analisi gli angeli custodi dell’anima · misura in cui è vicina a dio, l’archetipo alato,...

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Domenica 17 Gennaio 2016 vita cattolica 11 Il «Fedro» di Platone G ià Platone, nel «Fedro», apre la trattazi- one scegliendo una descrizione in senso figurato («Parlarne secondo immagini è impresa umana e più breve»). E quindi, come enunciasse una regola, prescrive che l'anima dev’essere raffigurata «come la po- tenza d'insieme di una pariglia alata e di un auriga» Fedro», 246-47). Più avanti spiega la figura: «La funzione naturale dell'ala è di sollevare ciò che è peso e di innalzarlo là dove dimora la comunità de- gli dèi; e in qualche modo essa partecipa del divino più delle altre cose che hanno attinenza col corpo. Il divino è bellezza, sapi- enza, bontà ed ogni altra virtù affine. Ora, proprio di queste cose si nutre e si arricchisce l'ala dell'anima». (a.a.) | Analisi | La figura del messaggero divino, ponte tra cielo e terra, raccontata attraverso l’arte e le Sacre scritture Ave Appiano L’angelo, incorporea presenza, messaggero divino, o divinità stes- sa umanizzata nelle sembianze di un etereo giovane, è raffigurato nell’arte cristiana come figura mediatrice tra il soprannaturale e il terreno. Essere intermedio tra il cielo e la terra, tra l’aldilà e l’al di qua, in quanto archetipo del comportamento umano, l’angelo acquista nell’iconografia una fi- siognomia che lo rende concre- to, come rappresentazione tan- gibile della umanizzazione divina o espressione trascendente della deificazione dell’uomo. Il Medioevo è alta- mente impregnato delle considerazioni teologiche sulle fun- zioni degli angeli trat- tate da san Paolo e quin- di dallo Pseudo Dionigi l’Areopagita (V-VI secolo) che nel Corpus dionysianum e ancor più nel De coelesti hierarchia, (fine V sec.) suddivide le autorità celesti in scala gerarchica, composta di angeli, arcangeli, principati, potenze, virtù, domin- azioni, troni, cherubini, serafini (III, 1, 164 D); una scon- finata schiera angelica grava con le sue funzioni sul mondo terre- no, assumendo, per imitatio, una figura. Ogni angelo è immaginato quin- di come un essere vivo e reale e l’arte lo raffigura con personalità e sembianze date dall’area cul- turale in cui esso “scende” dal cielo per ristabilire il contatto fra Dio e l’uomo, e per manifestare, con la sua identità alata celestiale, lo Spirito Santo sulla terra. Nel Nuovo Testamento l’angelo non è mai de- scritto con le ali e nei Van- geli apocrifi si parla solo della sua «sublime bellezza» (Pseudo-Matteo IX,2); è certo, quindi, che i primi cristiani sentirono il fascino figurativo delle immagini pagane di divin- ità alate che scendevano dal cielo nel culmine di una battaglia o per impalmare il vincitore. Le grandi ali variopinte degli angeli medioevali e rinasci- mentali, ancora tese nell'aria e gonfie di vento, indicano leg- gerezza dello spirito, vittoria sulla materia e sublimazione dell›anima. L’immaginario degli artisti si è scatenato nel rendere visibile la meraviglia multicolore degli angeli. Gilbert K. Chester- ton invitava a osservare come il Beato Angelico avesse rappresen- tato tutti i suoi angeli: «Non solo come uccelli, ma quasi come far- falle». La sua visio estetica intende- va infatti rendere concretamente percepibile quel tratto di forza e insieme di fragilità degli angeli, di eternità dell’effimero che soltan- to l’ispirazione di matrice divina Gli angeli custodi dell’anima può concepire. Anche l’anima umana, secondo Gregorio di Nissa, è alata, nella misura in cui è vicina a Dio, l’archetipo alato, essendo essa a sua immagine e in questo modo essa è raffigurata in un mosaico di San Marco a Venezia, in cui il Padre eterno, creato l’uomo soffiando nella forma di terra, gli infonde l’anima in forma di figuretta umana con piccole ali trasparenti, secondo le parole della Genesi (II, 7). L’iconografia dell’angelo con le ali è da far risalire al V secolo: le prime immagini che attes- tano la nascita del motivo sono quelle presenti nei mosaici di S. Maria Maggiore a Roma. Pri- ma di quell’epoca, l’angelo era considerato più propriamente «messaggero», sulla base dell'etimologia della parola ebraica mal’akh poi tra- dotta in greco ànghe- los col significato appunto di «colui che porta un an- nun- Le grandi ali, tese nell’aria e gonfie di vento, indicano la leggerezza dello spirito e la vittoria sulla materia cio». L’angelo inizia a com- parire dotato di aureola, come tutte le figure sacre, segno convenzionale di levità celestiale; posta dietro al capo come una corona di luce, ne esprime la ra- diosità divina situata nella mente, manifesta l’energia invisibile della santità che si rende tangibile, visibile e concreta. Di provenienza orientale in connessione ai culti della luce, del sole e del fuoco, compare nell’arte classica verso il IV sec. a. C. con lo scopo di identificare le divinità solari ed è assunta dai romani come corona reale degli imperatori ad espres- sione di regalità e di potere. Nell’arte cristiana è adottata, a partire dal IV sec., inizialmente per le figure della Trinità, del Padre eterno, di Cristo, della Ma- donna e degli angeli. In seguito il suo uso si estende alle raffigura- zioni degli apostoli, degli evange- listi, dei santi e dei martiri. Il potere purificatore e rigenera- tore degli angeli è dovuto con ogni probabilità alla loro sostanza ignea rarefatta (già Taziano, II sec., li descriveva costituiti di aria e fuoco), mentre la capacità di volare li pone in relazione con il pneuma, con lo Spirito di Dio, quindi con il vento. Sostanza aerea sottile, i venti sono stati intesi come messag- geri divini equivalenti agli angeli, mediatori tra il cielo e la terra. Nella tradizione biblica i venti sono considerati il Verbo di Dio, segni portatori di messaggi che manifestano con la loro presenza lo Spirito e presso i Greci i venti venivano identificati con divinità inquiete nascoste nelle caverne delle isole Eolie, in connessione con lo spazio e col tempo. Particolarmente indicativa nella storia sacra è la presenza T anto l’angelo quanto la colomba, emblema an- che questo dello Spirito Santo, sono esseri alati (rarae aves) delegati a suggellare situazioni di interscambio tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Secondo Isaia (6, 1-3) ogni angelo della gerarchia dei serafini pos- siede sei ali: due per coprirsi il volto (in segno sottomis- sione a Dio), due per velarsi i piedi (per staccarsi da terra), due per volare, immagine tra l’altro ripresa da Dante nell’espressione «che di sei ali facen la coculla» («Paradiso», IX, 78). Ciò stabilisce fra l’angelo e la colomba un rapporto pro- fondo con l'aria e un legame di parentela figurativa che li rende partecipi, coagenti della stessa azione e di cui l’iconografia si impossessa frequentemente. (a.a.) dell’angelo, inteso come mani- festazione eterea dell’entità spiri- tuale, sull’acqua o in prossimità di essa. Lo spirito-vento che nella Genesi si libra sulle acque pre- figura la nascita e il rito del bat- tesimo richiama la rinascita per acqua e la nascita dell’anima. Dello stretto rapporto anima-bat- tesimo si trova conferma in Cas- siodoro (V secolo), nel «De ani- ma» (IX, 1-19): «È Dio che crea le anime» ed esse «sono colpevoli per la trasmissione del peccato della generazione» e per questo necessitano della purificazione mediante le acque battesimali. Sulla controversa questione del “traducianesimo” già sostenuta da Tertulliano (III sec., secondo cui le anime deriverebbero ex tra- duce: Dio avrebbe creato l’anima di Adamo, e le altre si gener- erebbero l’una dall’altra attra- verso il concepimento) lo Pseudo-Girolamo (V secolo) sostiene che è un’eresia pensare che le anime non sono «spirito ma corpo e che la loro origine sta nei semi corporei »; infatti, «grande è la dignità delle anime, tanto che per ciascuna di esse, fin dalla nascita, viene designato un an- gelo a custodirla» (IX, 30, 270-71). L'immagine di questo an- gelo protettore e custode dell'anima pone quindi in re- lazione l'anima stessa con il rito battesimale e il suo archetipo è | scheda | da ricercarsi nell'ambito della mi- tologia greca. L'angelo del battesimo cui ac- cenna Tertulliano, che come si è visto pare riagganciarsi alla mi- tologia pagana legata all'acqua, non si identifica con lo Spirito Santo bensí opera accanto ad esso e in rapporto all'acqua. E in questo modo è rappresentato nell'iconografia in cui assume un’immagine che non compare se non minimamente nei testi sacri. L’immaginario, in conclusione, crea figure esprimendosi con simboli che poggiano su un sa- pere tramandato, su sensibilità estetiche, sul bisogno di im- maginare l’immateriale, continu- amente alla ricerca di identità precise, di certezze visibili. L’iconografia della figura alata è del V sec. I mosaici di S. Maria Maggiore a Roma Particolare de «Tobia e l’angelo» opera del Vecellio e, sopra, «Tobia e l’angelo» di Andrea del Vecchio

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Page 1: Analisi Gli angeli custodi dell’anima · misura in cui è vicina a Dio, l’archetipo alato, essendo essa a sua immagine e in questo modo essa è raffigurata in un mosaico ... acqua

Domenica 17 Gennaio 2016vita cattolica 11

Il «Fedro» di Platone

Già Platone, nel «Fedro», apre la trattazi-one scegliendo una descrizione in senso figurato («Parlarne secondo immagini è

impresa umana e più breve»). E quindi, come enunciasse una regola, prescrive che l'anima dev’essere raffigurata «come la po-

tenza d'insieme di una pariglia alata e di un auriga» («Fedro», 246-47). Più avanti spiega la figura: «La funzione naturale dell'ala è di sollevare ciò che è peso e di innalzarlo là dove dimora la comunità de-gli dèi; e in qualche modo essa partecipa del divino più delle altre cose che hanno attinenza col corpo. Il divino è bellezza, sapi-enza, bontà ed ogni altra virtù affine. Ora, proprio di queste cose si nutre e si arricchisce l'ala dell'anima». (a.a.)

| Analisi | La figura del messaggero divino, ponte tra cielo e terra, raccontata attraverso l’arte e le Sacre scritture

Ave Appiano

L’angelo, incorporea presenza, messaggero divino, o divinità stes-sa umanizzata nelle sembianze di un etereo giovane, è raffigurato nell’arte cristiana come figura mediatrice tra il soprannaturale e il terreno. Essere intermedio tra il cielo e la terra, tra l’aldilà e l’al di qua, in quanto archetipo del comportamento umano, l’angelo acquista nell’iconografia una fi-siognomia che lo rende concre-to, come rappresentazione tan-gibile della umanizzazione divina o espressione trascendente della deificazione dell’uomo. Il Medioevo è alta-mente impregnato delle considerazioni teologiche sulle fun-zioni degli angeli trat-tate da san Paolo e quin-di dallo Pseudo Dionigi l’Areopagita (V-VI secolo) che nel Corpus dionysianum e ancor più nel De coelesti hierarchia, (fine V sec.) suddivide le autorità celesti in scala gerarchica, composta di angeli, arcangeli, principati, potenze, virtù, domin-azioni, troni, cherubini, serafini (III, 1, 164 D); una scon-finata schiera angelica grava con le sue funzioni sul mondo terre-no, assumendo, per imitatio, una figura. Ogni angelo è immaginato quin-di come un essere vivo e reale e l’arte lo raffigura con personalità

e sembianze date dall’area cul-turale in cui esso “scende” dal cielo per ristabilire il contatto fra Dio e l’uomo, e per manifestare, con la sua identità alata celestiale, lo Spirito Santo sulla terra.Nel Nuovo Testamento l’angelo non è mai de-scritto con le ali e nei Van-geli apocrifi si parla solo della sua «sublime bellezza» (Pseudo-Matteo IX,2); è certo, quindi, che i primi cristiani sentirono il fascino figurativo delle immagini pagane di divin-ità alate che scendevano dal cielo nel culmine di una battaglia o per impalmare il vincitore.Le grandi ali variopinte degli angeli medioevali e rinasci-mentali, ancora tese nell'aria e gonfie di vento, indicano leg-gerezza dello spirito, vittoria sulla materia e sublimazione dell›anima. L’immaginario degli artisti si è scatenato nel rendere visibile la meraviglia multicolore degli angeli. Gilbert K. Chester-ton invitava a osservare come il Beato Angelico avesse rappresen-tato tutti i suoi angeli: «Non solo come uccelli, ma quasi come far-falle». La sua visio estetica intende-va infatti rendere concretamente percepibile quel tratto di forza e insieme di fragilità degli angeli, di eternità dell’effimero che soltan-to l’ispirazione di matrice divina

Gli angelicustodidell’anima

può concepire.Anche l’anima umana, secondo Gregorio di Nissa, è alata, nella misura in cui è vicina a Dio, l’archetipo alato, essendo essa a sua immagine e in questo modo essa è raffigurata in un mosaico di San Marco a Venezia, in cui il Padre eterno, creato l’uomo soffiando nella forma di terra, gli infonde l’anima in forma di figuretta umana con piccole ali trasparenti, secondo le parole della Genesi (II, 7). L’iconografia dell’angelo con le ali è da far risalire al V secolo: le prime immagini che attes-tano la nascita del motivo sono quelle presenti nei mosaici di S. Maria Maggiore a Roma. Pri-ma di quell’epoca, l’angelo era considerato più propriamente

«messaggero», sulla base dell'etimologia della parola

ebraica mal’akh poi tra-dotta in greco ànghe-

los col significato appunto di

«colui che p o r t a

un an-n u n -

Le grandi ali, tese nell’ariae gonfie di vento, indicano la leggerezza dello spirito e la vittoria sulla materia

cio». L’angelo inizia a com-parire dotato di aureola, come tutte le figure sacre, segno convenzionale di levità celestiale; posta dietro al capo come una corona di luce, ne esprime la ra-diosità divina situata nella mente, manifesta l’energia invisibile della santità che si rende tangibile, visibile e concreta. Di provenienza orientale in connessione ai culti della luce, del sole e del fuoco, compare nell’arte classica verso il IV sec. a. C. con lo scopo di

identificare le divinità solari ed è assunta dai romani come corona reale degli imperatori ad espres-sione di regalità e di potere. Nell’arte cristiana è adottata, a partire dal IV sec., inizialmente per le figure della Trinità, del Padre eterno, di Cristo, della Ma-donna e degli angeli. In seguito il suo uso si estende alle raffigura-zioni degli apostoli, degli evange-listi, dei santi e dei martiri. Il potere purificatore e rigenera-tore degli angeli è dovuto con

ogni probabilità alla loro sostanza ignea rarefatta (già Taziano, II sec., li descriveva costituiti di aria e fuoco), mentre la capacità di volare li pone in relazione con il pneuma, con lo Spirito di Dio, quindi con il vento.Sostanza aerea sottile, i venti sono stati intesi come messag-geri divini equivalenti agli angeli, mediatori tra il cielo e la terra. Nella tradizione biblica i venti sono considerati il Verbo di Dio, segni portatori di messaggi che manifestano con la loro presenza lo Spirito e presso i Greci i venti venivano identificati con divinità inquiete nascoste nelle caverne delle isole Eolie, in connessione con lo spazio e col tempo. Particolarmente indicativa nella storia sacra è la presenza

Tanto l’angelo quanto la colomba, emblema an-che questo dello Spirito

Santo, sono esseri alati (rarae aves) delegati a suggellare situazioni di interscambio tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Secondo Isaia (6, 1-3) ogni angelo della gerarchia dei serafini pos-siede sei ali: due per coprirsi il volto (in segno sottomis-sione a Dio), due per velarsi i piedi (per staccarsi da terra), due per volare, immagine tra l’altro ripresa da Dante nell’espressione «che di sei ali facen la coculla» («Paradiso», IX, 78). Ciò stabilisce fra l’angelo e la colomba un rapporto pro-fondo con l'aria e un legame di parentela figurativa che li rende partecipi, coagenti della stessa azione e di cui l’iconografia si impossessa frequentemente. (a.a.)

dell’angelo, inteso come mani-festazione eterea dell’entità spiri-tuale, sull’acqua o in prossimità di essa. Lo spirito-vento che nella Genesi si libra sulle acque pre-figura la nascita e il rito del bat-tesimo richiama la rinascita per acqua e la nascita dell’anima.Dello stretto rapporto anima-bat-tesimo si trova conferma in Cas-siodoro (V secolo), nel «De ani-ma» (IX, 1-19): «È Dio che crea le anime» ed esse «sono colpevoli per la trasmissione del peccato della generazione» e per questo necessitano della purificazione mediante le acque battesimali. Sulla controversa questione del “traducianesimo” già sostenuta da Tertulliano (III sec., secondo cui le anime deriverebbero ex tra-duce: Dio avrebbe creato l’anima di Adamo, e le altre si gener-erebbero l’una dall’altra attra-

verso il concepimento) lo Pseudo-Girolamo (V secolo) sostiene che è un’eresia pensare che le anime non sono «spirito ma corpo e che la loro origine sta nei semi corporei»; infatti, «grande è la dignità delle anime, tanto

che per ciascuna di esse, fin dalla nascita, viene designato un an-

gelo a custodirla» (IX, 30, 270-71).

L'immagine di questo an-gelo protettore e custode dell'anima pone quindi in re-lazione l'anima stessa con il rito battesimale e il suo archetipo è

| scheda |

da ricercarsi nell'ambito della mi-tologia greca.L'angelo del battesimo cui ac-cenna Tertulliano, che come si è visto pare riagganciarsi alla mi-tologia pagana legata all'acqua, non si identifica con lo Spirito Santo bensí opera accanto ad esso e in rapporto all'acqua. E in questo modo è rappresentato nell'iconografia in cui assume un’immagine che non compare se non minimamente nei testi sacri. L’immaginario, in conclusione, crea figure esprimendosi con simboli che poggiano su un sa-pere tramandato, su sensibilità estetiche, sul bisogno di im-maginare l’immateriale, continu-amente alla ricerca di identità precise, di certezze visibili.

L’iconografia dellafigura alata è del V sec. I mosaici di S. Maria Maggiore a Roma

Particolare de «Tobia e l’angelo» opera del Vecellio e, sopra, «Tobia e l’angelo» di Andrea del Vecchio