alle origini del “genio italiano” _ la confederazione italiana

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17/2/2015 Alle origini del “genio italiano” | La Confederazione Italiana http://www.laconfederazioneitaliana.it/?p=222 1/6 MARTEDÌ 1 7 FEBBRAIO 201 5 ALBERTO DA GIUSSANO Con l’autonomia dei Comuni l’Italia diventa un’idea universale C Alle origini del “genio italiano” NOTE AD UN BRANO DI VLADIMIR SOLOV’ËV di Gianmarco Minesi osì scriveva il filosofo e teologo russo Vladimir Sergeeviĉ Solov’ëv, maestro ed amico di Fëdor Dostoevskij, in Oprovdanie dobra (La giustificazione del bene, 1895) sui cinque secoli d’oro in cui la civiltà italiana produsse i suoi frutti migliori: “Fra tutti i popoli europei, il primo che raggiunse un’autocoscienza nazionale fu l’Italia. La Lega lombarda, a metà del XII secolo, indica un’evidente risveglio nazionale. Ma questa lotta estrema fu soltanto l’impulso che destò alla vita le vere forze del genio italiano. All’inizio del secolo successivo, sulle labbra di San Francesco, la neonata lingua italiana esprime già sentimenti e idee di portata universale, che sono ugualmente chiare per un buddhista e per un cristiano. Nello stesso momento sorge la pittura italiana (Cimabue), e subito dopo (all’inizio del XIV secolo) appare l’opera universale di Dante che basterebbe da sola per fare la grandezza d’Italia. In questo secolo e in quelli immediatamente successivi (fino al XVII secolo), l’Italia, proprio mentre era lacerata dalle lotte tra comuni e podestà, papa e imperatore, francesi e spagnoli, produsse tutto ciò per cui è preziosa e cara all’umanità, tutto ciò di cui possono giustamente inorgoglirsi gli italiani. Tutte queste creazioni immortali del genio filosofico e scientifico, poetico ed artistico avevano per gli altri popoli e per il mondo intero lo stesso valore che avevano per gli italiani. I creatori dell’autentica grandezza dell’Italia erano senza dubbio alcuno dei veri patrioti e conferivano un valore grandissimo alla propria patria, ma questa non era da parte loro una vuota pretesa, tale da portare ad esigenze false e immorali: essi HOME SEMINARI ECONOMIA POLITICA CULTURA INFO

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    http://www.laconfederazioneitaliana.it/?p=222 1/6

    MARTED 1 7 FEBBRAIO 201 5

    ALBERTO DA GIUSSANOCon lautonomia dei ComunilItalia diventa unideauniversale

    C

    Alle origini del genio italianoNOTE AD UN BRANO DI VLADIMIR SOLOVV

    di Gianmarco Minesi

    os scriveva il filosofo e teologo russo Vladimir Sergeevi Solovv, maestroed amico di Fdor Dostoevskij, in Oprovdanie dobra (La giustificazione delbene, 1895) sui cinque secoli doro in cui la civilt italiana produsse i suoi

    frutti migliori: Fra tutti i popoli europei, il primo che raggiunse unautocoscienzanazionale fu lItalia. La Lega lombarda, a met del XII secolo, indica unevidenterisveglio nazionale. Ma questa lotta estrema fu soltanto limpulso che dest alla vitale vere forze del genio italiano. Allinizio del secolo successivo, sulle labbra di SanFrancesco, la neonata lingua italiana esprime gi sentimenti e idee di portatauniversale, che sono ugualmente chiare per un buddhista e per un cristiano. Nellostesso momento sorge la pittura italiana (Cimabue), e subito dopo (allinizio del XIVsecolo) appare lopera universale di Dante che basterebbe da sola per fare lagrandezza dItalia.

    In questo secolo e in quelli immediatamente successivi (fino al XVII secolo),lItalia, proprio mentre era lacerata dalle lotte tra comuni e podest, papa eimperatore, francesi e spagnoli, produsse tutto ci per cui preziosa e caraallumanit, tutto ci di cui possono giustamente inorgoglirsi gli italiani. Tutte questecreazioni immortali del genio filosofico e scientifico, poetico ed artistico avevano pergli altri popoli e per il mondo intero lo stesso valore che avevano per gli italiani. Icreatori dellautentica grandezza dellItalia erano senza dubbio alcuno dei veripatrioti e conferivano un valore grandissimo alla propria patria, ma questa non erada parte loro una vuota pretesa, tale da portare ad esigenze false e immorali: essi

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    realizzavano effettivamente il significato supremo dellItalia in opere di valoreassoluto. Essi non ritenevano conforme a verit e bellezza affermare se stessi e lapropria nazionalit, ma si affermavano direttamente nel vero e nel bello; questeopere non erano pregevoli perch glorificavano lItalia, ma, al contrario glorificavanolItalia perch erano pregevoli in se stesse, pregevoli per tutti.

    A simili condizioni, il patriottismo non ha bisogno di essere difeso egiustificato: si giustifica da s nei fatti, manifestandosi come forza creatrice e noncome una riflessione infeconda o come il trasalimento di un pensiero ozioso. Inquestepoca rigogliosa, allanteriore intensit dellattivit creativa corrispondevalampia diffusione dellelemento italico: in Europa i confini della sua influenzaculturale erano, ad est, la Crimea e, a nord ovest, la Scozia. Il primo europeo apenetrare in Mongolia e in Cina litaliano Marco Polo. Un altro italiano scopre ilNuovo Mondo e un terzo, estendendo questa scoperta, gli lascia il proprio nome.Linfluenza della letteratura italiana reste predominante per diversi secoli; gli italianivengono imitati nellepica, nella lirica, nei romanzi; Shakespeare prende da loro isoggetti e la forma dei propri drammi e delle proprie commedie, le idee di GiordanoBruno risvegliano il pensiero filosofico in Inghilterra e in Germania; la lingua e icostumi italiani dominano dappertutto nelle sfere superiori della societ. E ovvioche in presenza di una cos rigogliosa fioritura della creativit e dellinfluenzanazionale, gli italiani non si preoccupavano minimamente di tenere lItalia solo per s(allora, del resto, era accessibile a chiunque la volesse). Lunica cosa che liinteressava era quello che avrebbe potuto dar loro un certo valore agli occhi deglialtri, quello che avrebbe conferito loro un significato universale: si preoccupavanocio di quelle idee oggettive di bellezza e di verit che, attraverso il loro spiritonazionale, ricevevano nuove e pi degne espressioni.

    Lotta estrema

    Secondo Solovv la lotta estrema che a Legnano nel 1176 sanc la vittoriadei comuni della lega lombarda sul Sacro Romano Impero, fu limpulso che dest allavita le vere forze del genio italiano e si capisce che Solovv non parla qui di ungenio particolare degli italiani ma del genio in quanto tale, quello capace di realizzareprodotti che si impongono come modelli esemplari, espressioni di idee di portatauniversale. Egli non attinge, dunque, al repertorio risorgimentale del mito dellagrande battaglia, immortalato nei versi di Goffredo Mameli (DallAlpe a Sicilia,ovunque Legnano) e Salvatore Cammarano (DallAlpi a Cariddi echeggivittoria!), che eleva Legnano a simbolo della lotta per lunit nazionale. Solovv,che mal sopporta questa retorica patriottica (riflessione infeconda e trasalimentodi un pensiero ozioso), attribuisce al mito di Legnano un significato del tuttodiverso, che ritroviamo forse gi nei versi di Antonio Fogazzaro (Per il VIICentenario della battaglia di Legnano), quando nel 1876 esortava gli italiani adentrare nel secolo nuovo con le armi in pugno, memori dellantica vittoria, benchqueste non fossero le armi del guerriero ma quelle del genio: [] Entriam, conlarme in pugno, alteri e gravi/ Nel secolo superbo./ Tra il procelloso volger de legenti/ Incerte avanti, qual di ciechi armenti/ Che bramano e non sanno,/ Saremoil genio de Latin che monta/ Sul marmo e l bronzo; e larma sua vimpronta/ Perquelli che verranno. []

    Le libert politiche: il pi prezioso dei beni

    Ma soprattutto, ad un primo sguardo, la posizione di Solovv non apparetroppo distante da quella dello storico ed economista liberale ginevrino, moltoconosciuto ed apprezzato nella Russia dellepoca (gli fu offerta una cattedra a Vilna),Jean Charles Lonard Simonde de Sismondi, che in Storia del risorgimento, deprogressi, del decadimento e della rovina della Libert in Italia (1833) si proponedi voler presentare alle due potenti nazioni che si gloriano di non avere padroni, allaFrancia e allInghilterra, i diritti che pu valere la sventurata Italia a godere di unastessa libert, e ricostruire il ricordo di quel che lItalia ha fatto per prima perottenere il pi prezioso dei beni, dellesempio che essa ha dato alle altre nazioni,

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    dellimpulso che tutte le altre si sono limitate a seguire.

    Per lo storico elvetico, che tanta influenza esercit sugli intellettuali delRisorgimento, il pi prezioso dei beni altro non che il complesso delle libertpolitiche, giuridiche ed economiche, che le repubbliche strapparono alla tirannideimperiale attraverso la guerra della libert che sostennero contro il Barbarossa.Cos egli afferma nella sua opera storica pi conosciuta in Italia, Storia delleRepubbliche Italiane dei secoli di mezzo (prima traduzione italiana della Histoiredes Rpubliques Italiennes du Moyen ge, 1817), dove dichiara anche, e confermezza, che proprio da questa libert dipese il fiorire successivo della civiltitaliana, delle arti, del pensiero e delle lettere: le repubbliche italiane scomparvero,ma i risultamenti de loro lavori, i loro generosi sforzi non hanno potuto scomparireinsieme.

    Per mezzo loro la libert rese per la terza volta allEuropa ci che la libertaveva prima dato ai Greci, poscia ai Romani. In seno a queste repubbliche si viderorinascere le lettere, le arti, la filosofia, frutti condotti a maturit daquelleffervescenza degli animi. Tante lotte, tante pugne, lo sviluppo di tanti grandicaratteri e di generose passioni, apparecchiavano un risultamento, non prevedutonemmeno da coloro che dovevano produrlo; essi conducevano quel sedicesimosecolo, che brill dimmortale gloria; quel secolo in cui i pi maravigliosi monumentivennero innalzati dallo spirito umano allora che la nazione italiana terminava il suocorso, e che, mentre acquistava il suo maggior lustro, perdeva tutte le sue virt, lasua energia, e tutte le speranze dellavvenire.

    Portatori di unidea universale

    Eppure, sebbene il pensiero di Sismondi sia in qualche modo vicino a quello diSolovv, non negli stessi termini che il teologo russo intende il nesso tra la lottaestrema dei comuni lombardi e laffermazione del genio italiano. Un celebre passodi Dostoevskij, pubblicato in Diario di uno Scrittore, pu forse aiutarci ad illuminaremeglio il senso delle parole di Solovv. In questo passo, infatti, Dostoevskij muoveuna critica estremamente severa alloperato politico di Cavour e allunificazione deglistati italiani, ma il tutto ci pare soltanto un pretesto per mettere a confronto duemodelli tra loro antitetici di unit nazionale, uno meccanico e laltro spirituale:Prendete, per esempio, il conte di Cavour non unintelligenza, non undiplomatico? Io prendo lui come esempio perch ne gi riconosciuta la genialit einoltre perch gi morto. Ma che cosa non ha fatto, guardate un po'; oh s, haraggiunto quel che voleva, ha riunito lItalia e che ne risultato: per duemila annilItalia ha portato in s unidea universale capace di riunire il mondo, non unaqualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma unideareale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: lideadellunione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale. Ipopoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevanoche erano i portatori di unidea universale, e quando non lo comprendevano, losentivano e lo presentivano.

    La scienza, larte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significatomondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata,stremata ed esaurita (ma stato proprio cos?) ma che cosa venuto al suo posto,per che cosa possiamo congratularci con lItalia, che cosa ha ottenuto di meglio dopola diplomazia del conte di Cavour? sorto un piccolo regno di secondordine, che haperduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, un regno soddisfatto della sua unit,che non significa letteralmente nulla, ununit meccanica e non spirituale (cio nonlunit mondiale di una volta) e per di pi pieno di debiti non pagati e soprattuttosoddisfatto del suo essere un regno di secondo ordine. Ecco quel che ne derivato,ecco la creazione del conte di Cavour!.

    Laurora dei Comuni

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    LItalia unificata sarebbe dunque una nazione soddisfatta di ununit che nonsi pone pi come mondiale o universale, perch non sarebbe pi spirituale mameccanica. E qui Dostoevskij va preso alla lettera: soltanto quando un popolo unito nello spirito, quando cio la nazione si specchia nellimmaterialit dellunitsuprema, esso pu farsi portatore di idee universali, e solo allora la scienza, ilpensiero, larte assumono un significato mondiale.

    Dostoevskij ci appare impegnato in un esercizio di teologia della storia, volto ailluminare il legame tra il popolo italiano e lidea universale di cui si fatto portatorein Roma (dapprima nella Roma antica e poi nella Roma dei papi). E lo stesso temache anche Solovev si propone di indagare, ma in una chiave diversa e pi raffinata.Egli, infatti, individua nel genio la figura principale dello spirito italiano, ed il genionon semplicemente colui che porta lidea universale, bens colui che la esprime ela rende manifesta nelle sue creazioni.

    Si comprende allora da quale punto di vista Solovv individua nella lotta deicomuni contro lImpero limpulso storico che risveglia la nazione italiana e desta allavita le vere forze del suo genio. La sconfitta dellImpero segn infatti il tramontodelluniversalismo civile, che aveva fatto la grandezza di Roma, e lalba di unaltraidea di universalit: essa si impose dapprima con laffermazione politica dei comuniitaliani e poi con la vittoria del guelfismo, e fior nei secoli successivi in tutte lemanifestazioni dello spirito italiano, dal pensiero filosofico alle arti liberali.

    Roma rinnovata

    In effetti, ci che emerge dai trattati di pace allindomani della battaglia diLegnano, lidea che lImpero non dovesse aspirare ad essere pi che un corpopolitico che abbracciasse in unit e raccogliesse in una libera associazione le entitstatali autonome, su un modello che ricorda quello ecclesiastico del Corpus Christi,ma che non cercasse n di scavalcare i diritti e le libert comunali n lautorit dellaChiesa. In questo ideale doveva perci culminare non senza travaglio quelprocesso plurisecolare di spiritualizzazione dellideale romano, che segn il passaggiodefinitivo dalla Roma politica e imperiale alla Roma spirituale, cattolica e papale.Tale aspirazione, che segna il destino della nascente civilt italiana, della sua ascesa edella sua futura decadenza, ci data ancora oggi nella solenne e monumentalebellezza dei centri storici dei comuni italiani (almeno di quei centri non distrutti dallaguerra o dallarchitettura modernista): cos come nelle regioni dellImpero romano,ogni centro urbano aspirava ad essere una imago urbis, unimmagine della citt diRoma, le citt italiane assunsero le sembianze di questa Roma rinnovata nello spiritoe divennero ciascuna un microcosmo, una sorgente autonoma di civilt.

    La croce e il carroccio

    La dinamica della battaglia di Legnano, con lesercito dei comuni raccolto adifesa del Carroccio, del vessillo comunale di Milano, dellaltare e della croce diAriberto dIntimiano, espressione dei medesimi simboli che troviamorappresentati nel modello urbanistico della citt italiana: le mura esterne, la citt edil sistema delle piazze centrali con il palazzo del Municipio ed il nucleo assolutocostituito dalla Cattedrale (il Carroccio stesso era, del resto, il simbolo del Comune).Ma ci che la dinamica della battaglia, con i fanti asserragliati attorno al Carrocciodel Comune e alla Croce, veramente rappresenta un nuovo ordinamento dellospirito europeo, che si impone nellambito della citt ma che si riflette anchenellanima individuale.

    Il genio della nazione

    E qui ci pare di avvertire una consonanza con gli scritti sul genio di ImmanuelKant, che individu appunto nella figura del genio e delle sue creazioni le seguenti

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    caratteristiche: lautonomia rispetto ad una regola che non gli viene imposta ma dalui liberamente prodotta, loriginalit dellespressione e, soprattutto, larmonia cheviene a prodursi nellanima tra lattivit legislatrice dellintelletto e la libertdellimmaginazione. Genio colui che in grado di produrre realt esemplari chesono dotate di ununiversalit intrinseca, perch non dipendono da un canone pre-esistente, ma sono il prodotto spontaneo del libero accordo tra lintelletto elimmaginazione.

    La teoria kantiana del genio il tentativo di spiegare da dove sgorga, ingenerale, lautentica bellezza artistica, ma al di fuori dellambito strettamenteartistico, nella costituzione e nella struttura stessa della civilt che nacque dalprocesso di spiritualizzazione dellideale romano e dal dissolvimento dellImperocome forma secolare, che individuiamo i tratti emergenti del profilo delineato daKant. Parliamo del processo in cui, per riprendere le parole di Dostoevskij,luniversale si affranca dalla forma meccanica dellImpero, che intendeva fornirneuna rappresentazione, e si afferma nella sua massima ampiezza come unitspirituale.

    Un evento, questo, che si riflette poi nellanima dellindividuo, poich per suanatura esso invita lintelletto a ricercare luniversale oltre i limiti fornitidallimmaginazione (ad innalzarsi verso nuove vette, attraverso nuovi concetti),mentre stimola limmaginazione a lavorare pi intensamente, ed in piena libert, perrestituirgli non una ma infinite rappresentazioni possibili (che saranno per tutte inaccordo con lintelletto). E ci pare riduttivo che Kant si avvalga di un tale circolovirtuoso per spiegare lorigine dellarte bella soltanto, poich esso coinvolge in parimisura lintelletto e limmaginazione: un connubio che trova forse la sua massimaespressione negli schizzi del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, litaliano che pidi ogni altro incarner larchetipo del genio.

    LItalia come idea universale

    Ci che emerge, dunque, dalle parole di Solovv che gli italiani delmedioevo e del rinascimento, non abbiano semplicemente dato forma ad un lorogenio nazionale, ma abbiano aspirato, consapevolmente o meno, alla costruzione diuna civilt del genio. Solovv, nel tentativo di ammaestrare il popolo russo a venire,eleva a modello di ununiversalit storicamente compiuta ci che il genio italiano fuin grado di realizzare nei cinque secoli doro.

    Non forse questo il vero motivo e non, come a volte si dice, il traumadella resa nellultima guerra mondiale per cui ancora oggi si insinua nellanimodegli italiani pi riflessivi (e forse anche pi creativi), quella particolare avversione efinanche vergogna, per tutto ci che la nazione italiana nel suo significatomoderno? Non vi in questo un rigetto inconscio di tutto ci che lItalia in quantounit meccanica?

    E al tempo stesso, non vi in questo un sentimento di appartenenzanazionale che si afferma soprattutto nel valere agli occhi degli altri? E infatti nellaconclusione del brano che Solovv ci consegna una chiave di lettura dello spiritonazionale italiano: gli italiani non si preoccupavano minimamente di tenere lItaliasolo per s (allora, del resto, era accessibile a chiunque la volesse). Lunica cosa che liinteressava era quello che avrebbe potuto dar loro un certo valore agli occhi deglialtri, quello che avrebbe conferito loro un significato universale.

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