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Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321
http://www.researchinpsychotherapy.net
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P S R Italia
RICERCA IN PSICOTERAPIA
RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY:
PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS
AND OUTCOME
Rivista della Sezione Italiana della Society for Psychotherapy Research
Volume 13, Numero 2 - Dicembre 2010
RICERCA IN
PSICOTERAPIA
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Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321
http://www.researchinpsychotherapy.net
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Volume 13 – Numero 2 Dicembre 2010
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Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321
http://www.researchinpsychotherapy.net
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RICERCA IN PSICOTERAPIA
RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY:
PSYCHOPATHOLOGY,
PROCESS AND OUTCOME
ISSN: 1592 – 8543
EDITORE: SPR ITALIA (P. IVA 06491871007)
Foro Buonaparte 57, 20121 Milano
Tel/Fax: 02/36554099
e-mail: spr.italia@gmail.com
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RICERCA IN PSICOTERAPIA
RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY: PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS AND OUTCOME
Rivista semestrale della SPR-Italia Sezione italiana
della Society for Psychotherapy Research Editors-in-chief Adriana Lis Università degli Studi di Padova Nino Dazzi "Sapienza" Università di Roma Co-editors
Giancarlo Dimaggio Terzo Centro, Roma Emilio Fava Università degli Studi di Milano Vittorio Lingiardi "Sapienza" Università di Roma Gianluca Lo Coco Università degli Studi di Palermo Giovanni M. Ruggiero Studi Cognitivi, Milano Sergio Salvatore Università del Salento Sandra Sassaroli Studi Cognitivi Past President SPR-Italia Salvatore Freni Università degli Studi di Milano Girolamo Lo Verso Università degli Studi di Palermo Antonio Semerari Terzo Centro, Roma Nino Dazzi "Sapienza" Università di Roma
Scientific Board Stefano Blasi, Università degli Studi di Urbino Rino Capo, Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma Antonino Carcione, Terzo Centro, Roma Giovanni Castellini, Scuola Cognitiva Firenze Livia Colle, Università Politecnico di Torino Antonello Colli, Università degli Studi di Urbino Martina Conte, Università degli Studi di Milano-Bicocca Francesco De Bei, "Sapienza" Università di Roma Alessandra De Coro, "Sapienza" Università di Roma Franco Del Corno, Università della Valle d'Aosta, Associazione per la Ricerca in Psicologia Clinica, Milano Rocco Diego, Università degli Studi di Padova Santo Di Nuovo, Università degli Studi di Catania Francesca Fiore, Studi Cognitivi, Milano Francesco Gazzillo, "Sapienza" Università di Roma Omar Gelo, Università del Salento Adam Horvath, Simon Fraser, University, Vancouver, Canada Marco Innamorati, Università degli Studi di Bari Paul H. Lysaker, Indiana University, Roudebush VA Medical Center, Indianapolis, USA Marzio Maglietta, Scuola Cognitiva Firenze Francesco Mancini, Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma Paolo Migone, Università di Parma Giuseppe Nicolò, Terzo Centro, Roma Osmano Oasi, Università Cattolica, Milano Katerine Osatuke, National Center for Organization Development, Cincinnati, USA Piero Porcelli, Università di Bari Claudia Prestano, Università degli Studi di Messina Michele Procacci, Terzo Centro, Roma Giuseppe Romano, Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma Silvia Salcuni, Università degli Studi di Padova Diego Sarracino, Università degli Studi di Milano Bicocca Hans Schadee, Università degli Studi di Milano-Bicocca Annamaria Speranza, "Sapienza" Università di Roma Stijn Vanheule, Ghent University, Belgio Marta Vigorelli, Università degli Studi di Milano-Bicocca Riccardo Williams, "Sapienza" Università di Roma Alessandro Zennaro, Università della Valle d'Aosta
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INDICE
Editoriale Nino Dazzi
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La ricerca in psicoterapia: il contributo del Gruppo di lavoro della Cattedra di Psicologia Dinamica (base) della Seconda Università di Napoli Giorgio Caviglia, Raffaella Perrella, Walter Sapuppo, Nadia Del Villano
32
Memories and Futures. Storia e sviluppi di un gruppo di ricerca italiano: dagli studi di efficacia alle analisi delle resistenze al cambiamento
Emilio Fava, Pablo Zuglian, Dario Ferrario, Daria Taino, Martina Conte, Francesca Cadeo
53
La ricerca in psicoterapia di gruppo: Alcuni risultati e future direzioni di ricerca. Group therapy research: current issues and future directions Salvatore Gullo, Gianluca Lo Coco, Claudia Prestano, Francesca Giannone, Girolamo Lo Verso
78
Diagnosi e valutazione della personalità, alleanza terapeutica e scambio clinico nella ricerca in psicoterapia Vittorio Lingiardi, Francesco Gazzillo, Antonello Colli, Francesco De Bei, Annalisa Tanzilli,
Mariagrazia Di Giuseppe, Nicola Nardelli, Chiara Caristo, Valeria Condino, Daniela Gentile, Nino Dazzi
97
La valutazione degli esiti e del processo nelle psicoterapie offerte dai Centri di Salute Mentale e da un Centro di Psicologia clinica universitario Alessandra De Coro, Silvia Andreassi, Rachele Mariani, Elisabetta Iberni, Valeria Crisafulli, Adriana Matarrese
125
Problemi metodologici nello studio del processo psicoterapico e nella valutazione dell’attaccamento e del rischio psicopatologico in adolescenza Riccardo Williams, Davide Belluardo, Fiorella Fantini, Valentina Postorino, Francesca Ortu
147
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Filoni di ricerca in psicoterapia nella Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova Adriana Lis, Marco Sambin, Emilia Ferruzza, Cristina Marogna, Diego Rocco, Silvia Salcuni
169
Il ragionamento nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo Francesco Mancini, Amelia Gangemi
192
Le disfunzioni metacognitive nei disturbi di personalità: Una review delle ricerche del III Centro di Psicoterapia Cognitiva Raffaele Popolo, Antonio Semerari, Antonino Carcione, Donatella Fiore, Giuseppe Nicolò, Laura Conti, Roberto Pedone, Michele Procacci, Stefania d’Angerio, Giancarlo Dimaggio
218
La psicoterapia come scambio comunicativo. Prospettive di ricerca sul processo clinico Sergio Salvatore, Alessandro Gennaro, Andrea Auletta, Rossano Grassi, Stefano Manzo, Mariangela Nitti, Ahmed Al-Radaideh, Marco Tonti, Nicoletta Aloia, Grazio Monteforte, Omar Gelo
242
Ricerca multistrumentale in psicoterapia, valutazione in psicosomatica e nei servizi psichiatrici: gruppo di ricerca coordinato da Marta Vigorelli Marta Vigorelli
287
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Editoriale
Nino Dazzi
L’uscita di quest’ultimo numero di Ricerca in Psicoterapia, a
quindici anni dalla fondazione della sezione italiana della Society
for Psychotherapy Research (SPR Italia), è una buona occasione
per fare il punto della situazione sulla ricerca in psicoterapia nel
nostro paese, e i lavori presentati in questo numero sono di fatto
una rassegna degli studi principali dei maggiori filoni di ricerca
portati avanti in questi anni dai gruppi italiani del settore.
Questi lavori possono essere raggruppati in tre macrodomini:
1) ricerche relative alle caratteristiche delle diverse
psicopatologie, 2) ricerche su processo ed esito delle psicoterapie
e 3) ricerche sulle terapie condotte nei servizi pubblici.
Nelle pagine che seguono cercherò di evidenziare i contributi
più originali prodotti da questi gruppi e le loro principali
collaborazioni con gruppi di ricerca attivi a livello internazionale.
Ricerche sulla psicopatologia
Le sindromi cliniche più indagate dai gruppi di ricerca italiani
sono il disturbo ossessivo compulsivo, i disturbi del
comportamento alimentare, i disturbi di personalità e i cosiddetti
disturbi psicosomatici.
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Rispetto al disturbo ossessivo compulsivo, i contributi di
maggiore rilievo sono stati elaborati dal gruppo di Francesco
Mancini, che si è dedicato, in collaborazione con Paul Johnson
Laird, all’analisi puntuale del ragionamento ossessivo, detto
anche semidialettico e prudenziale; la persona ossessiva
“focalizza l’ipotesi di pericolo, in quanto teme di essere accusata
di aver determinato il pericolo stesso. Cerca la falsificazione
dell’ipotesi di pericolo perché vuole difendersi dall’accusa e
dunque vuole contestarla. Usa standard molto elevati per
valutare la portata della falsificazione perché ritiene, by default,
che il giudizio sarà severo, nel senso che terrà conto solo della
possibilità che lei sia colpevole e non che sia innocente […] per
difendersi da possibili imputazioni e sottrarsi quindi al rischio di
essere oggetto di espressioni aggressive e critiche sprezzanti,
esamina tutte le possibilità di pericolo, e cerca di dimostrarle
tutte false, con certezza assoluta, cioè al di là di ogni ragionevole
dubbio […] la nostra ipotesi è dunque che lo stato mentale
dell’ossessivo sia caratterizzato dal timore di colpa per
irresponsabilità” (pp. 206-207). Il gruppo di Mancini ha quindi
distinto un senso di colpa altruistico, che si concentra sui
possibili danni arrecati agli altri da una propria azione, da un
senso di colpa ontologico, che deriva dalla trasgressione di una
norma morale o dell’ordine naturale delle cose e sarebbe tipico
dei pazienti ossessivi (Mancini & Gangemi, 2004; Gangemi &
Mancini, 2007; Gangemi, Mancini, & Johnson-Laird, 2010).
Le caratteristiche della personalità e della cognizione dei
pazienti con disturbi del comportamento alimentare (DCA) e dei
pazienti obesi sono state oggetto di ricerca da parte dei gruppi di
Sandra Sassaroli, Giorgio Caviglia, Emilio Fava e Cinzia
Masserini, e Vittorio Lingiardi.
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Il primo gruppo ha messo in evidenza il ruolo di controllo,
criticismo, perfezionismo patologico e rimuginio nei DCA,
approfondendo in particolar modo i correlati cerebrali del
rimuginio e il ruolo patogeno del perfezionismo, ed elaborando
un protocollo empiricamente validato per il trattamento di questi
disturbi (Sassaroli, Gallucci, & Ruggiero, 2008; Sassaroli,
Romero, Ruggiero, & Frost, 2008; Sassaroli, Apparigliato,
Bertelli, Boccalari, Fiore, Lamela, Scarone, & Ruggiero, 2010).
Sempre a questo gruppo dobbiamo poi una serie di ricerche sui
fattori metacognitivi e il pensiero desiderante nelle dipendenze
patologiche e nei disturbi del controllo degli impulsi (Spada,
Caselli, & Wells, 2009; Caselli Ferretti, Leoni, Rebecchi, Rovetto,
& Spada, 2010a; Caselli, Bortolai, Leoni, Rovetto, & Spada,
2010b; Caselli & Spada, in press), oltre che uno studio
approfondito della “night eating syndrome” che gli è valso un
invito agli incontri preliminari per l’introduzione di questo
disturbo nel DSM-V (Vinai, Cardetti, Carpegna, Ferrato, Vallauri,
Masante, Sassaroli, Ruggiero, Scarone, Bertelli, Bidone, Busetto,
& Sampietro, 2009).
Il gruppo diretto da Giorgio Caviglia è impegnato da alcuni
anni nell’analisi empirica del contributo della dissociazione e
dell’alessitimia ai DCA, e nello studio delle caratteristiche
psicologiche di pazienti obesi (Caviglia, Perrella, La Marra, &
Giannini, 2006; La Marra, Sapuppo, & Caviglia, 2009; La Marra,
Sapuppo, Chieffi, & Caviglia, 2010); il gruppo di ricerca diretto
da Emilio Fava e Cinzia Masserini ha avviato una ricerca tesa a
valutare le caratteristiche psicodinamiche tipiche dei pazienti
con DCA e le loro implicazioni terapeutiche per mezzo della
seconda versione della Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata
(OPD-2; OPD Task Force, 2006), la cui edizione italiana è stata
curata dagli stessi autori in collaborazione con il Prof. Cierpka di
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Heidelberg e la Task Force internazionale dell’OPD (Fava,
Zuglian, Taino, & Di Genova, 2009).
Il gruppo diretto da Vittorio Lingiardi, invece, si è concentrato
sulla relazione tra stili di personalità e DCA e ha replicato e
approfondito uno studio statunitense teso a delineare i sottotipi
di personalità di adolescenti anoressiche con la Shedler-Westen
Assessment Procedure 200-A (SWAP-200 A; Westen, Shedler,
Durrett, Glass, & Martens, 2003). Di ogni sottotipo
(perfezionistico/ad alto funzionamento, disregolato e
ipercontrollato) ha quindi indagato le caratteristiche dell’identità,
gli affetti prevalenti, gli stili di regolazione delle emozioni e le loro
implicazioni per la psicoterapia (Gazzillo, Lingiardi, Peloso,
Giordani, Vesco, Filippucci, & Zanna, submitted).
Anche il gruppo coordinato da Francesca Ortu si è dedicato
allo studio della diagnosi dei disturbi di personalità in
adolescenza con la SWAP, confrontando le caratteristiche della
diagnosi SWAP standard con quelle della diagnosi SWAP
clinico/prototipica secondo i fattori di personalità empiricamente
derivati con questo strumento. Sempre a questo gruppo
dobbiamo poi una serie di studi sulla relazione tra modelli di
attaccamento in adolescenza, funzionamento difensivo, attività
referenziale, funzione riflessiva e sistemi motivazionali. In
particolare, una ricerca condotta con il sistema dei Profilo
d’Interazione Genitore-Adolescente (PIGA; Lyons-Ruth,
Hennigshausen, & Holmes, 2003; Lyos-Ruth, Yellin, Melnick, &
Atwood, 2005) e il sistema AIMIT per la valutazione dei sistemi
motivazionali basata su trascritti di sedute (Liotti & Monticelli,
2008) ha messo in evidenza come “anche nella popolazione
italiana studiata la qualità delle interazioni fra genitore e
adolescente impegnati nella soluzione del compito decisionale
mostra una correlazione positiva con la categoria di
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attaccamento del genitore e al tempo stesso si rivela più capace
della sola categoria di attaccamento del genitore di predire la
categoria di attaccamento dell’adolescente (Williams, Ardito,
Ortu, & Dazzi, 2008). Questo dato è stato inoltre confermato da
un altro studio che evidenziava la forte predittività
dell’attaccamento rispetto alla modalità di gestione
dell’aggressività fra genitore bambino” (p. 162).
I clinici di Terzo Centro di Psicoterapia Congitiva, in
collaborazione con il gruppo di Lysaker, hanno invece
approfondito il ruolo della metacognizione e dei suoi diversi
sottofattori nella patogenesi di diversi disturbi di personalità e
della schizofrenia (Dimaggio, Semerari, Carcione, Nicolò, &
Procacci, 2007, Carcione, Dimaggio, Fiore, Nicolò, Procacci,
Semerari, & Pedone, 2008; Dimaggio Carcione, Nicolò, Conti,
Fiore, Pedone, Popolo, Procacci, & Semerari, 2009; Lysaker,
Dimaggio, Buck, Carcione, Procacci, Davis, & Nicolò, 2010;
Semerari, Cucchi, Dimaggio, Cavadini, Carcione, Bottelli,
Siccardi, D’Angerio, Pedone, Ronchi, Maffei, & Smeraldi, 2010;
Semerari, Dimaggio, Cucchi, Cavadini, D’Angerio, Battelli,
Siccardi, Ronchi, Maffei, & Smeraldi, 2010). Da un primo
modello secondo il quale la metacognizione era considerata un
costrutto quadrifattoriale, studi recenti sembrano sostenere un
modello a due fattori, uno relativo alla Teoria della Mente (in cui
rientrano le capacità di decentramento e differenziazione) e uno
relativo all’Autoriflessività (in cui ricadono monitoraggio e
integrazione).
Anche il gruppo coordinato da Vittorio Lingiardi ha dato
contributi importanti alla diagnosi e alla comprensione dei
disturbi della personalità curando la versione italiana della
Shedler Westen Assessment Procedure per adulti e per
adolescenti (SWAP-200 e SWAP-200 A; Westen & Shedler,
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1999a, 1999b; Westen, Shedler, & Lingiardi, 2003) e del
Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM; PDM Task Force,
2006). Sempre a questo gruppo si deve l’applicazione della SWAP
alla ricerca su processo ed esito delle psicoterapie, di cui
parleremo in seguito, e la costruzione e validazione di alcuni
strumenti empirici per la valutazione della diagnostica di
personalità per gli adulti del PDM.
Infine, il gruppo coordinato da Marta Vigorelli ha approfondito
i problemi connessi alla valutazione e al trattamento dei
cosiddetti disturbi psicosomatici, e ha elaborato una Scala di
Focalizzazione/Intelligenza Somatica (Scognamiglio, Zoccarato,
Vigorelli, Gallucci, & Zerbini, 2008) tesa a superare i limiti di
strumenti analoghi già esistenti come la Toronto Alexitymia
Scale-20 (TAS-20; Bagby, Parker, & Taylor, 1994a, 1994b).
Ricerche su processo ed esito delle psicoterapie
Rispetto all’ambito specifico della ricerca su processo ed esito
delle psicoterapie, i gruppi italiani si sono distinti per varie
collaborazioni internazionali finalizzate alla costruzione,
validazione e implementazione di vari strumenti utili alla
valutazione dei trascritti di sedute di psicoterapia.
Il gruppo condotto da Vittorio Lingiardi, in collaborazione con
Jonathan Shedler prima e con Sherwood Waldron poi, ha
pubblicato due lavori in cui la SWAP viene utilizzata, assieme
alla Defense Mechanism Rating Scale (DMRS; Perry, 1990) e alle
Analytic Process Scales (APS; Waldron, Scharf, Hurst, Firestein, &
Burton, 2004a; Waldron, Scharf, Crouse, Firestein, Burton, &
Hurst, 2004b), per valutare processo ed esito delle psicoterapie
di due pazienti con disturbi della personalità. Questi studi
hanno confermato il dato, già presente in letteratura, che una
buona psicoterapia psicoanalitica è in grado di modificare
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l’assetto di personalità e lo stile difensivo dei pazienti, e che il
fattore terapeutico più efficace è la qualità delle comunicazioni
del terapeuta, al di là dei tipi specifici di intervento
(chiarificazioni, interpretazioni, interventi di sostegno,
comunicazioni su difese, conflitti, transfert, etc.). La qualità delle
comunicazioni del terapeuta, a sua volta, sembra favorita dalla
produttività delle comunicazioni del paziente, delineando così un
circolo comunicativo virtuoso indice di una buona
sintonizzazione tra paziente e terapeuta (Lingiardi, Shedler, &
Gazzillo, 2006; Lingiardi, Gazzillo, & Waldron, 2010).
Sempre a questo gruppo, in collaborazione con Cristopher
Perry, dobbiamo poi la validazione della versione italiana della
DMRS e la costruzione di una sua versione Q sort per utilizzo
clinico (Lingiardi, Lonati, Fossati, Vanzulli, & Maffei, 1999;
Perry, Di Giuseppe, Petraglia, Janzen, & Lingiardi, submitted); la
costruzione di un sistema Q sort per la valutazione
dell’attaccamento paziente-terapeuta sulla base dei trascritti
delle sedute, il Patient-Therapist Attachment Q-sort (PTA Q-sort;
De Bei, Lingiardi, & Miccoli, 2007), che è stato utilizzato per
monitorare l’andamento della relazione terapeutica in un caso
singolo e per indagare la relazione tra attaccamento paziente-
terapeuta e alleanza terapeutica; la traduzione e validazione
della versione italiana dello Psychotherapy Relationship
Questionnaire (PRQ; Bradley, Heim, & Westen, 2005; Tanzilli,
Colli, De Bei, & Lingiardi, 2010), del Countertransference
Questionnaire (CTQ; Betan, Heim, Conklin, & Westen, 2005;
Tanzilli, Colli, & Lingiardi, 2009) e dello Psychotherapy Process
Q- set (Jones, 1985, 2000; Colli & Gazzillo, 2006; Lingiardi &
Dazzi, 2008). Infine, Colli e Lingiardi hanno elaborato uno
strumento di valutazione dei processi di costruzione e rottura
dell’allenza terapeutica sulla base dei trascritti di sedute, la
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Collaborative Interactions Scale (CIS; Colli & Lingiardi, 2009) e
hanno progettato una serie di ricerche tese a indagare
empiricamente la relazione tra alleanza, diagnosi di personalità,
meccanismi di difesa, tipologie di interventi del terapeuta e
attività referenziale.
È invece al gruppo di Allessandra De Coro che dobbiamo, in
collaborazione con Wilma Bucci, la validazione della versione
italiana della Referential Activity (RA; Bucci, 1995, 1997, 1999;
Bucci & Kabasakalian-McKay, 1992) e la costruzione di alcuni
dizionari computerizzati per il suo scoring su materiale in lingua
italiana: l’Italian Weighted Referential Activity Dictionary
(IWRAD; Maskit, 2004; De Coro. Lang, Del Corno, Parolin,
Matarrese, Piscitelli, Iberni, & Basile, 2004), il dizionario delle
parole riflessive (IREF; Mariani, 2009); il dizionario della
disfluenza (IDF; Bonfanti, Campanelli, Cilimberti, Golia, &
Papini, 2008); il dizionario degli affetti positivi, negativi e parole
con peso affettivo ma non connotate positivamente o
negativamente (IAFF; Rivolta, Mariani, & Tagini, 2009) e il
dizionario senso-somatico (ISS; Mariani, 2009). Mentre al gruppo
di Padova coordinato da Diego Rocco dobbiamo l’applicazione
della RA e del suo indice di Speech Rate, ai trascritti di sedute di
psicoterapia; le loro ricerche hanno messo in evidenza che “le
fluttuazioni di velocità di eloquio sono significativamente
correlate con le qualità espressive contenute nel linguaggio
(Rocco, 2005), e che i due attori della scena clinica sono
reciprocamente sensibili non solo ai contenuti della produzione
verbale, ma anche alle caratteristiche paraverbali della stessa
(Rocco, 2008). Sempre al gruppo coordinato da Alessandra De
Coro dobbiamo infine una serie di ricerche finalizzate alla
validazione della versione italiana dell’Inventory of Personality
Organization (Lenzenweger, Clarkin, Kernberg, & Foelsch, 2001)
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e del Coherence Q- Sort (Beijersbergen, Bakermans-Kranenburg,
& Van Ijzendoorn, 2006) e l’applicazione di questi strumenti ad
alcune ricerche su processo ed esito delle psicoterapie.
Il gruppo di ricerca coordinato da Francesca Ortu ha invece
approfondito lo studio del Core Conflict Relationship Theme
(CCRT; Luborsky, 1990), proponendo di applicarlo a unità
narrative più comprensive di quelle proposte dal sistema di
codifica originale e modificando la griglia di scoring dei wish
secondo il modello dei sistemi motivazionali di Lichtenberg
(1989; Lichtenberg, Lachmann, & Fosshage, 1996). Questo
gruppo ha inoltre indagato empiricamente la relazione tra CCRT,
alleanza terapeutica, attività referenziale e meccanismi di difesa.
Il gruppo dell’Università di Lecce coordinato da Sergio
Salvatore è partito da una concezione socio-costruttivista della
relazione terapeutica, influenzata dalla teoria dei sistemi
dinamici, per costruire e validare tre strumenti per la valutazione
del processo terapeutico, il Descoursive Flow Analysis (DFA;
Gennaro, Al-Radaideh, Gelo, Manzo, Nitti, & Salvatore, 2010;
Salvatore, Grasso, & Tancredi, 2004; Salvatore, Valsiner,
Travers-Simon, & Gennaro, 2010a, 2010b), che permette
un’analisi dei processi di generazione e mutamento di senso che
caratterizzano lo scambio discorsivo terapeutico; il Grid of the
Models of Interpretation (GMI; Auletta, 2010; Auletta & Salvatore,
2008; Auletta, Salvatore, Metrangolo, Monteforte, Pace, &
Puglisi, submitted) per l’analisi degli interventi del terapeuta, e il
metodo di analisi semantica delle narrazioni chiamato Dynamic
Mapping of the Ctructure of Content in Clinical Settings (DMSC;
Salvatore, Gennaro, Auletta, Grassi, & Rocco, submitted). Anche
questo gruppo ha stabilito una serie di collaborazioni
internazionali con ricercatori come Gonçalves e Tschacher.
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Una delle peculiarità dei gruppi italiani che si occupano di
ricerca in psicoterapia è poi quella di prediligere l’analisi
multistrumentale e intensiva di single case. Da segnalare, in
questo senso, i numerosi lavori del gruppo di Padova condotto
da Adriana Lis (Lis, Salcuni, Zini, Genovese, Di Riso, & Zonca,
2005; Di Riso, Salcuni, Laghezza, Marogna, & Lis, 2009; Lis,
Mazzeschi, Di Riso, & Salcuni, in press), che hanno indagato
varie psicoterapie dinamiche di sostegno per mezzo di strumenti
come la SWAP (Westen, Shedler, & Lingiardi, 2003), la DMRS
(Perry, 1990), la CIS (Colli & Lingiardi, 2009), la Scala del
Funzionamento Riflessivo (SFR; Fonagy, Target, & Gergely, 2000)
e la Scala di Valutazione della Metacognizione (SVaM; Carcione,
Falcone, Magnolfi, & Manaresi, 1997), lo strumento costruito dai
ricercatori del Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva per la
valutazione basata sui trascritti delle capacità metacognitive.
Sempre a questo gruppo si deve poi l’implementazione del
Collaborative Assessment (CA; Fisher, 2000; Finn, 2006) e studi
sull’applicazione alla ricerca in psicoterapia di strumenti come la
Symptom Check List – 90 (SCL-90; Derogatis, 1977), il Millon
Clinical Multiaxial Inventory (MCMI; Millon, 1983a, 1983b, 1987,
1997a,1997b), il Rorschach, l’Adult Attachment Interview (AAI;
George, Kaplan, & Main, 1985) e l’Adult Attachment Projective
Picture System (AAP; George, West, & Pettem, 1999).
Il gruppo coordinato da Marco Sambin, infine, in
collaborazione con l’Università di Ulm, ha avviato un complesso
progetto di ricerca teso a valutare “i correlati neurali dei pattern
linguistici che caratterizzano le quattro fasi del Modello dei Cicli
Terapeutici (TCM), derivato dalla Resonating Mind Theory di
Mergenthaler (Mergenthaler, 2008; Benelli, Messina, Viviani,
Mergenthaler, Walter, Sambin, & Buchheim, 2010)” (p. 183).
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Menzione a parte merita poi la ricerca sui gruppi terapeutici di
matrice psicoanalitica, settore ancora poco esplorato dal punto
di vista empirico a cui alcuni gruppi italiani hanno dato
contributi importanti. Basti citare i lavori del gruppo di Palermo
coordinato da Girolamo Lo Verso, che oltre ad aver elaborato
una riflessione sistematica sui problemi teorici e metodologici
connessi alla valutazione di processo ed esito delle psicoterapie
di gruppo a lungo termine, ha anche condotto alcuni studi
empirici sui gruppi psicodinamici per pazienti con disturbi del
comportamento alimentare e per soggetti con disturbo di panico
(Di Nuovo & Lo Verso, 2005; Prestano, Lo Coco, Gullo, & Lo
Verso, 2008), e sta attualmente svolgendo ricerche empiriche
tese a indagare quali sono i fattori mutativi del setting gruppale
e le caratteristiche psicologiche dei pazienti che permettono di
beneficiare di una terapia di gruppo (Lo Coco, Salerno, Gullo,
Prestano 2010; Lo Coco, Gullo, Prestano, Cicero, 2010; Lo Coco,
Gullo, Salerno, Iacoponelli, 2010; Prestano, Cicero, Gullo, Alcuri,
Lo Coco, & Carcione, 2009).
Il gruppo di ricerca dell’Università di Padova, coordinato dalle
professoresse Ferruzza e Marogna è invece impegnato nella
costruzione di strumenti empirici utili alla valutazione di
processo ed esito delle psicoterapie di gruppo: una versione per
gruppi della CIS (Marogna, 2009), che permetterà di valutare i
processi di costruzione e rottura dell’alleanza in questo tipo di
setting, una Scala di Misura dell’Autoconsapevolezza (SMAC;
Silvestri, Lalli, Mannarini, Ferruzza, Nuzzaci, Furin, Lucidi, &
Rapazzini, 2008) e una Description of Individual in Group (DIG;
Silvestri & Ferruzza, in progress), strumento teso alla rilevazione
delle “specifiche modalità relazionali dell’individuo nel contesto
di un gruppo di psicoterapia, in relazione al funzionamento del
gruppo nella sua globalità” (p. 181).
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La ricerca sulle psicoterapie condotte nei servizi pubblici
Tre sono i gruppi italiani che si sono occupati finora con
maggiore continuità di questo ambito specifico della ricerca in
psicoterapia: quello di Milano, coordinato da Emilio Fava e
Cinzia Masserini, quello diretto da Marta Vigorelli e quello di
Alessandra De Coro.
I lavori di Fava e Masserini si sono serviti di strumenti come la
Stuctural Assessment of Social Behavior (SASB; Benjamin, 1974)
e l’Operationalized Psychodynamic Diagnostic system (OPD; OPD
Task Force, 2006) per indagare i cambiamenti cui i pazienti in
psicoterapia presso servizi pubblici vanno incontro, e per
indagare le principali cause degli elevati tassi di drop-out
riscontrati in questi setting. Tra i fattori terapeutici
maggiormente approfonditi da questo gruppo vi è la cosiddetta
relazione reale tra paziente e terapeuta (Gelso, 2002) e i risultati
dei loro studi indicano la valenza antiterapeutica di alcuni moti
problematici caratterizzati da un atteggiamento interpersonale di
aggressività e controllo benevolo o neutro per quanto riguarda il
terapeuta, e risposte avversive di aggressività, sottomissione
neutra e ostile o evitamento, da parte del paziente. In secondo
luogo, sembra che la qualità e l’andamento nel tempo degli
introietti siano diversi nei pazienti good outcome versus poor
outcome. “I pazienti ad esito positivo mostrano un incremento
della capacità di prendersi cura di sé e una diminuzione di
modalità biasimanti e aggressive verso il sé, i pazienti ad esito
insoddisfacente mostrano, invece, un livello elevato e stabile nel
tempo di moti auto-biasimanti e trascuranti e assenza di moti di
accudimento di sé nell’arco di tempo considerato” (p. 62).
Sempre questo gruppo ha poi costruito un modello di
valutazione chiamato Verbal and Enactive Representations
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Analysis (VERA), che implementa le concezioni teoriche di Sasso
(2009) e si propone come ponte tra infant research e
psicoanalisi, permettendo di avanzare alcune ipotesi
neurologiche sull’impatto esercitato sul cervello del bambino
dall’elaborazione dell'interazione materna, su come la madre
possa modificarla e su come questo processo si replichi
nell’interazione tra paziente e terapeuta. Fava e collaboratori
hanno anche elaborato un modello, denominato Empirically
Supported Multi-instrumental Supervision (ESMS), che permette
di condurre supervisioni di casi clinici nei servizi pubblici
appoggiandosi ai dati ottenuti per mezzo di stumenti empirici
che valutano alcuni fattori dal valore terapeutico comprovato
(come OPD-2, CIS, SASB, RA).
Il gruppo coordinato da Marta Vigorelli si è invece servito di
due strumenti di valutazione della qualità delle psicoterapie nei
servizi pubblici e della loro efficacia clinica: l’HoNOS (Lora, Bai,
& Bianchi 2001)1 e il Community Functioning Questionnaire
(CFQ-28; Vigorelli, Zanolini, Belfontali, Tatti, Buratti, & Peri, 2008;
Vigorelli, 2010), pensato specificamente per la valutazione del
funzionamento delle comunità terapeutiche.
Il gruppo coordinato da Alessandra De Coro, infine, in
collaborazione con due ASL di Roma, ha avviato tre progetti di
valutazione di processo ed esito delle terapie condotte nei servizi
pubblici servendosi di strumenti di valutazione degli interventi
terapeutici, dell’alleanza terapeutica, dei sintomi, dei
meccanismi di difesa, dei modelli di attaccamento e degli stili di
personalità: la versione italiana curata da Gherardo Amadei
della Psychotherapy Periodical Rating Scale (PPRS) utilizzata
all’Anna Freud Center per valutare il lavoro svolto nelle sedute, il
1 L’Health of the Nation Outcome Scales è stata creata in Gran Bretagna dal gruppo di lavoro
di Wing e Co. su richiesta del Ministero della Sanità al fine di valutare il disagio iniziale e il
miglioramento nelle varie fasi dei trattamenti effettuati nei Servizi Pubblici.
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Working Alliance Inventory (WAI; Horvath & Greenberg, 1989), la
SCL-90, il Response Evaluation Misure-71 (REM-71; Steiner,
Araujo, & Koopman, 2001), il Coping Orientation to Problems
Experienced (COPE; Carver, Scheier, & Weintraub, 1989), la AAI
(Main & Goldwyn, 1998; Main, Kaplan, & Cassidy 1985) e la
SWAP (Westen, Shedler, & Lingiardi, 2003). Nella ricerca sulle
terapie dei pazienti gravi, cioè di organizzazione borderline o
psicotica, questo gruppo ha utilizzato anche l’Inventory of
Personality Organization (Lenzenweger, Clarkin, Kernberg, &
Foelsch 2001), il Big Five Questionnaire (Caprara, Gentilomo,
Barbaranelli, & Giorgi, 1993), l’OPD (Gruppo OPD, 1996/2001) e
la Psychological Well-Beeing Scale (Ryff, 1995).
Alla luce di questa sintetica rassegna dei contributi, credo di
poter dire che la ricerca in psicoterapia in Italia si sia
contraddistinta da una parte per la sua capacità di riprendere,
approfondire e raffinare filoni di ricerca internazionali, basti
pensare ai lavori del gruppo di Lingiardi sulla SWAP, sulle APS e
sull’allaenza terapeutica, o a quelli sulla RA dei gruppi di
Alessandra De Coro e Diego Rocco e sul CCRT di Francesca
Ortu, e dall’altra per aver dato vita a una serie di strumenti e di
filoni di ricerca innovativi che hanno trovato, e spero
continueranno a trovare, risonanza internazionale. Segnalo, in
tal senso, i contributi del Terzo Centro di Psicologia Cognitiva di
Roma, che ha approfondito dal punto di vista teorico ed empirico
la valutazione della funzione metacognitiva, il suo ruolo in vari
disturbi di Asse I e II e le sue implicazioni terapeutiche. E la
concettualizzazione della psicoterapia come declinazione
specifica dello scambio comunicativo proposta dal gruppo di
Sergio Salvatore, che si sta dedicando alla costruzione e
all’applicazione di sofisticati strumenti di valutazione del
processo terapeutico sulla base dei trascritti di sedute.
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Un altro filone importante è quello della ricerca su processo ed
esito delle psicoterapie condotte nei servizi pubblici; i gruppi
coordinati da De Coro, Fava e Masserini hanno infatti avviato
una serie di collaborazioni con le istituzioni pubbliche tese a
sviluppare modelli di supervisione e intervento clinico che
possano beneficiare dei dati ricavati dalla ricerca empirica. Se il
lavoro di ricerca permette infatti ai professionisti che lavorano
nei servizi di monitorare l’efficacia degli interventi, il lavoro
svolto dai clinici in queste istituzioni permette ai ricercatori
italiani di sviluppare programmi e strumenti di ricerca sempre
più “institution tailored” e sempre più utili alla clinica come “si
presenta in natura”. E non vi è dubbio che tutti gli sforzi tesi a
rafforzare il dialogo e lo scambio reciproco tra università e servizi
territoriali e competenza clinica e di ricerca debbano essere
sempre più valorizzati e sostenuti.
Questo punto mi permette di sottolineare un’altra
caratteristica specifica della ricerca italiana sulla psicoterapia:
mi riferisco alla costante attenzione dedicata alla esigenze di
clinici e pazienti nel rispetto dei vincoli metodologici e di
verificabilità della scienza empirica. Il lavoro dei gruppi italiani
impegnati in questa impresa si caratterizza infatti per un solido
radicamento nella clinica “as usual” e per un interesse specifico
per le ricadute cliniche delle ricerche empiriche. Questa
particolare sensibilità ha fatto sì che nel nostro paese molti
gruppi si siano dedicati ad approfondite ricerche “single case” su
terapie condotte in setting naturalistici, e allo studio di
strumenti e metodologie di ricerca applicabili in contesti
complessi come quelli dei servizi pubblici.
Un ultimo ambito a cui la ricerca italiana ha dato contributi
significativi è poi quello della chiarificazione e ridefinizione
teorica ed empirica dei fattori terapeutici di dimostrata efficacia.
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Mi riferisco in primo luogo al costrutto di “alleanza”, la cui bontà
come predittore dell’outcome delle psicoterapie è comprovata da
numerose ricerche ma il cui significato si è dilatato a tal punto
da minarne la consistenza, tanto che possiamo definirlo un
“concetto ombrello” (Horvath, 2006; Horvath & Symonds, 2002;
Lingiardi, 2002). Proprio rispetto all’alleanza, le ricerche del
gruppo di Vittorio Lingiardi hanno messo in evidenza come si
tratti di un costrutto complesso influenzato da molteplici fattori
interconnessi: dalle dinamiche di transfert, controtransfert ai
processi di regolazione affettiva reciproca, dai modelli di
attaccamento agli stili di personalità di paziente e terapeuta,
dalla funzione riflessiva ai meccanismi di difesa e alla qualità
delle comunicazioni che hanno luogo nella stanza di terapia.
In conclusione, credo che la ricerca italiana in psicoterapia nei
prossimi anni dovrà affrontare due compiti importanti: in primo
luogo, quello di definire con maggiore chiarezza il senso dei suoi
costrutti teorici di base (alleanza, transfert, relazione reale,
controtransfert, qualità degli interventi, etc.) tenendo conto delle
evidenze empiriche; in secondo luogo, quello di colmare lo iato
che ancora divide la ricerca sulla psicopatologia dalla ricerca su
processo ed esito delle psicoterapie. Auspico, in altri termini, che
i gruppi italiani inizino a progettare ricerche tese a verificare
quali sono i fattori terapeutici efficaci nel trattamento di specifici
disturbi, e che le ipotesi sviluppate e messe alla prova delle
indagini empiriche si basino su ricerche ad hoc relative ai fattori
specifici che contribuiscono allo sviluppo e al mantenimento dei
diversi quadri psicopatologici. Si tratta quindi di cercare risposte
alle domande relative a quali dimensioni e funzioni psichiche
siano connesse ai diversi quadri psicopatologici e a quali fattori
della psicoterapia riescano a incidere su queste dimensioni e
funzioni. Non ci dovremo più chiedere soltanto quale terapia sia
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efficace con quale paziente e con quale disturbo, ma quali fattori
terapeutici siano efficaci con quali dimensioni psichiche rilevanti
per quali disturbi. È una sfida ambiziosa, ma è tempo che venga
recepita.
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La ricerca in psicoterapia: il contributo del Gruppo di lavoro della Cattedra di Psicologia Dinamica (base) della
Seconda Università di Napoli
Giorgio Caviglia,1 Raffaella Perrella,2 Walter Sapuppo,3 Nadia Del Villano4
Sommario Lo scopo del presente lavoro è quello di illustrare i contributi passati e gli
attuali interessi del Gruppo di ricerca della Cattedra di “Psicologia Dinamica” (corso di base) della Facoltà di Psicologia della Seconda Università di Napoli, nonché di presentare e argomentare le pubblicazioni scaturite negli ultimi anni dalle quelle ricerche. I lavori si inseriscono nelle aree relative alla Teoria dell’ Attaccamento, alla valutazione psicologica, allo studio della psicopatologia connessa ai Disturbi del Comportamento Alimentare, alla ricerca in psicoterapia “single case”. Parole chiave Disturbi del comportamento alimentare, teoria dell’attaccamento, ricerca in psicoterapia, psicopatologia -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Professore Associato, Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Psicologia, S.U.N., 2 Assegnista di Ricerca, Professore a contratto, Facoltà di Scienze della Formazione,
Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, 3Docente contrattista, Facoltà di Psicologia, S.U.N., Scuola di Psicoterapia Cognitiva SPC-Napoli, 4Dottorando di Ricerca, Dipartimento di Scienze Pedagogiche, Università degli Studi di Bari
Corrispondenza: Prof. Giorgio Caviglia, Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Psicologia, S.U.N., via Vivaldi 43 -81100- Caserta (CE) E-mail: giorgio.caviglia@unina2.it
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Introduzione
La Cattedra di “Psicologia Dinamica” (corso di base) della Facoltà di
Psicologia della Seconda Università di Napoli si occupa da diversi anni
di ricerca in psicoterapia e in particolare della ricaduta teorica (rispetto
ai costrutti e ai modelli) e clinica (rispetto alle tecniche collegate a una
teoria) dei risultati della ricerca empirica. Il Referente e Coordinatore è il
Prof. Giorgio Caviglia, Professore Associato confermato di “Psicologia
Dinamica”. Collaboratori a ricerche specifiche sono stati, negli anni,
Raffaella Perrella, Walter Sapuppo, Nadia Del Villano, Sara Bisogno,
Claudia Cecere, Domenico Nardiello, Marco La Marra, Emanuele Del
Castello, Barbara Fiocco, Adriana Solla. I collaboratori sono tutti
Psicologi che hanno diverse qualifiche (Professori a contratto, dirigente
psicologo della ASL, Dottori di Ricerca e dottorandi, consulenti di
Tribunale, di aziende e di studi privati) e specializzazioni (in
Psicoterapia Psicoanalitica, Psicodinamica, Lacaniana, Relazionale,
Cognitivo-Comportamentale e in Psicodiagnostica). La Sede del Gruppo
di ricerca è presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, Facoltà di
Psicologia, Dipartimento di Psicologia.
La ricerche portate avanti dalla Cattedra, hanno sempre avuto come
obiettivo quello di proporre una loro successiva ricaduta sia sulle teorie
a cui si riferivano e da cui derivavano, sia a livello dell’intervento clinico.
Nella bibliografia finale verranno riportati tutti i lavori, relativi alle
diverse aree, sviluppati nel tempo dagli appartenenti al Gruppo di
ricerca. I lavori prodotti verranno divisi, per chiarezza espositiva, come
detto, in cinque filoni. Abbiamo deciso di raggruppare gli ambiti di
ricerca del nostro Gruppo di lavoro nelle seguenti cinque aree principali:
1) Disturbi del Comportamento Alimentare (la tematica più recente);
2) teoria dell’Attaccamento applicata all’ambito scolastico e clinico;
3) nonché come riflessione storica, teorica e clinica;
4) ricerca in psicoterapia “single case”;
5) trauma e psicopatologia;
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6) ambito psicodiagnostico e della valutazione psicologica.
Vediamo, a seguire, in maniera più dettagliata, le aree specifiche, le
cui citazioni sono inserite, come già detto, tutte insieme, nella
bibliografia finale.
1) Disturbi del Comportamento Alimentare e obesità
Per quanto concerne i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA),
attualmente il Gruppo è impegnato sia nella ricerca, all’interno di
campioni clinici, di relazioni tra tali disturbi, fenomeni dissociativi e
difficoltà relative all’espressione delle emozioni (alessitimia) (Caviglia,
2009), che nella valutazione dell’obesità come “disturbo mentale” e/o
comportamentale.
Inizialmente il Gruppo era indirizzato a campioni particolari, che
abbiamo ritenuto avrebbero potuto essere “a rischio” di DCA, per
l’estrema attenzione e valore dati all’immagine corporea (Caviglia,
Perrella, Bisogno, & La Marra, 2006; La Marra, Bisogno, Perrella, &
Caviglia, 2006; La Marra, Perrella, Bisogno, & Caviglia, 2006), quali gli
operatori dello spettacolo.
E’ stato successivamente studiato un campione di adolescenti
campani (Caviglia, Perrella, La Marra, & Giannini 2006), rispetto ai
fenomeni e alle difficoltà summenzionate, ottenendo risultati positivi
che non disconfermano i dati riportati della letteratura internazionale;
in seguito, in uno studio pubblicato sul Volume 12 (Numero 1/2,
Novembre-Dicembre 2009) di “Ricerca in Psicoterapia” (La Marra,
Sapuppo, & Caviglia, 2009b), sono state valutate le relazioni che
intercorrono tra i risultati ottenuti all’ Eating Disorder Inventory-2 (EDI-
2; Garner, 1991), alla Dissociative Experiences Scale (DES; Bernstein &
Putnam, 1986) e alla Scala Alessitimica Romana (SAR; Baiocco,
Giannini, & Laghi, 2005) in un campione di 53 pazienti adulti con
diagnosi di Disturbo del Comportamento Alimentare (14 con diagnosi di
Anoressia Nervosa, 15 con Bulimia Nervosa, 12 con DCA Non Altrimenti
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Specificato e 12 con Disturbo da Alimentazione Incontrollata). I dati
emersi dalla nostra ricerca, ancora una volta, non disconfermano le
relazioni riportate in letteratura tra i Disturbi del Comportamento
Alimentare, i fenomeni dissociativi e l’alessitimia (cfr. anche: Caviglia,
Bisogno, Perrella, & La Marra, 2006; La Marra, Piombino, Messina,
Perrella, Chieffi, Mangoni di Santo Stefano, & Caviglia, 2006).
Attualmente il Gruppo è impegnato, oltre che nell’ampliamento del
campione, anche nel reclutamento di soggetti gravemente obesi per
valutare eventuali caratteristiche discriminanti. A tal proposito, dopo
un’attenta disamina dei maggiori contributi teorici riguardo al
significato e all’etiopatogenesi dell’obesità, sono stati condotti altri studi
volti a comprendere gli aspetti psicopatologici comunemente associati ai
DCA (dissociazione, immagine corporea, abitudini alimentari e
alessitimia) di un gruppo di 561 soggetti adolescenti campani
rispettivamente ripartiti nelle diverse categorie (normopeso, sovrappeso
e obesi) definite dall’ Indice di Massa Corporea (IMC o BMI, Body Mass
Index) e senza diagnosi di DCA. Dai risultati emersi dal nostro studio
(La Marra, Sapuppo, & Caviglia, 2009a) si evince come alcune delle
dimensioni psicologiche comunemente associate ai DCA, quali l’impulso
alla magrezza, la mancanza di consapevolezza enterocettiva,
l’insoddisfazione per il corpo, la mancanza di empatia, l’insicurezza
sociale, le eccessive preoccupazioni per il proprio aspetto fisico, il
controllo compulsivo dell’aspetto fisico, l’inadeguatezza, la sfiducia
interpersonale e l’insoddisfazione per le parti corporee che vedono
coinvolte la testa e il tronco, siano in grado di spiegare una porzione
consistente della varianza del BMI di un gruppo di soggetti ai quali non
è stato diagnosticato alcun disturbo alimentare secondo i criteri
diagnostici del DSM IV-TR. A queste, seppur in misura minore, si
associano l’autodirezionalità, la tendenza ad un’alimentazione non
corretta e l’incapacità di gestire il comportamento alimentare. Si
escludono dall’equazione, quindi, perché il criterio statistico adottato
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non evidenzia una probabilità associata statisticamente significativa, i
tratti temperamentali indagati secondo il modello di Cloninger, la
presenza di esperienze dissociative e le dimensioni chiave che
definiscono il costrutto dell’Alessitimia e ampiamente documentate in
letteratura come profondamente associate ai DCA (cfr. anche: La Marra,
Sapuppo, Messina, Mangoni di S. Stefano, Chieffi, & Caviglia, 2009; La
Marra, Sapuppo, & Caviglia, 2010; La Marra, Sapuppo, Chieffi, &
Caviglia, 2010).
Tutti gli studi vanno inquadrati all’interno di una cornice
teorico/clinica che vede la lettura prospettica multidimensionale dei
DCA come il miglior approccio, sia dal punto di vista della spiegazione
eziopatogenetica, che del mantenimento del disturbo, che dell’intervento
terapeutico (cfr. Caviglia & Cecere, 2007).
2) Teoria dell’ Attaccamento
a) Contributi riguardo lo sviluppo sociale, emotivo e cognitivo
Per quanto concerne l’attaccamento, il nostro Gruppo è stato ed è
impegnato su diversi fronti di ricerca, tutti derivanti da continuativi
interessi e riflessioni teoriche (Brisch, 2005; Caviglia, 2003; Caviglia,
2005; Caviglia & Bisogno, 2008; Del Villano & Bisogno, 2009).
Particolare attenzione è stata rivolta al ruolo che l’attaccamento madre-
bambino e quello educatrice-bambino giocano nello sviluppo dei
bambini e, allo stesso tempo, alle variabili che influenzano la qualità di
tale legame (Cassibba & Caviglia, 2000; Caviglia, Cassibba, & Coppola,
2000). Dai nostri studi si evidenzia, inoltre, che le madri classificate
come “sicure” (attraverso l’utilizzo dell’ Adult Attachment Interview;
George, Kaplan, & Main, 1985) hanno bambini che manifestano
maggiori competenze socio-emotive (valutate con la Socio-Emotional
Dimension Scale; SEDS, Hutton & Roberts, 1986), se paragonati a
bambini figli di madri “insicure” (Caviglia, Solla, & Dazzi, 2003). Inoltre,
sia la sensibilità dell’educatrice, che la qualità delle strutture
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istituzionali (scuole elementari e asili nido), sembrano costituire un
terreno ideale per lo sviluppo di un attaccamento sicuro del bambino
(Caviglia & Pili, 2001). Per valutare i costrutti implicati, sono stati
utilizzati diversi strumenti:
- il Maternal Behaviour Q-set (Pederson & Moran, 1995), un test
composto da 90 item ciascuno dei quali descrive un comportamento
specifico dell’educatrice in risposta a segnali specifici del bambino;
- l’Attachment Q-set (Waters & Deane, 1985), un test composto da 90
item che descrive un comportamento specifico di attaccamento del
bambino nei confronti dell’educatrice;
- la SVANI (Scala per la Valutazione dell’asilo nido; Harms, Cryer, &
Clifford, 1990), una scala formata da 37 item che fornisce un quadro
complessivo della qualità del servizio offerto della struttura presa in
considerazione.
Negli ultimi 3 anni, l’attività di ricerca della Cattedra si è focalizzata
sulle relazioni tra Memoria di Lavoro (Working Memory, WM), stile di
attaccamento e apprendimento/rendimento scolastico. Come
ampiamente affermato in letteratura, il processo di apprendimento
coinvolge sia numerose abilità cognitive – quali attenzione, memoria,
linguaggio – che competenze relazionali-sociali. Numerose ricerche
evidenziano una marcata associazione tra deficit della Memoria di
Lavoro (ML) e disturbi dell’apprendimento nei bambini. Numerosi studi
rilevano che le abilità della ML influiscono, in particolar modo,
sull’apprendimento del linguaggio scritto e dell’aritmetica.
Sulla base degli studi effettuati nell’ambito della Teoria
dell’Attaccamento è possibile evidenziare che bambini con un
attaccamento sicuro con il proprio caregiver e/o con il/la proprio/a
insegnante, dimostrano migliori capacità nell’espressione e
riconoscimento emotivo, nel comportamento prosociale, nelle attività
ludico-cognitive, nell’acquisizione di concetti base, nell’adattamento
scolastico e nello sviluppo linguistico-espressivo.
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Inizialmente è stata valutata empiricamente la presenza di relazioni
significative tra i risultati ottenuti in una serie di prove cognitive -
quantificanti la ML - e il rendimento scolastico, rispecchianti la qualità
del livello di apprendimento raggiunto (Caviglia, La Marra, Sapuppo, &
Perrella, 2010).
Inoltre, per sottoporre ad analisi correlazionale i risultati ottenuti al test
con il rendimento scolastico, sono state rilevate le valutazioni degli
insegnanti rispetto agli insegnamenti di Italiano e Matematica di 89 dei
nostri 100 soggetti reclutati. Gli 11 soggetti esclusi non rispettano i
criteri di inclusione dello studio, a causa della frequentazione della
scuola dell’infanzia dove non è presente, come nella scuola primaria, la
valutazione numerica decimale (Legge 169/2008). Tuttavia i soggetti più
piccoli sono stati inclusi nello studio per l’adattamento italiano.
A oggi (La Marra, Perrella, Marciano, Cecere, Intoccia, Ciccarelli, Del
Villano, Bisogno, & Caviglia, 2009; Del Villano, Sapuppo, Cecere, La
Marra, Perrella, Marciano, Intoccia, & Caviglia, 2010), ai fini di una più
approfondita indagine, sono stati somministrati i seguenti test:
- Test di Valutazione Linguistica (TVL) (Cianchetti & Sannio Fancello,
2007), allo scopo di quantificare il livello evolutivo complessivo del
bambino, nonché di evidenziare eventuali differenze e/o anomalie
nell’evoluzione delle varie componenti ed espressioni linguistiche;
- Separation Anxiety Test (SAT) nella versione “famiglia” (Attili, 2001) e
“scuola” (Liverta Sempio, Marchetti, & Leccio, 20
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