una clausura aperta al mondo · 2021. 5. 24. · prezziamo molto la varietà dei temi tratta-ti da...

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di recita a sorpresa). E continueremo così,moltiplicando le proposte di socialità e diriflessione rivolte alla comunità. Vogliamoaiutare le persone a vincere la paura e laparalisi».

Quando si pensa alle Carmelitane, vengo-no in mente contemplazione, solitudine, si-lenzio, clausura; un’immersione profondanel cuore della Chiesa e nella preghiera. Maciò che avete appena raccontato confermache la vostra esistenza quotidiana è tutt’al-tro che avulsa dalla realtà contingente. Conil Concilio Vaticano II si è rimessa al cen-tro della Chiesa l’esigenza di una vita dicomunione e così ogni Famiglia religiosa ètornata a riscoprire le proprie radici e la fre-schezza dell’ispirazione originaria. Per imonasteri di clausura la separazione dalmondo è funzionale a custodire uno stile divita proprio, che però non si sottrae all’in-contro e al confronto, e anzi vuole ascolta-re e intercettare le esigenze più profonde dellasocietà e interloquire con le sfide del nostrotempo. Madre Michela, può illustrarci me-glio il senso di questa vostra «apertura» almondo esterno?

«Certamente il Concilio ha segnato una si-gnificativa svolta nel modo di concepirela vita monastica e contemplativa. La clau-sura non è più vista come allontanamen-to, distacco o astrazione dalla storia, masemmai come ‘luogo’ entro cui organizza-re la quotidianità in base a un determina-

to stile di preghiera, lavoro e vita fraterna.Dunque non una ‘chiusura al mondo’ (ciòche suggerirebbe la parola stessa), ma piut-tosto una possibilità d’immersione vitalenelle gioie, nelle fatiche, nelle sofferenze enelle speranze delle persone, che la mona-ca sente e patisce come proprie in quel pic-colo microcosmo che è la sua umanità. Ciòla porta a farsi voce, nella preghiera, del-l’anelito di speranza, di salvezza e di vitadi ogni essere umano in ricerca di senso.Come diceva il cardinale Martini, nei suoianni di episcopato a Milano, nel cuore del-la città i monasteri sono chiamati ad esse-re ‘comunità alternative’: oasi di spiritua-lità ‘altra’ rispetto a quello che abitualmen-te si vive nelle parrocchie, in grado di of-frire, a chi ne sentisse il desiderio, la pos-sibilità di approfondire la propria fede, diconcedersi momenti di silenzio, interioriz-zazione e riflessione spirituale».

Quali sono in particolare le occasioni di con-tatto con la comunità?

«Chi viene da noi sa di trovare un certomodo di pregare, ossia una preghiera cheprevede la recita di salmi (tipica della Li-turgia delle ore di stile monastico) o mo-menti di silenzio più prolungati. Nei tem-pi di avvento e quaresima abbiamo di fre-quente condiviso la recita del vespro conla gente; in altre occasioni abbiamo orga-nizzato incontri di preghiera o veglie,come pure conferenze e dibattiti su alcuni

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#ottantastrada

una clausura aperta al mondoconversazione con le Carmelitane Scalze lettrici di Rocca

MarcoBevilacqua I l Monastero delle Carmelitane Scalze

di Legnano, eretto nel 1949 e intitola-to ai santi Giuseppe e Teresa, attual-mente ospita sedici sorelle. Una pic-cola comunità fondata su orazione evita fraterna, solitudine e pover-

tà, ispirata alla Regola degli antichi ere-miti che alla fine del XII secolo, in tempodi crociate, si erano ritirati sul Monte Car-melo, in Galilea, con il proposito di sosti-tuire alle armi della guerra, di una culturadi violenza e di dominio, gli strumenti deldialogo, della pace e della spiritualità.Per provare a comprendere cosa significaoggi essere una Carmelitana Scalza, abbia-mo intervistato tre sorelle del monasterolegnanese: suor Giovanna (la priora), suorEdith e suor Michela.

Madre Giovanna, lei vive questo luogo dipreghiera e operosità da quarant’anni. Qualiricordi la legano a questa vocazione?

«Se ritorno all’inizio, a quando sono en-trata qui, mi tornano in mente tre parole:stupore, entusiasmo, paura. Lo stupore nelvedere che il Signore chiamava propriome. Mi domandavo: ‘Perché proprio io?’;l’entusiasmo impaziente e un po’ inco-sciente di una figlia unica appena laurea-ta in medicina, con i genitori già un po’avanti con gli anni, che imprimeva unasvolta radicale alla propria esistenza; e in-fine la paura, la preoccupazione e insie-me il fascino di fronte a un impegno desti-

nato a durare per sempre. Mi chiedevo: ‘Nesarò capace?’. Sarebbe stato per tutta lavita! Ma a quanto pare era proprio la miastrada, perché l’entusiasmo e la convinzio-ne sono gli stessi di allora».

La pandemia ha segnato profondamente levite delle persone. Come ha inciso sulle vo-stre attività e sull’interazione fra il Mona-stero e la comunità legnanese?

«Dopo l’iniziale stupore che ha paralizza-to un po’ tutti, noi comprese, si è iniziatofaticosamente a pensare a come vivere, acome affrontare ciò che succedeva, cam-biando ritmi, schemi, affrontando la no-vità di una situazione così sconosciuta. Perquanto ci riguarda, l’attenzione nei riguar-di del prossimo ci ha portato a iniziative‘altre’ rispetto al solito, proprio nel tenta-tivo di intercettare il bisogno profondo dirassicurazione e recupero della socialitàespresso da molti. Abbiamo iniziato pub-blicando sui media locali delle lettere checercavano di comunicare messaggi orien-tati alla speranza, pur condividendo i di-sagi e lo spaesamento della gente. Appenaè stato possibile, abbiamo cercato di faruscire la gente dalle case, prima organiz-zando il nostro mercatino natalizio contutte le norme di sicurezza, poi invitandoi legnanesi a trascorrere l’ultimo dell’an-no da noi, per un inusuale momento diincontro e condivisione (in quella occasio-ne abbiamo anche organizzato una sorta

XVI secolo, che da carmelitana sentì fortel’esigenza di recuperare con radicalità lospirito originario, ma anche il desiderio dielaborare una sintesi nuova tra l’eremitismovissuto sul monte Carmelo e la fraternitàquotidiana. Madre Edith, quanta forza puòancora sprigionare una vita così profonda-mente legata ai valori del vangelo?

«In sintesi direi che sono tre gli orienta-menti del sentire in cui Teresa può esser-ci oggi compagna di cammino. La que-stione del senso della vita, innanzitutto:Teresa fin da bambina è fortemente col-pita dalla precarietà dell’esistenza (eraesperienza quotidiana l’incombenza del-la morte per diversi motivi: parto, guer-re, epidemie), dalla fugacità e anche spes-so dall’inconsistenza dei beni terreni. Hafame e sete di qualcosa che possa darevera sensatezza alla vita. E trova rispostanell’incontro con un Dio che la invita al-l’amicizia con Lui e alla definizione di unaqualità diversa della convivenza umana.Poi c’è la questione della dignità delladonna: Teresa poteva rimanere vittimadella discriminazione cui era soggetta ladonna al suo tempo, e invece reagisce concreatività. Aderisce alle formalità richie-ste, ma lo fa spesso con grande ironia eanche con umorismo, con la coscienza diaprire una strada di libertà per sé e per ledonne che la seguono. E oltre all’operafondazionale, trova modo di dedicarsianche alla scrittura, fatto inaudito a queltempo per una donna! E infine, la que-stione della dignità dell’essere umano ingenerale: al di là delle barriere culturalidi razza, lingua, religione, sesso. Teresavive in un tempo di guerre, conflitti e in-giustizie. C’erano conflitti interni alla cri-stianità (è il tempo di Lutero) e interreli-giosi (è il tempo dell’espulsione dalla Spa-gna di ebrei e musulmani); c’era lo slan-cio missionario orientato soprattutto al-l’America latina, con tutto ciò che com-portava in termini di contraddizioni, op-pressione e soppressione delle popolazio-ni indigene; c’era una società rigidamen-te gerarchizzata che stabiliva pesanti di-scriminazioni e marginalizzazioni; c’erauna cultura fortemente misogina, dove ladonna aveva poco o nullo spazio di liber-tà… Tutte realtà che non mancano anchenel nostro momento storico, pur essendomagari più camuffate. Teresa trova unarisposta nel nuovo volto di Dio che incon-tra e che le offre di aderire alla sua stessapassione che è per la salvezza dell’essere

umano. Lei la chiama ‘la salvezza delleanime’: è la proposta del vangelo, che hacapovolto le gerarchie sociali, mettendoal vertice non il culto della potenza, del-l’affermazione, dell’efficienza, dell’identi-tà e della proprietà esclusive… ma piut-tosto la purezza del cuore, la libertà soli-dale, lo spirito di condivisione, la miseri-cordia e il senso del legame che ci fa par-tecipi tutti di un unico insieme».

Con questo numero Rocca festeggia i suoiprimi 80 anni di vita… Sappiamo che la no-stra rivista è letta e apprezzata nel Monaste-ro. Madre Giovanna, quali contenuti vi sonopiù cari?

«Il primo contatto con Rocca risale agli anni’90, quando madre Elisabetta (colei che haveramente introdotto in monastero la no-vità del Vaticano II) decise di fornire allesue monache strumenti informativi utili aformare un libero pensiero critico. In quelperiodo abbiamo sottoscritto abbonamen-ti a periodici di diverse tendenze, di destrae di sinistra, conservatori o progressisti. Ap-prezziamo molto la varietà dei temi tratta-ti da Rocca. Ad alcune sorelle sono moltograditi gli articoli di taglio educativo nel-l’ambito scolastico; altre magari sono affe-zionate agli interventi di Carlo Molari (co-nosciuto personalmente in occasione di uncorso alla nostra Federazione nel 2005), diGiannino Piana, di Enrico Peyretti. In ge-nerale, Rocca offre sempre spunti interes-santi, spesso fuori dal coro».

Madre Edith, Ipotizziamo di riassumere inpoche parole per chi non vi conosce cosasignifica oggi essere una Carmelitana Scal-za. Qual è il senso profondo della vostraesperienza di vita e di fede?

«La Carmelitana Scalza è una donna chevive come somma priorità la ricerca di Dio,per leggerne le tracce nella propria esisten-za e in quella degli altri, per capire il suomodo di agire e cercare di farlo proprionella lettura della realtà e del cuore del-l’essere umano. Vive in una piccola comu-nità in cui ciascuno, con lo stesso anelito,cerca di imparare a declinare nel quoti-diano la capacità di perdono e di fraterni-tà, praticando la preghiera come rapportodi amicizia con Dio e come modello cuiimprontare la qualità della relazione contutte le persone che è dato incontrare».

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temi specifici o di conoscenza di qualchefigura dei nostri santi in prossimità dellaloro festa. Inoltre, ultimamente abbiamoavuto modo di sperimentare un’esperien-za molto bella con gli assidui frequentato-ri della nostra chiesa, quelli che parteci-pano alla messa quotidiana: dovendo pre-parare un momento di preghiera nei ve-nerdì di quaresima – che per noi ambro-siani sono aliturgici – ci siamo interroga-te sulle aspettative di questi nostri amiciin un tempo così difficile come quello chestiamo vivendo. E così li abbiamo concre-tamente coinvolti nella scelta del tema diriflessione a partire da un ventaglio di no-stre proposte (pandemia/esilio), scelta chepoi ha trovato in loro consenso unanimein un breve commento alle letture delladomenica successiva. Ci è sembrato mol-to bello offrirci come presenza e spazio dicondivisione, ma poi lasciare esprimere eintercettare il loro vero interesse e il lorodesiderio interiore più profondo. Da ulti-mo, possiamo dire che anche il nostromercatino (che inizia la domenica primadell’Avvento e offre diversi prodotti di no-stra produzione come marmellate, dolci,piccole opere d’arte e di artigianato) è ter-reno fecondo in questo senso: la gente vie-ne, cerca di contattarci, magari passa inparlatorio per un colloquio. Anche in que-sto modo, proprio in un anno così compli-cato, abbiamo potuto offrire a tanti nostrifratelli un ascolto partecipe e una paroladi conforto e speranza. Lo stile di apertu-ra che tentiamo di coltivare ci sembra fac-cia del nostro silenzio e della nostra pre-ghiera un luogo certamente abitato dalSignore, ma anche dalle storie e dai voltidi tanti nostri fratelli e sorelle».

Si può dire che l’esistenza quotidiana delleCarmelitane Scalze sia scandita da un giu-sto bilanciamento tra tempo personale etempo comunitario, tra tempo di eremiti-smo e tempo di condivisione, tra solitudinee fraternità. Madre Michela, ci può raccon-tare i principali momenti della vostra gior-nata?

«La nostra giornata è scandita da un’alter-nanza equilibrata tra momenti di solitu-dine e altri di vita fraterna, che si integra-no armoniosamente in modo che l’una nonsia a scapito dell’altra. È quello che a noipiace definire ‘ritmo monastico’. Duranteil corso della giornata ci sono tempi dedi-cati alla solitudine, abitualmente vissutinella nostra stanza (che noi chiamiamo

‘cella’, termine mutuato dal monachesimoantico per indicare la ‘cella del cuore’).Questo tempo personale – distribuito indue fasce orarie: dalle 13 alle 15 e dalle20.30 alle 21.30 – è dedicato solitamentealla riflessione, al confronto con la paroladi Dio, alla lettura, all’approfondimentodei temi legati agli interessi e alle attitudi-ni di ciascuna; contenuti che poi la dina-mica comunitaria diffonde, nello scambioe nella condivisione, a profitto di tutte. Poici sono le ore dedicate al lavoro: dalla cu-cina alla lavanderia, dalla confezione de-gli abiti all’uso del computer, fino ad arri-vare alla cura del giardino e dell’orto. Nor-malmente si lavora da sole ma, se il tipodi attività lo richiede, tutte partecipano el’integrazione di tutte le risorse possibilirisulta vincente! Inoltre recitiamo coral-mente tutta la Liturgia delle Ore, che ini-zia già alle 5.50 del mattino con la recitadelle Lodi e poi scandisce l’intera giorna-ta con la recita delle ore minori: terza, se-sta, nona; poi a sera: vespri, compieta ealle ore 21.30 la recita dell’ufficio delle let-ture, che per noi ha carattere notturno echiude la giornata alle 22.30. Fondamen-tali sono poi due momenti che sono le co-lonne portanti dello stile di vita orante efraterno voluto da Teresa: le due ore quo-tidiane di orazione (preghiera personale),da vivere una al mattino prima della Mes-sa e una alla sera prima del Vespro, e ledue – quasi corrispettive – ore di ricrea-zione, una dopo pranzo e una dopo cena.Come solitudine e vita fraterna si armo-nizzano vicendevolmente, così anche ora-zione e ricreazione si interfacciano, inmaniera feconda, nel testimoniare la bon-tà e l’autenticità di un tempo rispetto al-l’altro. Detto altrimenti, significa mettersiin ascolto e in dialogo con il Signore, cosache poi trova la sua concreta e quotidianadeclinazione nell’ascolto e nel dialogo conle sorelle. È la sfida, mai scontata e maidel tutto compiuta, di passare dall’io al noi.Mi vengono in mente le parole pronuncia-te da papa Francesco durante il suo viag-gio in Iraq: le nostre diversità, nelle lorodiverse tinte e sfumature, sono come filiche si intrecciano in un unico magnificotappeto e costituiscono il tessuto stessodella nostra fraternità».

È stata da poco data alle stampe una nuo-va traduzione della Vita di santa Teresad’Avila (Teresa di Gesù. La mia vita. Il li-bro delle misericordie di Dio, OCD, Roma2021). Una donna vissuta nella Spagna delR

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periodico quindicinalePoste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Perugiae 3.50

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Africala potente presenzadei mercenaril’Italia del coraggioalla provaboss ai domiciliariuna fallanell’antimafiaterzo settoreche cosa è cambiatodentro e fuoriarmisettore che nonconosce crisidisincarnazioneuna dellecaratteristichedella modernitàpreistoriail cespuglio degliumaniecologiail virus e l’impattoambientaleil Dio del tempioo il Dio dell’Esodo?

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Unione europeauna svolta storica

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