amatevi gli uni e gli altri

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E sperienze di V ita E sperienze di V ita Periodico della Comunità Piccolo Gruppo di Cristo n. 151 - anno XXXII Aprile 2011 "Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri." (Gv.15,17)

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Ireos interviene sul tema “Comunione e condivisione dei beni”. Esperienze di Vita esce segnato da avvenimenti storici e attuali che ci richiamano ai giorni della passione e morte di Gesù, da vivere comunque e sempre con speranza e fede nella resurrezione e grande solidarietà verso i fratelli in difficoltà.

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Page 1: Amatevi gli uni e gli altri

EsperienzediVitaEsperienzediVita Periodico della Comunità

Piccolo Gruppo di Criston. 151 - anno XXXII

Aprile 2011

"Questo vi comando:amatevi gli uni gli altri."(Gv.15,17)

Page 2: Amatevi gli uni e gli altri

44 La comunione in Comunità

77 Il mio nome è Shahbaz...

99 Le radici ritrovate

1133 Decalogo di C.M.Martini

1166 Filosofia del popolo Masai

1177 Conversione

2200 Il Fondo Famiglia e Lavoro

2233 Lettera a un don...

2255 Un meraviglioso scambio

2277 Orientamenti CEI sull’Educare

3300 La bellezza del mistero

3322 Un periodico speciale

3333 Una vacanza alternativa

3344 È accaduto...

Sommario

I reo s i n t e rv i ene su l t ema"Comunione e condivisionedei beni". Esper i enze d i Vi t a e s cesegna to da avven imen t is t o r i c i e a t t ua l i che c irichiamano ai giorni dellapassione e morte di Gesù, davivere comunque e semprecon speranza e f ede ne l lare sur re z ione e g randesolidarietà verso i fratelli indifficoltà.

Dalla Redazione tanti augurid i u n a buona e san taPasqua.

In questo numero...

Giosuè

Page 3: Amatevi gli uni e gli altri

Nella vita ci sono situazioni e passagginon sempre facili: nelle difficoltà a volte igiovani mancano di esperienza e glianziani mancano di forza. Perciò se nonvai con il Signore, se non ti affidi a lui, senon ti fai correggere e guidare da lui, nonriesci a vivere la comunione, né intesacome fraternità, né intesa come condivi-sione dei beni. I nostri sforzi risultanoinsufficienti e non risolvono i problemi.Quindi ci vuole pazienza, tenendo contodei nostri limiti, ma riusciremo a com-prendere e vivere un amore di misericor-dia solo vivendo nel Signore.

La comunione come misericordia e fraternitàAnche a costo di essere trattato comeuno troppo ingenuo o che fa preferenze,cerco di capire il carattere della personache ho di fronte, la sua storia, l'educazio-ne che ha avuto. Devo tenerne conto:non posso giudicarla solo per quello chesta facendo ora, ma devo andargli incon-tro per cercare di capire se già sta facen-do molto o se invece non sta facendoniente. Occorre considerare la personanel suo insieme e nell'insieme delle virtù:bisogna avere la prudenza e la sapienzanel giudizio, che sarà una valutazione, senecessario critica, del comportamentodella persona, ma non un giudizio sul suocuore, che spetta solo a Dio.Voi dite che alcune persone sono antipa-tiche, ma io ringrazio il Cielo e dico, epenso di non dire una bugia, che di anti-patici non ne ho. Perché, se mi faccioguidare da Gesù, come posso dire cheuno mi è antipatico sapendo che Gesù lo

ama? O io faccio quello che fa Gesù, equindi lo amo, altrimenti che consacratosono? Ci vuole pazienza se voglio vivereveramente la vita consacrata. Dal guardare tutto con amore come loguarda il Signore nasce anche una sag-gezza, una comunione, per cui non miarrabbio dentro, e non giudico per giudi-care, ma cerco di capire le difficoltà e lesituazioni difficili che sta passando que-sta o quella persona. Se noi tutti in comu-nità potessimo guardarci con questoamore…! Dico "potessimo", perché vedoinvece come stanno le cose: alcuni fannomolta fatica, altri pensano di essere arri-vati anche se non lo sono, altri si accon-tentano di fare ciò che pensano loro anzi-ché imitare le virtù del Signore. Noi dob-biamo vivere come ha vissuto Gesù intutta la sua vita. Vi assicuro che andando dentro il Vange-lo, vivendolo, si diventa sereni. Perché,se anche qualcuno parla male di me,anche indirettamente, o me ne dice unsacco, cosa me ne importa? A me inte-ressa il giudizio di Dio, non quello degliuomini! Semmai mi dispiace per lui, nonper me. Quando qualcuno sbaglia, ioprego per lui, perché abbia la forza dichiedere perdono al Signore e il Signorelo perdoni. Ci verrebbe da puntare i piedi,e invece no, perché nella vita sempreavremo difficoltà e ostacoli.Ciò che conta è amare il prossimo e aiu-tarlo a diventare santo. Dobbiamo chie-derci: "Ma io come lo amo? Io lo amocome lo ama Dio?". Perché io sono chia-mato ad amare come ama Dio! Meditare sulla comunione in Comunità

4 Esperienze di vita

Il Fondatore

LA COMUNIONE IN COMUNITÀ

(DESIO, 27 FEBBRAIO 2011)

Page 4: Amatevi gli uni e gli altri

5Esperienze di vita

significa fare un esame di coscienza sulreciproco servizio comunitario. L'articolo28 della Costituzione ci invita a "essereun cuor solo e un'anima sola ed entraretutti in Gesù, porta di salvezza e di glo-ria". Voglio e mi impegno perché questoavvenga? Sono felice perché questoavvenga in me? Pagando io di persona,certo. Perché se noi vogliamo darci dafare nell'evangelizzazione, lo facciamoguardando il Signore e lasciando che sialui a metterci in condizione di farlo. Per-ché anche quello che facciamo noi, sel'altro non lo capisce (mi riferisco a chinon crede), a cosa serve la nostra testi-monianza? È necessario quindi che ilSignore aiuti me a essergli fedele e sia luia illuminare l'altra persona perché capi-sca cosa vuol dire essere cristiani. Guardiamo il mondo d'oggi: i cristianidove sono? Prevalgono gli interessi, lefurbizie, le sporcizie… E sono cristiani.Non è che il cristiano sia migliore delmusulmano, del pagano, dell'ateo. Riportiamo questo discorso dentro ilGruppo: impegniamoci a vivere nelSignore e a esprimere amore per tutti,sempre, anche quando ci fanno del male."Deo gratias" quando mi fanno del male,perché così posso offrire qualcosa alSignore. Dobbiamo muoverci su questalinea, altrimenti il Cristianesimo nellaChiesa dove sta? La comunione come condivisione deibeni nella sobrietà austeraParlando poi di comunione come condivi-sione dei beni, e quindi come sobrietàaustera, guardiamo pure le spese chevengono fatte nella Chiesa, ma primariconosciamo che facciamo anche noidelle spese sciocche e poco evangeli-che. Ci sono chiese per le quali si continua aspendere troppo in tutti i sensi, magari

per abbellirle senza pensare a quelle deipoveri missionari che non hanno neppureda mangiare! Questa è Chiesa? "Padrenostro, a me la bistecca, all'altro la bucciadelle patate…". Come posso chiamarloPadre nostro? Dobbiamo accontentarci epoi amare, amare sempre! Ciò di cui ioparlo non è l'amore di sentimento, ma l'a-more che magari vive in mezzo alle lacri-me, in mezzo alla miseria. E quindi la Comunità deve fare tanti passisu questo, io me ne accorgo, lo sento.Lasciamo stare gli altri Istituti di vita con-sacrata, io prego per tutti, prego ancheper loro, ma pensiamo a noi. Se nondiventiamo simili a Gesù, se non ci sacri-fichiamo per diventare così, non offriamoalla Chiesa quella santità di cui è chiama-ta a essere madre. La nostra preghiera deve essere sempresu questa linea. Il Gruppo ci aiuta, maognuno è responsabile della sua perso-nale santità, della sua profetica missione. Se sono poco santo è causa mia, non ècolpa degli altri. E se do giudizi negativisugli altri la colpa è mia; così pure se nonaiuto, per quanto mi compete, i compo-nenti del Piccolo Gruppo a migliorarenelle virtù cristiane, il Gruppo ne risente.Questo va fatto però senza violenza,senza arroganza, ma con quell'espres-sione d'amore che è tra me e Dio. Ognuno deve fare il suo esame dicoscienza. Il responsabile a cui chiedia-mo i consigli o i permessi per le nostrespese a volte si trova costretto a dirci deisì che dovrebbero essere dei no, perchése anche ci dice un no, capisce di nonessere capito e accettato. Capita anchequesto. È la nostra coscienza che deveguidarci! Dobbiamo accontentarci delnecessario, per quanto riguarda il vitto, lespese, le gite e tutto il resto. Guardandoal positivo, è importante andare a trovare

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gli ammalati, sostenere chi ha bisogno,aiutare i bambini… Ognuno è responsabile di se stesso edeve rendere conto a Dio degli errori chefa. Lui è pieno di misericordia, ma se miha chiamato a essere consacrato, eGesù per primo si è consacrato a meperché io mi consacri a lui, è bene, è pia-cevole, è gioioso, è felicità poterlo accon-tentare, rispondendo a lui con un collo-quio come tra Padre e figlio e tra fratelli.Perché Gesù è nostro fratello, nostro fra-

tello vero che su questa terra ci prepara aentrare in cielo con le virtù evangeliche.Grazie, Signore, per il dono della voca-zione alla santità!

Intervento di Ireos dopo la riflessione di Vilma C. e Francesco C. per la Comunità di San Pio V

6 Esperienze di vita

Il Fondatore

Page 6: Amatevi gli uni e gli altri

Nel celebrare la Pasqua del Signore eil suo Sacrificio per la nostra salvez-za, richiamiamo alla memoria i tantiolocausti che fanno parte dellanostra storia: a cominciare da quellodel popolo ebraico a quelli noti emeno noti che avvengono di questitempi e di cui sono vittime tanti cri-stiani nel mondo che testimonianola fede col martirio. Ecco allora quidi seguito il testamento spiritualelasciato dal ministro pakistanoShahbaz Bhatti, ucciso il 3 marzoscorso. Ascoltiamo poi, nel raccontodi Gabriella, l'esperienza di vita e difede di suo nonno Giuseppe Fiano,ebreo convertito al cristianesimo,arrestato nel'43 a Milano e mortonel campo di concentramento diAuschwitz.

"Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sononato in una famiglia cattolica. Miopadre, insegnante in pensione, e miamadre, casalinga, mi hanno educatosecondo i valori cristiani e gli insegna-menti della Bibbia, che hanno influen-zato la mia infanzia.Fin da bambino ero solito andare inchiesa e trovare profonda ispirazionenegli insegnamenti, nel sacrificio, enella crocifissione di Gesù. Fu l'amoredi Gesù che mi indusse ad offrire i mieiservizi alla Chiesa. Le spaventosecondizioni in cui versavano i cristianidel Pakistan mi sconvolsero. Ricordoun venerdì di Pasqua quando avevosolo tredici anni: ascoltai un sermonesul sacrificio di Gesù per la nostraredenzione e per la salvezza delmondo. E pensai di corrispondere aquel suo amore donando amore ainostri fratelli e sorelle, ponendomi al

7Esperienze di vita

Il mio nome è Shahbaz Bhatti

Page 7: Amatevi gli uni e gli altri

servizio dei cristiani, specialmente deipoveri, dei bisognosi e dei perseguitatiche vivono in questo paese islamico.Mi è stato richiesto di porre fine allamia battaglia, ma io ho sempre rifiuta-to, persino a rischio della mia stessavita. La mia risposta è sempre stata lastessa. Non voglio popolarità, nonvoglio posizioni di potere. Voglio soloun posto ai piedi di Gesù. Voglio che lamia vita, il mio carattere, le mie azioniparl ino per me e dicano che stoseguendo Gesù Cristo. Tale desiderioè così forte in me che mi considerereiprivilegiato qualora - in questo mio bat-tagliero sforzo di aiutare i bisognosi, ipoveri, i cristiani perseguitati del Paki-stan - Gesù volesse accettare il sacrifi-cio della mia vita.Voglio vivere per Cristo e per Luivoglio morire. Non provo alcuna paurain questo paese. Molte volte gli estre-misti hanno desiderato uccidermi,imprigionarmi; mi hanno minacciato,perseguitato e hanno terrorizzato lamia famiglia. Io dico che, finché avròvita, fino al mio ultimo respiro, conti-nuerò a servire Gesù e questa povera,sofferente umanità, i cristiani, i biso-

gnosi, i poveri.Credo che i cristiani del mondo chehanno teso la mano ai musulmani col-piti dalla tragedia del terremoto del2005 abbiano costruito dei ponti disolidarietà, d'amore, di comprensione,di cooperazione e di tolleranza tra ledue religioni. Se tali sforzi continueran-no sono convinto che riusciremo a vin-cere i cuori e le menti degli estremisti.Ciò produrrà un cambiamento in positi-vo: le genti non si odieranno, non ucci-deranno nel nome della religione, masi ameranno le une le altre, porterannoarmonia, coltiveranno la pace e lacomprensione in questa regione.Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfa-ni qualunque sia la loro religione vada-no considerati innanzitutto come esseriumani. Penso che quelle personesiano parte del mio corpo in Cristo,che siano la parte perseguitata e biso-gnosa del corpo di Cristo. Se noi por-tiamo a termine questa missione, allo-ra ci saremo guadagnati un posto aipiedi di Gesù ed io potrò guardarLosenza provare vergogna".

La redazione

8 Esperienze di vita

Testimoni

Page 8: Amatevi gli uni e gli altri

Questa è una semplice, ma, per me,significativa esperienza di come ilSignore mi ha donato di partecipare,anche fisicamente, ad una manifesta-zione per non dimenticare le vittimedell'olocausto tra le quali vi è statoanche mio nonno. Mi trovo a Vaiano Cremasco, a pochichilometri da Milano, dove nel 1937Gilberto Fiano, aiutato economicamen-te dal fratello Giuseppe, ha avviatouno stabilimento di legnami segati,compensati e tranciati, attività prose-guita poi da mio padre: la "SACET" È una giornata uggiosa, piuttosto fred-da e con Bruna, che è venuta a tra-scorrere qualche giorno da me e miofratello con la sua famiglia, mi avvioverso il Comune, dove avrà inizio lamarcia della memoria: "Marcia deiLumini" a ricordo di tutte le vittime deicampi di concentramento e di un espo-nente della famiglia Fiano, ucciso adAuschwitz, mio nonno Giuseppe, geni-tore di nostro padre Arturo. Salutiamo l'organizzatore della manife-stazione, il Sindaco, i componenti dellagiunta comunale e gli ex operai dinostro padre che, ricordandoci quandoeravamo bambini, ci salutano affettuo-samente; intanto vengono accesi ilumini che sono stati distribuiti a tutti.Si fa silenzio e ci muoviamo uscendodal cortile del Comune verso la scali-nata che porta al sagrato della Parroc-chia che fa da palcoscenico a dueattori accompagnati dal suono di unafisarmonica; gli alunni della scuolamedia, coinvolti nella preparazione,portano sulla scalinata una grandebandiera della Pace. Nel silenzio checi avvolge, improvvisamente si alza,

lacerante, il suono tipico della sirena,che scandiva la "vita" dei campi di con-centramento con i tre appelli giornalie-ri. Il suo sibilo fa salire un brivido lungola schiena, perché voce di dolore, diuomini, donne e bambini ai quali èstata tolta ogni dignità: "come pecoreportate al macello".Ascoltando questo prolungato suonoche trafigge il cuore come una lama,mi viene spontaneo riandare ad un'al-tra sirena, con un suono avvolgente dirichiamo sereno, molto diverso, cheper tanti anni fin da bambina ho udito eche per molte delle tante persone pre-senti scandiva i tempi lavorativi inSACET ed era espressione di unarealtà positiva di lavoro e guadagnoper tante famiglie del paese, sorgentedi benessere, di vita, che ancora oggi,in persone ormai anziane e nei lorofigli suscita sentimenti di gratitudine. Mentre l'acuto della sirena sembra nonterminare mai, scendo in me stessaper rivolgermi al Signore che, maiavrei immaginato, mi avrebbe portatoqui oggi: "Signore, perché tanta soffe-renza che neppure riesco ad immagi-nare? E ancora oggi, quanto dolore,quanti olocausti noti e sconosciuti! " - eLui mi risponde: "Li conosco tutti, per-ché io ero e sono lì, con coloro chehanno vissuto l'olocausto e coloro chenel mondo lo vivono oggi. Io ho portatonella mia carne tutte queste atrocità esofferenze, e loro, che hanno seguitola strada che io ho percorso, sono pas-sati dal buio alla Luce con me, per me,in me". Quando il sibilo lacerante si affievoli-sce, quasi come una liberazione, sialza il suono della fisarmonica che len-

9Esperienze di vita

Le radici ritrovate

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tamente ci avvolge con musiche ebrai-che e accompagna la lettura di brani divari autori: Primo Levi, Joyce Lusu,Yitzhak Katzenelson, Padre DavidTuroldo. La loro voce si diffonde contoni forti, penetranti, dolci, poi improv-visamente incalzanti, laceranti, che sifanno urlo verso il cielo che sembramuto e chiuso sul dramma che si con-cretizza nell'interpretazione dei dueattori che interpretano con espressivitàla lettura di queste memorie di vita e dimorte.La marcia ora si snoda, silenziosa-mente, come una lunga scia luminosaper le vie del paese, osservo la fiam-mella tremolante sotto la pioggia dellumino che tengo in mano e, guardan-domi intorno, constato che c'è moltagente di ogni età: giovani, famiglie coni figli, anziani che hanno sfidato la fred-da giornata ed altri che si trovanolungo il percorso o sono alla finestra. La luce del mio lumino illumina anche imiei ricordi di una fetta della mia vitatrascorsa a Vaiano, che oggi riconoscomolto significativa: sono i miei primianni di cui non ho memoria, ma neiquali so di aver ricevuto l 'affettoprofondo di mio padre, che cercava dicompensare anche quello di miamadre che era a Milano per assisteremia sorella gravemente ammalata eanche quello di alcune persone checon la loro affettuosa vicinanza mihanno aiutato. Ricordo bene invece,negli anni seguenti, i sereni periodi divacanza che trascorrevo all'aria apertaquando, suonata la sirena del terminedella giornata lavorativa della SACET,mi catapultavo fuori e cominciavo adinanellare lunghe corse in bicicletta o agiocare tra le cataste di assi che misembravano grattacieli…..Ora ci fermiamo, siamo ad un piccoloparco dedicato ai martiri di Cefalonia,

la fisarmonica cattura l'attenzione conil suo suono intenso e sofferente peraccompagnare i due interpreti nella let-tura di testimonianze giunte dai campidi concentramento: esprimono tutto ildolore, la sofferenza interiore, maanche l'innocenza inconsapevole dibambini con l'ultimo giocattolo chesono riusciti a tenere stretto fin lì, che,quasi come un gioco, vengono accom-pagnati per mano verso un murodavanti a un fucile o verso una cameraa gas… E tu nonno Giuseppe, che nonho avuto il dono di conoscere, chi eri,come e cosa hai vissuto in quel tuotempo di prigionia? Riprendiamo il cammino e il mio pen-siero va a ciò che mi è stato racconta-to di lui. Il nonno Giuseppe e tutti i suoifratelli erano ebrei originari di Ferrara,città dove si era radicata, una consi-stente comunità ebraica. Nonno Giu-seppe, sposatosi con Giannina, altoa-tesina di fede cattolica, era imprendito-re nel settore del commercio del legnoe ciò lo portava a frequenti trasferi-menti con la famiglia: mio padre e suasorella nacquero a Zagabria che aquel tempo era sotto l'impero asburgi-co. Per alcuni anni la famiglia visse aVilla Opicina vicino a Trieste.Dagli anni 30 si stabilisce a Milano. Lafamiglia è molto unita anche dopo lamorte della nonna nel 1937. Quandomio padre conobbe e poi sposò miamadre Lina, il nonno Giuseppe iniziaun intenso rapporto con la famiglia dilei, relazione che diviene molto frater-na con il consuocero Francesco diprofonde radici cristiane. Questa fra-terna amicizia porta Giuseppe a chie-dere al consuocero di accompagnarlonella preparazione al Battesimo, con-versione, come mi ha raccontato miononno Francesco, intimamente deside-rata e coltivata, che ha dato significato

10 Esperienze di vita

In memoria

Monte delle beatitudini

Page 10: Amatevi gli uni e gli altri

11Esperienze di vita

al suo profondo sentire.Il 30 agosto 1941 nonno Giuseppericeve il S. Battesimo, gli fa da padrinoil nonno Francesco, che gli regala unlibro di preghiere con dedica che ègiunto fino a me.Ormai in pieno periodo bellico, si fannopressanti sul nonno Giuseppe gli invitia lasciare Milano come hanno già fattotutti suoi fratelli. Anche il fratello Gil-berto si era rifugiato in Svizzera.Quando il nonno Francesco, sfollato inVal d'Ossola con la sua famiglia e duesorelle Fiano, vedendo che le visitedelle S.S. erano divenute più frequentiin casa Fiano, lo sollecita a lasciareMilano, il nonno risponde: "Perché midevo nascondere? Non ho fatto nulladi male e non ho mai svolto attivitàpolitica." La sua onestà, rettitudine elimpidezza interiore lo sostennero inquesta scelta anche quando il cerchiosi strinse sempre più. Mi sono semprechiesta il perché del suo comporta-mento, forse riteneva che la sua mora-lità e lealtà potessero dar ragione a chiveniva a prenderlo, perché chi è inno-cente e limpido non teme. Non horisposte, ma sono certa che aver fattoin se stesso la sintesi del Dio dell'anti-co Testamento con il Dio Amore incar-nato in Gesù gli ha dato la forza diattendere i suoi "interlocutori". Prima divenire arrestato ha lasciato al consuo-cero un libretto bancario per saldare,se non fosse tornato, alcuni piccolidebiti che, a causa dell'inizio dellaguerra, non aveva potuto pagare adalcuni suoi clienti. Al termine del perio-do bellico, nonno Francesco riuscì acontattare queste persone che rimase-ro stupite nel vedere verificarsi unacosa che non si aspettavano: conosce-vano la correttezza del nonno Giusep-pe, ma non immaginavano che sareb-

be arrivata a quel punto. Viene arrestato dai tedeschi il 5 dicem-bre 1943 e rinchiuso nel carcere di S.Vittore a Milano. Nonno Francescoche era stato capo delle guardie dellecarceri, riesce a far avere alcuni collo-qui tra Giuseppe e la nuora Lina, per-ché mio padre era in guerra sul fronteafricano. Mia mamma tentò anche diparlare direttamente con i tedeschiandando al loro comando, ma il tentati-vo fu vano.Dopo alcune settimane il nonno fu tra-sferito a Fossoli dove venivano portatigli ebrei prima della deportazione inGermania. La mia mamma lo andò atrovare anche a Fossoli; il nonno checonosceva bene il tedesco fu "assun-to" come traduttore ed ebbe modo diparlare più volte col comandante delcampo che gli sembrava una personacoscienziosa che lo rassicurava che ilcampo sarebbe stato chiuso e trasferi-to altrove, ma che non sarebbe suc-cesso nulla di tragico. Forse il nonnocredeva a ciò o almeno questo è quel-lo che disse a mia mamma forse pertranquillizzarla: quella fu l'ultima voltache si incontrarono.Con questi pensieri la marcia dei lumi-ni giunge al piccolo parco, posto sulluogo dove sorgeva la SACET, intitola-to "Parco della memoria 27 gennaio1945 a ricordo di Giuseppe Fiano".Comincia a nevicare, il freddo è sem-pre pungente, è ormai buio, ma sull'er-ba del giardino attira lo sguardo unarotaia bianca disegnata con il gessoche giunge, restringendosi, ad un pic-colo palco in legno scuro; non ci vuolemolta fantasia per riandare a quellerotaie che entravano nel campo diAuschwitz… Man mano che ci dispo-niamo intorno, deponiamo i nostri lumi-ni sulle strisce bianche che lentamente

Page 11: Amatevi gli uni e gli altri

s'illuminano e sembrano acquistarevita.Dal palco vengono letti gli ultimi braniscelti per tenere viva la memoria, poialcuni bambini leggono dei pensieriche hanno steso dopo essere staticoinvolti nella preparazione di questainiziativa, a loro si uniscono alcuniadulti. Viene poi letto un documentod'archivio attestante la presenza diGiuseppe Fiano sul convoglio 14 cheraccoglieva solo ebrei a tutti gli effetti eche partì da Verona il 2 agosto 1944verso la Germania con destinazioneAuschwitz. Vi giunse il 6 agosto eimmediatamente, con molti altri con iquali aveva condiviso quell'ultimo viag-gio di salita al "monte Calvario", vennedestinato alla camera a gas. La sirena riprende il suo acuto, lace-rante lamento suscitando commozio-ne, quasi a sottolineare che la marciadella memoria deve essere ri-cordata,cioè riportata al centro del nostrocuore e vissuta nel quotidiano.Al termine, salgo con mio fratello sulpalco per esprimere il nostro ringrazia-mento a tutta la cittadinanza e dire,soprattutto ai giovani, che con i lumini,che abbiamo portato per le vie delpaese e deposto simbolicamente sullerotaie di Auschwitz, vogliamo afferma-re che tutti coloro che sono morti osono passati nei campi di concentra-mento sono per noi una luce, che desi-deriamo illumini il nostro cammino.Per questo cercheremo di vivere ognigiorno da marciatori della Pace testi-moniando che la vera pace si diffondee radica con sacrificio, dominio di sé,rettitudine, onestà e rispetto dell'altro,perché ognuno racchiude un inestima-bile valore umano e spirituale che vaascoltato, coltivato e mai reciso neppu-re con le parole, perché anche queste

possono ferire e uccidere.Al termine riceviamo diversi ringrazia-menti e testimonianze di stima nei con-fronti di coloro che hanno lavoratoquando alla SACET c'era nostropadre, nel quale hanno ritrovato alcu-ne caratteristiche positive del nonno lacui vita è stata raccontata in un libro,pubblicato l'anno scorso, in cui si èvoluto raccontare la storia dellaSACET.Per un attimo, silenziosamente, do unultimo sguardo a quel luogo ancorailluminato, ringrazio il Signore perchémi accorgo che oggi Lui mi ha fatto ungrande dono che, inconsciamente,attendevo: ho ritrovato le mie radici,proprio lì al termine di quelle rotaie,all'ingresso di quel campo dove il 6agosto 1944, il nonno ha celebrato "inolocausto" la festa della Trasfigurazio-ne!Grazie, caro nonno, anche se non ti homai conosciuto, oggi ti ho incontratoquale tramite dell'Amore di Dio cheattraverso il tuo vissuto mi invita aproseguire la salita al monte incarnan-do come hai fatto tu la "Preghiera delcammino" che porta alla trasfigurazio-ne, alla città santa, la nuova Gerusa-lemme, alla vita in Dio, alla piena Pacedella gloria.

Gabriella F.

12 Esperienze di vita

In memoria

Page 12: Amatevi gli uni e gli altri

Care sorelle e cari f ratelli, d i a lo g a n do c o n Ma u r o , i n

m e r i t o a l p e r c o r s o f o r m a t i v o2010/2011 , incentrato sul misterodella Comunità, abbiamo rammen-tato i l "Decalogo per un esame dicoscienza della Comunità cristiana"che sua Eminenza il Cardinale CarloMaria Martini, nell'anno pastorale1977/1978, aveva proposto all 'arci-diocesi ambrosiana. Questo testo conserva, a mio avvi-so, tutta la sua f reschezza e attua-lità anche per le cinque comunitàlocali che formano l 'unico PiccoloGruppo di Cristo.Lo ripropongo a tutti per un esamedi coscienza personale, convinto chelo Spirito è sempre vivo, va oltre ilte m p o e c i a i u te r à a v i ve r e i lmomento presente con uno sguardorivolto verso il futuro di Dio.M i s o n o p e r m e s s o , do p o o g n i"comandamento" di suggerire alcu-ne domande che ci aiutino nell'esa-me di coscienza. Ognuno, quandotroverà la domanda fatta al "PiccoloGruppo", la rivolga a se stesso e sisenta interpellato in prima persona.

DECALOGO PER UN ESAME DICOSCIENZA DELLA COMUNITA'CRISTIANA1. Si i una comun i tà d i f ede ,nutrita dalla fede di tutta la Chiesae vivi nell'adesione incondizionatadel cuore e della vita al Dio vivente,che ha parlato a noi in Gesù Cristo.Coltiva la rettitudine delle intenzio-ni, sii gioiosa nell'afflizione, prontanella misericordia verso i lontani ei vicini!

Piccolo Gruppo la tua fede è quel-la della Chiesa cattolica? PiccoloGruppo vivi intensamente l'adesio-ne al Dio vivente che la Chiesa tiha fatto incontrare? Sei una comu-n i t à che asco l ta l a Pa ro la confede, che celebra la divina liturgiae testimonia il Vangelo del Signo-re Gesù? Come vivi la beatitudinedei puri di cuore, degli afflitti, deimisericordiosi?2. Sot tomett i t i a l la Parola d iDio nella preghiera interiore e nellacomunione con i tuoi Pastori, peressere una comunità ricca di intel-l igenza spirituale, capace di faresintesi in mezzo alla frammentazio-ne e confusione del nostro tempo!

Piccolo Gruppo come vivi l'intelli-genza spirituale? Sei pronto a sot-tomettert i a l la Parola di Dio? Tilasc i met tere in d iscussione daessa? Sei al tuo interno "scuola dip regh iera" e d i " lec t io d iv ina"?Aderisci sinceramente al magiste-ro dei Pastori della Chiesa? Misuril'intelligenza legata al tuo carismae ai responsabili a te interni conl ' intel let to del la fede cattol ica econ la guida dell'intelligenza delleScr i t ture offer ta dal Papa e dalVescovo?3. Sii una comunità desiderosadi crescere nella scienza della fede,nutrita di solidi Maestri, che sianovoce della sinfonia della verità cheillumina e salva, quale essa è pre-sente nella varietà e ricchezza dit es t i mon i anza dona ta a l l ' i n te racomunione ca t to l ica , ne l tempoe nello spazio, nel passato come

13Esperienze di vita

DECALOGO PER UN ESAME DI COSCIENZA DELLA COMUNITA' CRISTIANA

Page 13: Amatevi gli uni e gli altri

nel presente! Sii una comunità chescrive e attua un piano pastorale infedeltà allo Spirito!

In tutte le nostre cinque comunità loca-li è necessario aprirsi al dono delloSpirito Santo, in comunione con tuttala Chiesa: siamo una comunità che sinutre della scienza della fede? Curia-mo la formazione catechistica e teolo-gica dei nostri membri? Ci preoccupia-mo di ascoltare i maestri di teologia edi esperienza spirituale, che lo Spiritosuscita nella Chiesa e che essa ci pro-pone o raccomanda?4. Sii una comunità docile al donodel consiglio, rispettosa dei camminipersonali di maturazione spiritualee pronta ad aiutare ciascuno a viverenella libertà le proprie scelte sotto l'a-zione del Consolatore e la guida di per-sone sagge e interiormente libere!

Siamo una comunità dove il dono delconsiglio è apprezzato e promosso?Gli itinerari di maturazione personaledelle coscienze sono in noi rispettati evalorizzati, anche quando possonocreare fatica al comune cammino?Incoraggiamo i nostri membri alla pra-tica della direzione spirituale, vissutapossibilmente con persone che sianosufficientemente libere rispetto allatentazione di assolutizzare l'apparte-nenza al gruppo? Siamo consapevoliche il gruppo è "una via" , una delletante vie della Chiesa ? Che questa"via" è veramente ecclesiale soloquando riconosce che anche "altrevie" sono o possono essere vocazionidi Dio e che senza di esse il piano sal-vifico, nell'oggi della Chiesa, non ècompleto?5. Sii una comunità viva nella spe-ranza capace di testimoniare a tuttie sempre l'eccedenza delle promesse

di Dio, che ci libera da ogni prigioniadei mali presenti e dalla paura dellamorte, e ci fa guardare avanti con fidu-cia, con distacco dai beni terreni e daisoldi, con una certezza più forte di ognifallimento o persecuzione o sconfitta!

Piccolo Gruppo sei una comunità riccadi speranza? Davanti ai tanti mali deltempo presente, mantieni alta la capa-cità di guardare sempre e comunqueall'orizzonte dell'avvenire di Dio pernoi? Testimoni la speranza a quanti tiincontrano? Vivi la gioia di quanti spe-rano nel Signore? Vivi la beatitudinedei poveri in spirito, degli affamati digiustizia, dei perseguitati?6. Sii una comunità che vive sottolo sguardo di Dio, desiderosa di piace-re in tutto a lui solo, e perciò vigilee operosa nel timore del suo santonome, libera da calcoli e valutazionisolo mondane!

Piccolo Gruppo quale posto dai altimore di Dio nelle tue valutazioni e neituoi progetti? Sei una comunità che silascia giudicare dal Signore, preoccu-pata di piacere a lui in ogni cosa? Timisuri sulle esigenze del Vangelo edella sequela di Gesù o ti lasci avolte ammaliare da calcoli di riu-scita terrena?7. Sii una comunità forte nellasperanza, perseverante nella via cheDio ha tracciato per te e la Chiesa haconfermato attraverso i suoi Pastori,libera e coraggiosa nella fedeltà e nellatestimonianza, anche a caro prezzo,aberante per tutti i tuoi membri e perchiunque ti avvicina, nel dono dellalibertà vera che viene dal Signore!

Piccolo Gruppo sei una comunità fortenella speranza? Sei costante nei tuoicammini, perseverante nella tuafedeltà alla chiamata di Dio? Sei affi-

14 Esperienze di vita

Esame di coscienza

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dabile? Mantieni fede agliimpegni assunti, anche se que-sto dovesse costarti e chiedertisacrifici non indifferenti?8. Sii una comunità viva eoperosa nella carità, aperta, capace digesti concreti di riconciliazione, acco-gliente e generosa verso tutti i fratelli ele sorelle nella fede, anche se diversi date, pronta a far spazio all'altro, chiun-que sia e da qualsiasi parte venga, perriceverlo con rispetto e amore e offrirglicon gratuità il dono che Dio ti ha fatto.Perdona largamente con gioia, operacon tutte le forze per la pacificazionedel cuore!

Piccolo Gruppo sei una comunità aper-ta? Sei accogliente e generoso? Seirispettoso delle diversità che esistononella Chiesa, non solo a parole, ma coifatti e nella verità? E sei aperto e acco-gliente con chi dal di fuori si avvicina ate, specie a chi è in cerca del volto diDio e desidera incontrare Gesù Cristo?Sei pronto a non servirti della Chiesa,ma a servirla, perché cresca il regno diDio, anche se tu dovessi scomparire?Quale la tua mitezza di fronte alleincomprensioni e alle offese? Quale iltuo servizio alla comprensione e allapace?9. Sii una comunità ricca di pietà,innamorata di Dio e desiderosa dirispondere al suo amore con un amoreumile, ma tenero, appassionatoe disposto a far compagnia al suo dolo-re e alla sua gioia in ogni momento!

Piccolo Gruppo sei una comunità difede, di speranza e di carità che silascia riconoscere in modo particolareper la sua pietà? Sei una comunitàtesa ad adorare e venerare Dio in ognitua scelta? Nutri nei tuoi membri que-sta tenerezza per Dio, che è frutto di

un grande amore, ricevuto dall'alto edonato con gratuità? Dai testimonian-za in questo mondo dell'urgenza diamare il Signore al di sopra di tutto,con tutto il cuore, con tutta la mente,con tutto il tuo essere?

10. Sii una comunità ricca disapienza spirituale, capace di misuraree vivere ogni cosa sotto il primato dellacarità, che viene da Dio e ci fa partecipidella vita di Dio: fa' strada a lui e al suoamore infinito, piuttosto che farti stradain questo mondo?

Piccolo Gruppo sei una comunità chevive la sapienza dell 'amore e lasapienza della Croce? Attui in tutto ilprimato della carità? Ti lasci amare daDio per essere in ciascuno dei tuoimembri accogliente e generoso nell'a-more?

Vi invito ora a mettervi in ginocchio enel silenzio della vostra cameretta achiedere con fiducia perdono a Dio perle nostre mancanze, recitando il "Con-fiteor". Quindi a rialzarvi e a ricomin-ciare con la Grazia e la Luce che ciprovengono da Dio a realizzare, perso-nalmente e comunitariamente,il progetto che Dio ha su di noi, pernon essere più oscurità, ma luceche risplende nel mondo.

Con affetto, tutti vi abbraccio Giancarlo B.

15Esperienze di vita

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16 Esperienze di vita

Ascoltando altre culture

1. Nella comunità tutti danno uncontributo: tratta le persone con rispet-to, non urlare né litigare.

2. Usa l'aggressività con saggez-za contro chi minaccia davvero le coseimportanti per la comunità. Non lascia-re che la tua furia determini le tue azio-ni.

3. La comunità è forte se restaunita: per rendere minime le divisioni,in ogni conflitto cerca una soluzioneche ti dia un compenso per il dannosubito e non semplicemente vendetta.Poi vai avanti e dimentica il torto.

4. Assumiti le tue responsabilità neiconfronti della comunità in cui vivi, rispet-ta il tuo ruolo e quello degli altri, concen-trati sui tuoi doveri più che sui tuoi diritti.

5. La natura ci dà quello che ciserve per vivere: rispetta ogni esserevivente e non essere inutilmente cru-dele e distruttivo.

6. Ricorda che chi viene da unacultura diversa ha valori e abitudinidiverse dalle tue, altrettanto legittime.Rispettali e non giudicarli con i para-metri della tua cultura.

7. Liberati dalle false necessità enon lasciare che il possesso o la ricer-ca di cose che non ti servono vera-mente ti renda infelice.

8. Preparati alle sfide che la vita tipresenterà: impara a sopportare ildolore e le avversità senza lamentarti.

9. Per prevenire i rischi e sfruttarele opportunità che ti si presentano, faiattenzione ai particolari e al mondoche ti circonda.

10. Educa i tuoi figli con coerenzasenza paura di essere severo: quelgenitore che ha paura di sentire pian-gere il proprio figlio, prima o poi saràlui a piangere.

Il popolo Masai trasmette di generazio-ne in generazione queste buone regoledi vita. Anche se non viene citata espli-citamente una divinità a cui far riferi-mento, ritroviamo in questo decalogouna sintonia sia con i nostri Diecicomandamenti, che con gli articolidella nostra Costituzione, che ci invita-no alla fraternità e alla comunione spi-rituale.

MASAI: DIECI REGOLE PER VIVERE INSIEME

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Abbiamo chiesto a Toni di pubblica-re questa lettera inviata alla Comu-nità di San Carlo. Ve ne proponiamosolo un ampio stralcio nella convin-zione che alcuni spunti e in partico-lare la metafora dell'ascensione siautile e davvero un bell'augurio dicrescita personale e comunitariavalido per tutte le nostre Comunità.

Carissimi, …è passato poco più di un anno

dal mandato ricevuto per seguire lanostra comunità di San Carlo comeresponsabile e ritengo giusto fare unprimo bilancio del cammino fatto sinqui in sintonia con il ResponsabileGenerale e con gli altri fratelli respon-sabili delle comunità che sono nel Pic-colo Gruppo di Cristo. Prima conside-razione è quella di constatare che èstato un anno di Grazia nel qualeabbiamo camminato insieme sottoli-neando lo stile del: "Un cuor solo edun'anima sola" nel solco tracciato daiprimi apostoli e discepoli come descrit-to negli Atti.Ci siamo lasciati condurre dallo SpiritoSanto in ascolto, in preghiera ed obbe-dienza evidenziando una rinnovatadisponibilità al cambiamento che lenovità e le responsabilità a diversilivelli ci hanno visti coinvolti. Ci siamo incamminati in una nuovadirezione che il Signore ci ha indicatoattraverso le piccole comunità. A mepiace vedere questo cambiamento didirezione come la via della "conversio-ne" personale ed anche comunitaria.Qui ognuno può esaminare se stessoe guardare quanto il Signore ha opera-

to con la sua grazia in questo passag-gio. È anche giusto dire che non sem-pre tutto è stato semplice o facile per-ché dentro di noi ci sono spesso delleresistenze quando dobbiamo perdere ilnostro equilibrio attuale per muoverciverso un altro punto. Questo movimen-to che descrive lo spostarsi in avantil'ho ritrovato in quella definizione cheun alpinista dava della scalata/arram-picata e che trovo molto significativa.Cioè dati 3 punti di appoggio (chegarantiscono la posizione) il corpo pro-tende verso un punto più alto a cui affi-dare il nuovo sostegno nel raggiungereancora un altro equilibrio stabile. Iocredo che sia bello anche applicarloalla vita spirituale e di santità nellaquale il Signore ci vuol vedere salire.Provo a parafrasare la scalata attra-verso ciò che il Signore, nella chiama-ta di ciascuno nel Piccolo Gruppo,vuole donarci. Innanzi tutto consideria-mo la montagna, che è il dono dellavita umana e spirituale nella quale cia-scuno è posto per giungere alla vetta,luogo della bellezza eterna. Seguono i3 punti di appoggio: povertà, castità,obbedienza che sono i sostegni su cuipoggia il nostro sì al Signore. Poi con-sideriamo la via che scegliamo: persalire questa è la vocazione dei cristia-ni "ancorché consacrati" o mistici nelPiccolo Gruppo di Cristo ed infine l'at-trezzatura, l'equipaggiamento e nonultimo la guida. L'attrezzatura (corda,imbragatura, moschettoni, chiodi) nonnecessariamente deve essere la piùsofisticata, ma deve essere buona edefficiente:le pratiche di preghiera, omeglio la vita spirituale devono essereefficienti per farci pregare ed essere

17Esperienze di vita

CONVERSIONE

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18 Esperienze di vita

persona preghiera perché ci assicuradi poter salire in modo sicuro e spedi-to. L'equipaggiamento (zaino, giaccavento, guanti, scarponi), cioè cosaindossiamo per salire, sono le virtù checiascuno ha scelto di indossare o che,obbedendo per amore, ha deciso divivere per rendere così giusta, bella edaffascinante la propria vita. Poi ci sonoi compagni di cordata, perché non sisale quasi mai da soli. Sono i nostriresponsabili personali. Sono i fratelli ele sorelle della comunità ai quali cileghiamo spiritualmente ed umana-mente per compiere l'ascesa. Su que-sto punto vorrei soffermare la vostraattenzione. Chi direttamente ha prova-to a scalare sa che ci si lega in due, almassimo in tre, perché mentre il primofacendo strada sale, l'altro lo assicuraattraverso i moschettoni e la corda.Se questo è vero per scalare la monta-gna, lo si può considerare altrettantovero nella esperienza che la nostracomunità mette in atto, attraverso l'ac-compagnamento tra il responsabile edil fratello nella via della santità. In questo legame rappresentato dallacorda è fondamentale considerarequesto mezzo come la fiducia cherende possibile salire senza il rischio dicadere, cosi come i moschettoni e ichiodi possono rappresentare la virtùdell'umiltà che permette ad entrambi diessere nella condizione migliore pergestire il proprio ruolo. Chi guida indicache si può salire più in alto e in questopassaggio allo stesso tempo si fidasapendo che chi lo assicura a suavolta salirà. [……] Infine per salire ènecessaria e indispensabile la guidache apre la via, che come avrete certa-mente intuito è il Signore Gesù. Lui,indica e accompagna il cammino diogni cordata, di coloro che andando

dietro a lui salgono verso la vetta. Questo anno, lo stare dietro di lui omeglio sotto il suo sguardo si è eviden-ziato nella fedeltà agli incontri dinucleo e di comunità ed in particolarenelle tante occasioni di Adorazioneche ci sono state offerte in un silenziodenso di gratitudine, di ascolto, di rin-graziamento. Per tutto questo, che si èreso possibile e visibile tra noi in unatestimonianza di benevolenza recipro-ca ringrazio in Signore per il dono chesiete voi. [….] Voglio offrirvi un ultimo pensiero moltopratico. Quest'anno per Natale, Lauramia moglie mi ha chiesto come regalodi sistemare il box e la cantina. Lacosa mi infastidiva un po' però insiemeabbiamo portato a termine l'operazionededicandovi un'intera giornata che èterminata con lo smaltimento dellecose da buttare portate in discarica.Durante il lavoro di cernita delle coseda tenere e da buttare facevo questarif lessione che mi è servita comeesame di coscienza.Di quanti oggetti, tante volte anche

superflui, ci circondiamo e poi, perchérimpiazzati da altri, mettiamo in canti-na, ci dimentichiamo di loro e tuttaviaquando ci è chiesto di eliminarli cidispiace. Forse perché rimaniamoattaccati affettivamente o perché ciricordano momenti della nostra vita.[…]Aver raggiunto un obiettivo perché bencompreso e approfondito ci fa sentire aposto, lo consideriamo un bene con-quistato e nostro per un po', poi perònon lo coltiviamo, cioè non lo facciamodiventare virtù e così lo mettiamo daparte in cantina, per non vigilanza equalche volta per pigrizia o perchésiamo attratti da altro che riteniamo piùimportante. Cosi quando mi viene

In cammino di conversione

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19Esperienze di vita

chiesto di liberare la cantina del miocuore mi dà fastidio e divento rigido. Ecosì non ascolto lo Spirito del Signoreche mi chiede di fare pulizia perché luiogni giorno vuole riempire il mio cuoreinvitandomi a: "Lavorare, pregare, fareopere di bene senza pretendere alcu-na ricompensa", cioè evitando di accu-mulare sicurezze e/o ritenere di esserea posto. Io gli resisto, non mi lascioconvertire e così non mi accontento dichiedere e di gioire per "il pane quoti-diano", quello sovrastanziale dellaParola e della Eucaristia che il Signoreci dona ogni giorno e che ci chiede diricercare ogni giorno e di condividerloattraverso la testimonianza di una vita

di virtù praticate. Devo ringraziare mia moglie per aver-mi fatto fare la pulizia della cantina (enon solo perché adesso è in ordine.)A voi tutti carissimi buona ascensionee di nuovo buon anno di grazia.

Toni F.

Conversione di S.Paolo - 25 gennaio 2011

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C'è uno stile di vita costruitosul consumismo che tutti siamoinvitati a cambiare per tornare auna santa sobrietà, segno di giu-stizia prima ancora che di virtù.C'è una solidarietà umana da ritro-vare nei nostri paesi e nelle nostrecittà per uscire dall'anonimato edall'isolamento, perché chi vivemomenti di difficoltà non si sentaabbandonato.

(Dionigi Tettamanzi)

Con queste parole, la notte di Nataledel 2008, i l nostro Arcivescovoannunciò l'iniziativa del Fondo Fami-glia Lavoro (FFL) per venire incontro,attraverso l'ascolto e un contributoeconomico, a coloro che sono colpitidalla crisi. Un gesto profetico che con-tinuerà per tutto il 2011 e ha permessofinora a molte famiglie di avere unaiuto, anche se non risolutivo, adaffrontare situazioni spesso drammati-che di perdita del lavoro. Vi racconto lamia esperienza.La Caritas, che ha organizzatoe diretto il Fondo Famiglia Lavoro, hacostituito dei "distretti decanali" neiquali alcuni volontari (come il sotto-scritto) hanno messo a disposizionedel tempo per ascoltare le situazioni dinecessità, venutesi a creare inseguito alla sopraggiunta perdita dellavoro. Sottolineo "sopraggiunta", poiché lafinalità del fondo è volutamente quelladi sostenere le nuove situazioni emer-genti: per intenderci, chi il lavoro nonl'ha mai avuto o è da tempo disoccu-pato non rientra in questa tipologiad'intervento e per loro esistono altreforme di assistenza che vengono indi-

viduate dai "Centri di Ascolto"' presen-ti in ogni Parrocchia, Decanato o UnitàPastorali. Nel nostro caso UPF sta perUnità Pastorale Forlanini che raccoglie5 parrocchie: S.Nicolao, S. Galdino,Beata Vergine Addolorata in Morsen-chio, Sacro Cuore in Ponte Lambro eMonluè. Ho citato il nome delle parrocchie, poi-ché esse, pur essendo attigue, rap-presentano un variegato territoriosociale ove sono comprese abitazionidi certo pregio fino alle periferie noteper il loro degrado (Ponte Lambro).Nel nostro distretto sono presenti 4operatori: gli incontri vengono fissati inseguito alla segnalazione dei Centri diAscolto, dei sacerdoti, delle suore chesono venuti a conoscenza del proble-ma lavorativo, e i colloqui avvengonosempre alla presenza di due collabora-tori che devono compilare una appro-priata scheda, nonché allegare unarelazione sull'andamento dell'incontro.È compito poi della commissionedecanale dare l'ok e poi inviarla inCaritas Diocesana, dove un appositocomitato delibera l'erogazione di uncontributo.È molto importante, come ci ha detto ilcardinale Tettamanzi all'inizio di questaattività, ricordare che il nostro compitonon si deve limitare ad una freddacompilazione tipo "a domanda - rispo-sta", ma occorre riuscire, per quantopossibile, a ridare un po' di speranza apersone che stanno vivendo un fortetrauma nella loro vita, perché possanosentirsi davvero "ascoltate anche nelcuore". Ci ha anche raccomandato di "fidarci"di quello che ci dicono, non indagandoo pretendendo documenti su docu-

Condivisione

Il Fondo Famiglia Lavoro

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menti (come facevo quando lavoravoin banca e il sospetto sulla sincerità dichi mi stava chiedendo un prestito erasempre ben presente), consapevoliche qualcuno pur di ottenere qualcosarincara la dose o nasconde qualchemotivo. "Noi non siamo qui per giudi-care ma per condividere…": comesempre le parole dell'Arcivescovosono molto semplici, ma molto chiare !Ci aiutano, in questi momenti di incon-tro, alcuni accorgimenti sperimentatinelle nostre precedenti esperienzelavorative: ascoltare con disponibilitàdi tempo, l'accomodarsi insiemeattorno ad un tavolo e non dietro unascrivania, far sedere le persone dilato e non di fronte, cogliere ogni pic-cola occasione per metterli a proprioagio (un esempio: quando si chiede illuogo di nascita è importante, se loconosciamo, fare qualche apprezza-mento…. Questa piccola complicitàpredispone il colloquio sul binario giu-sto.) Chi e quanti ne abbiamo incontra-ti? Di tutto e di più. Sostanzialmenteuna metà stranieri, di questi molti lau-reati al loro Paese ma qui in Italia solosoci-dipendenti di cooperative di pre-stazioni d'opera, spesso sottopagati eprontamente lasciati a casa quando illavoro scarseggia.Lavorare per una cooperativa vuol

dire non avere le ferie, né la liquidazio-ne, che non è prevista poiché giàcompresa nella paga oraria (???); lamalattia non si sa cosa sia ed inoltrenon c'è neppure il "licenziamento" chepermetterebbe per lo meno di ottenereda parte dello Stato un certo importoper i primi 8 mesi, sotto la forma di"sussidio di disoccupazione".Ma ci sono anche persone che hannostudiato in Italia, che magari hanno

girato il mondo, che conoscono più lin-gue straniere, ma che ora ad una certaetà (già dai 45/50 anni) non riesconopiù ad inserirsi nel mondo lavorativo echiedono di poter effettuare qualsiasilavoro: dalle pulizie, all'imbiancatura,all'attività di badanti.La nostra scheda infatti cerca di racco-gliere dati anche nella prospettiva futu-ra di una possibilità d'impiego, in rela-zione alle caratteristiche e alle cono-scenze specifiche, pur sapendo che èassai difficile di questi tempi. Abbiamoavuto colloqui con persone di qualsiasietnia, religione, stato sociale, immigratiregolarmente in Italia ed anche nonregolarmente, occupanti abusivi e per-sone che ricordano a memoria l'impor-to delle bollette della luce o del gasche hanno in sospeso da pagare. Fino ad ora si sono presentati unaquarantina di casi e sono state eroga-te delle somme che vanno da 1.000 a2.500 euro, a seconda della gravitàdelle situazioni, sotto forma di sussidiomensile che viene consegnato dal par-roco di competenza territoriale. Inqualche caso l'erogazione è avvenutauna tantum se era urgente per affron-tare un impegno improrogabile.Ogni persona ha la sua storia e difficil-mente un caso è simile all 'altro equando la accompagniamo all'uscita echiudiamo la porta ci guardiamo in fac-cia tra noi del distretto, un po' sconso-lati…e ci suggeriamo qualche passag-gio da indicare nella relazione al fine difare un quadro della realtà il più possi-bile veritiero.La tristezza spesso nasce dal fatto chequeste persone si sono messe in unguaio ancora più grosso perché privedi informazione o mal consigliate (miriferisco a grossi debiti con finanziarie,

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a rate insopportabili, mutuo casa al100% e in più il finanziamento a parteper i mobili). In alcuni casi ci hannoriferito di essere state consigliate dilicenziarsi, perché, è stato detto loro,forse dal datore di lavoro, che le dimis-sioni volontarie sono meglio del licen-ziamento!… Poi magari sono andati alsindacato, che in questi casi è impo-tente, e si trovano chiuse altre stradedi sostegno.Mi piacerebbe raccontare di alcunepersone dignitosissime, che ho ancoradavanti agli occhi, ne cito una pertutte: è uno straniero laureato, conconoscenza di tre lingue, che alla miadomanda su dove passava la notte miha risposto: andavo al dormitorio di viaOrtles ( vi ricordate Sabatino? ViaOrtles era il luogo dove lui portava lacena) …..ma non tutti i giorni perchécosta 3 euro per notte !!! Ma non loha detto per piangere miseria, piutto-sto con una dignità indescrivibile tantoche io, un po' sconvolto e un po' com-

mosso, nell'accompagnarlo all'uscitaho allungato la mano…..Ci credete sevi dico che ha rifiutato ed ho dovutometterglieli in tasca di forza?Concludo con un grazie al nostro Car-dinale Tettamanzi che ha sostenutosempre questa iniziativa, e in questitempi, in cui il Fondo è al lumicino dirisorse economiche, ha messo in ven-dita delle icone sacre e dei presepiche gli erano stati regalati in questianni di guida della nostra Diocesi, purdi racimolare risorse da destinare agliultimi. Uno slogan del Cardinale sullacrisi è racchiuso nella REGOLADELLE 5 ERRE da lui coniata, che èun invito per tutti noi, e non necessitadi commenti ( o forse ne necessitaeccome !!!)1- Ridurre2- Riciclare3- Riparare4- Rispettare5- Regalare

Renato R.

Condivisione

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(Ognuno può indicare il nome diun sacerdote con il quale ha condi-viso un pezzo di vita). Caro don....,

in questi giorni, parlando conalcune persone della nostra esperien-za parrocchiale, con toni tristi uno dinoi ha esclamato:"Cosa avete impara-to voi dal prete?"La domanda ci ha spiazzato e ci hacolti un po' impreparati. Come puoiimmaginare ha dato sfogo ai più diver-si echi. Ma questa domanda ci è rima-sta dentro perché non si può risolverecon due battute. Abbiamo pensato ate, e per grazia, a tanti altri sacerdoti.Un primo aspetto che emerge nellanostra personale storia e per cui ti stia-mo scrivendo è la condivisione. Ricor-diamo bene quel dopo cena in cui tiabbiamo chiesto se eri disposto acamminare insieme a noi sposi, e acercare insieme di crescere nelladimensione sponsale/nuziale dellanostra vocazione. Ricordiamo la tuasorpresa, ma soprattutto il tuo "si". Inquesti anni dobbiamo riconoscere che,forse, sei stato più ricercatore e piùfedele di noi. Non ti sei semplicementefatto più vicino a noi, ma ti sei messoin gioco.Questo ci ha spronato non solo duran-te i nostri incontri ma anche osservan-do come quel "si" tentavi di spezzarlonel tuo essere sacerdote e nello sco-prire e vivere la tua sponsalità, nono-stante pochi t i capissero, e i tuoi"doveri" ti chiamassero altrove.Ci hai insegnato e fatto fare esperien-za di una presenza, quella di Cristo innoi.Lo hai fatto condividendo, ma soprat-tutto celebrando l'amore di Cristo nel-

l'Eucaristia. Con pazienza ci hai condotto a viverecon te questo mistero. Non possiamo dimenticare quando cihai proposto di inginocchiarci insiemedi fronte all'Eucarestia in parrocchia,durante i corsi estivi, nei tempi fortidella liturgia. E senza parole ci haifatto vedere la tua relazione con Cristoe la tua unione sponsale con Lui.Abbiamo scoperto che, al di là di tantidiscorsi, abbiamo bisogno di vedere,quasi toccare, come sia vera e possibi-le questa unione con Lui.In questi annici hai mostrato come le nostre voca-zioni (come tutte le vocazioni) sonogenerate dal mistero pasquale e comequesto mistero è mistero di relazione edi dono sponsale con il Cristo e con laChiesa, ma anche tra noi. Ce lo espri-mi quando non accentri tutto su testesso. Quando ci chiedi di aiutarti avivere questa relazione nella preghie-ra, nei sacramenti, e nella quotidianità.Quando interroghi direttamente i lnostro essere sacramento. Quandocerchi la "teologia" nuziale nel nostrovivere di sposi, di genitori, di figli.Quando, come sei, cerchi di rivivere lostesso amore di Cristo sposo neiriguardi della Chiesa sposa. Sposa chesiamo noi, a volte comprensiva altrebisognosa, a volte entusiasta altrearrabbiata, a volte comunitaria altrefunzionale, a volte presente altre disat-tenta, a volte generosa altre povera, avolte amata altre ferita. Spesso nonabbiamo capito il tuo amore, come tunon hai capito il nostro. A volte amarecome Cristo ama significa risponderealla chiamata di diventare colui cheama senza essere amato, senza esse-re corrisposto. Questo tuo modo di

Lettera a un don

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24 Esperienze di vita

vivere l'amore e di amare ci interroga.Interroga il nostro modo di amarci tranoi sposi, e di aprirci verso gli altri(sacerdoti compresi). Nella vita di cop-pia diamo per scontato che l'amore siareciproco, sia scambiato, sia senzacondizioni, sia vivo. Malgrado la noncomprensione e le ferite tu comunque,a modo tuo, hai cercato di essereaccogliente. Un'accoglienza che non èstata funzionale o identificata con undare quello che veniva chiesto. Haicercato di vivere un'accoglienza che cifacesse sentire calore, che ci facessesentire di essere a casa. Un'accoglien-za che è presenza. Hai provato adamarci per quello che siamo, e haiacconsentito che anche noi ti amassi-mo per quello che sei come uomo ecome sacerdote. Lo riconosciamo: nonè facile. Non demordere anche concoloro che oggi continuano a tenere laloro porta chiusa.Con discrezione seientrato nella nostra casa, giochi connostro figlio, e hai visitato e condivisole nostre ferite, le nostre stanze buie.Ci hai commosso quando ci hai confi-dato che questo tuo visitarci ti fa senti-re meno solo. Con tenerezza ci haisempre detto, cantato e ripetuto che"nulla potrà separarci dall'amore di Cri-sto" né la fatica , né le ferite, né la sof-

ferenza, né la morte. In molte nostresituazioni non potevi fare molto, ma iltuo continuare ad indicarci la speranzache nulla ci separa da Cristo ci hadonato forza, sollievo e coraggio.Come spesso ripeti, l'amore di Cristotrasforma le ferite in feritoie attraversole quali possiamo scorgere fin da oraluce. Tornando alla battuta iniziale sucosa abbiamo imparato da te, ci accor-giamo che non è tanto una questionedi cosa abbiamo imparato o di cosaabbiamo ricevuto, ma piuttosto di lega-mi. La nostra relazione con te si è tra-sformata in un legame. Un legamecostruito dai nostri modi di essere e diagire, e non una cosa in più da realiz-zare e gestire. Un legame che è fami-liare, spirituale, ecclesiale insieme. Unlegame che trova in Cristo e nellaChiesa la sua radice e il suo collante.Ringraziamo e lodiamo il Signore perquesto legame.Ringraziamo e lodiamo il Signore per ildono delle vocazioni e di come Lui cioffra la possibilità di metterci in reci-proca comunione nella Chiesa.Ringraziamo e lodiamo il Signore pertutti i sacerdoti e in particolare per te.

Gloria, Antonio, Samuele G.

Lettera

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Vorrei dirvi innanzitutto che cosa hoprovato e non ho dimenticato della "tregiorni celibi" vissuta a inizio d'anno:tanta serenità e letizia, un' intensacomunione e fraternità.Come moderni "cercatori di Dio", cieravamo messi tutti in cammino … inviaggio con le auto o con i treni, attra-versando le autostrade o i binari dellenostre regioni, per giungere nellanostra casa di Desio.Ci siamo "di-staccati" dalle nostrecase, dalle nostre realtà quotidiane,dai nostri impegni e responsabilità, perritrovarci e vivere tutti insieme alla pre-senza del Signore. Sul treno che mi portava a Milano lamia mente è ritornata indietro con ir icordi a quando da bambina miopadre mi parlava del suo lavoro nellestazioni. Come ferroviere-elettricista siera occupato per svariati anni del con-trollo degli scambi dei binari. Ora è tutto computerizzato, ma trenta -quaranta anni fa chi svolgeva quel ser-vizio, oltre ad occuparsi di quadri elet-trici, doveva camminare per moltotempo lungo le rotaie per controllare ilbuon funzionamento degli scambi,pensare alla loro manutenzione e ripa-razione.Mi diceva spesso che era un lavoro digrande responsabilità, perché il mini-mo errore avrebbe potuto provocareun incidente, far deragliare il treno onon far prendere la direzione giusta aquello di passaggio. Questo "scambio", questo piccolosnodo, impercettibile spesso ai nostriocchi, assume un'importanza cosìgrande per i nostri spostamenti umani… e se io guardo alla mia vita spiritua-le oggi posso dire che il Signore ha

disposto sul mio "cammino terreno"svariati binari con diversi "scambi", chemi hanno permesso di percorrere (e miaiuteranno ancora) la mia strada versoLui, e che mi hanno dato modo di cam-biare direzione, di fare degli incontri digrande valore e di approdare a meteimportanti.I "giorni celibi" sono stati per me unnuovo "scambio" per la mia vita per-sonale e comunitaria; un meraviglioso"scambio" che ci ha aiutato a consoli-dare la relazione tra di noi e tra noi e ilSignore!Lui è stato il centro del nostro incontro,Lui la luce che abbiamo seguito e chedesideriamo continuare a seguire!Incontrarci è sempre un momento digrande e forte emozione e condividerele nostre gioie, le nostre difficoltà nelcammino umano e spirituale ci aiuta acrescere nella relazione tra di noi enella comunità. La bellezza di meditare-pregare-adora-re insieme il Signore, di mangiare-masticare-deglutire insieme la Parola el'Eucaristia, lo "scambiarci" esperienzee pensieri, il condividere i pasti, l'aiu-tarci in cucina, il passare divertenti eallegri momenti di relax insieme, fasempre un "gran bene" al cuore, creaunità, ci aiuta ad essere più partecipidella vita dell'altro, aumenta e fortificail nostro affetto fraterno, trasforma epurifica il nostro cammino spiritualepersonale e comunitario nel PiccoloGruppo di Cristo.Molto spesso si sente dire da alcunepersone: "Mi sto organizzando perandare in una beauty-farm, così conqualche esercizio o trattamento riu-scirò a rimettermi in forma, … per rilas-sarmi dallo stress di questi ultimi mesi

Un meraviglioso scambio

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… per ricaricarmi dopo un periodo unpo' faticoso… "Ecco: anche noi abbiamo pensato acome ricaricarci … spiritualmente, acome eliminare o trasformare i nostrilimiti, i nostri "accumuli di troppo", percamminare più spediti verso di Lui everso la vita eterna. La nostra "beautyfarm o centro benessere" è stata lanostra casa di Desio; i nostri esercizi etrattamenti sono stati i sacramenti, lemeditazioni, le condivisioni; l'allegria,la gioia, la serenità, l'amore fraterno,sono stati i nostri fanghi e le terapie dibellezza. Ciascuno di noi ha posto un nuovomattone nella costruzione del proprioedificio umano e spirituale e dellecomunità, grazie anche al materialeche ci era stato consegnato per lenostre meditazioni sulla spiritualità e lamistica! La bellezza di alcune testimo-nianze di mistiche hanno dato un gran-de stimolo alle nostre riflessioni. Ilmistico è il cristiano fedele, è la perso-na che è intimamente unita a Cristo,che vive per Lui, con Lui ed in Lui. Non è un cristiano che vive isolato, traquattro mura, che non partecipa alle

vicende del mondo, che non viveappieno la realtà della sua quotidia-nità. Tutt'altro: il mistico vive la suaunione con Dio così fortemente edintensamente, da non poter fare ameno di sentirsi coinvolto pienamentenelle sue relazioni umane quotidiane,dagli avvenimenti che determinano lesue giornate. In un film da poco uscito nelle salecinematografiche dal titolo "Un altromondo", mi ha colpito una frase dettada una protagonista: "Le cose, le situa-zioni, la vita, non cambiano … ma …"cambiamo" noi"!Mi ha fatto ripensare alla parola "s-cambio"… trasformazione della vita delfedele cristiano/mistico, dell'uomo spi-rituale e non carnale: cambiare-trasfor-marsi in un uomo o donna di Dio, gra-zie proprio alla quotidianità vissuta finoin fondo, della vita di relazione con Dioe le persone (in famiglia, sul lavoro,nel quartiere-diocesi-città-nazione-mondo)! Mettiamocela tutta con l'aiutodel Signore … nostro "meravigliososcambio"!

Nadia Q.

Giornate celibi

Rita, Mara, Gaetano, Ireos, Gino, Nadia

Don Pierpaolo, Rosa, Fiorenzo, Francsco, Donatella, Gabriella, Enza, Paolo, Andrea

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L'educazione, le sue modalità, l'impe-gno della Chiesa nei suoi vari livelli estrumenti pastorali: è questo il temasul quale l'episcopato italiano ha sceltodi concentrare gli sforzi nel decennio2010-2020, pubblicando gli "Orienta-menti pastorali" dal titolo "Educare allavita buona del Vangelo". Non è untesto teologico-pastorale in sensostretto, ma - appunto come dice il suostesso titolo - si tratta di "orientamenti"per l'azione delle Chiese locali, delleparrocchie, del lavoro di riflessione eproposta di istituti e aggregazioni. Unasorta di "vademecum" cui rifarsi siste-maticamente, nei prossimi dieci anni,con uno sforzo corale comune. Il testo,40 pagine fitte di citazioni, rimandi adocumenti del magistero del Papa e apronunciamenti della stessa Conferen-za Episcopale Italiana, è stato resonoto giovedì 28 ottobre, anche se lasua promulgazione porta la data del 4ottobre, Festa di San Francesco d'As-sisi, Patrono d'Italia. Il presidente deiVescovi, card. Angelo Bagnasco, nellapresentazione scrive che gli Orienta-menti "intendono offrire alcune linee difondo per una crescita concorde delleChiese in Italia nell'arte delicata esublime dell'educazione". Aggiungeche nel campo educativo "riconoscia-mo una sfida culturale e un segno deitempi, ma prima ancora una dimensio-ne costitutiva e permanente dellanostra missione di rendere Dio presen-te in questo mondo". La sfida e l'appel-lo è rivolto ai singoli credenti, allecomunità cristiane presenti sul territo-rio nazionale, alle numerose associa-zioni e movimenti, agli istituti religiosi,

al mondo della cultura, della scuola edella formazione: tutti i cristiani, insostanza, sono chiamati nel decennio2010-2020 ad interrogarsi profonda-mente sul proprio "agire" in quantoChiesa che educa, confidenti "neltesoro che il Signore ha posto nellenostre mani".In un mondo che cambia - Il momentoattuale è segnato da profonde trasfor-mazioni, dice il primo capitolo degliorientamenti. C'è bisogno di "riferimen-ti affidabili", mentre la cultura contem-poranea sembra favorire "il disorienta-mento, il ripiegamento su se stessi e ilnarcisismo". La scelta del tema educa-tivo da parte dell'episcopato italiano sirifà a due fattori: il primo è quello costi-tuito dai "richiami" di Papa BenedettoXVI, che in più di un'occasione ha indi-cato nell' "emergenza educativa" unodei problemi centrali per l'annuncio cri-stiano nelle società contemporanee. Inparticolare, negli Orientamenti si cita la"Lettera alla Diocesi e alla città diRoma sul compito urgente dell'educa-zione", del 21 gennaio 2008, nellaquale "Il Santo Padre ci incoraggia inquesta direzione, mettendo in eviden-za l'urgenza di dedicarsi alla formazio-ne delle nuove generazioni. Egli rico-nosce che l'educare, se mai è statofacile, oggi assume caratteristiche piùardue; siamo di fronte a "una grande'emergenza educativa', confermatadagli insuccessi a cui troppo spessovanno incontro i nostri sforzi per for-mare persone solide, capaci di colla-borare con gli altri e di dare un sensoalla propria vita"". Un secondo fattoreè legato al IV Convegno ecclesiale

EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO"Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il decennio

2010-2020"

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Orientamenti Pastorali

nazionale italiano, celebrato a Veronanell'ottobre 2006, dove venne messoin evidenza come sia sempre piùimportante diffondere un "messaggiodi speranza fondato sul 'sì' di Dioall'uomo attraverso suo Figlio, morto erisorto perché noi avessimo la vita". Disarmonia e scetticismo - Gli Orienta-menti evidenziano come "la Chiesacontinua nel tempo la sua opera: lasua storia bimillenaria è un intrecciofecondo di evangelizzazione e di edu-cazione .. Non c'è nulla, nella nostraazione, che non abbia una significativavalenza educativa". L'incontro tra cul-ture ed esperienze religiose diverse, lapretesa di una educazione che vorreb-be essere "neutrale", un diffuso "scetti-cismo e relativismo", sempre denun-ciati da Benedetto XVI, fanno sì che latrasmissione dei grandi valori educativida una generazione all'altra sia sem-pre più difficile. "A soffrirne di più è lafamiglia", dice il testo, mentre comeconseguenza si registra la "separazio-ne tra le dimensioni costitutive dellapersona" (razionalità, affettività, corpo-reità e spiritualità). Proprio la famigliaè chiamata oggi a un particolare impe-gno, specie in presenza di attacchi allasua struttura naturale fondata sul rap-porto uomo-donna. Si dice, così, che"è determinante la responsabilità edu-cativa di entrambi i genitori" ed è pro-prio "la differenza e la reciprocità tra ilpadre e la madre a creare lo spaziofecondo per la crescita piena delfiglio". Tra i fattori di debolezza dellafamiglia, si citano poi eventi semprepiù comuni quali "il numero crescentedelle convivenze di fatto, delle separa-zioni coniugali e dei divorzi, come puregli ostacoli di un quadro economico,fiscale e sociale che disincentiva laprocreazione". Inoltre si denunciaanche "tra i fattori destabilizzanti, il

diffondersi di stili di vita che rifuggonodalla creazione di legami affettivi stabilie i tentativi di equiparare alla famigliaforme di convivenza tra persone dellostesso sesso".Guardare "con speranza" ai giovani -Nel capitolo secondo degli Orienta-menti si sottolinea in particolare l'ur-genza di una verif ica delle varie"dimensioni" dell'agire ecclesiale: quel-le missionaria, ecumenica e dialogica,caritativa e sociale, quella escatologi-ca. La risposta a tutte le domande del-l 'uomo contemporaneo viene da"Gesù, maestro di verità e di vita", diceil capitolo terzo. Anzitutto è la famigliache deve educare a questo incontrocol Cristo, oltre che con tutti gli uomini.In questo consiste "la crescita pienadel figlio", perché sia "orientato nelmondo" e dotato di "un orizzonte disenso". Gli adulti, quindi, e i genitori inparticolare, sono i primi "educatori", aiquali è chiesta "autorevolezza", "credi-bilità", coerenza di vita. Gruppi parroc-chiali, associazioni, movimenti, volon-tariato, di servizio in ambito sociale ein missione possono svolgere unimportante ruolo formativo dei giovani,verso i quali occorre sempre "guardarecon speranza". Così hanno fatto, delresto, i grandi santi educatori di cui èpiena la storia della Chiesa.Formare la "coscienza credente" - Ilcapitolo quarto degli Orientamenti èdedicato alla "Chiesa, comunità edu-cante", con i suoi strumenti: catechesi,sacramenti, liturgia, impegno di carità,dotati di "un potenziale educativostraordinario". A questo livello si vaformando la "coscienza credente", cheverrà corroborata - col crescere del-l'età - da cammini specifici quali lascelta vocazionale, il matrimonio, lavita consacrata, il presbiterato, l'ade-sione ad associazioni e movimenti.

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Scuola e università giocano un lororuolo altrettanto rilevante: oltre alla cul-tura, offrono gli strumenti per una"coscienza critica" che è alla base diuna partecipazione convinta alla vitasociale.Come recepire gli Orientamenti - Orache il testo degli "Orientamenti" è noto,la domanda che possiamo porci è:cosa fare concretamente per attuarequeste indicazioni? Una risposta auto-revole è venuta da mons. MarianoCrociata, Segretario generale dellaCEI, che, intervenendo sabato 23 otto-bre al consiglio nazionale dell'AzioneCattolica (Roma, "Domus Mariae"), hainquadrato la sua riflessione sugliOrientamenti all'interno del camminoassociativo dell'ACI stessa ma, insenso lato, ha parlato a tutte le realtàaggregative cattoliche. Mons. Crociataha definito la natura e il ruolo degli"Orientamenti", parlando di "uno stru-mento pastorale, un quadro ermeneu-tico, una cornice di compatibilità deipercorsi che le singole Chiese sonochiamate a compiere per risponderealla identità e alla missione proprie diciascuna". Essendo ogni Chiesa locale

(diocesi) un corpo composito e artico-lato, ecco che l'attuazione degli Orien-tamenti si riverbera su ciascuna realtàaggregativa che ne fa parte. Al riguar-do mons. Crociata ha aggiunto che "sudi un piano generale per offrire un con-tributo davvero significativo al cammi-no della Chiesa bisogna entrare in sin-tonia con il suo pensiero, condividernel'ansia pastorale, in concreto entrarenelle motivazioni di fondo della sceltadell'educazione come motivo unifican-te dell'orientamento pastorale deldecennio". Il vescovo ha esortato le realtà cattoli-che, pur nelle diversità di carismi, a ungrande impegno educativo per "unapresenza convincente e solida di uma-nità dedita e accompagnante". Daparte del Piccolo Gruppo di Cristodovrà quindi venire, per tutto il decen-nio, una continuità di azione "educati-va", una fiduciosa vicinanza al Magi-stero, una presenza pronta, creativa,fedele secondo lo spirito e la letteradelle Costituzioni interne e della spiri-tualità comunitaria.

Luigi C.

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Sono passati più di vent'anni da quan-do lessi per la prima volta "La pante-ra", una delle poesie più famose diRainer Maria Rilke, noto poeta di lin-gua tedesca del XX secolo.Mi è ricapitata tra le mani in questigiorni e devo dire che l'effetto di alloranon è mutato. Permettetemi di ripro-porla al fine di poter fare delle conside-razioni di carattere spirituale.

La pantera Nel Jardin des plantes, Parigi

Il suo sguardo, per lo scorrere continuodelle sbarre, è diventato così stanco, che

non trattiene più nulla. è come se ci fossero mille sbarre intorno

a lui, e dietro le mille sbarre nessunmondo.

L'incedere morbido dei passi flessuosie forti,nel girare in cerchi sempre piùpiccoli, è come la danza di una forza

intorno a un centro in cui si erge, stordi-to, un gran volere.

Soltanto a tratti si alza, muto, il velodelle pupille.

Allora un'immagine vi entra, si muoveattraverso le membra silenziose e tese

e va a spegnersi nel cuore.

Quello che mi ha sempre colpito è ilcontrasto tra la bellezza, l' eleganza, laforza naturale della pantera con la forzabruta e annichilente che esercita la gab-bia in cui si trova. È talmente forte ilcontrasto tra ciò che è l'animale e laprigione in cui è costretta a vivere darisultare doloroso seguirlo nel suomovimento e nel suo desiderio dilibertà. Leggo un' analogia tra la condi-zione di questa pantera e quella del-l'uomo quando vive la sua esistenzasenza alzare lo sguardo, quando nonsi apre alla dimensione del mistero: lavita, come una gabbia, lo imprigiona.

Il limite, rappresentato dalle sbarre, èsoffocante e tutto quello che l'uomoriesce a fare, nonostante la sua forza ela sua volontà, è quello di girare intor-no a se stesso e aprire ogni tanto gliocchi per accorgersi che nulla cambiae che il suo anelito alla libertà non harisposta.Il Cardinal Ravasi, in un recente incon-tro a cui ho partecipato, ha usato unabellissima espressione parlando delfascino della bellezza: in una consue-tudine di vita, in una realtà mucillagino-sa dove bruttura e bruttezza si sposa-no (il primo termine è riferito a deivalori etici, il secondo a valori estetici.)solo la bellezza, comunicata attraversola fede e l'arte, riesce ad "aprire feri-toie" e ci permette di vedere orizzontiimmensi, ci inserisce in un piano tra-scendente, ci fa intuire l'Oltre. In unaparola ci permette di scoprire la dimen-sione del mistero. Aprire feritoie dentrouna realtà che spesso non ci piacesignifica varcare la soglia del misteroed essere salvati.Il mistero è la dimensione alta dellavita, quella che rompe decisamente lesbarre del quotidiano finito per portar-ci a riconoscere le scintille di eternitàdisseminate nel quotidiano e farcirespirare fin da ora l'infinito di Dio. Ilmistero si contrappone all'ovvietà cheè chiacchiera, banalità, meschinità (lanatura non è la grazia!) ecco perché cidà vita, ecco perché ci dà la forza difrantumare le sbarre del limite, perchéla grazia è liberante, la vita divina checi è stata regalata e che sempre cichiede di essere accolta con libertàcompie il miracolo -il più grande- diinserirci a pieno titolo nel respiro di Dioe ci rende partecipi della sua sostanzagloriosa.Questo apre alla meraviglia, l'atteggia-

Poesia La bellezza del mistero

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mento del cuore del piccolo che rico-nosce di stare dentro a qualcosa che èpiù grande di lui, che lo trascende eche quindi non può capire. Ma nellostupore al piccolo è dato di intuireche è proprio su questo piano chedeve continuare a cercare, dato che inquesta dimensione siamo stati pensatifin dalle origini. Cosa possa esserci dipiù grande non riesco a comprenderloe rendo grazie perché so che quandonon capisco lì c'è Dio. Perché Dio èsempre altro da me, da quello cheposso avere intuito di Lui, da quelloche mi aspetto da Lui. Egli è in me maè perennemente un Oltre tutto da vive-re nell'abbandono della fede, dellafiducia cieca! Avere ricevuto con Gesù incarnato ildono di essere innalzati alla divinità èciò di cui dovremmo rendere grazie elode dal mattino alla sera. Sì, è pro-prio così: la nostra esistenza ha dentrotutto ciò di cui ha bisogno per esserevissuta all'insegna della gioia e dellalode perenne perché l'esperienza chemi è data di fare gratuitamente è, semi apro al mistero, quella di trovaredentro il limite della condizione umanagli ingredienti per trasformarla in bene-dizione, in occasione di redenzione, invicenda pasquale e quindi sì di morte,ma alla fine di gloria. È questa l'ultimaparola. Allora lo sguardo dell'uomolibero non morirà ferito dentro il propriocuore perché schiacciato dall'angustia,dalla finitezza della giornata e del pro-prio io ma avrà il coraggio di credereall'anelito che avverte in se stesso - ODio, Tu sei il mio Dio, all'aurora ticerco, di te ha sete l'anima mia, a teanela la mia carne (salmo 62) - , avràla forza di andare oltre il limite di sé edella realtà perché quell'incontro vitalecon il Signore è promessa e compimento

insieme di pienezza e di significato. Assumere la realtà che ci è data davivere in questa prospettiva, amarlafino in fondo così come fa il Signoreche ha deciso per amore, solo peramore, di prendere la nostra carne ela nostra storia, vuol dire fare espe-rienza di lui, sentirsi toccati nell'animadalla sua dolcissima presenza.Amare è vivere l'essenza di Dio che èamore e poter vedere in noi il fruttodella vita di grazia, la sola a farci usci-re dall'isolamento, dalla chiusura, dalpeso del nostro ego, l'unica in grado difarci scoprire orizzonti nuovi, luminosie di speranza.Cosa posso chiederti di più oltre a

fare esperienza di Te e comprenderesempre maggiormente il grado del tuoinfinito Amore? Nulla! Nulla ha valorein confronto a questo. E allora grazieper tutto ciò che mi è dato di vivere,per il dono dei miei fratelli e delle miesorelle, per tutta l'umanità che mi staattorno, quella che ha un volto precisoe che concretamente incontro nel cam-mino di tutti i giorni, ma anche quellache non vedo con gli occhi fisici e chegli occhi dell'anima - che sono i tuoiSignore - mi portano alla mente e perla quale sento di volermi offr ire.Signore, porta a compimento il tuoprogetto e fa che la Chiesa risplendacome tu desideri. La tua gloria mi glo-ria mi basti Signore, non voglio cercarealtro!

Donatella Z.

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Leggendo gli articoli dedicatialle interviste che EdV. ha pro-posto ad alcuni componenti delPiccolo Gruppo, relative all'im-pegno nel volontariato, ho pen-

sato a quante esperienze, magari inte-ressanti, restano sconosciute. Mi è cosìvenuto il desiderio di condividere con voil'attività che svolgo da quasi dieci anni :collaboro con una rivista quindicinale diispirazione cattolica Nuova e Nostra perla quale illustro tre rubriche. Tutto è natodalla chiusura del "glorioso" settimanalefemminile cattolico Alba, che per più disettant'anni ha accompagnato la vita dimolte lettrici dando spunti spirituali oltreche consigli pratici. Per un anno ho illu-strato con disegni di moda la pagina chequesta rivista dedicava mensilmente allepiù giovani, poi per motivi principalmenteeconomici, oltre che per la diversa impo-stazione data dal nuovo editore al perio-dico, Alba ha chiuso, con grande dispia-cere delle abbonate.Rosetta Albanese, ex direttrice di questarivista, ha pensato, nel 1996, di risponde-re al desiderio di molte ex lettrici dandovita a un quindicinale chiamato Nuova eNostra, organo comunicativo dell' Asso-ciazione, che ha permesso di continua-re a far vivere quella trama di ideali erelazioni umane che per molti anni le let-trici di Alba avevano condiviso. Sul sitodell'associazione (http://www.nuovaeno-stra.it/), Rosetta lo presenta così: Nuovae Nostra è un quindicinale di comunica-zione, che tiene conto delle vicende delmondo, ma non legato all'attualità. Dàpiuttosto gli strumenti per interpretare ifatti, essendo più di formazione che infor-mazione. Tuttavia i testi sono di facile let-tura, infatti i collaboratori sono avvertiticome Amici. Una parte del periodico èriservato anche all'evasione, con rubrichepiacevoli e tre racconti. Nuova e Nostra èdi 32 pagine, stampato in bianco e nero. "

Aggiungo poi che ora le abbonate sonoquasi duemila, ma la rivista è letta da unnumero molto maggiore di persone per-ché c'è la consuetudine di non gettarlo,dopo averlo letto, ma di passarlo ad amicie conoscenti. Tra i collaboratori, inoltre,ci sono persone come Mons. AntonioRiboldi e Mirella Poggialini (critica d'arte edi televisione). Da brava ex lettrice diAlba, mi sono abbonata al quindicinale eper qualche anno il mio contatto con l'As-sociazione si è fermato lì; poi ho iniziato anotare che non sempre le illustrazionierano adatte agli articoli pubblicati e que-sto mi dispiaceva un po', visto il mio inte-resse per tutto ciò che concerne l'artefigurativa. Così un giorno, incontrandocasualmente la direttrice (abita abbastan-za vicino a noi) le ho ricordato la mia col-laborazione con Alba e le ho proposto didisegnare anche per il nuovo giornale. Ecosì è stato…Sono molto contenta di questa attività,sia perché sono "costretta" a disegnarealmeno ogni quindici giorni (anche se mispiace un po' non poter "pasticciare"con icolori, visto che uso solo tutta la gammadelle sfumature del grigio…), sia perchédo il mio contributo ad una rivista che,portando avanti con semplicità i valorievangelici, è per molti lettori fonte diserenità e di fiducia nel bene. Come moltigiornali, in questo periodo, Nuova eNostra vive alcune difficoltà acuite dalfatto che si autofinanzia con le quote deisoci, non chiede sostegni pubblici esoprattutto non ha pubblicità.Se il periodico fosse costretto a chiuderelascerebbe un grande vuoto nelle lettrici,soprattutto in quelle più anziane, per lequali è una vera compagnia. Chi volesseconoscerlo meglio ed eventualmentesostenerlo può visitare il sito già citato, ochiedermene qualche copia.

Adriana B.

Un periodico speciale

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Nel mese di febbraio ho avuto la possibi-lità di condividere 7 giorni con la "Frater-nità Monastica di Nazareth", presso ilmonastero di Vallechiara, vicino a Velletri,sui colli albani. Per chi di noi l'avesseconosciuto, vive in questa comunità donGianni Colamaria, che circa 18 anni faera aspirante nel Piccolo Gruppo, poisentì di consacrarsi al Signore nella vitamonastica.L'esperienza vissuta nella sua raternità,composta da 10 fratelli, di cui 2 presbiteri,e da 15 sorelle, è stata per me una riccaesperienza di vita umana e spirituale. Ecco perché è doveroso condividerlaattraverso il nostro periodico.La giornata spirituale inizia alle ore 6,00con il canto delle Lodi, dalle 8 alle 12 èsegnata dal lavoro agricolo, domestico,artigianale e artistico. Poi è scandita dalcanto dell'ora media alle 12.30, dal pran-zo, separato fra le due comunità, dallaripresa del lavoro dalle 15 alle 17, dallostudio e approfondimento personale, perritrovarsi tutti insieme al canto dei Vesprie all'Eucarestia alle 19. Alle ore 20 lacena, alle ore 21 compieta personale edalle 22 il "grande silenzio", come lo chia-mano i monaci, per sottolinearne l'impor-tanza.Ho vissuto la mia settimana in una picco-la casetta rivestita di legno, riservata aifamigliari, accanto alla dimora dellemonache, scelta che mi ha aiutata a con-dividere da vicino la loro vita semplice didedizione al Signore.

Praticamente, nelle ore del loro lavoro ein quelle dedicate allo studioe all'approfondimento monastico, iomeditavo, leggevo, camminavo e riposa-vo. Ogni giorno il mio corpo, la miamente e il mio spirito traevano beneficiodal camminare in silenzio nelle loro cam-pagne, ascoltando e osservando la bel-lezza e i suoni della natura e del lavoroagricolo dei monaci. Il territorio di Valle-chiara si estende su una superficie di 40ettari, senza alcuna recinzione, poi conti-nua verso case e campi che appartengo-no agli abitanti del luogo; il loro è davveroun respiro spirituale monastico, dentro lavita di tutti, senza mura di separazione. È giusto tuttavia affermare che la veraseparazione resta il silenzio: se quandocammini finisci nella strada asfaltata confrequente passaggio di auto, comprendiche per mantenere il tuo clima di pace,devi tornare indietro.Per i "monaci delle strade", come siamonoi, può essere sicuramente un'esperien-za di grande riposo interiore, arricchita tral'altro dalle belle e curate liturgie delmonachesimo benedettino. Il tempo èdono di Dio e in questi giorni ho ricevutoabbondantemente questo dono, che miha ridato energia e mi ha fatto apprezza-re la gioia della comunione ecclesiale. Hosentito vicini a me tutte le sorelle e i fra-telli del Gruppo e auguro, a chi di voi neavesse la possibilità, di visitare la frater-nità di Vallechiara anche per qualchegiorno, per accoglierne i tesori interiori.

Lucia N.

Una vacanza alternativa

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in redazione:Donatella Bergamini, Adriana Bertoni, Giorgio Casiraghi,

Paolo Cattaneo, Rosanna Ceccattoni,Vilma Cazzulani, Antonio Ficara, Angela Gironi, Renato Rossi

Progetto grafico: Francesca Ficara Impaginazione: Paolo Cattaneo, Antonio Ficara

Redazione: via San Pietro 20 - 20033 Desio