processi cognitivi ed apprendimento in età evolutiva
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PROCESSI COGNITIVI ED APPRENDIMENTO IN ETA’ EVOLUTIVA
Catina Feresin
Dipartimento di Scienze dell’Educazione
Università di Trieste
L’apprendimento di qualsiasi capacità come percepire, parlare
scrivere, leggere, contare è legato all’esistenza di numerosi processi
cognitivi.
Tali processi non costituiscono una serie di meccanismi isolati, ma
lavorano come un tutto organico.
L’apprendimento è un processo estremamente complicato, connesso allo sviluppo dei menzionati processi
cognitivi e alle esperienze che il bambino fa a casa e a scuola,
relazionandosi al gruppo dei pari e agli adulti (familiari ed insegnanti).
E’ importante rilevare che la struttura cerebrale (base
neuroanatomica e neurochimica dei processi cognitivi) è quasi completa in un bambino di età
scolare (6 anni circa).
Lo sviluppo completo avverrà solo con la pubertà, nel momento in cui saranno
rilasciati alcuni ormoni che faranno maturare completamente
il cervello.
La “percezione” è un processo complicato, mediato dalle strutture
cerebrali delle vie visive, uditive, tattili, gustative, propriocettive, motorie, e dalla interazione fra tali strutture e le
esperienze fatte nei primi mesi di vita. In sintesi, noi impariamo a percepire
attraverso l’esperienza, ma siamo strutturati in un certo modo sin dalla
nascita.
Nel corso di questa presentazione faremo riferimento solo alla percezione visiva che è il processo più studiato a livello sperimentale dagli psicologi e
dai neuroscienziati.
Come si è già detto, il processo percettivo è legato all’apprendimento.
Le vie nervose percettive si sviluppano non solo perché sono geneticamente programmate a svilupparsi, ma anche perché il neonato, e poi il bambino,
vengono sottoposti ad esperienze visive di ogni genere (forma degli oggetti,
colore, profondità, orientamento, movimento).
Numerosi lavori condotti negli anni ‘70 dimostrano sperimentalmente ciò che abbiamo appena affermato: per
esempio se un animale viene deprivato dalla nascita della capacità
di vedere monocularmente, esso presenterà una cecità monoculare.
Le indagini istologiche sottolineano però che non è l’occhio ad essere cieco, ma le connessioni cerebrali fra neurone
e neurone (sinapsi) a mancare completamente.
Si è detto che il processo percettivo è un’interazione fra natura ed
apprendimento.
Nonostante le evidenze sperimentali, poche persone si rendono conto che la
percezione visiva racchiude un problema così complesso.
Secondo la maggioranza delle persone "Il mondo appare così, perché è così (Koffka)", e riguardo a ciò non esiste alcun problema (realismo ingenuo).
La gente si rende conto che la percezione racchiude un problema di
elaborazione, apprendimento e “ricostruzione” del mondo percettivo,
solo nel momento in cui vede un’illusione ottica o qualche effetto
percettivo particolare su qualche libro o rivista.
Per fare un esempio, vediamo ora una galleria di illusioni ottiche molto
famose, descritte in molti manuali di psicologia e di arte visiva:
l’illusione di Hering, l’immagine bistabile vecchia/giovane, il triangolo
di Kanizsa, la griglia di Hermann.
Rispetto all’idea che la gente ha della percezione visiva, il processo percettivo è, invece, molto più
complicato. Dobbiamo infatti ricordare che gli oggetti percepiti sono
principalmente luce riflessa da varie superfici.
Il problema principale è quindi quello della trasformazione dell’impulso luminoso nel percetto cosciente.
Innanzitutto, la luce è una forma di energia elettromagnetica che si propaga come onda o come flusso di fotoni che
viaggiano in linea retta.Gli esseri umani e gli animali non
vedono l’intero spettro elettromagnetico, ma solo una ristretta porzione di questo chiamata finestra
ottica o campo visibile.
Il fatto di non essere in grado di percepire visivamente i raggi
ultravioletti o quelli infrarossi, ci permette di comprendere quanto la
nostra capacità di vedere il mondo sia in realtà estremamente limitata.
Come apparirebbe la realtà se potessimo vedere altre parti dello
spettro elettromagnetico? Ci rendiamo conto che il realismo
ingenuo non spiega per quale ragione il mondo ci appare in un certo modo.
Il realismo ingenuo non è, infatti, una spiegazione convincente.
Oltre alla finestra ottica, noi percepiamo la realtà in una data
maniera poiché il nostro sistema visivo è strutturato fisiologicamente in modo predeterminato. L’occhio, la retina, le
aree visive primarie, secondarie, terziarie e associative “ricostruiscono” l’immagine retinica bidimensionale e
capovolta, in una immagine tridimensionale e diritta.
Il mondo viene quindi “filtrato” tramite le strutture di base del sistema visivo. In ultima analisi la percezione visiva è quindi un apprendimento ricostruttivo
del mondo che dipende dalle esperienze visive che il bambino fa crescendo, e
dalle caratteristiche pregresse del sistema visivo collegato in parallelo
agli altri processi cognitivi.
L’occhio “impara” dai primi giorni di vita a modificare la sua apertura
(pupilla) in base alla quantità di luce. L’occhio “apprende” in che modo
cambiare il fuoco dell’immagine sulla retina grazie al cristallino. Ma,
soprattutto, l’occhio nel suo strato più interno contiene la retina che è
sensibile alla luce e che matura nei primi mesi di vita del bambino.
La retina è costituita da tre principali strati: i fotorecettori, le cellule di
connessione (amacrine e orizzontali) e le cellule gangliari, i cui assoni
costituiscono il nervo ottico che si sviluppa molto presto.
I fotorecettori (coni e bastoncelli) reagiscono alla luce trasformando l’energia luminosa in un segnale
elettrico che si propaga attraverso le cellule di connessione e giunge alle
cellule gangliari.
L’attività elettrica delle cellule gangliari si propaga attraverso la via
visiva primaria, per arrivare al Nucleo Genicolato Laterale, ed infine alla Corteccia visiva primaria (area 17)
dove il segnale viene analizzato rispetto alle caratteristiche di orientamento e
direzione dello stimolo.
Il colore e la profondità (neuroni attivati da stimoli provenienti da
entrambi gli occhi) vengono elaborati in altre aree visive chiamate area 18
e 19.
In base ai concetti espressi in questa breve lezione sui meccanismi
percettivi, si può concludere che l’apprendimento e la base
neuroanatomica cerebrale lavorano insieme. Questo vale per la percezione, ma anche per l’attenzione, la memoria,
le immagini mentali, il linguaggio.
La natura quindi fornisce il “substrato”, mentre l’apprendimento attiva il
“substrato” che altrimenti rimarrebbe silente. Proviamo a fare un esempio
pratico riguardante la percezione della tridimensionalità. I risultati di alcuni
esperimenti di percezione visiva suggeriscono che i neonati non
percepiscono chiaramente la profondità.
Solo verso la fine del secondo mese, i bambini sono capaci di far convergere entrambi gli occhi sullo stesso punto riuscendo a percepire la profondità. Uno dei più famosi esperimenti per sottoporre a verifica tale capacità
percettiva e quello del precipizio visivo (visual cliff).
Gibson e Walk idearono delle apparecchiature speciali per simulare la profondità. I bambini di circa 6 mesi o
più si rifiutavano di attraversare strisciando la superficie che simulava il precipizio. I bambini più piccoli davano evidenti segni d’angoscia, rivelati dalle variazioni del ritmo cardiaco, quando
venivano posti dalla parte del precipizio.
Ma cosa succede alla capacità di percepire la terza dimensione se il bambino soffre di forte strabismo? Questo discorso si collega anche ai
risultati degli esperimenti di neurofisiologia riguardanti la
deprivazione monoculare negli animali di cui abbiamo fatto cenno in
precedenza.
Nel caso di forte strabismo, alcuni lavori hanno evidenziato che, se lo
strabismo non viene corretto in maniera adeguata prima dei 4-5 anni di età, il
bambino perde la capacità di percepire bene la profondità. Ciò si verifica
poiché i neuroni corticali, che vengono attivati da stimoli provenienti da
entrambi gli occhi, non hanno sviluppato le corrette sinapsi.
In conclusione, per vedere il mondo è necessario possedere un bagaglio di strutture neuronali che però devono
essere attivate in maniera corretta entro un periodo “critico” che può variare di
alcuni mesi o anni.
Anche il processo cognitivo chiamato attenzione è molto importante per
l’apprendimento. Nella vita di tutti i giorni, i bambini sono sempre più bombardati da migliaia di stimoli
diversi. E’ importante per loro saper dirigere le risorse psichiche in maniera
selettiva verso alcuni stimoli e trascurarne altri.
Dobbiamo distinguere fra orientamento volontario e automatico del processo attentivo. Nel primo caso, il bambino
dirige l’attenzione verso un determinato bersaglio in maniera consapevole. Nel secondo caso, l’orientamento non può essere interrotto e non è soggetto ad
interferenza da parte di un altro compito secondario.
E’ noto che le persone fanno fatica a svolgere due compiti parallelamente e ciò a causa di un fenomeno chiamato
interferenza.
Si parla d’interferenza strutturale quando i due compiti da eseguire
contemporaneamente condividono il medesimo meccanismo.
Per esempio un bambino fa molta fatica a seguire la lezione dell’insegnante, parlando contemporaneamente con il
compagno di banco. I due compiti coinvolgono in maniera equivalente
l’apparato acustico, e le aree cerebrali coinvolte nella produzione e nella
comprensione del linguaggio.
Anche il processo attentivo richiede un substrato neurale specifico come nel caso della percezione. Sembra che l’attenzione sia una proprietà delle interazioni fra molte aree e nuclei.
Mentre alcuni disturbi visivi, quali lo strabismo, possono essere segnalati
rapidamente dai genitori e dagli insegnanti, i disturbi della sfera attentiva sono più complessi da
diagnosticare e, soprattutto, da trattare.
Molti bambini presentano sintomi quali l’irrequietezza, l’incapacità di stare
fermi in un posto, l’incapacità di svolgere a lungo la medesima attività, una loquacità eccessiva. Questi aspetti comportamentali spesso sono collegati a disturbi dell’apprendimento. Molti
psicologi parlano di disturbo da deficit di attenzione (Ddai).
Disturbo da deficit di attenzione(Ddai)
-Compie errori di distrazione-Non sa stare attento a lungo
-Non ascolta chi gli parla
-Non segue le istruzioni-Non si organizza nei compiti
-Rifugge dall"impegno eccessivo
-Perde le cose-Si lascia distrarre da stimoli estranei
-E' sbadato
Il bambino:
Esistono fondamentalmente due tipi di memoria: la memoria dichiarativa
grazie alla quale ricordiamo i fatti e gli eventi (date, nomi, facce, luoghi….) e
la memoria procedurale grazie alla quale ricordiamo i comportamenti e le abilità (andare in bicicletta, guidare,
stappare una bottiglia….)
Numerose ricerche condotte negli ultimi trent’anni dagli psicologi
cognitivisti e dai neurofisiologi ci portano a pensare che esistano due magazzini di memoria dichiarativa:
1-la memoria a breve termine o memoria di lavoro
2-la memoria a lungo termine
I modelli che spiegano i meccanismi mnestici sono numerosi, tuttavia i più
noti in letteratura sono:
il modello multiprocesso (Atkinson e Shiffrin)
il modello della memoria di lavoro (Baddeley)
Il modello multiprocesso, descritto come un diagramma di flusso, sostiene
che la memoria sia divisa in tre magazzini principali:
1-il registro sensoriale2-la memoria a breve termine3-la memoria a lungo termine
Il modello multiprocesso, proposto da Atkinson e Shiffrin a partire dal
1968 e rivisto numerose volte, implica che l'informazione
sensoriale sia conservata, per un periodo di tempo molto breve (250 ms), in un magazzino di memoria sensoriale specifico a seconda del
tipo di informazione (eco o icona).
L’informazione viene trasferita dal registro sensoriale al magazzino di memoria a breve termine, dove può
essere ricodificata e mantenuta grazie alla reiterazione vocalica o subvocalica. Solo successivamente, una parte delle
informazioni rielaborate dalla memoria a breve termine raggiunge la memoria a lungo termine, dove può permanere più
a lungo, anche per tutta la vita.
Il modello proposto da Baddeley e Hitch (1974) integra il concetto di
memoria a breve termine con quello di “memoria di lavoro”.
La memoria di lavoro è un sistema per il mantenimento temporaneo e per la
manipolazione dell'informazione durante l'esecuzione di differenti
compiti cognitivi.
Tale sistema sarebbe costituito da:
-un sistema di elaborazione centrale (SAS o esecutivo centrale) il cui
compito è, similmente all'attenzione, quello di integrare tra loro le varie
informazioni;
-un circuito articolatorio che conserva l'informazione in forma verbale (loop
articolatorio);
-un taccuino visuo-spaziale che codifica le informazioni spaziali e
visive (sketch pad).
I bambini che presentano un disturbo non verbale dell’apprendimento spesso
non mostrano problemi vistosi di percezione visiva. I problemi emergono quando ciò che è stato percepito deve
essere tenuto in memoria o essere oggetto di manipolazione (per esempio
immagini mentali visive).
La memoria, così come la percezione e l’attenzione, ha una sua base
neuroanatomica. E’ difficile però sostenere il concetto che esista una
singola area cerebrale specifica per il processo mnestico.
La memoria, così come la percezione ha la caratteristica di essere un processo
“costruttivo”: le informazioni più semplici vengono analizzate
parallelamente da molteplici aree per dare luogo ad un ricordo complesso.
Le informazioni specifiche: colori, odori, emozioni, forme, direzione del
movimento, suoni….vengono analizzate da alcune zone del cervello (aree primarie, secondarie, terziarie
corticali) e poi vengono “ricostruite” dalle cortecce associative.
Le ricerche attraverso l’uso della tomografia ad emissione di positroni (PET) che analizza il flusso ematico cerebrale, hanno messo in luce che, durante un compito di memoria di
lavoro, c’è una significativa attivazione della corteccia prefrontale laterale
dell’emisfero destro.
L’apprendimento è, in ultima istanza, formazione di nuovi collegamenti e
circuiti cerebrali. Il cervello è estremamente plastico, specialmente in
età evolutiva, e la nascita di nuovi collegamenti avviene attraverso la formazione di sinapsi fra neurone e
neurone.
La formazione di nuove sinapsi dipende da un processo chiamato
“potenziamento a lungo termine” e dalla produzione finale di nuove
proteine.
La creazione di nuovi ricordi dura quasi tutta la vita. Tuttavia i bambini
presentano rispetto agli adulti un cervello più plastico, capace di
accumulare e connettere informazioni di ogni genere. In caso di malattia o trauma, alcune funzioni cognitive
localizzate in certe aree danneggiate possono venire sostituite da altre aree.
Anche il linguaggio come gli altri processi cognitivi possiede una sua
base neuroanatomica: l’area di Broca e di Wernicke situate nell’emisfero
sinistro.
Tappe dello sviluppo linguistico
• 0.25 Il bambino dà segni di risposta ai suoni
• 1,25 Sorride in risposta alla stimolazione
• 1,6 Emette suoni gutturali e lunghi suoni di tipo vocalico
• 4 Si gira verso chi parla; emette borbottii e gorgoglii
• 5 Si gira verso una campanella che suona
• 6 Emette lallazioni (da-da-da; ma-ma-ma)
• 7 Guarda lateralmente per cercare una campanella che suona
• 8 Dice “papà” e “mamma” indiscriminatamente
• 9 Fa giochi gestuali come il gioco del “cucù”; guarda direttamente una campanella che suona; comprende la parola “no”
• 11 Usa “papà” e “mamma” come nomi; risponde a comandi semplici e a gesti che indicano un’azione; pronunzia la prima parola
• 12 Emette frasi inintelleggibili senza usare parole esistenti; pronunzia la seconda parola
• 13 Pronunzia la terza parola
• 14 Risponde a comandi semplici non accompagnati da un gesto
• 15 Pronunzia dalla 4 alle 6 parole
• 17 Emette frasi inintelleggibili contenenti parole reali; sa indicare fino a 5 parti del corpo; pronunzia dalle 7 alle 20 parole
• 19 Forma combinazioni di due parole
• 21 Forma frasi di 2 parole; ha un vocabolario di 50 parole
• 24 Usa pronomi (io, tu) indiscriminatamente. Utilizzo del linguaggio olofrastico.
• 30 Usa pronomi (io, tu) in modo appropriato
• 36 Usa tutti i pronomi in modo appropriato; ha un vocabolario di 250 parole; usa i plurali; forma frasi di 3 parole
Verso la metà del secondo anno il linguaggio olofrastico (cioè quel tipo di
linguaggio per cui le parole singole vengono usate per comunicare idee
complesse) comincia ad essere sostituito dal linguaggio telegrafico con
frasi di due o tre parole.
Una volta in grado di padroneggiare gli enunciati a due/tre parole, i bambini
sviluppano rapidamente l’apprendimento della sintassi della
lingua e le regole della conversazione.
Alcuni bambini, già nei primi anni di vita, manifestano difficoltà nell’uso e nella comprensione del linguaggio. Se
tali difficoltà non sono associate a fattori più generali (es handicap), si può
parlare di disturbi specifici del linguaggio.
Vi sono disturbi :
1-fonologici quando il bambino incontra difficoltà ad analizzare i suoni linguistici;
2-morfo-sintattici quando il bambino fa fatica a riconoscere le forme che una parola
può assumere in relazione alla frase;
3-semantico-lessicali quando il bambino non coglie il significato delle parole.
In conclusione desideriamo ribadire ciò che abbiamo detto all’inizio di questa presentazione. L’apprendimento è un
fenomeno complicato che dipende dalla struttura cerebrale che il bambino
possiede fin dalla nascita e dall’interazione di questa con
l’esperienza.
Questa struttura, che è la base di tutti i processi cognitivi, si sviluppa entro
periodi critici. L’apprendimento è un processo di complessa interazione fra
tale struttura cerebrale e tutte le esperienze vissute dal bambino.
Sezione Percezione:
Capitolo 9 “L’occhio” e Cap. 10 “Il sistema visivo centrale”in Bear, Connors, Paradiso: Neuroscienze. Esplorando il Cervello. Masson, Milano, Parigi, Barcellona, 2000
Capitolo 29 “Le vie visive centrali”in Kandel, Schwartz, Jessel: Principi di Neuroscienze. Ambrosiana, Milano, 1998
Capitolo 2 “La sensazione e la percezione”in Anolli, Legrenzi: Psicologia generale. Il Mulino, Bologna, 2003.
Goldstein: Sensation and Perception. Wadsworth Publishing Company, Belmont, California, 1989.
Sezione Attenzione:
Capitolo 3 “La coscienza e l’attenzione”in Anolli, Legrenzi: Psicologia generale. Il Mulino, Bologna, 2003
Capitolo 21 “Il linguaggio e l’attenzione” in Bear, Connors, Paradiso: Neuroscienze. Esplorando il Cervello. Masson, Milano, Parigi, Barcellona, 2000
Capitolo 7 “I disturbi di attenzione e di iperattività.in Cornoldi: Le difficoltà di apprendimento a scuola. Il Mulino, Bologna, 1999.
Sezione Memoria:
Capitolo 4 “Apprendimento, memoria e immaginazione”in Anolli, Legrenzi: Psicologia generale. Il Mulino, Bologna, 2003
Capitolo 6 “I disturbi non-verbali dell’apprendimento.in Cornoldi: Le difficoltà di apprendimento a scuola. Il Mulino, Bologna, 1999.
Capitolo 19 “I sistemi di memoria” in Bear, Connors, Paradiso: Neuroscienze. Esplorando il Cervello. Masson, Milano, Parigi, Barcellona, 2000.
Brandimonte: Memoria, Immagini, Rappresentazioni. La Nuova Italia Scientifica, 1997..
Sezione Linguaggio:
Capitolo 8 “Il linguaggio e la comunicazione”in Darley, Glucksberg, Kinchla: Fondamenti di Psicologia. Il Mulino, Bologna, 1998.
Capitolo 3 “Le dislessie (paragrafo II Prima della scuola elementare: dal disturbo del linguaggio orale al disturbo del linguaggio scritto).in Cornoldi: Le difficoltà di apprendimento a scuola. Il Mulino, Bologna, 1999.
Capitolo 4 “Il linguaggio”in Fontana Manuale di psicologia per insegnanti. Erickson, Trento, 1996.
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