tennis world italia n. 33
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MariaSharapova,
tradubbieverità
byValerioCarriero
Lunedì�7�marzo,�Maria�Sharapova�annuncia
sui�suoi�social�una�conferenza�in�diretta
mondiale.�L’annuncio�è�di�quelli�seri,�c’è�poco
spazio�anche�per�scherzare�e�immaginare
“solo”�una�nuova�campagna�pubblicitaria.
Rumors�di�ritiro,�di�gravidanza�per�altri.�Non
resta�che�aspettare�l’ora�X,�le�21�italiane,
scandite�da�un�interminabile�conto�alla
rovescia�sul�canale�Youtube�dedicato
all’evento.�Finalmente�le�immagini�da�Los
Angeles,�Maria�si�fa�attendere�ancora�qualche
lunghissimo�minuto,�poi�si�presenta�davanti
al�microfono�pronunciando�delle�parole
destinate�a�cambiare�la�storia�della�sua
carriera,�e�probabilmente�anche�quella�del
tennis.�“Sono�stata�trovata�positiva�ad�un
controllo�antidoping�durante�gli�Australian
Open”.�Un�fulmine�a�ciel�sereno�nel�mondo
sportivo,�da�subito�spaccato�in�accusa�e
difesa�anche�alla�luce�della�spiegazione�della
siberiana.�La�causa�sarebbe�il�meldonium,
farmaco�utilizzato�dall’ex�nr.1�al�mondo�da
dieci�anni�ma�entrato�tra�le�sostanze�proibite
nel�nostro�sport�solamente�dal�1�Gennaio
2016,�ammettendo�di�non�aver�letto�la�mail
della�Wada�del�22�dicembre.�Semplice
negligenza,�o�forse�qualcosa�in�più?
Nella�confessione�della�Sharapova�sono
presenti�infatti�parecchie�ombre.�Innanzitutto
è�difficile�pensare�ad�un’ingenuità�tale�del
suo�foltissimo�team,�ignorando�un�avviso�così
importante:�una�mail�da�cui�dipende�la
carriera�e�la�reputazione�non�può�essere
saltata�alla�stregua�di�una�pubblicità�poco
interessante.�La�russa�ha�poi�affermato�di
assumere�il�farmaco�come�prevenzione�del
diabete,�ma�questo�manca�tra�le�indicazioni
del�meldonium,�perlopiù�anti-ischemico�e�un
modulatore�metabolico,�con�l’effetto�di
migliorare�la�contrattilità�del�cuore�e�la
resistenza�agli�sforzi�in�campo�sportivo.
�
Inoltre,�il�“mildronate”�è�in�commercio
solamente�nei�Paesi�dell’ex�URSS,�tanto�da
inguaiare�parecchi�atleti�russi:�dall’oro
olimpico�Elistratov�di�short-track�al�campione
del�mondo�Kulizhnikov,�passando�per
Bobrova�e�Vorganov,�con�tantissimi�altri�casi
ancora�in�sospeso.�Il�comune�denominatore�è
sempre�il�meldonium�e�obiettivamente
diventa�difficile�credere�ad�una�così�elevata
coincidenza�di�atleti�con�gli�stessi�disturbi
fisici�tali�da�giustificare�l’uso�del�farmaco…
�
Perché�credere�dunque�alla�bella�siberiana?
MariaSharapova,
tradubbieverità
byValerioCarriero
Lunedì�7�marzo,�Maria�Sharapova�annuncia
sui�suoi�social�una�conferenza�in�diretta
mondiale.�L’annuncio�è�di�quelli�seri,�c’è�poco
spazio�anche�per�scherzare�e�immaginare
“solo”�una�nuova�campagna�pubblicitaria.
Rumors�di�ritiro,�di�gravidanza�per�altri.�Non
resta�che�aspettare�l’ora�X,�le�21�italiane,
scandite�da�un�interminabile�conto�alla
rovescia�sul�canale�Youtube�dedicato
all’evento.�Finalmente�le�immagini�da�Los
Angeles,�Maria�si�fa�attendere�ancora�qualche
lunghissimo�minuto,�poi�si�presenta�davanti
al�microfono�pronunciando�delle�parole
destinate�a�cambiare�la�storia�della�sua
carriera,�e�probabilmente�anche�quella�del
tennis.�“Sono�stata�trovata�positiva�ad�un
controllo�antidoping�durante�gli�Australian
Open”.�Un�fulmine�a�ciel�sereno�nel�mondo
sportivo,�da�subito�spaccato�in�accusa�e
difesa�anche�alla�luce�della�spiegazione�della
siberiana.�La�causa�sarebbe�il�meldonium,
farmaco�utilizzato�dall’ex�nr.1�al�mondo�da
dieci�anni�ma�entrato�tra�le�sostanze�proibite
nel�nostro�sport�solamente�dal�1�Gennaio
2016,�ammettendo�di�non�aver�letto�la�mail
della�Wada�del�22�dicembre.�Semplice
negligenza,�o�forse�qualcosa�in�più?
Nella�confessione�della�Sharapova�sono
presenti�infatti�parecchie�ombre.�Innanzitutto
è�difficile�pensare�ad�un’ingenuità�tale�del
suo�foltissimo�team,�ignorando�un�avviso�così
importante:�una�mail�da�cui�dipende�la
carriera�e�la�reputazione�non�può�essere
saltata�alla�stregua�di�una�pubblicità�poco
interessante.�La�russa�ha�poi�affermato�di
assumere�il�farmaco�come�prevenzione�del
diabete,�ma�questo�manca�tra�le�indicazioni
del�meldonium,�perlopiù�anti-ischemico�e�un
modulatore�metabolico,�con�l’effetto�di
migliorare�la�contrattilità�del�cuore�e�la
resistenza�agli�sforzi�in�campo�sportivo.
�
Inoltre,�il�“mildronate”�è�in�commercio
solamente�nei�Paesi�dell’ex�URSS,�tanto�da
inguaiare�parecchi�atleti�russi:�dall’oro
olimpico�Elistratov�di�short-track�al�campione
del�mondo�Kulizhnikov,�passando�per
Bobrova�e�Vorganov,�con�tantissimi�altri�casi
ancora�in�sospeso.�Il�comune�denominatore�è
sempre�il�meldonium�e�obiettivamente
diventa�difficile�credere�ad�una�così�elevata
coincidenza�di�atleti�con�gli�stessi�disturbi
fisici�tali�da�giustificare�l’uso�del�farmaco…
�
Perché�credere�dunque�alla�bella�siberiana?
Innanzitutto�per�la�sua�confessione:�a
prescindere�dal�giudizio�su�buonafede�o
malafede,�Sharapova�ha�avuto�il�coraggio�di
assumersi�ogni�responsabilità�(“io”�ho�ignorato
la�mail,�“mia”�è�la�colpa)�senza�appigliarsi�a
giustificazioni,�con�un�linguaggio�del�corpo�
restando�in�ambito�tennistico��che�ben�si
sposava�con�il�suo�stato�d’animo.�In�caso
contrario,�l’Academy�potrebbe�farci�un
pensierino�per�i�prossimi�Oscars…�Mentre�i
suoi�principali�sponsor�scappano�(da�Nike�a
Porsche)�Maria�trova�l’alleato�Head�che�rinnova
addirittura�il�contratto,�suscitando�la�furia�del
collega�di�azienda�Murray:�“Se�assumi�un
farmaco�senza�averne�bisogno�è�giusto�che
paghi”,�ha�tuonato�lo�scozzese.
�
Ma�è�davvero�così?�L’inventore�del�meldonium
ha�spiegato�che�questa�sostanza�protegge�dagli
sforzi�fisici�estremi,�paventando�addirittura
morti�in�campi�ora�che�il�farmaco�è�catalogato
come�“doping”.�Allo�stesso�tempo�la�Sharapova
si�è�nuovamente�difesa�dopo�il�clamore
suscitato�dalle�sue�dichiarazioni,�ribadendo�di
non�aver�assunto�il�mildronate�con�il�chiaro
intento�di�migliorare�le�prestazioni.�Quale
senso�avrebbe�per�un’atleta�del�suo�calibro
perseverare�con�l’assunzione�del�farmaco
sapendo�di�poter�essere�presto�beccata�in�virtù
delle�nuove�regole?�Utilizzando�il�vecchio
adagio�“il�doping�è�sempre�un�passo�avanti
rispetto�all’anti-doping”,�Masha�avrebbe�potuto
trovare�un�“nuovo”�metodo…
�
In�attesa�della�sentenza�e�di�conoscere�l’entità
della�squalifica,�c’è�comunque�tanto�di�cui
discutere:�la�conferenza�di�Miami�ha�forse
lasciato�più�domande�che�risposte.
Innanzitutto�per�la�sua�confessione:�a
prescindere�dal�giudizio�su�buonafede�o
malafede,�Sharapova�ha�avuto�il�coraggio�di
assumersi�ogni�responsabilità�(“io”�ho�ignorato
la�mail,�“mia”�è�la�colpa)�senza�appigliarsi�a
giustificazioni,�con�un�linguaggio�del�corpo�
restando�in�ambito�tennistico��che�ben�si
sposava�con�il�suo�stato�d’animo.�In�caso
contrario,�l’Academy�potrebbe�farci�un
pensierino�per�i�prossimi�Oscars…�Mentre�i
suoi�principali�sponsor�scappano�(da�Nike�a
Porsche)�Maria�trova�l’alleato�Head�che�rinnova
addirittura�il�contratto,�suscitando�la�furia�del
collega�di�azienda�Murray:�“Se�assumi�un
farmaco�senza�averne�bisogno�è�giusto�che
paghi”,�ha�tuonato�lo�scozzese.
�
Ma�è�davvero�così?�L’inventore�del�meldonium
ha�spiegato�che�questa�sostanza�protegge�dagli
sforzi�fisici�estremi,�paventando�addirittura
morti�in�campi�ora�che�il�farmaco�è�catalogato
come�“doping”.�Allo�stesso�tempo�la�Sharapova
si�è�nuovamente�difesa�dopo�il�clamore
suscitato�dalle�sue�dichiarazioni,�ribadendo�di
non�aver�assunto�il�mildronate�con�il�chiaro
intento�di�migliorare�le�prestazioni.�Quale
senso�avrebbe�per�un’atleta�del�suo�calibro
perseverare�con�l’assunzione�del�farmaco
sapendo�di�poter�essere�presto�beccata�in�virtù
delle�nuove�regole?�Utilizzando�il�vecchio
adagio�“il�doping�è�sempre�un�passo�avanti
rispetto�all’anti-doping”,�Masha�avrebbe�potuto
trovare�un�“nuovo”�metodo…
�
In�attesa�della�sentenza�e�di�conoscere�l’entità
della�squalifica,�c’è�comunque�tanto�di�cui
discutere:�la�conferenza�di�Miami�ha�forse
lasciato�più�domande�che�risposte.
Djokovic:quali
altrirecord?
byMarcoDiNardo
Ormai�è�inutile�negarlo.�Negli
ultimi�5�anni�il�tennis�ha
avuto�un�dominatore�capace
di�scalzare�dalla�vetta�del
mondo�giocatori�come�Roger
Federer�e�Rafael�Nadal,�che
fino�al�2010�avevano�dato
vita�ad�una�delle�più
appassionanti�rivalità�della
storia�di�questo�sport.
�Parliamo�ovviamente�diNovak�Djokovic,�il�giocatoreche�dopo�aver�individuato
nell'intolleranza�al�glutine�ilsuo�problema�principale,�dal
2011�ha�cambiato�dietaeliminandolo�e�in�questomodo�dimenticando�tutti�i
disturbi�fisici�che�lo�avevanotormentato�fino�a�quelmomento.
�
Da�quella�stagione�in�avanti�il
tennista�serbo�è�diventato
l'uomo�da�battere,�e�in
questo�2016�cercherà�di
confermare�ancora�una�volta
il�suo�primato.�Intendiamoci,
non�si�può�dire�che�dal�2011
al�2015�la�situazione�sia�stata
sempre�la�stessa:�tra
un'annata�ed�un�altra�le�cose
sono�spesso�cambiate,�e
Djokovic�non�è�stato�sempre
il�numero�1�della�classifica,
ma�in�un�certo�senso�si�è
sempre�avuta�la�sensazione
che�fosse�lui�il�più�difficile�da
battere�per�chiunque.�
Le�stagioni�del�vero�dominio
sono�infatti�state�soltanto�la
prima�e�l'ultima�di�questo
quinquennio�(2011�e�2015),
mentre�nel�2013�Novak�fu
costretto�addirittura�a
cedere�il�primo�posto�nella
classifica�di�fine�anno�a
Rafael�Nadal.�Anche�nel�2012
per�qualche�mese�Djokovic
fu�scavalcato�nel�ranking�da
Roger�Federer,�pur�riuscendo
alla�fine�a�chiudere�al
numero�1,�mentre�nel�2014
nonostante�un�bilancio
"normale"�negli�Slam�(un
quarto,�una�semifinale,�una
finale�e�una�vittoria),�riuscì�a
prendersi�senza�grossi
problemi�il�primato�a�fine
stagione.
Ad�ogni�modo,�in�questi
cinque�anni�Djokovic�è
riuscito�a�battere�molti
record,�e�i�suoi�numeri
iniziano�ad�avvicinarsi�a
quelli�dei�più�grandi
campioni�della�storia�del
tennis,�tanto�che�qualcuno
inizia�già�a�considerare�il
serbo�come�uno�dei�migliori
di�sempre,�se�non�addirittura
il�migliore�in�assoluto,�o
comunque�colui�che�a�fine
carriera�sarà�considerato�il
G.O.A.T.�(Greatest�Of�All
Time).�Probabilmente�un
azzardo�considerarlo�tale,
almeno�in�questo�momento,
anche�perché�la�carriera�del
giocatore�serbo�è�ancora
pienamente�in�corso�di
svolgimento,�molto�lontana
dalla�sua�fine.
Quali�sono�invece�i�records
che�Djokovic�deve�ancora
battere,�e�che�potrebbero
davvero�permettergli�di
diventare�il�miglior�giocatore
di�sempre?�In�questo�articolo
andremo�ad�analizzare�i�più
importanti,�cercando�poi�di
pronosticare�se�e�in�quanto
tempo�Novak�potrebbe
batterli�o�almeno�eguagliarli.
�
Titoli�nei�tornei�dello�Slam
Tra�tutti�i�primati,
probabilmente�quello�che
più�conta�per�qualunque
tennista,�è�il�numero�di�titoli
vinti�complessivamente�nei
tornei�dello�Slam.�Come�tutti
sappiamo,�è�un�record�che
appartiene�ormai�da�qualche
anno�a�Roger�Federer,
capace�di�arrivare�a�quota�17.
Djokovic�al�momento�è
fermo�a�11,�e�ha�quindi
bisogno�di�vincerne�almeno
altri�6�per�eguagliare�il
primato:�questo�perché�lo
svizzero�è�ancora�in�attività
e�potrebbe�a�sua�volta
vincere�altri�titoli,
consolidando�il�suo�record.
Molti�esperti�sostengono�che
il�serbo�possa�riuscire�a
batterlo�senza�grossi
problemi,�andando�ad�una
media�di�2�Slam�a�stagione
nei�prossimi�tre�anni.
�
Pronostico�personale:
Djokovic�non�batterà�questo
record.�Pur�avendo�in�questo
momento�un�tennis
superiore�a�tutti�i�suoi�rivali,
negli�Slam�ha�dimostrato�di
non�saper�sfruttare�tutte�le
occasioni�che�gli�si
presentano,�in�particolare�al
Roland�Garros,�torneo�cheancora�non�ha�mai�vinto.
Potrebbe�forse�eguagliareFederer�se�lo�svizzero�nonvincesse�altri�Slam.�Quarti�di�finale�consecutivi
nei�tornei�dello�Slam
Altro�record�che�appartiene
a�Federer�è�quello�dei�quarti
di�finale�consecutivi
conquistati�nei�tornei�dello
Slam.�L'elvetico�ne�ha
raggiunti�36�tra�il�2004�e�il
2013,�fermando�la�sua�serie
iniziata�a�Wimbledon�2004,
con�la�sconfitta�al�secondo
turno�nello�stesso�torneo�di
9�anni�dopo.�Djokovic�in
questo�momento�ha�una
serie�aperta�di�27�quarti
consecutivi,�ed�è�quindi
abbastanza�vicino�al�record
assoluto.
Djokovic:quali
altrirecord?
byMarcoDiNardo
Ormai�è�inutile�negarlo.�Negli
ultimi�5�anni�il�tennis�ha
avuto�un�dominatore�capace
di�scalzare�dalla�vetta�del
mondo�giocatori�come�Roger
Federer�e�Rafael�Nadal,�che
fino�al�2010�avevano�dato
vita�ad�una�delle�più
appassionanti�rivalità�della
storia�di�questo�sport.
�Parliamo�ovviamente�diNovak�Djokovic,�il�giocatoreche�dopo�aver�individuato
nell'intolleranza�al�glutine�ilsuo�problema�principale,�dal
2011�ha�cambiato�dietaeliminandolo�e�in�questomodo�dimenticando�tutti�i
disturbi�fisici�che�lo�avevanotormentato�fino�a�quelmomento.
�
Da�quella�stagione�in�avanti�il
tennista�serbo�è�diventato
l'uomo�da�battere,�e�in
questo�2016�cercherà�di
confermare�ancora�una�volta
il�suo�primato.�Intendiamoci,
non�si�può�dire�che�dal�2011
al�2015�la�situazione�sia�stata
sempre�la�stessa:�tra
un'annata�ed�un�altra�le�cose
sono�spesso�cambiate,�e
Djokovic�non�è�stato�sempre
il�numero�1�della�classifica,
ma�in�un�certo�senso�si�è
sempre�avuta�la�sensazione
che�fosse�lui�il�più�difficile�da
battere�per�chiunque.�
Le�stagioni�del�vero�dominio
sono�infatti�state�soltanto�la
prima�e�l'ultima�di�questo
quinquennio�(2011�e�2015),
mentre�nel�2013�Novak�fu
costretto�addirittura�a
cedere�il�primo�posto�nella
classifica�di�fine�anno�a
Rafael�Nadal.�Anche�nel�2012
per�qualche�mese�Djokovic
fu�scavalcato�nel�ranking�da
Roger�Federer,�pur�riuscendo
alla�fine�a�chiudere�al
numero�1,�mentre�nel�2014
nonostante�un�bilancio
"normale"�negli�Slam�(un
quarto,�una�semifinale,�una
finale�e�una�vittoria),�riuscì�a
prendersi�senza�grossi
problemi�il�primato�a�fine
stagione.
Ad�ogni�modo,�in�questi
cinque�anni�Djokovic�è
riuscito�a�battere�molti
record,�e�i�suoi�numeri
iniziano�ad�avvicinarsi�a
quelli�dei�più�grandi
campioni�della�storia�del
tennis,�tanto�che�qualcuno
inizia�già�a�considerare�il
serbo�come�uno�dei�migliori
di�sempre,�se�non�addirittura
il�migliore�in�assoluto,�o
comunque�colui�che�a�fine
carriera�sarà�considerato�il
G.O.A.T.�(Greatest�Of�All
Time).�Probabilmente�un
azzardo�considerarlo�tale,
almeno�in�questo�momento,
anche�perché�la�carriera�del
giocatore�serbo�è�ancora
pienamente�in�corso�di
svolgimento,�molto�lontana
dalla�sua�fine.
Quali�sono�invece�i�records
che�Djokovic�deve�ancora
battere,�e�che�potrebbero
davvero�permettergli�di
diventare�il�miglior�giocatore
di�sempre?�In�questo�articolo
andremo�ad�analizzare�i�più
importanti,�cercando�poi�di
pronosticare�se�e�in�quanto
tempo�Novak�potrebbe
batterli�o�almeno�eguagliarli.
�
Titoli�nei�tornei�dello�Slam
Tra�tutti�i�primati,
probabilmente�quello�che
più�conta�per�qualunque
tennista,�è�il�numero�di�titoli
vinti�complessivamente�nei
tornei�dello�Slam.�Come�tutti
sappiamo,�è�un�record�che
appartiene�ormai�da�qualche
anno�a�Roger�Federer,
capace�di�arrivare�a�quota�17.
Djokovic�al�momento�è
fermo�a�11,�e�ha�quindi
bisogno�di�vincerne�almeno
altri�6�per�eguagliare�il
primato:�questo�perché�lo
svizzero�è�ancora�in�attività
e�potrebbe�a�sua�volta
vincere�altri�titoli,
consolidando�il�suo�record.
Molti�esperti�sostengono�che
il�serbo�possa�riuscire�a
batterlo�senza�grossi
problemi,�andando�ad�una
media�di�2�Slam�a�stagione
nei�prossimi�tre�anni.
�
Pronostico�personale:
Djokovic�non�batterà�questo
record.�Pur�avendo�in�questo
momento�un�tennis
superiore�a�tutti�i�suoi�rivali,
negli�Slam�ha�dimostrato�di
non�saper�sfruttare�tutte�le
occasioni�che�gli�si
presentano,�in�particolare�al
Roland�Garros,�torneo�cheancora�non�ha�mai�vinto.
Potrebbe�forse�eguagliareFederer�se�lo�svizzero�nonvincesse�altri�Slam.�Quarti�di�finale�consecutivi
nei�tornei�dello�Slam
Altro�record�che�appartiene
a�Federer�è�quello�dei�quarti
di�finale�consecutivi
conquistati�nei�tornei�dello
Slam.�L'elvetico�ne�ha
raggiunti�36�tra�il�2004�e�il
2013,�fermando�la�sua�serie
iniziata�a�Wimbledon�2004,
con�la�sconfitta�al�secondo
turno�nello�stesso�torneo�di
9�anni�dopo.�Djokovic�in
questo�momento�ha�una
serie�aperta�di�27�quarti
consecutivi,�ed�è�quindi
abbastanza�vicino�al�record
assoluto.
Pronostico�personale:�il
serbo�batterà�questo�record.
Ovviamente�dovrà�farlo
proseguendo�la�serie
attualmente�aperta,�perché
non�riuscendo�a�farlo�in
questo�modo,�diventerebbe
poi�impossibile�ripetere�una
striscia�così�lunga.�Ma
sembra�davvero�difficile�che
qualcuno�possa�batterlo
prima�dei�quarti�in�uno�Slam
nei�prossimi�3�anni.
�Titoli�alle�ATP�World�TourFinals
Ennesimo�record
appartenente�a�Federer�è
quello�dei�titoli�vinti�alle�ATP
World�Tour�Finals�di�fine
anno,�a�cui�partecipano�i
primi�8�giocatori�della
classifica�della�stagione�in
corso�di�svolgimento.�Lo
svizzero�ha�vinto�questo
evento�per�6�volte,
realizzando�tre�doppiette�nel
2003-2004,�2006-2007�e
2010-2011.�Djokovic�ha�già
battuto�il�record�di�titoli
consecutivi�alle�Finals,
vincendo�per�4�anni�di�fila
dal�2012�al�2015;�ma�come
numero�di�titoli�complessivi
il�serbo�è�arrivato�"solo"�a
quota�5�(vincendo�anche�nel
2008),�e�quindi�ha�bisogno
di�un'altra�affermazione�per
raggiungere�il�record�di
Roger.
�
Pronostico�personale:�Novak
batterà�questo�record�entro
il�2019,�vincendo�almeno
due�delle�prossime�quattroedizioni�del�torneo.�Anche�se
Federer�dovesse�vincere�unaltro�titolo�alle�Finals(sarebbe�il�numero�7),�perDjokovic�resterebbecomunque�possibile�battere
il�record�arrivando�a�8�titolicomplessivi.�Titoli�nei�tornei�Masters1000
Finalmente�un�primato�che
non�appartiene�a�Roger
Federer.�Il�giocatore�ad�aver
vinto�il�maggior�numero�di
titoli�nei�tornei�Masters�1000
è�Rafael�Nadal,�che�ne�ha
vinti�27.�Djokovic,�con�26
successi,�è�molto�vicino�al
maiorchino.�Nadal�cercherà
però�di�consolidare�il�suo
primato�in�questa�stagione
nei�Masters�1000�che�si
giocheranno�in�primavera
sulla�terra�rossa�(Monte-
Carlo,�Madrid�e�Roma),�dove
storicamente�è�quasi
imbattibile.
�
Pronostico�personale:
probabilmente�Djokovic
vincerà�uno�dei�due�Masters
1000�primaverili�sul
cemento�(Indian�Wells�o
Miami),�quindi�se�Nadal�non
vincerà�l'altro,�il�serbo�avrà
eguagliato�il�record.�Difficile
dire�se�poi�Novak�sarà�anche
in�grado�di�superare�lo
spagnolo:�dipenderà�più�da
Nadal�che�da�Djokovic.�Se
Rafa�riuscirà�a�vincere
almeno�un�Masters�1000
prima�del�Roland�Garros,�a
quel�punto�avrà�la�fiducia
per�vincerne�altri�e�il�record
resterà�suo.�In�caso
contrario,�Djokovic�batterà�il
record�entro�fine�stagione.�
Numero�di�stagioni�totali�econsecutive�terminate�alnumero�1
Il�primato�di�stagioni�sia
totali�che�consecutive
terminate�al�primo�posto�del
ranking�ATP,�appartiene�a
Pete�Sampras,�che�è�stato�il
numero�1�per�6�anni
consecutivi�tra�il�1993�e�il
1998.�Djokovic�al�momento�è
fermo�a�quota�4�stagioni�in
totale�e�2�consecutive,
essendo�stato�il�numero�1�nel
2011,�2012,�2014�e�2015.
Confermando�il�primato
quest'anno,�sarebbe�molto
vicino�all'americano,�almeno
per�quanto�riguarda�il
numero�totale�di�annate
terminate�al�numero�1.
�Pronostico�personale:
Djokovic�riuscirà�ad
eguagliare�Sampras�(ma�non
a�superarlo)�per�quanto
riguarda�il�numero�totale�di
stagioni�concluse�al�numero
1,�terminando�in�vetta�due
delle�prossime�tre�annate
(compresa�quella�in�corso).
Di�conseguenza�è
impossibile�che�riesca�ad
eguagliare�Pete�per�quanto
riguarda�il�numero�di�stagioni
consecutive�da�numero�1,
essendo�al�momento�in�serie
da�sole�2�stagioni�sulle�4
totali�chiuse�al�primo�posto
in�classifica.
�Numero�di�settimane
complessive�trascorse�alnumero�1Il�prossimo�primato�torna�ad
essere�nelle�mani�di�RogerFederer.�Parliamo�delmaggior�numero�di
settimane�trascorse�al�primo
posto�della�classifica
mondiale,�con�lo�svizzero
che�è�arrivato�addirittura�a
quota�302.�Djokovic�al
momento�è�quinto�in�questa
graduatoria,�con�185
settimane�da�numero�1.�La
buona�notizia�per�il�serbo�è
che�Federer�difficilmente
riuscirà�a�ritoccare�il�suo
record,�non�avendo�più�la
continuità�per�tornare�al
primo�posto�in�classifica
all'età�di�quasi�35�anni.
Dipenderà�quindi�solo�da
Novak.
�
Pronostico�personale:
Djokovic�non�riuscirà�a
battere�questo�primato.�Le
settimane�che�lo�dividono�da
Roger�sono�ancora�troppe.
Per�battere�questo�primato
dovrebbe�probabilmente
anche�superare�quello�delle
stagioni�terminate�al�numero
1,�appartenente,�come
abbiamo�detto,�a�Pete
Sampras�(6).�Appare�davvero
difficile�che�possa�farcela.
�Conclusioni
Concludiamo�quindi�con�un
riepilogo�dei�pronostici�fatti
per�quanto�riguarda�i�records
che�Djokovic�potrebbe
battere�nei�prossimi�anni.�I
primati�che�riuscirà�a
superare�sono�quelli�dei
quarti�di�finale�consecutivi
nei�tornei�dello�Slam,�e
quello�dei�titoli�vinti�alle�ATP
World�Tour�Finals.�Per
quanto�riguarda�il
numero�di�stagioni
complessive�concluse�al
numero�1�della�classifica,
riuscirà�ad�eguagliare
ma�non�a�battere�il
record�di�Pete�Sampras
(quello�di�stagioni
complessive,�mentre
quello�delle�stagioni
consecutive�resterà
sicuramente�nelle�mani
di�Sampras).
�
Non�riuscirà�invece�a
superare�il�numero�di
titoli�dello�Slam�di
Federer,�e�le�settimane
trascorse�in�vetta�alla
classifica,�altro�primato
appartenente�allo
svizzero.�Infine
l'incognita�più�grande,
quella�dei�titoli�Masters
1000:�dipenderà�da
quanti�titoli�di�questa
categoria�riuscirà�a
vincere�Nadal�prima�del
Roland�Garros�2016.
�
Se�lo�spagnolo�ne
vincerà�almeno�uno,�il
primato�resterà�suo,
altrimenti�verrà
superato�da�Djokovic
entro�la�fine�di
quest'anno.
quanto�riguarda�il
numero�di�stagioni
complessive�concluse�al
numero�1�della�classifica,
riuscirà�ad�eguagliare
ma�non�a�battere�il
record�di�Pete�Sampras
(quello�di�stagioni
complessive,�mentre
quello�delle�stagioni
consecutive�resterà
sicuramente�nelle�mani
di�Sampras).
�
Non�riuscirà�invece�a
superare�il�numero�di
titoli�dello�Slam�di
Federer,�e�le�settimane
trascorse�in�vetta�alla
classifica,�altro�primato
appartenente�allo
svizzero.�Infine
l'incognita�più�grande,
quella�dei�titoli�Masters
1000:�dipenderà�da
quanti�titoli�di�questa
categoria�riuscirà�a
vincere�Nadal�prima�del
Roland�Garros�2016.
�
Se�lo�spagnolo�ne
vincerà�almeno�uno,�il
primato�resterà�suo,
altrimenti�verrà
superato�da�Djokovic
entro�la�fine�di
quest'anno.
JelenaOstapenko
byAlexBisi
La�vittoria�a�Melbourne�di�Angelique�Kerber�haconfermato�che�se�non�vince�Serena,�in�tantese�la�possono�giocare,�e�ci�sono�alcune
giocatrici�molto�giovani�che�promettono�bene.�
Una�di�queste�è�Jelena�Ostapenko,�lettone,
classe�1997,�come�Belinda�Bencic,�che�ha
raggiunto�a�Doha�la�finale�del�torneo�cedendo
in�3�set�a�Carla�Suarez�Navarro.
�
Amante�della�danza,�che�ogni�tanto�pratica
ancora,�è�uno�dei�prospetti�più�interessanti�del
panorama�Wta.
�
Prodotto�dell’accademia�di�Bollettieri,�Jelena�è
dotata�di�un’ottimo�rovescio�bimane�che�usa
per�imporre�il�suo�gioco,�e�l’ha�portata�finora�a
conquistare�sette�titoli�in�singolare�nel�circuito
Itf.
�
Il�2015�è�l’anno�dell’esplosione,�dopo�aver
ricevuto�una�Wild�card�a�Wimbledon,�al�primo
turno�estromette�Carla�Suarez�Navarro�con�un
perentorio�2-0,�ma�esce�il�turno�successivo�per
mano�di�Kiki�Mladenovic.
Altre�buone�prestazioni�in�due�Itf,�poi�ad
Instanbul,�tenta�la�strada�delle�qualificazioniagli�UsOpen�raggiungendo�il�main�draw,vincendo�contro�Kuwata,�Glushko�e�Bellis.
�Vvince�il�primo�turno�contro�Annika�Beck,�edesce�il�secondo�per�mano�di�Sara�Errani�dopoaver�vinto�il�primo�set�6-0.�
Dopo�lo�Slam�americano�gioca�il�torneo�di
Quebec�City�dove�raggiunge�la�prima�finale�in
carriera�senza�però�riuscire�a�vincere,�battuta
dalla�Beck�che�si�prende�la�rivincita�del�match
di�New�York.
�
Ora�la�diciottenne�è�numero�41�in�classifica,
dimostrando�nonostante�la�giovane�età�di
esser�pronta�per�i�palcoscenici�più�importanti.
JelenaOstapenko
byAlexBisi
La�vittoria�a�Melbourne�di�Angelique�Kerber�haconfermato�che�se�non�vince�Serena,�in�tantese�la�possono�giocare,�e�ci�sono�alcune
giocatrici�molto�giovani�che�promettono�bene.�
Una�di�queste�è�Jelena�Ostapenko,�lettone,
classe�1997,�come�Belinda�Bencic,�che�ha
raggiunto�a�Doha�la�finale�del�torneo�cedendo
in�3�set�a�Carla�Suarez�Navarro.
�
Amante�della�danza,�che�ogni�tanto�pratica
ancora,�è�uno�dei�prospetti�più�interessanti�del
panorama�Wta.
�
Prodotto�dell’accademia�di�Bollettieri,�Jelena�è
dotata�di�un’ottimo�rovescio�bimane�che�usa
per�imporre�il�suo�gioco,�e�l’ha�portata�finora�a
conquistare�sette�titoli�in�singolare�nel�circuito
Itf.
�
Il�2015�è�l’anno�dell’esplosione,�dopo�aver
ricevuto�una�Wild�card�a�Wimbledon,�al�primo
turno�estromette�Carla�Suarez�Navarro�con�un
perentorio�2-0,�ma�esce�il�turno�successivo�per
mano�di�Kiki�Mladenovic.
Altre�buone�prestazioni�in�due�Itf,�poi�ad
Instanbul,�tenta�la�strada�delle�qualificazioniagli�UsOpen�raggiungendo�il�main�draw,vincendo�contro�Kuwata,�Glushko�e�Bellis.
�Vvince�il�primo�turno�contro�Annika�Beck,�edesce�il�secondo�per�mano�di�Sara�Errani�dopoaver�vinto�il�primo�set�6-0.�
Dopo�lo�Slam�americano�gioca�il�torneo�di
Quebec�City�dove�raggiunge�la�prima�finale�in
carriera�senza�però�riuscire�a�vincere,�battuta
dalla�Beck�che�si�prende�la�rivincita�del�match
di�New�York.
�
Ora�la�diciottenne�è�numero�41�in�classifica,
dimostrando�nonostante�la�giovane�età�di
esser�pronta�per�i�palcoscenici�più�importanti.
Il(futuro)
Dominatore
byFedericoMariani
Prima�Buenos�Aires,�poi�Acapulco�passando�per
Rio.�13�vittorie�su�14�match,�due�titoli
conquistati�(il�quarto�ed�il�quinto�in�carriera)�e
una�semifinale�tra�terra�e�cement.�In�mezzo�i
trionfi�con�Nadal,�Ferrer,�Dimitrov�e�Tomic.
Questo�è�il�febbraio�di�Dominic�Thiem.�Una
rampa�di�lancio�lunga�venti�giorni�che�proietta
il�talento�austriaco�alla�posizione�numero�14,
anticamera�della�top�ten�che�ora�dista�meno�di
300�punti.
�
Se�non�fosse�bastato�il�tris�di�vittorie
accompagnate�da�un�talento�puro�messe�in
scena�nel�2015�(Gstaad,�Umago�e�Nizza),�i�due
squilli�targati�2016�hanno�il�sordo�suono�della
conferma�per�Thiem,�oggi�più�di�ieri�una
certezza�nel�domani�del�tennis�mondiale.
�
In�uno�scenario�futuro�in�cui�fioccano�leincognite,�il�classe�’93�deve�ritagliarsi�un�ruoloda�protagonista�assoluto.�Senza�aver�paura
d’esagerare,�diviene�ora�quasi�obbligatorioparlare�di�top�five,�specie�in�un�ottimo�di
medio/lungo�periodo�dove�le�alternative�eccetto�rarissimi�casi��non�sembrano�per�nullasuperiori�a�Thiem,�anzi.�
La�somiglianza�tecnica�con�Stan�Wawrinka�è
piuttosto�notevole.�Come�Stan,�Thiem�ha
bisogno�di�spazio�e�tempo�per�poter�sciorinare
il�suo�repertorio�e�quindi�la�terra�battuta
diventa�l’habitat�naturale.�Come�Stan,�la
velocità�di�braccio�del�ragazzo�di�Wiener
Neustadt�è�sensazionale�con�due�fondamentali
di�rara�pesantezza�ed�un�servizio�che��se�in
giornata��risulta�intrattabili�per�i�rivali.�Come
Stan,�il�rovescio�è�il�pezzo�più�pregiato
dell’artiglieria:�pur�non�rispondendo�appieno�ai
canoni�estetici�più�classicheggianti,�il�rovescio
dell’austriaco�eseguito�con�una�disarmante
naturalezza�ha�un’efficacia�pazzesca�e,�nella
sua�variante�lungolinea,�è�semplicemente�uno
spettacolo�mozzafiato.
�
Alle�caratteristiche�tecniche,�va�aggiunta
un’attitudine�alla�lotta�ed�una�mentalità
vincente�piuttosto�infrequente�data�l’età.�Sei
finali�giocate�in�carriera�con�cinque�vittorie.
Dodici�tie�break�disputati�in�questo�scampolo
di�2016�con�nove�successi.�A�Buenos�Aires�ha
superato�Nadal�prima�ed�Almagro�poi�al�tie
break�del�terzo�set.�Sempre�in�Argentina�ha
girato�la�partita�di�secondo�turno�contro�Elias
grazie�al�tie�break�del�secondo�set�vinto�per
9-7�cancellando�con�un�ace�il�matchpoint�del
rivale.�Considerando�il�2016�Thiem�ha�vinto
tutte�le�sfide�protratte�al�set�decisivo�per�un
rotondo�(e�significativo)�7-0.�Numeri�che�sono
la�polaroid�di�un�carattere�forte,�di�una
personalità�spiccata,�di�un�ragazzo�che�è
pienamente�consapevole�dei�propri�mezzi�e
che�su�di�essi�ha�una�sconfinata�fiducia.
Altrimenti�non�batti�Nadal�al�tie�break�del�terzo
dopo�aver�salvato�un�matchpoint�(impresa
riuscita�solo�altre�sei�volte�contro�lo�spagnolo,
quattro�delle�quali�con�un�Rafa�non�ancora
ventenne).
�
Di�Stan,�tuttavia,�Dominic�mantiene�anche�i
difetti.�Pecche�da�limare�che,�però,�considerata
l’età�possono�allo�stesso�modo�rappresentare
ampi�margini�di�miglioramento.�Due�gli�aspetti
principali�da�migliorare:�la�troppa�lontananza
dalla�linea�di�fondo�in�primis,�l’efficacia�della
risposta�in�secondo�luogo.�Come�detto�in
precedenza,�Thiem�ha�bisogno�di�spazio�e
tempo�per�rendere�nel�migliore�dei�modi.
Il(futuro)
Dominatore
byFedericoMariani
Prima�Buenos�Aires,�poi�Acapulco�passando�per
Rio.�13�vittorie�su�14�match,�due�titoli
conquistati�(il�quarto�ed�il�quinto�in�carriera)�e
una�semifinale�tra�terra�e�cement.�In�mezzo�i
trionfi�con�Nadal,�Ferrer,�Dimitrov�e�Tomic.
Questo�è�il�febbraio�di�Dominic�Thiem.�Una
rampa�di�lancio�lunga�venti�giorni�che�proietta
il�talento�austriaco�alla�posizione�numero�14,
anticamera�della�top�ten�che�ora�dista�meno�di
300�punti.
�
Se�non�fosse�bastato�il�tris�di�vittorie
accompagnate�da�un�talento�puro�messe�in
scena�nel�2015�(Gstaad,�Umago�e�Nizza),�i�due
squilli�targati�2016�hanno�il�sordo�suono�della
conferma�per�Thiem,�oggi�più�di�ieri�una
certezza�nel�domani�del�tennis�mondiale.
�
In�uno�scenario�futuro�in�cui�fioccano�leincognite,�il�classe�’93�deve�ritagliarsi�un�ruoloda�protagonista�assoluto.�Senza�aver�paura
d’esagerare,�diviene�ora�quasi�obbligatorioparlare�di�top�five,�specie�in�un�ottimo�di
medio/lungo�periodo�dove�le�alternative�eccetto�rarissimi�casi��non�sembrano�per�nullasuperiori�a�Thiem,�anzi.�
La�somiglianza�tecnica�con�Stan�Wawrinka�è
piuttosto�notevole.�Come�Stan,�Thiem�ha
bisogno�di�spazio�e�tempo�per�poter�sciorinare
il�suo�repertorio�e�quindi�la�terra�battuta
diventa�l’habitat�naturale.�Come�Stan,�la
velocità�di�braccio�del�ragazzo�di�Wiener
Neustadt�è�sensazionale�con�due�fondamentali
di�rara�pesantezza�ed�un�servizio�che��se�in
giornata��risulta�intrattabili�per�i�rivali.�Come
Stan,�il�rovescio�è�il�pezzo�più�pregiato
dell’artiglieria:�pur�non�rispondendo�appieno�ai
canoni�estetici�più�classicheggianti,�il�rovescio
dell’austriaco�eseguito�con�una�disarmante
naturalezza�ha�un’efficacia�pazzesca�e,�nella
sua�variante�lungolinea,�è�semplicemente�uno
spettacolo�mozzafiato.
�
Alle�caratteristiche�tecniche,�va�aggiunta
un’attitudine�alla�lotta�ed�una�mentalità
vincente�piuttosto�infrequente�data�l’età.�Sei
finali�giocate�in�carriera�con�cinque�vittorie.
Dodici�tie�break�disputati�in�questo�scampolo
di�2016�con�nove�successi.�A�Buenos�Aires�ha
superato�Nadal�prima�ed�Almagro�poi�al�tie
break�del�terzo�set.�Sempre�in�Argentina�ha
girato�la�partita�di�secondo�turno�contro�Elias
grazie�al�tie�break�del�secondo�set�vinto�per
9-7�cancellando�con�un�ace�il�matchpoint�del
rivale.�Considerando�il�2016�Thiem�ha�vinto
tutte�le�sfide�protratte�al�set�decisivo�per�un
rotondo�(e�significativo)�7-0.�Numeri�che�sono
la�polaroid�di�un�carattere�forte,�di�una
personalità�spiccata,�di�un�ragazzo�che�è
pienamente�consapevole�dei�propri�mezzi�e
che�su�di�essi�ha�una�sconfinata�fiducia.
Altrimenti�non�batti�Nadal�al�tie�break�del�terzo
dopo�aver�salvato�un�matchpoint�(impresa
riuscita�solo�altre�sei�volte�contro�lo�spagnolo,
quattro�delle�quali�con�un�Rafa�non�ancora
ventenne).
�
Di�Stan,�tuttavia,�Dominic�mantiene�anche�i
difetti.�Pecche�da�limare�che,�però,�considerata
l’età�possono�allo�stesso�modo�rappresentare
ampi�margini�di�miglioramento.�Due�gli�aspetti
principali�da�migliorare:�la�troppa�lontananza
dalla�linea�di�fondo�in�primis,�l’efficacia�della
risposta�in�secondo�luogo.�Come�detto�in
precedenza,�Thiem�ha�bisogno�di�spazio�e
tempo�per�rendere�nel�migliore�dei�modi.
Spazio�e�tempo�che�non�sono�un�problema
sulla�terra,�ma�che�lo�diventano�su�superfici�più
veloci�dove�non�si�può�attendere�due�metri
dietro�la�baseline�per�ordire�le�trame�di�gioco.
E’�per�questo�che�se�Thiem�vuole�ambire�al
gotha�del�tennis��dove�il�suo�talento�lo�obbliga
a�puntare��deve�imparare�ad�avanzare�la�sua
posizione�in�campo�di�almeno�un�metro.
Elemento�imprescindibile�per�competere�ai
massimi�anche�sul�veloce,�dove
sostanzialmente�si�consuma�la�grossa�fetta
della�torta�Atp,�dove�si�edificano�le�classifiche
dei�top�ten,�dove�ballano�i�punti�pesanti.
L’eccessiva�arretratezza�in�campo,�così�come�la
risposta�spesso�troppo�remissiva,�sono�ad�oggi
un�limite�che�impedisce�all’austriaco�di
competere�coi�migliori�su�erba�ed�a�livello
indoor�dove�sì�è�importante�avere�un�ottimo
servizio,�ma�dove�forse�è�ancora�più�rilevante
non�peccare�di�passività.�Quando�Thiem
comanda�il�gioco�diventa�inarrestabile,�mentre
la�fase�difensiva�resta�poderosa�sulla�terra�ma
decisamente�meno�altrove.
�
Relazionato�a�Wawrinka,�Thiem�è�in�netto
vantaggio:�è�più�avanti�nel�ranking�rispetto�alla
versione�ventitreenne�dell’elvetico,�ha
conquistato�più�titoli�(già�5)�e�dà�un’idea�di
maggiore�solidità,�forza�sia�mentale�che�fisica,
di�quanto�lasciava�trasparire�Stan�sei,�cinque,
ma�anche�quattro�o�tre�anni�fa.�C’è,�per�ora,
un’unica�falla�nel�sistema-Thiem,�una�falla
peraltro�abbastanza�inspiegabile:�il�deficitario
ruolino�di�marcia�nei�tornei�dello�Slam.�Appena
quattro�partite�vinte�Major�nel�2015,�solo�un
ottavo�di�finale�come�miglior�risultato�(New
York�2014),�sono�troppo�poco�specie�se
relazionato�ai�risultati�negli�altri�tornei.�Troppo
poco�anche�in�relazione�alla�spropositata�forza
fisica�del�ragazzo�che�ha�nella�resistenza�e
nell’esplosività�qualità�indiscusse,�per�alcuni
versi�uniche,�e�che�quindi�dovrebbe�trovare
nella�lunga�distanza�dei�tre�set�su�cinque�un
fedele�alleato.
�
Tracciare�oggi�i�limiti�di�ciò�che�potrebbe
essere�un�ragazzo�di�ventitré�anni�è�un’impresa
ardua.�Visto�il�talento�che�sgorga�purissimo
nell’arsenale�di�Thiem,�la�serietà�assoluta�con
cui�si�approccia�al�tennis,�lo�straordinario
bagaglio�fisico�oltreché�tecnico�e�l’esperienza�di
un�coach�come�Gunter�Bresnik�a�guidarlo,
risulta�ora�estremamente�difficile�pensare�che
l’austriaco�possa�non�entrare�nei�primi�cinque
del�mondo�o�restare�a�secco�di�Slam.�E’
senz’altro�nata�una�stella,�ma�sarebbe�riduttivo
e�sciocco�accorgersene�solo�ora.
Sorelled'Italia:la
generazioned'orodel
tennisfemminile
byValerioCarriero
17�agosto�2009,�una�data�storica�nel�tennisfemminile�italiano�e�destinata�a�cambiare�lesorti�di�un’intera�generazione.�
Quel�lunedì�Flavia�Pennetta�diventava�la�prima
azzurra�a�valicare�quella�sorta�di�“Muro�di
Berlino”�ed�entrare�ufficialmente�in�top10,
culmine�di�un’estate�indimenticabile�in�termini
di�risultati.
�Eppure,�come�si�suol�dire,�il�meglio�dovevaancora�venire.�Sull’onda�del�successo�della
brindisina,�un’escalation�formidabile.�A�poco�meno�di�un�anno�di�distanza,�sul�rosso
di�Parigi,�arrivava�addirittura�il�primo�Slam�incampo�femminile�targato�Francesca�Schiavone,che�diventava�la�seconda�italiana�ad�entrare�tra
le�dieci�migliori�del�circuito,�e�la�prima�inassoluto�ad�accedere�alle�Finals�in�singolare�conla�nuova�formula,�sfiorando�uno�storico�bis�al
Roland�Garros�nel�2011�e�cedendo�solamente�infinale�a�Li�Na.
�Ma�era�sempre�ed�ancora�la�terra�francese�a�farsognare�un’altra�delle�nostre,�quella�Sara�Erraniche�si�arrese�nel�2012�solo�al�cospetto�di�una
Maria�Sharapova�a�caccia�del�suo�personaleCareer�Slam�e�da�allora�stabilmente�ai�piani�altidel�ranking,�galleggiando�tra�top�10�e�top�20.�
All’appello�come�in�ogni�“band”�che�si�rispetti
mancava�però�una�quarta�protagonista.�La�più
“sofisticata”�del�gruppo,�con�quel�tennis�tanto
difficile�da�mettere�in�pratica�quanto�da
contrastare�nei�periodi�di�massima�forma.
Parliamo�ovviamente�di�Roberta�Vinci,�spessobanalmente�considerata�come�gregario�in�una
nazionale�che�ha�sollevato�al�cielo�per�4�voltetra�2006�e�2013�la�Fed�Cup�(con�una�finalepersa�nel�2007),�o�semplicemente�una�delledue�“Cichis”,�binomio�formato�con�la�Errani�finoalla�passata�stagione,�con�tanto�di�Career�Slam
in�doppio�portato�a�termine.�
No,�Roberta�è�molto�di�più:�dopo�aver�faticato
a�tenere�il�passo�delle�altre�“sorelle”�ed�essersi
avvicinata�alla�top10�nel�2013,�la�Vinci
sembrava�aver�riposto�nel�cassetto�un�sogno
sempre�più�difficile�da�raggiungere.�Eppure,
anche�per�lei�il�meglio�doveva�ancora�arrivare.
Dopo�una�prima�metà�di�2015�disastrosa,�la
tarantina�ritrovava�il�feeling�con�le�vittorie�sul
cemento�americano�e�a�Flushing�Meadows
compiva�forse�la�più�grande�impresa�del�terzo
millennio:�batteva�Serena�Williams�e�volava�in
finale�Slam,�la�prima�per�lei,�da�giocare�contro
l’altrettanto�strepitosa�Pennetta.�Un�cerchio
che�idealmente�si�chiudeva,�che�andava�aldilà
della�sconfitta�patita�contro�la�brindisina�con
cui�aveva�incrociato�la�racchetta�dai�tornei
regionali�durante�l’infanzia.�L’ultima�tessera�del
puzzle�doveva�ancora�essere�piazzata,�quel
traguardo�a�lungo�inseguito�ed�ora
improvvisamente�più�abbordabile.�Alla�vigilia
del�suo�33°�compleanno�Roberta�riceveva
l’ufficialità�della�top10,�regalandosi�e�regalando
al�tennis�azzurro�la�quarta�tennista�capace�di
tagliare�questo�traguardo�e�con�almeno�una
finale�Slam�all’attivo.
�
Un�vero�e�proprio�miracolo�comprensibile�forse
solamente�alla�luce�di�paragoni�con�altri�Paesi:
escludendo�le�super-potenze�USA,�Russia�e
Repubblica�Ceca,�solo�la�Germania�(grazie�alla
Kerber�agli�scorsi�Australian�Open)�può
vantarne�quattro.�Sono�indietro�infatti�nazioni
del�calibro�di�Francia,�Spagna�e�Serbia�(quota
tre),�Romania�e�Belgio�(a�due)�e�via
discorrendo.
�
Insomma,�si�può�realmente�parlare�di�Italia�tra
le�grandi�potenze�nel�tennis�femminile�degli
anni�2000?�Assolutamente�sì:�due
campionesse�Slam�in�singolare�e�tre�finaliste,
tre�ex�nr.1�in�doppio�(Pennetta�in�coppia�con
Dulko,�Errani-Vinci)�ed�un�totale�di�sei�Major�in
questa�specialità,�quattro�Fed�Cup.�E�ancora,
per�due�volte�abbiamo�avuto�in�classifica�due
azzurre�contemporaneamente�in�top�10�(nel
2010�con�Schiavone�e�Pennetta�e�qualche
settimana�fa�con�ancora�Flavia��seppur�ritirata
�e�Vinci,�settimana�in�cui�si�poteva�vantare
anche�Sara�Errani�al�nr.17,�facendo�lievitare�il
conto�a�tre�italiane�nella�top20).
�
Cosa�chiedere�di�più?�Forse�un�ultimo
desiderio…
�
Le�Finals�anche�per�Roberta�Vinci,�l’unica�dellequattro�magnifiche�sorelle�a�non�aver�ancora
assaporato�il�prestigioso�palcoscenico.E�per�ora�la�Race�non�impedisce�di�sognare…
Francesca,SaraeRoberta:
ilrinascimentoazzurro
byGiorgioGiannaccini
Mentre�l'Italia�è�orfana�della�sua�Flavia
Pennetta,�diventata�campionessa�a�pochi�mesi
dal�ritiro�alle�competizioni�agonistiche,�e�vede
faticare�il�suo�più�grande�talento�Camila�Giorgi,
le�veterane�rimaste�in�competizioni�non�ci
stanno�al�declino.�
�
Francesca�Schiavone,�Sara�Errani�e�RobertaVinci�hanno�pensato�bene�di�riprendersi�unacuto�che�da�un�po'�di�tempo�mancava,�e�inpochi�giorni�tutte�e�tre�si�sono�fatte�da�sole�un
bel�regalo.��
Il�14�febbraio�la�Vinci�batte�la�giovane�promessa
Belinda�Bencic�in�quel�di�San�Pietroburgo�sul
cemento,�per�6-4�6-3,�regalandosi�quella
maledetta�top�ten�che�per�troppe�volte�aveva
solamente�sfiorato�e,�questa�volta,�non�più
ragazzina�l'ha�finalmente�raggiunta�a
coronamento�di�una�buonissima�carriera�che
l'ha�vista�anche�dominare�il�mondo,�insieme
all'altra�Cichi�(ora�odiata)�Sara�Errani,�nella
specialità�del�doppio.�
Inoltre�Roberta�ora�gioca�davvero�bene,�corre
di�più,�ha�meno�paura�nei�momenti�cruciali�del
match,�e�non�ha�perso�l'amore�per�il�gioco�di
tocco.�
�
Poi�il�20�febbraio�è�il�turno�di�Sara�Errani,�la�più
giovane�delle�veterane.�Non�più�tra�le�prime
dieci,�anche�lei�in�declino,�seppure�lieve.�
Da�tempo�ci�aveva�fatto�capire�che�prima�del
talento�ci�vuole�la�forza�di�volontà�per�ottenere
qualcosa�nella�vita,�specialmente�sportiva.�
Nel�torneo�di�Dubai,�dopo�aver�cominciatozoppicando�al�primo�turno�contro�la�Zheng
vincendo�7-5�6-3,�ha�poi�liofilizzato�la
Shvedova�nel�secondo�turno�per�poi�soffrire
contro�Madison�Brengle,�riuscendo�a�battere�la
statunitense�numero�60�del�mondo�solo�al
terzo�set�per�6-4.�Da�lì�un�crescendo,�con�la
semifinale�vinta�contro�la�non�facile�Elina
Svitolina,�più�giovane�e�numero�21�del�mondo,
regolata�per�6-4�6-4,�e�una�finale�stravinta,
dove�la�ceca�Strycova�è�stata�sgretolata�per
6-0�6-2.�
Un�trofeo�nel�cemento�di�Dubai�che�ha�ridatofiducia�a�Sarita,�sempre�e�per�semprecombattiva�ma�fino�a�quel�momento�menolucida,�agonisticamente�parlando,�rispetto�al
passato.��
Il�giorno�dopo�è�stata�la�volta�di�Francesca
Schiavone.�Era�da�un�po'�che�la�Leonessa�non
ruggiva.�
Dopo�i�successi�in�Fed�Cup,�il�Roland�Garros
vinto�e�l'altro�perso�in�finale,�in�molte�sisarebbero�ritirate,�lei�no.�Aveva�ancora�voglia�dicombattere�nonostante�stesse�ormai�in�declino.
Diremo�di�più,�era�uscita�anche�tra�le�prime
cento�del�mondo,�un'onta�a�cui�Francesca�ha
voluto�rimediare.�
E�Rio�de�Janeiro�è�stato�il�teatro�giusto�per
ricominciare.�In�un�torneo�che�non�le�ha
propinato�avversarie�imbattili�(la�giocatrice�più
alta�a�livello�di�classica�che�ha�incontrato�era
Mariana�Duque-Marino,�numero�81�del�mondo),
lei�ha�dovuto�comunque�lottare�molto�per
aggiudicarsi�quello�che�un�fortunato�sorteggio
le�aveva�dato.�
Al�secondo�turno�batteva�appunto�la�Dunque-Marino�in�una�sfida�tiratissima�finita�al�terzoset,�con�un�7-5�finale�in�favore�dell'azzurra.�
Il�turno�successivo�si�faceva�ancora�più�tosto
contro�l'olandese�Cindy�Burger,�addirittura�187
del�ranking�Wta.�
Dopo�un�primo�set�perso�6-3,�Francesca�siarrampicava�al�tie-break�del�secondo�set�dopo
aver�controbrekkato�l'avversaria�per�ben�duevolte�di�fila�mentre�quella�serviva�per�il�match
(sul�5-4�e�6-5),�e�poi�tornava�a�ruggire�comeuna�volta.�Salva�prima�un�match�point�e�poi�siaggiudica�il�tie�break�8�a�6.
La�pratica�viene�rimandata�al�terzo�set,�ma�è
ancora�Francesca�a�ruggire,�e�di�nuovo�si
Francesca,SaraeRoberta:
ilrinascimentoazzurro
byGiorgioGiannaccini
Mentre�l'Italia�è�orfana�della�sua�Flavia
Pennetta,�diventata�campionessa�a�pochi�mesi
dal�ritiro�alle�competizioni�agonistiche,�e�vede
faticare�il�suo�più�grande�talento�Camila�Giorgi,
le�veterane�rimaste�in�competizioni�non�ci
stanno�al�declino.�
�
Francesca�Schiavone,�Sara�Errani�e�RobertaVinci�hanno�pensato�bene�di�riprendersi�unacuto�che�da�un�po'�di�tempo�mancava,�e�inpochi�giorni�tutte�e�tre�si�sono�fatte�da�sole�un
bel�regalo.��
Il�14�febbraio�la�Vinci�batte�la�giovane�promessa
Belinda�Bencic�in�quel�di�San�Pietroburgo�sul
cemento,�per�6-4�6-3,�regalandosi�quella
maledetta�top�ten�che�per�troppe�volte�aveva
solamente�sfiorato�e,�questa�volta,�non�più
ragazzina�l'ha�finalmente�raggiunta�a
coronamento�di�una�buonissima�carriera�che
l'ha�vista�anche�dominare�il�mondo,�insieme
all'altra�Cichi�(ora�odiata)�Sara�Errani,�nella
specialità�del�doppio.�
Inoltre�Roberta�ora�gioca�davvero�bene,�corre
di�più,�ha�meno�paura�nei�momenti�cruciali�del
match,�e�non�ha�perso�l'amore�per�il�gioco�di
tocco.�
�
Poi�il�20�febbraio�è�il�turno�di�Sara�Errani,�la�più
giovane�delle�veterane.�Non�più�tra�le�prime
dieci,�anche�lei�in�declino,�seppure�lieve.�
Da�tempo�ci�aveva�fatto�capire�che�prima�del
talento�ci�vuole�la�forza�di�volontà�per�ottenere
qualcosa�nella�vita,�specialmente�sportiva.�
Nel�torneo�di�Dubai,�dopo�aver�cominciatozoppicando�al�primo�turno�contro�la�Zheng
vincendo�7-5�6-3,�ha�poi�liofilizzato�la
Shvedova�nel�secondo�turno�per�poi�soffrire
contro�Madison�Brengle,�riuscendo�a�battere�la
statunitense�numero�60�del�mondo�solo�al
terzo�set�per�6-4.�Da�lì�un�crescendo,�con�la
semifinale�vinta�contro�la�non�facile�Elina
Svitolina,�più�giovane�e�numero�21�del�mondo,
regolata�per�6-4�6-4,�e�una�finale�stravinta,
dove�la�ceca�Strycova�è�stata�sgretolata�per
6-0�6-2.�
Un�trofeo�nel�cemento�di�Dubai�che�ha�ridatofiducia�a�Sarita,�sempre�e�per�semprecombattiva�ma�fino�a�quel�momento�menolucida,�agonisticamente�parlando,�rispetto�al
passato.��
Il�giorno�dopo�è�stata�la�volta�di�Francesca
Schiavone.�Era�da�un�po'�che�la�Leonessa�non
ruggiva.�
Dopo�i�successi�in�Fed�Cup,�il�Roland�Garros
vinto�e�l'altro�perso�in�finale,�in�molte�sisarebbero�ritirate,�lei�no.�Aveva�ancora�voglia�dicombattere�nonostante�stesse�ormai�in�declino.
Diremo�di�più,�era�uscita�anche�tra�le�prime
cento�del�mondo,�un'onta�a�cui�Francesca�ha
voluto�rimediare.�
E�Rio�de�Janeiro�è�stato�il�teatro�giusto�per
ricominciare.�In�un�torneo�che�non�le�ha
propinato�avversarie�imbattili�(la�giocatrice�più
alta�a�livello�di�classica�che�ha�incontrato�era
Mariana�Duque-Marino,�numero�81�del�mondo),
lei�ha�dovuto�comunque�lottare�molto�per
aggiudicarsi�quello�che�un�fortunato�sorteggio
le�aveva�dato.�
Al�secondo�turno�batteva�appunto�la�Dunque-Marino�in�una�sfida�tiratissima�finita�al�terzoset,�con�un�7-5�finale�in�favore�dell'azzurra.�
Il�turno�successivo�si�faceva�ancora�più�tosto
contro�l'olandese�Cindy�Burger,�addirittura�187
del�ranking�Wta.�
Dopo�un�primo�set�perso�6-3,�Francesca�siarrampicava�al�tie-break�del�secondo�set�dopo
aver�controbrekkato�l'avversaria�per�ben�duevolte�di�fila�mentre�quella�serviva�per�il�match
(sul�5-4�e�6-5),�e�poi�tornava�a�ruggire�comeuna�volta.�Salva�prima�un�match�point�e�poi�siaggiudica�il�tie�break�8�a�6.
La�pratica�viene�rimandata�al�terzo�set,�ma�è
ancora�Francesca�a�ruggire,�e�di�nuovo�si
impone�definitivamente�6-3.�Una�facile
semifinale�vinta�contro�Petra�Martic�per�6-3
6-3,�è�solo�il�preludio�a�un'altra�battaglia�che�ci
sarà�in�finale�contro�l'americana�Shelby�Rogers.
In�un�match�a�dir�poco�strano,�dove�Francesca
perde�il�primo�set�6-2,�c'è�un'improvvisa
scintilla�italiana�che�in�poco�tempo�divampa�in
fuoco.�La�Leonessa�fa�suo�il�secondo�set�con�lo
stesso�punteggio:�6-2.�E�così�sarà�anche�il
terzo�set,�ovviamente�per�la�nostra�Francesca.
Un�ritorno�tanto�atteso,�nella�sua�superficie
amata:�la�terra.�
Un�ritorno�improvviso,�che�la�fa�rientrare�fra�le
prime�cento,�ovvero�nel�tennis�che�conta.
Ovvero�un�nuovo�messaggio�della�Schiavone�a
tutto�il�circuito,�un�grido�che�sta�ad�avvisare
che�la�vecchia�campionessa�non�è�ancora
finita...�“Francesca�c'è!”.�
�
A�questo�però�c'è�anche�da�dire�che�la�truppa
azzurra�sentirà�la�mancanza�in�campo�del
valore�della�Pennetta�in�Fed�Cup,�che�rimarrà
sicuramente�una�perdita�ingente.�
�
Certamente�anche�Camila�Giorgi�avrà�un�ruolo
importante,�soprattutto�per�ringiovanire�e
ringiovanire�il�gruppo�della�nostra�squadra�che
ora�non�è�più�brillante�e�vincente�come�negli
anni�scorsi,�è�lei�il�nuovo�talento�che�dovrà
guidare�la�nazionale.�
�
Anche�il�ritorno�di�Karin�Knapp�dall'infortunio
sarà�importante�in�ottica�nazionale,�avendo�un
tassello�di�una�certa�esperienza�e�qualità�a
disposizione.�
E'�chiaro�che�l'Italia�in�gonna�sta�ancora
aspettando��e�sarebbe�anche�ora��nuovecampionesse�o�quantomeno�dei�nuovi�giovani
talenti,�ma�nel�frattempo�che�attendiamo,�levecchie�non�hanno�intenzione�di�mettersi�da
parte.
Camila,che
succede?
byGiorgioGiannaccini
Qualcosa�non�torna�in�casaGiorgi.�
�
Non�è�certamente
l'eliminazione�al�primo�turno
degli�Australian�Open,�dove
tra�l'altro�Camila�si�è�arresa
valorosamente�a�Serena
Williams�per�6-4�7-5,�ma�è
tutto�il�resto.�
�
Un�inizio�di�stagionesicuramente�non�facilequello�del�2016,�con�5sconfitte�e�3�vittorie
(escludendo�la�Fed�Cup),senza�scordare�il�misterioso
forfait�dato�a�Doha.��
Mentre�le�altre�tenniste
italiane�più�“anziane”�stanno
cercando�di�riprendersi�la
gloria�passata�e�vincono
tornei�per�far�passare�in
secondo�piano�il�ritiro�della
campionessa�Slam�Flavia
Pennetta�-�prossimamente
sposa�di�Fabio�Fognini�-�la
Giorgi�non�riesce�a�fare
l'ulteriore�salto�di�qualità
richiesto,�in�primis�dalla�sua
giovane�età,�ma�soprattutto
dal�suo�enorme�talento.�
�
L'ex�numero�1�di�doppio,
Roberta�Vinci,�ha�appena
vinto�San�Pietruburgo�ed�è
finalmente�entrata,�dopo
tanti�anni,�in�top�10;�Sara
Errani�sta�cercando�di
scuotersi�dal�lungo�sonno
che�l'ha�eclissata�fuori�dalle
prime�dieci�e�recentemente
ha�fatto�suo�il�torneo�di
Dubai;�Francesca�Schiavone
con�uno�scatto�di�orgoglio�si
è�aggiudicata�lo�scettro�di
Rio�De�Janeiro,
riconquistando�così�la�top
100,�mentre�per�Camila�nulla
è�cambiato.�
�Eppure�le�ultime�notizie�diCamila�Giorgi�fuori�dal
campo�erano�state�moltoliete:�risale�infatti�al�22dicembre�scorso�la�notiziadel�fidanzamento�tra�laGiorgi�e�il�tennistarecanatese�Giacomo�Miccini,ormai�ex�grande�speranza
del�tennis�azzurro.�Fonti
indiscrete,�tra�l'altro,avrebbero�visto�proprioCamila,�durante�la�famosa
settimana�di�Doha�-�nellaquale�appunto�diede�forfait
-,�a�Recanati�in�compagnia�diMiccini.��
Chissà�se�questo�possa
testimoniare�un�sintomatico
stato�di�stanchezza�della
Giorgi�che�ha�voluto�così
prendersi�una�settimana�di
pausa,�in�compagnia�del
fidanzato,�per�staccare�dallo
stress�delle�competizioni�a
cui�è�sottoposta�quasi�ogni
giorno.�
�Tralasciando�per�unmomento�l'ipotesi�diun'attuale�appannamentopsico-fisico,�il�ranking�non
piange�ma�certamente�nonbrilla�neanche�con�la
posizione�numero�45�dellaclassifica�Wta.��
Mentre�l'Italia�tennis
femminile�scopre�le�sue
campionesse�in�tarda�età,�i
giovani�talenti�non�riescono
ad�emergere.�
Eh�sì,�perché�Camila�è�classe
'91,�e�se�è�vero�che�in�campo
maschile�parleremo�ancora
di�un�giovane�talento,�così
non�è�in�campo�femminile
dove�sappiamo�che�le�atlete
maturano�ed�esplodono
prima�dei�maschi�e,
ovviamente,�si�ritirano�anche
prima.�
Qui�rischiamo��non�ce�lo
auguriamo�ma�è�giusto�porci
il�dubbio��di�non�arrivare
mai�alla�definitiva
consacrazione,�e�dobbiamo
anche�capire�il�perché.�
�
Probabilmente�è�quel�suo
modo�di�giocare�che
preclude�totalmente�un
piano�B,�ovvero�sparare�a
tutto,�dritto,�rovescio�e
battuta,�senza�porsi�limiti.�
Ciò,�sia�chiaro,�ha�portato
buonissimi�risultati�come�la
posizione�numero�30�al
mondo�e�gli�scalpi�illustri�di
Maria�Sharapova,�Victoria
Azarenka�e�Caroline
Wozniacki,��ma�il�suo�talento
merita�sicuramente�un�posto
nel�novero�delle�dieci
migliori�tenniste�al�mondo,senza�dubbio.�
�
Ed�forse�qui�che�troviamo�i
limiti�di�papà�Sergio,�coach
che�ha�avuto�grandi�meriti
ma�che�ora�dimostra�anche
delle�consistenti�crepe�nel
gioco�inculcato�alla�figlia,�a
cui�non�può�riparare.�
Spesso�è�stato�dipinto�come
un�padre-padrone�di�origine
freudiana�e�leddiana,�ma�non
crediamo�sia�così.�
Difficile�vedere�quell'omino
dalla�folta�chioma�bianca
come�un�dispotico�padre,
piuttosto�parliamo�di�un
uomo�umile�che�si�è
improvvisato�personal
trainer,�coach,�finanziatore�e
procuratore�della�figlia,
facendo�mille�sacrifici�e�non
avendo�mai�dato�nulla�per
scontato�per�sopravvivere�e
guadagnarsi�il�pane
quotidiano.�
Ma�quest'uomo��questobuon�uomo��ora�dovrebbeabbandonare�il�timone�di
comando�e�lasciarlo�aqualcuno�che�possacompletare�il�gioco�di�Camila.
Non�tanto�tecnicamente�o
fisicamente�(entrambi�le�doti
ci�sono�nella�Giorgi)�quanto
tatticamente.�E'�qui�che�la
giovane�italo-argentina�fin
dagli�esordi�ha�sempre
latitato.�Il�tennis�non�è�solo
talento,�forza�bruta�e�corsa,
ma�anche��permetteteci�di
Camila,che
succede?
byGiorgioGiannaccini
Qualcosa�non�torna�in�casaGiorgi.�
�
Non�è�certamente
l'eliminazione�al�primo�turno
degli�Australian�Open,�dove
tra�l'altro�Camila�si�è�arresa
valorosamente�a�Serena
Williams�per�6-4�7-5,�ma�è
tutto�il�resto.�
�
Un�inizio�di�stagionesicuramente�non�facilequello�del�2016,�con�5sconfitte�e�3�vittorie
(escludendo�la�Fed�Cup),senza�scordare�il�misterioso
forfait�dato�a�Doha.��
Mentre�le�altre�tenniste
italiane�più�“anziane”�stanno
cercando�di�riprendersi�la
gloria�passata�e�vincono
tornei�per�far�passare�in
secondo�piano�il�ritiro�della
campionessa�Slam�Flavia
Pennetta�-�prossimamente
sposa�di�Fabio�Fognini�-�la
Giorgi�non�riesce�a�fare
l'ulteriore�salto�di�qualità
richiesto,�in�primis�dalla�sua
giovane�età,�ma�soprattutto
dal�suo�enorme�talento.�
�
L'ex�numero�1�di�doppio,
Roberta�Vinci,�ha�appena
vinto�San�Pietruburgo�ed�è
finalmente�entrata,�dopo
tanti�anni,�in�top�10;�Sara
Errani�sta�cercando�di
scuotersi�dal�lungo�sonno
che�l'ha�eclissata�fuori�dalle
prime�dieci�e�recentemente
ha�fatto�suo�il�torneo�di
Dubai;�Francesca�Schiavone
con�uno�scatto�di�orgoglio�si
è�aggiudicata�lo�scettro�di
Rio�De�Janeiro,
riconquistando�così�la�top
100,�mentre�per�Camila�nulla
è�cambiato.�
�Eppure�le�ultime�notizie�diCamila�Giorgi�fuori�dal
campo�erano�state�moltoliete:�risale�infatti�al�22dicembre�scorso�la�notiziadel�fidanzamento�tra�laGiorgi�e�il�tennistarecanatese�Giacomo�Miccini,ormai�ex�grande�speranza
del�tennis�azzurro.�Fonti
indiscrete,�tra�l'altro,avrebbero�visto�proprioCamila,�durante�la�famosa
settimana�di�Doha�-�nellaquale�appunto�diede�forfait
-,�a�Recanati�in�compagnia�diMiccini.��
Chissà�se�questo�possa
testimoniare�un�sintomatico
stato�di�stanchezza�della
Giorgi�che�ha�voluto�così
prendersi�una�settimana�di
pausa,�in�compagnia�del
fidanzato,�per�staccare�dallo
stress�delle�competizioni�a
cui�è�sottoposta�quasi�ogni
giorno.�
�
Tralasciando�per�un
momento�l'ipotesi�diun'attuale�appannamentopsico-fisico,�il�ranking�non
piange�ma�certamente�nonbrilla�neanche�con�la
posizione�numero�45�dellaclassifica�Wta.��
Mentre�l'Italia�tennis
femminile�scopre�le�sue
campionesse�in�tarda�età,�i
giovani�talenti�non�riescono
ad�emergere.�
Eh�sì,�perché�Camila�è�classe
'91,�e�se�è�vero�che�in�campo
maschile�parleremo�ancora
di�un�giovane�talento,�così
non�è�in�campo�femminile
dove�sappiamo�che�le�atlete
maturano�ed�esplodono
prima�dei�maschi�e,
ovviamente,�si�ritirano�anche
prima.�
Qui�rischiamo��non�ce�lo
auguriamo�ma�è�giusto�porci
il�dubbio��di�non�arrivare
mai�alla�definitiva
consacrazione,�e�dobbiamo
anche�capire�il�perché.�
�
Probabilmente�è�quel�suo
modo�di�giocare�che
preclude�totalmente�un
piano�B,�ovvero�sparare�a
tutto,�dritto,�rovescio�e
battuta,�senza�porsi�limiti.�
Ciò,�sia�chiaro,�ha�portato
buonissimi�risultati�come�la
posizione�numero�30�al
mondo�e�gli�scalpi�illustri�di
Maria�Sharapova,�Victoria
Azarenka�e�Caroline
Wozniacki,��ma�il�suo�talento
merita�sicuramente�un�posto
nel�novero�delle�dieci
migliori�tenniste�al�mondo,senza�dubbio.�
�
Ed�forse�qui�che�troviamo�i
limiti�di�papà�Sergio,�coach
che�ha�avuto�grandi�meriti
ma�che�ora�dimostra�anche
delle�consistenti�crepe�nel
gioco�inculcato�alla�figlia,�a
cui�non�può�riparare.�
Spesso�è�stato�dipinto�come
un�padre-padrone�di�origine
freudiana�e�leddiana,�ma�non
crediamo�sia�così.�
Difficile�vedere�quell'omino
dalla�folta�chioma�bianca
come�un�dispotico�padre,
piuttosto�parliamo�di�un
uomo�umile�che�si�è
improvvisato�personal
trainer,�coach,�finanziatore�e
procuratore�della�figlia,
facendo�mille�sacrifici�e�non
avendo�mai�dato�nulla�per
scontato�per�sopravvivere�e
guadagnarsi�il�pane
quotidiano.�
Ma�quest'uomo��questobuon�uomo��ora�dovrebbeabbandonare�il�timone�di
comando�e�lasciarlo�aqualcuno�che�possacompletare�il�gioco�di�Camila.
Non�tanto�tecnicamente�o
fisicamente�(entrambi�le�doti
ci�sono�nella�Giorgi)�quanto
tatticamente.�E'�qui�che�la
giovane�italo-argentina�fin
dagli�esordi�ha�sempre
latitato.�Il�tennis�non�è�solo
talento,�forza�bruta�e�corsa,
ma�anche��permetteteci�di
dire��intelligenza�e�tattica.��
E�finché�Camila�Giorgi�non
introdurrà�nel�suo�bagaglio
tennistico�anche
quest'ultimo�e�decisivo
fattore,�non�potrà�mai
esprimere�il�suo�potenziale�-
che�madre�natura�le�ha�dato
-�al�cento�per�cento.�Diversigiocatori�hanno�fatto
dell'intelligenza�tattica�il�loromiglior�dono:�pensiamo�aFabrice�“The�Magican”Santoro,�all'umile�malavoratore�Rainer�Schüttler,al�vecchio�pluricampione
svedese�Mats�Wilander�o�alla
smilza�ma�efficacissima
polacca�Agnieszka
Radwanska.�Tutti�a
dimostrare�che�l'intelligenza
è�un�dono,�figurarsi�quando
la�si�può�anche�abbinare�a
grandi�doti�tecniche...�che
può�venir�fuori?�La�vera
Camila�Giorgi!
Nuovitalenti
cercasi!
byG.Giannaccini
L'ultima�partita�di�Coppa�Davis
ha�chiaramente�mostrato�unacosa,�ovvero�il�mancatorinnovamento�generazionaledella�nostra�nazionale�di�tennis.��
Partiamo�dal�principio:�con�la
mancata�presenza�sia�di�Roger
Federer�che�di�Stanislas
Wawrinka�la�partita�contro�la
Svizzera�era�praticamente�già
vinta�in�partenza.�
�
Persino�il�forfait�improvviso�del
numero�1�azzurro��Fabio
Fognini,�causato�da�un
infortunio�agli�addominali,�non
metteva�in�discussione�il
pronostico�del�match�che
rimaneva�appunto�nettamente
schiacciante.�Il�risultato�è�stato
che�il�livello�di�tennis�espresso
da�entrambe�le�squadra,�in�quel
di�Pesaro,�nel�match�di�Coppa
Davis,�è�stato�davvero�basso.
D'altronde�lo�stesso�pubblico�in
tribuna�non�è�stato�poi�così
numeroso.�Se�pensiamo�inoltre
che�tra�i�due�singolaristi�del
nostro�team�c'era�Paolo�Lorenzi,
un�ragazzo�a�dir�poco
eccezionale�per�quello�che�ha
conseguito�in�carriera,�avendo�a
disposizione�pochissimi�mezzi
tecnici,�davvero�modesti,
capiamo�tutto.
Parliamo�infatti�di�un�giocatore�sì�con�un�best�ranking�da�49�del
mondo,�ma�anche�con�un�gioco�che�non�prevede�grande
spettacolo�e�nemmeno�naturalezza�nei�colpi.�Solo�una�grande
abnegazione�e�voglia�di�lavorare�ha�contraddistinto�la�carriera�di
Lorenzi.�Il�gioco�e�i�colpi,�se�li�andiamo�ad�analizzare,�sono�forse
da�giocatore�con�classifica�da�200�del�mondo�o�giù�di�lì.�
Forse��non�ci�voglia�male�Lorenzi�-�un�giocatore�un�po'�troppomodesto�per�rappresentare�il�secondo�singolarista�dell'Italia�in
Coppa�Davis.
Se�dall'altra�parte�ci�mettiamo�un�Andreas
Seppi�non�in�formissima,�ecco�che�il�nostro
team�non�è�poi�così�forte,�al�contrario�di�quello
che�il�nostro�capitano�non�giocatore,�Corrado
Barazzutti,�si�è�lasciato�sfuggire�dopo�la�vittoria
del�doppio�azzurro�che�sanciva�il�3-0�dell'Italia
e�quindi�il�passaggio�del�turno:�“In�Davis,�sulla
terra,�siamo�tra�le�due�squadre�più�forti�del
mondo”.�
�
Certo,�la�partita�è�filata�via�in�modo�liscio,�con
la�vittoria�a�risultato�acquisito�anche�del
debuttante�Marco�Cecchinato�e�la�seconda�di
Paolo�Lorenzi�contro�il�quarto�giocatore�del
team�svizzero,�tale�Antoine�Bellier�.�Un
avversario,�insomma,�di�due�livelli�sotto�se�non
tre.�
�
Ma�prendiamo�realisticamente�come�ipotesi
che�la�Svizzera�avesse�potuto�portare�solo�unodei�suoi�due�fenomeni,�siamo�sicuri�cheavremmo�passato�il�turno?�Difficile�crederlo.�
�
L'Italia,�escluso�Fognini�che�può�essere
competitivo�contro�tutti��quando�non�gli�parte
il�cervello�,�non�sembra�avere�un�degno�erede.
Seppi�non�è�più�un�giovincello�dalle�belle
speranze,�ma�un�giocatore�solido�a�cui�non�puoi
certo�chiedere�di�vincere�la�Davis.�
Simone�Bolelli�è�invece�un�talento�immenso,
che�però�contro�un�avversario�fra�i�primi�cento
può�perdere�con�chiunque.�
E�all'orizzonte�non�si�vedono�nuovi�talenti.��
E'�pur�vero�che�in�questo�momento�ha�fatto
una�buonissima�crescita�Marco�Cecchinato�(tra
l'altro�ora�indagato�per�aver�truccato�un
incontro),�entrando�nei�primi�90�del�mondo,
ma�da�qui�a�dire�che�diventerà�il�futuro�della
nazionale�italiana�in�Coppa�Davis�ce�ne�passa.�
�
Matteo�Donati�è�invece�un�profilo�interessante,
ma�è�ancora�presto�per�capire�il�suo�destino,�e
poi�non�si�vede�davvero�nient'altro
all'orizzonte.�
Thomas�Fabbiano�a�breve�farà�27�anni�e�con�i
suoi�173�centimetri�è�difficile�ipotizzare�che
possa�fare�un�improvviso�salto�di�qualità.�
Di�Federico�Gaio�e�Giacomo�Miccini�si�sono
perse�le�tracce,�a�maggior�ragione,�però,�con�il
secondo.�Il�recanatese�naviga�vicino�alla
posizione�1000�del�ranking�Atp�e�sembra
difficile�che�possa�diventare�qualcuno�nel
tennis�che�conta,�mentre�invece�Gaio,
decisamente�più�in�là�con�la�posizione�216,
sembra�forse�ancorato�a�una�carriera�a�quei
livelli.�
�
Poi�c'è�il�nodo�Gianluigi�Quinzi:�mentre�le
nuove�leve�come�Thanasi�Kokkinakis,�Borna
Coric,�Nick�Kyrgios�ma�anche�quel�tale�Hyeon
Chung�-�che�aveva�battuto�in�finale�a
Wimbledon�juniores�-�ora�stanno�dimostrando
al�ranking�Atp�chi�sono,�lui�dove�stai?�
Dopo�aver�nuovamente�cambiato�coach,�visti�icontinui�fallimenti�tennistici�degli�ultimi�tempi,
ci�si�chiede�se�le�velleità�del�marchigiano,�senza�dubbi�assoluto�talento�del�tennis�italiano,�possano
realmente�avverarsi.�
Nel�frattempo�la�classifica�piange�con�la�posizione�numero�433,�e�a�noi�ci�accompagna�il�sospetto�se
questo�giovane�ventenne�non�sia�l'ennesimo�grande�talento�italiano�che�non�sboccerà�più.
JuanCarlosFerrero:"Ai
ragazziinsegnochesenza
ildurolavorononsiarriva
danessunaparte"
Intervistiamo�Juan�Carlos�Ferrero�che�ci
racconta�la�sua�quotidianità�allenando�i
ragazzi�della�sua�accademia,�e�se�si�vede
allenatore�di�un�tennista�nel�futuro.
Juan�Carlos�Ferrero�ci�apre�le�porte�della�sua
accademia,�la�JC�Ferrero�Sport�Equelite
Academy.�Ci�riceve�e�ci�racconta
dettagliatamente�la�sua�vita�quotidiana,�dato
che�il�ragazzo�di�Onteniente�vive�all’interno
dell’accademia�e�spesso�si�allena�con�i�suoi
giocatori,�ai�quali�può�dare�preziosi�consigli
derivanti�dall’esperienza�di�un�ex-numero�1�del
mondo.
Juan�Carlos,�mi�incuriosisce�vedere�che�adifferenza�di�altre�Accademie�conosciute,�tu
vivi�al�suo�interno,�giusto?
Ci�sono�molte�accademie�con�nomi�di�tennisti
professionisti,�ma�senza�un�lavoro�consistente,
il�nome�non�serve.�JCFerrero-Equelite,�oltre�al
lavoro�di�grandi�coach�professionisti�come�Toni
(Antonio�M.�Cascales)�o�Samuel�López,�ha�la
possibilità�di�avermi�qui�tutti�i�giorni.�Che�io
viva�nella�struttura,�conosca�e�possa�consigliare
i�giocatori,�che�possa�allenarmi�e�giocare�partite
con�loro...�Logicamente�è�un�plus�che�non�offre
nessun’altra�accademia.
Questo�sarà�uno�dei�motivi�per�i�quali�molti
ragazzi�scelgono�di�allenarsi�ad�Equelite,�no?
Sapere�che�tu�sarai�li,�osservandoli,�dandogli
consigli,�il�tuo�appoggio...
Sicuramente�influisce,�ma�preferisco�che
vengano,�e�considero�che�molti�lo�fanno,�per
chi�siamo.�Lavoriamo�da�più�di�25�anni,�e�la�lista
di�giocatori�che�son�passati�per�l’accademia,
senza�contare�solo�il�sottoscritto,�è
impressionante.�Abbiamo�sempre�buoni
giocatori�e�giocatrici,�e�questo�è�ciò�che�la
gente�deve�valorizzare.�Per�rimanere�con�noi,
devono�valorizzare�come�li�trattiamo�e
seguiamo,�tanto�a�livello�sportivo�che
personale.�Qui�da�noi�vengono�seguiti�molto
bene.
Cos’è�che�più�ti�piace�nel�poter�lavorare�con
bambini?
Non�lavoro�molto�con�i�bambini,�ma�le�volte�in
cui�entro�in�campo�con�i�più�piccoli,�è�stupendo
vedere�il�loro�desiderio�di�giocare�a�tennis�e
rispondere�alle�domande�che�mi�fanno.�Per�loro
è�come�un’avventura,�e�se�li�aiuti�a�viverla�si
appassioneranno�allo�sport.
Sono�difficili�da�gestire�a�volte?
Ogni�persona�ha�un�suo�particolare�carattere.�In
più�abbiamo�ragazzi�che�affrontano�un’epoca
difficile:�la�pubertà,�con�tutto�ciò�che�ne�deriva.
Alcuni�devono�anche�gestire�una�pressione
maggiore�di�quella�che�dovrebbero�avere�alla
loro�età.�Bisogna�stargli�vicino�e�aiutarli�per
quanto�possibile.
Che�consigli�dai�a�quei�giocatori�che�sognano
di�arrivare�in�alto�un�giorno?
Gli�dico�che�senza�duro�lavoro�non�si�arriva�da
nessuna�parte.�In�più�gli�chiedo�umiltà.
Con�l’arrivo�di�tenniste�come�Carla�Suarez�o
Garbiñe�Muguruza,�hai�notato�un
incremento�di�ragazze�che�vogliono�essere
tenniste�rispetto�al�passato?
Sinceramente,�non�tanto.��una�cosa�che
accade�ormai�da�tempo�nel�tennis�maschile:
abbiamo�avuto�una�generazione�irripetibile�di
giocatori�e�giocatrici,�con�più�di�10�Top100�e�2
o�3�Top10�da�parecchi�anni,�e�questo�non�si�sta
ripercuotendo�nelle�scuole�tennis�di�base.
Bisogna�avvicinare�più�giovani�praticanti�al
tennis,�con�progetti�come�il�Circuito�open
Promesas�o�lo�Street�Tennis�che�stiamo
realizzando�da�anni,�ma�portarli�ad�un�livellonazionale.
Com’è�il�tipico�giorno�di�Ferrero�in
accademia?
Cerco�sempre�di�far�colazione�nella�nostra
caffeteria.��dove�facciamo�il�punto�della
situazione�degli�ultimi�avvenimenti,�e�dove
posso�incontrare�chiunque�abbia�bisogno�di�me.
Dopodichè�passo�per�i�campi,�in�cui�si�stanno
già�allenando�i�nostri�giocatori,�e�a�partire�da
qui�la�mia�giornata�può�variare
considerevolmente.�Cerco�sempre�di
incorporarmi�in�campo�con�qualche�gruppo
almeno�una�volta�a�settimana�e,�se�riesco,�ogni
pomeriggio�vado�in�palestra�insieme�ai�ragazzi
che�stanno�terminando�la�loro�giornata�di
allenamento.
�
Cosa�ti�rende�più�orgoglioso�della�tua
accademia?
Avere�ottenuto,�solo�con�i�nostri�sforzi�e
nessun�tipo�di�sovvenzione�o�aiuti,�un�centro�di
allenamento�che�oggi�è�conosciuto�nel�mondo
del�tennis.�A�livello�sportivo,�chiaramente,
vincere�il�Roland�Garros�e�raggiungere�la�prima
posizione�mondiale.
A�livello�personale,�posso�dire�che�il�mio
massimo�orgoglio�è�aver�formato�una�famiglia
insieme�ad�Eva�e�nostra�figlia�Vega.
�Come�si�decide�mettere�in�piediun’accademia�come�questa?
�tutto�nato�spontaneamente.�Non�ho�creato
l’accademia,�ma�ci�sono�cresciuto�dentro,�e
questo�è�un�altro�punto�che�ci�differenzia�dalle
altre�accademie�di�prestigio.�Toni�(Cascales)
creò�l’accademia�per�me�e�gli�altri�ragazzi:
giocavamo�bene,�ma�vivevamo�lontano,�e
dovevamo�viaggiare�un�paio�d’ore�tutti�i�giorni
tra�casa�e�campi�per�poter�allenarci.�Così,
iniziammo�a�vivere�qui:�6/8�giocatori�e�3/4
JuanCarlosFerrero:"Ai
ragazziinsegnochesenza
ildurolavorononsiarriva
danessunaparte"
Intervistiamo�Juan�Carlos�Ferrero�che�ci
racconta�la�sua�quotidianità�allenando�i
ragazzi�della�sua�accademia,�e�se�si�vede
allenatore�di�un�tennista�nel�futuro.
Juan�Carlos�Ferrero�ci�apre�le�porte�della�sua
accademia,�la�JC�Ferrero�Sport�Equelite
Academy.�Ci�riceve�e�ci�racconta
dettagliatamente�la�sua�vita�quotidiana,�dato
che�il�ragazzo�di�Onteniente�vive�all’interno
dell’accademia�e�spesso�si�allena�con�i�suoi
giocatori,�ai�quali�può�dare�preziosi�consigli
derivanti�dall’esperienza�di�un�ex-numero�1�del
mondo.
Juan�Carlos,�mi�incuriosisce�vedere�che�adifferenza�di�altre�Accademie�conosciute,�tu
vivi�al�suo�interno,�giusto?
Ci�sono�molte�accademie�con�nomi�di�tennisti
professionisti,�ma�senza�un�lavoro�consistente,
il�nome�non�serve.�JCFerrero-Equelite,�oltre�al
lavoro�di�grandi�coach�professionisti�come�Toni
(Antonio�M.�Cascales)�o�Samuel�López,�ha�la
possibilità�di�avermi�qui�tutti�i�giorni.�Che�io
viva�nella�struttura,�conosca�e�possa�consigliare
i�giocatori,�che�possa�allenarmi�e�giocare�partite
con�loro...�Logicamente�è�un�plus�che�non�offre
nessun’altra�accademia.
Questo�sarà�uno�dei�motivi�per�i�quali�molti
ragazzi�scelgono�di�allenarsi�ad�Equelite,�no?
Sapere�che�tu�sarai�li,�osservandoli,�dandogli
consigli,�il�tuo�appoggio...
Sicuramente�influisce,�ma�preferisco�che
vengano,�e�considero�che�molti�lo�fanno,�per
chi�siamo.�Lavoriamo�da�più�di�25�anni,�e�la�lista
di�giocatori�che�son�passati�per�l’accademia,
senza�contare�solo�il�sottoscritto,�è
impressionante.�Abbiamo�sempre�buoni
giocatori�e�giocatrici,�e�questo�è�ciò�che�la
gente�deve�valorizzare.�Per�rimanere�con�noi,
devono�valorizzare�come�li�trattiamo�e
seguiamo,�tanto�a�livello�sportivo�che
personale.�Qui�da�noi�vengono�seguiti�molto
bene.
Cos’è�che�più�ti�piace�nel�poter�lavorare�con
bambini?
Non�lavoro�molto�con�i�bambini,�ma�le�volte�in
cui�entro�in�campo�con�i�più�piccoli,�è�stupendo
vedere�il�loro�desiderio�di�giocare�a�tennis�e
rispondere�alle�domande�che�mi�fanno.�Per�loro
è�come�un’avventura,�e�se�li�aiuti�a�viverla�si
appassioneranno�allo�sport.
Sono�difficili�da�gestire�a�volte?
Ogni�persona�ha�un�suo�particolare�carattere.�In
più�abbiamo�ragazzi�che�affrontano�un’epoca
difficile:�la�pubertà,�con�tutto�ciò�che�ne�deriva.
Alcuni�devono�anche�gestire�una�pressione
maggiore�di�quella�che�dovrebbero�avere�alla
loro�età.�Bisogna�stargli�vicino�e�aiutarli�per
quanto�possibile.
Che�consigli�dai�a�quei�giocatori�che�sognano
di�arrivare�in�alto�un�giorno?
Gli�dico�che�senza�duro�lavoro�non�si�arriva�da
nessuna�parte.�In�più�gli�chiedo�umiltà.
Con�l’arrivo�di�tenniste�come�Carla�Suarez�o
Garbiñe�Muguruza,�hai�notato�un
incremento�di�ragazze�che�vogliono�essere
tenniste�rispetto�al�passato?
Sinceramente,�non�tanto.��una�cosa�che
accade�ormai�da�tempo�nel�tennis�maschile:
abbiamo�avuto�una�generazione�irripetibile�di
giocatori�e�giocatrici,�con�più�di�10�Top100�e�2
o�3�Top10�da�parecchi�anni,�e�questo�non�si�sta
ripercuotendo�nelle�scuole�tennis�di�base.
Bisogna�avvicinare�più�giovani�praticanti�al
tennis,�con�progetti�come�il�Circuito�open
Promesas�o�lo�Street�Tennis�che�stiamo
realizzando�da�anni,�ma�portarli�ad�un�livellonazionale.
Com’è�il�tipico�giorno�di�Ferrero�in
accademia?
Cerco�sempre�di�far�colazione�nella�nostra
caffeteria.��dove�facciamo�il�punto�della
situazione�degli�ultimi�avvenimenti,�e�dove
posso�incontrare�chiunque�abbia�bisogno�di�me.
Dopodichè�passo�per�i�campi,�in�cui�si�stanno
già�allenando�i�nostri�giocatori,�e�a�partire�da
qui�la�mia�giornata�può�variare
considerevolmente.�Cerco�sempre�di
incorporarmi�in�campo�con�qualche�gruppo
almeno�una�volta�a�settimana�e,�se�riesco,�ogni
pomeriggio�vado�in�palestra�insieme�ai�ragazzi
che�stanno�terminando�la�loro�giornata�di
allenamento.
�
Cosa�ti�rende�più�orgoglioso�della�tua
accademia?
Avere�ottenuto,�solo�con�i�nostri�sforzi�e
nessun�tipo�di�sovvenzione�o�aiuti,�un�centro�di
allenamento�che�oggi�è�conosciuto�nel�mondo
del�tennis.�A�livello�sportivo,�chiaramente,
vincere�il�Roland�Garros�e�raggiungere�la�prima
posizione�mondiale.
A�livello�personale,�posso�dire�che�il�mio
massimo�orgoglio�è�aver�formato�una�famiglia
insieme�ad�Eva�e�nostra�figlia�Vega.
�Come�si�decide�mettere�in�piediun’accademia�come�questa?
�tutto�nato�spontaneamente.�Non�ho�creato
l’accademia,�ma�ci�sono�cresciuto�dentro,�e
questo�è�un�altro�punto�che�ci�differenzia�dalle
altre�accademie�di�prestigio.�Toni�(Cascales)
creò�l’accademia�per�me�e�gli�altri�ragazzi:
giocavamo�bene,�ma�vivevamo�lontano,�e
dovevamo�viaggiare�un�paio�d’ore�tutti�i�giorni
tra�casa�e�campi�per�poter�allenarci.�Così,
iniziammo�a�vivere�qui:�6/8�giocatori�e�3/4
impiegati,�in�una�casetta�con�palestra�e�appenadue�campi�da�tennis.�Crescendo,�iniziai�a
progredire�e�vincere�tornei,�quindi�decisi�diinvestire�nell’accademia.�Quando�mi�ritirai,decisi�di�continuare�a�vivere�al�suo�interno�eaiutare�i�ragazzi�a�raggiungere�i�propri�sogni,come�il�gruppo�di�persone�ancora�presenti�che
al�tempo�aiutarono�me.�
Il�Paddle�è�uno�sport�che�sta�andando�forte
in�Spagna,�e�tu�ne�sei�un�assiduo�praticante.
Date�lezioni�di�Paddle�o�lo�avete�previsto�in
un�futuro?
Non�direi�assiduo.�Ho�giocato�alcuni�tornei
perchè�sono�molto�competitivo�e�volevo
continuare�a�sentire�l’agonismo�in�qualche
modo.�Come�ho�giocato�tornei�di�paddle,�ho
giocato�e�giocherò�tornei�senior�di�tennis.�Per
quanto�riguarda�l’accademia,�abbiamo�un�buon
complesso�di�campi�da�paddle,�nei�quali�diamo
lezioni�e�giochiamo�varie�competizioni.
Tra�i�ragazzi�che�si�allenano�nella�tuaAccademia,�credi�che�ci�sia�qualcuno�di
grande�potenziale?
Abbiamo�vari�giocatori�con�molto�potenziale.
L’accademia�ha�un�numero�limitato�di�giocatori
residenti�proprio�per�garantirne�il�massimo
sviluppo�tennistico,�mantenendo�alta�la�qualità
a�discapito�della�quantità.�Abbiamo�un�buon
gruppo�Junior,�alcuni�di�loro�hanno�punti�ATP
ed�un�buon�ranking.�Sono�convinto�che�l’anno
prossimo�vedremo�salti�di�qualità�importanti�e
qualche�ingresso�nei�Top200/300.�Inoltre,
abbiamo�un�promettente�gruppo�under16.�A
parte�Nicola�Khun,�che�ha�già�ricevuto
importanti�riconoscimenti�internazionali,
alleniamo�Carlos�Sánchez�e�Rafa�Izquierdo.
Entrambi�spagnoli�quindicenni,�son�stati�finalisti
del�Master�Marca�under�16�e�sono�nel�Top5
nazionale�della�loro�categoria.�Anche�tra�le
ragazze�abbiamo�buone�giocatrici,�ma�sono
ancora�troppo�giovani�per�avere�nomi�in
evidenza.�Insegnare�ai�giovani�non�ha�risvegliato�in�te
la�voglia�di�essere�un�coach�nel�futuro?
È�un’attività�che�mi�attira�e�che�sarà�nei�miei
piani�futuri,�ma�con�calma.�Ho�già�avuto�e�avrò
esperienze�molto�positive�con�Nico�Almagro�e
altri�giocatori�dell’accademia,�così�come�ne�ho
avute�da�capitano�della�squadra�UCAM
(università�di�Murcia),�che�compete�nella�serie
più�alta�del�campionato�spagnolo�a�squadre.
�
Ti�vedi�ad�esempio�allenando�un�giovane�e
portando�ai�più�alti�livelli?
Certamente,�ma�come�ti�dicevo,�non�c’è�alcuna
fretta.
Perchéèimportantecapire
quandosicommetteun
erroretattico?
byFedericoCoppini
Capire�gli�errori�tattici�é�il�primo�passo�per
operare�scelte�migliori�per�il�futuro:se�non
comprendo�il�mio�errore�non�posso�fare�scelte
nuove
Perché�evitare�gli�errori�tattici�sono
importanti?
Capire�e�operare�scelte�tattiche�più�produttive
fa�innalzare�molto�repentinamente�il�livello�del
proprio�gioco:gi�la�semplice�presa�di
coscienza�dell'errore�contribuisce
notevolmente�a�evitare�di�ricaderci�
Questa�é�una�sostanziale�differenza�con�l'errore
tecnico�dove�il�prendere�coscienza�di�cosa�si
sbaglia�é�solo�il�primo�passo�per
correggerlo,poiché�occorre�poi�tanto�lavoro�in
allenamento�per�modificare�l'abitudine
sbagliata.
Altri�vantaggi�del�comprendere�l'erroretattico
Può�dare�spunti�molto�produttivi�per
l'allenamento�e�per�trovare�nuove�strategie�di
gioco.
Come�riconoscere�un�errore�tattico�visibileda�un�errore�tecnico
Dopo�un�errore�domandatevi�sempre:
Ero�in�equilibrio�e�ben�piazzato�sulla�pallaavversaria?
SI˜�:�probabile�errore�tecnico�NO�:�probabile
errore�tattico�di�presunzione
In�relazione�della�posizione�dell'avversario�e
con�le�mie�attuali�capacità�tecniche�ho�preso
la�decisione�giusta?
SI�:�errore�tecnico�NO�:�errore�tattico
(presunzione�o�scarsa�capacit�di�analisi�della
situazione)
Se�ho�preso�la�decisione�errata:cosa�avrei�dovuto�fare�=�feedback�utile�moltoimportante!
E�per�l'errore�tattico�nascosto?
E�il�più�difficile�da�comprendere�perché�,come
detto�sopra,�non�é�visibile�(e�non�comporta�la
perdita�del�punto),ma�é�una�scelta�errata�che
mi�comporta�uno�svantaggio�nello�scambio�Da
notare�che�in�uno�stesso�scambio�possiamo
commettere�molti�errori�di�scelta
Come�comprendere�un�errore�di�scelta
Capire�quando�si�sta�sbagliando�scelta�tattica
senza�un�riscontro�visibile�non�é�sempre�facile
a�meno�di�un�aiuto�esterno.
Un�buon�metodo�"fai�da�te"�parte�da�un�lavorodi�autoanalisi�fatto�a�tavolino:
1)�Utilizzate�le�vostre�esperienze�personali�di
gioco�e�trovate�le�situazioni�in�cui�gli�avversari
vi�creano�spesso�difficolt�tattiche�(In�che
zona�di�campo�mi�trovo?�Che�tipo�di�palla�mi
giocano?)
2)�Spendete�un�pò�di�tempo�per�capire�quale
potrebbe�essere�un�colpo�che�dovrebbe�essere
tatticamente�corretto�giocare�nella�particolare
situazione�(con�le�vostre�attuali�capacità
tecniche)�e�quale�sarebbe�la�direzione�giusta
per�rendere�il�colpo�il�più�efficace�possibile
3)�Provate�e�riprovate�ad�applicare�nelle�vostre
partite�queste�vostre�decisioni�tattiche�"ideali"
finché�non�saranno�automatizzate�ed
entreranno�a�fare�parte�del�vostro�schema
mentale
In�conclusione�migliorare�a�tennis�non�vuol�diresolo�giocare�meglio�il�diritto�o�il�servizio,vuoledire�soprattutto�pensare�meglio�in�ognisituazione�che�il�gioco�ci�pone�davanti�e,siccome�le�situazioni�nel�tennis�sono
molteplici,�questo�vuole�essere�uno�spunto�diquanto�potete�migliorare�il�vostro�giocosemplicemente...pensando!
Perchéèimportantecapire
quandosicommetteun
erroretattico?
byFedericoCoppini
Capire�gli�errori�tattici�é�il�primo�passo�per
operare�scelte�migliori�per�il�futuro:se�non
comprendo�il�mio�errore�non�posso�fare�scelte
nuove
Perché�evitare�gli�errori�tattici�sono
importanti?
Capire�e�operare�scelte�tattiche�più�produttive
fa�innalzare�molto�repentinamente�il�livello�del
proprio�gioco:gi�la�semplice�presa�di
coscienza�dell'errore�contribuisce
notevolmente�a�evitare�di�ricaderci�
Questa�é�una�sostanziale�differenza�con�l'errore
tecnico�dove�il�prendere�coscienza�di�cosa�si
sbaglia�é�solo�il�primo�passo�per
correggerlo,poiché�occorre�poi�tanto�lavoro�in
allenamento�per�modificare�l'abitudine
sbagliata.
Altri�vantaggi�del�comprendere�l'erroretattico
Può�dare�spunti�molto�produttivi�per
l'allenamento�e�per�trovare�nuove�strategie�di
gioco.
Come�riconoscere�un�errore�tattico�visibileda�un�errore�tecnico
Dopo�un�errore�domandatevi�sempre:
Ero�in�equilibrio�e�ben�piazzato�sulla�pallaavversaria?
SI˜�:�probabile�errore�tecnico�NO�:�probabile
errore�tattico�di�presunzione
In�relazione�della�posizione�dell'avversario�e
con�le�mie�attuali�capacità�tecniche�ho�preso
la�decisione�giusta?
SI�:�errore�tecnico�NO�:�errore�tattico
(presunzione�o�scarsa�capacit�di�analisi�della
situazione)
Se�ho�preso�la�decisione�errata:cosa�avrei�dovuto�fare�=�feedback�utile�moltoimportante!
E�per�l'errore�tattico�nascosto?
E�il�più�difficile�da�comprendere�perché�,come
detto�sopra,�non�é�visibile�(e�non�comporta�la
perdita�del�punto),ma�é�una�scelta�errata�che
mi�comporta�uno�svantaggio�nello�scambio�Da
notare�che�in�uno�stesso�scambio�possiamo
commettere�molti�errori�di�scelta
Come�comprendere�un�errore�di�scelta
Capire�quando�si�sta�sbagliando�scelta�tattica
senza�un�riscontro�visibile�non�é�sempre�facile
a�meno�di�un�aiuto�esterno.
Un�buon�metodo�"fai�da�te"�parte�da�un�lavorodi�autoanalisi�fatto�a�tavolino:
1)�Utilizzate�le�vostre�esperienze�personali�di
gioco�e�trovate�le�situazioni�in�cui�gli�avversari
vi�creano�spesso�difficolt�tattiche�(In�che
zona�di�campo�mi�trovo?�Che�tipo�di�palla�mi
giocano?)
2)�Spendete�un�pò�di�tempo�per�capire�quale
potrebbe�essere�un�colpo�che�dovrebbe�essere
tatticamente�corretto�giocare�nella�particolare
situazione�(con�le�vostre�attuali�capacità
tecniche)�e�quale�sarebbe�la�direzione�giusta
per�rendere�il�colpo�il�più�efficace�possibile
3)�Provate�e�riprovate�ad�applicare�nelle�vostre
partite�queste�vostre�decisioni�tattiche�"ideali"
finché�non�saranno�automatizzate�ed
entreranno�a�fare�parte�del�vostro�schema
mentale
In�conclusione�migliorare�a�tennis�non�vuol�diresolo�giocare�meglio�il�diritto�o�il�servizio,vuoledire�soprattutto�pensare�meglio�in�ognisituazione�che�il�gioco�ci�pone�davanti�e,siccome�le�situazioni�nel�tennis�sono
molteplici,�questo�vuole�essere�uno�spunto�diquanto�potete�migliorare�il�vostro�giocosemplicemente...pensando!
L’IMPORTANZADI
GUARDAREOLTRELA
SUPERFICIEDEL
COMPORTAMENTO
LEGATOALLAPARTITA
byFedericoCoppini
Contesto,�Forma,�e�Funzione...�
Ci�sono�tre�fattori�da�considerare�quando�sisviluppa�la�comprensione�del�comportamentodi�un�giocatore�durante�una�partita:�
-�Contesto-�il�Contesto�è�la�situazione�in�cui�di
solito�si�presenta�il�comportamento.�Se,�per
esempio,�un�particolare�comportamento�si
presenta�solo�in�determinate�situazioni�della
partita.
�
-�La�Forma-�La�Forma�è�ciò�che�vediamo�del
comportamento.�Quindi,�per�esempio,�un
giocatore�che�si�arrende�quando�perde,�un
giocatore�che�gioca�male�sotto�pressione,�o�un
giocatore�che�si�arrabbia�quando�non�rispetta�le
aspettative.
�
-�Funzione��la�Funzione�è�il�motivo�del
comportamento.�Quando�guardiamo�al
comportamento�attraverso�lenti�funzionali�ci
chiediamo�ripetutamente,�“Perché�il�giocatore
fa�così?”�“Quale�potrebbe�essere�il�motivo�per
cui�accade?”
�
Quando�osserviamo�in�maniera�approfondita�il
comportamento�del�giocatore�durante�una
partita�spesso�notiamo�che�simili�forme�di
comportamento�possono�avere�molte�diverse
funzioni.�È�la�funzione�che�è�importante�da
capire�per�il�giocatore�se�vogliono�essere�in
grado�di�regolare�il�loro�comportamento.�
Prendiamo�in�considerazione�un�giocatore�che
si�arrende�quando�perde.�La�funzione�del
comportamento�potrebbe�essere�una
mancanza�di�motivazione�per�giocare�bene.�Ma
spesso�incolpiamo�ingiustamente�la�scarsa
motivazione.�Forse�sono�colti�di�sorpresa�nei
loro�stessi�pensieri�come�“Non�c’è�niente�che
possa�fare”�e�agiscono�impotenti.�O�possono
anche�evitare�il�dolore�che�provano�quando
effettivamente�perdono�dopo�avere�dato�il�loro
meglio.�In�queste�occasioni�la�stessa�forma�di
comportamento�arrendersi-�è�causata�da
diverse�funzioni.
�
Contrariamente,�una�funzione�può�essere�vista
in�molte�forme.�Per�esempio,�la�funzione�di�un
giocatore�che�normalmente�riduce�ed�evita
stati�di�difficoltà�interna�di�ansia�e�dolore�che
prova�durante�e�dopo�una�performance�scarsa
può�essere�visto�nella�forma�di�rabbia,
arrendersi,�scarsa�concentrazione,�e�inventare
scuse.�Più�vediamo�partite�attraverso�una�lente
funzionale�più�saremmo�efficaci�nell’identificare
la�causa�e�nel�mantenere�i�fattori�che
contribuiscono�a�un�pattern�comportamentale
che�è�sempre�il�primo�fattore�per�regolare�le
azioni�competitive.
�Uno�sguardo�alla�Funzione�dell’allenatore�e
del�comportamento�genitoriale
�importante�anche�sviluppare�consapevolezza
delle�funzioni�del�nostro�stesso�allenare�e�dei
comportamenti�genitoriali.�Per�esempio,�so�che
quando�ho�urgenza�di�comunicare�la�mia
frustrazione�a�un�giocatore,�ci�possono�essere
diverse�funzioni�del�suo�comportamento.�In
alcuni�casi�potrei�fare�la�scelta�consapevole�di
motivare�il�giocatore�arrabbiandomi.�Ma�la
rabbia�spesso�serve�altre�funzioni,�potrei�essere
colto�nel�giudicare�la�prestazione�del�giocatore
come�“non�va�abbastanza�bene,�dovrebbero
fare�molto�meglio”.�oppure�la�rabbia�potrebbe
servire�erroneamente�a�ridurre�il�sentimento�di
imbarazzo�e�rabbia�che�provo�verso�la�scarsa
prestazione�del�giocatore.�E�questa�sfida�è
spesso�da�genitori�che�provano�in�maniera
naturale�le�emozioni�più�forte�quando
guardano�i�giocatori�sfidarsi.�Quindi�è�anche
importante�per�allenatori�e�parenti�di
monitorare�le�loro�sensazioni,�se�vogliamo
aumentare�intenzionalmente�le�nostre
interazioni�con�i�giocatori.�Cambiare
comportamento,�specialmente�quando�è
abituale,�è�difficile�per�giocatori,�allenatori,�e
genitori.�Ma�può�essere�fatto�in�maniera
efficace�quando�si�tiene�d’occhio�alla
comprensione�delle�funzioni�dei
comportamenti.
L’IMPORTANZADI
GUARDAREOLTRELA
SUPERFICIEDEL
COMPORTAMENTO
LEGATOALLAPARTITA
byFedericoCoppini
Contesto,�Forma,�e�Funzione...�
Ci�sono�tre�fattori�da�considerare�quando�sisviluppa�la�comprensione�del�comportamentodi�un�giocatore�durante�una�partita:�
-�Contesto-�il�Contesto�è�la�situazione�in�cui�di
solito�si�presenta�il�comportamento.�Se,�per
esempio,�un�particolare�comportamento�si
presenta�solo�in�determinate�situazioni�della
partita.
�
-�La�Forma-�La�Forma�è�ciò�che�vediamo�del
comportamento.�Quindi,�per�esempio,�un
giocatore�che�si�arrende�quando�perde,�un
giocatore�che�gioca�male�sotto�pressione,�o�un
giocatore�che�si�arrabbia�quando�non�rispetta�le
aspettative.
�
-�Funzione��la�Funzione�è�il�motivo�del
comportamento.�Quando�guardiamo�al
comportamento�attraverso�lenti�funzionali�ci
chiediamo�ripetutamente,�“Perché�il�giocatore
fa�così?”�“Quale�potrebbe�essere�il�motivo�per
cui�accade?”
�
Quando�osserviamo�in�maniera�approfondita�il
comportamento�del�giocatore�durante�una
partita�spesso�notiamo�che�simili�forme�di
comportamento�possono�avere�molte�diverse
funzioni.�È�la�funzione�che�è�importante�da
capire�per�il�giocatore�se�vogliono�essere�in
grado�di�regolare�il�loro�comportamento.�
Prendiamo�in�considerazione�un�giocatore�che
si�arrende�quando�perde.�La�funzione�del
comportamento�potrebbe�essere�una
mancanza�di�motivazione�per�giocare�bene.�Ma
spesso�incolpiamo�ingiustamente�la�scarsa
motivazione.�Forse�sono�colti�di�sorpresa�nei
loro�stessi�pensieri�come�“Non�c’è�niente�che
possa�fare”�e�agiscono�impotenti.�O�possono
anche�evitare�il�dolore�che�provano�quando
effettivamente�perdono�dopo�avere�dato�il�loro
meglio.�In�queste�occasioni�la�stessa�forma�di
comportamento�arrendersi-�è�causata�da
diverse�funzioni.
�
Contrariamente,�una�funzione�può�essere�vista
in�molte�forme.�Per�esempio,�la�funzione�di�un
giocatore�che�normalmente�riduce�ed�evita
stati�di�difficoltà�interna�di�ansia�e�dolore�che
prova�durante�e�dopo�una�performance�scarsa
può�essere�visto�nella�forma�di�rabbia,
arrendersi,�scarsa�concentrazione,�e�inventare
scuse.�Più�vediamo�partite�attraverso�una�lente
funzionale�più�saremmo�efficaci�nell’identificare
la�causa�e�nel�mantenere�i�fattori�che
contribuiscono�a�un�pattern�comportamentale
che�è�sempre�il�primo�fattore�per�regolare�le
azioni�competitive.
�
Uno�sguardo�alla�Funzione�dell’allenatore�edel�comportamento�genitoriale
�importante�anche�sviluppare�consapevolezza
delle�funzioni�del�nostro�stesso�allenare�e�dei
comportamenti�genitoriali.�Per�esempio,�so�che
quando�ho�urgenza�di�comunicare�la�mia
frustrazione�a�un�giocatore,�ci�possono�essere
diverse�funzioni�del�suo�comportamento.�In
alcuni�casi�potrei�fare�la�scelta�consapevole�di
motivare�il�giocatore�arrabbiandomi.�Ma�la
rabbia�spesso�serve�altre�funzioni,�potrei�essere
colto�nel�giudicare�la�prestazione�del�giocatore
come�“non�va�abbastanza�bene,�dovrebbero
fare�molto�meglio”.�oppure�la�rabbia�potrebbe
servire�erroneamente�a�ridurre�il�sentimento�di
imbarazzo�e�rabbia�che�provo�verso�la�scarsa
prestazione�del�giocatore.�E�questa�sfida�è
spesso�da�genitori�che�provano�in�maniera
naturale�le�emozioni�più�forte�quando
guardano�i�giocatori�sfidarsi.�Quindi�è�anche
importante�per�allenatori�e�parenti�di
monitorare�le�loro�sensazioni,�se�vogliamo
aumentare�intenzionalmente�le�nostre
interazioni�con�i�giocatori.�Cambiare
comportamento,�specialmente�quando�è
abituale,�è�difficile�per�giocatori,�allenatori,�e
genitori.�Ma�può�essere�fatto�in�maniera
efficace�quando�si�tiene�d’occhio�alla
comprensione�delle�funzioni�dei
comportamenti.
“Trainingforthe
match?...Trainingisthe
match!”
Ilgiocatoreela“sua”
partita
byFedericoCoppini
Così�come�il�giusto�approccio�alla�vita�di�tutti�i
giorni�ti�allena�agli�eventi�futuri,�l’allenamento
quotidiano�eseguito�con�costanza�e�tenacia�ti
rende�più�pronto�alle�sfide�che�ogni�gara,
diversa�da�un’altra,�comporta.�Seguendo�tale
linea�di�pensiero,�ogni�palla�giocata�con
disattenzione�o�sufficienza�in�allenamento
potrà�avere�come�diretta�conseguenza�un
punto�perso�in�gara,�ovvero�un�“errore”�tecnico,
tattico,�mentale�o�di�altra�natura,
corrispondente�al�tipo�di�“disattenzione”,�voluta
o�meno,�mostrata�in�una�precedente�seduta�di
allenamento�riguardo�l’aspetto�relativo
all’errore�commesso.
�
L’attenzione�o�la�disattenzione,�l’impegno�o�la
lascivia,�e�quant’altro�attenga�le�doti�personali
che�occorrono�al�giocatore�per�sostenere�dei
matches,�sono�appunto�“personali”.�È�lui�che
decide�se�e�come�profondere�le�sue�energie�ed
immetterle�nella�situazione�di�gioco,�così�come,
anche�di�conseguenza,�soltanto�lui,�che�la�vive
in�prima�persona,�può�spiegare�la�partita.
L’analisi�vera�e�accurata,�insomma�definitiva,
del�match�può�avvenire�soltanto�quando�è
finito�e�l’esito�è�deciso.�Allora�non�si�può
aggiungere�nulla,�se�non�delle�ultime
considerazioni�e�dei�buoni�propositi�per
rendere�meglio�nei�matches�successivi.
�
La�dicotomia�di�fondo,�prevalente,�che�spesso
regge�il�gioco,�è�però�quella�che�si�stabilisce�tra
il�giocatore,�cioè�la�persona�direttamente
interessata�(con�le�proprie�abilità,�paure,
certezze…),�e�l’esterno�(popolato�da�genitori,
allenatore,�pubblico…),�dimenticando�che�solo
il�primo�può�veramente�“sentire”�(e�di
conseguenza�razionalizzare�per�esprimerle)�le
“vibrazioni”�o�i�“flussi�di�energia”�che
intercorrono�tra�lui�e�la�palla�ogni�volta�che�la
colpisce,�quindi�spiegare�cosa�ha�provato�in
quel�preciso�momento,�in�quel�dato�punto,�in
presenza�di�determinate�condizioni�ambientali,
vivendo�pertanto�una�particolare�dimensione
psico-fisica�che�ha�deciso�l’esito�finale�del
colpo.�Il�giocatore�vive�la�“sua”�partita,
oggettiva�nella�sua�soggettività,�immune�a
qualsiasi�opinione�o�tentativo�di�analisi�esterni,
che�in�realtà�lasciano�il�tempo�che�trovano.
�
Vai�avanti,�gioca�le�infinite�partite�della�tua�vita
finché�non�ne�sarai�sazio,�sicuramente�mai�se
sei�un�vero�giocatore.�Ed�evolviti�nel�tempo�e
nello�spazio,�sviluppando�le�potenzialità�che
man�mano�scopri�di�possedere.�Approfondisci
la�conoscenza�di�te�stesso�e�leggerai�meglio
ogni�partita�così�come�ogni�istante�della�tua
vita.
Laforzanel
Doppio
byUmbertoLongoni
Se�qualcuno�vi�chiedesse
quale�tipo�di�giocatore�sia�unbuon�doppista,�vi�verrannoin�mente�certecaratteristiche�tecniche�:
ottimo�servizio�e�incisivarisposta,�buoni�fondamentali,veloce�conquista�della�rete,pregevole�gioco�al�volo�e
senso�della�posizione.�Sonod’accordo�ma,�come�al�solito,sottolineo�gli�aspettipsicologici:�per�prima�cosa,direi�che�un�buon�doppistaama�giocare�il�doppio�e�nonlo�considera�un�ripiego.�Gli
piace�fare�parte�di�un�team,
sebbene�composto�di�soli
due�elementi,�è�portato�a
condividere�e�a�comunicare.
�
In�effetti,�i��tennisti�di�club
spesso�credono�che�nel
doppio�uno�più�uno�debba
fare�due.�Invece�può
accadere�che�la�somma�dei
due�giocatori�sia�quattro,
perché�la�coppia�è
armonicamente
complementare�e�così�unita
che�ciascuno�supplisce�alle
lacune�dell’altro�ed�esalta�i
pregi�del�compagno.�Oppure
la�somma�dei�giocatori�può
avvicinarsi�allo�zero,�perché�i
due�non�si�“trovano”,�perché
non�sono�fatti�per�il�doppio,
o�perché�il�loro�gioco�viene
reciprocamente�sminuito
dalle�caratteristiche�tecniche
individuali.�O�magari,�tra�i
due,�sussistono
incomprensioni�o�c’è�uno
che�sottolinea�ogni�errore
del�compagno�e�così
quest’ultimo�annega�in�un
mare�di�insicurezze.�Del
resto,�nei�doppi�di�tennis
club�le�coppie�formate�da�un
“persecutore”�e�da�una
“vittima”,�sono�frequenti:
l’avete�notato�anche�voi?
�
La�luna�di�miele,�di�sale�e�difiele
Specialmente�a�basso�e
medio�livello,�comunque,�vi
sono�fasi�nella�coppia�che
tendono�a�ripetersi�se�le
cose�in�campo�non�vanno
bene�o�se�la�coppia�non�è
ben�assortita.�Quando�il
match�inizia,�tra�i�due
partners�di�doppio,�di�solito
è�un’autentica�luna�di�miele.
Ai�primi�errori,�si�dicono
“Scusa”,�“Peccato,�bravo�lo
stesso”,�“Ma�no...avrei
sbagliato�anch’io”,�“Non�fa
niente”,�“La�colpa�non�è�tua
ma�è�mia...”,�e�altre�sviolinate
che�avrete�sentito�infinite
volte.�Poi,�appena�la�coppia
incomincia�a�trovarsi�“sotto”
nel�punteggio,�il�tono
cambia,�l’atmosfera�si�fa
densa�ed�inizia�la�luna�di
sale,�con�le�reciproche
critiche�e�recriminazioni,
prima�in�modo�soffuso�e
contenuto,�poi�sempre�più
aperte�e�astiose.�Infine,
specialmente�se�ci�si
approssima�alla�sconfitta,�si
può�scivolare�nella�fase
estrema,�quella�della�luna�di
fiele:�la�coppia�scoppia
totalmente,�nel�senso�che
ormai�entrambi�giocano�un
solitario�singolo�mandandosi
regolarmente�a�quel�paese,
criticandosi�ferocemente�a
parole�o�in�modo
inequivocabile�tramite�i
messaggi�del�corpo�e�i�gesti
d’impazienza.
�
Quando�il�doppio�dà�il
meglio
Invece�il�doppio�funziona
quando�la�coppia�sa
mantenere�stima�e�rispetto
reciproco�anche�nei�momenti
bui.�Quando�ci�si�continua�a
dare�fiducia�e�sostegno
nonostante�le�difficoltà,
allora�aumentano�le
possibilità�di�fornire�una
buona�prestazione.�Ricordate
e�tenetene�conto�nei
confronti�del�vostro
compagno:�una�condizione
essenziale�per�giocare�bene
in�doppio�è�sentirsi�liberi.
Liberi�di�osare�quando�se�ne
presenta�l’occasione,�liberi�di
sbagliare�o�di�commettere
un�doppio�fallo.�Questa
libertà�può�consentirla
soltanto�l’altro�componente
della�coppia�con�il�suo
atteggiamento�disteso,
tranquillo,�tollerante�e
sempre�volto�al�sostegno,�ad
incoraggiare�e�non�a
criticare.�Purché�anche�voi,
per�primi,�vi�comportiate�nel
medesimo�modo!
�Il�bisogno�del�contattofisico
Non�è�un�caso�se�i
professionisti�che�giocano�il
doppio,�o�comunque�le
coppie�di��buon�livello,
cercano��il�contatto�fisico�(�si
danno�il�“cinque”,��si
pongono�una�mano�sulla
spalla,�ecc.)�e�le�parole:�lo
fanno�continuamente,�dopo
ogni�punto�,�e�non�ha
importanza�se�il�punto�sia
stato�vinto�o�perso.�Lo�fanno
per�comunicarsi�scelte
tattiche�e�strategie,�ma
soprattutto�per�sostenersi�a
vicenda�perché�sanno�che
l’armonia�di�squadra�e�il
reciproco�sostegno�sono�le
armi�che�possono�farli
vincere.�Lo�fanno�perché
uno�ha�sempre�bisogno
dell’altro,�anche�se�l’altro
fosse�in�giornata�negativa.
Provate�anche�voi�ad
assumere�questo
atteggiamento:
indipendentemente�dal
vostro�tasso�tecnico,
diventerete�doppisti�più�forti
e�molti�vi�vorranno�per
compagno
Laforzanel
Doppio
byUmbertoLongoni
Se�qualcuno�vi�chiedesse
quale�tipo�di�giocatore�sia�unbuon�doppista,�vi�verrannoin�mente�certecaratteristiche�tecniche�:
ottimo�servizio�e�incisivarisposta,�buoni�fondamentali,veloce�conquista�della�rete,pregevole�gioco�al�volo�e
senso�della�posizione.�Sonod’accordo�ma,�come�al�solito,sottolineo�gli�aspettipsicologici:�per�prima�cosa,direi�che�un�buon�doppistaama�giocare�il�doppio�e�nonlo�considera�un�ripiego.�Gli
piace�fare�parte�di�un�team,
sebbene�composto�di�soli
due�elementi,�è�portato�a
condividere�e�a�comunicare.
�
In�effetti,�i��tennisti�di�club
spesso�credono�che�nel
doppio�uno�più�uno�debba
fare�due.�Invece�può
accadere�che�la�somma�dei
due�giocatori�sia�quattro,
perché�la�coppia�è
armonicamente
complementare�e�così�unita
che�ciascuno�supplisce�alle
lacune�dell’altro�ed�esalta�i
pregi�del�compagno.�Oppure
la�somma�dei�giocatori�può
avvicinarsi�allo�zero,�perché�i
due�non�si�“trovano”,�perché
non�sono�fatti�per�il�doppio,
o�perché�il�loro�gioco�viene
reciprocamente�sminuito
dalle�caratteristiche�tecniche
individuali.�O�magari,�tra�i
due,�sussistono
incomprensioni�o�c’è�uno
che�sottolinea�ogni�errore
del�compagno�e�così
quest’ultimo�annega�in�un
mare�di�insicurezze.�Del
resto,�nei�doppi�di�tennis
club�le�coppie�formate�da�un
“persecutore”�e�da�una
“vittima”,�sono�frequenti:
l’avete�notato�anche�voi?
�
La�luna�di�miele,�di�sale�e�difiele
Specialmente�a�basso�e
medio�livello,�comunque,�vi
sono�fasi�nella�coppia�che
tendono�a�ripetersi�se�le
cose�in�campo�non�vanno
bene�o�se�la�coppia�non�è
ben�assortita.�Quando�il
match�inizia,�tra�i�due
partners�di�doppio,�di�solito
è�un’autentica�luna�di�miele.
Ai�primi�errori,�si�dicono
“Scusa”,�“Peccato,�bravo�lo
stesso”,�“Ma�no...avrei
sbagliato�anch’io”,�“Non�fa
niente”,�“La�colpa�non�è�tua
ma�è�mia...”,�e�altre�sviolinate
che�avrete�sentito�infinite
volte.�Poi,�appena�la�coppia
incomincia�a�trovarsi�“sotto”
nel�punteggio,�il�tono
cambia,�l’atmosfera�si�fa
densa�ed�inizia�la�luna�di
sale,�con�le�reciproche
critiche�e�recriminazioni,
prima�in�modo�soffuso�e
contenuto,�poi�sempre�più
aperte�e�astiose.�Infine,
specialmente�se�ci�si
approssima�alla�sconfitta,�si
può�scivolare�nella�fase
estrema,�quella�della�luna�di
fiele:�la�coppia�scoppia
totalmente,�nel�senso�che
ormai�entrambi�giocano�un
solitario�singolo�mandandosi
regolarmente�a�quel�paese,
criticandosi�ferocemente�a
parole�o�in�modo
inequivocabile�tramite�i
messaggi�del�corpo�e�i�gesti
d’impazienza.
�
Quando�il�doppio�dà�il
meglio
Invece�il�doppio�funziona
quando�la�coppia�sa
mantenere�stima�e�rispetto
reciproco�anche�nei�momenti
bui.�Quando�ci�si�continua�a
dare�fiducia�e�sostegno
nonostante�le�difficoltà,
allora�aumentano�le
possibilità�di�fornire�una
buona�prestazione.�Ricordate
e�tenetene�conto�nei
confronti�del�vostro
compagno:�una�condizione
essenziale�per�giocare�bene
in�doppio�è�sentirsi�liberi.
Liberi�di�osare�quando�se�ne
presenta�l’occasione,�liberi�di
sbagliare�o�di�commettere
un�doppio�fallo.�Questa
libertà�può�consentirla
soltanto�l’altro�componente
della�coppia�con�il�suo
atteggiamento�disteso,
tranquillo,�tollerante�e
sempre�volto�al�sostegno,�ad
incoraggiare�e�non�a
criticare.�Purché�anche�voi,
per�primi,�vi�comportiate�nel
medesimo�modo!
�
Il�bisogno�del�contattofisico
Non�è�un�caso�se�i
professionisti�che�giocano�il
doppio,�o�comunque�le
coppie�di��buon�livello,
cercano��il�contatto�fisico�(�si
danno�il�“cinque”,��si
pongono�una�mano�sulla
spalla,�ecc.)�e�le�parole:�lo
fanno�continuamente,�dopo
ogni�punto�,�e�non�ha
importanza�se�il�punto�sia
stato�vinto�o�perso.�Lo�fanno
per�comunicarsi�scelte
tattiche�e�strategie,�ma
soprattutto�per�sostenersi�a
vicenda�perché�sanno�che
l’armonia�di�squadra�e�il
reciproco�sostegno�sono�le
armi�che�possono�farli
vincere.�Lo�fanno�perché
uno�ha�sempre�bisogno
dell’altro,�anche�se�l’altro
fosse�in�giornata�negativa.
Provate�anche�voi�ad
assumere�questo
atteggiamento:
indipendentemente�dal
vostro�tasso�tecnico,
diventerete�doppisti�più�forti
e�molti�vi�vorranno�per
compagno
TENNISESALUTE
LOMBALGIA:
UNFENOMENO
INSIDIOSO
SOPRATTUTTONEI
GIOVANITENNISTI
byAdrianoS.
Più�del�50%�dei�giovani�tennisti�ha�sofferto
di�lombalgia,�un�fenomeno�insidioso�in
particolar�modo�durante�la�crescita�e�la�cui
progressione�può�anche�essere�silente�fino
alla�prima�manifestazione�dolorosa.�L5�è�la
vertebra�più�frequentemente�interessata,�ma
se�protrusioni�ed�ernie�sono�le�'protagoniste'
indiscusse�nell'età�adulta,�spesso�e�in
particolar�modo�nei�giovani�la�lombalgia�è
dovuta�a�stiramento�di�legamenti�e�muscoli�o
a�sindrome�da�overuse�con�infiammazione
delle�faccette�articolari,�potendo�esser
correlata�persino�a�fenomeni�di�spondilolisi�e
spondilolistesi.
Un�recente�studio�(Campbell�et�al)�pubblicato
sul�Journal�of�applied�biomechanics
conferma�come�l'iperlordosi�che�accompagna
certi�movimenti�sia�deleteria�per�i�giovani
tennisti:�l'iperestensione�di�cui�necessita�il
servizio�in�kick,�le�rotazioni�del�busto�nel
diritto�open�stance�e�nel�rovescio�bimane,
sono�tutti�movimenti�che�comportano�un
disallineamento�delle�faccette�articolari�L4-
L5,�uniti�a�un�deficit�nella�rotazione�interna
dell'anca,�con�un�meccanismo�simile�a�quanto
avviene�per�il�dorso�con�la�spalla.�Pertanto,
per�quanto�riguarda�il�parere�medico,�sono
movimenti�che�andrebbero�evitati�almeno
fino�ai�12�anni,�quantomeno�nei�ragazzi�a
rischio...Movimenti�poco�fluidi,�allenamento
eccessivo,�lunghi�viaggi�(col�perdurare�della
posizione�seduta)�sono�altri�fattori
predisponenti.�Da�un�interessante�studio
(Journal�of�science�and�medicine�in�sports,
Correja�et�al)�è�emerso�che�i�giocatori
sintomatici�per�lombalgia�hanno�in�comune
una�muscolatura�addominale�deficitaria,
minore�attivazione�dei�muscoli�estensori�e
minore�co-contrazione�muscolare:�tutti
fattori�che�potrebbero�evitare�al�tronco�di
scaricare�sullacolonna�i�traumatici�movimenti
di�torsione�a�cui�è�sottoposto�durante�la
pratica�del�tennis.�E'�questo�un�tema�che
andrebbe�pertanto�approfondito�nella
preparazione�atletica�dei�giovani�tennisti.
Particolare�attenzione�infine�alle�patologie
imitatrici:�basta�ad�esempio�una�lieve
distorsione�alla�caviglia�ad�indurire�un'intera
catena�cinetica.�Si�induriranno�i�peronieri,�a
seguire�il�bicipite�femorale,�poi�l'apparato
muscoloscheletrico�del�bacino�e�tutto�si
ripercuoterà�sul�tratto�lombosacrale.�Inoltre,
escludere�sempre�patologie�importanti,�come
neoplasie�o�calcolosi,�che�a�loro�volta
possono�comportare�dolore�cronico
imitatore:�look�outside�the�box!
Terapie
Premesse
-�E'�importante�anche�per�i�ragazzi
controllare�i�valori�di�Vitamina�D�e�limitare
ciò�che�può�peggiorare�una�predisposizione.
-�Una�camminata�lenta,�che�funge�da�vero�e
proprio�stretching�dinamico,�è�semplice�e
salutare,�sia�prima�che�dopo�l'esercizio�fisico.
-�Non�esiste�una�cura�definitiva,�non�esistono
miracoli�e�la�risposta�alle�terapie�è
soggettiva.�Prevenire�è�sempre�meglio�che
curare.
-�Ci�vogliono�in�media�6�settimane�per�unrecupero�completo�dopo�un�evento�acuto.
-�Evitate�stregoni�e�i�non�professionisti�delsettore!
PREFERIBILMENTE�NO
corticosteroidi
SIacquaterapiamanipolazioniinfiltrazionimesoterapia
agopunturaoppiaceiyogaginnastica�posturalesuperfici�percettive
�14°�Congresso�Mondiale�della�STMS
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