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leffetto dellelettrolisi che non si possono raggiungere in nessun altro modo conosciuto. In essa, il
nucleo di idrogeno sottoposto ad un modesto potenziale con cui si genera, oltre al moto delle
cariche elettriche, una grande pressione all'interno del catodo.
Un esperimento eseguito nel 1984 consistette nellimmergere un centimetro cubo di palladio in
acqua pesante dove era dissolto del litio. Quando, una sera, ad una cella in elettrolisi da alcuni mesi
lintensit della corrente elettrica fu portata da 0,75 a 1,5 ampere, il mattino seguente si trov che
una sostanziale parte del [palladio] fuse (punto di fusione 1554 C), parte di esso vaporizz, e la cella e il
contenuto furono distrutti.
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Nel laboratorio gli oggetti erano sparsi ovunque, il banco da lavoro, costituito da un materiale molto
resistente, era bucato e nel pavimento cera un piccolo cratere profondo una decina di centimetri. I
due scienziati pensarono di aver raggiunto il loro scopo, perch non cera alcuna reazione chimica
che avrebbe potuto sviluppare una tale energia. Controllarono i livelli di radioattivit nella stanza
ma non trovarono alcuna variazione oltre la soglia del pericolo, soltanto un minimo aumento del
fondo naturale. Conclusero di aver indotto una reazione nucleare non radioattiva.
Dopo questo incidente modificarono lesperimento impiegando come catodo una lamina sottile o un
filamento di palladio in modo da evitare di accumulare molta materia nelle parti profonde, come nel
centro di una sfera o di un cubo, parti che si riscaldano molto pi velocemente della superficie.
Anche il tipo di contenitore rappresentava una scelta da effettuare con attenzione. Scelsero il vaso di
Dewar, un contenitore isolato tramite aree di vuoto per non lasciare che il calore prodotto si
perdesse attraverso le pareti. La forma scelta fu quella stretta e alta in modo che le bolle originate
agli elettrodi rimescolassero la soluzione contenuta, processo che avrebbe mantenuto una
temperatura omogenea favorendo la misura dei flussi di calore. Un altro accorgimento fu la
riduzione della massa contenuta nella cella elettrolitica per fare in modo che le variazioni di
3 Fleischmann, M., S. Pons, and M. Hawkins, Electrochemically Induced Nuclear Fusion of Deuterium, inJournal of
Electroanalytical Chemistry, 261, 10 Aprile 1989, p. 301.
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superato i venti giorni di idrolisi e hanno quindi riscontrato una produttivit energetica inferiore ai
consumi. A causa di questi studi cominci una polemica con la Brigham Young University di Provo,
anchessa nello Utah, poich un fisico di quella universit, Steven Jones, aveva condotto
esperimenti con risultati simili e nel 1987 aveva pubblicato su Scientific American un articolo
intitolato Cold Nuclear Fusion. Tra le due universit cominci una disputa per la rivendicazione
della priorit. Trovarono unintesa stabilendo di pubblicare insieme suNature ma gli amministratori
dellUniversit dello Utah ruppero laccordo e, per fare pubblicit alla loro struttura, calpestarono il
protocollo scientifico organizzando per il 23 Marzo 1989 una conferenza stampa. Fu il presidente
delluniversit, Chase N. Peterson, a dare lannuncio e a sostenere che la comunit scientifica
avrebbe valutato negli anni seguenti tali affermazioni. Quindi fu invitato a parlare Pons. Spieg il
modo in cui egli e Fleischmann giunsero a concepire e realizzare un esperimento di elettrochimica
dove fosse sostenuta a temperatura ambiente una fusione nucleare del tipo deuterio-deuterio.
Fleischmann parl della reazione ottenuta come di uno sconosciuto processo nucleare e mostr la
provetta che era stata usata, un vaso di Dewar, strumento che permette di controllare levoluzione
delle condizioni termiche del contenuto. Al termine della conferenza i presenti furono invitati a
visitare il piccolo laboratorio dove gli esperimenti erano stati compiuti. Vi si potevano osservare
alcuni vasi di Dewar collegati a delle strumentazioni elettroniche. Contenevano le celle
elettrolitiche riempite di liquido conduttivo nel quale erano immersi gli elettrodi di platino e
palladio. Disponibile al pubblico era anche un comunicato stampa dove il conseguimento della
fusione era affermato con certezza ma senza lesibizione di dati5. Prima ancora dellannuncio
pubblico, lUniversit dello Utah registr alcuni brevetti sulle possibili applicazioni di tale
fenomeno. Larticolo scientifico scritto da Pons e Fleischmann non era stato reso disponibile per la
consultazione e neppure i colleghi di dipartimento erano stati informati degli studi in corso. La
breve nota fu pubblicata soltanto il 10 Aprile sul Journal of Electroanalytical Chemistry6. Le
5 University of Utah, Simple Experiment Results in Sustained N-Fusion at Room Temperature for First Time , Press
Release, University of Utah, 23 Marzo 1989, 1:00 p.m.ST.6
Fleischmann, M., Pons, S. e Hawkins, M., Electrochemically Induced Nuclear Fusion of Deuterium, in Journal of
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affermazioni pi importanti riguardavano il raggiungimento della fusione di atomi di deuterio a
temperatura ambiente in un esperimento di chimica, con una strumentazione il cui ingombro non
superava lo spazio di un comune tavolo; il riscontro di eccesso di calore a livelli tali da non poter
essere spiegato come prodotto delle reazioni chimiche conosciute; un flusso di neutroni un miliardo
di volte inferiore a quello della fusione nucleare convenzionale; laccumularsi di trizio nella cella
elettrolitica. Nel Dicembre 89 riscontrarono anche laccumularsi di elio-4.
Electroanalytical Chemistry, 261, 10 Aprile 1989, p. 301.
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