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Alberto Caffi SANTIAGO DE COMPOSTELA IL MIO CAMMINO

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Page 1: Alberto Caffi SANTIAGO DE COMPOSTELA IL MIO … · Alberto Caffi SANTIAGO DE COMPOSTELA IL MIO CAMMINO. 2. Dedicato ai miei nipoti 3. 4. PREFAZIONE ANTICA PREGHIERA A SANTIAGO O Santiago,

Alberto CaffiSANTIAGO DE COMPOSTELA

IL MIO CAMMINO

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Dedicato ai miei nipoti

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PREFAZIONE

ANTICA PREGHIERA A SANTIAGO

O Santiago, davanti alla Tua immagine di pelle-grino, vogliamo confermare la nostra condizionedi pellegrini, così come pellegrino fosti Tu eGesù di Nazareth.Siamo pellegrini alla ricerca della verità, alla ri-cerca di pace interiore, capacità di amore, diascolto, di dedizione completa verso i nostri si-mili.Cerchiamo dei principi di cui necessitiamo inquanto persone di questo mondo, cerchiamo unascala di giusti valori della nostra vita per poterla,al meglio, organizzare e vivere.

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O Santiago, Tu ci vuoi come siamo, ma al tempostesso attendi da noi qualche cosa, vogliamo dar-ti la gioia di prendere sul serio la nostra vita equella dei nostri fratelli, vogliamo essere testi-moni di Gesù vivendo e convivendo con tutti gliesseri umani e viventi che ci circondano.

O Santiago, aiutaci a vivere una vita piena, sen-za farci cadere nel vuoto del materialismo, senzarenderci schiavi del possedere, senza farci perde-re la Fede, gli ideali e la speranza, affinché il no-stro mondo familiare sia capace di perseguire gliideali umani ed evangelici.

O Santiago, aiutaci a crescere nella Fede ed acrescere interiormente, tutti abbiamo probleminella vita, aiutaci a sollevarci senza che ci trasci-niamo per i marciapiedi della vita, senza perderela nostra dignità umana e cristiana. Sii il nostrosostegno, così come nel Camino di Santiago, an-che nel Cammino della vita.

Grazie Santiago

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TESTO DELL’ANTICA BENEDIZIONE DELPELLEGRINO

O Dio, che portasti fuori il tuo servo Abramodalla città di Ur dei Caldei, proteggendolo in tut-te le sue peregrinazioni e che fosti la guida delpopolo ebreo attraverso il deserto, Ti chiediamodi custodirci, noi tuoi servi, che per amore delTuo nome andiamo pellegrini a Santiago deCompostela.Sii per noi compagno nella marcia, guida nelledifficoltà, sollievo nella fatica, difesa nel perico-lo, albergo nel Cammino, ombra nel cuore, lucenell’ oscurità, conforto nello scoraggiamento efermezza nei nostri propositi perché, con la Tuaguida, giungiamo sani e salvi al termine delCammino e, arricchiti di grazia e di virtù, tornia-mo illesi alle nostre case, pieni di salute e di pe-renne allegria e pace.Per Cristo Nostro Signore. Amen.San Giacomo Apostolo di Gesù, prega per noi.Maria Madre di Dio, prega per noi.

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C’E’ SEMPRE TEMPO …NON E’ MAI TROPPO TARDI

Se un mattino ti svegli indolente se non hai nem-meno voglia di aprire una sola finestranon permettere che la tua anima si inaridiscarecupera la tua vecchia speranza.

Se un pomeriggio qualsiasi percorri un angustosentiero respiri profondamente e non senti il pro-fumo di ciò che ti circonda fermati un attimo esospira il tuo sangue recupererà la vita.

C’è sempre tempo per rinascerec’è sempre tempo per vivere di nuovoc’è sempre tempo per iniziare di nuovo ciò chenon sei mai riuscito a finire.

Se la luna ti fa l’occhiolino e non provoca in tegioia né di amore né nostalgia dei giorni miglio-ri stringi la mano al petto e cancella i momentinegativi.

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Perchè c’è sempre tempo … non è mai troppotardi. Don Augusto Losada Lòpez

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VERSO SANTIAGO DE COMPOSTELA

Cammino: tragitto che percorriamo per arrivareo raggiungere una meta.Cos’è il Camino di Santiago de Compostela?Il Camino di Santiago de Compostela nasce dal-la Fede dei nostri antenati.I teorici del Camino non possono coglierne lavera essenza, perché il Camino di Santiago è fat-to per essere vissuto, non per essere teorizzato.Il Camino di Santiago è spiritualità.Il Camino di Santiago è anche Cultura, perchè laFede si esprime anche attraverso le opere d’arteche ci accompagnano lungo il Camino, essesono un tutt’uno con il Camino di Santiago, dalmomento che in esso la cultura è espressione diFede.

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IL CAMINO DI SANTIAGO DE COMPOSTELAE’ UNIVERSALE:

senza nazionalismi che escludono, è una espe-rienza in cui tutti noi ci sentiamo un’unica per-sona e ciascuno rappresenta un piccolo universo.

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IL CAMIMO DI SANTIAGO DE COMPOSTE-LA SIGNIFICA:

• incontrare se stessi• aprirsi ai fratelli, al prossimo• fare un cammino interiore che si basa sulla

capacità di scoprire se siamo in grado di do-narci ed accogliere il prossimo

• ricercare ed incontrare, ricerca di noi stessi(perché a volte siamo dei perfetti sconosciutia noi stessi), ed incontro con la Fede

• fare una scala di valori, perchè oggi gli au-tentici valori sono spesso posti nei vagoni dicoda del treno della vita

• fare progetti reali e realizzabili, affinché nonci si senta intimoriti ed angosciati dalla vita

• essere credenti per amore e non per paura orispetto

• riconoscere i nostri errori e superarli, vederele nostre certezze e potenziarle

• capire le nostre paure e superarle• saper vivere nell’umiltà per apprezzare le

cose semplici

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• capire cos’è la felicità, la serenità, l’accetta-zione, il perdono, la condivisione

• capire dove arriva la propria volontà, la pro-pria tenacia

• saper vivere il presente

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PROLOGO

Crema, 17 settembre - Domenica

Mancano undici giorni alla partenza per il Cami-no di Santiago ed il mio umore è altalenante:passo dal desiderio incontrollabile di partire aquello pieno di paure che mi frena.So che partirò: una voce interiore mi chiama emi spinge a partire. Voglio ascoltarla.Oggi non sono felice, ma cerco comunque di es-sere tranquillo e sereno: è forse questo il primopasso verso un importante cambiamento?Con un pensiero prego e chiedo a Dio che miaiuti, mi protegga e che mi possa dare il corag-gio di cui ho bisogno.

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28 settembre - giovedì

ore 15:10 - Stazione centrale di Milano

Per la prima volta entro nel cuore della stazionecentrale di Milano e tra meno di dieci minutiparte il treno che mi porta a Nizza. Puntualmentesalgo e mi sistemo nello scompartimento nume-ro otto.Vicino a me è seduto un prete, che poi scoproessere colombiano: si chiama Giuseppe e consua madre sta andando a Lourdes. Ci salutiamo eci presentiamo: magari prima che le nostre stra-de si dividano mi farò dare la benedizione. La mia mente è come se fosse vuota, anestetiz-zata, forse non sto ancora realizzando che quelloche fino a ieri erano pensieri, programmi e so-gni, ora sono realtà.Mi accorgo subito di quanto pesi lo zaino, eppu-re ho portato con me solo l’indispensabile. Al-meno credo.Non vedo l’ora di uscire da questa stazione: èuna gabbia che mi stringe alla gola e mi soffoca.

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E’ arrivato il momento nel quale devo uscire daqualcosa: uscirò per un po’ di tempo dalla vitaquotidiana e dal mondo che fino a ieri ho vissu-to.Domani vado a Lourdes ed è la prima volta:sono emozionato e curioso.Ho già un piccolo dolore alla gamba destra, manon sono preoccupato.

I miei pensieri non possono che incontrare e sof-fermarsi sui giorni che hanno preceduto la par-tenza sulle persone che hanno “accompagnato”la mia decisione di affrontare il Camino di San-tiago de Compostela.Penso al mio passato, alla mia vita, alla mia nuo-va e nascente Fede.

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29 settembre - venerdì

ore 5:15 - stazione di Touluse

Dopo una notte passata senza dormire nella cuc-cetta del treno, sono arrivato al secondo giornodi viaggio. Dividono con me lo scompartimentoarredato con mini brande due signori francesi, esolo ora capisco perché la Francia è famosa …per i formaggi!Tra circa tre ore sarò a Lourdes. Nello scompar-timento del treno ritrovo Padre Giuseppe, il co-lombiano: con lui e con due ragazze siciliane ar-gomentiamo sulla Chiesa moderna. Parlo anchedi Frà Elia ed una delle due ragazze mi dice diconoscerlo. Ora tutti vogliono sapere di più delmio amico Frate. Il fratello ventenne di una delledue è in seminario e si farà prete. Questo viaggionon poteva iniziare che in modo … Religioso!La gamba destra va meglio, ora sono le spalle afarsi sentire ed ho portato lo zaino solo per po-che ore! Il pensiero che dovrò averlo con me pergiorni e giorni mi preoccupa un po’, ma anche

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questo era stato preventivato nei momenti di pre-parazione.Ancora non mi rendo conto dell’avventura chesto per affrontare: la curiosità è grande, la pauraanche, ma cresce il desiderio di iniziare.Ora vado a salutare la Madonna di Lourdes.Arrivo al Santuario: è grande. Non me lo aspet-tavo così. La moltitudine di fedeli è impressio-nante:molti di essi sono persone ammalate, mol-tissimi gli invalidi, ma la sensazione è di unapiacevolissima serenità. Un leggero venticellodà l’impressione che la Madonna accarezzi tutti ipresenti.La prego chiedendoLe di starmi vicina.Incontro di nuovo Padre Giuseppe insieme a suamadre: ci salutiamo abbracciandoci. Il gesto èstato commovente anche se sono persone che co-nosco da poche ore. Padre Giuseppe, senza cheio glielo chiedessi, mi ha dato la benedizione:poi un ultimo sorriso, un ultimo saluto e via dicorsa verso la stazione. A mezzogiorno riparte iltrenino verso San Jean Pied du Port.

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Ho la Madonna nel cuore: a Lourdes sicuramen-te ritornerò. Sul treno incontro due pellegrineitaliane: Paola e Carmen.Alle sedici arrivo a San Jean e dopo essermi fat-to registrare presso il piccolo ufficio di acco-glienza dei pellegrini cerco una sistemazione perla notte. Una veloce cena con paella ed alle novee trenta sono già sdraiato sulla scomoda brandaavvolto nel mio sacco a pelo.Domani finalmente si parte e sono molto emo-zionato. Prima di addormentarmi mi accorgo cheun sorriso è stampato sul mio volto. Poi il sonnomi rapisce.

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IL VIAGGIOSUL CAMINO DI SANTIAGO DE COMPO-STELA:UNA CATENA VERSO IL BENE

30 settembre - sabato

da San Jean Pied du Porta Roncisvalle

Mi sveglio alle sei dopo aver dormito nella casa-rifugio della signora Adina, che soprannominola “marescialla” per il suo carattere e le sue im-posizioni: è comunque una donna gentile e sim-patica.Faccio una veloce colazione e sono pronto perfare il primo passo degli ottocento chilometri del

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Camino di Santiago attraverso la famosa porta diSan Giacomo. Dopo aver visitato la Chiesa delpaese, il parroco appone il primo sello (timbro)sulla mia credenziale.La salita verso il passo pirenaico di Roncisvallesi fa subito ripida: ho scelto di fare la strada“della montagna”, sicuramente più impegnativa,ma più affascinante. Il sentiero bagnato dallapioggia è veramente duro, almeno per me, anchese devo ammettere che mi sento, per grazia, informa. Piove per quasi tutto il Camino di oggi edopo quattro ore ho una piccola crisi di stan-chezza, ma per fortuna dopo poco passa.Seppur a varie distanze vedo una decina di pel-legrini che, come me, hanno iniziato oggi il loroperegrinare. Tra gli altri una signora sulla settan-tina mi stupisce: il suo passo è deciso, senza ten-tennamenti, ed anche se ho la metà (o quasi) deisuoi anni, lei riesce sempre a precedermi ed iosono ben contento di seguire una così “espertaguida”. Questo è uno dei “miracoli” del Camino.La natura che mi accoglie è bellissima: i fitti bo-schi, i prati verdi, e le rocce lavate dall’acqua,

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creano una quadro che rasserena ed ammorbidi-sce la tensione del “primo giorno”.Piove a dirotto ed il vento è fortissimo. Inizio a“litigare” con la mantella antipioggia, ma sorridoe penso che il Camino di Santiago mi vuol far dasubito intendere che cosa mi aspetta per il pros-simo mese. Non mi scoraggio, anzi, mi convincoche le cose è meglio saperle e conoscerle fin dal-l’inizio: almeno mentalmente si ha il tempo perprepararle al meglio.Dopo sette ore e mezza arrivo a Roncisvalledove vengo albergato alla Collegiata, Monasterostorico per i pellegrini. Alle sette c’è la Messa ela benedizione del pellegrino alla quale non vo-glio assolutamente mancare: canti Gregoriani eparabole in latino creano una cerimonia moltotoccante.Cena veloce che condivido con alcuni pellegrinied alle nove sono già a letto.Sono molto stanco ma felice: i pensieri inizianoad “essere diversi”, ora non sono più legati allavita di casa ne alle persone a me care. Sono pen-sieri che corrono verso il mio essere, verso la

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mia Fede, verso la mia serenità e la mia tranquil-lità e penso che in altre occasioni, nelle stessecondizioni, le arrabbiature l’avrebbero fatta dapadrone. Qui no, è tutta un’altra cosa, difficileda spiegare.Ad ogni passo, anche se fatto con fatica, vienespontaneo un sorriso, un bel pensiero.La compagnia è buona: ho conosciuto, ed in par-te ho camminato con loro, due ragazzotte italia-ne simpatiche e molto gentili. Una di loro, nelmio momento di crisi di stanchezza, offrendomiun pezzetto di cioccolata è riuscita a risollevarmiil fisico ed il morale. Grazie.Sul Camino non c’è bellezza esteriore, non si ac-cettano le persone per chi sono o per come sonoma, strano a dirsi, per quello che sono.Un sorriso, un saluto, una stretta di mano, unadomanda e poi ci si augura reciprocamente“Buen Camino!”Voglio spendere due parole sul mio zaino: ècome se fosse la mia piccola casa, dove conser-vo preziosamente tutto, ma proprio tutto il ne-cessario per un mese. Normalmente le stesse

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cose mi sarebbero servite per non più di duegiorni!E questo è già di per sé una cosa meravigliosa.Non posso non pensare ai pellegrini di milleanni fa che lo stesso Camino lo facevano con unsacco come vestito, dei sandali aperti e scomodiai piedi, un cappello in testa, un bordone (basto-ne del pellegrino) ed una borraccia di pelle conun po’ di acqua: solo la loro grande Fede li spin-geva e li portava ad affrontare una “fatica” cosìgrande.Ora sono le nove e trenta e sono a letto. Cerche-rò di riposare un po’ perchè domani sarà un’altraimportante giornata.

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1 ottobre - Domenica

da Roncisvallea Larrasoana

Dopo una notte piovosa e poco tranquilla, tramal di stomaco (non ho digerito una mela)ed i famosi “roncadores” (russatori), vengo sve-gliato alle sei e mezza da una soave musica. Allesette sono pronto per partire.Fuori è ancora notte. Entro subito nella forestadi Roncisvalle e la luce della pila mi aiuta a nonperdere il sentiero. L’atmosfera è impressionanteed è come se da un momento all’altro potesseuscire da dietro un albero, come dice la storia,un lupo o un brigante. Alle otto è l’alba a salu-tarmi: la giornata è bellissima, il sole scalda edillumina le foreste ed i pascoli. Mi sento bene evado spedito per quasi quattro ore. Mi dimenticopersino che sto camminando Poi all’improvviso un forte dolore alla pianta deipiedi mi manda in crisi e non sono ancora a metàdel Camino di oggi. Stringo i denti, proseguo

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adagio ma proseguo: la forza di volontà e la For-za del Camino mi permettono di fare cose chenella vita “normale” avrei già abbandonato. Nonè orgoglio, è una cosa diversa, inspiegabile.Sono sereno e so che arriverò, sento che ad ognipasso, anche nel dolore, mi avvicino sempre dipiù a Dio.Mi fermo davanti ad una statua della Madonna, erecito un “Salve o Regina”: Le chiedo di darmiconforto.Arrivo a sei chilometri dalla destinazione odier-na e provo a bendarmi i piedi che sembrano in-fuocati, la cosa funziona: continuo con più sol-lievo nel cuore.Dopo quasi otto ore di cammino, arrivo a Larra-soana: faccio subito una rilassante doccia calda,un tonificante auto-massaggio ai piedi e mi sdra-io sulla brandina a cercare un po’ di relax.E’ unica l’esperienza che attraverso il Caminoposso fare: anche se sono “solo” al secondogiorno, provo la sensazione di aver già dimenti-cato le abitudini di casa, sia negli orari, sia nelmangiare che nel riposare. Qui niente è scontato,

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qui tutto diventa improvvisamente importante,anche la minima e piccolissima cosa: assapori edapprezzi tutto, un sorriso, una parola, un fiore,un cinguettio, un bicchiere d’acqua, un pezzo dipane: sembrerebbero a prima vista cose banali,ma vissute sul Camino, invece, danno ed hannoun sapore diverso, unico, come se si ritornasseindietro nel tempo e non solo materiale.La solidarietà tra pellegrini (persone comuni) ètotale, la gentilezza e la preoccupazione dell’al-tro viene spontanea e cedere il passo o la fila adelle persone sconosciute è la normalità. Qui sulCamino è così, a casa purtroppo no e mi chiedo:non sarebbe bello se anche nella vita di tutti igiorni i comportamenti delle persone fosseroquesti? La risposta è ovvia …Sono molto tranquillo, anche se un po’ stanco.Domani dovrei fare “solo” quindici chilometri evorrei fermarmi a Pamplona per visitarla, diconosia molto bella.Oggi ho sentito mia mamma, mi sono un po’emozionato e nel contempo mi sono venute allamente tante persone che conosco ed alle quali

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voglio bene, per primi tutti i miei famigliari:questo è un bel pensiero che mi riempie di gioia.

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2 ottobre - lunedì

da Larassoanaa Cizur Menor

Sono partito alle sette e trenta. Il cielo buio eracostellato da stelle luminosissime ed alle otto emezza il giorno nasceva con un’alba dai colorirosso-arancio che riempivano mezzo mondo.Un risveglio così, non poteva che mettermi dibuon umore!Fino a Pamplona il Camino si snoda su sentieriimmersi in autunnali boschi di castani.Procedo a buona distanza dalle due ragazze ita-liane e da tre signori di Como conosciuti alrifugio la sera prima durante la cena preparata danoi “italiani” con spaghetti, pomodoro e tonno.Nella capitale della Navarra (Pamplona) mi fer-mo per visitare la Cattedrale romanica: è riccaed immensa e dopo essermi perso in città percercare la Plaza de Toros proseguo il mio Cami-no.

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Alle quattordici e trenta arrivo a Cizur Menornel rifugio gestito dalla signora Maribel: è moltoaccogliente e la hospitalera molto gentile. Per imiei piedi doloranti Maribel mi consiglia:• bagno di acqua freddissima con sale ed aceto• calze indossate al contrario (il classico calzi-

no rivoltato)• pannolini per incontinenti sulla soletta degli

scarponi (mi sono un po’ vergognato durantel’acquisto)

• lacci degli scarponi ben legati con doppionodo a metà della scarpa stessa.

Vedrò domani l’effetto di questi preziosi ed in-consueti consigli.All’arrivo, nello svuotare lo zaino, mi sono ac-corto di non avere un paio delle preziose calzeantivesciche ed ho pensato subito di averle di-menticate sullo stenditoio dell’albergue (che nonè un albergo a cinque stelle, ma bensì il rifugiodei pellegrini) della notte passata. Non me lasono presa, sono stato calmo ed ho accettato la,seppur importante, perdita: ben diversa sarebbestata la mia reazione qualche tempo fa!

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Dopo una mezz’ora, quando ormai non ci pensa-vo più, come d’incanto ritrovo le calze in unoscompartimento del mio zaino-casa! Calma e pa-zienza Alberto, calma e pazienza sempre!Il dolore ai piedi, per adesso, è l’unico vero pro-blema fisico che ho ed a volte faccio molta faticaa camminare, ma ce la voglio mettere tutta equindi proseguo senza vittimismi.Ore diciotto: sono seduto nel piccolo giardinodel rifugio, un tiepido sole mi scalda e tutt’intor-no l’atmosfera è piacevolmente rilassante e tran-quilla.La sensazione che provo è di totale appaganteserenità : il sorriso sul mio viso, che viene diret-tamente dall’anima, è … perenne.L’ho già detto, ma lo ripeto: durante il Camino èmeraviglioso apprezzare ogni piccolissima esemplice cosa, sul Camino diventa tutto impor-tante, soprattutto quello che a casa si da perscontato. Qui posso fare un confronto con la vitadi tutti i giorni ed ho la netta sensazione chetroppe volte nella vita ci si arrabbia per poco,non si è mai contenti di quello che si ha, non si

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apprezza nulla e si è sempre alla ricerca di chissàche cosa senza peraltro essere felici.Qui sul Camino di Santiago basta poco per esse-re felici, è sufficiente camminare, pensare, pre-gare, è sufficiente accogliere per trovare ed assa-porare la tanto ricercata e sognata felicità. Perquesto del Camino ci si innamora: alla seraquanto ci si corica non si vede l’ora che vengamattino per rimettersi in cammino. Come di unadonna della quale si è innamorati, non si vedel’ora di rincontrarla per vederla.Sono le diciotto e riposo un po’ prima di andarea cena: questa sera vorrei andare a letto prestoperché domani sarà una giornata particolare. Sa-lirò sul Monte dell’Alto del Perdon.Ore nove: sono avvolto nel mio sacco a pelo edavrei voglia di telefonare a Cesare. So che conFabio andava da Frà Elia: però aspetto, lo chia-merò domani.Questa mattina nel cielo azzurro le nuvole bian-che formavano una bellissima spada. Mi piacepensare che era quella di San Giacomo, protetto-re dei pellegrini.

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3 ottobre - martedì

da Cizur Menora Puente la Reina

Questa mattina, dopo una buona nottata sonopartito più tardi del solito: erano le otto.Il Camino di oggi sarà carico di grandi emozio-ni.Salgo sul Monte dell’Alto del Perdon, una salitafisicamente molto impegnativa di quasi due ore.Le sensazioni sono profonde, pure, ma un fortedolore dietro il ginocchio sinistro (forse tendini-te) ed un sassolino nello scarpone mi hanno fattopensare che fossero proprio tanti i peccati da far-mi perdonare. Arrivato in cima ho detto un’ AveMaria alla Madonna del famoso Monte e l’horingraziata per avermi aiutato a “salire”, con sof-ferenza, ma con una grande pace nel cuore.Ho fatto una fotografia al monumento dei pelle-grini camminanti verso Santiago, dove sono in-cise queste parole: “Donde se cruza el caminodel vento con el de las estrellas” e poi giù per

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una ripidissima discesa resa ancora più difficiledal fango e dai sassi bagnati.In compagnia del solito dolore alla gamba misono avviato verso la misteriosa Chiesa Templa-re de Nuestra Senora de Eunate. E’ una “ Ermi-ta” a forma ottagonale, bellissima e carica dienergia.Sono entrato a piedi nudi per avere un contattodiretto con la terra ed ho pregato e depositatosull’Altare della Senora il Rosario preso al Con-vento di Frà Elia. Le emozioni ed il coinvolgi-mento sono stati totali, la serenità mi ha preso inogni parte del corpo e dell’anima. Dopo un’oraho ripreso il cammino dirigendomi verso Puentela Reina.Con alcuni amici del Camino ho parlato di FràElia e senza accorgermi sono arrivato al rifugio.Ho fatto le solite ma importanti cose: doccia, bu-cato, un po’ di riposo e poi la cena.La pace sta entrando sempre più dolcemente inme, i pensieri sono sempre belli, puliti, sereni.La magia del Camino è vivere la gioia del pre-sente: tenere il passato come insegnamento (e

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non far si che rovini il presente) e pensare che ilfuturo sarà sempre migliore e pieno di splendidecertezze: questo ho imparato e rafforzato in que-sti giorni camminando. Ogni volta che mi volta-vo per vedere la strada percorsa, inciampavo oscivolavo perdendo l’equilibrio ed allora misono detto: “I passi fatti che ti servano da inse-gnamento, ma rimani concentrato sul camminopresente se non vuoi cadere: pensa che davantihai un cammino meraviglioso che ti attende”.Così ho fatto ed il mio camminare si è fatto piùsicuro, forte e preciso!Però! … i rimedi della signora Maribel hannofunzionato ed i piedi sono come nuovi!Ad un tratto per parecchi metri lungo la stradaho visto tanti sassolini a forma di cuore: alcuni liho raccolti ed appoggiati sui “mucchietti” che ipellegrini “edificano” lungo il sentiero. Unol’ho messo in tasca con l’intenzione di portarlosulla Cruz de Hierro e poi … quante belle farfal-le bianche danzavano intorno a me!

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4 ottobre - mercoledì

da Puente la Reinaa Ayegui

Dopo una notte così così alle otto parto e peruscire da Puente la Reina attraverso un ponteRomanico dell’undicesimo secolo fatto costruiredalla Regina Munia per facilitare il passaggiodei pellegrini: è molto bello ed imponente.Incontro Pino ed insieme ad altri pellegrini,camminando, recitiamo il Rosario.La gamba sinistra mi fa molto male: è sicura-mente tendinite e così per molti chilometri me latrascino. Dei gentili ragazzi inglesi vedendomizoppicare si fermano per “offrirmi” del Voltarenin pastiglie: li ringrazio ma rifiuto perché pocoprima avevo preso un antinfiammatorio dallamia personale farmacia. A proposito, “GrazieStefano!”Dopo poco, non sapendo che pesci pigliare, pro-vo a bendarmi completamente il polpaccio ed il

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ginocchio: l’effetto del bendaggio sembra procu-rarmi dei benefici.Cammino con lentezza cercando di appoggiarebene e completamente sia il piede sinistro chequello destro (e non camminare sulle punte): inquesto delicato e doloroso momento, cerco diavere molta cura di me, moltiplicando le atten-zioni verso il mio corpo. E di questo sono felice.Cammino al rallentatore per parecchi chilometried arrivato in un piccolo borgo, del quale non ri-cordo il nome, vedo Pino ed altri pellegrini chesi rinfrescano ad una fontana. Non ci penso duevolte, tolgo scarponi e calze ed immergo i piedie le gambe fino alle ginocchia nell’acqua gelida:che sollievo! Resto a mollo per quindici minuti,mi rivesto e parto.Mi accorgo subito che il dolore provocato dallatendinite si è molto attenuato ed ora camminobene ed in scioltezza. Penso alle parole di Pino,che il Camino l’ha fatto quattro volte: “ L’acquadi questa fontana è miracolosa …”Sul Camino, come nella vita, nulla accade percaso, tutto ha un preciso significato. Il Camino,

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come la vita, è costellato di piccoli e grandi “se-gnali”: bisogna solamente avere la sensibilità ela serenità per saperli leggere ed interpretare.Spesso incontro sul Camino un ragazzo francesemolto gentile e “particolare”: lui cammina sem-pre a torso nudo. Peserà non più di quaranta chilied avrà venticinque anni, biondo con gli occhiazzurri sempre luminosi e sorridenti. Porta consé, appesi ad una cintola, pochissime cose ed af-fronta il freddo, la pioggia e la sofferenza conuna tranquillità “disumana”. Da quando l’ho in-contrato la prima volta l’ho soprannominato SanFrancesco e così hanno fatto, senza che ci met-tessimo d’accordo, molti altri pellegrini. Oggi,mi sono fermato a parlare ed a mangiare un pa-nino con lui: tra le altre cose gli ho chiesto ilsuo nome. Si chiama … Franco!!! Oggi un’altra situazione magica mi ha accompa-gnato sul Camino: ero solo ed a un certo puntosono stato colto dal dubbio di quale fosse il sen-tiero “giusto” da prendere. Ed ecco, all’improv-viso, le bellissime farfalle bianche che, danzan-do e volteggiando davanti ai miei occhi, mi indi-

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cavano la strada da prendere. E neanche a farloapposta era sempre quella giusta! Ad una ad unale ho salutate e ringraziate.Ho camminato su una strada romana che con ilsuo antico ponte mi ha portato indietro di duemi-la anni: l’ho percorsa quasi senza respirare. Sen-tivo solo il rumore della terra sotto i miei piedi emi è venuta la pelle d’oca dall’emozione. Giunto ad Estella, che doveva essere l’arrivodella tappa odierna, (definizione che non mi pia-ce, mica siamo al giro d’Italia) decido di prose-guire fino ad Ayegui dove arrivo verso le sedici.Mi sistemo in un rifugio ricavato in una palestracomunale: i grandi spazi e le doccia di piastrellebianche rendono il luogo molto confortevole.Oggi, per la prima volta, ho pensato alla mia exed i miei pensieri si sono fermati sulla speranzache i suoi problemi e quelli della sua famiglia sisiano risolti. Che anche lei insieme ai suoi cari,ritrovi un po’ di serenità.In queste notti sogno con frequenza precisa per-sone della mia famiglia e questo fatto mi procura

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felicità e mi fa dire ad alta voce che volersi beneè giusto e bello.Io sono sereno, il mio cuore è pieno di gioiapura. Mi sto volendo bene e so che se vogliobene a me stesso, di conseguenza, vorrò aperta-mente e sinceramente bene agli altri.Sul Camino sto facendo anche un “piccolo” per-corso di umiltà e semplicità che sicuramente miera necessario. Alle persone che incontro nonracconto niente della mia vita: desidero che miaccettino per quello che sono e quello che vedo-no in me, senza giudizi o pregiudizi.Sono le diciannove: mentre scrivo ho i piedi amollo in acqua e sale. Fra poco andrò a scaricarela lavadora (lavatrice) che ho fatto in comunecon altri pellegrini.Domani il Camino mi porterà nella regione dellaRjoa, terra di buoni vini.Buonanotte pellegrino e per domani … BuenCamino a te ed a tutte le persone che su questaterra stanno percorrendo il proprio cammino.

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La storia del Camino di Santiago è “segnata” damoltissime Chiese, Conventi, monumenti cristia-ni, immagini Sacre, Croci, stemmi di casate,simboli templari, paesi medioevali, che ti fannotornare a tempi che furono. La mia fantasia nonpuò che viaggiare nel tempo ed immaginarequante battaglie, quanti amori, quante sofferen-ze, quante gioie e quanta Fede questi luoghi han-no visto e vissuto.

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5 ottobre - giovedì

da Ayeguia Torres del Rio

Dopo un’ottima notte di riposo ed un’abbondan-te colazione, alle otto mi incammino. Con Pinorecito il Rosario e visito l’antico Monastero diSanta Maria la Real ad Irache. Peccato che perl’ora mattutina sia chiuso in tante sue parti. Annego il dispiacere con un buon bicchiere divino che mi viene offerto da una cantina del po-sto: lo stesso “vino tinto” viene spillato come sefosse acqua di fonte. E sono solo le nove delmattino!Il Camino di oggi serpenteggia lungo una stradabianca in poca pendenza tra colline verdissimerigate da filari di viti. Questo luogo sembra fattoapposta per pensare e, seppur con la gamba sini-stra ancora un po’ dolorante, il mio ritmo rimanecadenzato e preciso così come i miei pensieriche oggi, come spesso succede, mi riempiono digioia.

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E penso a quanto nella vita sia importante avereuna “cadenza” fantasiosa e precisa sia nel cam-mino che nelle scelte, dove tutto deve (dovreb-be) succedere con calma e con cura.Oggi camminando tra queste meraviglie dellanatura, mi è venuto spontaneo chiedere con unapreghiera a Dio ed alla Madonna, aiuto e prote-zione verso tutte le persone che conosco e che diaiuto hanno bisogno.Le colline che ho attraversato oggi sono costella-te da Chiese e piccoli Monasteri: una fonte ro-mana di acqua ha meritato un minuto di sostaperché molto bella. Deve essere stata, nel me-dioevo, un’oasi di ristoro e di sollievo per i pel-legrini di quel tempo.Oggi sono affamato e mi fermo a Los Arcos perun buon pranzetto. Dopo aver ripreso un po’ diforze, decido di proseguire per altri otto chilo-metri fino a Torres del Rio.La solita gamba nelle ultime due ore di Camino,dopo aver tolto i fastidiosi bendaggi, sembra ab-bia assorbito quasi tutto il dolore: infatti arrivoalla meta di oggi in forma perfetta e sono sempre

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più convinto che camminare, ma camminarebene, mi purifica e mi fa sentire a contatto con laterra. E la terra, quasi a ricompensarmi per aver-la accarezzata con i piedi, mi ricambia riempien-domi di energia.Anche oggi le solite farfalle bianche mi hannoaccompagnato per molti tratti del cammino fa-cendomi compagnia e trasmettendomi gioia bal-landomi vicino quasi a sfiorarmi il viso ed il cor-po: sono i miei preziosi Angeli Custodi! Qui hola sensibilità di vedere, capire ed apprezzare lecose che nella vita normalmente mi sfuggono.Solitudine “fuori dal tempo” è stato il Camino dioggi, ma è stato un Camino pieno di vita.Nelle ultime ore un pensiero è ricorrente nellamia testa: … vorrei incontrare una donna …che sappia camminare sui sentieri della vita …una donna che abbia forza e coraggio … sonostufo di quelle che … sanno usare solo la mac-china (metafora della comodità) sul difficilecammino della vita! La Chiesa Templare a otto lati di Torres del Rioè una delle costruzioni Sacre più singolari del

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Camino di Santiago: un capolavoro! E’ simileall’Ermita di Eunate e sull’entrata si nota unacroce patriarcale simbolo dell’ Ordine del SantoSepolcro.Alle diciannove mi ritiro nel rifugio “CasaMari”. Mari è la sessantenne hospitalera, che peril forte trucco, sembra la matresse d’un bordellodegli anni cinquanta. Comunque è gentilissima emi fa assaggiare un liquore fatto da lei a base diolive, che non posso proprio dire che è buono,ma è sicuramente unico e particolare. Un roman-tico tramonto mi avvisa che è l’ora di cena.Alle ventuno e trenta sono a letto.

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6 ottobre - venerdì

da Torres del Rioa Navarrete

La notte trascorsa al rifugio della signora Mari èstata buona, come del resto la cena all’italianacondivisa con una decina di pellegrini prove-nienti da mezzo mondo.Alle sette e quarantacinque parto con destinazio-ne Navarrete.Fin da subito capisco che il Camino di oggi saràdifficile: infatti si snoda su un terreno duro ed inparte asfaltato, in nome della viabilità moderna,dove le gambe, le articolazioni e soprattutto ipiedi sono messi a dura prova. Passo da Vianadove, all’ingresso della Chiesa di Santa Maria,c’è la tomba di Cesare Borgia, figlio di Alessan-dro VI, morto nel 1506 in duello con il conte Le-rìn.Siamo nella regione della Rioja famosa per isuoi vini: estensioni di vigneti “tappezzano”

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le colline tra saliscendi detti anche “spaccagam-be” che per me sono un vero supplizio.Arrivo dopo aver camminato per venti chilome-tri alla città di Logrono, capitale della Rioja, cheattraverso per andare a visitare due Cattedrali dirara bellezza. Purtroppo, una è chiusa. Peccatoc’era un quadro di Michelangelo che assoluta-mente volevo vedere. Abbandono subito la città perché faccio fatica asopportare i rumori, l’asfalto, i negozi e … tuttaquella gente di corsa! Ora mi trovo bene solo nelsilenzio e nella natura. E ciò è sicuramente lega-to al mio forte desiderio di disintossicarmi dallafrenesia e dalla materialità di “tutti i giorni”. In-fatti appena esco da Logrono e la vista si apre suun bellissimo laghetto nel quale si specchia unimmenso bosco, il mio umore inizia a rassere-narsi.La strada comincia a salire e la gamba sinistrami fa ancora un po’ male, ma cammino bene,consapevole dei miei limiti, ma anche delle miepossibilità.

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Dopo dodici chilometri arrivo a Navarrete, maprima di entrare in paese, non so per quale moti-vo, mi sono commosso ed ho pianto. Ho dettouna preghiera per ringraziare Tutti coloro cheanche oggi mi hanno dato la forza per arrivare. Ho camminato per trentacinque chilometri incondizioni difficili e, senza voler essere presun-tuoso, mi sono meravigliato della buona volontàe della caparbietà che ci ho messo nell’affrontarequesta situazione per me anomala.Come al solito bucato, cena ed a letto presto:sono molto stanco, ma la testa è libera, libera, li-bera!Cena ottima. Il menù del pellegrino (sei euro)questa sera prevedeva:zuppa di fagioli rossi con costine di maiale, codadi toro in umido, torta di Santiago, vino rossodella Rioja.Alle nove e venti sono a letto: la stanchezza ed ilsonno prendono presto il sopravvento e mi ad-dormento sereno. ‘ Notte!

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7 ottobre - sabato

da Navarretea Azofra

Anche se con la pancia piena per l’abbondante esquisita cena di ieri, dormo una notte tranquilla.Alle sette e quarantacinque parto: nel cielo c’èancora la notte ed il mio umore ed i miei pensie-ri seguono il buio che mi circonda. Probabil-mente l’attraversamento della città nella tappa diieri ha lasciato in me un senso di sofferenza e ditristezza: in questo momento, dentro di me, lamalinconia vince sulla felicità.Cammino solo e sono un po’ nervoso: mi fermoa Najera. Nella piazza principale mi tolgo scar-poni e calze per far respirare i piedi e preparo unboccadillo al jamon. Scomodamente seduto suuna panchina di ferro consumo il pranzo: primadi ripartire visito il Monastero di Santa Maria laReal, fondato nel 1052 sui resti di una grottaconsiderata miracolosa.I piedi mi dolgono, sono le tredici.

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Dopo mezz’ora, come d’incanto, i miei persona-lissimi mezzi di trasporto cessano di farmi male:l’umore ed i pensieri improvvisamente migliora-no ed ora il passo è regolare tanto che non mi ac-corgo di camminare!Oggi per la prima volta, dopo otto giorni di cam-mino, ho avuto un lontanissimo dubbio di poter-cela fare ad arrivare fino a Santiago. Ma prestoquesto pensiero è svanito e la forza è tornata acomandare la mia mente.Il Camino di Santiago de Compostela è come ilcammino della vita ed oggi ne ho avuto la con-ferma: ci sono dei momenti nei quali mollerestitutto, vorresti arrenderti, la speranza non ti so-stiene più, sei sempre più convinto di non poter-cela fare. Poi, senza che tu te ne accorga, so-praggiunge una forza strana e sconosciuta che si-lenziosamente ti trascina di nuovo dentro nel Ca-mino, così come succede in tanti momenti dellavita.A volte sul Camino mi trovo un po’ fuori dalmondo, dagli schemi ai quali sono abituato: quivivo ed apprezzo situazioni che in altre condi-

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zioni non avrei mai accettato. Certo a volte unpo’ a malincuore e con difficoltà, ma comunque“accettando”.Per esempio oggi, quando sono arrivato al rifu-gio di Azofra, sapendo che le stanzette eranoper due persone, ho chiesto all’hospitalera sec’era la possibilità di dormire da solo (ne sentivoun gran bisogno!) senza i soliti simpatici “ronca-dores”. Quando sembrava che questo privilegiofosse possibile, la bella e giovane hospitalera miha messo come compagno di stanza un ragazzotedesco “rasta” che puzzava come un caprone:era da capire, povero pellegrino. Da subito misono lamentato, ma è bastato un minuto che ladelusione iniziale passasse ed anche questa voltae ne sono contento, ho “accettato” la situazionesenza fare ulteriori “casini” come era mia con-suetudine fare in passato. Questo insegnamentomi è sembrato una buona lezione contro i mieipreconcetti.Sul Camino tutto diventa utile ed importante, apartire dalle piccole e grandi lezioni di vita perarrivare ai comportamenti da tenere con gli altri.

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Dall’accettazione della condivisione, all’impor-tanza del cibo, dell’acqua, delle medicine, deisoldi. Sul Camino dieci centesimi sono preziosicome è prezioso un sorso d’acqua quando si èassetati: qui non è ammissibile lo spreco ed ognibriciola di pane può diventare fondamentale! Il mondo degli sprechi, che purtroppo caratteriz-za il vivere dei nostri giorni, sul Camino di San-tiago non esiste. E mi viene da pensare che por-tare queste regole nella società moderna non sa-rebbe un passo indietro ma un’enorme conqui-sta.Apprezzo la cena a base di verdure che terminoprendendo un’aspirina ed alle nove sono già aletto.

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8 ottobre - Domenica

da Azofraa Redecilla del Camino

Con il simpatico, gentile e, dopo la doccia, pro-fumato ragazzo tedesco mio compagno di stan-za, decidiamo di puntare la sveglia alle sei etrenta. Dopo un ottimo sonno mi sveglio e primadi abbandonare, alle sette ed un quarto, il rifu-gio, lascio sul tavolo dell’hospitalera un baratto-lo di shampoo per i pellegrini ed un biglietto disaluti e di scuse per il mio comportamento dellasera precedente.Questa mattina mi incammino con Pino ed Aldoe dopo aver detto il Rosario, discorriamo tran-quillamente ed allegramente su ogni cosa, avvol-ti da uno scenario dantesco: una leggera nebbio-lina avvolge le immense colline coltivate a vi-gneti ed il sentiero bianco traccia il percorso giu-sto da seguire.Sono molto “carico” e felice e tra una battuta eduna risata arriviamo a Santo Domingo de la Cal-

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zada. E’ Domenica ed in Cattedrale alle undici etrenta sentiamo la Messa. La liturgia è accompa-gnata dal canto di due galli bianchi chiusi in unagabbia intagliata all’interno di una parete dellaChiesa a ricordo di un miracolo avvenuto centi-naia di anni fa.Breve sosta per il pranzo (panino e birra) e ripar-to da solo verso gli ultimi dodici chilometri chemi separano da Redecilla del Camino. Fisicamente sto bene e tra bei pensieri e “variperdoni” cammino finchè non incontro Antonel-la, una ragazza di Livorno, con la quale parlo diFrà Elia. Lo sento molto vicino.Penso alla mia famiglia ed avrei voglia di vederetutti.Arrivo dopo quasi otto ore a Redecilla: il rifugioè chiuso, ma per una strana combinazione io,Antonella, Vlady, Pino, Aldo, Luigi ed altre duepersone (mamma e figlia spagnole) riusciamo asistemarci. Qui la Provvidenza ha ascoltato ilmio desiderio di riposo.Da quando sono partito e di questo sono felice,non ho mai perso il controllo di me stesso, mai

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nessuna arrabbiatura ha preso il sopravvento,mai nessuna imprecazione è scappata dalla miabocca, se non la piccola contrarietà di ieri. Inpratica riesco in maniera “nuova” a controllarele mie reazioni.Un altro pensiero: spero tanto che quando sarò acasa rimanga immutata in me questa serenità,questa felicità, questo senso di accettazione,questi pensieri che ho trovato camminando sulmeraviglioso Camino di Santiago!

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9 ottobre - lunedì

da Redecilla del Caminoa Villafranca Montes de Oca

Ore sei e quarantacinque: apro gli occhi un atti-mo prima che la sveglia suoni. Pensavo di dor-mire un sonno tranquillo, ma così non è stato equesta notte è stato il turno delle “roncadores”spagnole.Pazienza!Alle sette e trenta mi incammino e come spessosuccede fuori è ancora buio e fa freddo. Sonoancora assonnato e sento le gambe stanche.Quello di oggi, che sulla carta doveva essere uncammino facile e tranquillo da fare in tutto relax,si presenta invece, contrariamente ad ogni previ-sione, complicato fin dall’inizio: perfino lo zainopesa come un macigno!Poco dopo mi fermo a fare colazione in un baret-to nel paese di Belorado con caffè, pane, burro emarmellata.

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Ora il sentiero in mezzo alle colline della Casti-glia-Leon si fa bello e l’aria che si respira ed ilpaesaggio che vedo mi fanno tornare con lamente ai tempi passati. Dove immagino esercitimedioevali che si trasferiscono da un accampa-mento all’altro o sanguinose battaglie con cava-lieri che sui loro destrieri si lanciano all’impaz-zata contro il nemico.Gli spazi delle vallate sono immensi, a perditad’occhio.Arrivato a Tosantos vado dopo una salita moz-zafiato a visitare la singolare Ermita Virgen dela Pena: è una piccola Chiesa arroccata e, in par-te, scavata nella roccia.Fino a Villafranca Montes de Oca un’intermina-bile sentiero mi accompagna alla pensione dovedormirò in una “abitacion personal” al prezzo didieci euro: questa sera mi và di fare questa “fol-lia” … lenzuola bianche e… silenzio.Oggi è stata una giornata durante la quale i pen-sieri si sono alternati velocemente nella mia te-sta: mi venivano alla mente molte cose di casa,della mia vita, della mia famiglia e dei miei ami-

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ci. Forse è anche normale dopo dodici giornidalla partenza ed a un certo punto ho avuto labrutta sensazione di aver “abbandonato” qualcu-no o qualcosa. Ma in fondo all’anima ho sentitodi aver fatto la cosa giusta.La solitudine che vivo insieme a questa sofferen-za, ma anche la serenità che vivo insieme a que-sta gioia, mi proiettano in una dimensione nuo-va, mai vissuta prima, che appaga la mia anima,il mio cuore e la mia mente.Domani il Camino mi porterà sui Montes de Oca(1150 metri) tra ripide mulattiere, boschi silen-ziosi e montagne con alti alberi verdi: una carto-lina fuori dal mondo, che sicuramente mi riem-pirà di gioia.Sono al decimo giorno di cammino verso Santia-go e già in me qualcosa si risveglia: è come se lamia vita fosse tornata indietro negli anni, dovetutto dovrà avere un nuovo inizio e ad attender-mi ci sarà una nuova e più completa esistenzapersonale. Oggi sul Camino ho incontrato una coppia digiovani sposini messicani: gentilmente si sono

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fermati a chiedermi come stavo e dopo aver sco-perto che ero italiano, mi hanno confidato checontinueranno la loro luna di miele nel bel pae-se: visiteranno Firenze, Venezia, Roma e Mila-no. Ho suggerito loro di investire poco tempo nellametropoli lombarda e di impiegarlo piuttostonella visita di Bergamo Alta.Nel salutarci ci siamo augurati reciprocamenteBuen Camino! Questi piccoli, ma graditi gesti, sul Camino fan-no commuovere.Mentre scrivo mi godo il bellissimo tramontoche illumina e colora di rosso le poche nuvolebianche. La luce nel cielo cala e delle montagneora si vede solo il seghettato ma dolce contorno.

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10 ottobre - martedì

da Villafranca Montes de Ocaa Burgos

Nella pensioncina ho dormito un buon sonno.Alle sette e quaranta, dopo un’abbondante cola-zione, sono partito per i Montes de Oca. E’ an-cora notte ma l’atmosfera è bella e la stradina diterra sale ripida e si immerge in uno scenario dafavola: le foreste di pini e di castani respiranocon me un’aria frizzante e pura, mi sento vivo, latesta con i suoi pensieri è libera. Ad un tratto,senza una precisa ragione mi sono ritornate inmente le parole di Frate Elia: “ … non è la don-na che fa per te …” e poi: “ … le sue sono tuttechiacchiere, non sentimenti puri …”. Ed io, aqueste sue parole rispondevo con il silenzio econ l’attesa e quando trovavo un riscontro di ciònella realtà, quasi mi “arrabbiavo” con l’amicoElia per aver “letto giustamente” una cosa chenon volevo assolutamente accettare. Alla fine misono arreso davanti all’unica verità … .

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Ripercorrendo l’intera storia e pensando a quelloche è successo tra di noi mi viene da sorridere:ora sento lei “lontana” dal mio cuore, propriocome se fosse … una donna che non fa per me.Sono sereno. Un grazie di cuore al caro amicoFabio … ed ai suoi preziosi consigli.Verso le undici mi fermo a San Juan de Ortega evisito la Chiesa romanica (1163) intitolata a SanJuan che insieme a Santo Domingo è stato unodei maggiori artefici nella costruzione di ponti enel miglioramento della Via Jacopea. Tra le altrevirtù a San Juan venivano riconosciute proprietàmiracolose contro la sterilità.Sono le dodici e riprendo il Camino verso Bur-gos: la città mi “spaventa” un po’, comunquesono pronto a tutto.Il Camino di oggi è stato fisicamente faticoso,anche se il paesaggio era molto bello. Ricordo inparticolare una ripidissima mulattiera fatta disassi piatti incastrati uno accanto all’altro conuna cura non casuale che andavano a formareuna antica strada medioevale calpestata per piùdi milleduecento anni da milioni di pellegrini:

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essere uno di loro mi ha per un attimo riempitod’orgoglio.Arrivato alla periferia di Burgos, dopo trentachilometri di Camino, mi sono concesso il lusso,assieme ad altri pellegrini, di prendere un busfino in centro città. Percorrendo quattro chilome-tri attraverso la zona industriale mi sembrava dirovinare e sminuire tutto quanto c’era stato dibello oggi.Ore diciotto: arrivo al rifugio municipale. Perfortuna lo chalet è ubicato quasi alla periferiaopposta della città in un bel parco. Mi sistemonello stanzone (60 posti) tutto di legno, dove re-gna un puzzo che stordirebbe anche un toro.Alle sette e trenta faccio visita alla Cattedralegotica (1221): è imponente, bellissima ed a ra-gione viene definita una delle più belle d’Euro-pa.Burgos, città di grande importanza storica per ilCamino di Santiago, è anche la patria del grandecondottiero “El Cid Campeador” (Rodrigo deVivar).

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Ceno con altri pellegrini che incontro sulla viaprincipale dell’antica capitale del Regno di Ca-stiglia.Telefonicamente ho sentito Cesare, Antonio eper la prima volta, dopo tanto tempo, ho telefo-nato a Franco. Un bel passo è stato compiuto:entrambi eravamo felici … .Sono le dieci e trenta e sto scrivendo il mio dia-rio illuminato dalla poca luce della pila perchénormalmente le luci principali delle cameratevengono spente alle dieci.Il “solito” russatore inizia il suo … concerto.Metto i tappi nelle orecchie, anche se non fannomolto.Le piante dei piedi questa sera mi fanno moltomale. Domani iniziano le sterminate e deserticheMesetas: più che i piedi, servirà la testa, sicura-mente avrò modo e tempo di pensare … .

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11 ottobre - mercoledì

da Burgosa Hontanas

Come al solito parto con il buio: sono le sette etrenta e faccio colazione in un bar universitariodi Burgos. Nello zaino, oggi, oltre alla solitascorta di acqua metto un panino ed un po’ dicioccolato perché sulle mesetas è difficile se nonimpossibile trovare rifornimenti.Cammino solo, su una strada che ritengo pocosignificativa. Forse non mi sono ancora abituatoal “nulla” dell’altopiano. All’improvviso un nu-volone nero mi avvisa che un temporale è in ar-rivo: difatti poco dopo una fitta pioggia(classicadelle mesetas) mi investe. Indosso la mantella ele ghette ed il cielo si fa sempre più nero. Oral’acqua arriva a … secchiate: la salita che miporta verso Hornillos del Camino è ripida e co-stante. Sono in difficoltà anche perché i piedi mifanno male, sembra che brucino anche se cam-mino nell’acqua.

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Stringo i denti, cerco di camminare lento ed at-tento per evitare di schiacciare con le suole an-che le più piccole pietre, perché ogni sasso cal-pestato è paragonabile ad uno spillo che si con-ficca nella carne dei piedi.Non ho mai avuto tanta cura di me, soprattuttonei piccolissimi particolari, come in questi gior-ni.Al culmine del dolore fisico ho provato a distrar-mi cantando a squarciagola la canzone “Azzur-ro” di Celentano e tra una stonata ed una risatatra me e me ho trovato la forza di continuare.Sono le quattordici e mi fermo a Hornillas per ri-posarmi. Mangio una piatto di minestra calda: e’un toccasana dopo il freddo e la pioggia di que-sta mattina.Riparto con più di forze e sono pronto per af-frontare la seconda meseta. Ora la salita è in leg-gera ascesa seppur lenta e costante: intorno a meil deserto, tagliato in due parti dal sentiero sulquale sto camminando e che va dritto fino all’o-rizzonte. Non c’è nemmeno un albero a farmicompagnia.

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Incontro la ragazza francese conosciuta a Torresdel Rio e mi dice che la sua amica ha dovuto ab-bandonare il Camino per gigantesche ampollas(sono le vesciche ai piedi). Il suo passo non è so-stenibile per me (e non voglio nemmeno che losia!), quindi con un abbraccio ci salutiamo e cisepariamo.Il cielo sopra di me fa paura: è di un colore nero-verde e faccio appena in tempo ad infilarmi lamantella che puntuale arriva una fitta grandinata.Senza perdermi d’animo continuo a camminare,anche perché posti per ripararmi non ce ne sono,gli scarponi ed i vestiti sono inzuppati d’acqua efa molto freddo (siamo a 1000 metri). Per unmomento ho pensato … “ma chi me l’ha fattofare!”. Poco dopo, come se Qualcuno fosse lì adascoltarmi ed aiutarmi, è uscito un timido sole.Purtroppo l’ho goduto solo per pochi minuti per-chè una seconda e più forte grandinata si è ab-battuta su di me: le mani, la testa e le gambe era-no violentemente “picchiate” da pezzi di ghiac-cio grossi come noccioline. Cavolo che male!

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Questa volta ho accettato serenamente lo“sfogo” della natura. Forse ho capito che nondevo lamentarmi o imprecare davanti alla primadifficoltà, ma anzi devo essere ottimista e spera-re. Ed infatti la speranza mi ha fatto un bellissi-mo regalo trasformando quel finimondo in unbel sole che mi ha accompagnato, scaldandomi,fino ad Hontanas. Che bella lezione!Alle sedici e trenta bagnato fradicio e sporco difango da capo a piedi arrivo al rifugio. E’ moltocarino e caldo. Dopo la doccia faccio il bucato.Fortunatamente c’è la lavadora e la secadora (la-vatrice ed asciugatrice): se non ci fossero statesarebbe stato un problema fare asciugare tuttiquei vestiti!Incontro l’amico bresciano e ci salutiamo. Insie-me beviamo una buona cervesa.Ora sono nell’accogliente stanzetta: dall’alto delmio letto a castello osservo gli altri pellegriniche tra una chiacchiera ed una risata si curano ipiedi ed i muscoli delle gambe. Alcuni di lorosono conciati proprio male!

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Mi viene da pensare perché tante persone, com-preso me, hanno affrontato ed affrontano sponta-neamente un Camino così difficile ed a voltepersino disumano. E perché accettano sorridentie consapevoli i dolori e vivono fisicamente gior-nate massacranti, anziché stare nella comoditàdella propria casa.Io penso, come tanti altri, che lo si faccia soprat-tutto per Fede: anche noi vogliamo vivere il “no-stro Calvario”, vogliamo assomigliare a Gesù,camminando per portare la Sua Parola e soffrirecome Lui ha sofferto per noi.Una persona senza Fede non riuscirebbe a “capi-re” il Camino di Santiago, anzi penserebbe che ipellegrini sono solo una banda di matti!Ore venti: ceno in compagnia di altri pellegrini.Per scaldarci questa sera non ci siamo fatti man-care del buon vino.Alle nove e trenta sono in branda e quel bicchie-re di vino in più mi aiuta a prendere serenamentesonno.

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12 ottobre - giovedì

da Hontanasa Boadilla del Camino

Alle sette ed un quarto recito l’ormai noto ritua-le: zaino in spalla, scarponi ben stretti ai piedi,un bel sorriso accompagnato da un profondo re-spiro e … via!Dopo i temporali di ieri, oggi il cielo è pieno distelle e qui ce ne sono veramente tante e tutte lu-minosissime. L’aria fredda mi congela il naso emi punge la pelle intorno agli occhi, il respiro èfumoso, la sensazione è di avere una forza inte-riore raramente avuta prima.Il sentiero del Camino, che mi porta attraversole famose ed interminabili mesetas, passa inmezzo ad una Chiesa-Monastero del millecin-quecento: è in parte diroccata, ma il carico dellasua storia la rende comunque affascinante.Camminare tra questi luoghi pieni di mistero mimette dentro un’energia particolare, la mia men-te tornando indietro di cinquecento anni si riem-

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pie di mille domande: che uomini hanno costrui-to queste imponenti e bellissime strutture? Comehanno fatto? Perché proprio lì sulle desertichemesetas? Di cosa vivevano e come passavano lagiornata questi frati “isolati e solitari”? E poi ache scopo, così lontani da tutto e da tutti? Peradesso queste domande non hanno una rispostaprecisa.Cammino senza sforzo, l’aria fresca mi aiuta: unbel sole mi guarda scaldandomi, è un vero piace-re!Al ventesimo chilometro faccio una piccola de-viazione per andare a visitare l’Ermita da SanNicolas (1200), è un antica Chiesa-rifugio perpellegrini ora gestita dalla Confraternita Italianadi San Jacopo che ha sede a Perugia. Con grandedispiacere la trovo chiusa (viene chiusa a finesettembre per il troppo freddo: non c’è riscalda-mento!): mi sarei fermato volentieri a riposareconversando con dei connazionali dopo sei oredi cammino.Mangio una zuppa di verdura in una taverna aItero della Vega. Senza farmi problemi, a tavola,

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mi tolgo scarponi e calze, faccio respirare i piedioltre che a riempirmi la pancia!Verso le tre del pomeriggio riprendo il cammi-no, dovrei arrivare a Fromista, ma i piedi, hopercorso ormai trenta chilometri, iniziano a do-lermi. Decido di fermarmi per la notte a Boadilladove per dieci euro, in un rifugio privato, midanno una stanza personale con lenzuola bian-che e pulite! Che bel regalo!Ore sette di sera: sono affamato e la cena è giapronta sul tavolo. La divido con l’amico brescia-no ed un pellegrino francese di settanta anni edall’ultimo minuto si aggiunge a noi l’elegante si-gnora che sul passo di Roncisvalle ho avutomodo di apprezzare per la forza e la sicurezzadel suo passo.I soliti amici, con i quali condividevo spesso lacena, non sono più con me: c’è chi è andatoavanti e chi è rimasto indietro, ma anche questaè stata una scelta cercata da me ed un po’ volutadal destino. E’ grande la voglia ed il desiderio distare sempre più solo con me stesso e di affron-tare senza nessun “appoggio morale” questo mio

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Camino di Santiago: dopo tredici giorni mi sentoforte e pronto per poterlo fare.La soglia di resistenza al dolore è aumentata esono meravigliato dalla volontà con la quale af-fronto la sofferenza continuando a camminaresenza lamenti o imprecazioni. E mi domando:“Ma chi mi sta aiutando?”.Anziché piangere … prego e canto! Che“strano” che è questo Camino di Santiago deCompostela!Quante volte nella vita mi sono arrabbiato ed in-gaggiato (come dice Fabio) per situazioni che ri-tenevo poco appaganti e che adesso vedo comebanali e stupide? La continuità e la ripetitività del Camino mistanno facendo capire giorno dopo giorno che lavita, intesa come quotidianità, non è quella cheviviamo abitualmente nel nostro mondo, ma alcontrario dovrebbe essere l’esistenza vissuta conscelte ed intensità diverse: dove non serve solo“avere” per essere felici. Saper comprendere chela felicità può nascere da qualcosa d’altro, sicu-ramente anche dalle cose più semplici e da atti di

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bontà verso se stessi e verso il prossimo, è ungrande insegnamento.Da uomo che vive nel ventesimo secolo sono co-munque consapevole e non me ne vergogno, cheil mondo è fatto anche di materialità e di moder-nità, anche se mi auguro che la mia vita possaavere in futuro altri “riferimenti” per nuove egiuste scelte ed un’umanità personale più pro-fonda.

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accettare ed accogliere la vitacon Fedecon intraprendenzacon serietàcon sopportazione

accettare ed accogliere il prossimocon amorecon felicitàcon serenità

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13 ottobre - venerdì

da Boadilla del Caminoa Carriòn de los Condes

La notte che ho trascorso mi ha riempito di nuo-ve forze ed alle sette e venti inizia il mio quoti-diano e solitario cammino. Dopo quasi un’oraalle prime luci dell’alba il mondo intorno a me siillumina e come d’incanto la natura si sveglia.Costeggiando un fiume noto alcuni piccoli rodi-tori che sul ciglio della riva mangiano la loroprima colazione: non sono spaventati da me, miosservano ed imperterriti continuano a muoverevelocemente le loro minuscole bocche. Dal si-lenzio assoluto nasce pian piano, come se fosseun coro di mille elementi, una musica di cinguet-tii che salutano il nuovo giorno.Il sole alle mie spalle è un cerchio rosso ben de-finito che si specchia nelle acque fumanti delfiume: lo spettacolo è meraviglioso, l’atmosferamagica. Mi ero ripromesso che mai mi sarei gi-rato per fotografare la “strada fatta”, come se

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non volessi portare con me immagini del passa-to, ma immortalare solamente quello che davan-ti a me gli occhi vedevano, ma la bellezza e l’in-tensità di quel momento e l’esplosione di quellanatura andavano assolutamente impressionate ericordate visivamente oltre che mentalmente. Sgranocchiando alcune mandorle cammino leg-gero e spedito.Arrivo verso mezzogiorno a Villalcazar de Sir-gia, che è tra le più importanti località del Cami-no perchè nata sotto l’influenza dell’Ordine deiTemplari. Vado subito a visitare la Chiesa diSanta Maria la Blanca (sec.XIII) e mi siedo neibanchi di questo meraviglioso Tempio per pre-gare e riposare.Quando esco accendo il telefono, cosa che nonfaccio mai durante il giorno, e vedo che Manumi ha cercato. La richiamo e mi dice che con FràElia stanno organizzando per il sedici novembreun pellegrinaggio alla Madonna di Fatima e seanch’io sono interessato ad andare. Accetto feli-cemente la proposta.

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Mi incammino in direzione di Carrion de losCondes: vorrei dormire nel Convento di SantaChiara. Si dice che San Francesco Pellegrinoverso Santiago dormì proprio lì. Il mio pensierovà al Poverello di Assisi, alla Sua vita ed un bri-vido di emozione e commozione mi corre lungola schiena.Al Convento rivedo alcuni amici pellegrini chenon incontravo da un po’ di giorni e con due diloro divido una delle piccole e fredde cellette.Dopo aver assolto le personali necessità quoti-diane, vale a dire la doccia, il bucato e la curadei piedi, ci organizziamo per una cena “tutti in-sieme”.Nella cucina del Convento abbiamo preparato,dopo aver fatto la spesa, un’ottima pasta al po-modoro, un’acquosa zuppa di verdure(fatta dame), alici sott’olio e per finire una macedoniafatta di ben sei frutti diversi! Il buon vino tintoha aiutato a rendere la serata piacevole ed alle-gra. Abbiamo parlato di tutto in una ridicola lin-gua italo-francese-spagnolo-bresciana e poi tutti

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insieme abbiamo cantato “O sole mio”: chespasso!Sono le dieci e trenta: ognuno si ritira nel pro-prio letto. Si conclude una giornata bellissima edio sono immensamente felice: anche il mal dipiedi e la tendinite sono un ricordo lontano.Buonanotte!

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14 ottobre - sabato

da Carrion de los Condesa Terradillos de Templarios

Che nottataccia!Non ho chiuso occhio, il signore francese ha rus-sato per tutta la notte come un trattore. Alle treper la disperazione (si fa per dire) mi è venutavoglia di mettermi in cammino, ma ho resistitonel letto fino alle sei. Quindi mi sono alzato edopo una veloce colazione, sono partito.La stanchezza accumulata nella notte senza son-no si fa sentire: il lunghissimo sentiero senzacurve in mezzo al nulla è fisicamente e mental-mente faticoso. Cammino lentamente in questodeserto di sassi appuntiti ed i piedi iniziano asoffrire. La mente è concentrata sul mio dolore esulla mia persona: inizio a pregare intonandouna canzone con delle parole inventate al mo-mento. Sorrido ed incomincio a stare meglio.Dopo dodici chilometri una leggera collina micrea la speranza, che dopo averla superata, i miei

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occhi possano vedere una Chiesa con il suo cam-panile. Sarebbe il segno che sto arrivando in unpueblo (paese) dove posso trovare un po’ di ri-poso. Ma appena varco il “dosso” davanti a mel’interminabile sentiero sempre più diritto e sem-pre più lungo cammina verso l’orizzonte. Dopoaltri cinque chilometri, quando ormai la mia spe-ranza viene meno, scollinando l’ultima salita,vedo la punta di un campanile, il paese ai suoipiedi infossato nella piccola valle. E’ Calzadillade la Cueza.Arrivo a fatica e mi fermo davanti ad un piccolobar dove incontro Ute che mi dice che nel localenon danno niente da mangiare. Per fortuna nellozaino ho del pane e del formaggio avanzati daieri. Con l’amica tedesca bevo una birra e dopouna mezz’ora riparto alla volta di Terradillos deTemplarios. Come si capisce dal nome, il paeseè stato fondato dai Cavalieri Templari. Arrivoalle sedici: sono stanchissimo ed i piedi sono apezzi, oltre al solito altalenante dolore sotto le“piante”, sono comparse due vesciche sui tallo-ni.

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Oggi è stata un’impresa, ma come in tutte le im-prese riuscite, seppur con fatica e con dolore, ilcuore si riempie di gioia e felicità.Sono consapevole … penso alla mia famiglia …ed in me si rafforza la certezza di quanto sia im-portante e bello avere vicino delle persone che tivogliono bene ed in qualunque momento ti pos-sono aiutare in maniera disinteressata: ho moltavoglia di rivedere tutti!Prima di cena all’hospitalero ho chiesto comeaperitivo un vaso (bicchiere) di vino tinto: pro-babilmente, credendomi un fesso, mi ha dato dabere del buon aceto! Alle mie rimostranze, luicon fare da furbetto, ridendosela, mi ha detto cheera il miglior vino della Rjoa. E siccome a menon piaceva … glielo ho versato, senza farmi ve-dere, nella sua caraffa.Sono cose che succedono, ma …chi la fa, l’aspetti!

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15 ottobre - Domenica

da Terradillos de Templariosa El Burgo Ranero

La notte è stata così così ed alle sei mi alzo an-cora mezzo addormentato. Un gruppo di “finti”pellegrini, in realtà turisti spagnoli arrivati inmacchina, si sono infiltrati nell’albergue (se nonsei pellegrino con la credenziale non puoi essereospitato) e credendo che il Camino fosse un’e-scursione goliardica tra amici non hanno volutocapire, tra le lamentele di tutti, che i “veri” pelle-grini, quelli che vanno a piedi, hanno bisogno diriposo e tranquillità. Pazienza! Faccio una frugale colazione al rifugio e con an-cora il cielo stellato mi incammino su un sentie-ro che attraversa i campi delle mesetas. Sono unpo’ nervoso, forse penso ancora a … quegli spa-gnoli.All’albeggiare il mio umore migliora notevol-mente, cammino con leggerezza e dentro mi sen-to tranquillo.

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Dieci e quaranta: arrivo a Sahagun. Cerco unaChiesa per sentire la Messa. Oggi è Domenica,ma purtroppo non ne trovo aperte: strano! Prose-guo per l’interminabile sentiero nato senza cur-ve. Non incontro altri pellegrini, sono solo ed aun certo punto, alle mie spalle, sento una voceche in italiano mi dice: “Ciao, tutto bene?”. E’un pellegrino-ciclista di Torino, Claudio. Gentil-mente si ferma per un saluto e scendendo dallabicicletta mi accompagna a piedi per un lungotratto di strada. Al momento dei saluti mi do-manda, con semplicità ed interesse, del perchèvado verso Santiago di Compostela. Con altret-tanta semplicità gli rispondo che il Camino perme è la continuazione di un cammino di “vitanuova” intrapreso qualche mese fa e che mi ser-virà, almeno spero, a capire molte cose di mestesso, della mia vita, della mia Fede.Proseguendo, arrivo nelle strade del piccolissi-mo borgo rurale di Bercianos del Real Camino:alla mia sinistra vedo una piccola Chiesa ed en-tro: stanno celebrando la Santa Messa. Nel ban-co davanti a me vedo Claudio: ci sorridiamo e

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con un cenno della mano ci salutiamo. Noto chesull’altare il parroco non è vestito con i para-menti per noi abituali, ma è in giacca e cravattaed anche la cerimonia è diversa da quella con-sueta.È la terza Domenica consecutiva che arrivo inun qualsiasi paesello e senza conoscere gli orari,puntualmente entro in Chiesa all’inizio dellaMessa. Le cose basta volerle che … miracolosa-mente accadono!Una doppia zuppa di fagioli rossi è il mio pranzodomenicale. Dopo un mezz’ora mi rimetto incammino: la meta è il famoso rifugio “Domeni-co Laffi” a El Burgo Ranero. La stanchezza ini-zia a farsi sentire: ormai è da parecchie ore chele mie gambe macinano strada ed a cinque chilo-metri dal paese mi devo fermare a bendarmi lagamba sopra la caviglia sinistra. Il dolore non èforte, però ormai ho imparato che è meglio pre-venire.Alle sedici entro nel rifugio: è molto carino, tut-to di legno. La gentilezza degli hospitaleri è diquella che ti aspetti quando arrivi stanco. Mi av-

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visano subito che l’acqua delle docce è fredda:accetto comunque di essere ospitato da loro, edanche se siamo a quasi mille metri di altezza e latemperatura è bassa, penso che una doccia fred-da non abbia mai fatto morire nessuno.Oggi ho camminato per quasi trentadue chilome-tri senza incontrare, a parte Claudio, nessun pel-legrino. Il vuoto umano era palpabile sia davantiche dietro a me: in questo stato di pura solitudi-ne mi sono sentito forte, coraggioso e … accom-pagnato da Dio.Ho sentito telefonicamente un po’ di amici pelle-grini: loro sono qualche chilometro più avanti dime, ma questa sera mi raggiungeranno per cena.C’è da festeggiare il compleanno di Vlady. Sono più di due settimane che sono sul Camino,mi sento come se fossi a casa: non temo nulla, ilmorale ed i pensieri sono buonissimi e sono ingrado, anche da solo, di poter affrontare qualsia-si situazione. Mi sento “protetto ed invogliato daDio”. Sono certo che sto facendo la cosa giusta.Sarà così anche nella vita che riprenderò tra unaventina di giorni? Spero di si. Le sensazioni che

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vivo ora sono bellissime: mi sento cambiato, si-curamente … più forte e sicuro di me stesso.La cena è stata ottima, abbiamo perfino stappatouna bottiglia di buon spumante spagnolo per fe-steggiare l’amico veneziano.Ore dieci: sono felicemente stanco e la scomodabranda mi aspetta.

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16 ottobre - lunedì

da El Burgo Raneroa Leon

Premessa: oggi ho fatto venticinque chilometri apiedi e quattro con l’autobus. Mi sono concessoquesto “lusso” per evitare la periferia di Leon eper poter, arrivando presto, visitare la città conla sua bellissima Cattedrale. Mi sento un po’ incolpa per questa scelta, ma sono sicuro che SanGiacomo mi capirà!

Parto dall’accogliente rifugio alle sette dopo unameravigliosa notte durante la quale ho dormitobenissimo. Sono nel buio più totale: la pila illumina solopochi metri di strada davanti a me. Perdo la frec-cia gialla che indica il Camino. Non mi scorag-gio, torno sui miei passi e dopo mezzo chilome-tro ritrovo l’insostituibile e prezioso segnale.Questa mattina il mio pensiero è tutto per la miafamiglia: ad uno ad uno li penso e mentalmente

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li immagino. Mia mamma Ivana e mio papàAldo; Franco con Raffaella, Aldo e Rebecca;Sofia con Antonio, Alessandro e Maria Paola;Manuela con Cesare, Nicolò e Carolina; AnnaRita con Stefano, Filippo e Giulia, l’ultima natadella nostra grande famiglia.Dopo una ventina di chilometri mi fermo con al-tri pellegrini(in tanti abbiamo avuto la stessaidea), alla stazione dei bus. Alle tredici in puntoarriva il carrozzone che ci porta in centro. Scel-go il rifugio municipale alla periferia oppostadella città perchè è più tranquillo ed in mezzo alverde. Faccio una doccia ed ancora un po’ mal-concio, mi incammino per andare a visitare laCattedrale di Santa Maria la Regla (sec.XII): èimponente, bellissima, con delle vetrate immen-se a disegni colorati che diffondono con giochidi luce e colori un effetto suggestivo. Mi vieneda pensare come hanno fatto semplici uominicon i mezzi di quel tempo a costruire un Tempiodi quella magnificenza. E’ più facile pensare chel’abbia costruita Dio in persona!

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Verso le diciassette entro in un supermercato: neapprofitto per fare qualche acquisto. Comprouna federa marrone, i tappi per le orecchie, unpaio di pantavento-pioggia e finalmente, con lagentilezza di un commesso, riesco a caricare lamacchina fotografica (ho dimenticato a casa ilcaricatore).Ho condiviso la cena in un baretto del centrocon altri pellegrini ed alle dieci e venti il letto ègià occupato dal mio corpo stanco. Anche i piedimi fanno male: l’aver camminato sull’asfaltocon le scarpe leggere ha complicato le cose. Nonimporta, cercherò di recuperare le forze questanotte.La città è insopportabile e per qualche ora mi haportato “fuori” dal Camino. Domani devo imme-diatamente “rientrare”.

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17 ottobre - martedì

da Leona Villar de Mazarife

Notte riposante, anche se prima di coricarmi hosentito l’effetto della città: e non è stata una pia-cevolissima sensazione.Alle sei e trenta mi sveglio: un signore australia-no accende la luce della stanzetta dove siamo insei a dormire. Vicino a me un ragazzo coreanosta molto male di stomaco: cerco di consolarlo edi dargli qualche utile consiglio. Spero si rimettapresto, ci teneva tanto a continuare il suo Cami-no.Alle sette sto già camminando: piove a dirottoed indosso la mantella ed i nuovi pantaloni anti-pioggia. Sono felice di questo poco costoso, maazzeccato acquisto.L’uscita dalla città di Leon è drammatica e misembra di essere in un frullatore alla massimavelocità. Mi muovo in un misto di auto “clacso-nanti”, gente di corsa, smog puzzolente, odore di

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fogne (per la pioggia) e quant’altro di più oscenopuò “offrire” una grande città al suo risveglio diuna giornata feriale. Tutto questo “sbattimento”dura quasi due ore. In questi cinque chilometriconsumo tutte le mie forze: ed adesso cosa fac-cio? A stento proseguo fino a La Virgen del Ca-mino. Giro a sinistra in un bel sentiero in salitache mi porta finalmente in mezzo alla tantoamata natura. Oltre alla pioggia c’è un vento for-tissimo, siamo ad un’altezza di 850 metri, maciò non turba minimamente lo stato di serenità edi tranquillità che in me sta nascendo.Il paesaggio è molto bello e la strada di terra ros-sa sembra un fiume di lava appena eruttata da unvulcano. Il fango, molto appiccicoso, si attaccaalle suole dei miei scarponi rendendoli pesantis-simi. Mentre cammino rido di me stesso, perchévestito come sono e con il passo a gambe rigide(per il peso degli scarponi) sembro un astronau-ta: le mutande ed i pantaloni ormai sono finitisulle ginocchia!Comunque arrivo senza problemi a Chozas deAbajo. Un venditore ambulante di pane (non esi-

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stono negozi) si ferma a poche metri da me: miavvicino e compro, per pochi centesimi, un belpezzo di pane appena sfornato. Lo gusto conpiacere, è la prima cosa calda dopo tanto freddo.Alle quattordici, sotto un diluvio, arrivo al rifu-gio di Villar de Mazarife: è bello ed accogliente.L’hospitalera, molto carina e gentile, mi fa vede-re una stanza a due letti, che riesco con un belsorriso, a far diventare “tutta mia” per questanotte: cosa voglio di più?Una doccia calda mi rimette in sesto. Sono le tree mezza del pomeriggio e chiedo se è possibilemangiare: sono affamato. Mi viene offerta unafondina di minestra fumante e del pollo. Mangiotutto leccando il piatto!Dopo un’ora sono nella mia “reggia”. Fuori pio-ve ancora e mi sdraio sotto le lenzuola bianche agustarmi un po’ di riposo. Sono felice. Le coseche mi sono capitate oggi, un pezzo di pane almomento giusto, una stanza tutta per me, unabuona minestra calda, mi hanno dato una gran-dissima gioia e le ho apprezzate come se fossero

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state le cose più importanti e buone che abbiamai avuto.Lo ripeto per l’ennesima volta il Camino di San-tiago fa godere delle cose semplici e fa capireche molte volte basta poco per essere felici esoddisfatti!I piedi e le gambe sono in ottimo stato: ogni do-lore è passato!Sono sdraiato sul letto e guardo con soddisfazio-ne la federa marrone comprata ieri.Il cattivo umore cittadino è stato totalmente as-sorbito ed è ritornato più splendente che mai l’u-more felice del pellegrino.

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18 ottobre - mercoledì

da Villar de Mazarifea Astorga

La notte è stata “movimentata” per colpa dellenumerose polpette mangiate a cena e per alcunispagnoli, sempre loro, che in un bar vicino han-no urlato fino alle tre della mattina. Sino ad allo-ra non sono riuscito a prendere sonno: quindisono rimasto, seppur stanco, con gli occhi sbar-rati a fissare il soffitto. L’unica cosa positiva èstata quella che almeno i piedi e le gambe han-no riposato.Sei e trenta, la sveglia suona. Guardo fuori dallafinestra e vedo che la pioggia non ha smesso discendere. Mi vesto in maniera adeguata ed allesette ed un quarto inizio il cammino. Sono unpo’ preoccupato: l’aver dormito poco e male edil dover percorrere trentacinque chilometri sottol’acqua mi fa pensare di non farcela. Ma è pro-prio in queste situazioni che entra in gioco la“Fuerza del Camino” nella quale trovi lo spirito

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e l’energia per superare sia fisicamente che men-talmente le “fatiche” del giorno.Oggi è stata, da quando sono partito diciannovegiorni fa, la giornata più faticosa e difficile: oltrealla pioggia, un vento fortissimo e freddo “pic-chiava” sulla parte sinistra del mio corpo. Perquesto effetto l’incontrollabile mantella andavadove voleva, lasciando dei “buchi” nei qualil’acqua poteva passare bagnandomi i vestiti.C’erano dei momenti nei quali, per il forte ven-to, mi bastava spostare un braccio per perderel’assetto del corpo e questo sbilanciamento mispostava lateralmente anche di un metro. Sem-brava di volare!Un fangoso sentiero attraverso boschi di casta-gni e segnato da Croci fatte coi sassi mi ha por-tato fino a San Justo de la Vega. Erano le quin-dici e trenta ed arrivato in cima alla montagnami sono trovato di fronte ad un’antica Croce esullo sfondo la città di Astorga, riconoscibile perle guglie della Cattedrale. A quella vista mi sonocommosso e due lacrime mischiate alla pioggiami hanno rigato il viso. Ho detto una preghiera

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di ringraziamento a Gesù ed alla Madonna peravermi aiutato anche oggi in questa non facilesituazione.Dopo quattro chilometri arrivo ad Astorga e perfortuna il rifugio è all’inizio della cittadina: èmolto grande, comunque caldo e confortevole.Faccio una doccia e ne approfitto per lavare edasciugare i vestiti con gli elettrodomestici chel’hospital offre.Cena ed a letto presto, la giornata è stata avvin-cente ma tosta: sono stanchissimo.A proposito di quanto è accaduto oggi, pensoche anche nella vita di casa e non solo sul Cami-no, non bisognerebbe mai disperare e pensareche le situazioni siano impossibili da affrontare:al contrario, convincersi che con Fede, con pa-zienza ed impegno tutto è risolvibile e che alla“meta” ci si può sempre arrivare.Capito Alberto?

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19 ottobre - giovedì

da Astorgaa Rabanal del Camino

L’albergue di Astorga per i suoi grandi spazi eper le sue comodità è stato, dopo la faticosagiornata di ieri, una fonte di saporito riposo.Alle sette ho aperto gli occhi al suono musicaledella sveglia puntata preventivamente. Prima dilasciare la città, vado a visitare la Cattedrale diSanta Maria (1471) ed il Palacio Episcopal co-struito nel 1899 su progetto dell’architetto spa-gnolo Antoni Gaudì.La pioggia scende a tratti, il sentiero segnatodalle consuete frecce gialle oggi mi porta verso iMontes de Leon. Il paesaggio cambia definitiva-mente: ora al posto delle desertiche e sconfinatemesetas, dove era impossibile avere punti di ri-ferimento, all’orizzonte si vedono montagnepunteggiate da fitte macchie boschive e da pic-colissimi borghi rimasti intatti ai tempi che furo-no.

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Io sto veramente bene, sia fisicamente che men-talmente: mi sento a posto sotto ogni aspetto, ipensieri corrono nella mia mente veloci e puliti,penso sempre di più alla mia famiglia, ai mieiamici, alla mia vita prima del Camino e soprat-tutto a quella che verrà, anche se voglio rimane-re fermo e concentrato sul presente: … su questomeraviglioso presente.Oggi mi è successa una cosa strana: il “cattivotentatore” non ha tardato a farsi vivo e, nella fi-gura di una gentile persona, mi ha proposto, vi-sto le condizioni del tempo e le ripide salite daaffrontare, un passaggio in macchina per me oper il mio pesante zaino. Io sono stato ben felicedi rifiutare, perché le cose che ho scelto di porta-re sul Camino saranno quelle che mi accompa-gneranno nel bene e nel male per tutto il percor-so. Questa è stata la mia inequivocabile decisio-ne.Il peso del mio zaino-casa è la metafora del pesodelle scelte che nella vita si devono fare, ed unavolta fatte, se si ritengono giuste ed appropriate,vanno difese e perseguite, anche se difficili.

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Sono contento di questa mia scelta ed il mio far-dello lo porto con piacere ed allegria!La tentazione di farmi aiutare, questa volta nonha colpito le mie debolezze umane.Sono arrivato a Rabanal, presidio dei CavalieriTemplari protettori dei pellegrini sul Camino.Intorno alle quindici trovo sistemazione pressolo storico rifugio di El Gaucelmo gestito dallaconfraternita inglese di Saint James: è molto bel-lo e l’ambiente è caloroso. Ora sto scrivendo se-duto ad un tavolo in una stanzetta- bibliotecacon un bel caminetto acceso, il tepore del fuocoe le musiche Gregoriane che si diffondono nel-l’aria rendono l’ambiente piacevolissimo e rilas-sante.Il Camino di Santiago è entrato in me: il contattocon la natura, con la terra, con la pioggia, con ilvento, con i miei pensieri, con le mie preghiere econ i miei sorrisi, mi fa sentire in comunione di-retta con l’Universo e con Dio, la sensazione diquesta “nuova” felicità è bellissima.Sono le diciotto ed ho già mangiato perchè allediciannove voglio andare nella piccola Chiesa

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di un convento dove due frati benedettini recite-ranno i Vespri con canti Gregoriani e faranno labenedizione dei sassi da portare sulla Cruz deHierro. Sono sicuro che l’atmosfera sarà bella ecommovente.Sono le dieci di sera, fuori piove e fa molto fred-do, qui l’altitudine è di milleduecento metri:vado a letto. ‘Notte!Nel pomeriggio mia sorella Manuela con unmessaggio che leggo solo ora, mi ha confermatola partenza per il pellegrinaggio a Fatima: sonomolto contento!Prima di addormentarmi ringrazio mentalmentetutti quelli che mi pensano e che mi hanno aiuta-to: ora un particolare ringraziamento lo pensoper Stefano che, con la sua “farmacia”, ha aiuta-to me ed in molti casi altri pellegrini un po’meno previdenti.

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20 ottobre - venerdì

da Rabanal delCaminoa Ponferrada

Notte agitata per la stanchezza accompagnatadal solito mal di piedi: non riesco a prenderesonno, divento nervoso. Alle tre di notte con al-tre quattro persone ci trasferiamo nella piccolabiblioteca. Mi sdraio per terra su un materasso digomma piuma: il silenzio ed il dolce caldo delcamino mi aiutano a riposare per qualche ora.Alle sei e trenta mi sveglio e, dopo essermi lava-to velocemente, accetto con piacere la colazioneoffertami dalla gentile hospitalera inglese.Il Camino parte subito in salita verso i Montresde Leon: il tempo non è migliorato e la pioggiaincessantemente scende sempre più fitta, la tem-peratura è bassa e fa molto freddo.La bellezza dei paesaggi, l’atmosfera dei tempiantichi ed il su e giù di queste storiche mulattie-re, fanno si che il mio umore migliori notevol-mente: ora sono sereno, la mente non può che

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soffermarsi su questi luoghi dove hanno vissutodal millecento al milletrecento i famosissimi Ca-valieri-Monaci Templari. Mi vengono i brividi enon per il freddo, al pensiero che sto calpestandoi loro stessi sentieri.Dopo circa due ore di cammino eccola: la Cruzde Hierro. E’ un po’ il simbolo del Camino ed èmolto semplice: un palo di legno sormontato dauna piccola Croce di ferro, eretto con molta pro-babilità dall’eremita Guacelmo intorno al mille-cento nel punto dove anticamente sorgeva un al-tare dedicato a Mercurio. Alla base della Crocesi è formata una montagnola di sassi da secoliportati dai pellegrini per chiedere protezione nelviaggio. Il luogo è affascinante e suggestivo. LaCroce riempie il cielo, è carica di storia e si sen-te, eccome se si sente. Io ho incastonato nel palodi legno un sassolino a forma di cuore che horaccolto sul Camino molti chilometri fa.Proseguo su un sentiero reso sdrucciolevole dal-la pioggia: non so come faccio a stare in piedi.In queste condizioni arrivo a Manyarin dove c’èun rifugio alquanto particolare, fatto interamente

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di assi di legno accatastate e frasche secche: lasporcizia ed il disordine sono gli indiscussi pa-droni, il luogo è molto famoso, si dice che l’ho-spitalero sia l’ultimo discendente diretto dei Ca-valieri Templari. Mi fermo per qualche minuto,ne vale la pena e dopo essermi fatto mettere ilsello sulla credenziale ed aver fatto una piccolaofferta, riparto. La città di Santiago, come indi-ca il cartello di legno, è a duecentoventidue chi-lometri.Io mi sento bene: questo pieno di natura e di sto-ria mi ha reso mentalmente forte e sicuro. Ora ladiscesa si fa ripidissima e pericolosa, camminocome se fossi sulle uova. I piedi iniziano a darmifastidio, ormai è una costante. Ma poveri loro liposso capire dopo queste sollecitazioni, però tut-t’intorno è così bello che pur soffrendo continuoa camminare, felice di farlo.All’ora di pranzo arrivo a El Acebo, mangio unpanino e proseguo. Sono indeciso se arrivare equindi dormire a Ponferrada o fermarmi prima.Giunto a Molinaseca decido che ai venticinque

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chilometri già fatti mi sento di aggiungerne altriotto di salita.Alle diciotto entro in Ponferrada, sono stravoltoe piedi non li sento più: gli ultimi metri primadel rifugio, li ho fatti per inerzia, come se qual-cuno da dietro mi spingesse. Quando Dio vuolee non è un modo di dire, arrivo al rifugio e pre-sento la credenziale. All’hospitalero “racconto”dei miei malconci piedi e … come accade spessosul Camino, un signore, che poi scopro essere unfisioterapista, ascoltando le mie parole si presen-ta e mi dice di fare la doccia che poi ai miei pie-di ci penserà lui! Un rilassante massaggio fattocon una pomata medicamentosa e crema idratan-te in poco tempo mi fa passare ogni dolore.Mi cambio velocemente e decido di andare afare “quattro passi” in paese. Visito il CastelloTemplare e la Basilica di Nuestra Senora de laEncina. Compro due cosette in un negozio e miritiro nel rifugio: questa sera, con un gruppettodi pellegrini, ceniamo “in casa”.Oggi sono arrivato molto stanco ed un po’ ner-voso: non mi è piaciuta la reazione che ho avuto

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quando non riuscivo a trovare il rifugio. E’ laprima volta che mi innervosisco così. Certo, puòessere naturale e comprensivo, la stanchezza aiu-ta a far perdere la pazienza e per questa volta miperdono. Ma devo imparare e sarebbe ora, a sa-permi controllare di più! Chissà cosa mi lasceranno interiormente, unavolta arrivato a casa, questi lunghi giorni di Ca-mino?Sono le dieci, vado a dormire: buonanotte.

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21 ottobre - sabato

da Ponferradaa Villafranca del Bierzo

Questa notte ho fatto una buonissima dormita,dalle dieci fino alle sei e trenta ininterrottamen-te.Alle sette e mezza parto come al solito da solo:c’è ancora buio e devo attraversare il paeseTemplare per riprendere il Camino. Sbaglio stra-da e mi trovo in una zona periferica: frecce gial-le non ne vedo, non so cosa fare, ma al levar delsole mi accorgo che sta sorgendo alle mie spalle,quindi ad est. Proseguo dritto convinto che da-vanti a me ci sia l’ovest, cioè la strada giustaverso Santiago. Infatti dopo sedici chilometri mitrovo in un piccolo borgo che si chiama Cacabe-los e lì ritrovo le sospirate frecce gialle. Mi fer-mo a mangiare solo dopo aver visitato il Santua-rio della Virgen de las Angustias dove incontroPino, ci salutiamo e ci auguriamo reciprocamen-te Buen Camino!

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Proseguo su un sentiero immerso tra i vigneti delBierzo: il paesaggio è bucolico, mille i colori,dai rossi intensi ai gialli ai marroni autunnali.Inizia a piovigginare, ormai sono abituato, lamia fedele mantella ed il cappello impermeabilemi proteggono.Prendo una deviazione a destra. Il sentiero si faimprovvisamente ripido, indicazioni non ce nesono, con l’aiuto della bussola continuo a cam-minare verso ovest, mi scoraggio un po’ e men-tre penso con auto ironia di essere un uomo dipoca Fede, mi appare davanti agli occhi la Chie-sa romanica di Villafranca intitolata a Santiago.Mi rincuoro e per ringraziare entro a dire unapreghiera.Inizio a cercare l’hospital: incontro tre signoreindaffarate nelle loro chiacchiere, chiedo a lorodove è il rifugio (è la prima volta che chiedo in-formazioni) e gentilmente me lo indicano. Manel contempo mi fanno capire che potrebbe esse-re infestato dalle cincias (piccole cimici dallapuntuta dolorosa e molto irritante). Ringrazio

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per l’avvertimento e ripiego, si fa per dire, su unHostal ad una stella, nel centro del bel paesino. La stanzetta è carina, nel letto ci sono lenzuolacandide ed ho persino un bagno personale!Per fortuna, anche se penso di più ad un regalodella Provvidenza, quelle signore mi hanno av-visato del rischio delle temutissime cincias!Ceno con Pino, Aldo e Luigi in una taverna ca-ratteristica sia nel menù che … nell’arredamen-to. Alle nove sono già a letto perchè domani miservono molte energie mentali e fisiche. Saliròsul mitico O Cebreiro che è uno dei posti più ca-richi di spiritualità di tutto il Camino (anche se èimproprio e sbagliato fare una classifica). Co-munque la giornata sarà impegnativa, sono tren-tacinque chilometri di pura montagna con un di-slivello di oltre ottocento metri! La cosa non mispaventa, anzi mi affascina: sono pronto e sonocurioso di sentire quali emozioni attraverseran-no il mio cuore.Oggi ho pensato per qualche minuto a quandosarò a casa: una lieve malinconia mi ha presocon un nodo in gola, e mi sono detto: “Come

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farò senza il Camino di Santiago?” La mia quo-tidianità, che dura ormai da ventidue giorni, èalzarsi presto la mattina, camminare, essere feli-ce, avere dei bei pensieri, stare con me stesso,conoscermi a fondo, conoscere i miei limiti ed imiei talenti, pregare, accettare qualsiasi situazio-ne, soffrire, gioire, avere cura di me e … null’al-tro. A casa è e sarà tutto diverso, le giornate han-no un’altra impostazione, altri ritmi, ma quelloche fin’ora ho vissuto sul Camino mi rimarrà persempre nel cuore e nella mente. Mi allenerò af-finchè questa meravigliosa esperienza mi possaservire come un nuovo punto di partenza e siauna linea guida per la mia vita futura.Il Camino “segna” e “cambia” le persone.Alle sette ho assistito alla Santa Messa nellaChiesa di San Fransisco, intitolata al Santo diAssisi per ricordare il Suo passaggio lungo ilcammino.

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22 ottobre - Domenica

da Villafranca del Bierzoa O Cebreiro

L’hostal S.Francesco è una garanzia!Ho dormito benissimo alla faccia della cincias.Alle cinque e trenta mi sveglio: non ho più son-no, mi sento in forma e ben riposato. Alle sei ilgentile signore dell’hostal, ancora mezzo addor-mentato, mi prepara, offrendomela, una buonacolazione e dopo una mezz’ora sono sul Cami-no.Piovo a dirotto, il cielo è nero come la pece, ilpaese è ancora addormentato ed in giro non c’èanima viva. Attraverso il centro per immettermisulla strada del Camino: è naturalmente in salita,con la pila cerco le frecce che inizialmente nontrovo, poi un piccolo segnale mi riporta sulla pi-sta giusta. Ho quasi paura: sono su una stradache non conosco, solo, al buio, con la pioggiache rende tutto più misterioso e tetro. Mi sentocome se fossi in un film di Dario Argento, ma

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poi penso di non essere su una qualsiasi stradadella sconosciuta Spagna, ma bensì sul Caminodi Santiago. A questo pensiero la paura mi passae tranquillizzandomi dico una preghiera: ciò mida un enorme conforto, … per fortuna c’è Lui.E’ un’ora che cammino, sono inzuppato d’acquadalla testa ai piedi e devo fare altri ventisettechilometri di montagna! Non ci voglio pensarepiù di tanto.Arrivo a Trabadelo. Mi voglio fermare per pren-dere un caffè caldo. Alle mie spalle, nel buio,una figura mi segue: è Ute , una ragazza tedesca.Insieme a lei faccio colazione dopodichè deci-diamo di fare qualche chilometro insieme. Uteparla poco l’inglese ed io meno di lei, comunquecerchiamo di conversare. Dopo qualche minutodi chiacchiere molto approssimative e confuse,io addirittura pensavo parlasse del suo lavoro edinvece mi parlava della cena della sera prima, ciguardiamo attraverso i cappucci grondanti d’ac-qua e scoppiamo in una grossissima risata.La pioggia non ci abbandona nemmeno per unistante e gli scarponi, come del resto i pantaloni

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e la maglia sono intrisi d’acqua, ma tra loro e lapelle si è formato un microclima di acqua tiepidache rende la sensazione meno sgradevole diquanto si possa pensare.La strada sale ripidissima e la situazione non èdelle più facili, ma il bello deve ancora arrivare.Infatti dopo una decina di chilometri un sentieroa sinistra mi porta su una mulattiera fatta di gi-gantesche e liscissime pietre diventate scivoloseper l’acqua. Tutt’intorno c’è un bosco dai millecolori fatto da castagni secolari e felci giganti.Questa è la salita che, con dodici chilometri difatica, mi porta in cima a O Cebreiro.Sono immerso in un paesaggio magico, le mon-tagne a perdita d’occhio formano un quadro dasogno: tutto è talmente bello ed appassionanteche nemmeno mi accorgo della salita e dellagrande fatica che sto facendo, anzi in questarealtà mi sento uomo, nel vero senso della paro-la, non “macio”, solo unicamente uomo di que-sta terra e la felicità mi scorre inebriante in tuttoil corpo e sotto la pelle.

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A metà di questa indimenticabile ascesa incontroa La Faba un piccolo rifugio. Entro per riposare:l’ambiente è bellissimo, quello che ci voleva. Lastanza è tutta di pietra a vista con un grande fuo-co rotondo nel centro, ai muri ci sono appesi og-getti di ogni tipo provenienti da mezzo mondo.Mi viene offerto un bicchiere di vino ed un po’di pane: l’energia di questo luogo è “palpabile”ed in pochissimo tempo ritrovo tutte le mie for-ze. Non vedo l’ora di ripartire.Riprendo il cammino, il sentiero sembra semprepiù ripido. Salgo a fatica con passi brevissimi elentissimi, a volte più che una mulattiera sembra,per l’abbondante acqua, un piccolo torrente chemi viene incontro.Lo scenario è inimmaginabile per la bellezza.Dentro mi sento forte, protetto, audace e senzanessun timore, vorrei sentirmi sempre così … .Cammino con sicurezza a testa alta, la pioggiache batte sul viso anziché infastidirmi mi fa sen-tire vivo: la forza interiore che provo non riescoa capire da dove viene, Qualcuno sicuramentemi sta aiutando e proteggendo!

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Dopo quasi nove ore di cammino arrivo in cimaa O Cebreiro. Il paesino è molto bello e vado an-cora tutto bagnato in Chiesa a ringraziare Coluiche mi ha dato la forza per salire fin qui. NellaChiesa riesco a vedere il dorato Calice del famo-so Miracolo dell’anno milleduecento.Alle diciotto, dopo una doccia bollente, mi met-to a tavola e mangio tre piatti di minestra di pa-sta ed un po’ di carne. Nessuno mi toglie duecolmi bicchieri di ottimo vino. Un’ora doposono nel mio caldo sacco a pelo.So che la Fiorentina ha vinto tre a zero, sonocontento per Cesare, fra poco lo chiamerò.E’ stata una giornata di cammino “particolare”:la forza dell’uomo, la volontà dell’uomo con l’a-iuto Divino, oggi l’ho scoperta anche in me.Oggi c’è stato il contatto con la parte più profon-da di me stesso.

Un pensiero: ogni giorno vado in Chiesa per treo quattro volte (non mi era mai capitato) e civado con uno spirito nuovo. Lo faccio come seentrassi nella casa di un amico per parlare, per

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pregare, per riposare, per prendere conforto e pertrovare la necessaria serenità e tutto questo mira-colosamente avviene!Una cosa mi sta capitando … molte mie paurestanno scomparendo!

ULTREJA ! (sempre avanti)ET SUSEJA ! (sempre in alto)

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23 ottobre - lunedì

da O Cebreiroa Tricastela

Nella camera umida e fredda riesco a riposareper non più di cinque ore ed alle sei e mezza misveglio. Guardo fuori dalla piccola e scricchio-lante finestra e vedo che c’è un vento fortissimoche fa “cantare” le foglie dei grandi castani checircondano la piazza. A rivestire questa mattina-ta ancora buia scende dalle grasse nuvole unapioggia torrenziale: non mi preoccupo, mi prepa-ro in maniera adeguata alla giornata che dovròaffrontare.Alle sette e trenta sono pronto per partire: unacascata d’acqua picchia su di me e su tutto quan-to sta intorno. Comunque, dopo la giornata diieri, ho imparato a vestirmi nella maniera giusta,per cui sotto la mantella sono ben protetto. Inve-ce per gli scarponcini non c’è nulla da fare edopo solo dieci minuti ho i piedi a bagnomaria.Non importa, oggi ho da camminare solo per

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ventidue chilometri, quelli che mi separano daTricastela.Cammino per un paio di ore fino all’Alto doPoyo (1330 mt.), quindi mi fermo in un baretto abere un the caldo: mentre lo sorseggio i miei oc-chi fissano il televisore acceso. La bella mora“spagnolita” che legge le notizie avvisa che oggie nei prossimi giorni in Galizia (dove mi trovoora) ci saranno dei nubifragi ed esorta le personea non uscire di casa se non per necessità impel-lenti. Nel bar incontro Vlady, il pellegrino vene-ziano e gli dico che per sicurezza è meglio checamminiamo “a vista” l’uno dell’altro: natural-mente accetta.Riprendiamo: fuori è l’inferno, il vento fortecambia violentemente direzione e mi sposta.Quando soffia con più forza sulla mia parte sini-stra riesco perfino ad appoggiarmi ed anche semi lascio andare non cado, è il vento stesso chemi sostiene! Sembra di essere in un gioco diGardaland.Quando le cose sembrano mettersi al peggio,ecco che arriva d’improvviso la magia del Cami-

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no di Santiago, prima un timido sole, poi un solepieno ci accompagna fino alla destinazione. Gliultimi sette chilometri sono su una ripidissimadiscesa ed i piedi e le spalle, per il peso dellozaino, sono messi a dura prova.Alle tre del pomeriggio arrivo al rifugio: facciosubito il bucato perchè ho anche le cose di ierida lavare. Per fortuna c’è un termosifone tiepidosul quale faccio asciugare i vestiti. Mi lavo an-ch’io. Alle sette vado a sentir Messa nella Chiesa diSantiago: il parroco Don Augusto prima di ini-ziare la funzione porta me ed un’ altro pellegrinosul campanile e ci chiede di aiutarlo a suonare lecampane. Ci divertiamo come dei bambini “afarci tirare su” dalle funi. La Messa viene cele-brata in modo particolare e vengo coinvolto pro-fondamente. Il Don inizia con una mezz’ora di“predica” in spagnolo, però comprensibile, nellaquale parla solo dei pellegrini verso Santiago.Poi riprende dal punto dell’Eucarestia ed al mo-mento del Padre Nostro invita tutti e presenti in-torno all’altare. La preghiera viene recitata te-

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nendoci per mano e poi con una “speciale” asso-luzione generale ci dà la benedizione e ci esortaa servirci con le nostre mani della Santa Comu-nione. Alla fine recitiamo nelle cinque lingue(tante erano le nazionalità presenti) la benedizio-ne del pellegrino. Io leggo quella in italiano, poicon fraterni ed affettuosi abbracci ci salutiamo.Don Augusto nell’omelia ha detto che sul Cami-no di Santiago si incontra Dio: quelle parolesono vere. Io non ho mai sentito Dio così vicinocome in questi giorni ed è così bello averlo nelcuore che non me ne voglio più separare!Dio sul Camino lo vedo ovunque: lo vedo nellanatura, lo vedo nei visi sofferenti, lo vedo nellasemplicità e nell’umiltà, lo vedo nella fratellan-za, lo sento nella serenità interiore, lo sento nellafelicità appagante che mi accompagna giornodopo giorno sul Camino di Santiago e … sulCammino della Vita.Sono le dieci di sera, sono a letto, dalla finestravedo che nel cielo finalmente ci sono le stelle.

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24 ottobre - martedì

da Tricastelaa Morgade

Apro gli occhi alle sette e venti, è tardissimo!Velocemente mi preparo, non faccio nemmenocolazione ed alle otto sono in movimento. E’ laprima volta che inizio il cammino con un po’ diluce ed appena fuori dal paesino di Tricastela ilsentiero in ripida salita mi porta in boschi di ca-stani e felci. Si respira bene, non piove, l’umoreè a mille. Prego per ringraziare la Madonna eSan Giacomo per la grande felicità e serenità chemi stanno facendo vivere.Qui si vede ad occhio nudo il capolavoro che ilCreatore ha fatto (certo, come in altri mille luo-ghi): l’energia entra in me coprendo ogni spaziodel mio cuore, della mia anima e del mio corpo.In questo stato di “Grazia” interiore arrivo fino aFusela dove mi fermo in un piccolissimo bar abere un the caldo. Noto che sul caminetto del lo-cale in mezzo a figure Sacre, bordoni e concas

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(conchiglia simbolo del Camino), c’è appeso unfoglio con scritta una poesia ad “Alberto”. Misoffermo sull’ultima strofa, che dice … “ A tiAlberto para que, a la vida que Dios te ha regala-do, le devuelvas como minimo un beso enamo-rado”.Il gentile oste offre a me ed altri due pellegrinidelle castagne appena tolte dal fuoco: con piace-re ne gusto un paio e ringraziando esco dal bar.Fuori inizia a piovigginare ed indosso la mantel-la ed il cappello impermeabile. Inizio a cammi-nare, in meno di un’ora arrivo a Sarria, cittàbruttina che cerco di “scavalcare” il più veloce-mente possibile. Il resto del Camino fino a Mor-gade è sempre meravigliosamente disegnato daboschi e prati coloratissimi ed è veramente unpiacere camminare silenziosamente in posti delgenere, sia per le bellezze naturalistiche che perquelle storiche del pellegrinaggio stesso, che dapiù di milleduecento anni percorre questo magi-co Camino.Poco prima di arrivare a Morgade, incontro la“famosa pietra” che indica che mancano cento

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chilometri a Santiago: un leggero brivido mi faaccapponare la pelle, è un brivido misto di felici-tà , di tristezza, di volontà e di riuscita.Alle sedici e trenta in punto entro nel rifugio: èmolto bello, è costruito in pietra e l’arredamentoè di buon gusto. I colori predominanti sono ilviola, il verde e l’azzurro. Il caminetto acceso fadiventare l’ambiente ancor più accogliente e cal-do. Da dove sono seduto ora, attraverso unagrande vetrata, vedo il bosco e la montagna cheoggi ho attraversato e mi commuovo.Dopo un’ ottima cena bagnata con del buon vinodella Rjoa mi ritiro nella mia cameretta: sono leventuno, un ultimo sguardo al cielo … è pieno distelle.

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25 ottobre - mercoledì

da Morgadea Palas de Rei

Mi sveglio alle sette. Questa mattina, a dispettodella luminosa stellata notturna, piove. La piog-gia è diventata un’inseparabile amica da quasidieci giorni. Parto alle sette e trenta che è ancorabuio. La pila illumina lo stretto sentiero che conil passare delle ore, a causa dell’acqua, diventasempre più torrente. Sugli scarponcini provo amettere dei sacchetti di plastica: sembra che que-sta soluzione funzioni, almeno fino a quando isacchetti si rompono.Faccio colazione, dopo due ore di cammino, aPortomarin, dove arrivo affamato. Chiedo delpane con burro e marmellata ed un caffè “corta-do”. Con calma consumo il mio primo pasto eprima di ripartire vado a visitare la cappella de laVirgen de las Nieves dove da una bella “çica ga-liziana” mi faccio apporre il sello sulla creden-tial. Io sto molto bene, ogni dolore è scomparso,

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la vicinanza di San Giacomo aiuta. Lo pregochiedendogli di starmi vicino in questo ultimo“sforzo”. Oggi mi attende un cammino di moltichilometri. Lo scenario è molto bello ed oltre aiboschi di castani si incominciano a vedere le fo-reste di eucalipti, piante altissime e drittissimeche con i loro tronchi sembrano formare fascemuscolari del corpo umano. Sparsi qua e là cisono prati verdissimi che fanno da “tavolaapparecchiata a festa” a piccoli gruppi di muc-che locali.A Ligonde passo davanti ad un Cruciero (Croci-fisso) in pietra del milleseicento: è uno dei piùimportanti del Camino.I comportamenti di alcuni pellegrini (ahimè!) milasciano perplesso: non voglio essere giudice delprossimo e quindi non sto a raccontare il fatto.Voglio imparare a giudicare solo me stesso enon fare più “processi” a nessuno come facevoin passato. Accetto il “fare” degli altri, anche senon lo apprezzo: tutt’al più evito di condividere imiei momenti con persone che non mi trasmet-tono serenità.

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Penso a tutta la mia famiglia che tra qualchegiorno rivedrò: fanno parte dei miei pensieri imiei amici e le persone a me care.Sia ieri che oggi mi sono capitati due fatti “stra-ni” che solo ora ho voglia di ricordare: ieri primadi arrivare a Morgate davanti al ceppo dei centochilometri a Santiago, un cane, senza che me neaccorgessi, mi ha attaccato da dietro morsican-domi sopra la caviglia sinistra. Mi sono fermatoe visto che continuava ad abbaiare e ringhiare,l’ho “sfidato” brandendo il mio bordone fino ache non se ne è andato zitto zitto. Oggi inveceun ramo pieno di spine mi si è letteralmente at-taccato all’orecchio sinistro, facendomi male ecome ieri per il morso un po’ di sangue è uscitodalle piccole ferite. Non mi sono spaventato piùdi tanto e mi sono limitato a disinfettarmi.Non so che segni siano, ma dopo quasi un mesedi Camino senza che nulla mi sia capitato, duefatti simili e così ravvicinati mi fanno pensareche qualcuno sia infastidito dal fatto che a San-tiago de Compostela ci stia arrivando e che lamia Fede giorno dopo giorno stia aumentando e

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si stia fortificando. Certamente ho pensato aqueste due azioni del male, ma senza nessunaparticolare preoccupazione: anzi posso dire, sen-za superbia, che mi sento protetto e guidato dalbene.Sotto una pioggia fittissima, alle diciotto arrivo aPalas de Rei. Oggi dopo trentacinque chilometrinon sento la stanchezza, sarei pronto a ripartire.Questo è l’ennesimo “miracolo” di Santiago, piùti avvicini a Lui, più Lui ti fa sentire forte e,come me, anche il Santo avrà voglia di abbrac-ciarmi!

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26 ottobre - giovedì

da Palas d Reia Arzua

Notte precedente: nella stanza del rifugio di Pa-las de Rei sono le nove e trenta, sono già nel let-to, ma fino alle dieci e mezza non mi addormen-to, sto aspettando il risultato finale della partitatra la Fiorentina ed il Torino. Quando l’sms delmio telefonino mi conferma la vittoria per uno azero della squadra di Cesare, riesco a chiuderegli occhi ed a prendere sonno.

Una bellissima stellata mattutina accompagna ilmio risveglio intorno alle sette. Faccio una velo-ce colazione ed alle otto parto. Poco dopo più dimezz’ora il sole nasce, la giornata è bella, senzanuvole ed io sono felice: il mio passo è leggero esciolto.Incontro Pino ed Aldo, con loro recito il Rosariocamminando su una stradina in leggera salita traeucalipti giganteschi che con il loro classico

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profumo mi aprono il naso ed i polmoni. Tutt’in-torno si vede il paesaggio della Galizia fatto piùintenso e vivace dai colori resi più forti dal lumi-noso sole.Molti Crocifissi e molte Chiese formano una ca-tena del bene, come una catena è quella dei pel-legrini che camminano ininterrottamente versoSantiago.I segnali che incontro sul cammino sono innu-merevoli, come sono tantissimi quelli che incon-tro sulla strada della vita, la differenza sta chesul Camino ho la sensibilità per decifrarli, men-tre nella vita di tutti i giorni, vuoi per il disturbodella “materialità”, vuoi per pigrizia, sono di dif-ficile lettura. Spero di aver imparato a capire, al-meno in parte, la lettura dei segni, dei simboli edelle coincidenze che la vita in ogni suo momen-to mi mette di fronte. Questo concetto, comun-que complicato per me, a casa con pazienza etempo vorrei approfondirlo.All’ ora di mezzogiorno entro nel paese di Fure-los. La prima costruzione che incontro è la Chie-sa del Pueblo; sul sagrato c’è un prete che mi in-

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vita ad entrare. Lo faccio volentieri. Don Giu-seppe parla bene l’italiano e mi spiega la parti-colarità, unica al mondo, del Crocifisso con ilCristo inchiodato sulla Croce dalla sola mano si-nistra, mentre la destra è rivolta verso terra. Ilprete mi spiega che è il simbolo del legame diDio tra il cielo e la terra, l’unione tra il CristoUniversale e gli uomini terreni.Dopo aver salutato con un caloroso abbraccioDon Giuseppe continuo il cammino. Verso l’unami fermo a mangiare nella famosa pulperia(dove cucinano i polpi) “da Ezechiele” dove perotto euro mi portano un abbondante piatto di po-lipo alla galiziana con patate lesse e del buon vi-nello bianco frizzante. Lì incontro i tre roncado-res (Pino, Aldo e Luigi), Vlady ed Antonella.Alle due ci alziamo da tavola un po’ brilli e ciincamminiamo verso Arzua: ci sono da fare altriquindici chilometri e le gambe, sotto l’effetto delvino, girano a fatica, ma tra una risata ed unapipì campestre arriviamo verso le diciotto a de-stinazione.

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Tra un giorno arrivo a Santiago: sono un po’ tri-ste, le sensazioni aumentano, il Camino inizia a“parlare”.

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27 ottobre - venerdì

da Arzuaa Villamajor

Notte tranquilla: alle sette sono sveglio. La stel-lata anticipa una giornata di sole che puntual-mente alle otto e mezza saluta con un’alba rossai boschi e le colline della Galizia. Gli eucaliptisull’attenti come soldatini rendono onore aipellegrini che vivono la vigilia dell’arrivo a San-tiago.Lo zaino oggi si fa sentire anche lui: “gridando”con il suo peso vuole ricordarmi il suo preziososervizio e farmi capire che vuol partecipare daprotagonista a questi ultimi chilometri. In questeultime ore “grida” forte e le mie spalle ne sannoqualcosa, ma lo perdono con tutto il cuore e glirendo l’obbligato ringraziamento.Faccio un paio di tappe veloci per rifocillarmi: ipiedi iniziamo a darmi fastidio. La meta inizialedel Monte del Gozo cambia: decido di fermarmia Villamajor dove trovo posto in un bel casolare

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ristrutturato. Faccio il bucato e butto via, essen-do l’ultimo giorno, un po’ di cose ormai diventa-te superflue.L’ultima notte sul Camino sarà una notte di vigi-lia, di veglia: l’emozione è tanta, quasi un mesefa partivo da San Jean Pied du Port carico di so-gni e di speranze ma anche di paure e perplessi-tà. Strada facendo le paure sono svanite ed alloro posto sono nate delle bellissime certezze edelle consapevoli sicurezze in me, oltre che aduna nuova Fede e tanti bei propositi.E’ tanto che sono lontano ed ho voglia di rivive-re i miei affetti e la mia casa, anche se una nontroppo velata tristezza pervade il mio cuore. IlCamino è il Camino e giorno dopo giorno ticoinvolge, ti attrae, ti stupisce, ti fa soffrire perpoi consolarti, ti rende felice e sereno. Ti offreuna gioia impagabile ed inspiegabile, ti rendeumile, ti insegna ad accettare, ti unisce nella fra-tellanza, ti fa condividere intimità con gente ditutto il mondo con estrazioni e culture diverse ,che però qui, meravigliosamente si azzerano ren-dendo tutti uguali. E non ultimo ti avvicina in

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maniera fortissima a Dio ed alla Madonna aiquali chiedi aiuto e conforto nei momenti diffici-li e loro, miracolosamente, esaudiscono le tuepreghiere senza voler nulla in cambio. Il Caminoè il posto dove l’anima entra in una pace soave evorresti fosse sempre cosi: sarebbe bellissimo!Domani partirò presto, mancano solo nove chi-lometri a Santiago de Compostela e per le diecivoglio essere dentro alla Cattedrale per andare asalutare e ringraziare San Giacomo. Poi lo pre-gherò affinché quello che ho vissuto e provatosul Suo Camino continui a viverlo sul camminodella mia vita. Grazie di cuore.Non voglio, con queste parole, enfatizzare quel-lo che ho fatto e quello che ho provato: è stataun’esperienza importante, ma nello stesso tempouna “ricerca” semplice ed umana senza eroismidi nessun genere. Sicuramente alla portata di tut-ti se fatta con umiltà, così … come piace a Gesù!E’ tardi sono quasi le undici di notte, vado a dor-mire felice!Ciao San Giacomo … A domani!

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28 ottobre - sabato

da Villamajora Santiago de Compostela

Ho dormito bene ed alle sette mi sono alzato emi sono preparato per fare gli ultimi passi delCamino. Anche oggi è una bella giornata di sole,dopo quaranta minuti arrivo sul Monte del Gozo(monte della gioia), dalla sua cima vedo la cittàdi Santiago. Il monte è famoso perché nel 1982Papa Paolo Giovanni II ha accolto qui migliaiadi giovani di tutto il mondo: infatti c’è un monu-mento a memoria di quell’evento.Scendo verso Santiago. Ho la testa “vuota”come lo era il primo giorno di Camino. Alle die-ci entro nella piazza della Cattedrale tenendomiper mano con altri pellegrini quasi a formare unacatena. Dopo questo rito desidero rimanere soloe quindi mi stacco dal gruppo e mi inginocchiodavanti alla Cattedrale. San Giacomo è lì davan-ti, mi sta guardando. Mi emoziono e qualche la-

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crima di commozione scende dai miei occhi ar-rossati e stanchi.Entro in Cattedrale: tocco l’antica colonna ormaiscavata dalle mani di milioni di pellegrini cheprima di me e come me hanno fatto quel gesto insegno di saluto e ringraziamento. Poi lentamenteed in silenzio vado ad abbracciare la statua dora-ta di Santiago. Prego per qualche minuto davantialla cripta che contiene le spoglie del Santo.Ho solo mezz’ora di tempo prima che inizi laMessa del pellegrino: corro al Palazzo per farmidare la Compostela dietro presentazione delle trecredenziali con tutti i selli da me raccolti.A mezzogiorno inizia la funzione Religiosa nellaquale vengono annunciati per nazionalità e perluogo di partenza del Camino tutti i pellegriniarrivati oggi. Il Camino di Santiago de Compostela è termina-to. Ora ho da riprendere il cammino della vita,ricordando sempre i mille passi, le mille emozio-ni, le mille preghiere, le mille sofferenze e lemille gioie che ho vissuto sul mio Magico Cami-no di Santiago.

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Santiago de Compostela, 28 ottobre - sabato

Caro Alberto,sono contenta di vederti sereno dopo tanta stra-da.Nonostante le numerose difficoltà, non hai maiperso il sorriso, la fiducia, la calma.Anche nei momenti più difficili posso aver vistosul tuo volto la stanchezza, ma non lo sconforto.Sei stato ammirevole per non aver mai rinuncia-to a portare il peso dello zaino.Sei stato forte, caparbio, deciso e determinato.Tu in questo cammino ci credevi con tutto testesso e l’hai trasmesso.Dopo tanta fatica, ti auguro che arrivi il tuogrande dono, la tua meritata ricompensa.Grazie per avermi parlato di Frà Elia.Grazie per i tuoi sorrisi, non puoi immaginare laforza che mi hanno dato, soprattutto nei momen-ti più difficili.Grazie per la tua presenza che mi ha accompa-gnato in questo pezzetto di strada indimenticabi-le delle mia vita.

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Antonella

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Nello zaino (13kg.) ho messo:

mantella impermeabile copri zaino e corpomaglione di pile un paio di scarponcini con la suola rigidasacco a pelo leggerodue paia di pantaloniuna maglia di lana pesantetre paia di calze antivescichetre paia di mutandetre maglie di cotonecappello parasole, cappello impermeabilescarpe da ginnastica e stringhe di riservaciabatte da docciagiubbotto antiventoun rotolo di carta igienicaaccappatoio di carta-tessuto e una salviettaset di medicazione e piccola farmaciacoltello multiusosacchetti di plasticapenna e quaderno per appuntiago, filo e spagotorcia, bussola, macchina fotografica

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mollette e spille da baliaborracciatappi per le orecchieset pulizia corpomodello E111, credenziale, documentipochi soldi

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Indice

1. Prefazione 5

2. Prologo 13

3. Il Viaggio :

1 San Jean Pied du Port – Roncisvalle 19 2 Roncisvalle – Larrasoana 23 3 Larrasoana - Cizur Menor 26 4 Cizur Menor - Puente la Reina 30 5 Puente la Reina – Adegui 33 6 Ayegui - Torres del Rio 38 7 Torres del Rio – Navarrete 41 8 Navarrete – Azofra 44 9 Azofra - Redecilla del Camino 47 10 Redecilla del Camino - Villafranca M. de Oca 49 11 Villafranca Montes de Oca – Burgos 52 12 Burgos – Hontanas 55 13 Hontanas - Boadilla del Camino 59 14 Boadilla del Camino - Carriòn de los Condes 64 15 Carriòn de los Condes – T. de Templarios 67 16 Terradillos de Templarios - El Burgo Rasero 70 17 El Burgo Ranero – Leon 74 18 Leon - Villar de Mazarife 77 19 Villar de Mazarife – Astorga 80 20 Astorga - Rabanal del Camino 83 21 Rabanal del Camino – Ponferrada 86 22 Ponferrada - Villafranca del Bierzo 90 23 Villafranca del Bierzo - O Cebreiro 93 24 O Cebreiro – Tricastela 98

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Page 144: Alberto Caffi SANTIAGO DE COMPOSTELA IL MIO … · Alberto Caffi SANTIAGO DE COMPOSTELA IL MIO CAMMINO. 2. Dedicato ai miei nipoti 3. 4. PREFAZIONE ANTICA PREGHIERA A SANTIAGO O Santiago,

25 Tricastela – Morgade 102 26 Morgade - Palas de Rei 105 27 Palas de Rei – Arzua 108 28 Arzua – Villamajor 111 29 Villamajor - Santiago de Compostela 1144. Lettera 116

5. Nel mio zaino ho messo 117

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