relazione geologica cava def...
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Studio di Geologia Applicata Dott. Leonardo DISUMMO
Geologo _____________________________________________ _____________________________________________
Comune di
MIGLIONICO (Prov. MATERA)
Oggetto: “Progetto per la coltivazione mineraria di una cava di inerti conglomeratici”.
Ubicazione: C.da Fontana di Noci
Committente: MANFERRARA INERTI S.r.l. - Matera
Il Geologo
(Dott. Leonardo DISUMMO)
Data: Maggio 2010 Studio: Corso Umberto n°83 – Tel/Fax 0835/542740 75012 BERNALDA (MT)
RELAZIONE GEOLOGICA
1
RELAZIONE
1 - PREMESSA
Nella presente relazione vengono riportati i risultati degli studi geologici effettuati per
conto della società MANFERRARA INERTI S.r.l. sui terreni interessati dal “Progetto per la
coltivazione mineraria di una cava di inerti conglomeratici” ubicata in Località Fontana di
Noci nel territorio di Miglionico (MT).
Più specificatamente l'incarico riguarda l'accertamento e la verifica delle condizioni
geologiche, morfologiche, idrogeologiche e di stabilità di tali terreni per consentire la
determinazione dei principali fattori condizionanti la tutela, l’uso e le trasformazioni del
territorio in rapporto all’intervento in progetto.
Le fasi di lavoro eseguite possono essere così schematizzate:
• Esame di foto aeree ortorettificate, alla scala 1:10 000, per l’individuazione e la
definizione dei caratteri morfologici dell’area in esame;
• Consultazione della letteratura geologica ed idrogeologica disponibile;
• Sopralluoghi e rilevamento geologico di superficie, con particolare riguardo alla
litologia delle formazioni affioranti, agli spessori delle sequenze stratigrafiche più
importanti e significative, e alle condizioni idro – geomorfologiche in generale;
Dott. Leonardo DISUMMO
G E O L O G O Studio: Corso Umberto, 83 Tel/Fax 0835/542740 - 543105 E-mail: geoldisummo@tiscali.it
75012 BERNALDA (MT)
Geologia Tecnica - Geologia Ambientale - Geofisica Applicata - Idrogeologia - Indagini Geognostiche
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• Ricostruzione litostratigrafia ed interpretazione geologica dei luoghi sulla base delle
evidenze di campagna;
• Indicazioni sui parametri geomeccanici e dei coefficienti di permeabilità dei litotipi
caratterizzanti il bacino di studio sulla base delle caratteristiche rilevate, dei riferimenti
specifici esistenti in letteratura e dei dati in possesso dello scrivente;
• Redazione della presente relazione geologica e dei relativi allegati:
o Carta Geolitologica;
o Sezione Geolitologica;
o Verifiche di stabilita delle scarpate di cava;
o Carta delle Frane dell’Autorità di Bacino di Basilicata;
o Carta del Rischio Idrogeologico dell’Autorità di Bacino di Basilicata.
Con riferimento al Decreto Interministeriale del 14/1/2008 “Nuove Norme tecniche
per le costruzioni” ed alla Circolare del Ministero dell’Infrastrutture e dei Trasporti del 2
febbraio 2009 n°617 e alla Delibera Regionale n°26 del 05/12/2001 dell’Autorità
Interregionale di Bacino della Basilicata e succ. integr. e mod., le indagini sono state dirette ad
approfondire la caratterizzazione geologico-tecnica del sottosuolo per consentire la scelta delle
soluzioni progettuali.
Il giacimento in questione e' ubicato in agro di Miglionico alla c/da Fontana di Noci in
catasto terreni Fg. 39 particelle n. 257-258-259-261-262-263-264-265-266-267-276-372-373.
L’esistente cava è stata già autorizzata dalla Regione Basilicata ma attualmente non è
attiva; il progetto prevede la riattivazione della coltivazione mediante prelevamento del
sedimento che costituisce il piazzale posto nella parte centrale dell’attuale area di cava.
I risultati delle indagini compiute sono riportati nella presente relazione ed illustrati
graficamente negli allegati che accompagnano la stessa.
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2 - LINEAMENTI GEOLOGICI DI RIFERIMENTO
Per conoscere le condizioni nelle quali si trovano i terreni in esame, si espongono
alcuni brevi cenni sui caratteri geologici dei terreni affioranti nella parte centrale del bacino del
Fiume Basento in cui tale area ricade.
L’Italia meridionale peninsulare è rappresentata, dal punto di vista geologico, da tre
importanti domini strutturali ovvero dalla Catena Appenninica ad ovest, la Fossa Bradanica
nella parte centrale e dall’avampaese apulo ad est.
La Fossa Bradanica fu definita per la prima volta da Migliorini nel 1937, essa
rappresenta il bacino di avanfossa plio-pleistocenico della Catena appenninica meridionale.
La storia sedimentaria della Fossa Bradanica va inquadrata nell’ampio contesto
evolutivo definito dalla subduzione ovest-vergente della placca adriatica e della sua
conseguente retroflessione verso oriente (Casero et alii, 1988; Doglioni, 1994; Pieri et alii,
1996). Dal Cretaceo fino al Miocene il substrato di questa grande area era emerso, soggetto
solo ad una ridottissima subsidenza. L’evoluzione ad avanfossa inizia dal Pliocene inferiore a
causa di un aumento della subsidenza; il riempimento di tale bacino avviene prevalentemente
a spese dell’adiacente catena appenninica sottoposta a forti tassi di erosione.
La fisiografia dell’area di sedimentazione doveva essere allungata in senso NW-SE, ed
era definita da un margine interno (ad occidente) e da un’area depocentrale a sedimentazione
silicoclastica (margine S, Pieri et alii, 1994; 1996) e da un margine esterno (ad oriente) a
sedimentazione carbonatica (margine C, Pieri et alii, 1994; 1996). Il margine interno della
Fossa bradanica presentava una fisiografia molto irregolare ed era caratterizzato da un’area
interna ad alto gradiente topografico, ed in sollevamento, e da un’area esterna in forte
subsidenza. Per questo motivo il margine S era anche un’area con alti tassi di sedimentazione
silicoclastica. Al bordo della catena s’impostano sistemi costieri sabbiosi-ghiaiosi, mentre nelle
aree distali prevale una sedimentazione siltoso-argillosa, rappresentata dalla formazione delle
Argille subappennine (Azzaroli et alii, 1968); tale formazione costituisce l’unità litostratigrafica
più rappresentativa di tali aree, ed è costituita da notevoli spessori di emipelagiti rappresentate
da sedimenti siltoso-argillosi e argillosi-marnosi nei quali s’intercalano strati di sabbia medio-
fine. I caratteri di facies di tali depositi sono stati riferiti ad ambienti di piattaforma più o meno
profonda, interessata da eventi di tempesta e da instabilità tettonica (Ciaranfi et alii, 1996).
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Figura 1 – Carta geologica schematica e sezione geologica attraverso l'Appennino meridionale e la Fossa Bradanica, da Sella et al. (1988) in Società Geologica Italiana (1994)
Il margine esterno, della Fossa Bradanica posto sulla porzione orientale (margine C),
si sviluppa sulla rampa regionale (costituta dalla Piattaforma apula) che si immerge sotto la
catena appenninica; la rampa, che è un’area a sedimentazione carbonatica, è caratterizzata
da un settore esterno a bassa inclinazione rappresentato dal “ripiano premurgiano” e da un
settore interno a più elevata inclinazione. I due settori della rampa sono raccordati da alcune
faglie dirette molto vicine fra loro denominate “faglie assiali”; che nella porzione settentrionale
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della fossa segnano un imponente gradino strutturale del substrato orientato N-130, rigettato
di circa 1000 m verso SW (gradino Lavello-Banzi) (Pieri et alii, 1994).
Secondo Pieri et alii, (1996) la successione sedimentaria connessa al margine C è
rappresentata, alla base, da una unità interamente carbonatica: la Calcarenite di Gravina
(Azzaroli et alii, 1968) costituita da biocalcareniti e calciruditi intrabacinali. Questi sedimenti
presentano uno spessore variabile da 20 a 70 mt circa e sono caratteristici di ambiente di
spiaggia-piattaforma, in sistemi carbonatici di clima temperato (Tropeano, 1994).
La Calcarenite di Gravina passa verso l’alto per alternanza alle Argille subappennine.
Questa unità ha un importante significato stratigrafico in quanto segna il graduale passaggio
di settori della rampa regionale, da aree di avampaese ad aree subsidenti di avanfossa (Pieri
et alii, 1996).
I sedimenti più antichi della Fossa Bradanica sono riferibili al Pliocene inferiore-medio
(Balduzzi et alii, 1982), essi sono rappresentati in profondità da una successione di marne ed
argille marnose (fase pre-torbiditica) (Casnedi et al., 1982).
Al passaggio Pliocene superiore-Pleistocene inferiore il bacino bradanico raggiunge il
massimo grado di approfondimento ed è caratterizzato nella sua porzione assiale da sedimenti
torbiditici rappresentati da arenarie torbiditiche ed argille spessa fino a 750 m seguita da un
complesso argilloso con intercalazioni di arenarie torbiditiche spesso oltre 1000 m, (Balduzzi
et alii, 1982a; 1982b; Casnedi et alii, 1982; Pieri et alii, 1994), tale porzione di sedimenti
corrisponde all’intervallo torbiditico di Casnedi et alii (1982).
Nel Pleistocene medio, a causa dell’arrivo alla cerniera di subduzione di una spessa
litosfera continentale (rappresentata dall’Avampaese apulo), l’area della Fossa bradanica e lo
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stesso Avampaese apulo furono soggetti a sollevamento (Doglioni et alii, 1994). Pieri et alii
(1996), ipotizzano che a causa di quest’ultimo motivo geodinamico venga a cessare
l’evoluzione a solco del settore più esterno della rampa regionale e la migrazione verso est del
sistema Catena-Avanfossa. Da questo momento nell’intero bacino bradanico lo spazio a
disposizione per i sedimenti viene significativamente a ridursi, ed inizia così la fase di
colmamento del bacino stesso che avviene diacronamente dall’area di Genzano verso SE, in
direzione parallela al fronte della catena appenninica (Pieri et alii, 1994; 1996) questa fase è
rappresentata da uno spessore di circa 600 metri di depositi grossolani (sabbioso-
conglomeratici) (fase post-torbiditica) (Casnedi et al., 1982) di ambiente di mare sottile che
passa verso l’alto ad ambienti di transizione e/o continentali.
Il sollevamento regionale è continuato fino all’Olocene ed ha determinato il definitivo
ritiro del mare fino alle attuali posizioni. Tale ritiro è avvenuto per stadi successivi,
documentati sia nell’area metapontina (Vezzani, 1967: Cotecchia e Magri, 1967; Boenzi et
alii, 1976; Brückner, 1980) sia in quella murgiana (Ciaranfi et al., 1988) da una serie di
spianate di abrasione con relativi depositi marini terrazzati.
Questa fase evolutiva della Fossa bradanica è rappresentata dalle successioni
silicoclastiche regressive che poggiano stratigraficamente sulle Argille subappennine e
presentano caratteri litostratigrafici estremamente variabili da zona a zona. Secondo la
letteratura classica la parte alta della successione di riempimento del bacino della Fossa
Bradanica è rappresentata da unità aggradazionali note con i nomi formazionali di “Sabbie di
Monte Marano”, “Conglomerato di Irsina”, “Argille Calcigne” e “Sabbie dello Staturo”.
I depositi marini terrazzati sono rappresentati da successioni sabbioso-conglomeratici
(trasgressivi sui sedimenti argillosi plio-pleistocenici) riferiti a brevi cicli sedimentari di età
siciliana fino a post-tirreniana che presentano una morfologia terrazzata attribuibile ad azioni
di abrasione e di accumulo da parte di un mare complessivamente in via di regressione ma
caratterizzato da brevi episodi di avanzata (Boenzi et al., 1971). Tali depositi progradano da
NW verso SE; giacciono disconformemente sulle emipelagiti della Formazione delle Argille
subappennine; l’altezza e l’età diminuisce da 430-400 metri (Pomarico e Matera) a pochi
metri sul livello del mare (costa ionica).
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Fig.1 - Schema di distribuzione attuale dei depositi regressivi della Fossa bradanica secondo Pieri et alii. (1996).
Cotecchia & Magri (1967) hanno messo in evidenza sensibili discrepanze tra il
numero delle superfici terrazzate e la quota di antiche linee di costa in settori contigui. Il
numero dei terrazzi, infatti, oscilla tra 7 e 11 a seconda di differenti autori e ciò rende difficile
una correlazione fra i vari resti di superfici terrazzate.
I terrazzi più elevati, cioè quelli più antichi, sono stati datati al Pleistocene medio: data
la presenza di frammenti di Arctica Islandica, Vezzani (1967) suggerisce un’età siciliana per il
terrazzo più alto (Pisticci); i terrazzi situati a quote intermedie sono ritenuti post-siciliani. I
terrazzi più recenti potrebbero essere correlabili con i depositi a Strombi di Taranto, di età
tirreniana. Inoltre sui terrazzi più bassi sono state effettuate anche datazioni attraverso misure
radiometriche eseguite su coralli con il metodo Th230/U234 che hanno fornito un’età
tirreniana (Cotecchia et. al., 1969). Le datazioni dei terrazzi hanno consentito di stimare il
tasso medio di sollevamento del bacino della Fossa bradanica che risulta compreso tra 0,2 0
1,0 mm/a (Amato, 2000).
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Fig. 2- Profili da SSW a NNE dei terrazzi marini (Vezzani,1967).
Si ritiene che i terrazzi marini siano il risultato dell’interazione tra un sollevamento
differenziale ed oscillazioni del livello del mare (Cotecchia & Magri, 1967).
Per quanto riguarda il settore centro-settentrionale della Fossa Bradanica si ricorda
che esso è caratterizzato da depositi sabbioso-conglomeratici regressivi sulle emipelagiti plio-
pleistoceniche della Formazione delle Argille subappennine. Tali depositi vengono riportati,
nella letteratura geologica dei lavori di rilevamento per la realizzazione della Carta Geologica
d’Italia alla scala 1:100.000 degli anni ’60, coi nomi formazionali di Sabbie di Monte Marano,
Conglomerato d’Irsina, Argille Calcigne e Sabbie dello Staturo (Ricchetti, 1967 Azzaroli et al.,
1968).
Considerando la cartografia ufficiale, Foglio Geologico “201 MATERA” si possono
distinguere, dal basso verso l’alto:
Argille e limi argillosi di colore grigio-azzurro con sottili intercalazioni di sabbie siltose, più
frequenti al tetto dell’unità, al passaggio con le sovrastanti sabbie. La formazione appare
omogenea, presenta una stratificazione massiccia, affiora dalle pendici vallive del fiume
Basento sino ai bordi dell’abitato ed ha uno spessore affiorante di circa 300 m., in parte
sono ricoperte dai detriti di falda e di frana formatisi ai piedi della dorsale su cui è fondata
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Grottole;
(Argille Subappennine - Calabriano)
Sabbie prevalentemente calcareo-quarzose, di colore grigio-giallastro, a granulometria
medio-fine, da poco a nulla cementate, con una stratificazione composta da livelletti di
circa un metro. Al passaggio alla sovrastante unità conglomeratica, intercalate alle sabbie,
si rinvengono delle lenti ciottolose parzialmente cementate. Lo spessore affiorante è di
circa 30-40 metri.
(Sabbie di Monte Marano - Calabriano)
Ciottoli poligenici di grosse e medie dimensioni, provenienti dal disfacimento delle unità
flyschoidi appenniniche. La matrice, di natura arenitica, è scarsa e di colore bruno
rossastro. Il conglomerato si presenta ben cementato, a luoghi si distingue una
stratificazione con spessori degli strati dell’ordine di un metro. Rappresentano il termine di
chiusura del ciclo sedimentario di riempimento della Fossa Bradanica ed affiora nella
parte sommitale del rilievo su cui è posizionato il centro abitato di Grottole;
(Conglomerato di Irsina – Pleistocene Inferiore)
Alternanza irregolare di ghiaie e sabbie di colore giallo-brune, disposte a lenti
(Depositi Alluvionali Terrazzati – Pleistocene – Olocene)
Stralcio dalla carta geologica d’Italia Foglio 200 – Matera
UBICAZIONE
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3 – CARATTERISTICHE GEOLOGICHE E MORFOLOGICHE
Dai dati fin ora esposti e dai sopralluoghi condotti, con il dettaglio consentito dallo
stato attuale dei luoghi e dalla qualità delle esposizioni e degli affioramenti, si illustrano ora i
caratteri geologici salienti dell’area di intervento e di quelle circostanti.
3.1 - Geologia
Nell’area in esame affiorano i terreni appartenenti alle Sabbie di Monte.
La Formazione delle Sabbie di Monte Marano è costituita da sabbie e sabbie limose di
colore avana, prevalentemente calcareo-quarzose a granulometria medio-fine, da poco a nulla
cementate, in cui è possibile determinare la stratificazione dalla presenza di livelli arenitici
cementati e da livelli e lenti limoso-argillose di colore grigio-avana.
Nella parte alte della formazione, al passaggio alla sovrastante unità conglomeratica,
intercalate alle sabbie, si rinvengono delle lenti ciottolose parzialmente cementate. Lo spessore
affiorante è di circa un centinaio di metri.
Fig. 1 – Vista panoramica dell’esistente cava
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Nell’area in cui è ubicata la cava affiorano sabbie con abbondanti ciottoli e ghiaie; la
facies di sedimentazione è fluvio-deltizia. La successione stratigrafica riscontrabile lungo le
pareti inclinate dell’attuale cava mostra una alternanza di livelli sabbiosi, mediamente
cementati in cui la presenza di sottili strati arenitici e lenti limose mettono in evidenza la
stratificazione suborizzontale con leggere immersione (2-5 gradi) degli stessi verso N-E., e di
livelli ghiaioso-ciottolosi, mediamente costituiti da elementi arrotondati e subarrotondati di
dimensioni comprese tra cm 2 e cm 15. Nella parte alta della scarpata principale della cava è
presente uno strato, avene spessore di circa 1,50 m, costituito da limi sabbioso-argillosi di
colore grigio-avana, messo in evidenza dalla differente resistenza all’erosione rispetto ai litotipi
sabbioso-ghiaiosi circostanti.
Fig. 2 – Vista della scarpata principale dell’esistente cava
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Fig. 3 – Particolare successione stratigrafica – parte superiore dell’esistente scarpata principale
Fig. 4 – Particolare successione stratigrafica – parte inferiore dell’esistente scarpata principale
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Fig. 5 – Vista area centrale dell’esistente cava . Tale area coincide con la parte della cava oggetto di coltivazioni
Fig. 6 – Vista area centrale dell’esistente cava . Tale area coincide con la parte della cava oggetto di coltivazioni
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3.2 - Morfologia
L’area in esame è ubicata a circa 1,5 Km a Sud-Est del centro abitato di Miglionico, in
località Fontana di Noci, ad una quota compresa tra m 390 s.l.m. e m 440 s.l.m..
La porzione di territorio in esame si trova lungo il versante che da Miglionico digrada,
con pendenze variabili, verso il fondovalle del Fiume Basento.
La configurazione geologico-strutturale assume un ruolo determinate ai fini
dell’evoluzione morfologica dei versanti. La giacitura suborizzontale dei terreni fa sì che la
parte alta dei rilievi assuma un aspetto tabulare; la natura dei terreni e la diversa resistenza
all’erosione hanno indotto un modellamento dei versanti vario e differenziato che si
manifestano sia con versanti debolmente inclinati e sia con pareti verticali.
In alcune zone, lungo il versante, sono presenti fenomeni di dissesto superficiale,
rappresentati sia da creep e piccoli smottamenti e sia da veri e propri movimenti franosi. Si
tratta di movimenti di massa che ormai possono essere considerati stabilizzati.
Fig. 6 – Particolare della litologia del materiale da cavare
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Da ciò, le Argille, soprattutto nella parte media alta del versante, sono ricoperte da
depositi detritici costituiti da materiali sabbiosi e ghiaiosi derivanti dallo sgretolamento dei
versanti a causa di fenomeni erosivi e fisico-meccanici.
La zona in esame risulta caratterizzata da versanti pendenti con dossi modellati
dall’intensa attività antropica.
Nelle zone prossime all’area esaminata, dove affiorano i terreni argillosi o a prevalente
contenete argillosa, sono presenti sia fenomeni attivi di dissesto superficiale rappresentati da
creep e smottamenti superficiali, anche di considerevole estensione, e sia da vistosi fenomeni
di erosione areale ed incanalata, che si manifesta attraverso una fitta rete di solchi profondi,
vallecole ed incisioni che si evolvono in alcuni luoghi a vere a proprie forme calanchive. Tali
forme erosive non interessano l’area investiga.
Dl rilievo geomorfologico effettuato non sono stati rilevati fenomeni di movimenti di
massa in atto.
In riferimento al Piano Stralcio dell’Autorità di Bacino della Basilicata, consultando la
“Carta delle aree soggette a rischio idraulico”, la “Carta inventario delle Frane” e la “Carta del
Rischio”, l’area in esame non ricade nelle zone in cui sono state cartografate frane o rischi
idrogeologici e idraulici.
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4 - IDROGEOLOGIA
Com'è noto i fenomeni d'infiltrazione e di ruscellamento superficiale sono legati da
molteplici fattori di natura morfologica, geologica e biologica in modo contrapposto tra loro;
infatti, maggiore è l’infiltrazione e minore è la quantità d'acqua che defluisce in superficie.
I terreni affioranti, costituiti da sabbie e ghiaie, sono permeabili per porosità con un
grado di permeabilità da medio ad alto. Essendo il grado di permeabilità legato alla
disposizione ed associazione degli elementi a grana fine con quelli a grana media e grossa, la
disposizione variabile di tali elementi rende difficile distinguere nettamente le aree a differente
permeabilità.
Le osservazioni compiute sull’idrografia di superficie e sotterranea hanno consentito
una differenziazione, su grande scala, del tipo e del grado di permeabilità dei terreni.
I terreni che affiorano nell’area possono essere classificati come rocce permeabili per
porosità. Questi possono essere suddivisi in “terreni porosi, permeabili in piccolo” e “terreni
porosi ma impermeabili”.
I terreni “porosi, permeabili in piccolo”, sono permeabili in tutta la loro massa in
maniera più o meno uniforme, e offrono alla circolazione dell’acqua un grande numero di
cunicoli e di spazi intergranulari sufficientemente larghi da non essere completamente occupati
dall’acqua di ritenzione. Vengono considerati tali tutti i sedimenti clastici a grana grossa e
media, sciolti, della Formazione delle Sabbie di Monte Marano.
I terreni “porosi ma impermeabili” sono quelli che hanno i pori intergranulari di
dimensioni piccolissime per cui l’acqua viene fissata come acqua di ritenzione; ne consegue
che la circolazione è nulla o del tutto insignificante. Appartengono a tale classe le argille
limose (Argille Subappennine di base) e tutti quei terreni nei quali il termine argilloso è
presente in maniera rilevante.
Sulla base dei dati raccolti e delle osservazioni compiute si possono distinguere i
terreni affioranti in base al grado di permeabilità; si avranno quindi:
A - “Sedimenti mediamente permeabili, a luogo molto permeabili” costituiti da rocce a grana
media che hanno permeabilità per porosità e permeabili in piccolo; appartengono a tale
gruppo i depositi sabbioso-ghiaiosi;
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B - “Sedimenti praticamente impermeabili” rappresentati dai sedimenti argillosi ed argilloso-
marnosi costituenti le Argille subappennine e presenti, in lenti e straterelli, nei depositi
colluviali.
La natura prevalentemente sabbioso-ghiaiosa dei terreni presenti nell’area studiata
condizionano i fenomeni d'infiltrazione e di ruscellamento superficiale, in parte legati anche
alla morfologia del territorio stesso.
La permeabilità dei depositi sabbi, sovrastanti le argille, consente il drenaggio delle
acque superficiali la cui circolazione avviene all’interno di strati sabbiosi o nei livelletti ghiaiosi
a permeabilità maggiore; tali acque si raccolgono quindi alla base di tali depositi, fuoriuscendo
a contatto delle argille sottostanti o quando incontrano livelli argilloso-limosi a permeabilità
minore.
Da quanto su esposto, quindi, è possibile riscontrare la presenza di piccole falde
acquifere a contatto tra le argille di base e depositi sabbioso-ghiaiosi. Tali falde, che risentono
dell’andamento stagionale delle precipitazioni, hanno emergenze sia diffuse, tipo stillicidio
lungo il contatto litostratigrafico, sia, localmente, concentrate con portate basse dell’ordine di
0,1 – 1,0 l/min.
Una di queste emergenze acquifere è stata rilevata nella zona più a valle dell’area in
esame, in corrispondenza del passaggio stratigrafico tra i depositi sabbioso-ghiaiosi e le argille
di base. Si tratta di una piccolissima venuta d’acqua, a carattere stagionale, con portata
minore di un l/min.
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5 – NORMATIVA SISMICA E CLASSIFICAZIONE SISMICA DELL’AREA
Cenni sulla Normativa Sismica
Con l'entrata in vigore del D.M. 14 gennaio 2008 la pericolosità sismica, intesa come
"accelerazione massima attesa ag su sito di riferimento rigido con superficie topografica
orizzontale (cat. A - Vs30>800 m/s)", viene definita funzione del sito e non più in relazione
alla zona sismica del comune cui appartiene l'area oggetto dell'intervento.
La stima dei parametri spettrali necessari per la definizione dell'azione sismica di
progetto (allegato A del D.M. 14 gennaio 2008), quindi, deve essere effettuata direttamente
per il sito in esame, sulla base delle informazioni disponibili nel reticolo di riferimento riportato
nella tabella 1 nell'allegato B del D.M. 14 gennaio 2008.
Tale reticolo è costituito da 10.751 nodi (distanziati di non più di 10 km) e copre
l'intero territorio nazionale. Per ciascuno dei nodi (e per 9 differenti valori del periodo di
ritorno - da 30 anni a 2.475 anni) sono forniti i valori dei parametri ag (espresso in g/10), Fo
(adimensionale) e T*c (espresso in secondi) necessari per la definizione dell'azione sismica.
Una volta individuate le coordinate del sito oggetto d'intervento, il calcolo di ciascuno
dei relativi parametri spettrali su indicati può essere effettuato attraverso la media pesata dei
corrispondenti valori nei 4 punti della griglia di accelerazioni che circondano il sito in esame
secondo la seguente formula:
dove
p è il parametro di interesse nel punto in esame;
pi è il valore del parametro di interesse nell'i-esimo punto della maglia elementare contenente il punto in esame;
di è la distanza del punto in esame dall'i-esimo punto della maglia suddetta.
Se il tempo di ritorno considerato non coincide con nessuno dei 9 tempi di ritorno
forniti in tabella, per ricavare il valore del parametro di interesse sarà necessario effettuare
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un'ulteriore interpolazione (tra i valori dei parametri corrispondenti ai due tempi di ritorno che
comprendono quello di calcolo) con la formula seguente:
dove
p è il valore del parametro di interesse corrispondente al periodo di ritorno TR considerato
TR1 e TR2 sono i valori del tempo di ritorno più prossimi a TR per i quali si dispone dei valori di p1 e p2
Nel caso in esame i valori sono riportati nella tabella di seguito:
Tratto da http://www.acca.it/EdiLus-MS/
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Categorie di sottosuolo
Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, si rende necessario valutare
l’effetto della risposta sismica locale mediante specifiche analisi. In assenza di tali analisi, per la
definizione dell’azione sismica si può fare riferimento a un approccio semplificato, che si basa
sull’individuazione di categorie di sottosuolo di riferimento (Tab. 3.2.II e 3.2.III).
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Per condizioni topografiche complesse è necessario predisporre specifiche analisi di
risposta sismica locale. Per configurazioni superficiali semplici si può adottare la seguente
classificazione (Tab. 3.2.IV e Tab. 3.2.VI):
Amplificazione stratigrafica
Per sottosuolo di categoria A i coefficienti SS e CC valgono 1. Per le categorie di
sottosuolo B, C, D ed E i coefficienti SS e CC possono essere calcolati, in funzione dei valori di
FO e TC* relativi al sottosuolo di categoria A, mediante le espressioni fornite nella Tab. 3.2.V,
nelle quali g è l’accelerazione di gravità ed il tempo è espresso in secondi.
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La realizzazione di strutture o infrastrutture su versanti o in prossimità del piede o della
sommità di pendii naturali richiede la preventiva verifica delle condizioni di stabilità, affinché
prima, durante e dopo il sisma la resistenza del sistema sia superiore alle azioni ovvero gli
spostamenti permanenti indotti dal sisma siano di entità tale da non pregiudicare le condizioni
di sicurezza o di funzionalità delle strutture o infrastrutture medesime.
L’azione sismica di progetto da assumere nelle analisi di stabilità deve essere
determinata in accordo ai criteri sopra esposti. Nel caso di pendii con inclinazione maggiore di
15° e altezza maggiore di 30 m, l’azione sismica di progetto deve essere opportunamente
incrementata o attraverso un coefficiente di amplificazione topografica o in base ai risultati di
una specifica analisi bidimensionale della risposta sismica locale, con la quale si valutano
anche gli effetti di amplificazione stratigrafica.
L’analisi delle condizioni di stabilità dei pendii in condizioni sismiche può essere
eseguita mediante metodi pseudostatici, metodi degli spostamenti e metodi di analisi
dinamica.
Nei metodi pseudostatici l’azione sismica è rappresentata da un’azione statica
equivalente, costante nello spazio e nel tempo, proporzionale al peso W del volume di terreno
potenzialmente instabile. Tale forza dipende dalle caratteristiche del moto sismico atteso nel
volume di terreno potenzialmente instabile e dalla capacità di tale volume di subire
spostamenti senza significative riduzioni di resistenza. Nelle verifiche allo stato limite ultimo, in
mancanza di studi specifici, le componenti orizzontale e verticale di tale forza possono
esprimersi come Fh = kh×W ed Fv = kv×W, con kh e kv rispettivamente pari ai coefficienti
sismici orizzontale e verticale:
dove βs = coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito;
amax = accelerazione orizzontale massima attesa al sito; g = accelerazione di gravità.
In assenza di analisi specifiche della risposta sismica locale, l’accelerazione massima
attesa al sito può essere valutata con la relazione
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dove
S = coefficiente che comprende l’effetto dell’amplificazione stratigrafica (SS) e
dell’amplificazione topografica (ST);
ag = accelerazione orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido.
I valori di βs sono riportati nella Tab. 7.11.I.
CATEGORIA SISMICA
Utilizzando e rielaborando i dati delle indagini eseguite in aree vicine a quella in esame è
stato possibile ricavare la velocità delle onde di taglio e quindi determinare la Vs30 e la
Categoria Sismica per la successione stratigrafica presente in loco.
Si è, quindi, proceduto al calcolo dei parametri caratteristici del moto del suolo.
MICROZONA UNICA
Zona con pendenza medio-basse, caratterizzata dalla presenza di sabbie e sabbie ghiaiose; i
valori di Vs30 sono compresi tra 400 m/s e 500 m/s. Il profilo stratigrafico di riferimento è di
tipo “B”; per l’area ricadente in tale categoria è stato applicato un coefficiente di
amplificazione topografico pari 1,2 in quanto si è in presenza di morfologia con pendenza
medio alte; i parametri caratteristici del moto del suolo sono i seguenti:
Il profilo stratigrafico di riferimento è di tipo "B".
- Accelerazione orizzontale attesa al sito A (ag/g )= 0,131 g
- Fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale FO = 2,489
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- Periodo di inizio a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale TC*=0,340
- coefficiente di amplificazione stratigrafica (Ss) = 1,20
- coefficiente di amplificazione topografica (ST) = (T3) = 1,2
- Accelerazione orizzontale massima del suolo (PGA) = ag * Ss * T3 = 0,188
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6 –CARATTERISTICHE TECNICHE DEI TERRENI
I terreni in esame sono costituiti da sabbie e sabbie ghiaiose in cui sono inglobati
blocchi conglomeratici di dimensioni variabili, ciottoli diffusi nella massa e pacchi di sabbie,
mediamente cementate, in cui si rileva la sedimentazione originale.
Le caratteristiche geotecniche di tali terreni risentono dell’eterogeneità dei sedimenti e
della loro disposizione spaziale.
Esaminando quanto finora esposto, per quanto riguarda la caratterizzazione
geotecnica del terreno in sito, sulla base dei dati ricavati da studi precedenti su aree limitrofe e
su terreni con proprietà geolitologiche simili, è possibile definire con buona approssimazione i
seguenti parametri geotecnici.
Inoltre trattandosi di terreni eterogenei, al fine del calcolo del carico o portanza limite,
sono stati presi in esame i valori medi dei parametri fisico-meccanici attribuibili ai vari terreni.
Ai terreni in sito possono essere attribuiti soddisfacenti valori dei parametri geotecnici;
infatti, per questa unità si ha:
peso di volume ( γ ) = 1850-2000 kg/m3
coesione ( c’ ) = 0,00 – 0,20 kg/cm2
angolo di attrito ( ϕ’ ) = 40 – 43 gradi
Si tratta di un terreno, granulometricamente classificabile come ghiaie sabbiose
debolmente limose, con caratteristiche geomeccaniche ottime in cui si possono verificate
piccoli cedimenti differenziali a causa delle eterogeneità del terreno stesso.
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7 – VERIFICHE DI STABILITA’ DEL PENDIO
Le condizioni geomorfologiche dell’area e la tipologia di intervento previsto ha
imposto la necessità di analizzare nel dettaglio le condizioni di stabilità delle pareti della cava.
È stata esaminata una sezione ritenuta la più rappresentativa.
L’esatta ubicazione della sezione verificata è riportata nell’allegata “Verifica di stabilità
dei pendii”.
In generale l'analisi di stabilità di un pendio, attraverso la valutazione dell'equilibrio
limite, consiste nella stima di un coefficiente di sicurezza (Fs) alla traslazione e/o alla rotazione
del volume di terra o roccia compreso fra la superficie del versante ed una superficie di taglio
potenziale imposta.
La procedura di calcolo prende in considerazioni tutte le forze e/o i momenti agenti
lungo il piano di taglio, fornendo una valutazione della stabilità globale attraverso le equazioni
d'equilibrio fornite dalla statica.
Il coefficiente di sicurezza globale del pendio viene calcolato attraverso il rapporto fra
la resistenza di taglio massima disponibile lungo la superficie di rottura e gli sforzi tangenziali
mobilitati lungo tale piano:
Fsic = Tmax / Tmob
dove:
Fs = coefficiente di sicurezza;
Tmax = resistenza di taglio massima;
Tmob = sforzo tangenziale mobilitato.
All'equilibrio (Tmax = Tmob) Fs è uguale a 1.
Il pendio potrebbe essere considerato in teoria stabile, quando Fsic risulta maggiore di
1 (Tmax>Tmob), instabile in caso contrario (Tmax<Tmob). In realtà, per tener conto
dell'incertezza introdotta dalle ipotesi semplificatrici nella procedura di calcolo e soprattutto
dell'approssimazione con cui sono noti i parametri geotecnici del terreno, per Legge e per
consuetudine pratica la stabilità può dirsi raggiunta solo nel caso in cui Fsic sia maggiore di
1,3 (D.M.11.03.1988) o di 1,1 (D.M.14.01.2008) in condizioni statiche e maggiore di 1,1
(D.M.11.03.1988) o di 1,0 (D.M.14.01.2008) in presenza di sisma.
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Nel caso in esame, considerando il grado di conoscenza del modello geologico
dell’area in esame, si sceglie che, in condizioni dinamiche il Fattore di sicurezza minino, che
garantisca la stabilità dell’area in caso di sisma, debba essere non inferiore a 1,0
(Fsmin>=1,00) (D.M. 14.01.2008)
Per la presente verifica, considerando le caratteristiche geo-meccaniche dei terreni in
sito, il metodo di risoluzione utilizzato è stato quello di Bishop (semplificato).
Con il metodo di Bishop semplificato si pone la condizione che le forze verticali agenti
sulle superfici di separazione dei conci siano trascurabili. Di conseguenza i singoli conci
interagiscono fra di loro solo attraverso forze orientate lungo l'orizzontale. E’ inoltre supposto
che la superficie potenziale di scivolamento sia circolare.
La resistenza al taglio massima disponibile lungo la superficie potenziale di rottura è
data, per ogni concio da:
Ti max = Xi / (1 + Yi / Fs);
con Xi = ( c + (g × h - gw × hw) × tg ϕ ) × dx / cos α
con gw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua sulla base del concio;
dx = lunghezza del concio lungo l'orizzontale;
α = inclinazione del concio sull'orizzontale.
Yi = tg α × tg ϕ
La resistenza al taglio mobilitabile lungo il piano di taglio è per ogni concio data da:
Ti mob = Zi
con Zi = g × h × dx × sen α
Il coefficiente di sicurezza del pendio è espresso come segue:
Fs = Σ(i=1-n) Ti max / Σ(i=1-n)Ti mob
Il metodo va applicato su versanti costituiti da terreni omogenei, dal punto di vista
litologico e delle caratteristiche geotecniche o su terreni in cui la stratificazione non porti a
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contatto litologie a comportamento meccanico significativamente diverso.
In tutte le verifiche è stata considerata la presenza di un’accelerazione sismica
orizzontale pari a 0,188 e un’accelerazione sismica verticale pari a 0,09, valori massimi
riscontrati nelle aree esaminate.
Risultati della verifica
Nelle verifiche è stata considerata la classificazione sismica del sito riportata in
precedenza nella relazione (Accelerazione orizzontale massima del suolo (PGA) = 0,188 g -
ed un coefficiente di riduzione βs =0,28). Il calcolo della verifica è stato eseguito ai sensi del
D.M. 14/01/2008 (Approccio 1 combinazione 2).
Il versante è stato considerato costituito da un unico strato rappresentato da ghiaie e
sabbie mediamente cementate. Inoltre non è stata considerata la presenza di una falda
acquifera.
Allo strato stato attribuito un peso di volume naturale pari a 1,90 t/mc, angolo di
attrito interno ϕ = 42,00° e coesione c = 0,15 Kg/cmq.
E’ stata eseguita una verifica di stabilità relative alla sezione più significativa dell’area
esaminata. La verifica è stata effettuata considerando il pendio in condizioni POST OPERAM,
senza sovraccarichi agenti sul terreno.
Sezione esaminata
La sezione presa in esame si sviluppa in direzione Nord – Sud e analizza la sezione più
rappresentativa dell’intervento.
Il fine ultimo della verifica è stato quello di determinare le condizioni di stabilità dei
versanti presenti nell’area dopo aver realizzato l’intervento proposto.
Sono state esaminate 100 probabili superfici di scivolamento, in cui sono state variate
di volta in volta alcune delle condizioni al contorno (estremi di monte e di valle delle superfici
di scivolamento) e ritenute costanti altre (numero di conci e parametri geotecnici,
accelerazione sismica orizzontale e verticale, ecc.).
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Verifica della stabilità del pendio dopo la realizzazione delle opere in progetto (POST-
OPERAM)
Dai dati delle verifiche eseguite è risultato che la stabilità del versante, in condizioni
sismiche e con la pendenza della scarpate attuale, è verificata (Fs minimo = 1,011>1,00).
Anche in questo caso il valore del coefficiente di sicurezza aumenta fino a valori
superiori a 1,30 man mano che le ipotetiche superfici di scivolamento si approfondiscono nel
versante.
Verifica POST OPERAM – superficie con coefficiente di sicurezza minimo.
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Nell’allegato specifico, che accompagna ed è parte integrante della presente relazione,
sono riportate le verifiche effettuate con tutti i dati geometrici e geotecnici delle condizioni del
versante esaminato, i tabulati dei dati delle superfici critiche e i grafici esplicativi delle verifiche
più significative.
Sulla base dell’analisi effettuata sulle sezioni di progetto più significative si segnala la
presenza di aree a gradoni e di tagli sub verticali dell’altezza massima di 23 metri circa come si
evince dalla sezione utilizzata nella verifica di stabilità.
Non si evidenziano superfici di discontinuità tali da indurre all’ipotesi dell’esistenza di
potenziali crolli o franamenti delle pareti esistenti.
Sarà comunque indispensabile regimare le acque di percolazione superficiale
provenienti da monte, in quanto, data la loro energia, tendono ad erodere le scarpate tramite
la neoformazione di canali lineari che comprometterebbero la stabilità dei terreni.
Verifica POST OPERAM – Traccia di tutte le superfici calcolate
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I materiale ghiaioso-sabbiosi costituenti la cava sono stati osservati con pareti in
assetto sub-verticale in molti siti dell’area delle Fossa Bradanica ed in questi non sono stati
osservati fenomeni di instabilità o crollo.
Sarà, inoltre, necessaria la costruzione di fossi perimetrali di guardia delle aree a
monte e di canali di gronda posti sui gradoni a quote più elevate, al fine di evitare l’innesco di
fenomeni erosivi lungo i versanti presenti nell’area.
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8 – CONCLUSIONI
In riferimento alle caratteristiche geologiche, morfologiche e geotecniche, e
considerando le prescrizioni riportate nella presente relazione, non risultano esserci fattori
geologici che impediscano la realizzazione del “Progetto per la coltivazione mineraria di una
cava di inerti conglomeratici” ubicata in Località Fontana di Noci nel territorio di Miglionico
(MT).
Dallo studio geologico effettuato, risulta:
• il rilevamento dell'area in esame e delle zone ad essa finitime ha permesso di accertare
la presenza di terreni appartenenti alle Sabbie di Monte Marano. Tale Formazione,
nell’area di cava è costituita da sabbie e sabbie ghiaiose,m localmente debolmente
limose, di colore avana e marrone, prevalentemente calcareo-quarzose a
granulometria media e fine, da poco a mediamente cementate, in cui è possibile
determinare la stratificazione dalla presenza di livelli arenitici cementati e da livelli e
lenti limoso-argillose di colore grigio-avana;
• lo studio geomorfologico non ha evidenziato manifestazioni di fenomeni gravitativi
significativi;
• dal punto di vista idrogeologico, nell’area affiorano prevalentemente sabbie e ghiaie
aventi una permeabilità medio-alta. Ai di sotto di tali sedimenti, a quote più basse,
affiorano le argille limose con ha una permeabilità bassa. Tale successione non
permette la formazione di vere e proprie falde sotterranee. La permeabilità dei depositi
sabbioso-ghiaiosi consente il drenaggio delle acque superficiali la cui circolazione
avviene all’interno di strati sabbiosi o nei livelletti ghiaiosi a permeabilità maggiore.
Quindi, è possibile riscontrare la presenza di piccole falde acquifere a contatto tra le
argille di base e depositi sabbioso-ghiaiosi. Tali falde, che risentono dell’andamento
stagionale delle precipitazioni, hanno emergenze sia diffuse, tipo stillicidio lungo il
contatto litostratigrafico, sia, localmente, concentrate con portate basse dell’ordine di
1,0 l/min. Nell’area della cava non sono state rilevate emergenze idriche.
• il variare del contenuto in acqua dei terreni superficiali è spesso una delle cause
provocatrici se non di fenomeni franosi veri e propri, almeno di fenomeni di
colamento e di ammollimento della parte più superficiale del terreno. Perciò, per la
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salvaguardia delle opere si raccomanda un razionale allontanamento delle acque
superficiali, provvedendo al recapito delle stesse ben al di fuori dell’area di intervento;
• infine, in riferimento al Piano Stralcio dell’Autorità di Bacino della Basilicata,
consultando la “Carta delle aree soggette a rischio idraulico”, la “Carta inventario delle
Frane” e la “Carta del Rischio”, l’area in esame non ricade nelle zone in cui sono state
cartografate frane o rischi idrogeologici e idraulici.
Bernalda, Maggio 2010
Il Geologo
(Dott. Leonardo DISUMMO)
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