2.4 il leader etico: quali caratteristiche 2.4.1 ... · tecniche che un soggetto deve sviluppare...
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2.4 Il Leader Etico: quali caratteristiche
A seguito degli esempi pratici che consentono di dimostrare che una
forma di leadership etica è possibile, diventa importante a questo punto
cercare di fornire nel modo più esauriente possibile alcune caratteristiche
che un leader etico dovrebbe approfondire nella sua attività di gestione.
2.4.1 Conoscenza profonda dell'ambito lavorativo
La prima peculiarità dovrebbe essere la conoscenza dell'ambito
lavorativo. Un approccio etico presuppone che il leader conosca
approfonditamente il luogo nel quale inizia ad operare ed anche i soggetti
che prenderanno parte nel processo lavorativo. In questo senso, si ritiene
molto importante e formativo un periodo di lavoro da parte del futuro leader
nell'ambiente lavorativo nel quale dovrà successivamente operare per
comprendere le eventuali problematiche derivanti dalla pratica lavorativa ed
essere cosciente delle dinamiche a livello tecnico ed emotivo che vengono a
crearsi. Questo genere di approccio è stato utilizzato nel passato da una
della più grandi famiglie imprenditoriali italiane.
La famiglia Agnelli, infatti ha sempre voluto fortemente che i suoi
dirigenti, in particolar modo i successori alla dirigenza dell'azienda di
famiglia, svolgessero sotto altro nome il lavoro di operai in azienda prima di
prendere posto nei consigli di amministrazione. Questa scelta è stata
compiuta senza distinzione sia per Giovannino Agnelli, così come pure Lapo
Elkann e John Elkann, attualmente Presidente della Fiat. Quest'ultimo infatti,
durante il periodo universitario ha maturato esperienze di lavoro in numerose
società: montaggio dei fari in una fabbrica della Magneti Marelli di
Birmingham, Inghilterra, linea di montaggio della Panda a Tychy, Polonia e in
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una concessionaria di auto a Lille, Francia.
Questa formazione può essere intesa come una traccia a cui un
leader che desidera gestire un'azienda secondo principi etici deve in qualche
modo ispirarsi. Il fondamento di questa pratica in questo caso, è che soltanto
conoscendo in modo preciso l'ambito di lavoro, il tipo di lavoro e le sue
competenze tecniche e umane, ma soprattutto i lavoratori, è possibile
diventare competenti rispetto a tutti gli sviluppi tecnici ed emotivi legati al
lavoro. Quando un leader diventa consapevole delle diverse dinamiche
quotidiane del lavoratore, quest'ultimo ne riconosce l'autorevolezza rispetto
alle scelte fatte in ambito dirigenziale. Molto spesso l'errore che viene
compiuto da molte aziende è quello di calare i futuri dirigenti mantenendo la
propria identità nell'ambito lavorativo. E' indispensabile che i manager
mantengano l'anonimato nel loro inserimento nel lavoro. La conoscenza
delle persone e del lavoro deve avvenire senza alcun tipo di agevolazione.
Le varie dinamiche legate all'integrazione tra i colleghi possono essere ben
comprese solo se questi ultimi non nutrono pregiudizi nei confronti del
soggetto che collaborerà con loro. In questo senso, l'osservazione e la
pratica lavorativa da parte del futuro dirigente non deve avere come finalità
lo spionaggio delle eventuali criticità che possono emergere per le scelte
dirigenziali, in quanto, appartengono alla consuetudine in qualunque
comparto lavorativo.
Al contrario, conoscere le difficoltà, rendersi conto di come un lavoro
viene svolto, scoprire le dinamiche emotive e non soltanto le competenze
tecniche che un soggetto deve sviluppare nel posto di lavoro diventa la
finalità di questo intervento da parte di un leader che ritenga il rispetto degli
altri un requisito etico indispensabile.
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Molti manager invece per avvicinarsi ai collaboratori, solo
successivamente alla loro assunzione a ruolo e ancor più spesso per un
obbligo da parte della direzione, si propongono per aiutare i dipendenti
quando l'attività è chiusa al pubblico. Un esempio può essere rappresentato
dagli inventari di fine anno. Normalmente in queste occasioni, viene imposta
la chiusura dell'attività lavorativa per il tempo necessario al completamento
delle verifiche, in modo tale che le stime sulla merce in deposito non siano
viziate da continue movimentazioni. In queste occasioni, il manager appena
arrivato in azienda insieme ai colleghi addetti alla gestione dei magazzini si
presta alle procedure di conteggio. In questo caso, l'errore relativamente a
questo tipo di intervento riguarda non tanto il contenuto quanto la forma. Se
infatti la partecipazione al lavoro rappresenta un metodo per conoscere la
realtà in cui si viene inseriti e comunque vero che ricoprire un ruolo ben
definito mette i dipendenti nella condizione di tenere atteggiamenti sia di
diffidenza ma anche di servilismo in alcuni casi. Un simile atteggiamento da
parte degli organi volitivi può diventare anche un'arma a doppio taglio.
Sarebbe infatti preferibile che una volta assunto il nuovo manager, non si
proponga in queste pratiche, in quanto, nel tempo, non venendo ripetute,
fanno percepire al lavoratore che lo specifico intervento aveva come unico
scopo quello di accattivarsi i colleghi. Normalmente a questo segue una
profonda delusione da parte del lavoratore nei confronti del diretto superiore.
Le dinamiche che si creano sono estremamente delicate e presuppongono
una attenzione notevole per evitare di creare pregiudizi da parte dei
lavoratori. Sebbene possa sembrare simile l'atteggiamento: tra il manager
anonimo e quello rivelato, nella realtà le dinamiche che si creano sono
profondamente diverse. Se infatti, nel primo caso, il futuro manager può
rendersi conto della situazione lavorativa prima di occupare un determinato
posto, l'altro ha già acquisito il suo status e l'esperienza non sarebbe altro
che un percorso obbligato ma senza quella volontà di ricerca e
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comprensione. Il bagaglio di conoscenze che un soggetto sperimenta
nell'ambito lavorativo, quando è anonimo, gli consentono di sperimentare
uno stato emotivo fondamentale per essere un autentico leader, l'empatia.
La dimostrazione della efficacia di quanto sopra proposto è possibile
trovarla ancora una volta nella storia della famiglia Agnelli. Il rispetto nutrito
da parte di operai e cittadini nei confronti del defunto Giovanni Alberto
Agnelli che avrebbe dovuto prendere il posto del nonno Giovanni Agnelli alla
guida della Fiat in questo caso è rappresentativo. Giovanni Alberto Agnelli
aveva lavorato presso uno stabilimento della PIAGGIO sotto falso nome ed
era rispettato da tutte le persone coinvolte nel processo produttivo oltre che
dalla gente comune. Questo atteggiamento da parte dei colleghi e
compaesani valeva tanto per la persona quale operaio che dopo come
capitano d'azienda. Oltre che per le sue doti umane, un punto importante da
lui stesso considerato indispensabile era proprio quello relativo al suo
tirocinio in linea di produzione che lo portarono a dichiarare: «La funzione
dell'industria non è solo e neanche principalmente quella del profitto. Lo
scopo è migliorare la qualità della vita e del lavoro mettendo a disposizione
prodotti e servizi»40.
Il profitto in questo senso, diventa importante in modo proporzionale
alla soddisfazione del consumatore ma anche del lavoratore. Parlare di etica
lavorativa e di pratica filosofica in azienda significa conoscere a fondo la
realtà nella quale si vuole intervenire. Conoscere l'uomo come fine e come
mezzo soprattutto nell'ambito del lavoro non può essere ottenuto
diversamente da una profonda esperienza da maturare sul campo.
40 Giovanni Alberto Agnelli in occasione del cinquantenario della Vespa, Roma 19 settembre
1996
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2.4.2 La visione lungimirante
Se è importante l'esperienza ancora di più è indispensabile riuscire a
guardare oltre. La visione a lungo periodo consente al dirigente di vedere al
di là del momento presente. Una delle caratteristiche che un leader deve
possedere è senza dubbio la capacità di cercare soluzioni in anticipo sugli
altri. Se questa concezione viene riconosciuta, soprattutto a livello
strategico, come fondamentale in merito alle scelte tecniche che riguardano
l'oggetto aziendale per aggredire il mercato e diventare competitivi, lo stesso
si può dire per una corretta ma soprattutto etica gestione dei rapporti di
lavoro. L'esempio di ENRON è stato un chiaro esempio di come voler
aggredire il mercato per misurarsi con i concorrenti, ha causato la bancarotta
di cui già si è trattato. Nel caso ENRON, l'obiettivo di aggressione di mercato
per aumentare il profitto ha avuto efficacia per gli azionisti fino a quando il
fallimento non ha rivelato il grado di tossicità della società.
La visione di lungo periodo secondo quella che vuole essere l'etica
lavorativa presuppone che, fermo restando lo scopo dell'impresa quale il
profitto, si considerino anche tutte le conseguenze che potrebbero verificarsi
nel momento in cui certe decisioni vengono prese, in modo particolare quelle
che potrebbero essere le ripercussioni nel mercato. Attualmente a
disposizione dei dirigenti d'azienda ci sono forme di Business Plan che
consentono, una volta raccolti tutti i dati per la creazione di una attività, di
determinare, esclusivamente in modo teorico quali saranno le ripercussioni a
livello economico sull'attività.
Il Business Plan diventa uno strumento che consente di evidenziare
nel lungo periodo quale deve essere l'andamento dell'azienda perchè si
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realizzino i progetti preventivati dalla dirigenza. Ovviamente queste analisi,
che vengono elaborate da personale esperto, considerano non soltanto i
costi ed i ricavi ma anche i risultati delle statistiche economiche prodotte su
determinati settori produttivi. Compiere un'indagine sul mercato per capire
se un prodotto può trovarvi posto, rappresenta un'osservazione che se da un
lato parte da dati economici, si troverà inevitabilmente di fronte alla
discrezionalità personale dei soggetti titolari o organi dirigenziali. Trattandosi
di dati previsionali è evidente che qualunque statistica non può garantire il
successo economico. Analizzando il problema da questa angolazione, in
linea teorica, ogni decisione relativa all'oggetto aziendale se parte da analisi
di dati poi rientra sempre nella sfera della discrezionalità, in quella sede
l'etica deve proporre i suoi dubbi e le sue possibili alternative. Anche se
questi strumenti derivati dall'economia non riguardano espressamente
questa tesi, sono strumenti utili al leader che vuole avere una visione a
lungo periodo e valutare nel migliore modo possibile ogni singola decisione.
Inoltre, sarebbe contraddittorio e sbagliato pensare che l'etica lavorativa sia
slegata dagli strumenti economici. Gli strumenti dell'economia e i principi
dell'etica devono permettere al leader di agire con pensiero “indipendente”.
L'analisi economica deve consentire di determinare il profitto di un'attività ma
seguendo un'indicazione etica riguardo alle conseguenze di determinate
decisioni.
Considerando come modello nuovamente il CEO di ENRON Jeffrey
Skilling, quest'ultimo, nonostante la disponibilità di indagini economiche a
riguardo, ha preferito seguire un'indicazione legata al conseguimento
immediato del profitto diventando quello che viene definito come leader
narciso da Andrea Vitullo nel suo leadership riflessive.41 Secondo l'autore,
molti degli scandali scoppiati nelle aziende negli ultimi dieci anno sono stati
41 Andrea Vitullo: Leadership riflessive, APOGEO 2006
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in parte provocati da narcisismo e dal senso sconfinato di onnipotenza dei
leader. L'etica del lavoro e la visione di lungo periodo che un dirigente
dovrebbe avere, non prevedono la possibilità di operare scelte derivanti
esclusivamente da posizioni di comando. Deve prevalere infatti la
consapevolezza degli effetti provocati non solo a livello economico ma
anche umano. E' significativo occuparsi del caso ENRON, nella nostra
analisi, in quanto è dimostrato come Skilling non si fosse preoccupato degli
effetti a lungo periodo delle politiche economiche di mercato. La scelta di
dichiarare utili fittizi e la contabilità a prezzo di mercato, pratiche da “delirio”
manageriale, che hanno contraddistinto l'operato di Skilling, chiariscono
ancora una volta la scelta di operare prevaricando colleghi e collaboratori,
circondandosi di soggetti moralmente plasmabili alle esigenze della
direzione ed eliminando le possibili fonti di criticità lavorativa.
Altra scelta di lungo periodo prodotta esclusivamente per fidelizzare il
dipendente ingannandolo è rappresentata dalla sottoscrizione delle azioni
per i dipendenti, che a seguito del fallimento non hanno potuto scontare i
titoli di credito in quanto vincolati alla effettiva caduta di valore nel mercato.
Le implicazioni di queste scelte hanno riguardato tutti gli attori, sia
sociali che giuridici; una tra le maggiori società energetiche americane è
caduta, migliaia di persone sono rimaste senza lavoro e senza appoggio
finanziario a causa del valore del pacchetto azionario ricevuto pari a zero.
Prevedere le ripercussioni sul mercato di determinare decisioni
economiche non basta più. Si rende necessario, in un ipotesi di gestione
etica in azienda, la valutazione delle conseguenze anche per i lavoratori. Un
manager guidato da principi etici deve vagliare tutte le implicazioni sociali
derivanti dalle scelte compiute o non riuscirà ad avere alla base dei soggetti
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che crederanno nel suo operato. La politica adottata dall'amministratore
delegato di ILLY, in questo senso, permette di chiarire in modo pratico quello
che deve essere un approccio di etica aziendale nel lungo periodo. Il
principio infatti che ha guidato l'azienda di famiglia durante questi ultimi anni
è proprio la considerazione che solo un approccio di lungo periodo riguardo
la sostenibilità del business può permettere all'impresa di essere presente in
modo attivo sul mercato. Questo dimostra inoltre, che gli organi dirigenziali
credono profondamente nel loro lavoro e nei processi in cui il lavoro si
articola e viene diretto. Inoltre essere consapevoli di essere ancora ben
inseriti nel mercato, nonostante la diminuzione degli utili e andando
orgogliosi del fatto che nessuno ha perso il posto di lavoro è eticamente
significativo. L'operato di Illy ha come immediata ripercussione una profonda
fidelizzazione del lavoratore che contribuirà ancora di più all'aumento della
qualità del prodotto e rappresenterà un valore aggiunto in prospettiva di
crescita economica. E' possibile in questo senso ipotizzare che applicare
principi etici in azienda potrebbe anche creare un aumento della redditività
nel lungo periodo, per effetto della lealtà di buona parte dei soggetti
impiegati.
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2.4.3 Approccio Empatico
Introdurre il concetto dell'empatia in ambito economico e di gestione
aziendale può apparire paradossale ma analizzarlo in prospettiva etica
diventa fondamentale. L'empatia viene intesa come la capacità di mettersi
nei panni dell'altro per sentire quello che l'altro sente e relazionarsi con l'altro
per ciò che realmente prova. Il termine empatia deriva dal Greco tardo
empàtheia, complemento di en- “in” e un derivato di pàthos “affetto”.
Secondo la definizione che viene proposta da Nicola Abbagnano l'empatia,
in tedesco Einfühlung è l'unione o la fusione emotiva con altri esseri od
oggetti (considerati animati). Il concetto di empatia si basa sulla
riproduzione, dovuta all'istinto di imitazione, delle manifestazioni corporee
altrui, riprodurrebbe in noi stessi le emozioni che con esse solitamente si
accompagnano, ponendoci così nello stato emotivo della persona cui quelle
manifestazioni appartengono. Appunto tale proiezione, in un altro essere, di
uno stato emotivo, richiamato da noi dalla riproduzione imitativa
all'espressione corporea altrui, sarebbe il modo della comunicazione tra le
persone. L'applicazione di un tale concetto nell'ambito dell'analisi della
leadership etica prevede che il soggetto che si trova a gestire un'attività
produttiva e di conseguenza un certo numero di impiegati deve essere
capace di vivere l'empatia. Questa concezione porta il leader a relazionarsi
con i collaboratori al punto tale che ogni decisione a livello economico o
strategico in ambito aziendale, segua un percorso che non risulti legato
esclusivamente al profitto ma anche al miglioramento delle condizioni dei
lavoratori ed anche dei loro superiori. Ragionare a livello empatico non
significa in ogni caso, passare in rassegna tutti i collaboratori per conoscere
le loro idee rispetto ad una determinata decisione aziendale. Per questo
infatti non è richiesta empatia ma come si vedrà in seguito e richiesta la
capacità di recepire i feedback dai dipendenti. Significa operare scelte che,
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in virtù di una programmazione di lungo periodo a livello economico ed una
ricerca di innovazione e miglioramento della qualità del lavoro, uniscano
leader e collaboratori. L'empatia, in questo caso, diventa uno strumento che
permette di aumentare non solo il grado di fidelizzazione del lavoratore
rispetto all'azienda, ma consente al leader di acquisire autenticità nei
confronti dei dipendenti. Operare con senso empatico fa scendere dal
piedistallo del potere il leader. Anziché portarlo a decisioni in virtù di una
forma di presunta onnipotenza lo porta a pensare con senso pratico. Il
leader per vivere l'empatia deve necessariamente entrare in contatto con il
lavoro, in qualche caso, abbandonando l'ufficio e le riunioni programmatiche.
Vivere l'empatia da parte del leader non è una cosa facile. Viene in questo
senso in aiuto la diversa concezione di leadership tra quella statunitense,
che vede il leader vincente contrapposta a quella olandese che applica allo
stile di leadership una forma di impegno totale per dimostrare di essere una
guida per coloro che sono alle sue dipendenze. Ritenere però che l'empatia
sia una sorta di buon sentimento che non può trovare posto in un'analisi
delle dinamiche personali in azienda è un errore. Daniel Goleman ha
pubblicato negli ultimi anni delle ricerche scientifiche che dimostrano che
l'empatia nasce dai neurotrasmettitori del sistema limbico del cervello, il
quale, a sua volta, può essere allenato, attraverso la motivazione, la pratica
ed il feedback. Al contrario il sistema neocorticale, che governa le capacità
tecniche e analitiche è da sempre naturalmente allenato a “come fare
meglio”. Il sistema limbico perciò, che è alla base dello sviluppo
dell'intelligenza emotiva, per essere allenato ha bisogno di uscire dai vecchi
schemi comportamentali per stabilirne di nuovi. Ha bisogno di esercitarsi
all'ascolto o al feedback per imparare ad essere empatico, per osservare ed
osservarsi di più.42 Queste ricerche sono oggi oggetto di studio per psicologi
42 Daniel Goleman: Emotional intelligence, BANTAM, New York, 1995 (tr. it. Di Isabella Blum e
Brunello Lotti, Intelligenza emotiva RIZZOLI , Milano, 1997
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e psicoanalisti che cercano di comprendere gli effetti e le dinamiche che si
instaurano a livello emotivo nel mondo del lavoro. Ne consegue che parlare
di empatia o intelligenza emotiva non è più legato esclusivamente alla sfera
dei buoni sentimenti, diventa condizione sine qua non per tutti i leader, sia
quelli che scelgono di seguire un approccio etico sia per quelli che, per
scelta, operano in modo tradizionale. In questo senso, le competenze
emotive diventano importanti quanto quelle tecniche. Non è più sufficiente
dichiarare semplicemente l'intento di operare in virtù di visione etica come è
stato nel passato per molte realtà produttive.
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2.5 l'Etica della Responsabilità come ideale azione di
Leadership
Un leader più essere etico solo nel momento in cui tiene conto
dell'importanza che riveste il principio della responsabilità. Secondo la
definizione che ci offre Nicola Abbagnano della responsabilità, questa è
intesa come “La possibilità di prevedere gli effetti del proprio comportamento
e di correggere il comportamento stesso in base a tale previsione”. La
responsabilità, è cosa diversa dalla semplice imputabilità, che corrisponde
all'attribuzione di un'azione a un agente come alla sua causa. Alla nozione di
imputabilità faceva riferimento Platone quando, a proposito della scelta che
le anime fanno del proprio destino, affermava: “Ciascuno è la causa della
propia scelta, la divinità non ne è imputabile”. Secondo la visione di Weber il
principio della responsabilità corrisponde al principio per si basa sul rapporto
mezzi/fini e alle conseguenze. Senza assumere principi assoluti, l’etica della
responsabilità agisce tenendo sempre presenti le conseguenza del suo
agire: è proprio guardando a tali conseguenze che essa agisce43.
Proprio in base a questo cardine di responsabilità viene inteso
l'operato di un leader che vuole essere guidato da principi etici. Tenere conto
delle conseguenze delle decisioni operate ed analizzando mezzi e fini
diventa una delle caratteristiche più importanti di un leader etico. Come è
stato esposto nei capitoli precedenti, è evidente come le decisioni dei vari
amministratori delegati, abbiano influenzano profondamente sia gli obiettivi
che le dinamiche sociali all'interno dell'azienda. Ripercorrendo la vicenda
ENRON Skilling operò al di fuori di un'etica di responsabilità, cercando ad
ogni costo il suo personale tornaconto, sebbene sia stato poi condannato a
24 anni di prigione. Nella nostra analisi, l'azienda che meglio incarna 43 Max Weber: L'etica della responsabilità Weltaanschaung, 1998 LIGUORI MILANO
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l'obiettivo di etica responsabile è la ditta ILLY, la quale, appunto, può
dichiarare di aver sempre messo davanti agli interessi di profitto il benessere
di ogni persona impiegata nell'azienda, sia in Italia che all'estero. A
dimostrazione di quanto dichiarato l'azienda triestina ha inoltre acquisito la
certificazione Det Norske Veritas (Dnv). Questa società di gestione, oltre ad
elaborare sistemi che documentano la prevedibilità dei processi operativi e
strutturano la capacità di rispondere alle esigenze dei clienti e della società
nel suo complesso, si occupa di gestire un tipo di certificazione che
consente alle aziende non solo di dimostrare la qualità della loro prodotti ma
anche di commercializzarli in tutto il mondo. La certificazione garantisce
infatti che i prodotti rispettano le normative specifiche e le caratteristiche
richieste dai singoli paesi e dal mercato globale. Di fronte ad una presa di
posizione di questo tipo l'AD di ILLY, nonostante la crisi economica nazionale
ed internazionale può dichiarare di non aver licenziato nessuno. Inoltre nel
momento in cui ci sarà crescita economica sarà tra le aziende che grazie
appunto ad una gestione responsabile, saranno in grado di affrontare nel
migliore dei modi la futura evoluzione del mercato. Essere responsabili a
livello di gestione aziendale, in ultima analisi significa operare scelte in base
a studi compiuti a trecentosessanta gradi. E' profondamente legata alla
visione lungimirante e all'empatia ma può essere applicata nel momento in
cui un leader diventa autorevole e non autoritario.
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2.6 Operare secondo Principi di autorevolezza
L'autorità viene definita come un qualsiasi potere esercitato su un
uomo o un gruppo umano da un altro uomo o gruppo. Esistono diverse
forme di autorità, la prima trae fondamento dalla natura, la seconda dalla
divinità e la terza dagli uomini.
� Secondo Platone e Aristotele la prima forma di autorità, quella
appunto stabilita dalla natura è quella aristocratica. Secondo questa
teoria l'autorità deve appartenere ai migliori ed è la natura che
s'incarica di decidere chi sono i migliori: Platone divide gli uomini in
due classi: quelli che sono capaci di diventare filosofi e quelli che non
lo sono. La differenza che viene tracciata da Platone tra le due classi
è che i primi sono mossi a differenza dei secondi da una tendenza
irresistibile alla verità.
� La seconda teoria fondamentale è quella che fonda l'autorità come
derivante dalla divinità. Questa concezione esposta nel capitolo XIII
dell'epistola ai Romani di S. Paolo coincide con la prima in un
carattere negativo: cioè nel rendere l'autorità completamente
indipendente dal consenso dei soggetti. Si differenzia dalla prima in
un carattere fondamentale: essa giustifica ogni autorità che venga
esercitata de facto. Mentre la prima non esige che la classe che è
destinata a comandare comandi sempre di fatto; questa invece
implica che ogni autorità che di fatto venga esercitata, essendo posta
o stabilita da Dio, sia sempre pienamente legittima.
� La terza teoria che diventa importante nell'ambito della leadership
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etica si distingue dalla prime due in quanto l'autorità non consiste nel
possesso di una forza ma nel diritto di esercitarla; tale diritto, deriva
dal consenso di color sui quali viene esercitata. Questa dottrina è
nata ad opera degli stoici e ha trovato il suo più grande espositore in
Cicerone. Tutti gli uomini hanno avuto da natura la ragione, la vera
legge che comanda e proibisce rettamente, perciò tutti sono liberi e
uguali per natura.44Secondo quest'ultima teoria il principio di autorità
diventa significativo nell'analisi della leadership etica. L'utilizzo
abituale del termine autorità ha destrutturato quello che è il suo
significa originale e viene molto spesso indicato come “autoritario”
colui che esercita il potere con la forza o facendo esclusivamente
leva sulla propria posizione di comando. All'uso dell'autorità però
sarebbe sbagliato attribuire in assoluto, un valore negativo, anche se
spesso dietro l'esercizio dell'autorità si nasconde la debolezza di chi
la subisce o, più facilmente, una condizione di svantaggio che non
mette nella posizione di contrastarla.
In questo senso la teoria di Cicerone che prevede appunto
l'uguaglianza di tutti i soggetti di fronte alla natura perde tutto il suo
significato.
Attualmente l'indirizzo complessivo delle riflessioni sull'autorità
conferma, ancora oggi, la tendenza a ritenerla indispensabile al
funzionamento di organizzazioni complesse come una grande azienda o un
partito politico, a condizione di interpretarla come fenomeno organizzativo e
funzionale da associare ad azioni di coinvolgimento e motivazione.45
44 Nicola Abbagnano: Dizionario di filosofia,TEA 1993 45 Marcello Marino: Leadership filosofica, MORLACCHI EDITORE, 2008
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A questo punto diventa indispensabile pensare non più all'autorità
così come è stata distorta dal suo significato originale ma è indispensabile
che il leader etico diventi autorevole.
Se l'autorità in questo senso è, in primo luogo, effetto di un “ruolo”
ricoperto da un soggetto, l'autorevolezza si fonda sulle virtù, e prima di
dipendere da qualunque ruolo, è effetto delle capacità attribuite a una
persona. In questo senso autorità ed autorevolezza devono coesistere
all'interno di una organizzazione. La prima è necessaria per un gruppo
organizzato ma non può esistere se dall'altra manca lo stile con cui l'autorità
viene esercitata che in questo caso prende il nome di autorevolezza.
L'autorevolezza in un leader coincide con la credibilità, l'affidabilità e
la competenza, che viene, in questo caso, riconosciuta dai collaboratori.
L'autorevolezza, diversamente dall'autorità non viene assegnata dagli organi
dirigenziali ma viene attribuita spontaneamente dai collaboratori e
dipendenti.
Un leader etico si distingue in questo caso dal leader autoritario in
quanto quest'ultimo, facendo leva esclusivamente su rapporti di forza, perde
di credibilità rispetto al leader etico nei confronti dei dipendenti, che
ovviamente, difficilmente riconoscono l'autorità ma accettano e seguono
naturalmente l'autorevolezza. Di conseguenza, quando viene messo in
discussione il ruolo del leader diventa molto difficile per quest'ultimo favorire
la motivazione dei lavoratori. Il pregiudizio verso un leader è una forma
grave di deterioramento di un rapporto di reciproco riconoscimento, perciò è
necessario che il leader etico diventi fonte di autorevolezza per tutti i
soggetti che collaborano con lui. Una precisazione in questo senso è
opportuna, in quanto, di fronte a problematiche legate alla crisi economica,
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dove il lavoratore si trova molto spesso a non poter scegliere quale lavoro
fare a causa dell'alto tasso di disoccupazione, i leader autoritari possono
esercitare il loro potere senza per questo risentirne. Se il comportamento
autoritario da parte dei leader in condizione di crisi viene tollerato dal
dipendente per mancanza di alternative, lo stesso non si può dire in periodo
di sviluppo economico, dove questi comportamenti che possono essere
definiti “tossici”, portano a inevitabili ripercussioni nella gestione del
personale in un momento, quale quello dell’ espansione, in cui diventa
ancora più necessario l'appoggio dei lavoratori. In virtù di scelte autorevoli,
questi saranno pronti ad attribuire nuovamente fiducia nelle scelte in ambito
dirigenziale, in caso contrario cercheranno un altro posto di lavoro. “La
dignità – diceva Aristotele – non consiste nel possedere onori, ma nella
coscienza di meritarli”.
Il leader etico, dimostra il suo valore piuttosto che affermare la sua
forza, usa la propria autorevolezza in quanto la ricchezza dei suoi
argomenti, come delle sue virtù, travalicano l'autorità di cui dalla sua
posizione potrebbe avvalersi. Questo ci consente di introdurre quella che è
un'altra caratteristica del leader etico.
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2.7 La persuasione
Secondo la definizione offerta sempre dal dizionario di filosofia di
Nicola Abbagnano la persuasione viene intesa come una credenza la cui
certezza poggia su basi prevalentemente soggettive, cioè private ed
incomunicabili. La distinzione tra persuasione ed insegnamento razionale fu
stabilita da Platone. “il pensiero diceva Platone, si genera i noi per via di
insegnamento, l'opinione per via di persuasione. I primo si fonda sempre su
un ragionamento vero, l'altra manca di questa base; l'uno rimane saldo di
fronte alla persuasione, l'altra se ne lascia modificare”.46
Kant espose chiaramente questo stesso concetto: “Se la credenza ha
il suo fondamento nella natura particolare del soggetto, si chiama
persuasione. La persuasione è una semplice apparenza perchè il
fondamento del giudizio, che è unicamente nel soggetto, viene considerato
come oggettivo. Quindi un tal giudizio ha solo una validità privata e la
credenza non si può comunicare”.47Quello che consente di distinguere la
persuasione dalla convinzione è in definitiva la “possibilità di comunicare la
credenza e ritrovarla valida per la ragione di ogni uomo”.48 L'interpretazione
che permette di definire in modo appropriato quella che deve essere la
caratteristica del leader etico e comunque quella che identifica la
persuasione come quella che tiene di più al cuore piuttosto che la
convinzione che tiene di più allo spirito.
La persuasione, diventa in un certo modo un atto comunicativo il cui
effettivo risultato è direttamente proporzionale all'abilità di chi lo compie e
possiamo annoverarla tra le virtù essenziali del leader. Nella normale
46 Platone: Timaeus, BURNET, 1899-1906 47 I. Kant: Critica della Ragion Pura. Dottrina del Metodo, cap. 2 sez. 3 1787 48 Idem.
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dialettica che contraddistingue i ragionamenti umani, ognuno di noi pensa di
affermare la propria opinione come la più verosimile sostenendo la bontà
della propria posizione rispetto ad un'altra. Questo molto spesso crea
l'occasione per confondere quella che è la persuasione, intesa come il
tentativo di essere convincenti riguardo alla bontà di un'iniziativa che deve
essere proposta e la manipolazione, che è una strategia avente lo scopo di
occultare parte dei discorsi per ottenere il risultato atteso. La manipolazione
ha lo scopo di controllare o manovrare gli altri per raggiungere traguardi non
apertamente dichiarati. Si veste di atteggiamenti seduttivi o maschera una
finta fragilità, un vittimismo di maniera così come una benevolenza sfacciata
e irrealistica. Se la persuasione è, in questo senso, il tentativo di essere
convincenti, la manipolazione nasconde l'intenzione di piegare gli altri e
portarli verso il proprio fine. La persuasione ha bisogno di una doppia
convinzione: di chi propone l'ipotesi e di chi vi aderisce, mentre la
manipolazione nasconde la malafede di chi non dichiara mai, in modo netto,
l'obiettivo che vuole raggiungere con ciò che stà affermando.
Secondo la prospettiva di leadership etica la persuasione, in questo
senso, diventa uno strumento in grado di motivare tutti i soggetti impegnati
nell'attività produttiva. Molto spesso a livello aziendale, la comunicazione da
parte del leader è assente, di fatto, esclude i dipendenti da quelle che sono
le decisioni dei dirigenti. E' ovvio che non è possibile comprendere tutti i
lavoratori nelle decisioni degli organi volitivi, in quanto rallenterebbe in modo
sensibile il processo lavorativo. Se poi ci troviamo in una situazione di vera
leadership etica, il lavoratore, non dovrebbe avere necessità di preoccuparsi
delle decisioni prese, in quanto, è certo che rispecchieranno anche la sua
posizione (derivata dai vari feedback) e verrà di conseguenza comunicato
quanto proviene dalle varie parti coinvolte in sede dirigenziale. Quello che
accade nella realtà che a seguito di prese di posizione anche importanti da
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parte degli organi societari, i lavoratori non vengono informati sulle decisioni
operate. Quello che invece si verifica più spesso è la manipolazione delle
informazioni che di conseguenza arrivano in modo alterato e causano molto
spesso incomprensioni che non contribuiscono al benessere interno
dell'azienda.
Motivare i lavoratori rappresenta il modo migliore che viene riservato
al leader etico per fidelizzare il suo rapporto con i collaboratori. La
persuasione, in questo caso, viene in aiuto al leader per convincere della
bontà delle scelte prese a livello aziendale. Ovviamente la distinzione tra
persuasione e manipolazione è sottile, ma conoscendone bene il significato
è possibile non cadere nell'errore di volere essere persuasivi e risultare
manipolatori.
La persuasione diventa perciò il metodo con il quale comunicare e
condividere le informazioni in azienda. Le decisioni, se spiegate in modo
chiaro, possono evitare che i collaboratori si pongano domande su quello
che potrebbe essere il loro futuro in azienda, creando tensioni e diminuendo
anche la qualità del lavoro. Molto spesso le informazioni in azienda non
vengono condivise a causa dello spirito “borbonico” che contraddistingue
molti leader o manager in azienda. Il principio che li guida è che, in questo
modo, i collaboratori sono costretti a dover chiedere le informazioni a l'unica
persona che le possiede. Il leader in questo senso crede di poter mantenere
il potere a livello aziendale senza rendersi conto che nella realtà non fa altro
che alimentare la sfiducia nei confronti dei dipendenti. La circolazione delle
informazioni, è indispensabile, soprattutto quelle relative alla normale
gestione aziendale. Dipendere costantemente da una persona che in questo
senso diventa il solo detentore delle notizie, rischia di rallentare il lavoro in
modo considerevole.
100
Molto spesso la motivazione che spinge i leader a non condividerle è
legata alla diversa interpretazione che le stesse possono ricevere dai vari
collaboratori e piuttosto che rimediare ad errori derivanti da problemi di
questo genere è più utile, secondo questa visione, essere gli unici detentori
delle stesse.
Per ovviare a questo problema è sufficiente organizzare delle riunioni
che consentano di dipanare eventuali dubbi sulle informazioni ricevute.
Sebbene quest'ultima affermazione possa apparire ovvia, nella realtà
lavorativa la mancanza di riunioni per condividere nuove potenzialità è una
consuetudine.
In questo senso risulta molto utile il principio della persuasione, in
quanto, è proprio in virtù di quest'ultima che è possibile creare gruppo e
condividendo informazioni, cooperare al successo aziendale e
contemporaneamente impedire che le incomprensioni possano minare il
lavoro quotidiano.
Per poter operare comunque in virtù di una riconosciuta
autorevolezza, una delle caratteristiche che deve possedere un leader etico
è l'attenzione ai segnali che provengono dal luogo di lavoro e dalle persone
che vi lavorano. Molto spesso il lavoratore, è percepito essenzialmente
come colui che presta la sua capacità lavorativa per il fine aziendale. Può
invece dare importanti ragguagli alla direzione per migliorare le condizioni di
lavoro ma soprattutto la redditività aziendale.
101
2.8 Il leader etico ha bisogna di feedback veritier i
Abbiamo visto come ogni soggetto è in grado, in virtù della
competenza tecnica acquisita negli anni e al bagaglio intellettuale ed
emotivo legato al lavoro svolto, di essere un elemento che presenta
l'azienda agli occhi delle persone (si veda ad esempio coloro i quali si
occupano di vendita e risultano agenti di una particolare società). Negli anni
queste figure professionali, così come pure gli operativi, acquisiscono, oltre
a delle capacità tecniche derivanti espressamente dal lavoro svolto, anche
tutta una serie di meccanismi intellettuali, emotivi ma soprattutto personali,
per mezzo dei quali possono aggiudicarsi un contratto o una fornitura. Lo
stesso può dirsi per l'operaio di linea, che anche se non legato all'ambiente
esterno per mettere al servizio le sue capacità, può sempre influenzare il
lavoro dei colleghi. E' indubbio che ogni soggetto che presta il suo lavoro, in
realtà “vende” anche una parte di sè stesso. Si tratta in un senso lato di uno
scambio, tra competenze tecniche ed emotive con denaro da parte del
datore di lavoro. Per fare in modo che queste competenze siano sempre
alimentate è necessario che venga riconosciuto il loro indubbio valore.
Il feedback è uno strumento tra i più importanti nella struttura
relazionale di un'azienda. Si intende come il processo che innesca il ritorno
del segnale fornito dall'informazione agli interessati. Attraverso lo stesso, si
sottolinea un effettivo riconoscimento del messaggio al fine di configurare
una relazione aperta e flessibile tra dipendente e responsabile. Permette
infatti di migliorare la comunicazione a tutti i livelli, per assicurarsi che il
ricevente del messaggio abbia a disposizione tutte le informazioni
necessarie allo sviluppo della performance aziendale. Il meccanismo
generato da questo mezzo di comunicazione in azienda indica l'avvenuta e
corretta ricezione dell'informazione e di tutti i suoi contenuti. Il dipendente e il
102
leader in questo caso, diventano parti attive di un processo di collegamento
delle modalità vincenti ed efficienti per creare confronti costruttivi sia per la
crescita professionale ma anche per quella comportamentale. Per il
dipendente viene in un certo modo determinato un processo operativo,
esplorando nuove opportunità di interazione, per modificare il
comportamento, senza però avere l'idea di essere in qualche modo diretto in
modo passivo. I contenuti ideologici e le ragioni per promuovere un'abilità
comunicativa innovativa e stimolante come il feedback, si focalizzano sulla
necessità di imparare a scorgere e accettare le differenze e le alternative,
valutando un più ampio punto di vista: chi riceve feedback, in riferimento
all'abituale modalità di azione, evita di innescare il paralizzante meccanismo
di difesa e di resistenza ai cambiamenti.
Operare feedback sull'operatività dei dipendenti per percepire quali
possono essere i margini di miglioramento in ambito lavorativo è molto più
importante di quanto non si pensi. Quello che molti leader e manager in
qualche modo dimenticano, è proprio che il lavoro viene portato avanti dai
dipendenti. Non avere a disposizione uno strumento che determini come
stanno andando le cose o accontentarsi di analizzare esclusivamente dati
statistici inerenti l'andamento aziendale è insufficiente. Sono tecniche utili
per monitorare ma non per avere una reale fotografia di come l'attività si sta
muovendo.
Tramite il feedback, è possibile, per ogni dipendente, elaborare qual'è
lo stato delle cose ed inoltre riuscire in qualche modo a fornire delle soluzioni
per il miglioramento non solo della condizione del lavoro, ma anche per un
aumento della redditività in azienda. Il leader etico deve analizzare questi
risultati, che grazie agli strumenti della statistica, consentono di avere
risultati matematici che confermano o meno le teorie sull'andamento
103
aziendale. L'informazione in questo caso proviene direttamente da chi si
trova a contatto con il cliente o con la pratica lavorativa in genere. Questi
risultati, devono essere analizzati con la stessa attenzione che viene
riservata alla stime di crescita ed all'andamento delle vendite e della
produzione per singolo settore. Entrambe consentono di capire cosa accade
nella realtà lavorativa, possono diventare indicatori importanti, per piani di
sviluppo altrimenti basati esclusivamente su dati economici che da soli non
bastano più, soprattutto quando il mercato è instabile come in questo
periodo storico.
Il feedback può essere anche effettuato comunicando direttamente
con i dipendenti, soprattutto in ambiti medio piccoli, dove il colloquio è più
facile e consente di cogliere anche tutte le sfumature che in luogo della
scrittura non è possibile ottenere con un questionario scritto. Partendo dal
presupposto che il leader acquisisce autorevolezza da parte dei dipendenti,
operare feedback sull'andamento del lavoro, diventa uno strumento
attendibile proprio in quanto il dipendente si riconosce come parte attiva ed
integrante nel processo lavorativo. Operare feedback trasparenti, significa
inoltre, procedere nel comunicare i risultati derivanti dal processo di raccolta
dei dati. Quello che molto spesso accade nelle aziende che provano ad
effettuare un percorso di feedback, è che gli eventuali questionari vengono
proposti ma mai analizzati. Di norma i collaboratori più anziani chiedono
spiegazioni sul perché debbano sottoporsi a questi, se poi non vengono
analizzati e comunicati i risultati. Piuttosto che raccogliere delle informazioni
illudendo il dipendente sulla possibilità di un cambiamento nel rapporto tra
direzione e lavoratori è meglio non effettuare feedback affatto.
Le aree di utilizzo del feedback a livello aziendale, riguardano per la
maggiore fasi operative e professionali caratterizzate da un alto tasso di
104
competenza lavorativa. In questo senso il feedback ha il compito di
incentivare ed innalzare la performance. Per essere in grado di ottenere
degli ottimi feedback è necessario predisporre delle verifiche sul posto di
lavoro che potremmo dividere in quattro aree:
� Osservare più da vicino un compito ben preciso e impegnativo dal
punto di vista delle competenze richieste, cercando di capire dove ci
sono incomprensioni o difficoltà.
� Valutare il potenziale di una nuova e più matura prestazione
professionale dopo un percorso di formazione specifico, come ad
esempio il cambio di un gestionale aziendale che pianifichi in modo
certo le varie mansioni affidate ai colleghi.
� Imparare sempre e comunque, un'interazione reciproca nell'ambito
professionale e comportamentale per conoscere meglio colleghi e
loro potenzialità
� Sostenere queste dinamiche introdotte in modo duraturo e stabile
motivando sia il singolo che il team di lavoro, ove ve ne fosse.
Predisporre in questo modo il rapporto con i colleghi permette di
ricevere notizie utili per correggere, dove fosse necessario, una particolare
decisione aziendale. Mette inoltre tutti i dipendenti in una posizione attiva
rispetto alle decisioni della proprietà. Apprendere la cultura del feedback
significa sapere offrire l'occasione giusta per affrontare nuove sfide. Il
feedback, se operato in modo appropriato, crea struttura, incoraggia
atteggiamenti proattivi ed esplorativi anche nei soggetti che normalmente si
limiterebbero esclusivamente alla loro mansione.
105
In ogni caso, per parlare di un feedback efficace in un'ottica di
leadership etica è indispensabile che i vari leader imparino a valutare
l'ipotesi che non esistono fallimenti, ma soltanto spunti di riflessione dai quali
trarre un insegnamento. Molto spesso, questo particolare, nell'ambito
lavorativo, prevalentemente basato sulla competizione, rappresenta un
ostacolo difficile da superare creando difficoltà nella delineazione di
feedback propositivi.
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2.9 Operare Trial and Error
In un ambito dove l'errore è un mezzo per creare competizione,
acquista un'importanza notevole in concetto di Trial and Error. Inteso in
questo modo il concetto che ogni leader etico deve comprendere è la sua
possibile fallibilità. L'esperienza lavorativa dimostra che, difficilmente un
manager o un leader ammettono di aver sbagliato previsione riguardo una
determinata decisione oppure di aver sbagliato la strategia aziendale. Il
leader narciso come è stato analizzato da Andrea Vitullo preferisce
circondarsi di soggetti che indipendentemente dalla loro personale idea
considerano giusto il suo operato. Contrapporsi in modo propositivo nei
confronti del leader dovrebbe diventare uno strumento utile per lo stesso,
per autoanalizzare i suoi comportamenti e di conseguenza le decisioni
aziendali. Un leader etico deve essere pienamente consapevole dei limiti
che lo riguardano. Ammettere di non riuscire a seguire ogni cosa ma dover
collaborare con i dipendenti in ambito aziendale non deve essere
riconosciuto come un limite, ma come una fonte importante di crescita.
Anche con una formazione culturale e tecnica molto specifica, il leader non
potrà mai essere in grado di controllare e prevedere tutto senza la
collaborazione e i consigli di chi per esperienza conosce l'ambito lavorativo
meglio di lui. Il principio del trial and error parte dal presupposto che solo
ammettendo la fallibilità è possibile essere riconosciuti al pari degli altri
lavoratori e coordinare in modo efficace sia le possibile soluzioni ma anche il
lavoro stesso. Il dipendente è disposto ad accettare che un suo superiore
ammetta un errore e cerchi in qualche modo di risolvere il problema piuttosto
che continuare a dimostrarsi al di sopra di ogni ragionevole dubbio.
L'infallibilità del manager, è frutto di una cultura tipicamente americana, che
lo vuole come detentore assoluto della ragione, per trasformare buoni
107
manager in eccellenti leader.49
Il leader straordinario come viene definito da Zenger e Folkman deve
possedere tutta una serie di caratteristiche per cui, carattere, capacità
personale, orientamento ai risultati, e catalizzazione al cambiamento che se
da una parte definiscono quali devono essere le caratteristiche tipiche di un
manager, dall'altra non sviluppano quali devono essere le peculiarità etiche.
Quest'ultime, consentono al soggetto di essere considerato dai suoi
collaboratori e dai dipendenti come un soggetto chiaramente competente nel
suo lavoro, ma aperto ad una visione d'insieme che consenta ai lavoratori di
sentirsi parte del processo lavorativo come condivisione con gli organi
direttivi. Pensare al leader solo al vertice è un'espressione che appartiene al
passato. Senza il fondamento derivante dalla consapevolezza che il leader
etico non deve operare senza considerare le conseguenze delle sue azioni,
si rischia di continuare a commettere errori gestionali che penalizzano prima
di tutto l'azienda e di conseguenza anche tutti i dipendenti. Operare Trial and
Error non significa prendere decisioni con scarsa competenza e
approssimazione, rischierebbe di trasformare questa pratica in una
giustificazione per le proprie inettitudini. Indica al contrario un concetto,
quello dell'umiltà che i leader di norma tendono ad evitare in virtù del loro
status. Secondo S. Tommaso, l'umiltà era considerata una virtù “che
conferma l'animo contro la disperazione e lo spinge a perseguire le cose
grandi secondo la retta ragione”. Essere coscienti dei propri limiti permette ai
leader di conoscersi in modo più profondo, in particolare la fallibilità
dovrebbe diventare una spinta a cercare sempre una soluzione migliore, sia
a livello economico che di rapporti tra i collaboratori in azienda. Abbiamo
avuto modo di osservare gli effetti devastanti anche sulla salute di molti
manager che sotto pressione non riescono più a gestire nè il loro lavoro nè
49 John H. Zenger – Joseph R. Folkman: Il leader straordinario, FRANCO ANGELI, 2010
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la loro vita privata. Una miseria che può trovare soluzione nell'ammissione,
verso se stessi innanzitutto, dei propri limiti. Il mercato, in questo senso è
pieno di esempi che confermano l'applicabilità del Trial and Error e di come
sia stato sottovalutato, preferendo soluzioni basate esclusivamente
sull'egocentrismo e la presunta onnipotenza dei protagonisti. Una delle
facoltà più importanti dell'uomo è la capacità di pensare, dove ci sia un
errore di trovare una possibile soluzione. Quello che diventa cardinale è la
capacità di andare oltre il solo problema, ma con la condivisione e il
confronto cercare la soluzione più idonea ed efficace, per riprendersi e se
dovesse succedere, sbagliare nuovamente.
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