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59S Introduzione L’amiodarone si distingue da tutti gli al- tri farmaci antiaritmici non solo per la com- plessità del comportamento farmacocineti- co e per la molteplicità degli effetti elettro- farmacologici, che sono alla base della sua elevata attività antiaritmica e antifibrillato- ria, ma anche per il suo peculiare profilo di tollerabilità 1 . Esso potrebbe rappresentare un valido prototipo di antiaritmico ideale se fosse possibile minimizzare i suoi effetti collaterali 2 . Un’adeguata valutazione del rapporto rischio/beneficio relativo all’im- piego dell’amiodarone rappresenta pertan- to il presupposto per ottenere la massima efficacia in relazione ad un obiettivo tera- peutico ben definito a fronte del più basso rischio possibile di effetti collaterali 1 . Sotto tale profilo l’attualità di tale molecola, do- po oltre 30 anni dalla sua introduzione in campo clinico, è ancora intatta 3 . Scopo di questo capitolo è quello di for- nire i dati essenziali relativi alle interazioni farmacologiche e alla gestione degli effetti collaterali, sia extracardiaci che cardiaci, dell’amiodarone. Interazioni farmacologiche Si possono distinguere tre tipi di intera- zioni farmacologiche: farmaceutiche, far- macocinetiche e farmacodinamiche 4 . Interazioni farmaceutiche si verificano quando due farmaci reagiscono tra loro nel- la stessa soluzione o quando un farmaco reagisce con gli elettroliti presenti in solu- zione. Un esempio è dato dall’amiodarone che precipita in soluzione fisiologica, moti- vo per il quale esso va diluito in soluzione di glucosio al 5%. Anche così diluito, tutta- via, l’amiodarone forma precipitati, ed è pertanto incompatibile, con aminofillina, bicarbonato di sodio, eparina, cefamando- lo, cefazolina, gluconato di chinidina e mezlocillina: con tali farmaci, l’amiodaro- ne non va somministrato attraverso la me- desima via di infusione 5 . Interazioni farmacocinetiche si verifica- no quando assorbimento, distribuzione, bio- trasformazione o eliminazione di un farma- co vengono modificati dalla contemporanea somministrazione di un altro farmaco. Si parla infine di interazioni farmacodi- namiche quando gli effetti biochimici e/o elettrofisiologici di un farmaco sono in- fluenzati da un secondo farmaco sommini- strato contemporaneamente per attività di- retta sullo stesso sito di azione, con risulta- ti che possono essere vantaggiosi (in segui- to, per esempio, all’impiego di associazio- ni utili tra farmaci antiaritmici) o svantag- giosi o potenzialmente pericolosi (per esempio, bradiaritmie maggiori a causa di incongrua somministrazione contempora- nea di verapamil e betabloccante, oppure marcato effetto inotropo negativo in segui- to a somministrazione di betabloccante as- sociato a disopiramide) 4 . La farmacocinetica dell’amiodarone, somministrato per via orale, è caratterizza- ta da biodisponibilità incompleta e variabi- le (35-65%) – principalmente a causa del- l’elevata clearance di primo passaggio a li- vello intestinale ed epatico –, considerevo- le ricircolazione enteroepatica, elevatissi- mo legame con le proteine plasmatiche (> 96%), elevatissima liposolubilità e di- stribuzione tessutale, lenta biotrasforma- zione in un importante metabolita attivo, il mono-N-desetilamiodarone (MDEA), lun- ghissima emivita di eliminazione (20-60 giorni, in media) che si verifica prevalente- mente per via epatobiliare e solo in misura minima (< 1%) per via renale 6-8 . Rispetto © 2001 CEPI Srl Per la corrispondenza: Dr. Emanuele Cappiello Divisione di Cardiologia Ospedale L. Sacco Via G.B. Grassi, 74 20157 Milano E-mail: [email protected] Amiodarone: interazioni farmacologiche e gestione degli effetti collaterali Emanuele Cappiello Divisione di Cardiologia, Ospedale L. Sacco, Milano (Ital Heart J 2001; 2 (Suppl 5): 59S-81S)

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59S

Introduzione

L’amiodarone si distingue da tutti gli al-tri farmaci antiaritmici non solo per la com-plessità del comportamento farmacocineti-co e per la molteplicità degli effetti elettro-farmacologici, che sono alla base della suaelevata attività antiaritmica e antifibrillato-ria, ma anche per il suo peculiare profilo ditollerabilità1. Esso potrebbe rappresentareun valido prototipo di antiaritmico ideale sefosse possibile minimizzare i suoi effetticollaterali2. Un’adeguata valutazione delrapporto rischio/beneficio relativo all’im-piego dell’amiodarone rappresenta pertan-to il presupposto per ottenere la massimaefficacia in relazione ad un obiettivo tera-peutico ben definito a fronte del più bassorischio possibile di effetti collaterali1. Sottotale profilo l’attualità di tale molecola, do-po oltre 30 anni dalla sua introduzione incampo clinico, è ancora intatta3.

Scopo di questo capitolo è quello di for-nire i dati essenziali relativi alle interazionifarmacologiche e alla gestione degli effetticollaterali, sia extracardiaci che cardiaci,dell’amiodarone.

Interazioni farmacologiche

Si possono distinguere tre tipi di intera-zioni farmacologiche: farmaceutiche, far-macocinetiche e farmacodinamiche4.

Interazioni farmaceutiche si verificanoquando due farmaci reagiscono tra loro nel-la stessa soluzione o quando un farmacoreagisce con gli elettroliti presenti in solu-zione. Un esempio è dato dall’amiodaroneche precipita in soluzione fisiologica, moti-vo per il quale esso va diluito in soluzionedi glucosio al 5%. Anche così diluito, tutta-via, l’amiodarone forma precipitati, ed è

pertanto incompatibile, con aminofillina,bicarbonato di sodio, eparina, cefamando-lo, cefazolina, gluconato di chinidina emezlocillina: con tali farmaci, l’amiodaro-ne non va somministrato attraverso la me-desima via di infusione5.

Interazioni farmacocinetiche si verifica-no quando assorbimento, distribuzione, bio-trasformazione o eliminazione di un farma-co vengono modificati dalla contemporaneasomministrazione di un altro farmaco.

Si parla infine di interazioni farmacodi-namiche quando gli effetti biochimici e/oelettrofisiologici di un farmaco sono in-fluenzati da un secondo farmaco sommini-strato contemporaneamente per attività di-retta sullo stesso sito di azione, con risulta-ti che possono essere vantaggiosi (in segui-to, per esempio, all’impiego di associazio-ni utili tra farmaci antiaritmici) o svantag-giosi o potenzialmente pericolosi (peresempio, bradiaritmie maggiori a causa diincongrua somministrazione contempora-nea di verapamil e betabloccante, oppuremarcato effetto inotropo negativo in segui-to a somministrazione di betabloccante as-sociato a disopiramide)4.

La farmacocinetica dell’amiodarone,somministrato per via orale, è caratterizza-ta da biodisponibilità incompleta e variabi-le (35-65%) – principalmente a causa del-l’elevata clearance di primo passaggio a li-vello intestinale ed epatico –, considerevo-le ricircolazione enteroepatica, elevatissi-mo legame con le proteine plasmatiche(> 96%), elevatissima liposolubilità e di-stribuzione tessutale, lenta biotrasforma-zione in un importante metabolita attivo, ilmono-N-desetilamiodarone (MDEA), lun-ghissima emivita di eliminazione (20-60giorni, in media) che si verifica prevalente-mente per via epatobiliare e solo in misuraminima (< 1%) per via renale6-8. Rispetto

© 2001 CEPI Srl

Per la corrispondenza:

Dr. Emanuele Cappiello

Divisione di CardiologiaOspedale L. SaccoVia G.B. Grassi, 7420157 MilanoE-mail:[email protected]

Amiodarone: interazioni farmacologichee gestione degli effetti collateraliEmanuele Cappiello

Divisione di Cardiologia, Ospedale L. Sacco, Milano

(Ital Heart J 2001; 2 (Suppl 5): 59S-81S)

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all’amiodarone, il MDEA presenta a sua volta maggio-re diffusibilità e concentrazione a livello miocardico e,nella terapia a lungo termine, emivita di eliminazioneancora più lunga9. L’amiodarone attraversa la barrieraplacentare ed è presente nel latte materno10.

Due sono i principali meccanismi alla base dellemolteplici e complesse interazioni farmacocinetichedell’amiodarone con altre molecole: la clearance meta-bolica mediata dal sistema del citocromo P450 (indica-to con la sigla CYP) e il processo di eliminazione atti-vo dei farmaci mediato dalla glicoproteina P.

Nei processi di biotrasformazione ossidativa dei far-maci un ruolo fondamentale è svolto dalla superfami-glia di monossigenasi codificate dai geni del CYP e lo-calizzate in sede microsomiale11. Nell’ambito delle do-dici famiglie del sistema CYP identificate nell’uomo,quelle che codificano per gli enzimi coinvolti nellamaggior parte dei processi di biotrasformazione ossi-dativa dei farmaci sono le famiglie 1, 2 e 3 (CYP1,CYP2, CYP3): un ruolo preminente (> 50%) è svoltodall’enzima CYP3A che è espresso a livello non solodegli epatociti ma anche degli enterociti11. La biotra-sformazione mediante N-deetilazione dell’amiodaronein MDEA è dipendente, in particolare, dall’attività del-l’isoenzima CYP3A4 ed è molto probabile che l’eleva-ta variabilità della biodisponibilità dell’amiodaronesomministrato per via orale sia attribuibile all’ampiavariabilità interindividuale di tale isoenzima12. Anchenel destino metabolico del MDEA è probabilmentecoinvolto il sistema CYP. Studi in vitro hanno dimo-strato che mentre l’amiodarone di per sé inibisce de-bolmente le attività catalitiche mediate da CYP2C9,CYP2D6 e CYP3A4, il MDEA inibisce in modo com-petitivo CYP2D6, in maniera irreversibile (per forma-zione di legame covalente), CYP2A6, CYP2B6 eCYP3A4, e con meccanismo misto CYP1A1, CYP1A2,CYP2C9 e CYP2C1913. Queste osservazioni conferi-scono al MDEA un ruolo chiave nello sviluppo delleinterazioni farmacocinetiche indotte dall’amiodarone.Esse inoltre possono rappresentare la base interpretati-va della frequente latenza di tali interazioni (attribuibi-le al fatto che la biotrasformazione dell’amiodarone inMDEA si prolunga per settimane o mesi), nonché del-la loro possibile persistenza a lungo nel tempo anche inpresenza di bassi livelli plasmatici del farmaco, riferi-bile all’elevato accumulo tessutale e alla lentissima eli-minazione dell’amiodarone e, in misura ancora mag-giore, del MDEA13.

È noto che i farmaci non diffondono passivamenteattraverso le membrane cellulari per raggiungere i sitidi azione intracellulari, ma che tali processi sono sotto-posti a meccanismi di fine regolazione. Tra questi,quello più studiato è il meccanismo di estrusione deifarmaci che utilizza una specifica proteina di trasporto,la glicoproteina P14. Tale proteina è espressa, oltre chesulla superficie luminale degli enterociti, anche sul latotubulare dell’epitelio renale e sul lato biliare degli epa-tociti, avendo quindi l’importante funzione di preveni-

re l’accesso (negli enterociti) e nel promuovere l’elimi-nazione (a livello epatico e renale) dei farmaci stessi14.Tra i farmaci di interesse cardiovascolare, il principalesubstrato della glicoproteina P è la digossina, la cui eli-minazione è largamente condizionata da tale proteina15.Molti farmaci, che pure non presentano relazione strut-turale con la digossina, ne aumentano i livelli plasmati-ci mediante inibizione della glicoproteina P: tra questinon solo la chinidina, la cui interazione con la digossi-na è tra le prime descritte, ma anche verapamil, itraco-nazolo, eritromicina, ciclosporina e, molto probabil-mente, amiodarone16.

Nelle tabelle I e II13,17-51 vengono riportate le princi-pali molecole che presentano interazione farmacocineti-ca con l’amiodarone, il meccanismo più probabile allabase dell’interazione, l’entità (ove possibile) e l’effettodell’interazione, la latenza media di comparsa, la corre-zione raccomandata della dose del farmaco. Per renderepiù agevole la lettura, nella tabella I sono compresi i far-maci i cui effetti possono essere incrementati dall’amio-darone, mentre nella tabella II sono riportati molecole oalimenti che possono modificare, aumentandola o ridu-cendola, l’attività dell’amiodarone per influenza sullasua farmacocinetica.

Nella tabella III52-58 sono riportate le principali inte-razioni farmacodinamiche.

La molteplicità e complessità delle interazioni far-macocinetiche e farmacodinamiche nelle quali è coin-volto l’amiodarone può rappresentare lo spunto per treconsiderazioni generali.

La prima è che il grado di evidenza di tali interazio-ni è molto variabile. Infatti per talune la dimostrazioneè basata su ripetuti studi relativi a casistiche sufficien-temente ampie oppure su osservazioni numericamenteridotte ma incontrovertibili sotto il profilo della valuta-zione farmacocinetica20-34,36-53, mentre per altre, soprat-tutto di tipo farmacodinamico, i dati disponibili sonorelativi a singoli o a pochi casi clinici per i quali l’evi-denza di una relazione causale è alquanto minore a cau-sa dell’ovvia possibile interferenza di variabili aggiun-tive, difficilmente quantizzabili35,54-58.

La seconda considerazione riguarda la gestione ge-nerale di tali interazioni, riassumibile nei seguenti pun-ti: 1) l’associazione dell’amiodarone con digossina e/oanticoagulante orale, di rilievo clinico prioritario, im-pone un dimezzamento iniziale della dose di questi ul-timi farmaci ed un successivo attento aggiustamentodella loro dose, basato principalmente su controlli se-riati e ravvicinati di digossinemia e/o di INR20-26; 2)l’associazione di amiodarone con antiaritmici di classeI secondo la classificazione di Vaughan Williams e Har-rison impone di ridurre la dose di questi ultimi, in mi-sura orientativa, del 30-50% rispetto alla dose previstain assenza di associazione e di aggiustare successiva-mente la dose sulla base delle determinazioni seriatedei relativi livelli plasmatici18; 3) l’esistenza di intera-zione implica l’assoluta necessità di adottare particola-re cautela e accuratissima sorveglianza quando si deci-

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Farmaco

Digossina17-22

Warfarin, acenocuma-rolo13,17,19,23-26

Chinidina19,27-30

Disopiramide29,30

Procainamide28-31

Fenitoina13,32-34

Lidocaina35-37

Flecainide19,38-40

Propafenone19,41

Teofillina13,19,42

Ciclosporina13,19,43-45

Meccanismo dell’interazione

Riduzione dell’eliminazione epato-biliare e renale per inibizione dellaglicoproteina P

Riduzione non stereoselettiva dellaclearance metabolica epatica deidue enantiomeri R e S del warfarinper inibizione del CYP2C9 (warfa-rin-S) e del CYP1A2 (warfarin-R)(warfarin-S presenta attività anti-coagulante 5-6 volte maggiore diwarfarin-R)Inibizione della sintesi dei fattoridella coagulazione vitamina K-di-pendenti

Riduzione dell’eliminazione epato-biliare e renale per inibizione dellaglicoproteina PRiduzione della clearance metabo-lica epatica per inibizione delCYP3A4

Riduzione dell’eliminazione epato-biliare e renale per inibizione dellaglicoproteina P

Riduzione dell’eliminazione epato-biliare e renale per inibizione dellaglicoproteina P

Riduzione della clearance metabo-lica epatica per inibizione delCYP2C9

Riduzione della clearance metabo-lica epatica per inibizione delCYP3A4

Riduzione della clearance metabo-lica epatica per inibizione delCYP2D6

Riduzione della clearance metabo-lica epatica per inibizione delCYP2D6

Riduzione della clearance metabo-lica epatica per inibizione delCYP3A4 e CYP1A2

Riduzione dell’eliminazione epato-biliare e renale per inibizione dellaglicoproteina P Riduzione della clearance metabo-lica epatica per inibizione delCYP3A4

Entità

↑ LP 70-100%

↑ TP 80-100%

↑ LP 32-50%

↑ LP ND

↑ LP 57% (NAPA: ↑ LP32%)

↑ LP 100%

↑ LP 100%

↑ LP 60-100%

↑ LP ND

↑ LP 100%

↑ LP 100%

Effetto

Tossicità digitalica

Aumentato rischioemorragico

Tossicità da chini-dina/TV tipo TdP

TV tipo TdP

TV tipo TdP

Tossicità da feni-toina

Tossicità da lido-caina

Tossicità da flecai-nide/effetto proarit-mico

Tossicità da propa-fenone

Tossicità da teofil-lina

Effetto nefrotossicoda ciclosporina

Latenza

1-5 giorni

3-21 giorni

1-5 giorni

ND

1-5 giorni

2-4 settimane

3 giorni

2-14 giorni

ND

16 ore

3-7 giorni

Raccomandazioni

Dose: ↓ 50%Controllo frequen-te della digossine-mia

Dose: ↓ 50%Controllo frequen-te del TP (INR)

Dose: ↓ 30-50%Controllo frequen-te dei LP di chini-dina

Dose: ↓ ND Controllo frequen-te dei LP di disopi-ramide

Dose: ↓ 30%Controllo frequen-te dei LP di pro-cainamide

Dose: ↓ 30-50% Controllo frequen-te dei LP di feni-toina

Dose: ↓ 50% Controllo frequen-te dei LP di lido-caina

Dose: ↓ 30%Controllo frequen-te dei LP di flecai-nide

Dose: ↓ ND Controllo clinicofrequente

Dose: ↓ 50% Controllo frequen-te dei LP di teofil-lina

Dose: ↓ 50% Controllo frequen-te dei LP di ciclo-sporina

Tabella I. Interazioni farmacocinetiche dell’amiodarone: farmaci i cui effetti possono essere potenziati dall’amiodarone per influenzasulla loro farmacocinetica.

CYP = citocromo P450; INR = international normalized ratio; LP = livelli plasmatici; NAPA = N-acetilprocainamide; ND = dato nondisponibile; TdP = torsade de pointes; TP = tempo di protrombina; TV = tachicardia ventricolare. ↑ = aumento; ↓ = riduzione.

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da di ricorrere all’associazione, ma ciò non contrastacon l’evidenza di un effetto sicuramente o probabil-mente vantaggioso, additivo o sinergico, relativa ad al-cune associazioni attuate utilizzando dosi adeguata-mente ridotte del farmaco associato all’amiodarone.Tra queste è opportuno ricordare: a) l’associazione del-l’amiodarone con betabloccanti che si è dimostrata ef-ficace nella prevenzione delle recidive di tachicardiaventricolare sostenuta refrattaria a diversi antiaritmici,compreso l’amiodarone da solo59,60 e per la quale esi-stono dati indicativi, all’analisi post hoc, di un sinergi-smo utile ai fini della prevenzione della morte aritmicae cardiaca nei pazienti con infarto miocardico recenteed elevato rischio di morte improvvisa [metanalisiECMA (EMIAT-CAMIAT Meta-Analysis)]61; b) l’as-

sociazione di amiodarone con flecainide che si è dimo-strata efficace nella prevenzione delle recidive sia di fi-brillazione atriale refrattaria, soprattutto di tipo vago-dipendente, nel paziente adulto62 sia di diversi tipi di ta-chiaritmie sopraventricolari refrattarie ad altri antiarit-mici utilizzati in monoterapia nei pazienti di età pedia-trica63; c) l’associazione del verapamil all’amiodaroneche è risultata correlata ad una maggiore probabilità diripristino spontaneo del ritmo sinusale in pazienti confibrillazione atriale persistente e precedentemente re-frattaria a una media di due farmaci antiaritmici64.

La terza considerazione riguarda la possibile intera-zione negativa tra anestetici generali ed amiodaronecon conseguente aumentato rischio di complicanze pe-rioperatorie52-54. Come verrà dimostrato nella sezionededicata agli effetti collaterali polmonari, il significatoclinico di tale interazione, la cui evidenza è basata suosservazioni aneddotiche o limitate comunque ad un ri-stretto numero di pazienti, è stato recentemente ridi-mensionato da studi caso-controllo che di fatto, pur ri-levando una maggiore necessità di supporto inotropofarmacologico nonché di elettrostimolazione tempora-nea e di contropulsazione intraortica, non hanno ri-scontrato un aumentato rischio di disfunzione acuta diorgano o di mortalità postoperatoria nei pazienti sotto-posti ad intervento cardiochirurgico già in terapia cro-nica con amiodarone65,66.

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Meccanismo dell’interazione

Riduzione del metabolismo epati-co dell’amiodarone e del MDEAper inibizione del CYP3A4

Aumento dell’eliminazione ente-roepatica dell’amiodarone

Riduzione della biotrasformazio-ne dell’amiodarone in MDEA perinibizione del CYP3A4

Inibizione, molto probabilmenteper effetto dei flavonoidi in essocontenuti, della biotrasformazionedell’amiodarone in MDEA perinibizione del CYP3A4 a livellodegli enterociti

Induzione enzimatica delCYP3A4 a livello degli epatociti

Effetto

Aumento dei LP di amiodarone edi MDEA

Riduzione dei LP e dell’emivita dieliminazione di amiodarone

Aumento dei LP del solo amioda-rone

Completa soppressione della pro-duzione di MDEA Aumento dell’84% della Cmax edel 50% dell’AUC di amiodarone

Riduzione dei LP di amiodaronee, in misura maggiore, di MDEA

Raccomandazioni/commenti

Evitare l’impiego della cimetidi-na, ricorrendo ad un altro bloccan-te i recettori H2

La colestiramina può essere utiliz-zata per accelerare l’eliminazionedell’amiodarone e la regressionedei suoi effetti tossici

Attento monitoraggio di possibilieffetti tossici da amiodarone Controllo dei LP di amiodarone

Interazione potenzialmente im-portante poiché il MDEA presentaattività antiaritmiche di tipo III e I(per blocco dei canali del K+ eNa+, rispettivamente) maggiori ri-spetto all’amiodarone

Cautela nell’associare rifampicinaad amiodarone Controllo dei LP di amiodarone eMDEA nel tentativo di valutare ilrischio di recidiva aritmica del pa-ziente

Tabella II. Interazioni farmacocinetiche dell’amiodarone: farmaci e alimenti che possono aumentare o ridurre l’attività dell’amiodaro-ne per influenza sulla sua farmacocinetica.

AUC = area sottesa dalla curva di concentrazione plasmatica; Cmax = concentrazione plasmatica massima; MDEA = mono-N-desetil-amiodarone. Altre abbreviazioni come in tabella I.

Farmaco

Cimetidina46

Colestiramina47

Farmaci antiretrovirali (indinavir, ritonavir)48,49

Pompelmo (succo)50

Rifampicina51

Tabella III. Interazioni farmacodinamiche dell’amiodarone conaltri farmaci.

Farmaco Conseguenze possibili dell’interazione

Anestetici generali52-54 Riduzione delle resistenze vascolarisistemiche per blocco alfa-adrenergico

Catecolamine53 Antagonismo degli effetti alfa- e beta-adrenergici

Betabloccanti55,56 BradiaritmieCalcioantagonisti nondiidropiridinici57,58 Bradiaritmie, ipotensione arteriosa

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Gestione degli effetti collaterali

In questa sezione verranno esposti i principali datidi tipo diagnostico, prognostico e terapeutico, utili ai fi-ni della gestione clinica degli effetti collaterali del trat-tamento con amiodarone. Si cercherà, in altri termini,di fornire risposte adeguate alle seguenti domande: co-me identificare i singoli effetti collaterali, soprattuttosotto il profilo della diagnosi differenziale; come trat-tarli; come prevenirli, ove possibile, sulla base della co-noscenza attuale dei relativi fattori di rischio? La tratta-zione sistematica dei singoli effetti collaterali e il pro-filo di tollerabilità dell’amiodarone in particolari popo-lazioni di pazienti (bambini e adolescenti, in corso digravidanza o puerperio, anziani) sono oggetto di duespecifici capitoli di questo Supplemento.

Gestione degli effetti polmonari. Le complicanze pol-monari della terapia con amiodarone rappresentanoprobabilmente l’effetto collaterale più grave e perciòmaggiormente temuto. Tuttavia, se le principali mani-festazioni degli effetti tossici prodotti dall’amiodaronea livello polmonare vengono prese in considerazionenel loro complesso, risulta che il loro profilo prognosti-co è alquanto variabile e che, ovviamente, molto diver-se saranno le relative strategie diagnostiche e terapeuti-che. Schematicamente infatti, in ordine di crescentegravità prognostica, è possibile ricondurre a tre le ma-nifestazioni fondamentali della tossicità polmonare daamiodarone in senso lato:a) una lieve compromissione isolata, priva di implica-zioni prognostiche, della capacità di diffusione degliscambi gassosi a livello della membrana alveolo-capil-lare polmonare67;b) la tossicità polmonare da amiodarone in senso stret-to, comprendente: 1) due quadri di pneumopatia acu-ta con peculiari caratteristiche istopatologiche e inparte prognostiche, l’alveolite e la bronchiolite oblite-rante con polmonite organizzata (BOOP); 2) unapneumopatia ad andamento subacuto, la polmonite in-terstiziale68;c) una forma severa di edema polmonare non cardioge-no, la sindrome da sofferenza respiratoria dell’adulto o“adult respiratory distress syndrome” (ARDS)69.

Lieve compromissione isolata e asintomatica della ca-pacità di diffusione della membrana alveolo-capillarepolmonare. La maggioranza dei pazienti in terapia cro-nica con amiodarone presenta una riduzione isolata del-la capacità di diffusione del monossido di carbonio(DLCO) < 15-20% rispetto ai valori basali, espressionedi una lieve compromissione degli scambi respiratori alivello della membrana alveolo-capillare polmonare67.Tale fenomeno, di per sé indice non propriamente ditossicità ma di semplice esposizione al farmaco, è attri-buibile sia all’aumentato contenuto polmonare in fo-sfolipidi indotto dall’amiodarone per inibizione dellafosfolipasi A1 lisosomiale70 (il cui corrispettivo ultra-

strutturale è rappresentato dalle inclusioni lisosomialimultilamellari riscontrabili in diverse cellule polmona-ri quali, per esempio, i macrofagi alveolari e le celluleendoteliali71,72), sia all’aumento del surfattante polmo-nare per aumentata produzione, indotta dall’amiodaro-ne, da parte delle cellule epiteliali di tipo II (pneumoni-ti granulari)73. Sperimentalmente nel ratto è stata ri-scontrata una correlazione altamente significativa traconcentrazione di amiodarone nel plasma e nel tessutopolmonare e contenuto polmonare in fosfolipidi, in as-senza, peraltro, di significative variazioni della funzio-ne polmonare74. La fosfolipidosi polmonare è solo unadelle numerose localizzazioni della fosfolipidosi diffu-sa indotta dall’amiodarone75.

Questo comportamento della DLCO con caratteri-stiche di benignità è documentato da diverse osserva-zioni.

Nello studio CHF-STAT (Congestive Heart Failure-Survival Trial of Antiarrhythmic Therapy) all’analisiper dati appaiati la DLCO è risultata diminuita, dopo 1anno di trattamento con amiodarone, del 6% rispetto alvalore medio basale in tutti i pazienti (versus nessunavariazione nei pazienti trattati con placebo, p = 0.02), edell’11.4% nel sottogruppo di pazienti con bronco-pneumopatia cronica ostruttiva (versus nessuna varia-zione nei pazienti trattati con placebo, p = 0.008)76.

Nella serie di 29 pazienti trattati con amiodaroneper 4 anni da Pollak77, la determinazione seriata dellaDLCO ha mostrato, in assenza di segni clinici di tossi-cità polmonare, una progressiva riduzione, fino al16.6% del valore basale, nel primo anno di terapia eduna stabilizzazione nei successivi 3 anni. Viceversa inaltri 2 pazienti la comparsa di tossicità polmonare daamiodarone è coincisa con una riduzione grave dellaDLCO, del 32 e 47% rispetto al valore basale77.

In sintesi, una riduzione lieve o moderata della DLCO

rappresenta una risposta frequente della funzione pol-monare all’esposizione prolungata all’amiodarone. Es-sa va inquadrata come una manifestazione minore ditossicità polmonare, priva di implicazioni prognostichee, come tale, non richiede, ovviamente, alcun provvedi-mento.

Polmonite interstiziale e alveolite. Queste due entitànosografiche vengono prese in considerazione insiemepoiché condividono, in larga misura, iter diagnostico eprovvedimenti terapeutici68.

Nei due terzi circa dei casi l’esordio è insidioso edè caratterizzato da tosse non produttiva, dispnea, caloponderale e, solo occasionalmente, febbre e/o pleuro-dinia: a questo quadro clinico ad andamento subacuto(può persistere per settimane o mesi) corrisponde, al-l’esame radiografico standard del torace, il riscontrodi infiltrati interstiziali polmonari apicali oppure dif-fusi, bilateralmente, in modo asimmetrico78. Nel re-stante terzo dei casi l’insorgenza è acuta con febbre, el’evoluzione successiva è rapidamente ingravescente:a tale quadro clinico, simile a quello di una polmonite

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acuta, corrisponde radiologicamente la presenza di in-filtrati alveolari sparsi78. In entrambe le presentazionicliniche l’obiettività polmonare è aspecifica e il qua-dro clinico complessivo è alquanto insidioso: esso ri-chiede, perché sia avviato un corretto iter diagnostico,un elevato grado di acume clinico tale da mettere rapi-damente in conto, tra le diverse opzioni diagnostiche,anche quella di tossicità polmonare da amiodarone68.Poiché la mortalità da polmonite interstiziale o alveo-lite è del 5-10% ed è ampiamente ammesso che unadiagnosi precoce ed un trattamento tempestivo miglio-rano la prognosi68,79, risulta della massima importanzache di fronte ai quadri clinici prima descritti in pa-zienti in terapia con amiodarone si agisca in due dire-zioni. Da una parte dovrà essere esclusa altra patolo-gia che potrebbe entrare in gioco sotto il profilo delladiagnosi differenziale (scompenso cardiaco, polmoni-te infettiva, collagenopatia, embolia o infarto polmo-nare, neoplasia), e dall’altra andrà avviato un adegua-to iter diagnostico, indicato schematicamente nella ta-bella IV68,77,78,81-88. In essa vengono distinti elementidiagnostici aspecifici, peraltro spesso importanti sottoil profilo dell’inquadramento clinico iniziale, e relati-vamente specifici, sia ampiamente validati sia ancoraoggetto di valutazione preliminare. Tra questi ultimi,di particolare interesse sono alcuni indicatori dell’atti-vazione dei pneumociti di tipo II, tipicamente presen-te in caso di tossicità polmonare da amiodarone, comela glicoproteina KL-6 (Krebs von den Lungen; anti-corpo monoclonale marcatore di polmonite intersti-ziale in genere) e l’antigene sierico associato al can-cro86,87.

Bronchiolite obliterante con polmonite organizzata.Associata solo recentemente a tossicità polmonare daamiodarone88-91, questa pneumopatia è caratterizzatadalla presenza nei bronchioli distali e nelle cavità al-veolari di lesioni polipoidi, costituite da connettivo las-so e da infiltrato cellulare infiammatorio, e dal fatto cheil successivo processo fibrotico interessa prevalente-mente le cavità alveolari e non l’interstizio polmonare.L’importanza di diagnosticare tempestivamente questapneumopatia mediante biopsia transbronchiale derivadalla possibilità di ridurne la mortalità, dal 50 al 15%circa, se viene instaurato rapidamente un trattamentocon corticosteroidi68.

Ruolo della determinazione periodica della capacità didiffusione alveolo-capillare del monossido di carbonioai fini della diagnosi precoce di tossicità polmonare daamiodarone. Mentre la determinazione basale dellaDLCO è indispensabile per eventuali valutazioni com-parative in caso di successiva sospetta tossicità polmo-nare, essendo dimostrato che quest’ultima è associataad una marcata riduzione della DLCO, la sua determi-nazione periodica ai fini della diagnosi precoce di tos-sicità polmonare da amiodarone non è giustificata in re-lazione a tre considerazioni:

1) una riduzione fino al 15-20% della DLCO in pazien-te asintomatico non è di per sé predittiva di successivosviluppo di tossicità polmonare da amiodarone ma puòessere attribuibile alla semplice fosfolipidosi polmona-re92;2) la DLCO presenta ampia variabilità spontanea67,72,93;3) la riduzione della DLCO può non precedere la com-parsa dei sintomi di tossicità polmonare da amiodaro-ne73.

In conclusione, la determinazione della DLCO dovràessere effettuata solo in presenza di elementi clinici so-spetti di tossicità polmonare da amiodarone, la sinto-

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Tabella IV. Iter diagnostico della polmonite interstiziale e del-l’alveolite da amiodarone.

Esclusione preliminare di68,78,81:- scompenso cardiaco- polmonite infettiva- embolia polmonare- neoplasia polmonare- collagenopatia

Dati diagnostici aspecifici77,78,81

VES ↑, leucocitosi, LDH ↑Eosinofili ↑ (raramente)Radiografia standard del torace

Infiltrati alveolari sparsi → alveolite Infiltrati interstiziali apicali o diffusi e bilaterali → polmoniteinterstiziale

EGA: ipossiemia e normo o ipocapnia PFR: sindrome disventilatoria di tipo restrittivoDLCO: ↓ > 15% rispetto al valore basale

Dati diagnostici relativamente specificiTAC del torace ad alta risoluzione77,78,82

Aspetto a vetro smerigliato → alveoliteAspetto a nido d’ape → fibrosi polmonare

Scintigrafia polmonare con gallio-6783: positiva → alveolite Lavaggio broncoalveolare84

Inversione del rapporto CD4+:CD8+

Linfocitosi (linfociti > 14%), neutrofilia (neutrofili > 3%),quadri mistiEosinofilia (eosinofili > 3%)

Biopsia transbronchiale o transtoracica78,88

Iperplasia dei pneumociti di tipo IIMacrofagi alveolari “schiumosi” (per la presenza di inclusio-ni lisosomiali multilamellari)FibrosiQuadro istopatologico indicativo di BOOP

Clearance polmonare del DTPA marcato con tecnezio-99 per ae-rosol (dati preliminari)85: ↓Livelli plasmatici di KL-6 (dati preliminari)86: ↑Livelli plasmatici di CASA (dati preliminari)87: ↑

BOOP = bronchiolite obliterante con polmonite organizzata;CASA = antigene sierico associato al cancro; CD4+ = linfociti Thelper (che esprimono la proteina di superficie CD4); CD8+ =linfociti T citotossici (che esprimono la proteina di superficieCD8); DLCO = capacità di diffusione alveolo-capillare del monos-sido di carbonio; DTPA = acido dietilentriaminopentacetico; EGA= emogasanalisi del sangue arterioso periferico; KL-6 = Krebsvon den Lungen-6; LDH = lattico-deidrogenasi; PFR = prove difunzionalità respiratoria; TAC = tomografia assiale computerizza-ta; VES = velocità di eritrosedimentazione. ↑ = aumento; ↓ = ri-duzione.

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matologia e il reperto radiografico del torace: il riscon-tro di una riduzione > 15% rispetto al valore basale av-valorerà il sospetto clinico73,94.

Fattori di rischio di tossicità polmonare da amiodaro-ne. Dei 573 pazienti trattati con amiodarone da Dusmanet al.95, tossicità polmonare si è manifestata in 33 pa-zienti (5.8%), in 18 dei quali nei primi 12 mesi di trat-tamento: la mortalità è stata del 9.1% (3/33). Tossicitàpolmonare da amiodarone è risultata più frequente inpresenza di dose di mantenimento più elevata, età avan-zata (nessun caso di età < 40 anni), più bassi livelli ba-sali di DLCO e maggiori livelli plasmatici di MDEA95.Tuttavia dosi relativamente basse di mantenimento diamiodarone68,81 o l’età < 40 anni96,97 non escludono ilrischio di sviluppare tossicità polmonare. La presenzadi pneumopatia diffusa con ridotta massa di parenchi-ma polmonare funzionante, esponendo il parenchimaresiduo ad una più elevata concentrazione tessutale diamiodarone e MDEA, è, con ogni probabilità, una con-dizione di rischio non solo di sviluppo di tossicità pol-monare ma anche di decorso clinico più grave, in casodi pneumopatia da amiodarone, per la ridotta riserva re-spiratoria di base68,98. Ciò può anche spiegare il motivoper cui in determinati soggetti ad alto rischio, per esem-pio perché già sottoposti a pneumonectomia, tossicitàpolmonare possa manifestarsi precocemente in seguitoall’assunzione di bassa dose di mantenimento di amio-darone99.

Strategia terapeutica della tossicità polmonare daamiodarone. Una volta diagnosticata una pneumopatiariferibile a tossicità polmonare da amiodarone, la pri-ma opzione possibile è la sospensione del farmaco e lamessa a punto di un’alternativa terapeutica antiaritmi-ca efficace, eventualmente non farmacologica68. Ilpersistere a lungo degli effetti tossici dell’amiodarone,attribuibile alla lentissima eliminazione dai deposititessutali, compreso il tessuto polmonare, suggeriscel’opportunità, almeno nei casi più gravi, di associarealla sospensione dell’amiodarone un trattamento concorticosteroidi a dosi equivalenti a 40-60 mg/die diprednisone per un periodo di 2-6 mesi nei casi di me-dia gravità, fino a 6-12 mesi nelle forme più estese conelevato rischio di evoluzione in fibrosi e di insuffi-cienza respiratoria100. Molto problematica è, in lineagenerale, la semplice riduzione della dose di amioda-rone, comunque associata ad un trattamento con corti-costeroidi.

Nei casi ad evoluzione favorevole le alterazioni ra-diografiche polmonari iniziano a regredire entro 3 me-si, ma la risoluzione completa può richiedere 6 o piùmesi. Come già ricordato, l’impiego tempestivo deicorticosteroidi è particolarmente importante nel tratta-mento della BOOP perché ne migliora in modo sostan-ziale la prognosi68. Controverso è, tuttora, il ruolo del-la terapia antiossidante, nonostante i presupposti speri-mentali positivi77.

Raccomandazioni generali per ridurre il rischio di tos-sicità polmonare da amiodarone e per attuare un cor-retto follow-up diagnostico e un adeguato trattamento.Sulla base delle attuali conoscenze, è possibile trarre leseguenti conclusioni100,101: 1) l’impiego dell’amiodarone con dose di mantenimen-to > 400 mg/die comporta un rischio del 5-10% per an-no di tossicità polmonare, la cui mortalità è del 10%circa; tale rischio si riduce all’1.6% circa se viene im-piegata una dose di mantenimento ≤ 400 mg/die, comedimostrato dai recenti trial controllati in doppio ciecocon placebo: occorre pertanto impiegare dosi di mante-nimento ≤ 400 mg/die;2) la terapia con amiodarone deve essere costantemen-te preceduta dall’esecuzione di una radiografia stan-dard del torace e da prove di funzionalità respiratoriacomprendenti la DLCO, da utilizzare come riferimentoin caso di successiva comparsa di tossicità polmonare; 3) sebbene in passato sia stata raccomandata una sorve-glianza mediante radiografia standard del torace ogni3-6 mesi, questa non è giustificata poiché una pneumo-patia riferibile a tossicità polmonare da amiodaronepuò svilupparsi rapidamente e anomalie radiografichepossono non precedere la tossicità clinica; 4) un controllo delle prove di funzionalità respiratoriacon DLCO e della radiografia del torace dovrebbe esse-re riservato ai pazienti che, in corso di terapia, presen-tano nuova sintomatologia clinica sospetta; 5) le metodiche diagnostiche invasive dovrebbero esse-re messe in atto solo in caso di persistente dubbio dia-gnostico dopo espletamento di tutti gli accertamentinon invasivi;6) una valutazione clinica periodica e un’adeguatainformazione del paziente, che deve imparare a riferireprontamente nuovi sintomi sospetti, rappresentano pro-babilmente la strategia più semplice e più utile per unadiagnosi precoce di tossicità polmonare da amiodarone;7) l’amiodarone andrebbe sospeso, o almeno ridotto, intutti i casi di tossicità polmonare accertata;8) il trattamento con corticosteroidi dovrebbe essereintrapreso nei casi che presentano peggioramento cli-nico, radiologico e/o funzionale nonostante la sospen-sione dell’amiodarone e, comunque, in caso di graveipossiemia.

Sindrome da sofferenza respiratoria dell’adulto.L’ARDS attribuibile a trattamento, talora anche breve,con amiodarone è stata descritta quale complicanza post-operatoria non solo di interventi di cardiochirurgia peraritmie ventricolari maligne69, ma anche di interventi dichirurgia generale102 o polmonare103. Casi di ARDS inpazienti trattati con amiodarone sono stati riportati an-che dopo angiografia polmonare104 o in corso di insuf-ficienza renale acuta o sepsi105. La concentrazione in-spiratoria di ossigeno e, per quanto riguarda gli inter-venti cardiochirurgici, la durata di impiego della pom-pa cuore-polmoni sembrano essere i fattori intraopera-tori che, mediante attivazione di mediatori del processo

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infiammatorio, favoriscono l’ARDS da amiodarone69.Una precedente manifestazione di tossicità polmonareda amiodarone costituisce un fattore di rischio di com-plicanze polmonari postoperatorie106.

È opportuno segnalare, tuttavia, che in una serie di29 pazienti che, in trattamento cronico con amiodarone,sono stati sottoposti a trapianto cardiaco, non è stato ri-levato alcun aumento significativo di morbilità o mor-talità perioperatoria rispetto a un gruppo di controllo:questo decorso favorevole potrebbe essere attribuito al-l’effetto protettivo svolto dalla terapia steroidea antiri-getto nei confronti dell’attivazione dei mediatori del-l’infiammazione a livello polmonare107. I due studi ca-so-controllo, ai quali si è già fatto cenno, permettono diridimensionare ulteriormente il ruolo dell’amiodaronenel determinismo dell’ARDS dopo intervento cardio-chirurgico65,66.

Mentre la prevenzione dell’ARDS dovrebbe inclu-dere dose minima efficace di amiodarone, limitazioneal minimo indispensabile della durata di impiego del-la pompa cuore-polmone e controllo dei livelli di ten-sione di ossigeno erogato con la ventilazione mecca-nica, recenti dati suggeriscono l’utilità della ventila-zione ad elevata frequenza nel trattamento dell’ARDSin generale108.

Gestione degli effetti tiroidei. Gli effetti dell’amioda-rone sulla funzione tiroidea e le disfunzioni tiroidee in-dotte dall’amiodarone sono trattati in un precedente ca-pitolo di questo Supplemento. In questa sezione ver-ranno presi in esame, sotto il profilo della gestione dia-gnostica e terapeutica, i seguenti argomenti: il profilotiroideo nei pazienti in trattamento cronico con amio-darone che rimangono eutiroidei; l’ipertiroxinemia eu-tiroidea; l’ipotiroidismo; l’ipertiroidismo; il ruolo del-l’ormone tireostimolante (TSH) dosato con metodi im-munometrici nello screening ambulatoriale delle dis-funzioni tiroidee indotte da amiodarone.

Profilo tiroideo nei pazienti in trattamento cronico conamiodarone che rimangono eutiroidei. Gli effetti deltrattamento a medio e lungo termine con amiodaronesul profilo tiroideo nei pazienti che rimangono eutiroi-dei sono caratterizzati dall’aumento dei livelli plasma-tici di tiroxina (T4) e dalla riduzione di quelli dellatriiodotironina (T3) per inibizione a livello dei tessutiperiferici della 5’-monodeiodasi di tipo I, enzima checatalizza la conversione della T4 in T3, con conseguen-te conversione preferenziale della T4 in “reverse T3”(rT3) ad opera della 5-monodeiodasi109-111. L’amioda-rone, inoltre, riduce la captazione cellulare delle iodo-tironine e quindi il trasferimento anche della T4 dal sie-ro ai tessuti, soprattutto fegato e rene: questo meccani-smo può contribuire ad aumentare i livelli plasmaticidella T4 e della rT3, ma anche a diminuire quelli del-la T3, a causa della ridotta disponibilità intracellularedel substrato, la T4, dal quale la T3 si forma per deio-dazione112.

Si verifica inoltre un aumento, limitato ai primi 3mesi di terapia, dei livelli plasmatici del TSH. Il mec-canismo responsabile è costituito dall’inibizione daparte dell’amiodarone e del MDEA della 5’-monodeio-dasi di tipo II, enzima che catalizza la conversione del-la T4 in T3 nelle cellule tireotrope dell’ipofisi anterio-re (Fig. 1)109,113,114. La conseguente riduzione della con-centrazione intracellulare di T3 comporta un aumentodella secrezione di TSH, il quale è in rapporto di feed-back negativo maggiormente con la T3 che con la T4. Ilivelli plasmatici di TSH rientrano quindi entro i valorinormali quando la concentrazione plasmatica della T4aumenta sufficientemente da superare il blocco parzia-le della produzione della T3109,113,114.

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Figura 1. Rappresentazione schematica dell’inibizione della 5’-mono-deiodasi di tipo II (5’-MD II) indotta dall’amiodarone a livello delle cel-lule tireotrope dell’anteipofisi109,113,114. T3 = triiodotironina; T4 = ti-roxina; TSH = ormone tireostimolante. Per spiegazioni si rinvia al testo.

Ipertiroxinemia eutiroidea. La terapia con amiodaroneè una delle numerose cause possibili di ipertiroxinemiaeutiroidea (denominata anche selettiva), condizionecaratterizzata da incremento isolato dei livelli plasma-tici di T4 [sia totale (TT4) che libera (FT4)] al di sopradel valore massimo di riferimento, TSH plasmaticonon soppresso, assenza di segni clinici di ipertiroidi-smo. La sua prevalenza può raggiungere il 30% cir-ca115. Di 145 dosaggi seriati della FT4 in 28 pazientirimasti eutiroidei dopo 35 ± 23 mesi (mediana 30 me-si) di terapia con amiodarone, 83 dosaggi, pari al52.7%, sono risultati superiori al limite massimo delrange di normalità116.

Due sono i motivi di assenza di segni clinici di iper-tiroidismo: 1) l’attività biologica della T4, che è diesclusiva origine tiroidea, dipende principalmente dal-la sua conversione periferica intracellulare in T3 per at-tività catalitica della 5’-monodeiodasi, enzima inibitodall’amiodarone117; 2) l’amiodarone, e in misura mag-giore MDEA e rT3, presentano antagonismo competi-tivo a livello dei recettori nucleari degli ormoni tiroi-

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dei118. L’ipertiroxinemia eutiroidea, pertanto, non deveessere considerata una risposta anomala all’impiegodell’amiodarone e non richiede alcun provvedimento.

Ipotiroidismo. Sono esposti a maggior rischio di ipoti-roidismo indotto da amiodarone, e quindi dovranno es-sere oggetto di particolare sorveglianza, i pazienti dietà più avanzata, di sesso femminile e/o con autoanti-corpi antitiroidei (antimicrosomi o antitireoperossida-si) positivi119,120. Per esempio, il rischio relativo dellefemmine con autoanticorpi positivi rispetto a quellodei maschi confrontabili per età e privi di autoanticor-pi è 13.5120.

I sintomi iniziali di ipotiroidismo possono esseremolto sfumati e non facilmente differenziabili da quelliriferibili all’effetto della terapia con amiodarone (peresempio, accentuazione di bradicardia preesistente) op-pure all’evoluzione della cardiopatia sottostante (peresempio aggravamento dell’astenia, incremento del-l’ombra cardiaca alla radiografia standard del torace)121.

Indipendentemente, nei pazienti adulti, dal mec-canismo eziopatogenetico sottostante (autoimmu-ne, incapacità della tiroide di sfuggire all’effetto ini-bitorio fisiologico indotto dal sovraccarico di iodurosulla sintesi degli ormoni tiroidei, evoluzione di unaprecedente tiroidite distruttiva con ipertiroidismotransitorio), la diagnosi è basata sul riscontro di livel-li plasmatici di TSH > 20 �U/ml nei primi 3 mesidi terapia con amiodarone, e > 4.5 �U/ml a partire dalquarto mese, in associazione a livelli di T4 ancora nor-mali, ma spesso ridotti rispetto a precedenti valoricompresi nella fascia alta di normalità (ipotiroidismosubclinico), oppure al di sotto dei valori normali di ri-ferimento (ipotiroidismo conclamato). Basse concen-trazioni plasmatiche di T3 non sono di per sé inve-ce un buon indicatore di ipotiroidismo poiché pos-sono essere riscontrate anche nei pazienti eutiroi-dei109,110,121.

Le due opzioni terapeutiche relative al trattamentodell’ipotiroidismo indotto dall’amiodarone sono ripor-tate nella tabella V109,110,114. Per quanto riguarda l’im-piego del perclorato di potassio (il quale inibisce la cap-tazione tiroidea dello ione ioduro e quindi ne provoca ladismissione passiva dalla tiroide con conseguente ridu-zione della sua concentrazione intratiroidea e diminui-to effetto inibitorio sulla sintesi degli ormoni tiroidei)va tenuto presente che questo trattamento è comunqueproblematico perché poco maneggevole e di efficaciatransitoria109,122. Soprattutto in caso di ipotiroidismosubclinico o se il paziente è in età avanzata, può essereopportuna una supervisione endocrinologica123.

Ipertiroidismo. La gestione dei pazienti con ipertiroidi-smo indotto da amiodarone deve coinvolgere attiva-mente la competenza dell’endocrinologo123. Tuttavia èimportante che il cardiologo abbia presente alcuni con-cetti fondamentali diagnostici e terapeutici relativi a ta-le disfunzione tiroidea: solo così, infatti, potrà interagi-

re positivamente con il collega endocrinologo per unagestione ottimale dei singoli pazienti. Verranno presi inesame i seguenti argomenti ritenuti di maggior rilievoper il cardiologo: 1) breve inquadramento diagnosticogenerale; 2) ipertiroidismo borderline non evolutivo; 3)timing di sospensione dell’amiodarone dopo riscontrodi ipertiroidismo, 4) iter diagnostico delle principaliforme di ipertiroidismo, inquadrate sotto il profilo ezio-patogenetico, e relativa impostazione terapeutica; 5) te-rapia dell’ipertiroidismo senza sospensione dell’amio-darone.

• Breve inquadramento diagnostico generale. Due datisotto il profilo clinico vanno tenuti presenti: la possibi-lità che l’esordio dell’ipertiroidismo sia acuto oppurepossa seguire anche di mesi la sospensione del tratta-mento con amiodarone e il fatto che sintomi sistemici esegni clinici classici della tireotossicosi possano esserefortemente mascherati dalla persistente attività antiti-roidea periferica e antiadrenergica del farmaco. L’uni-ca manifestazione clinica può essere rappresentata dal-la recidiva della tachiaritmia ventricolare o sopraventri-colare che aveva motivato la terapia con amiodaro-ne120,124. Sotto il profilo della diagnostica funzionale,ad un livello plasmatico di TSH inferiore al limite disensibilità del metodo di dosaggio (< 0.03 �U/ml) cor-risponderà il riscontro, nella maggioranza dei casi, dielevata concentrazione plasmatica di T3 (che primadella comparsa dell’ipertiroidismo risultava nella fa-scia bassa di normalità o di poco inferiore), ma talvol-ta, in misura molto cospicua, di T4 in assenza di evi-dente variazione dei livelli plasmatici di T3 per il persi-stente blocco indotto dall’amiodarone della conversio-

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Tabella V. Trattamento dell’ipotiroidismo indotto da amiodaro-ne109,110,114.

A. Opzione terapeutica più semplice e affidabile Mantenimento della terapia con amiodarone in associazione a te-rapia sostitutiva con L-tiroxina:- dose iniziale 25 �g/die → controllo del TSH e di FT4 ogni 6

settimane aumentando ogni volta la dose di 12.5-25 �g/die fi-no a raggiungimento di eutiroidismo (TSH nel range di nor-malità);

- dose media finale prevedibile: ≅ 1.3 �g/kg/die; - evitare sovradosaggio.

B. Opzione terapeutica alternativaInterruzione della terapia con amiodarone:- se autoanticorpi antitiroidei assenti: ripristino prevedibile di

eutiroidismo entro 2-4 mesi;- se autoanticorpi antitiroidei presenti: elevato rischio di ipoti-

roidismo permanente → avviare comunque terapia sostitutivacon L-tiroxina, evitando sovradosaggio;

- per accelerare la risoluzione dell’ipotiroidismo: KClO4 1 g/dieper 5 settimane (limitazioni relative all’impiego del KClO4: a)rischio di anemia aplastica e sindrome nefrosica; b) nel 50%dei casi recidiva di ipotiroidismo entro poche settimane dal-l’interruzione del trattamento con KClO4).

FT4 = tiroxina libera; KClO4 = perclorato di potassio; TSH = or-mone tireostimolante.

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ne periferica della T4 in T3 (T4-tireotossicosi da amio-darone); talora potranno risultare chiaramente aumen-tati sia T3 che T4109,114,124.

• Ipertiroidismo borderline non evolutivo. Valori di TSHplasmatico ancora dosabili ma significativamente “sop-pressi” (≥ 0.03-0.3 �U/ml) oppure una risposta ridottadel TSH al “thyrotropin releasing hormone” (TRH) ipo-talamico in presenza di profilo tiroideo per il resto com-patibile con il trattamento cronico con amiodarone inpazienti asintomatici possono non avere alcun carattereevolutivo: a distanza di tempo, infatti, è possibile unastabilizzazione o normalizzazione del comportamentodel TSH plasmatico116,120. Tali quadri ormonali border-line necessitano, soprattutto nelle fasi iniziali, di test ti-roidei seriati ravvicinati al fine di escludere l’evoluzio-ne verso ipertiroidismo franco, ma non richiedono di persé alcun provvedimento terapeutico.

• Timing di sospensione dell’amiodarone dopo riscon-tro di ipertiroidismo. Anche se la semplice sospensio-ne dell’amiodarone sembra essere l’opzione prelimi-nare a qualsiasi successiva misura terapeutica, occorretenere presente che amiodarone e MDEA sono dotatidi attività, quali l’attività antiadrenergica e quella an-titiroidea periferica, che, paradossalmente, proteggo-no il paziente dagli effetti della tireotossicosi. È que-sto il motivo per il quale è stato ripetutamente rileva-to, in seguito a sospensione dell’amiodarone, un ag-gravamento paradosso della tireotossicosi con aumen-tata produzione periferica della T3 a causa del venirmeno del blocco della conversione periferica della T4in T3125-127. Anche se non sono disponibili valutazionicritiche su questo tema, che pure è di rilevante impor-tanza, è prospettabile la possibilità, a scopo almenocautelativo, di differire di qualche tempo la sospensio-ne dell’amiodarone dopo l’avvio di un idoneo tratta-mento antitiroideo.

• Iter diagnostico delle principali forme di ipertiroidi-smo, inquadrate sotto il profilo eziopatogenetico, e re-

lativa impostazione terapeutica. La possibilità di iden-tificare sotto il profilo eziopatogenetico due formeprincipali di ipertiroidismo indotto da amiodarone haaperto le prospettive per un trattamento mirato dellesingole forme128. Nei pazienti con preesistente tireopa-tia subclinica (gozzo diffuso o nodulare) la patogenesiè da ricondurre all’eccessiva sintesi di ormoni tiroideiconseguente al sovraccarico di iodio indotto dal tratta-mento con amiodarone in presenza di tessuto ghiando-lare potenzialmente autonomo, cioè indipendente dalcontrollo dell’asse ipotalamo-ipofisario (ipertiroidi-smo di tipo I). Nei pazienti che non presentano inveceevidenza di tireopatia preesistente, l’ipertiroidismopuò essere causato dall’immissione nella circolazioneematica degli ormoni tiroidei preformati per effettotossico diretto dell’amiodarone sul tessuto ghiandola-re (ipertiroidismo di tipo II): si parla anche, in que-st’ultimo caso, di tiroidite distruttiva, subacuta o acu-ta. Diagnosi differenziale, terapia e possibile evoluzio-ne in ipotiroidismo dei due tipi di ipertiroidismo daamiodarone sono riportati nella tabella VI128-133. Diparticolare importanza, ai fini della diagnosi differen-ziale, è il diverso comportamento della captazione ti-roidea del radioiodio, aumentata nell’ipertiroidismo ditipo I e minima o assente nel tipo II, e dei livelli pla-smatici di interleuchina-6, che risultano elevati nell’i-pertiroidismo di tipo II (a somiglianza con quanto si ri-scontra nella fase tireotossica della tiroidite subacuta)e normali o solo lievemente aumentati nel tipo I128.Inoltre l’eco color Doppler permette una rapida diffe-renziazione dei due tipi di ipertiroidismo, dimostrandoassenza di vascolarizzazione parenchimale nel tipo II evariabili quadri di vascolarizzazione nel tipo I133. Sonocomunque possibili anche quadri misti109. Uno schemagenerale di riferimento relativo alle modalità di tratta-mento dell’ipertiroidismo è riassunto nella tabellaVII109,110,114,126,134-144.

• Terapia dell’ipertiroidismo senza sospensione del-l’amiodarone. Sebbene non siano disponibili dati perquantizzare il rischio ad essa relato, la sospensione

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Tabella VI. Diagnosi differenziale, impostazione terapeutica ed evoluzione dell’ipertiroidismo di tipo I e II indotto da amiodarone128-133.

Tipo I Tipo II

Preesistente anomalia tiroidea subclinica Sì NoStruma Diffuso, uni o multinodulare Occasionalmente (piccolo, dolente)Meccanismo della tireotossicosi Sovraccarico di iodio in presenza di Immissione in circolo degli ormoni

tessuto ghiandolare autonomo tirodei per lesione follicolare direttaEcografia tiroidea Diagnostica SuggestivaEco color Doppler Vascolarizzazione parenchimale Vascolarizzazione parenchimale

presente assenteCaptazione tiroidea del radioiodio Misurabile o elevata Molto bassa o assenteLivelli plasmatici di interleuchina-6 Normali o lievemente aumentati ElevatiRisposta alle tionamidi associate a KClO4 Buona AssenteRisposta ai corticosteroidi Assente BuonaSuccessivo ipotiroidismo No Possibile

KClO4 = perclorato di potassio.

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dell’amiodarone in pazienti con tireotossicosi e, inparticolare, con aritmie ventricolari maligne o poten-zialmente maligne, può essere problematica per diver-se ragioni: esacerbazione paradossa dello stato tireo-tossico e quindi delle condizioni cardiache del pa-ziente, difficoltà a rivalutare, sotto il profilo del ri-schio aritmico, il paziente con tireotossicosi in atto oad attuare procedure di trattamento non farmacologi-co109. Sebbene, soprattutto in caso di ipertiroidismo ditipo I, le possibilità di controllo efficace della tireo-tossicosi siano minori in assenza di sospensione del-l’amiodarone, occorre tenere presente i risultati posi-tivi ottenuti utilizzando un farmaco tionamidico, dasolo o in associazione a perclorato di potassio140-144.Esiste, inoltre, l’opzione chirurgica attuabile anche inanestesia locale, con risultati sorprendentemente posi-tivi126,136-138.

Ruolo dell’ormone tireostimolante dosato con metodiimmunometrici nello screening ambulatoriale delle dis-funzioni tiroidee indotte da amiodarone. Da oltre 10 an-ni il metodo di dosaggio radioimmunologico (RIA) delTSH, che presentava notevoli limiti di specificità e di

sensibilità (non essendo in grado di discriminare accu-ratamente i pazienti ipertiroidei da quelli eutiroidei) èstato sostituito da metodi immunometrici, che si sonodimostrati superiori per specificità, rapidità di esecu-zione e sensibilità (quest’ultima superiore di circa 10volte rispetto ai metodi RIA)145. È stata ben documen-tata, infatti, una stretta correlazione tra valori basali diTSH dosato con metodo immunometrico, in particola-re immunoradiometrico (IRMA), e risposta al TRH delTSH dosato con RIA146. La determinazione basale delsolo TSH-IRMA viene pertanto considerata, attual-mente, quale test di funzione tiroidea di prima sceltanei pazienti ambulatoriali, particolarmente utile in pre-senza di sospetto ipertiroidismo, purché non sia in attoun trattamento con farmaci che provocano di per sésoppressione del TSH, come i farmaci dopaminergicied i corticosteroidi145. I valori normali di riferimentosono compresi tra 0.3 e 4.5 �U/ml. La dimostrazioneche anche nei pazienti in terapia con amiodarone il va-lore basale del TSH-IRMA è fortemente predittivo del-la risposta del TSH al TRH e permette, in particolare,una corretta identificazione di tutti i pazienti ipertiroi-dei, rappresenta il presupposto per l’impiego del TSH-IRMA quale unico test di primo livello per lo screeningdelle disfunzioni tiroidee indotte da amiodarone, inparticolare dell’ipertiroidismo147,148.

Raccomandazioni generali relative alle norme da se-guire per ridurre il rischio di tossicità tiroidea da amio-darone e per attuare un corretto follow-up diagnosti-co109,110,114,148,149. Prima di iniziare un trattamento conamiodarone è opportuno escludere la presenza di stru-ma e provvedere ad un controllo basale dei livelli pla-smatici degli ormoni tiroidei, del TSH e degli autoanti-corpi antitiroidei. L’evidenza clinica di tireopatia signi-ficativa o il riscontro di livelli soppressi di TSH do-vrebbero indurre a rivalutare l’indicazione all’impiegodell’amiodarone.

Il controllo periodico del solo TSH, purché dosatocon metodo immunometrico, rappresenta il metodo piùaffidabile ed economico per un monitoraggio adeguatodella funzione tiroidea: esso va attuato dopo 3 e 6 mesidall’inizio della terapia con amiodarone e quindi ogni 6mesi, proseguendolo durante il primo anno dopo l’e-ventuale sospensione del farmaco.

La presenza di autoimmunità tiroidea basale costi-tuisce un fattore di rischio per la comparsa di ipotiroi-dismo e per la sua persistenza dopo sospensione dellaterapia con amiodarone.

Gestione degli effetti cardiaci. Il profilo di tollerabi-lità cardiaca dell’amiodarone somministrato per viaorale o per via endovenosa è, in linea generale, buo-no2,3,18,83. Tuttavia esso può essere ulteriormente mi-gliorato se si tiene presente l’importanza rivestita, nelfavorire lo sviluppo di effetti avversi cardiaci, da va-riabili correggibili, tra le quali dose impiegata e rapi-dità di somministrazione, l’assunzione contemporanea

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Tabella VII. Trattamento dell’ipertiroidismo indotto da amioda-rone: criteri guida109,110,114,126,134-144.

In genere l’amiodarone viene sospeso (tuttavia la sua sospensio-ne comporta il rischio di esacerbazione transitoria della tireotos-sicosi)

A causa del lungo periodo di eliminazione del farmaco, indipen-dentemente dall’interruzione della terapia con amiodarone, siimpone un trattamento antitiroideo

Tireotossicosi indotta da iodio (tipo I): - tionamidico per 3-6 mesi (dose iniziale: metimazolo 30-60

mg/die, oppure propiltiouracile 400-800 mg/die, da ridurregradualmente), in associazione a:

- KClO4 800-1000 mg/die per soli 40 giorni oppure Li2CO3900-1200 mg/die (i cui livelli plasmatici vanno mantenuti tra0.6 e 1.2 mEq/l)

Tireotossicosi indotta da processo ditruttivo tiroideo (tipo II): - corticosteroidi, a dose equivalente a prednisone, 0.5-1.25

mg/kg/die, per 3-6 settimane

Il ripristino dell’eutiroidismo è in genere più rapido (entro 45-60giorni) in presenza di tiroide apparentemente normale

In casi selezionati, in assenza di valida alternativa terapeutica al-l’amiodarone, questo può essere mantenuto, purché la terapiaantitiroidea risulti efficace in tempi relativamente rapidi e vengamantenuto un trattamento a lungo termine con tionamidico abasso dosaggio

In caso di recidiva di tireotossicosi dopo transitoria remissione,proseguire con tionamidico → verificare normalizzazione dellaioduria (< 150 �g/24 ore) → sospendere tionamidico per 5-7giorni → terapia definitiva con iodio-131

Tempestiva tiroidectomia d’urgenza quando sia necessario un ra-pido controllo dell’ipertiroidismo oppure in caso di mancata ri-sposta ad una corretta terapia medica

La plasmaferesi, associata a metimazolo, ha effetto solo transi-torio, è costosa e non priva di rischi

KClO4 = perclorato di potassio; Li2CO3 = carbonato di litio.

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di altri farmaci, squilibri degli elettroliti plasmatici,gravità dello scompenso cardiaco. Verranno esaminati,pertanto, quali sono le precauzioni fondamentali equali gli eventuali schemi di trattamento riguardanti iseguenti effetti avversi cardiaci: inotropo negativo eipotensivo, depressivo sulla funzione sinusale o nodo-hisiana, proaritmico a livello ventricolare e sopraven-tricolare, incremento della soglia di defibrillazioneventricolare.

Effetto inotropo negativo e ipotensivo. Studi longitudi-nali non controllati suggeriscono che solo dosi elevateper via orale di amiodarone sia di carico che, soprattut-to, di mantenimento (per esempio, 600 mg/die nei pri-mi 4 mesi di terapia) in pazienti con grave disfunzioneventricolare sinistra possono precipitare o aggravare loscompenso cardiaco150. Inoltre è indubbio che la som-ministrazione per via endovenosa troppo rapida e/o adose troppo elevata è gravata da un consistente effettoinotropo negativo ed ipotensivo per vasodilatazione pe-riferica; tali effetti sono peraltro in parte attribuibili, al-meno transitoriamente, al solvente utilizzato per la pre-parazione endovenosa del farmaco, il polisorbato80151,152.

Pertanto è consigliabile, per quanto riguarda dosi emodalità di somministrazione, attenersi, per esempio,alle raccomandazioni elaborate dal Practice Guideli-nes Subcommittee della North American Society ofPacing and Electrophysiology153 e da Puech154. Per viaorale il trattamento delle aritmie ventricolari prevedeuna dose di carico di 800-1600 mg/die per 2-3 setti-mane seguita da dosi di mantenimento a lungo terminenon superiori a 400 mg/die; per la prevenzione dellerecidive di fibrillazione atriale la dose di carico consi-gliata è di 600-800 mg/die per 2-4 settimane seguitadalla dose di mantenimento minima efficace153. Per viaendovenosa la dose raccomandata per la prevenzionedelle aritmie ventricolari maligne è 1050 mg/die (150mg in 10 min, 1 mg/min per 6 ore, 0.5 mg/min nelle 18ore successive con possibilità di boli aggiuntivi, se ne-cessario, di 150 mg in 10 min) e per il trattamento acu-to della fibrillazione atriale con elevata risposta ventri-colare una dose iniziale in bolo di 5 mg/kg in 20-120min seguita da 15 mg/kg/die153,154.

Effetto depressivo sulla funzione del nodo seno-atria-le e nodo-hisiana. L’incidenza di bradiaritmie tali darichiedere la sospensione dell’amiodarone ed even-tualmente altri provvedimenti terapeutici è del 2%circa in corso di terapia orale18. In seguito a sommini-strazione per via endovenosa, bradiaritmia si riscontranel 5% dei casi, dissociazione elettromeccanica o asi-stolia nell’1.2% circa155. Condizioni predisponenti oconcause, che andranno pertanto escluse, possono es-sere la presenza, in forma latente, di disfunzione sinu-sale o nodale o la concomitante somministrazione difarmaci ad attività depressiva sull’eccitoconduzionecardiaca, quali, in particolare, chinidina, lidocaina,

flecainide, betabloccanti, calcioantagonisti non di-idropiridinici. Ovviamente, se necessario, la dose diamiodarone andrà ridotta, mentre se tale provvedi-mento non risultasse adeguato, si dovrà ricorrere al-l’elettrostimolazione, temporanea o permanente in re-lazione alla previsione di sospendere o meno la tera-pia con amiodarone.

Effetto proaritmico a livello ventricolare. L’incidenzacomplessiva di eventi proaritmici a livello ventricola-re, in particolare della proaritmia specifica ma nonesclusiva dei farmaci antiaritmici di classe III, la tachi-cardia ventricolare di tipo “torsade de pointes” (TdP),è bassa (< 1%)156. Ciò è attribuibile al fatto che l’a-miodarone induce un minore prolungamento del po-tenziale di azione nelle cellule di Purkinje (ritenute se-de di origine delle post-depolarizzazioni precoci) ri-spetto a quello indotto nei cardiomiociti ventricolari dilavoro, possiede attività addizionali di blocco dellecorrenti di sodio e di calcio (coinvolte nella genesi del-le post-depolarizzazioni precoci), non provoca aumen-tata dispersione dell’intervallo QT, effetto forse ricon-ducibile al blocco selettivo dei recettori nucleari dellaT3 (essendo nota l’omogeneità regionale del prolunga-mento della ripolarizzazione che si associa all’ipoti-roidismo)157. Un prolungamento anche marcato del-l’intervallo QT, peraltro, se attribuibile al solo amioda-rone non identifica di per sé una condizione di rischioproaritmico158.

Poiché nel 70% circa dei casi è presente, in conco-mitanza con l’episodio di TdP, ipopotassiemia o incon-grua somministrazione di antiaritmico di classe IA, ta-li concause andranno escluse accuratamente156.

Pazienti con pregresso episodio di TdP indotto daantiaritmici di classe IA e trattati successivamente conamiodarone presentano elevato rischio di recidiva diTdP e di morte cardiaca improvvisa solo in presenza digrave scompenso cardiaco: pertanto solo in tale sotto-gruppo di pazienti è imperativo non utilizzare l’amio-darone159. Il trattamento della TdP si basa, oltre che sul-la sospensione dell’amiodarone e sulla correzionedell’eventuale squilibrio elettrolitico, sull’elettrostimo-lazione temporanea con frequenza compresa tra 90 e110 b/min, soprattutto in presenza di bradiaritmia sot-tostante, e, comunque, sulla somministrazione median-te infusione endovenosa di solfato di magnesio (bolisuccessivi di 2 g in 5 min fino ad un massimo di 10 g,seguiti eventualmente da 12-24 g/24 ore) e di cloruro dipotassio (10 mEq/ora fino a stabilizzazione clinica);l’impiego di antiaritmici di classe IB, quali lidocaina omexiletina, è di dubbia efficacia e da limitare a casi re-frattari157.

Effetto proaritmico a livello sopraventricolare. L’im-piego dell’amiodarone per via endovenosa nel tratta-mento acuto della fibrillazione atriale con preeccitazio-ne ventricolare, nella sindrome di Wolff-Parkinson-White, può comportare il rischio proaritmico di accele-

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rare la risposta ventricolare, fino al punto di indurre fi-brillazione ventricolare160-162. Ciò è attribuibile all’ef-fetto “verapamil-like” sul nodo atrioventricolare dell’a-miodarone per via endovenosa, riferibile alla sua atti-vità calcioantagonista frequenza-dipendente e antiadre-nergica, prevalente rispetto all’attività di blocco dei ca-nali rapidi del sodio con conseguente conduzione pre-ferenziale lungo la via accessoria e incremento della ri-sposta ventricolare media162. Nel trattamento acuto del-la fibrillazione atriale con preeccitazione ventricolarel’amiodarone per via endovenosa non va utilizzato,mentre è di elezione l’impiego degli antiaritmici diclasse IA o IC.

Incremento della soglia di defibrillazione ventricolare.Numerose osservazioni indicano che l’amiodarone,somministrato cronicamente per via orale, aumenta inmisura consistente la soglia di defibrillazione ventrico-lare163. Tale effetto è indipendente dalla dose di mante-nimento e si verifica anche in presenza di concentra-zioni plasmatiche subterapeutiche di amiodarone eMDEA164. Pertanto l’avvio di un trattamento con amio-darone oppure un eventuale aumento della dose del far-maco può richiedere, soprattutto nei pazienti con valo-ri marginali di soglia di defibrillazione al momento del-l’impianto del cardioverter-defibrillatore automatico,una rivalutazione della soglia e l’eventuale adozione diidonei provvedimenti. Se necessario, una valida alter-nativa all’amiodarone è rappresentata dal d,l-sotalolo oda altri antiaritmici di classe III165.

Gestione degli effetti gastroenterici. L’incidenza dieffetti collaterali gastroenterici è molto variabile neidiversi studi (può essere compresa tra il 5 e l’80%), èdose-dipendente e pertanto maggiore durante il perio-do di carico18,83,166. Sintomi più comuni sono nausea,vomito, stipsi, anoressia; quelli più rari sono dolori ad-dominali, scialorrea, disgeusia. Una migliore suddivi-sione delle dosi giornaliere è spesso un provvedimen-to sufficiente. Solo raramente è necessario ricorrere aduna riduzione della dose del farmaco oppure alla suainterruzione.

Gestione degli effetti epatici. Nella valutazione deglieffetti epatotossici dell’amiodarone è bene distingueretra somministrazione per via orale e per via parenteraledel farmaco.

Per quanto riguarda gli effetti epatici dopo sommi-nistrazione per via orale, vanno tenuti presenti i se-guenti punti.

Ipertransaminasemia di grado lieve-moderato (in-cremento delle transaminasi sieriche al massimo di 2-3volte la norma), asintomatica, spesso a insorgenza dif-ferita rispetto all’inizio dell’assunzione del farmaco, ecomunque transitoria, si riscontra in un quarto circa deipazienti: essa non richiede alcun provvedimento se nonun’adeguata sorveglianza biochimica, eventualmenteintegrata da un’ecografia epatobiliare167.

Un danno epatico grave, che ha una prevalenzadell’1-3%, è suggerito dal riscontro di persistente e ta-lora severo aumento dei livelli plasmatici delle transa-minasi, associato a sintomatologia suggestiva di dannoepatico (anoressia, nausea, vomito, calo del peso cor-poreo) e a riscontro di epatomegalia; l’agobiopsia epa-tica nella maggioranza dei casi rivela alterazioni isto-patologiche simili a quelle dell’epatite attiva alcolica(anche se è incostante il riscontro dei corpi di Mallory)in presenza, dato molto specifico sotto il profilo delladiagnosi eziologica, di inclusioni lisosomiali multila-mellari, espressione in sede epatica della fosfolipidosisecondaria da amiodarone; è possibile, anche se moltorara, l’evoluzione in cirrosi micronodulare a decorsofatale167-169.

Inoltre, è possibile che si manifesti un danno epati-co precoce (dopo sole 6 settimane di trattamento) su ba-se idiosincrasica (il cui corrispettivo istopatologico ècostituito dal riscontro di cellule con citoplasma granu-lare, interpretabili come macrofagi attivamente coin-volti nella fagocitosi degli epatociti degenerati e nel-l’accumulo di fosfolipidi)170, oppure un danno epato-tossico dominato da un quadro di grave colestasi in-traepatica con ittero ostruttivo anche dopo 4 mesi dallasospensione della terapia171. Occorre inoltre tenere pre-sente che, nella valutazione della tomografia assialecomputerizzata dell’addome di pazienti in terapia cro-nica con amiodarone, la densità epatica risulta aumen-tata per effetto della sola fosfolipidosi anche in assenzadi segni di tossicità epatica172.

La valutazione di segni ematochimici indicativi didisfunzione epatica in corso di somministrazione diamiodarone per via endovenosa può essere resa diffici-le dalla possibile concomitante presenza di scompensocardiaco congestizio con fegato da stasi acuta166. A par-te 2 casi di epatite acuta fulminante a decorso rapida-mente fatale, comunque attribuibili alla somministra-zione rapida per infusione endovenosa di una dose diamiodarone (1500 mg in 5 ore) molto superiore a quel-la raccomandata, gli effetti epatotossici secondari allasomministrazione di amiodarone per via endovenosa, lacui prevalenza è del 9-17%, non sembrano chiaramenterelati alla dose impiegata, per cui è stato suggerito cheun ruolo causale importante sia svolto, sotto tale profi-lo, dal polisorbato 80, componente del diluente dell’a-miodarone nella formulazione endovenosa, a somi-glianza con quanto osservato impiegando la vitamina Eper via endovenosa, che utilizza come diluente polisor-bato 80 e 20, nei bambini (“E-ferol syndrome”)166,173,174.Questa osservazione può inoltre spiegare il motivo peril quale il verificarsi di epatite acuta in corso di sommi-nistrazione per via endovenosa di amiodarone non pre-clude la possibilità di una successiva somministrazioneper via orale175.

Strategia generale di monitoraggio della funzione epa-tica. Mentre è evidente l’importanza di un sistematico,attento monitoraggio degli indici di funzione epatobi-

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liare durante somministrazione di amiodarone per viaendovenosa, per quanto riguarda la strategia a lungotermine le raccomandazioni principali comprendono:1) controllo degli indici di funzione epatobiliare primadi iniziare il trattamento con amiodarone e al terminedel periodo di carico; 2) controllo ogni 6 mesi delletransaminasi sieriche; 3) riduzione della dose o interru-zione dell’amiodarone in caso di riscontro di livelli ditransaminasi > 3 volte il valore massimo di riferimen-to; 4) agobiopsia epatica in caso di persistenza di livel-li plasmatici elevati di transaminasi o di comparsa diepatomegalia, al fine di caratterizzare tipo ed entità deldanno epatico18,83,166.

Gestione degli effetti dermatologici. I due principalieffetti collaterali dermatologici secondari all’impiegodell’amiodarone sono la reazione di fotosensibilizza-zione e la pigmentazione blu-ardesiaca: la prima inte-ressa esclusivamente e la seconda prevalentemente learee cutanee fotoesposte176,177. L’osservazione che laconcentrazione di amiodarone e MDEA è 10 voltemaggiore nelle aree cutanee fotoesposte rispetto a quel-le non fotoesposte fa ritenere che la base di queste duemanifestazioni avverse cutanee sia una reazione foto-tossica piuttosto che fotoallergica178.

La reazione di fotosensibilizzazione si verifica nel57-75% dei casi, compare dopo 4 mesi circa di terapia,è scatenata dai raggi ultravioletti di tipo A e si manife-sta con eritema, intenso bruciore ed edema nella partifotoesposte entro 2 ore dall’esposizione alla luce conuna durata compresa tra 1-3 giorni e 1 settimana. Doposospensione dell’amiodarone, la fotosensibilizzazionepuò persistere per 4-12 mesi. Non è tuttora chiaro se ta-le effetto collaterale sia dose-dipendente. Tutti i pa-zienti trattati con amiodarone devono essere chiara-mente avvertiti di limitare l’esposizione al sole, di nonesporsi alla luce solare senza adeguata protezione e diricorrere all’impiego di creme con filtro solare totale ocomunque ad alto fattore di protezione (> 30).

La pigmentazione blu-ardesiaca si verifica nel 2-5% dei pazienti trattati in media per non meno di 20mesi e sembra dovuta all’accumulo, a livello dei liso-somi dei macrofagi e dei cheratinociti del derma, di fo-sfolipidi e di iodio legato a granuli di lipofuscina176. Lasua regressione può richiedere anche anni dopo la so-spensione della terapia in relazione all’elevata affinitàtessutale e alla lentissima eliminazione del farmaco179.Non esiste alcun trattamento attivo di tale effetto col-laterale.

L’impiego dell’amiodarone può risultare associatoalla comparsa di altri effetti collaterali dermatologicirari, tra i quali alopecia, solitamente reversibile, pruri-to, rosacea, ioderma, eritema nodoso, riacutizzazionedi psoriasi, vasculite necrotizzante, dermatite a immu-noglobuline A lineari, reazioni orticarioidi177. Il ricono-scimento della relazione tra tali manifestazioni cutaneee l’assunzione del farmaco permetterà, ovviamente, diadottare i provvedimenti più opportuni.

Gestione degli effetti oculari. Negli studi con nume-rosità e durata adeguate la prevalenza dei microdeposi-ti corneali da amiodarone supera il 98%, mentre le va-lutazioni prospettiche dimostrano che al quarto mesetutti i pazienti presentano microdepositi corneali77,180.La cornea è un organo avascolare con costanti scambimetabolici con il secreto lacrimale. A partire da unaconcentrazione plasmatica soglia di 1.2 �g/ml l’amio-darone si accumula nelle ghiandole lacrimali, vieneescreto con le lacrime e quindi assunto dall’epiteliocorneale, dando luogo a microdepositi181. L’esame ul-trastrutturale ha evidenziato inclusioni lisosomiali mul-tilamellari a livello non soltanto dell’epitelio e dellostroma della cornea ma anche dell’epitelio del cristalli-no, dell’iride, della retina e del nervo ottico. All’esamebiomicroscopico con lampada a fessura i microdeposi-ti corneali appaiono disposti linearmente subito al disotto dell’epitelio corneale, di colore marrone chiaro,bilaterali e simmetrici182. La cheratopatia da amiodaro-ne è stata classificata in tre stadi in base al grado dellasua estensione e può essere pertanto caratterizzata dal-la semplice presenza di depositi lineari localizzati peri-fericamente nella cornea inferiore (stadio I), con arbo-rizzazione aggiuntiva e aspetto a baffi di gatto (stadioII), oppure a forma di vortice che può attraversare l’as-se visivo (stadio III)183. È molto rara la comparsa di di-sturbi visivi, prevalentemente nelle ore notturne, quan-do la pupilla è dilatata: fotofobia (3%), aloni attorno al-le fonti luminose (2%), visione offuscata180,182. L’acuitàvisiva non è compromessa. Dopo sospensione dell’a-miodarone, la cheratopatia regredisce completamentein un intervallo di tempo compreso tra 3 e 20 mesi180.L’impiego di collirio a base di metilcellulosa non sem-bra giustificato182. La mancanza di evidenza di dannooculare permanente ha indotto a non considerare i mi-crodepositi corneali come reale effetto tossico da amio-darone182.

Una valutazione dell’entità della cheratopatia puòessere opportuna entro 6-12 mesi dall’inizio della tera-pia e, ovviamente, in caso di comparsa di disturbi visi-vi; controlli oculistici periodici in paziente asintomati-co non trovano giustificazione77. L’assenza di microde-positi corneali dopo 4 mesi di terapia suggerisce unabassa concentrazione plasmatica del farmaco, probabil-mente subterapeutica, e può essere indicativa di scarsacompliance del paziente al trattamento77.

Un rapporto causale tra assunzione cronica di amio-darone e comparsa di retinopatia e di neuropatia ottica,sia monolaterale che bilaterale, di cui anche recente-mente sono stati descritti casi molto suggestivi, è daconsiderarsi tuttora dubbio180,184-186.

Gestione degli effetti neurologici. L’incidenza di ef-fetti avversi neurologici in corso di trattamento conamiodarone varia notevolmente nei diversi studi, dal 3al 70%, molto probabilmente in relazione ai diversi do-saggi e ai differenti criteri diagnostici impiegati83. I piùfrequenti sono tremore (clinicamente indistinguibile

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dal tremore essenziale), atassia, polineuropatia agli ar-ti (caratterizzata da perdita di sensibilità alle mani e aipiedi e da ipostenia a distribuzione prossimale), miopa-tia (anch’essa a distribuzione prevalentemente prossi-male, spesso associata alla polineuropatia) e parkinso-nismo (indistinguibile dal morbo di Parkinson idiopati-co)187-191. Il rapporto causale con cefalea e disturbi delsonno è meno chiaro. L’incidenza di effetti tossici neu-rologici è molto probabilmente relata alla dose cumula-tiva di amiodarone e quindi alla durata della terapia.

La possibilità che si manifestino effetti collateralineurologici in corso di trattamento cronico va tenutaben presente e deve indurre, nei casi anche solo sospet-ti, ad un’accurata valutazione neurologica clinica e, senecessario, strumentale (esame elettromiografico, esa-me bioptico, dosaggio plasmatico della creatinfosfo-chinasi).

Il trattamento consiste in una riduzione della dose o,se necessario, nella sospensione del farmaco: nellagrande maggioranza dei casi la completa regressionedella manifestazione neurotossica si verifica entro po-che settimane dalla sospensione dell’amiodarone187.

Gestione degli effetti sul profilo lipidico. La terapiacronica con amiodarone comporta, dopo 6-24 settima-ne dal suo inizio, un aumento significativo (15-20%)dei livelli plasmatici di colesterolo totale, colesteroloLDL e apolipoproteina B119,192-195. L’incremento dei li-velli plasmatici di colesterolo totale presenta una corre-lazione positiva con la dose cumulativa di amiodaroneed è indipendente dallo stato funzionale tiroideo195.Evidenze sperimentali indicano che tali alterazioni delprofilo lipidico sono dovute alla riduzione indotta dal-l’amiodarone, per effetto della sua attività antagonista alivello dei recettori nucleari per la T3, dell’espressionegenica dei recettori per le lipoproteine LDL196. Un in-cremento solo transitorio dei livelli plasmatici dei tri-gliceridi è stato riscontrato in due studi119,192.

Il profilo lipidico che ne consegue è associato, di persé, ad un aumentato rischio cardiovascolare. A tale pro-posito è opportuno sottolineare, tuttavia, che mentre indue studi non è stata riscontrata alcuna variazione si-gnificativa dei livelli plasmatici di colesteroloHDL193,194, un recente studio relativo a 18 pazienti hariscontrato, al termine dei 18 mesi di trattamento, unaumento dei livelli plasmatici di colesterolo HDL del24% e del colesterolo totale del 13% in assenza di va-riazioni significative del rapporto colesterolo totale/co-lesterolo HDL197.

La strategia terapeutica più idonea per correggerequesto effetto metabolico prevede, quale prima opzio-ne, la riduzione della dose del farmaco a quella mini-ma efficace, in relazione alla correlazione diretta esi-stente tra dose cumulativa e colesterolemia totale;quando tale provvedimento non sia applicabile o nonrisulti sufficiente a riportare il profilo lipidico nell’am-bito degli obiettivi inclusi nelle linee guida attuali re-lative alla prevenzione secondaria o primaria della car-

diopatia coronarica, andranno applicate tutte le misu-re, dietetiche e farmacologiche, idonee a raggiungeretali obiettivi.

Gestione degli effetti collaterali rari. L’amiodarone èstato associato ad altri rari, ma significativi effetti col-laterali per i quali non esistono specifiche strategie pre-ventive. Essi vanno tenuti presenti per due principalimotivi: 1) poterne riconoscere, in modo appropriato etempestivo, il rapporto causale con l’impiego del far-maco, permettendo così che vengano adottati opportu-ni provvedimenti tra i quali, se necessario, la sua inter-ruzione; 2) evitare trattamenti inappropriati in quantobasati su un’erronea diagnosi eziologica.

Tra gli effetti collaterali rari che meritano attenzio-ne è opportuno ricordare: epididimite, recentementedescritta anche in pazienti di competenza pediatrica ea volte con carattere recidivante198-201, disfunzione te-sticolare primitiva, talora responsabile di impotenzasessuale202,203, sindrome da inappropriata secrezione diormone antidiuretico con iponatremia secondaria204,trombocitopenia e porpora secondaria a ridotta aggre-gazione piastrinica205,206, granulomi multipli nel midol-lo osseo, il cui rapporto causale con l’amiodarone nonè univoco207-209, polisieriosite associata a vasculite210,lupus211.

Strategia generale per la prevenzione degli effetticollaterali nel paziente in trattamento cronico conamiodarone. I metodi utilizzabili per prevenire gli ef-fetti collaterali indotti dalla terapia cronica con amio-darone comprendono: 1) impiego di dosi, sia di caricoche di mantenimento, ottimali, per quanto possibile,sotto il profilo rischio/beneficio; 2) applicazione di unprotocollo di follow-up che garantisca una diagnosiprecoce degli effetti collaterali e quindi adeguati prov-vedimenti terapeutici; 3) utilizzo di indicatori biochi-mici di tossicità da amiodarone18.

Impiego di dosi di carico e di mantenimento ottimalisotto il profilo rischio/beneficio. Per un corretto inqua-dramento di questo importante punto strategico, occor-re tenere presente alcune evidenze generali relative allafrequenza degli effetti collaterali e al loro rapporto conla posologia del farmaco.

L’incidenza cumulativa degli effetti collaterali siatollerabili che non tollerabili, e quindi tali da richiede-re la sospensione del trattamento con amiodarone, pre-senta valori alquanto diversi nei singoli studi. Per esem-pio, in una serie di 14 studi clinici non controllati, pub-blicati dal 1976 al 1986, per un totale di 3087 pazientitrattati per un periodo medio variabile, nei singoli stu-di, da 8 a 34 mesi con dose media di amiodarone com-presa tra 360 e 628 mg/die, l’incidenza di effetti colla-terali di qualsiasi tipo è risultata compresa tra il 25 e il93%, mentre la sospensione del farmaco per effetti col-laterali non tollerabili si è resa necessaria in una per-centuale variabile dall’1 al 22%83. Tale variabilità può

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dipendere da diversi fattori, tra i quali difficoltà nel di-scriminare tra effetti collaterali e manifestazioni spon-tanee della cardiopatia di base, variabilità delle dosi, siadi carico che di mantenimento, variabilità del grado diaccuratezza nei singoli studi nell’identificare specificieffetti collaterali, variabilità della durata del trattamen-to, parametro particolarmente importante per quanto ri-guarda gli effetti collaterali a comparsa tardiva, la cuiincidenza è relata alla dose cumulativa del farmaco18.

L’analisi retrospettiva della più ampia serie di pa-zienti trattati presso una singola istituzione con dosimedie di 340-380 mg/die di amiodarone per un periodomedio di 32 mesi permette di prevedere la probabilitàdi sospensione della terapia a causa di effetti tossici nontollerabili in funzione della durata del trattamento (Tab.VIII)212. Da rilevare la maggiore incidenza di sospen-sione nei primi 4 anni nel sottogruppo di pazienti trat-tati per aritmie ventricolari con dosi di carico e di man-tenimento di amiodarone maggiori rispetto al gruppo dipazienti trattato per tachiaritmie sopraventricolari212.

Informazioni più specifiche relative al rapporto tradose e incidenza di effetti collaterali, tollerabili e nontollerabili, è fornita da due altri studi.

Il primo studio ha dimostrato che il rischio di com-parsa di effetti collaterali epatici e neuromuscolari ècorrelato con la concentrazione plasmatica di amioda-rone allo “steady-state” che, a sua volta, presenta unastretta correlazione lineare con la dose media di mante-nimento; inoltre i livelli plasmatici medi di amiodaronenel gruppo di pazienti con effetti collaterali sono risul-tati superiori in misura significativa rispetto a quelli deipazienti senza effetti collaterali213.

Nel secondo studio sono state messe a confronto dueserie di cinque studi ciascuna, tra loro differenziabili peril diverso livello posologico di carico e di mantenimen-to: dose alta, utilizzata per il trattamento di aritmie ven-tricolari maligne, e dose bassa, impiegata per il tratta-mento di aritmie ventricolari potenzialmente maligne edi tachiaritmie sopraventricolari; il grado di efficaciadell’amiodarone non risultava sensibilmente diverso neisingoli studi214. Come evidenziato nella tabella IX, ladose di mantenimento bassa ha presentato un valore me-dio di 280 mg/die, con un range compreso tra 200 e 350mg/die, ed è risultata associata ad una bassa incidenza dieffetti collaterali non tollerabili (5.4%)214.

Sulla base di queste osservazioni e delle caratteristi-che farmacocinetiche dell’amiodarone sembra molto

appropriata la conclusione secondo la quale la dose dicarico dovrebbe essere basata sul carattere acuto e sul-la gravità clinico-prognostica a breve termine dell’arit-mia da trattare, mentre la dose di mantenimento do-vrebbe essere gradualmente ridotta fino al livello mini-mo compatibile con un controllo adeguato dell’arit-mia18.

Protocollo di follow-up. In relazione alla duplice ne-cessità, da un lato di effettare un corretto monitoraggiodegli effetti collaterali e dall’altro di verificare periodi-camente l’efficacia del trattamento in modo da aumen-tare la probabilità di attuare provvedimenti tempestivi eidonei (soprattutto, ma non esclusivamente, in terminidi variazioni della dose del farmaco), emerge chiara-mente la necessità di applicare un adeguato protocollodi follow-up, che tenga anche conto, possibilmente, delrapporto costo/beneficio. Lo schema di follow-up pro-posto nella tabella X1,18,83,153,166,215-219 è basato in largamisura su diverse revisioni comparse in letteratura.L’inclusione nel protocollo del monitoraggio Holter edello studio elettrofisiologico basale e in terapia richie-de, per ragioni di completezza, due puntualizzazioni.

Per quanto concerne il monitoraggio Holter va sot-tolineato che, sebbene la sua capacità predittiva neiconfronti della prognosi a lungo termine dei pazientitrattati con amiodarone per aritmie ventricolari malignesia alquanto controversa, esistendo al riguardo studi po-sitivi217 e negativi218, la sua utilità per evidenziare even-tuali nuove o maggiori bradiaritmie relate all’impiegodel farmaco è evidente. Questo tipo di informazione èovviamente di particolare importanza nel periodo di ca-

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Tabella VIII. Incidenza percentuale cumulativa di sospensione del trattamento con amiodarone a causa di effetti collaterali non tolle-rabili in 589 pazienti consecutivi212.

N. pazienti Dose di amiodarone Anni(mg/die)

0.5 1 2 3 4 5

Pazienti con AV 469 381 ± 153 5 8 10 13 17 18Pazienti con ASV 120 339 ± 136 2 2 5 10 13 18

ASV = aritmie sopraventricolari; AV = aritmie ventricolari.

Tabella IX. Profilo di tollerabilità dell’amiodarone ad alte e bas-se dosi214.

Dosi alte Dosi basse

N. pazienti 550 537Dose di carico

Media (mg/die) 1020 580Media totale (g) 31.92 7.27

Dose di mantenimentoMedia (mg/die) 520 280Range (mg/die) 400-600 200-350

Effetti collaterali (%)Tollerabili 71.8 39.4Non tollerabili 18.5 5.4

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rico, quando è più probabile che si manifesti una dis-funzione sinusale e/o nodale latente.

Per quanto riguarda il ruolo dello studio elettrofisio-logico, sia basale che in corso di terapia per verificarnel’efficacia, è opportuno tenere presente che studi elettro-fisiologici seriati hanno dimostrato che il timing corret-to per la valutazione elettrofarmacologica della terapiacronica con amiodarone è di 10 settimane, poiché questoè l’intervallo di tempo necessario per ottenere il massi-mo incremento dei periodi refrattari del ventricolo de-stro, il massimo allungamento del ciclo ed il minor gra-do di inducibilità di tachicardia ventricolare sostenuta219.Tale risultato è in accordo con l’incremento progressivodella concentrazione plasmatica del MDEA, maggiorein misura significativa dopo 10 settimane rispetto ai va-lori riscontrabili dopo 2 settimane di terapia219.

Utilizzo di indicatori biochimici di tossicità da amio-darone. Sebbene, come già ricordato, le concentrazioniplasmatiche di amiodarone e MDEA siano in mediamaggiori nei pazienti con tossicità rispetto a quella deipazienti senza tossicità da amiodarone, l’ampia sovrap-posizione nella distribuzione dei singoli valori nei duegruppi ne limita fortemente l’utilità clinica; a ciò si ag-giunge l’assenza di dati prospettici relativi all’utilità diun monitoraggio sistematico dei livelli plasmatici al fi-ne di ridurre l’incidenza degli effetti collaterali e di au-mentare, eventualmente, l’efficacia terapeutica8,213.

Dati relativi ad un numero limitato di pazienti sug-geriscono un’associazione tra la presenza di livelli pla-smatici di MDEA maggiori rispetto a quelli dell’amio-darone e un aumentato rischio di tossicità polmonare77.Le concentrazioni plasmatiche di amiodarone e diMDEA aumentano nei primi 2-6 mesi di terapia permantenersi in seguito stabili se la dose di mantenimen-to di amiodarone viene ridotta gradualmente sulla basedella valutazione individuale dei singoli pazienti, men-tre il rapporto plasmatico MDEA/amiodarone aumentanei primi mesi di terapia fino a un valore di 0.85 circa equindi rimane stabile77. Come suggerito dalle osserva-zioni relative a 4 pazienti con tossicità polmonare da

amiodarone, un valore abnormemente elevato di talerapporto (1.5-2.9) potrebbe rappresentare una condi-zione di rischio di tossicità polmonare77. Va notato chela concentrazione di MDEA nel tessuto polmonare èmaggiore di quella dell’amiodarone e che, sperimental-mente, il MDEA aumenta nel polmone la concentra-zione di idrossiprolina ed il grado di fibrosi in misuramaggiore rispetto all’amiodarone220. Pertanto potreb-bero essere a maggior rischio di sviluppare tossicitàpolmonare i pazienti con una predisposizione metabo-lica ad accumulare MDEA77. Anche in pazienti con po-lineuropatia periferica da amiodarone sono stati riscon-trati aumentati livelli plasmatici di MDEA con un rap-porto MDEA/amiodarone > 1221.

La possibilità di utilizzare il livello plasmatico del-la rT3, che per effetto della terapia con amiodarone au-menta in misura cospicua, quale indicatore non solo diefficacia terapeutica, ma anche del rischio di tossicità,suggerita da una serie di osservazioni preliminari222,223,è stata esclusa da due studi successivi224,225. Inoltre laconcentrazione plasmatica della rT3 può aumentare pereffetto di numerosi altri fattori responsabili della “lowT3 syndrome”, per cui attualmente essa non può essereconsiderata quale mezzo affidabile per il monitoraggiodella terapia con amiodarone18.

Interessanti, ma non sottoposti a successive verifi-che, sono i risultati relativi ad una piccola serie di pa-zienti che suggerivano la possibilità di utilizzare le con-centrazioni dell’amiodarone e del MDEA nei globulirossi quali indicatori di tossicità con elevato potere di-scriminante nei confronti dei pazienti senza tossicità226.

In conclusione, la strategia generale relativa alla ge-stione degli effetti collaterali indotti dal trattamentocon amiodarone si basa su due certezze: il criterio del-la dose minima efficace e la necessità di seguire un ido-neo protocollo di follow-up. Interessanti, ma del tuttopreliminari e forse meritevoli di ulteriori studi, sono lepossibilità di utilizzare il rapporto dei livelli plasmaticiMDEA/amiodarone e le loro concentrazioni nei globu-li rossi quali indicatori di tossicità, mentre il ruolo del-la rT3, sotto tale profilo, è nullo.

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Tabella X. Protocollo di follow-up dei pazienti in trattamento cronico con amiodarone1,18,83,153,166,215-219.

Accertamento diagnostico Intervallo

Enzimi epatici Basale, nel corso della dose di carico, quindi ogni 6 mesiCreatininemia, elettroliti plasmatici Basale, nel corso della dose di carico, quindi ogni 6 mesiDigossinemia Basale, nel corso della dose di carico, quindi ogni 6 mesiProfilo lipidico Basale, quindi ogni 6 mesiFT4, FT3, TSH-IMA, autoanticorpi antitiroidei BasaleTSH-IMA Dopo 3 mesi, al sesto mese, quindi ogni 6 mesiProve di funzionalità respiratoria e DLCO Basale e in caso di comparsa di sintomiRadiografia del torace Basale e in caso di comparsa di sintomiEsame biomicroscopico del segmento anteriore dell’occhio Entro 6 mesi dall’inizio della terapia ed in caso di comparsa di sintomiMonitoraggio Holter Basale, al termine della dose di carico, quindi ogni 6 mesiStudio elettrofisiologico* Basale, quindi dopo 10 settimaneValutazione cardiologica Basale, al termine della dose di carico, dopo 2-3 mesi, quindi ogni 6 mesi

FT3 = triiodotironina libera; IMA = metodo immunometrico. Altre abbreviazioni come in tabelle IV e V. * quando indicato.

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Conclusione

Per impiegare adeguatamente l’amiodarone occorretenere presenti la peculiarità della sua farmacocinetica,il numero e la complessità delle interazioni farmacolo-giche e il profilo di tollerabilità, soprattutto di tipo ex-tracardiaco.

Alcune interazioni farmacocinetiche, come quellecon digossina e con anticoagulanti orali, sono di gran-de importanza clinica, ma per garantire il massimo gra-do di sicurezza al singolo paziente occorre aggiornareperiodicamente l’elenco dei farmaci che presentano in-terazione con l’amiodarone.

Al cardiologo che utilizza l’amiodarone spetta la re-sponsabilità di distinguere tra manifestazioni di sem-plice accumulo tessutale del farmaco, prive di implica-zioni prognostiche, e reali manifestazioni di tossicità.Queste ultime devono essere riconosciute, prevenute etrattate in modo idoneo.

Per pochi farmaci come per l’amiodarone vale l’af-fermazione di Kaminetzky riportata da Kerin nell’edi-toriale di apertura degli atti di un simposio sull’amio-darone a basse dosi tenutosi nel 1989: “There are noreally ‘safe’ biologically active drugs. There are only‘safe’ physicians”227,228.

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