica (Ecological Quality) della produzione e della gestione;

➢ qualità etica (Ethical Quality) della produzione, della gestione e

dell'atteggiamento delle persone coinvolte;

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➢ qualità socio-economica (Socio-economic Quality) della produzione, della

gestione e delle condizioni lavorative delle persone coinvolte.” (IOCB, 2004)

Mettendo tutti questi aspetti qualitativi insieme si è potuta rappresentare la qualità totale

sotto forma di piramide (Figura 2.1) dove la più larga porzione, alla base, è occupata da

prodotti di bassa qualità, mentre la porzione più piccola, al vertice, rappresenta i

prodotti di più elevata qualità. La linea di limite legale separa i prodotti a prezzo basso

da quelli che non incontrano i requisiti sufficienti per la commercializzazione.

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“Premium” Food

“Certified” Food

“Low Price” Food

Legal Borderline

Figura 2.1 Rappresentazione della qualità totale

Fonte: IOCB, 2004

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Attualmente nel mercato internazionale si possono trovare tre standard di qualità a

livello di produzione primaria: nel gradino più alto (“premium” food) si pongono la

produzione biologica e la produzione integrata, mentre nel livello intermedio

(“certified” food) è possibile trovare l'Integrated Farm Assurance (IFA), standard

proposto da GlobalGAP, ente privato attivo a livello internazionale che, collaborando

equamente con produttori agricoli e distribuzioni, implementa le regole delle

certificazioni volontarie e le procedure per le buone pratiche agricole (Good

Agricultural Practices) prestando particolare attenzione alla sicurezza e alla

sostenibilità.

2.2 IL QUADRO NORMATIVO EUROPEO

Nel 1992 la Commissione Europea emana un primo Regolamento “relativo a metodi di

produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la

cura dello spazio naturale” (Regolamento CEE n. 2078/1992): si riteneva infatti che gli

agricoltori, con il dovuto regime di aiuti, tramite l'introduzione o la continuazione di

metodi di produzione compatibili alla tutela dell'ambiente e delle risorse naturali,

avessero un ruolo decisivo per l'intera società poiché si credeva che questo modo di fare

agricoltura potesse essere di per sé una valida soluzione alle problematiche ambientali.

E' quindi con questo Regolamento che l'Unione Europea inizia a promuovere,

stanziando dei fondi, la produzione integrata, rimarcando l'importanza di affiancare a

questa un'idonea sensibilizzazione e formazione degli operanti nel settore, indicando

agli Stati Membri la possibilità di realizzare corsi e seminari sull'argomento.

Le misure agroambientali avviate nel 1992 con la cosiddetta “Riforma Mac Sharry” che

aveva “dato particolare rilievo alla dimensione ambientale dell'agricoltura in quanto

principale utilizzatrice della terra” (Regolamento CE n.1257/1999) trovano la loro

continuazione nel Regolamento CE n. 1257/1999 con il quale l'Unione Europea

introduce nuove misure e nuove disposizioni secondo il quadro comunitario di sviluppo

rurale per il periodo 2000-2006, accompagnando e integrando gli altri strumenti della

politica agricola comune. All'interno di esso ribadisce la necessità di proseguire con

un'agricoltura più sostenibile e pulita prevedendo un sostegno agli agricoltori che per

almeno cinque anni si fossero impegnati a rispettare le misure agroambientali che in

modo particolare prevedevano “forme di conduzione dei terreni agricoli compatibili con

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la tutela e con il miglioramento dell'ambiente, del paesaggio e delle sue caratteristiche,

delle risorse naturali, del suolo e della diversità genetica” (Regolamento CE n.

1257/1999, capo VI, articolo 22), ma anche l'estensivizzazione, la tutela degli ambienti

ad alto valore naturale esposti a rischi, la salvaguardia del paesaggio e delle

caratteristiche tradizionali del terreno e l'utilizzo pianificato degli ambienti in

agricoltura.

Questo Regolamento viene poi modificato nel Settembre 2003 dal Regolamento CE n.

1783/2003 dove viene aggiunto, rispetto al precedente, un Capo riguardante la qualità

alimentare dove viene esplicitato il sostegno e la promozione ai metodi di produzione

agricola intesi a migliorare la qualità dei prodotti agricoli con l'obiettivo di “ assicurare i

consumatori della qualità del prodotto o del processo produttivo impiegato mediante la

partecipazione degli agricoltori ai sistemi qualità, conseguire un valore aggiunto per i

prodotti agricoli di base e potenziare gli sbocchi di mercato e informare i consumatori

circa la disponibilità e le specifiche di tali prodotti” (Regolamento CE 1783/2003, capo

VI bis, articolo 24 bis).

Questo stesso Regolamento, insieme a quello del 29 Settembre 2003 n. 1782 “che

stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica

agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori” e che

modifica diversi regolamenti, si pongono alla base della “Riforma Fischler” che ha

cambiato profondamente la normativa precedente introducendo nuovi obiettivi e

strumenti: in modo particolare si ha il completamento, avviato dalla precedente

Riforma, del disaccoppiamento che consiste in una pagamento unico per azienda

indipendentemente dalla tipologia di produzione sulla base delle somme percepite in un

periodo di riferimento (generalmente il periodo 2000-2002); l'aiuto comunitario inoltre

prevedeva il nuovo concetto di eco-condizionalità (cross-compliance), cioè l'erogazione

dell'aiuto solamente nel caso di rispetto di alcune norme in materia di tutela ambientale,

di sicurezza alimentare, di benessere animale e di mantenimento dei terreni in buono

stato agronomico, il tutto affiancato anche dall'introduzione di un idoneo servizio di

consulenza messo a disposizione degli agricoltori da parte degli Stati Membri (a partire

dal 1° Gennaio 2007). Altra importante modifica è stata l'entrata della modularità cioè la

riduzione dei pagamenti destinati alle grandi aziende che percepivano più di 5.000 euro

l'anno di contributo per incrementare i fondi da destinare al finanziamento della politica

di sviluppo rurale, la quale infatti, tramite questa Riforma, viene potenziata insieme a

diverse misure a favore dell'ambiente e della qualità.

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Anche nel periodo 2007-2013 viene riconfermato dalla politica agricola comune il

sostegno allo sviluppo rurale e alle problematiche agroambientali: in particolare nel

Novembre 2007 è avvenuta da parte della Commissione Europea una health check, cioè

una verifica dello stato di salute della PAC allo scopo di migliorarne il funzionamento

anche in previsione del periodo 2014-2020. I tre punti in riesame presenti all'interno di

questa valutazione hanno riguardato il regime di pagamento unico, istituito nella

precedente Riforma, gli strumenti di sostegno del mercato e le nuove sfide ambientali

come il cambiamento climatico e la gestione delle risorse idriche.

Dall'esperienza maturata sono quindi state pensate modalità con le quali semplificare il

regime di pagamento unico, ma anche come attuare il completamento del

disaccoppiamento per tutti quei Paesi che avevano adottato quello parziale. Inoltre si è

valutata la possibilità di restringere il campo di applicazione della condizionalità

trovando un equilibrio tra costi e benefici, circoscrivendo in modo più mirato i criteri di

gestione obbligatori (CGO) e le buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA),

mantenendo vivo, in modo efficace, lo stimolo a proseguire verso un'agricoltura

sostenibile. Si è parlato poi di altre tre sfide fondamentali: il cambiamento climatico, le

bioenergie e la gestione delle risorse idriche in quanto temi che coinvolgeranno sempre

più il settore agricolo e che richiederanno sempre più attenzione nella scelta dei metodi

di produzione impiegati.

Parte di queste valutazioni sono state fatte basandosi sui Regolamenti chiave della

Riforma Fischler (tra i quali il Regolamento CE n. 1782/2003, modificato poi dal

Regolamento CE n. 146/2008), ma anche sul Regolamento CE n. 1698/2005 “sul

sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale

(FEASR)” che nel Maggio 2009, quindi successivamente all'health check, è stato

modificato dal nuovo Regolamento CE n. 473/2009 in seguito alle considerazioni

svolte dal Consiglio dell'Unione Europea il quale avendo “approvato un piano europeo

di ripresa economica («il piano») che prevede il varo di azioni prioritarie intese a

consentire un più veloce adeguamento delle economie degli Stati membri alle sfide

attuali” ha avuto la necessità di modificare il quadro giuridico per consentire a tutti i

Membri di godere dei nuovi fondi messi a disposizione soprattutto per l'espansione di

internet a banda larga che in molte zone rurali ancora manca.

Nel 2009 viene emanata anche la Direttiva CE 128/2009, recepita dall'Italia con il

Decreto Legislativo 14 Agosto 2012 n. 150, “che istituisce un quadro per l’azione

comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”: questa norma si pone come

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punto di svolta riguardo l'implementazione della produzione integrata a livello

comunitario in quanto, da una situazione di incentivazione, essa passa a rendere

obbligatoria l'agricoltura integrata in alcuni suoi punti.

Attraverso questa disposizione il Parlamento Europeo richiede agli Stati Membri di

adottare, ed entro il 14 Dicembre 2012 di trasmettere alla Commissione, i “piani

d’azione nazionali per definire i propri obiettivi quantitativi, gli obiettivi, le misure e i

tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo dei pesticidi sulla salute

umana e sull’ambiente e per incoraggiare lo sviluppo e l’introduzione della difesa

integrata e di approcci o tecniche alternativi al fine di ridurre la dipendenza dall’utilizzo

di pesticidi” (Direttiva CE 128/2009, articolo 4).

Inoltre vengono trattati diversi punti riguardanti la regolazione all'uso più generale dei

pesticidi: nell'articolo 5 viene indicata la necessità da parte degli Stati Membri di

provvedere “affinché tutti gli utilizzatori professionali, i distributori e i consulenti

abbiano accesso a una formazione adeguata tramite organi designati dalle autorità

competenti. Tale formazione comprende sia la formazione di base sia quella di

aggiornamento, per acquisire e aggiornare le conoscenze, come appropriato”. Ma anche

nel caso di utilizzatori non professionali i distributori hanno l'obbligo di “fornire

informazioni generali sui rischi per la salute umana e l’ambiente connessi all’uso dei

pesticidi, in particolare sui pericoli, l’esposizione, le condizioni per uno stoccaggio, una

manipolazione e un’applicazione corretti e lo smaltimento sicuro conformemente alla

normativa comunitaria in materia di rifiuti, nonché tenendo conto delle alternative a

basso rischio” (Direttiva CE 128/2009, articolo 6). L'informazione e la sensibilizzazione

soprattutto della popolazione stanno infatti al centro dell'articolo 7 in quanto si ritiene

necessario “promuovere e agevolare i programmi di informazione e di sensibilizzazione

e la disponibilità di un’informazione accurata ed equilibrata sui pesticidi per la

popolazione, in particolare sui rischi e i potenziali effetti acuti e cronici per la salute

umana, gli organismi non bersaglio e l’ambiente che comporta il loro impiego, e

sull’utilizzo di alternative non chimiche”.

Vengono poi approfondite nello specifico le attrezzature, alcune pratiche ed usi come

l'irrorazione aerea che deve essere vietata (tranne in particolari condizioni), ma anche le

misure da adottare per l'ambiente acquatico e le fonti di approvvigionamento di acqua

potabile e la riduzione dell'uso di pesticidi in aree specifiche.

Un'importante novità è stata la formulazione di indicatori di rischio armonizzati a livello

comunitario i quali sono stati calcolati dalla Commissione “utilizzando i dati statistici

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rilevati secondo quanto disposto dalla legislazione comunitaria relativa alle statistiche

concernenti i prodotti fitosanitari e altri dati pertinenti al fine di stimare le tendenze dei

rischi connessi all'uso dei pesticidi” (Direttiva CE 128/2009, articolo 15).

Fin dall'anno successivo la Comunità Europea ha iniziato poi a lavorare verso l'obiettivo

PAC 2014-2020: con la Comunicazione 672 (2010) della Commissione dal titolo “La

PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali

e del territorio” sono stati identificati tre obiettivi strategici quali la sicurezza

dell'approvvigionamento alimentare a lungo termine per i cittadini europei, il sostegno

delle comunità agricole che fornisco alla popolazione d'Europa una grande varietà di

derrate alimentari di pregio e qualità prodotte in modo sostenibile nel rispetto

dell'ambiente e delle sue risorse e, infine, la difesa della vitalità delle comunità rurali

dove l'agricoltura costituisce un'attività in grado di creare occupazione locale.

Sulla base di queste sfide, l'Unione Europea si è posta quindi questi obiettivi:

• “obiettivo 1: una produzione alimentare efficiente” in modo da contribuire al

reddito agricolo limitandone le fluttuazioni, ma anche migliorare la competitività

del settore permettendo così agli agricoltori di far fronte alla concorrenza dei

mercati mondiali rispettando contemporaneamente le norme rigorose in materia

ambientale e di sicurezza;

• “obiettivo 2: una gestione sostenibile delle risorse naturali e un'azione per il

clima” che garantisca non solo beni alimentari, ma anche una maggiore offerta

di beni pubblici ambientali (paesaggi, biodiversità dei terreni...); inoltre è

necessario favorire una crescita verde attraverso l'innovazione tecnologica e

produttiva e proseguire con gli interventi in modo da contribuire a ridurre gli

impatti negativi del cambiamento climatico;

• “obiettivo 3: uno sviluppo territoriale equilibrato” che riesca a sostenere

l'occupazione rurale e che favorisca la diversità strutturale dei sistemi agricoli

migliorando le condizioni per le piccole aziende e per i mercati locali.

La PAC 2014-2020 si propone quindi non solo di fornire un sostegno pubblico al settore

agricolo e alle zone rurali, ma di contribuire a una crescita intelligente, sostenibile e

inclusiva attraverso l'aumento dell'efficienza delle risorse e il miglioramento della

competitività grazie alla conoscenza e all'innovazione tecnologica, ma anche

sviluppando prodotti di qualità e ad alto valore aggiunto che siano in grado di liberare il

potenziale economico delle zone rurali, sviluppando i mercati e l'occupazione locale.

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Tabella 2.1 Riferimenti normativi europei legati all'agricoltura sostenibile dal 1992 al 2009

ANNO RIFERIMENTO NORMATIVO PUNTI CHIAVE

1992 REGOLAMENTO CEE N. 2078/1992 relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione

dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale

Avviamento del regime di aiuti per l'introduzione o la continuazione di metodi di produzione compatibili alla tutela

dell'ambiente e delle risorse naturali

1999 REGOLAMENTO CE N. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di

orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti

Continuazione dei sostegni a coloro che avessero rispettato le misure agroambientali, ma anche l'estensivizzazione, la

protezione del suolo e del paesaggio

2003 REGOLAMENTO CE N. 1783/2003che modifica il regolamento (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di

orientamento e di garanzia (FEAOG)

Aggiunta al precedente Regolamento di un Capo riguardante la qualità alimentare dove viene esplicitato il sostegno e la

promozione ai metodi di produzione agricola intesi a migliorare la qualità dei prodotti

2005 REGOLAMENTO CE N. 1698/2005sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo

agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)

Continuazione della politica precedente riguardo l'ambiente e le sue risorse e la qualità alimentare

2009 DIRETTIVA CE N. 128/2009 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini

dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi

Implementazione della produzione integrata a livello comunitario con l'avvio dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi

per ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente e promuovendo l’uso della difesa integrata e di

approcci o tecniche alternativi, quali le alternative non chimiche ai pesticidi

2010 COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE n. 672. La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide

dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio.

Individuazione di obiettivi per il periodo 2014-2020 quali la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare, la gestione

sostenibile dell'ambiente e delle sue risorse e un equilibrato sviluppo del territorio e dell'economia

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2.3 IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE

I provvedimenti presi a livello europeo riguardanti la produzione integrata e l'agricoltura

sostenibile coinvolgono anche tutti gli Stati Membri portando numerose innovazioni,

ma anche possibili problematiche.

Con il Regolamento CEE n. 2078/1992 l'Unione affida agli Stati la responsabilità della

progettazione e la realizzazione degli interventi mirati all'ottenimento di metodi di

produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la

cura dello spazio naturale: in particolare in Italia viene lasciata la stesura dei progetti

alle Regioni causando però l'insorgere di alcuni problemi, ovvero che il fabbisogno

finanziario totale derivante dai singoli piani presentati andava a superare di due volte

l'importo stabilito dalla Commissione Europea; inoltre le amministrazioni regionali e

provinciali, avendo operato separatamente, avevano adottato delle norme tecniche molto

diverse tra di loro in particolare in materia di numero di principi attivi ammessi, numero

massimo di trattamenti e quantità massime di fertilizzanti da distribuire sulle diverse

colture, causando non pochi problemi alle aziende che si estendevano in regioni diverse

e che si vedevano quindi costrette ad applicare alla stessa coltivazione tecniche di difesa

differenti.

In più, a causa della rigidità nell'aggiornamento di queste norme, le imprese che

avevano scelto di applicare il Regolamento 2078 trovavano numerose complicazioni

nell'accedere all'uso di nuovi principi attivi o prodotti commerciali che potevano essere

di minor impatto ambientale rispetto alle sostanze ammesse.

Viste perciò le notevoli difficoltà sotto i diversi aspetti, nell'Agosto del 1996, il

Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali propone alla Commissione

Europea i “criteri per la definizione di norme tecniche di difesa e controllo delle

infestanti nell’ambito dell’applicazione della misura A del Regolamento CEE

2078/1992”, documento che prevedeva che tutte le norme tecniche fossero scelte in base

ai principi della lotta integrata e che fossero applicate a tutte le colture individuate dalla

misura in tutti gli ambiti regionali.

La Commissione, pronunciatasi con la Decisione 3864 del 30 Dicembre 1996, obbliga

quindi le regioni Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Provincia Autonoma

di Trento, Liguria, Sicilia, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Marche, Basilicata e

Toscana ad adeguarsi alle nuove norme entro il 1997, e riconoscendo ad un apposito

Comitato Nazionale, già istituito con Decreto Ministeriale 6750 del 5 Settembre 1996, il

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compito di valutare la correttezza delle norme di difesa fitopatologica proposte nei

disciplinari regionali.

La funzione del nuovo Comitato Tecnico Scientifico Nazionale era principalmente

quello di verificare la corrispondenza delle norme tecniche regionali (e delle Provincie

Autonome) con la Decisione della Commissione; inoltre esso si era proposto di stendere

un documento che raccogliesse tutte le norme che fino a quel momento erano state

approvate definendo così una sorta di quadro di riferimento nazionale per ognuna delle

colture coinvolte.

Nel 2005, in seguito al cambiamento delle norme comunitarie di riferimento, l'Italia

costituisce un nuovo Comitato che fosse in grado di sopperire ai nuovi compiti e

funzioni: con il Decreto Ministeriale 242/st del 2005 si istituisce il “Comitato difesa

integrata, con il compito di emanare le Linee Guida nazionali per la difesa integrata

delle colture agrarie, quale riferimento per la redazione delle relative norme tecniche di

difesa regionali, nell'ambito delle azioni promosse e finanziate dai Piani di Sviluppo

Rurale” (D.M. 242/st 31.01.2005, articolo 1).

Nel 2008 il Comitato difesa integrata viene rinominato Gruppo difesa integrata, tramite

il Decreto Ministeriale 2722 del 17 Aprile 2008, cioè un Gruppo tecnico specialistico

capace di elaborare in particolare criteri e Linee Guida nazionali ed esprimere le

conformità relative alla difesa fitosanitaria e al controllo delle infestanti; ad esso si

affiancano altri due Gruppi tecnici: il Gruppo tecniche agronomiche specializzato

nell'aspetto delle tecniche agronomiche, della fase post-raccolta, della trasformazione e

dell'immissione al consumo dei prodotti e il Gruppo tecnico qualità con il compito di

predisporre delle Linee Guida per la stesura di piani di controllo dalla fase produttiva

fino a quella della commercializzazione. Questi tre Gruppi vengono predisposti come

supporto al Comitato produzione integrata che invece ha il ruolo di approvare i principi

proposti ed, eventualmente, proporre delle modifiche in seguito al monitoraggio del

mercato, dell'impatto ambientale e dei bisogni dei consumatori.

In conformità al recente Decreto Legislativo n. 150 del 14 Agosto 2012 riguardante

“l'attuazione della Direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione

comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi” è stato istituito anche un

Consiglio tecnico-scientifico sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e viene steso ed

adottato entro il 26 Novembre 2012 il Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei

prodotti fitosanitari il quale “definisce gli obiettivi, le misure, le modalità e i tempi per

la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari sulla salute

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umana, sull’ambiente e sulla biodiversità. Il Piano, inoltre, promuove lo sviluppo e

l’introduzione della difesa integrata e di metodi di produzione o tecniche di difesa

alternativi, al fine di ridurre la dipendenza dai prodotti fitosanitari, anche in relazione

alla necessità di assicurare una produzione sostenibile, rispondenti ai requisiti di qualità

stabiliti dalle norme”.

Nello specifico vengono poi definiti tre possibili livelli di applicazione sostenibile dei

pesticidi:

• difesa integrata obbligatoria che “prevede l’applicazione di tecniche di

prevenzione e di monitoraggio delle infestazioni e delle infezioni, l’utilizzo di

mezzi biologici di controllo dei parassiti, il ricorso a pratiche di coltivazione

appropriate e l’uso di prodotti fitosanitari che presentano il minor rischio per la

salute umana e l’ambiente” (Decreto Legislativo n. 150/2012, articolo 19) dal

1° Gennaio 2014 da parte di tutti gli utilizzatori professionisti;

• difesa integrata volontaria che “rientra nella produzione integrata così come

definita dalla Legge 3 febbraio 2011 n. 4, recante disposizioni in materia di

etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari con particolare riferimento al

Sistema di qualità nazionale di produzione integrata” (Decreto Legislativo n.

150/2012, articolo 20);

• agricoltura biologica che prevede l’applicazione delle tecniche disciplinate dal

Regolamento CE n. 834/2007.

Tre sono anche gli attori coinvolti nel Piano, abbozzato nel Novembre 2012, dove

vengono individuati per ognuno ruoli e competenze: in particolare il Ministero delle

Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) deve definire delle Linee Guida

nazionali per la difesa integrata ma anche promuovere la ricerca, lo scambio di

informazioni e realizzare sistemi di previsione e avvertimento sullo sviluppo delle

avversità e dei patogeni.

Le Regioni e le Province autonome invece devono potenziare i servizi d'informazione e

comunicazione prestando attenzione soprattutto all'organizzazione o alla

riorganizzazione dell'assistenza tecnica e la consulenza delle aziende agricole sulla

difesa fitosanitaria; da parte delle aziende è necessaria la conoscenza delle soglie di

intervento e delle strategie antiresistenza, l'accesso ai bollettini territoriali e ai manuali

di difesa integrata, ma anche alla rete di monitoraggio presente nel proprio territorio.

Come stabilito dal Piano, ma già utilizzata come pratica dal 2008, sono state definite le

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Linee Guida nazionali per la produzione integrata che, ogni anno, periodicamente,

vengono aggiornate e si pongono alla base per la stesura di tutti i disciplinari regionali

di produzione integrata.

Queste Linee Guida si dividono in due aree tematiche: la difesa integrata e le tecniche

agronomiche.

La prima area, gestita del Comitato difesa integrata, si occupa della difesa fitosanitaria e

del controllo delle infestanti: attraverso delle schede specifiche per ogni coltura

vengono presentate delle strategie che possono differenziarsi a seconda se si tratta di

una coltivazione in pieno campo o in serra (protette); tuttavia sono presenti anche delle

norme comuni che comprendono misure che devono essere adottate per tutte le tipologie

produttive ad esempio riguardanti la concia delle sementi, lo smaltimento delle scorie,

l'utilizzo di sostanze microbiologiche, ma anche vincoli e consigli nella scelta dei

prodotti fitosanitari e sostanze attive che, in seguito a revisione, possono essere state

revocate. I criteri utilizzati per la definizione di queste norme tecniche di difesa e di

controllo si basano sulla Decisione UE 3864 del 30 Dicembre 1996 e fanno riferimento,

in particolare, ai principi fondamentali per la difesa dei fitofagi, per la difesa delle

malattie, per il controllo delle infestanti, ma anche sull'individuazione e sulla selezione

qualitativa dei mezzi di difesa con l'ottimizzazione delle quantità e delle modalità di

distribuzione. Oltre alla difesa e al controllo integrato, all'interno delle Linee Guida

nazionali, sono presenti anche i “principi e criteri generali per le pratiche agronomiche

della produzione integrata”, stilati dal Gruppo tecniche agronomiche, che prevedono

norme mirate per tutte le fasi, dalla coltivazione fino alla raccolta delle colture. In modo

particolare viene posta l'attenzione ad esempio alla scelta varietale, alla sistemazione e

preparazione del suolo, all'avvicendamento colturale, ma soprattutto sono stabilite più

specifiche linee guida per l'irrigazione e la fertilizzazione. L'obiettivo individuato per

quanto riguarda l'irrigazione è il soddisfacimento del fabbisogno idrico della coltura

evitando allo stesso tempo lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo

di avversità. Si ritiene quindi necessario da parte delle aziende l'elaborazione di un

piano dove vengano stabiliti i volumi e le modalità di distribuzione, ma vi è anche la

necessità di tenere sotto controllo il profilo qualitativo dell'acqua per evitare l'impiego

di acque saline o contaminate microbiologicamente o chimicamente. Anche per quanto

riguarda la fertilizzazione vengono individuate delle indicazioni di carattere generale

come la necessità di analizzare il terreno per riuscire a stendere un piano razionale di

utilizzo di fertilizzanti, ma anche individuare i fabbisogni dei macroelementi della

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coltura (azoto, fosforo e potassio); tuttavia sono resi disponibili dei livelli standard di

impiego da prendere come riferimento in condizioni ritenute ordinarie di resa

produttiva, di fertilità del suolo e di condizioni climatiche.

Attualmente le colture per le quali può essere utilizzato il metodo di produzione

integrata, e quindi l'obbligo di rispetto delle Linee Guida nazionali sono: diciotto per le

frutticole (fragola, melo, olivo, vite...), cinque per le produzioni a guscio (noce,

pistacchio...), cinque per i piccoli frutti (lampone, mirtillo...), sei per le orticole varie

(asparago, carota...), quattro per le colture a bulbo, cinque per le cucurbitacee, sei per le

solanacee, quattro per i cavoli, dieci per le coltivazioni a foglia (basilico, lattuga,

prezzemolo...), quattro per le insalate, sette per le colture protette (IV gamma), undici

per le leguminose, diciassette per le colture erbacee (prati, riso, tabacco...), tredici per

quelle da seme (girasole, pisello, soia...), funghi e floricole ornamentali per un totale di

117 colture coinvolte (Rete Rurale Nazionale, 2013)

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Tabella 2.2 Evoluzione degli Organismi responsabili per la produzione integrata in Italia

ANNO ORGANISMO NORMATIVA DI RIFERIMENTO

1996 Comitato Tecnico Scientifico Nazionale Decreto Ministeriale 6750 del 5 Settembre 1996

2005 Comitato difesa integrata Decreto Ministeriale 242/st del 31 Gennaio

2005

2008 Comitato produzione integrata a capo dei tre gruppi:

Gruppo difesa integrataGruppo tecnico qualità

Gruppo tecniche agronomiche

Decreto Ministeriale 2722 del 17 Aprile

2008

2011 Sistema di qualità nazionale per la produzione integrata

Legge n.4 del 3 Febbraio 2011

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3. IL QUADRO NORMATIVO PER LA VALORIZZAZIONE SUL

MERCATO

3.1 IL QUADRO NORMATIVO COMUNITARIO

Il concetto di qualità si è notevolmente sviluppato in questi ultimi tempi grazie alla

crescente sensibilità dei consumatori finali che hanno iniziato ad intendere in modo più

ampio questo termine: in modo particolare sotto il profilo alimentare, inteso come

l'insieme delle caratteristiche positive del prodotto quali ad esempio quelle

organolettiche e nutrizionali, ma anche sotto il profilo sociale e ambientale chiedendo

un consumo più razionale delle risorse e una valorizzazione del territorio.

Questa tematica, in continua evoluzione e rinnovamento, coinvolge i mercati di tutta

l'Unione Europea, del territorio italiano e regionale: nello specifico la Commissione

Europea nel Dicembre 2010 ha affrontato una serie di questioni tramite alcune

Comunicazioni che sono state raccolte e denominate con il termine “Pacchetto Qualità”.

Il “Pacchetto”, composto da quattro diversi documenti, prevede la Comunicazione

(2010) 733 contenente la proposta di un nuovo Regolamento sui regimi di qualità

(emanato poi nel 2012), la Comunicazione (2010) 738 per semplificare l'adozione di

norme di commercializzazione al fine di migliorare le condizioni economiche di

produzione e commercializzazione dei prodotti agricoli, la Comunicazione (2010/C)

341/04 riguardo ai nuovi orientamenti sulle buone pratiche applicabili ai sistemi di

certificazione volontaria e la Comunicazione (2010/C) 341/03 inerente gli orientamenti

sull'etichettatura dei prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti prodotti a

denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta.

Nello specifico nel nuovo Regolamento UE n. 1151/2012, approvato nel mese di

Novembre a partire dalla Comunicazione 733, il Parlamento Europeo considerando la

qualità e la varietà della produzione agricola come un punto di forza e un vantaggio

competitivo per i produttori dell'Unione, ma anche come parte integrante del patrimonio

culturale e gastronomico, ha ritenuto necessario “aiutare i produttori di prodotti agricoli

e alimentari a comunicare agli acquirenti e ai consumatori le caratteristiche e le

modalità di produzione agricola di tali prodotti garantendo una concorrenza leale per gli

agricoltori e i produttori di prodotti agricoli e alimentari aventi caratteristiche e

proprietà che conferiscono valore aggiunto” (Regolamento UE n. 1151/2012, articolo

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1); inoltre, sempre tramite questo Regolamento, l'Unione ha voluto rispondere alla

richiesta da parte dei cittadini e dei consumatori di qualità e prodotti tradizionali dalle

caratteristiche specifiche riconoscibili inserendo come obiettivo anche “la disponibilità

per i consumatori di informazioni attendibili e l'integrità del mercato intero”

(Regolamento UE n. 1151/2012, articolo 1).

Negli articoli seguenti vengono descritti i vari regimi di qualità quali le denominazioni

di origine protetta, le indicazioni geografiche protette e le specialità tradizionali

garantite innovando in modo particolare le procedure di registrazione comune,

puntualizzando le relazioni tra marchi e i requisiti necessari.

Sono state introdotte anche le indicazioni facoltative di qualità quale “regime per

agevolare la comunicazione, da parte dei produttori, nel mercato interno delle

caratteristiche o proprietà dei prodotti agricoli che conferiscono a questi ultimi valore

aggiunto” (Regolamento UE n. 1151/2012, articolo 27) ponendo come criteri che

l'indicazione, di dimensione europea, si riferisca a una caratteristica o ad una modalità

di produzione o di trasformazione agricola applicabili in zone specifiche conferendo

valore al prodotto rispetto ai prodotti simili; e nello specifico sono state istituite

l'indicazione “prodotto di montagna” e “prodotto dell'agricoltura delle isole”.

Il tema dei regimi facoltativi di certificazione è stato approfondito invece tramite la

Comunicazione della Commissione 2010/C 341/04 appartenente sempre al “Pacchetto

Qualità”: la finalità di questi orientamenti, soprattutto indirizzati a coloro che elaborano

i regimi e agli operatori, è quella di “contribuire a migliorare la trasparenza, la

credibilità e l'efficacia dei regimi di certificazione facoltativi e a garantire che questi

non siano in contrasto con le disposizioni regolamentari” (punto 1.2, Comunicazione

2010/C 341/04), puntando soprattutto ad evitare confusione nel consumatore, a ridurre

gli oneri amministrativi e finanziari per i produttori e a garantire la conformità alle

norme del mercato UE e ai principi in materia di certificazione.

Nell'introduzione proposta della Comunicazione viene specificato come questi regimi

(441 contati nel 2010), che necessariamente devono essere chiari, dettagliati e

comprensibili, comprendano una vasta gamma di iniziative diverse che operano in

molteplici punti della filiera alimentare: nello specifico essi possono agire a livello

business-to-business (B2B), cioè da impresa a impresa, oppure a livello business-to-

consumer (B2C) ovvero da impresa a consumatore.

Nel primo caso l'adozione di regimi di certificazione, come ad esempio quelli proposti

da GLOBALG.A.P. o da BRC (British Retail Consortium), vengono giustificati dal fatto

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che sempre più i grandi operatori si affidano a questi per verificare che un prodotto

soddisfi i requisiti e per tutelare la loro reputazione e responsabilità in caso di problemi

a livello di sicurezza dei prodotti alimentari; mentre nel secondo caso le certificazione si

sono affermate in risposta alla richiesta espressa a livello sociale di prodotti o processi

di produzione aventi determinate caratteristiche.

In ogni caso questi regimi di certificazione devono attenersi alle norme relative al

mercato interno, alla concorrenza e alle regole sulla partecipazione dello Stato ai regimi,

assicurando che quelli sostenuti da organismi pubblici non comportino “restrizioni

basate sull'origine nazionale dei produttori ed ostacolare altrimenti il mercato unico”

(punto 3.1, Comunicazione 2010/C 341/04).

Altra caratteristica fondamentale riguarda la partecipazione al regime che deve

prevedere l'apertura, la trasparenza e la non discriminazione nei confronti di tutti coloro

che desiderano e che possono rispettare il disciplinare; inoltre i regimi “devono avere

una struttura di sorveglianza che permetta a tutte le parti interessate della catena

alimentare di contribuire allo sviluppo del regime e al processo decisionale in modo

rappresentativo ed equilibrato” (punto 4.2, Comunicazione 2010/C 341/04).

Come emerge dall'inventario prodotto da Areté per la Direzione Generale Agricoltura

nel 2010, i regimi di certificazione sono veramente molto numerosi e prevedono una

vasta quantità di tematiche: come da Figura 3.1, considerando i ventisette Paesi UE,

esistono più di 580 diversi regimi di certificazione tenendo conto solamente dei prodotti

carnei, della frutta, della verdura e dei prodotti legati al latte.

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193

153

94 86 87

3761

Figura 3.1 Numero di regimi di certificazione per tipologia di prodotti nei 27 Paesi UE

Fonte: Areté per DG Agri, 2010

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Analizzando poi le tematiche dei diversi regimi (vedi Figura 3.2) è possibile vedere

come sia grande la varietà di aspetti che oggi sono particolarmente sentiti dalle imprese

e dai consumatori stessi: si passa dal tema ambientale agli aspetti di salute e sicurezza

degli alimenti, non tralasciando le questioni legate al benessere animale, alle condizioni

socio-economiche dei produttori e alla tradizionalità.

La produzione integrata nello specifico conta 47 regimi di certificazione i quali, solo dal

2010, hanno potuto raggiungere una maggiore omogeneità grazie alla Comunicazione

2010/C 341/04 che, nonostante non debba essere considerata “come un'interpretazione

giuridica della normativa UE”, ha permesso l'indicazione delle migliori pratiche per

l'attuazione dei regimi dando un orientamento su come evitare di ingenerare confusione

nei consumatori, su come ridurre gli oneri amministrativi e finanziari e su come

garantire la conformità alle norme del mercato interno dell'UE e ai principi in materia di

32

Figura 3.2 Numero di regimi di certificazione per tipologia di tematica considerata nei 27 Paesi UE

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

124

158

61

98

67

84

47

67

49

1

26

80

5144

Fonte: Areté per DG AGRI, 2010

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certificazione (Comunicazione 2010/C 341/04).

Nonostante la presenza di queste linee guida legate ai regimi facoltativi di

certificazione, fino ad oggi, la maggioranza dei prodotti provenienti da agricoltura

integrata hanno visto l'utilizzo di regimi a livello B2B oppure di marchi privati.

Nel caso delle certificazioni B2B legate alla produzione integrata troviamo, fin dal 2007

e attualmente aggiornata al 2009, la norma UNI 11233 "Sistemi di produzione integrata

nelle filiere agroalimentari - Principi generali per la progettazione e l’attuazione nelle

filiere vegetali”, la quale si può applicare a tutti i vegetali destinati al consumo umano o

animale, compresi i prodotti trasformati dove è possibile comunicare questa

certificazione tramite la rintracciabilità. Essa presenta come punti di forza, oltre alla

conformità con il Pacchetto Igiene (Regolamento CE 852/2004), anche la possibilità di

integrazione con altri standard quali GLOBALG.A.P. e ISO 22005 “Sistema di

rintracciabilità nella filiera alimentare e mangimistica”; tuttavia è necessario considerare

che queste attestazioni portano un miglioramento a livello di filiera produttiva, ma non

permettono un riconoscimento e una valorizzazione da parte del consumatore finale.

Per questo motivo si sono affacciati fino ad oggi sul mercato soprattutto marchi privati

allo scopo di autocertificare l'utilizzo del metodo di produzione integrata, prendendo

vantaggio rispetto a quelli collettivi pubblici in quanto quest'ultimi hanno incontrato

diverse difficoltà a causa della mancanza di armonizzazione di norme, ma anche per

quanto riguarda il rispetto della caratteristica di apertura del sistema. Queste

motivazioni, che spesso hanno causato complicazioni di mercato e ostacoli all'interno

della filiera produttiva soprattutto a livello della Grande Distribuzione Organizzata

(GDO), si pongono alla base della difficoltà di implementazione di questo sistema di

certificazione che solamente negli ultimi tempi sta prendendo piede con maggiore forza

grazie alla risoluzione di queste problematiche.

3.2 IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE

Se a livello comunitario la Comunicazione 2010/C 341/04 si pone come base di

partenza per la stesura di regimi di certificazione omogenei, anche a livello italiano si

sono effettuate diverse innovazioni per permettere una maggiore valorizzazione di

questi prodotti.

Con il compito di garantire standard qualitativi superiori a quelli correnti e di assicurare

“che le attività agricole e zootecniche siano esercitate in conformità a norme tecniche di

33

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produzione integrata” il Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, istituito

con la Legge n. 4 del 3 Febbraio 2011 riguardante le disposizioni in materia di

etichettatura e di qualità dei prodotti, è l'organismo di più recente fondazione legato

all'agricoltura integrata a livello nazionale. All'interno della stessa Legge viene

sottolineato, come indicato dall'Unione Europea, che l'adesione al Sistema è volontaria

ed aperta a tutti coloro che applicano i principi della produzione integrata e che si

sottopongono ai controlli stabiliti effettuati da organismo terzi; i prodotti conformi

potranno poi avvalersi di uno specifico segno distintivo il quale il Ministero delle

Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha deciso di scegliere tra tutti i loghi e i nomi

pervenuti in seguito al concorso “un logo e un nome per la produzione integrata”,

bandito nel Settembre 2011. Il logo, rispondente in modo migliore all'identificazione dei

prodotti alimentari ottenuti mediante questa tipologia produttiva, e il nome prescelto

come possibile sostituto della dicitura “produzione integrata”, mostrati in Figura 3.3 e

Figura 3.4, sono stati ideati rispettivamente da Laura Grizzer (Milano) e Marino Pilati

(Umbertide, PG).

34

Figura 3.3 Primo classificato al concorso “un logo e un nome per la produzione integrata” per la categoria “logo” con il punteggio di 73/100

Fonte: MIPAAF, 2012

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Ulteriormente alle Linee Guida Nazionali per la produzione integrata, approfondite nel

capitolo 2.3, è stato approvato nel Marzo 2012 dal Comitato produzione integrata un

documento contenente le modalità di adesione al Sistema di qualità nazionale e le Linee

Guida per la redazione dei piani di controllo della produzione integrata.

Viene definito, ad esempio, la possibilità di aderire al Sistema da parte degli operatori

agricoli in forma singola o associata, ma anche trasformatori e distributori (nel caso di

prodotto commercializzato sfuso), con la possibilità di partecipare anche per una sola

coltura; inoltre vengono esplicitate le ispezioni alla quale l'azienda accetta di essere

sottoposta da parte degli Organismi di controllo autorizzati, ma allo stesso tempo viene

marcata la necessità di possedere un piano di autocontrollo continuo che permetta così

all'azienda di gestire adeguatamente e correggere eventuali non conformità, evitando

l'attribuzione di penalità; quest'ultimo punto riguardante le non conformità viene poi

espanso, all'interno del documento, prevedendo una classificazione a seconda della

gravità e una delucidazione riguardo la loro gestione. Altro aspetto trattato riguarda la

tracciabilità del prodotto appartenente al Sistema di qualità: essa deve essere assicurata

35

Figura 3.4 Primo classificato al concorso “un logo e un nome per la produzione

integrata” per la categoria “nome” con il punteggio di 53/100

Fonte: MIPAAF, 2012

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dalla produzione alla commercializzazione dei prodotti che devono essere in maniera

idonea separati dall'altra merce e distinti, previa autorizzazione degli Organismi di

controllo, mediante l'apposito marchio che può eventualmente coesistere con altri

presenti, purché non generi confusione nel consumatore.

3.3 IL QUADRO NORMATIVO REGIONALE

La Regione del Veneto, in conformità alle norme comunitarie in tema di sviluppo rurale,

nel 2001 istituisce con la Legge Regionale 31 Maggio 2001 n. 12, modificata poi dalla

Legge Regionale 19 Marzo 2009 n. 9, un sistema di qualità con lo scopo di promuovere

e valorizzare i prodotti agricoli, zootecnici, ittici e silvo-pastorali, ma anche favorire

“iniziative di commercializzazione e di immagine di prodotti agricoli e agro-alimentari

che garantiscono, sotto il profilo qualitativo, una maggiore tutela dei consumatori”

(Legge regionale 31 maggio 2001 n. 12, articolo 1).

In particolare viene previsto da parte della Giunta Regionale l'utilizzo di un marchio di

qualità a carattere collettivo per l'identificazione dei prodotti che rispondono a diversi

requisiti: alla base si pone l'utilizzo di “metodi di ottenimento che garantiscono

caratteristiche specifiche, compresi i processi di produzione, oppure una qualità del

prodotto finale significativamente superiore alle norme commerciali correnti in termini

di sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali o tutela

ambientale” (Legge regionale 31 maggio 2001 n. 12, articolo 2); questi metodi vengono

descritti e regolamentati da disciplinari di produzione specifici il cui rispetto viene

verificato da un Organismo di controllo indipendente.

Viene in seguito specificato che questo sistema di qualità “è trasparente e assicura una

tracciabilità completa dei prodotti”, inoltre esso è in grado di “rispondere agli sbocchi di

mercato attuali o prevedibili”, è aperto a tutti i produttori e prevede l'applicazione dei

principi della produzione integrata.

L'uso del marchio viene concesso per i singoli prodotti su richiesta delle imprese che

possono agire sia a livello della produzione primaria che della lavorazione, ma anche

della trasformazione e della commercializzazione e possono essere sia individuali che

collettive. Oltre al logo, per i prodotti idonei, deve essere apposta in etichetta la dicitura

“marchio di qualità tutelato dalla Regione Veneto”.

36

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Una prima proposta di marchio è stata approvata con la Deliberazione della Giunta

Regionale n. 2957 nel Novembre del 2001 con la denominazione “Qualità Certificata –

Veneto”, la quale è stata poi nel tempo rivista al fine di aumentarne l'efficacia

comunicativa; in seguito quindi ad un'attività di studio e progettazione si è arrivati

all'elaborazione di una proposta di marchio, presentata con la Deliberazione della

Giunta Regionale n. 3266 del Novembre 2009, con il nuovo appellativo di “Qualità

Verificata” accompagnato da una declinazione in quattro colori rappresentanti le

principali filiere produttive.

Nel Manuale di Identità Visiva, allegato allo stesso provvedimento, vengono identificati

come obiettivi chiave la necessità di rappresentare e trasmettere attraverso il logo

“l'istituzionalità a garanzia di qualità della certificazione, la dinamicità dei controlli

sempre costanti e attivi e la naturalità dei prodotti su cui si effettua la verifica”

(Manuale di Identità Visiva, pagina 2): attraverso quindi un “corretto equilibrio fra la

sua componente simbolica e la parte tipografica”, sintetizzabile anche dalla sigla QV, il

marchio risulta più facilmente comprensibile e memorizzabile, ma anche perfettamente

leggibile e riconoscibile anche quando riprodotto in dimensioni molto piccole. Inoltre

esso “è stato declinato in un sistema cromatico che ne consente un utilizzo differenziato

nei vari settori legati alla tipologia delle filiere produttive”: verde per il settore dei

prodotti vegetali, rosso per il settore delle carni, blu per i prodotti del settore ittico e

azzurro per i prodotti del settore lattiero-caseario. Nella stessa Deliberazione viene

approvato, oltre al Manuale, anche il Regolamento d'uso del marchio “Qualità

Verificata” dove vengono indicati i soggetti che possono presentare la richiesta di

utilizzo, le modalità di impiego e le eventuali sanzioni in caso di violazione delle norme

presenti.

In particolare, all'interno del contesto del marchio Qualità Verificata, la caratteristica

che va a contraddistinguere i prodotti di origine vegetale, e che permette l'attribuzione

del logo verde (Figura 3.5), consiste nel rispetto delle tecniche dell'agricoltura integrata,

stabilite da specifici disciplinari di produzione regionali.

Attualmente la Giunta Regionale, dopo aver acquisito il parere della Commissione

Consiliare competente, ha approvato quarantotto disciplinari, in particolare ventisette

per le colture orticole, otto per le frutticole, due per i funghi coltivati, tre per le colture

floricole e quattro per quelle cerealicole e industriali. Questi stessi disciplinari godono

anche della conformità del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per

il Sistema di qualità nazionale per la produzione integrata in quanto costruiti sulla base

37

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delle Linee Guida Nazionali per la produzione integrata: quindi i produttori che

aderiscono al marchio regionale possono utilizzare direttamente anche quello nazionale.

L'ultimo aggiornamento riguardo le Linee Tecniche di difesa integrata, stabilite

dall'Unità Periferica Servizi Fitosanitari con approvazione del Gruppo Difesa Integrata,

è stato effettuato nell'Aprile 2013: esse si sviluppano in modo simile a quelle nazionali

prevedendo l'uso di schede specifiche per singola coltura dove vengono riportate le

avversità, i criteri di intervento, le sostanze attive, gli organismi ausiliari e le eventuali

limitazioni di utilizzo; vengono poi puntualizzate delle regole riguardanti le macchine

distributrici di prodotti fitosanitari, dove ne viene trattata la scelta, la manutenzione, la

gestione e il controllo, ma vengono presi in considerazione anche l'impiego dei

dispositivi di protezione individuale e lo smaltimento delle confezioni.

L'ultima tappa verso la quale si è avviato il marchio QV, alla fine del 2012, è stata

l'approvazione di massima della Commissione Europea per la verifica finale della

compatibilità delle Legge Regionale, delle Disposizioni, dei disciplinari vegetali di

produzione integrata, dei disciplinari zootecnici, del Manuale di Identità Visiva e del

Regolamento d'uso con le normative comunitarie la quale è stata ottenuta a metà 2013

con pochi rilievi formali già risolti che fanno prevedere la piena operatività del Sistema

dall'autunno 2013.

Norme e caratteristiche diverse rispetto ai prodotti vegetali, quindi non legate alla

produzione integrata, contraddistinguono invece il settore lattiero-caseario e della carne

che, in seguito alle proposte effettuate dalle principali associazioni di produttori e

imprese della filiera regionale, tramite la Deliberazione n. 1551 del Settembre 2011

della Giunta Regionale, ha ottenuto il permesso di poter accedere e partecipare al

Sistema di Qualità Verificata: è stato infatti “approvato il nuovo testo delle disposizioni

che disciplinano l'adesione degli operatori al sistema "Qualità Verificata" e

l'autorizzazione degli organismi di controllo e del modello di domanda da utilizzarsi per

tale autorizzazione” in quanto le Deliberazioni precedenti non contenevano “alcun

riferimento alle imprese e alle produzioni del settore zootecnico, in quanto i disciplinari

di produzione del sistema QV fino ad oggi approvati dalla Giunta regionale hanno

riguardato esclusivamente il settore vegetale, ed il comparto ortofrutticolo in

particolare” (Deliberazione della Giunta Regionale n. 1551 del 27 Settembre 2011).

Sono stati quindi finora approvati solo in Giunta Regionale, tramite la Deliberazione n.

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763 del Maggio 2012, anche quattro disciplinari riguardanti il settore zootecnico nello

specifico tre per le carni (coniglio, vitello e vitellone) e uno per il lattiero-caseario (latte

crudo e alimentare vaccino). Anche in questo caso i disciplinari animali sono stati

redatti seguendo le Linee Guida Nazionali per i disciplinari zootecnici, istituite

nell'Ottobre 2011, per i quali però attualmente non esiste una procedura per valutare la

conformità al Sistema di qualità nazionale zootecnia.

39

Figura 3.5 Il marchio “Qualità Verificata” per i prodotti vegetali

Fonte: Regione Veneto, 2013

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Tabella 2.4 Successione delle norme regionali riguardanti il marchio Qualità Verificata dal 2001 al 2013

ANNO RIFERIMENTI NORMATIVI PUNTI CHIAVE

2001 Legge Regionale 31 Maggio 2001 n. 12 Istituzione di un sistema di qualità regionale con lo scopo di promuovere e valorizzare i prodotti

agricoli, zootecnici, ittici e silvo-pastorali garantendo, sotto il profilo qualitativo, una

maggiore tutela dei consumatori

2001 Deliberazione della Giunta Regionale n. 2957 del 9 Novembre 2001

Prima proposta di marchio denominato “Qualità Certificata – Veneto”

2009 Legge Regionale 19 Marzo 2009 n. 9 Modifica della precedente Legge Regionale per allinearsi alle norme nazionali

2009 Deliberazione della Giunta Regionale n. 3266 del 3 Novembre 2009

Proposta di nuovo marchio denominato “Qualità Verificata”, del Manuale di Identità Visiva e del

Regolamento d'uso

2011 Deliberazione della Giunta Regionale n. 1551 del 27 Settembre 2011

Approvazione del nuovo testo delle disposizioni che disciplinano l'adesione degli operatori al

sistema "Qualità Verificata" per permettere anche alle imprese del settore zootecnico di partecipare

2013 Linee Tecniche di difesa integrata – Disciplinari vegetali Aggiornamento dei disciplinari del settore vegetale dei quarantotto approvati

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4. LA DIFFUSIONE DELLA PRODUZIONE INTEGRATA

4.1 LA PRODUZIONE INTEGRATA IN EUROPA

Nonostante i provvedimenti presi a livello europeo, e quindi con il coinvolgimento di

tutti gli Stati Membri, non esistono ancora delle vere e proprie Linee Guida comunitarie

riguardanti la produzione integrata, perciò si assiste ancora alla presenza di disciplinari

validi a livello nazionale, regionale o stabiliti da associazioni di produttori o dalla

grande distribuzione. Questo potrebbe in parte spiegare il motivo per la quale esistono

delle grandi variazioni di applicazione, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo,

tra i vari Membri: come rilevato da Agra CEAS Consulting per la Direzione Generale

Ambiente della Commissione Europea nel 2002 (quindi prima dell'applicazione della

Direttiva CE 128/2009 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini

dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi) il Regno Unito è lo Stato che, indicativamente,

presenta una più grande area coltivata mediante tecniche di difesa integrata, anche se

Danimarca e Austria, in proporzione alla superficie coltivabile totale, presentano una

percentuale più elevata.

Ciò nonostante, negli ultimi tempi, tutti i Paesi europei stanno lavorando per

l'applicazione di nuove regole e norme che permettano loro di uniformarsi

all'introduzione dell'utilizzo sostenibile obbligatorio dei pesticidi come emanato dalla

Direttiva CE 128/2009.

In particolare nel campo ortofrutticolo, come riportato nella “Guida alla produzione

integrata 2013” redatta dall'Assemblea delle Regioni Europee Frutticole, Orticole e

Floricole (A.R.E.F.L.H), si stanno promuovendo numerose iniziative.

Ad esempio in Francia l'agricoltura integrata, sviluppatasi già da diversi anni, ha

recentemente istituito dei disciplinari produttivi per diversi prodotti come per mele e

pere alle quali è stato anche associato il marchio “Frutteto Eco-responsabile” (“vergers

écoresponsables”) (Figura 4.1).

Anche per pomodori e cetrioli sono stati stilati dei disciplinari che, ad oggi, coinvolgono

1.000 produttori in tutta la Francia con una produzione di 250.000 t di pomodori l'anno

e di 60.000 t di cetrioli l'anno che, sottoposti a rigorosi controlli qualitativi, possono

fregiarsi del marchio “Pomodoro di Francia” (“Tomate de France”) e “Cetriolo di

Francia” (“Conconbers de France”) (Cestaro, 2013).

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Anche in Slovenia mele e pere, e in generale tutta la produzione di frutta e verdura,

seguono le linee della produzione integrata: nel 2007 infatti 56.900 ha, più di un quarto

dell'area coltivabile, sono stati lavorati secondo specifiche regole stabilite; nello stesso

anno 6.041 aziende sono riuscite ad ottenere la certificazione per questo di tipo di

agricoltura (Kuhar e Juvancic, 2010).

In Spagna la produzione integrata (Figura 4.2) invece si è sviluppata in modo sensibile a

partire dal 2002 quando sono state pubblicate per la prima volta a livello nazionale delle

norme riguardanti questo tema, nonostante comunque questa pratica fosse conosciuta e

utilizzata già da alcune Comunità Autonome fin dal 1993.

Secondo i dati del 2012 questo Stato conta 803.476 ha di terreni coltivati secondo il

metodo della produzione integrata, dei quali 395.476 ha occupati da ulivi e 67.697 ha da

risaie (Cestaro, 2013).

Anche in Belgio l'utilizzo della produzione integrata risale agli inizi degli anni Novanta,

ma è proprio negli ultimi tempi che essa si sta diffondendo e diventando sempre più

apprezzata da agricoltori e consumatori: nel 2012 è stato istituito il nuovo marchio

“Responsabilmente Fresco” (“Responsibly Fresh”) (Figura 4.3) che viene apposto a tutti

i prodotti del comparto ortofrutticolo che rispettano i concetti di agricoltura sostenibile

per dare un prodotto che sia a basso impatto ambientale e di più elevata qualità.

L'Austria, con circa due milioni di ettari coltivati secondo sistemi di produzione

rispettosi dell'ambiente, tra i quali prevedono anche l'applicazione della produzione

integrata per ciliegie, patate, frutta, verdura, vite e luppolo, si pone tra i primi Stati

dell'Unione per l'utilizzo di queste pratiche: 114.508 aziende, che gestiscono l'89%

dell'area agricola utilizzabile, partecipano in modo volontario al programma agro-

ambientale detto ÖPUL che fa parte del piano per lo sviluppo delle zone rurali

(Lebensministerium, 2013).

Altri Stati, invece, come la Grecia, che si sono recentemente avvicinati a questo sistema,

prevedono ancora una bassa percentuale di terreni coltivabili che aderiscono a questo

tipo di agricoltura: in particolare la penisola greca, nel 2003, contava 12.556 ha gestiti

secondo i metodi della produzione integrata, cioè l'equivalente di circa lo 0,36%

dell'area agricola totale, dei quali il 58% impiegati per la coltivazione di alberi di pesco.

Anche il Portogallo, che ha iniziato dal 2005 a sviluppare questa tematica, conta

attualmente una più bassa percentuale di adesione (circa il 19%) rispetto agli altri

Membri (Figura 4.4) (Theocharopoulos et al., 2007)

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Figura 4.1 Il marchio francese “Frutteto Eco-responsabile” apposto alle mele

prodotte secondo i metodi della produzione integrata

Figura 4.4 Il marchio portoghese per gli alimenti da produzione

integrata

Figura 4.2 Il marchio spagnolo che contrassegna i prodotti ottenuti mediante produzione integrata

Figura 4.3 Il marchio belga per i prodotti ortofrutticoli in armonia con i principi della produzione

integrata

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4. 2 LA PRODUZIONE INTEGRATA IN ITALIA

44

Percentuale di aziende con agricoltura integrata

Figura 4.5 Aziende con agricoltura integrata / aziende totali in riferimento all'anno 2007

Fonte: MIPAAF e Rete Rurale Nazionale, 2011

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“Gli agricoltori italiani in questi anni hanno posto grande attenzione e hanno promosso

con convinzione i valori della produzione integrata. Un uso sostenibile di tutti i mezzi

tecnici a disposizione rappresenta un patrimonio condiviso che ha portato negli ultimi

vent'anni ad un grosso passo in avanti in termini di qualità. Se in Europa la media di

residui irregolari è pari al 3,5%, in Italia è solo dello 0,8%. Questo testimonia il grande

lavoro e l'impegno costante di tutto il nostro sistema di produzione” (Bruni, 2011).

Il settore dell'ortofrutta, in particolare, è infatti quello che ha subito un maggiore

sviluppo nel campo dell'agricoltura integrata: nello specifico prevede 478.833 ha

finanziati nell'ambito del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) ed altri 115.901 ha

sottoposti alle strategie ambientali delle Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM)

Ortofrutta per un totale di 594.734 ha (Zaccarini Bonelli, 2013).

Il Programma di Sviluppo Rurale e i Programmi Operativi dell'Organizzazione Comune

di Mercato (OCM) Ortofrutta sono infatti le due fonti principali di finanziamento della

produzione integrata che a livello nazionale coesistono anche se questo ha “reso

necessario individuare delle norme per garantire la coerenza, intesa come

complementarietà e demarcazione delle attività finanziate dai due regimi di aiuto”

(Zaccarini Bonelli, 2013). E' presente quindi un gruppo di Regioni (Veneto, Friuli

Venezia Giulia, Puglia e le Province Autonome di Trento e Bolzano) che ha scelto di

“lasciare libere le OP di finanziare tale azione nell’ambito dei Programmi Operativi

senza limitazioni di sorta” (Zaccarini Bonelli, 2013), mentre le rimanenti, ad esclusione

di Emilia Romagna e Lazio dove le due modalità coesistono, si sono affidati

esclusivamente al PSR.

Da un'analisi separata dei due metodi di finanziamento risulta che nell'ambito dello

Sviluppo Rurale, in riferimento al numero complessivo di ettari e contratti finanziati da

inizio programmazione (ovvero dal 2007) fino al 2011 tenendo conto che l'impegno è di

tipo quinquennale, la superficie sottoposta ad impegno per la produzione integrata è di

479.000 ha circa situati per il 45% nel Nord Italia (214.000 ha), per il 32% nelle

Regioni del Centro (151.000 ha) e il rimanente 24% (114.000 ha) nelle Regioni del Sud

e delle Isole. Per quanto riguarda i contratti, che raggiungono quota 34.700, il Nord

Italia rimane l'area che ne registra la maggiore quantità ottenendo il 43% sul dato totale

(14.774 contratti) (Tabella 4.1) (Zaccarini Bonelli, 2013).

Nell'ambito invece dei Programmi Operativi dell'OCM Ortofrutta si può notare che, nel

periodo 2008-2011, la produzione integrata è stata l'azione più diffusa tra i diciannove

interventi previsti dai Programmi; e in particolare nell'anno 2011 la superficie

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interessata da questa misura è stata di 115.000 ha con il coinvolgimento di circa 27.000

produttori. Anche in questo, caso da un'analisi a livello territoriale, risulta che nel Nord

si concentrano la maggioranza delle aziende interessate ottenendo una percentuale

maggiore di 80 (Tabella 4.2) (Zaccarini Bonelli, 2013).

Macro-area Superficie (ha) % Numero di contratti % Spesa pubblica (euro) %

Nord 214.111 45 14.744 43 125.719 55

Centro 150.934 32 7.049 20 38.164 17

Sud e Isole 113.787 24 12.916 37 63.201 28

Italia 478.833 34.709 227.083

Macro-area Superficie (ha) % Numero di contratti % Spesa pubblica (euro) %

Nord 81.568 70 22.085 82 26.465.902 76

Centro 5.272 5 984 4 2.113.915 6

Sud e Isole 29.061 25 3.765 14 6.396.355 18

Italia 115.901 26.834 34.976.172

46

Tabella 4.1 Superficie, contratti, spesa pubblica investita e relative incidenze percentuali previste dalla misura agroambientale - produzione integrata del PSR

Fonte: MIPAAF, 2013

Tabella 4.2 Superficie, numero di contratti, spesa pubblica investita e relative incidenze percentuali previste nell'azione riguardante la produzione integrata da parte dell'OCM

Ortofrutta

Fonte: MIPAAF, 2013

Fonte: MIPAAF, 2013

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Dando invece una visione d'insieme della situazione italiana per quanto riguarda la

produzione integrata, come rappresentata in Figura 4.5, considerando il periodo 2000-

2005, si è registrato un aumento delle aziende che hanno scelto di praticare l'agricoltura

integrata per un numero di circa 82.780 imprese coinvolte; dal 2005 fino all'anno 2007

si è invece assistito a un calo di quasi un punto percentuale arrivando circa a 82.500

partecipazioni. L’incidenza di aziende con agricoltura integrata sulle aziende totali nel

2007 è stata pari al 3,9%, aumentando di meno di un punto percentuale (0,7%) rispetto

al 2000 (Zaccarini Bonelli, 2011). Questo sta ad indicare che, in linea generale, il

quadro nazionale pone la produzione integrata in una condizione di stabilità nel tempo:

“ciò può essere interpretato come una sorta di zoccolo duro di aziende costituitosi sia

grazie alla politiche agro-ambientali che hanno incentivato queste pratiche a basso

impatto sin dall’epoca del Regolamento CEE 2078/1992 sia grazie alla progressiva

remunerazione ottenuta dal mercato” (Zaccarini Bonelli, 2011).

Il Trentino Alto Adige è la Regione che conta la maggior percentuale di aziende che

praticano la produzione integrata: in particolare nella Provincia Autonoma di Bolzano e

in quella di Trento questa tipologia di imprese, rispetto alla totalità, rappresentano

rispettivamente il 47,1% e il 25,6% (Figura 4.6) (Zaccarini Bonelli, 2011).

47

Figura 4.6 Percentuale di aziende con agricoltura integrata / aziende totali in riferimento all'anno 2007

Sicilia

Calabria

Basilicata

Puglia

Campania

Sardegna

Molise

Abruzzo

Lazio

Marche

Umbria

Toscana

Emilia Romagna

Liguria

PA Bolzano

PA Trento

Friuli V.G.

Veneto

Lombardia

Valle d'Aosta

Piemonte

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0% 40,0% 45,0% 50,0%

2,4%

1,5%

4,1%

1,3%

0,9%

3,5%

1,2%

1,2%

1,9%

3,6%

1,2%

6,3%

11,6%

1,3%

25,6%

47,1%

1,8%

2,2%

4,4%

7,2%

11,4%

Fonte: MIPAAF e Rete Rurale Nazionale, 2011

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In termini assoluti le Regioni che presentano il maggior numero di imprese che adottano

il regime integrato sono il Piemonte e l'Emilia Romagna con circa 10.300 attività e

un'incidenza dell'11% circa sul totale; mentre la Valle d'Aosta, con il numero di 300, è

quella con un numero più basso, anche se tra il 2000 e il 2007 ha registrato il maggior

aumento di aziende con agricoltura integrata (3,4 punti percentuali) (Zaccarini Bonelli,

2011).

Per quanto riguarda l'aspetto del marketing a livello nazionale, prima della nascita del

Sistema di qualità nazionale per la produzione integrata, e di conseguenza del nuovo

marchio che andrà a certificare a livello italiano questa produzione, erano già presenti

loghi regionali utilizzati per la pubblicizzazione di questa particolare tipologia di

prodotti.

Ad esempio, l'Emilia Romagna, che presenta circa 88.576 ha ad agricoltura integrata,

dal 1999, utilizza il marchio “Qualità Controllata” allo scopo di “valorizzare i prodotti

agricoli ed alimentari freschi e trasformati, ottenuti con tecniche che favoriscano la

salvaguardia dell’ambiente e la salute dei consumatori” (Legge Regionale 28 Ottobre

1999, n. 28).

Nella Regione Toscana, sempre dal 1999, il marchio “Agriqualità” valorizza “i prodotti

agricoli e agroalimentari ottenuti con tecniche di produzione integrata realizzate

privilegiando pratiche ecologicamente sostenibili e riducendo l'uso di prodotti chimici

di sintesi e gli effetti negativi sull'ambiente” (Legge Regionale 15 Aprile 1999, n. 25).

Nella Provincia Autonoma di Bolzano viene utilizzato il marchio “AGRIOS”, introdotto

nel 1991, anche se da più di settant'anni, a partire dal Centro di Consulenza per la

fruttiviticoltura fino ad arrivare al Gruppo di lavoro per la frutticoltura integrata

dell'Alto Adige, fondato nel 1988, questa Provincia ha seguito la strada della difesa

integrata.

Anche la Grande Distribuzione Organizzata propone dei prodotti a marchio proprio che

si contraddistinguono in quanto ottenuti secondo i principi della produzione integrata:

ad esempio i prodotti come frutta, verdura, vegetali surgelati, conserve vegetali e i

derivati del pomodoro a marchio Coop provengono da coltivazioni a produzione

integrata; oppure i prodotti Despar della linea “Passo dopo passo” i quali prevedono il

metodo della lotta integrata per i vegetali, ma è possibile anche trovare carne e pesce

provenienti da allevamenti selezionati e controllati.

Tuttavia, come descritto dalla ricerca sul rapporto tra consumatori e produzione

integrata condotta dall'Osservatorio sulle Politiche Strutturali nel 2010, nonostante

48

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esista un importante spazio di mercato tra i prodotti biologici e i convenzionali che la

GDO ha cercato, tramite la sua proposta, di occupare, “ i consumatori percepiscono

ancora grandi carenze informative”, ma anche “un certo grado di incertezza ed

indeterminatezza dei sistemi, degli strumenti e delle comunicazioni attualmente

utilizzate per la qualificazione di questa quota importante dell’offerta” (ISMEA, 2010).

Infatti, alla domanda se conoscessero la produzione integrata, gli intervistati hanno

risposto negativamente per il 68% e quindi solo positivamente per il 32%: “per quanto

si sia fatto a livello di produzione per promuovere e sostenere l’uso di questi strumenti,

il dato riportato segnala chiaramente una sostanziale mancanza di comunicazione

adeguata a livello di consumatori finali”. Perciò, per riuscire ad identificare gli elementi

che potrebbero permettere una più adeguata e efficace comunicazione, si è chiesto agli

intervistati l'importanza attribuita ai diversi contenuti della produzione integrata: più del

60% degli intervistati (Tabella 4.3) hanno dato un punteggio massimo per quanto

riguarda l'aspetto delle tecniche agronomiche di difesa, della riduzione dell'impatto

ambientale soprattutto circa il consumo idrico e l'impiego di fertilizzanti chimici e della

minimizzazione dell'impiego di agrofarmaci. Questo può far capire come “ormai si sia

diffuso un atteggiamento più consapevole e per certi aspetti più attento verso il tema

della sostenibilità delle produzioni agroalimentari, che rappresenta un ottimo punto di

partenza per la possibile valorizzazione di un marchio come quello ipotizzato di

produzione integrata, che faccia riferimento non più solo al tema dell’impiego degli

agrofarmaci ma anche ad altri elementi relativi alla sostenibilità in senso più ampio e

complessivo” (ISMEA, 2010)

Altro passaggio affrontato dall'indagine dell'Osservatorio delle Politiche Strutturali

riguarda l'utilità di un marchio per identificare la produzione integrata, soprattutto nel

caso di prodotti ortofrutticoli freschi: il 35% degli intervistati giudica questo aspetto

importante, il 29% lo giudica molto importante; solo il 9% hanno dato un voto minimo.

Considerando poi l'importanza attribuita al marchio di agricoltura integrata rispetto alle

altre caratteristiche che solitamente si considerano al momento dell'acquisto, si sono

ottenuti i risultati raccolti nella Tabella 4.4: l'elemento di maggiore rilevanza per

l'acquisto di prodotti ortofrutticoli freschi è stato il rapporto qualità/prezzo per l'81%

degli intervistati; oltre a questa caratteristica, e oltre al prezzo stesso, freschezza,

maturazione e aspetto vengono posti in seconda posizione di preferenza. Poi, in ordine

decrescente, vengono considerati l'indicazione dell’origine, le cultivar, la certificazione

di metodo di produzione biologico, la produzione integrata e, ultimo, le DOP/IGP.

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In particolare la certificazione di produzione integrata presenta il 18% di risposte con il

valore massimo di 5, mentre è quella che presenta la quota più elevata di risposte pari a

4 con il 37%.

Contenuti 1 2 3 4 5 TOT.

a) Impiego di varietà resistenti 3 9 20 32 36 100

b) Tecniche agronomiche di difesa 1 3 10 26 61 100

c) Minore impatto ambiente (acqua, fertilizzanti)

0 1 9 29 60 100

d) Minimizzare l'uso di agro-farmaci 0 3 6 28 63 100(Punteggio minimo = 1, punteggio massimo = 5)

Caratteristiche 1 2 3 4 5 TOT.

Qualità/Prezzo 0 0 3 15 81 100

Prezzo 0 2 18 20 59 100

Freschezza 0 0 2 19 78 100

Maturazione 0 3 12 30 55 100

Aspetto 1 2 21 23 53 100

Origine 4 10 16 24 46 100

Cultivar 7 10 28 23 32 100

Biologico 11 22 23 21 24 100

Produzione integrata 6 16 23 37 18 100

IGP/DOP 7 21 26 29 16 100

Private label 10 24 27 25 14 100

Altri marchi 12 24 31 23 10 100(Punteggio minimo = 1, punteggio massimo = 5)

50

Tabella 4.3 Ripartizione percentuale dei punteggi attribuiti all’importanza dei diversi contenuti della produzione integrata (distribuzione percentuale)

Tabella 4.4 Importanza attribuita alle diverse caratteristiche al momento dell'acquisto di prodotti ortofrutticoli freschi (distribuzione percentuale)

Fonte: MIPAAF e ISMEA, 2010

Fonte: MIPAAF e ISMEA, 2010

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Quindi “sia il biologico che la produzione integrata risultano, allo stato attuale, meno

importanti rispetto a parametri chiave come rapporto qualità/prezzo, freschezza, aspetto,

ma nel complesso risultano comunque entrambi relativamente utili per la formazione

dell’idea di qualità” del consumatore (ISMEA, 2010).

Per quanto riguarda invece un possibile “nome” che indichi che quel determinato

prodotto rispetta i disciplinari di produzione integrata sono stati indicati agli intervistati

sei opzioni: oltre a “produzione integrata”, “prodotto a basso impatto ambientale”,

“prodotto sostenibile”, “prodotto verde, “prodotto azzurro” e “prodotto

ecocompatibile”. Come da Figura 4.7, hanno riscontrato una maggiore preferenza, con

un gradimento sopra al 20%, i termini “produzione integrata”, “prodotto a bassa impatto

ambientale” e “prodotto verde”.

Tuttavia è necessario sottolineare come per il consumatore sia di per sé difficile

distinguere i prodotti biologici da quelli provenienti da agricoltura integrata: un 47%

degli intervistati ha ravvisato una difficoltà valutata con un punteggio elevato (quattro o

cinque), mentre per un 5% il rischio di confusione è basso; andando perciò ad

individuare le diciture che maggiormente possono creare un'ulteriore complicazione di

distinzione si sono individuati “prodotto a basso impatto ambientale”, “prodotto

ecocompatibile” e “prodotto azzurro”. Bisogna però in ogni caso considerare che “le

possibilità di confusione dipendono molto dalla qualità e quantità della comunicazione

che venga eventualmente (e auspicabilmente) svolta dopo l’adozione del marchio di PI e

del suo nome”.

51

Prodotto a basso impatto ambientale

Prodotto verde

Prodotto sostenibile

Produzione integrata

Prodotto ecocompatibile

Prodotto azzurro

22%

21%

16%

25%

9%7%

Figura 4.7 Nome preferito per un possibile marchio che identifichi i prodotti di agricoltura integrata

Fonte: MIPAAF e ISMEA, 2010

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4.3 LA PRODUZIONE INTEGRATA IN VENETO

52

Percentuale di aziende con agricoltura integrata

Figura 4.8 Aziende con agricoltura integrata / aziende totali in riferimento all'anno 2007 nella Regione del Veneto

Fonte: MIPAAF e Rete Rurale Nazionale, 2011

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Nel 2007 in Veneto la percentuale di aziende ad agricoltura integrata sulle aziende totali

è stata pari al 2,2%, valore al di sotto della media nazionale pari al 3,9% (Zaccarini

Bonelli, 2011).

Come è possibile vedere dalla Figura 4.8 la Provincia con la maggior densità di imprese

che praticano la produzione integrata è quella di Verona.

Dal 2010 al 2012, infatti, in questa Provincia, con il coinvolgimento di ventisette

Comuni, sono pervenute 121 domande di richiesta di accesso al sistema di Qualità

Verificata; nello stesso arco temporale nella Provincia di Belluno si sono ricevute due

domande, nella Provincia di Padova un totale di sei, in quella di Rovigo due, in quella di

Treviso cinque, una in quella di Venezia, mentre per quanto riguarda la Provincia di

Vicenza sono pervenute solamente domande riguardanti il settore zootecnico, e quindi

non legate alla produzione integrata (Regione Veneto - Unità di Progetto Tutela delle

Produzioni Agroalimentari, 2013).

Rimane da specificare che le aziende coinvolte fanno parte sia del settore della

produzione primaria che quello della lavorazione.

Le colture e i prodotti coinvolti e il numero di domande ricevute sono state: una per il

ciliegio, la lattuga, le ornamentali da vaso e il radicchio, due per i funghi Pleurotus e

Pioppino e anche per la patata; quattro per il prataiolo, il susino e la patata dolce,

trentatré per il pero, quaranta per il melo, quarantacinque per l'actinidia e, la quantità più

numerosa, per il pesco con un totale di sessantatré (Regione Veneto - Unità di Progetto

Tutela delle Produzioni Agroalimentari, 2013).

La produzione totale dell'interno comparto ortofrutticolo soggetto alla produzione

integrata, certificata dal marchio QV, nel 2010 è stata di 22.825 t, con il coinvolgimento

di 113 aziende di produzione e lavorazione. Nel 2011 la produzione finale è aumentata

del 3,4% raggiungendo 23.612 t anche se le aziende coinvolte sono scese del 17,7% (93

imprese) (Regione Veneto - Unità di Progetto Tutela delle Produzioni Agroalimentari,

2013).

Per l'anno 2012 si sono preventivate invece 53.472 t di prodotti ortofrutticoli, con un

aumento previsto del 126% rispetto all'anno precedente, grazie al lavoro di 219 imprese,

126 in più rispetto al 2011 (Regione Veneto - Unità di Progetto Tutela delle Produzioni

Agroalimentari, 2013).

Considerando poi nello specifico l'anno 2012 ed effettuando un'analisi a seconda della

tipologia di prodotto si sono previste 3.318 t per l'actinidia (o kiwi), 10 t per il ciliegio,

40 t per i funghi Pleurotus e Pioppino, 700 t per il Prataiolo, 32.304 t per il melo che

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copre circa il 60% della produzione integrata totale certificata dal marchio QV; 4.413 t

per la patata, 137 t per la patata dolce, 6.526 t per il pero, 5.873 t per il pesco e 150 t per

il susino (Tabella 4.5) (Regione Veneto - Unità di Progetto Tutela delle Produzioni

Agroalimentari, 2013).

Prodotto Quantità previste (tonnellate) Percentuale rispetto alla produzione integrata (certificata

QV) totale prevista (%)

Actinidia 3.318 6,20

Ciliegio 10 0,02

Pleurotus e Pioppino 40 0,07

Prataiolo 700 1,31

Melo 32.304 60,41

Patata 4.413 8,25

Patata dolce 137 0,26

Pero 6.526 12,20

Pesco 5.873 10,87

Susino 150 0,28

Totale 53471 100

Per quanto riguarda invece la distribuzione della produzione integrata in base alle

province troviamo al primo posto, con un totale di 51.849 t prodotte nell'anno 2012, pari

al 97% della produzione totale certificata QV, la Provincia di Verona. Seguono la

Provincia di Padova (568 t), quella di Belluno (500 t), Rovigo (315 t) e Treviso (240 t)

(Regione Veneto - Unità di Progetto Tutela delle Produzioni Agroalimentari, 2013).

Nel contesto poi della produzione agricola veneta totale, come è possibile vedere in

Tabella 5.5, la produzione integrata, certificata QV, inizia a prendere sempre più piede:

nello specifico essa attualmente copre circa già il 18% della produzione di pesche e il

9% della produzione totale di mele.

54

Tabella 4.5 Quantità di prodotto finale previste e relativa percentuale rispetto alla produzione integrata totale prevista certificata QV in riferimento all'anno 2012.

Fonte: Regione Veneto - Unità di Progetto Tutela delle Produzioni Agroalimentari, 2013

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Rimane comunque da considerare che la maggioranza della produzione ortofrutticola

veneta, anche se non certificata QV, proviene da agricoltura integrata: la gran parte delle

imprese della GDO infatti, ancor prima dell'istituzione dei disciplinari di produzione

integrata regionali, utilizzavano norme proprie immettendo così sul mercato prodotti di

agricoltura integrata con marchio privato oppure senza marchio.

Il passaggio quindi ad un sistema unificato di certificazione di questo tipo di prodotti

potrebbe portare a significativi benefici anche alle imprese di trasformazione e a quelle

della GDO, che potrebbero “alleggerirsi della necessità e dei costi dei controlli circa il

rispetto dei disciplinari da parte dei loro fornitori” (ISMEA, 2009), ma anche consentire

al consumatore una maggiore chiarezza e omogeneità di informazione.

Prodotto Produzione veneta totale in tonnellate (anno 2012)

Quantità di produzione prevista per l'agricoltura

integrata veneta certificata QV in tonnellate (anno

2012)

Produzione totale / produzione integrata in

percentuale (anno 2012)

Actinidia 68.400 3.318 4,85

Ciliegio 16.352 10 0,06

Melo 155.698 14.200 9,12

Patata 119.820 4.413 3,68

Patata dolce 2.593 137 5,28

Pero 86.054 2.207 2,56

Pesco 32.659 5.873 17,98

Susino 4.659 150 3,22

55

Tabella 5.5 Produzione totale veneta e produzione dell'agricoltura integrata veneta certificata QV per alcuni prodotti (anno 2012)

Fonte: ISTAT, 2013 per la produzione totale veneta e Regione Veneto - Unità di Progetto Tutela delle Produzioni Agroalimentari, 2013 per le quantità previste per l'agricoltura integrata

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5. CONCLUSIONI

In questo elaborato viene analizzato lo sviluppo e lo stato attuale delle produzione

integrata a livello europeo, nazionale e regionale con particolare attenzione alla

situazione veneta.

Facendo riferimento al lato produttivo il 2014 sarà un anno di svolta in quanto si passerà

dall'incentivazione di questo metodo all'obbligatorietà per alcuni suoi aspetti di base:

dagli inizi degli anni Novanta, dove per la prima volta si introdussero norme riguardanti

la protezione dell'ambiente e l'aspetto della qualità in ambito agricolo, fino alla recente

Direttiva 128/2009 per l'utilizzo sostenibile dei pesticidi, nell'ambito della Politica

Agricola Comune e dei Programmi di Sviluppo Rurale sono avventi numerosi

cambiamenti e innovazioni che stanno permettendo di giungere ad un'agricoltura

sempre più sostenibile.

Tuttavia la difficoltà di reperimento dei dati legati all'agricoltura integrata, sia a livello

europeo, che a livello locale, lascia intuire come, nonostante queste tecniche siano

largamente diffuse in tutta Europa, esse siano ancora poco conosciute dai consumatori

finali e dunque vi siano ampi margini per la loro valorizzazione sul mercato: infatti se

dal lato produttivo i mutamenti sono stati notevoli rimane ancora molto da fare per

quanto riguarda l'apprezzamento sul mercato di questi prodotti che attualmente in Italia

ancora più del 60% dei consumatori non conosce, nonostante ci sia la consapevolezza

che gli alimenti ottenuti tramite questo metodo potrebbero occupare una specifica area

di mercato che, ad oggi, non è ancora occupata da altri.

Sono riusciti a prendere vigore solo di recente anche i marchi collettivi pubblici grazie

innanzitutto alle Linee Guida comunitarie riguardo ai regimi facoltativi di certificazione

che hanno permesso un'omogeneizzazione del quadro normativo.

Inoltre le Linee Guida nazionali per la produzione integrata e i disciplinari regionali con

i relativi marchi stanno permettendo l'avviamento sul mercato di una migliore

valorizzazione soprattutto dei prodotti ortofrutticoli ottenuti mediante questa tecnica

incrementando lo stato di apprezzamento di questi alimenti da parte del consumatore

finale.

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Zecchin G. 2012. Applicazione della Direttiva 2009/128/CE. Stato dell'arte e linee

tecniche regionali. In Atti Forum Fitoiatrici. Corte Benedettina, Legnaro (PD), 29

Novembre.

RIFERIMENTI NORMATIVI

– 1992. Regolamento CEE 30.6.1992 n.2078. Regolamento del Consiglio relativo

a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione

dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale. Gazzetta ufficiale delle

Comunità Europee, n. 215, serie L, 30 luglio.

– 1999. Regolamento CE 17.5.1999 n.1257. Regolamento del Consiglio sul

sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di

orientamento e di

garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti. Gazzetta

Ufficiale delle Comunità Europee, n. 160/80, serie L, 26 giugno

– 2001. Legge Regionale 31.05.2001 n. 12. Tutela e valorizzazione dei prodotti

agricoli e agro-alimentari di qualità. Bollettino Ufficiale della Regione del

Veneto, n. 52

– 2003. Regolamento CE 29.09.2003 n. 1783. Regolamento del Consiglio che

modifica il regolamento (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da

parte del

Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG). Gazzetta

Ufficiale dell'Unione Europea, n.270/70, serie L, 21ottobre.

– 2003. Regolamento CE 29.03.2003 n.1782. Regolamento del Consiglio che

stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della

politica agricola

comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che

modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE) n.

1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE)n. 1251/1999, (CE) n.

1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001. Gazzetta

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Ufficiale, n.270, serie L, 21 ottobre.

– 2005. Decreto Ministeriale 31.1.2005 n. 242/st. Istituzione Comitato Nazionale

per la difesa integrata

– 2005. Regolamento CE 20.10.2005 n. 1698. Regolamento del Consiglio sul

sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo

sviluppo rurale (FEASR). Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, n. 277/1,

serie L, 21 ottobre.

– 2007. Comunicazione della Commissione n. 722. In preparazione alla

“valutazione dello stato di salute” della PAC riformata. Non pubblicata nella

Gazzetta Ufficiale. 20 novembre

– 2008. Decreto Ministeriale 17.4.2008 n. 2722. Istituzione Comitato produzione

integrata

– 2009. Deliberazione della Giunta Regionale 3.11.2009 n. 3266. Marchio

regionale "Qualità Verificata". Approvazione Manuale di Identità Visiva e

Regolamento d'uso. Legge regionale 31 maggio 2001, n. 12, articolo 2.

Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto, n. 98, 1 Dicembre

– 2009. Direttiva CE 21.10.2009 n.128. Direttiva del Parlamento Europeo e del

Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo

sostenibile dei pesticidi. Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, n. 309/71, serie

L, 24 novembre

– 2009. Legge Regionale 19.03.2009 n.9. Modifiche alla Legge Regionale 31

maggio 2001, n. 12 "Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro

alimentari di qualità" e successive modificazioni. Bollettino Ufficiale della

Regione del Veneto, n. 25, 24 Marzo

– 2009. Regolamento CE 25.05.2009 n. 473. Regolamento del Consiglio che

modifica il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da

parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il

regolamento (CE) n. 1290/2005 relativo al finanziamento della politica agricola

comune. Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, n. 114/3, serie L, 9 giugno.

– 2010. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio,

al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni n. 672.

La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle

risorse naturali e del territorio. 18 novembre

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– 2010. Comunicazione della Commissione n. 341/04. Orientamenti UE sulle

migliori pratiche riguardo ai regimi facoltativi di certificazione per i prodotti

agricoli e alimentari. Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, n. 341/5, 16

dicembre

– 2011. Deliberazione della Giunta Regionale 27.09.2011 n. 1551. Approvazione

del nuovo testo delle Disposizioni sul sistema di qualità "Qualità Verificata" -

Fase sperimentale e del modello di domanda di autorizzazione degli organismi

di controllo. DGR n. 1580 dell'8 giugno 2010. Legge regionale 31 maggio 2001,

n. 12, articolo 2, comma 2. Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto, n.76,

11 Ottobre

– 2011. Legge 3.2.2011 n.4. Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei

prodotti alimentari. Gazzetta Ufficiale, n. 41, 19 febbraio

– 2012. Decreto Legislativo 14.08.2012 n.150. Attuazione della direttiva

2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini

dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi. Gazzetta Ufficiale n.202, supplemento

ordinario, 30 agosto

– 2012. Regolamento UE 21.11.2012 n.1151. Regolamento del Parlamento

Europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.

Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, n. 343/1, serie L, 14 dicembre

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RINGRAZIAMENTI

Desidero innanzitutto ringraziare tutti i responsabili dell'Unità di Progetto Tutela delle

Produzioni Agroalimentari della Regione Veneto, ed in particolare il Dr. Mancinelli, che

hanno permesso, tramite le loro preziose informazioni, la realizzazione di parte di

questo elaborato.

Ringrazio Jo (e la sua mamma) per il fondamentale aiuto nella stesura del riassunto in

lingua inglese.

Ringrazio Alberto per la consulenza informatica e per i deliziosi tè cinesi che mi hanno

portato per qualche istante lontana dalla mia scrivania.

Ringrazio la mia famiglia (Graziano, Valeria, Chiara, Andrea e nonna Anna) per il

sostegno economico e morale che mi hanno dato in questi tre anni di studio: i passaggi

in stazione per non perdere le lezioni neanche con il brutto tempo, tutte le preghiere

dette prima e durante gli esami, la campana della vittoria festante ad ogni buon risultato,

i pranzi e le cene per festeggiare insieme come si deve.

Ringrazio le mie amiche di corso per i tre anni trascorsi insieme a rivedere gli appunti e

ripetere le lezioni all'infinito, a lavorare in gruppo per prendere il primo posto, a farci

coraggio per non mollare mai; ma anche per tutte le chiacchiere, per i pranzi in mensa

ma soprattutto per quelli al sushi wok, i caffè e i gelati in giardino, le cartelle condivise

di ricette, e per avermi sopportata in ogni situazione.

Ringrazio anche le mie colleghe (Alessandra e Elisa) per tutti i consigli riguardo la tesi

e il supporto morale.

Infine ringrazio Massimo che mi spinge sempre a dare il meglio di me.

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