anno x - n.5 internet: o p e n buona pasqua! · come una donna dal carattere tenace ed esigente....

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Anno X - n.5 Aprile 2014 Periodico di informazione e discussione dell’IIS «Luigi di Savoia» Internet: www.itisavoia.ch.it e-mail: [email protected] (continua a pag.17) In memoria di Rosanna Conti La figlia Marta, dedicata alla madre C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo: forse c’è chi si sente soddisfatto così guidato C’è chi insegna lodando Quanto trova di buono e divertendo: c’è pure chi si sente soddisfatto essendo incoraggiato. C’è pure chi educa, senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo ma cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato. (Danilo Dolci) OPEN I PROGETTI RACCONTATI DAI GIOVANI PROTAGONISTI Il 12 Febbraio 2014, noi ragazzi del IV B Chimica dell’I.I.S Luigi di Sa- voia ci siamo recati presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, Stra- da Colle Marino 73, a Pescara, dove si è tenuto il Convegno di ambito “OPEN: i progetti raccontati dai giovani protagonisti” dalle ore 9.30 alle ore 16.30. Il Convegno si è inserito nell’ambito del Progetto “Giovani protagonisti Paesaggi futuri – Gruppo dei pari e valorizzazione del patri- monio paesaggistico in Italia”. Il progetto, con durata triennale, dall’a.s. 2012/13 al 2014/15, è promosso da un partenariato, che vede Italia Nostra come capofila, Opera Onlus e Consorzio Innopolis come partner, e si propone di realizzare in 4 ambiti territoriali provinciali – Roma, Frosinone, Chieti e Pescara un’azione di promozione del protagonismo giovanile attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico locale, con diretto coinvolgimento degli studenti e dei docenti delle scuole secondarie superiori. Tale iniziativa vuole rappresentare, quindi, una opportunità di interazio- ne tra Scuola e Territorio, utilizzando la metodologia dell’educazione fra pari: infatti, i giovani studenti saranno formati ad agire quali peer edu- cators, diventando così gli esperti nei confronti dei loro pari su specifici argomenti, e dovranno realizzare un progetto concreto sulla salvaguardia e valorizzazione dei beni artistici, paesaggistici e culturali, valo- rizzazione dei bacini culturali e delle identità locali. Il Conve- gno di Ambito è stato un momen- to significativo di confronto diretto tra do- centi/esperti, rappresentanti istituzionali e i ragazzi delle scuole secondarie di II grado (superiori) di Chieti e Pescara. La struttura dell’evento è stata pensata per rendere noi ragazzi i veri protagonisti della giornata: difatti nella mattinata è stato allestito uno spazio/stand (Open Market) per ogni Scuola parteci- pante, in cui è stato presentato il materiale divulgativo e promozionale dei progetti che le classi hanno intenzione di realizzare. A rotazione, inoltre, noi ragazzi siamo stati chiamati a partecipare ad uno “Spazio Arena” in cui abbiamo potuto esporre anche verbalmente, in plenaria, le nostre idee e i nostri lavori sollecitati da un moderatore. È stato, inoltre, presentato il nuovo Programma Europeo “Erasmus plus”, in fase di avvio, quest’anno, che rappresenta una interessante opportunità «Non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni. Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con Lui è più facile trovare il senso di ogni cosa». PAPA FRANCESCO La redazione augura a tutti Buona Pasqua!

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A n n o X - n . 5Apri le 2014

Periodico di informazione e discussione dell’IIS «Luigi di Savoia»

Internet: www.itisavoia.ch.ite-mail: [email protected]

(continua a pag.17)

In memoria di Rosanna ContiLa figlia Marta, dedicata alla madre

C’è chi insegnaguidando gli altri come cavallipasso per passo:forse c’è chi si sente soddisfattocosì guidato

C’è chi insegna lodandoQuanto trova di buono e divertendo:c’è pure chi si sente soddisfattoessendo incoraggiato.

C’è pure chi educa,senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo,aperto ad ogni sviluppoma cercando d’essere franco all’altro come a sé,sognando gli altri come ora non sono:ciascuno cresce solo se sognato.

(Danilo Dolci)

O P E Ni PrOgEtti raccONtati dai giOvaNi PrOtagONisti

Il 12 Febbraio 2014, noi ragazzi del IV B Chimica dell’I.I.S Luigi di Sa-voia ci siamo recati presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, Stra-da Colle Marino 73, a Pescara, dove si è tenuto il Convegno di ambito “OPEN: i progetti raccontati dai giovani protagonisti” dalle ore 9.30 alle ore 16.30. Il Convegno si è inserito nell’ambito del Progetto “Giovani protagonisti Paesaggi futuri – Gruppo dei pari e valorizzazione del patri-monio paesaggistico in Italia”.Il progetto, con durata triennale, dall’a.s. 2012/13 al 2014/15, è promosso da un partenariato, che vede Italia Nostra come capofila, Opera Onlus e Consorzio Innopolis come partner, e si propone di realizzare in 4 ambiti territoriali provinciali – Roma, Frosinone, Chieti e Pescara un’azione di promozione del protagonismo giovanile attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico locale, con diretto coinvolgimento degli studenti e dei docenti delle scuole secondarie superiori.Tale iniziativa vuole rappresentare, quindi, una opportunità di interazio-ne tra Scuola e Territorio, utilizzando la metodologia dell’educazione fra pari: infatti, i giovani studenti saranno formati ad agire quali peer edu-cators, diventando così gli esperti nei confronti dei loro pari su specifici argomenti, e dovranno realizzare un progetto concreto sulla salvaguardia e valorizzazione dei beni artistici, paesaggistici e culturali, valo-rizzazione dei bacini culturali e delle identità locali. Il Conve-gno di Ambito è stato un momen-to significativo di confronto diretto tra do- cen t i / e spe r t i , rappresentanti istituzionali e i ragazzi delle scuole secondarie di II grado (superiori) di Chieti e Pescara. La struttura dell’evento è stata pensata per rendere noi ragazzi i veri protagonisti della giornata: difatti nella mattinata è stato allestito uno spazio/stand (Open Market) per ogni Scuola parteci-pante, in cui è stato presentato il materiale divulgativo e promozionale dei progetti che le classi hanno intenzione di realizzare. A rotazione, inoltre, noi ragazzi siamo stati chiamati a partecipare ad uno “Spazio Arena” in cui abbiamo potuto esporre anche verbalmente, in plenaria, le nostre idee e i nostri lavori sollecitati da un moderatore.È stato, inoltre, presentato il nuovo Programma Europeo “Erasmus plus”, in fase di avvio, quest’anno, che rappresenta una interessante opportunità

«Non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni. Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con Lui è più facile trovare il senso di ogni cosa».

PAPA FRANCESCO

La redazione augura a tuttiBuona Pasqua!

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Semmai ci chiedessero chi era Ro-sanna Conti risponderemmo così: era un’insegnante per vocazione,

non solo per professione, una con-sigliera e una seconda mamma nel momento del bisogno, una

combattente forte e coraggiosa nel tempo libero.

Noi ragazzi di fronte alla morte alziamo le braccia e ci chiediamo

se tutto questo abbia un senso. Oggi guardando lei crediamo che alla fine il punto sia vivere ogni

giorno davvero, amare, farsi ama-re, lottare e guardare in faccia la

morte sorridendo come ha fatto lei ogni istante e come ha cercato di

insegnarci. Raramente l’abbiamo vista smar-

rita. Era sempre decisa, come si dice tra noi “una tipa tosta”!

Noi stiamo ancora cercando la nostra strada e ci creda, sarebbe

un onore poter assomigliare anche solo un po’ alla persona umile, onesta, limpida, forte e piena di

vita che è stata lei. Ci ha sempre detto che le battaglie

nella vita sono tante e che non dobbiamo lasciarci abbattere da-

gli ostacoli che incontriamo. Oggi la ricordiamo con un grande sorriso sul volto e con la certezza che il Paradiso esiste proprio per

donne come lei.Per sempre con noi.

Le vogliamo bene, i suoi ex alunni

Cara prof,non avremmo mai voluto trovarci

in questa circostanza… Sarà difficile raccontare i tanti momenti trascorsi con lei, in queste poche righe, ma ci impegneremo il più possibile come lei ci ha insegnato.

Le nostre strade si sono incrociate tre anni fa, ma già ci era stata presentata come una donna dal carattere tenace ed esigente. Negli anni abbiamo imparato a conoscerla, scoprendo il suo animo nobile, la sua gentilezza, la sua forza di volontà, la sua voglia di insegnarci il senso della vita oltre la letteratura.

Quante le discussioni dovute alla nostra immaturità, ma con la sua passione e pazienza ci ha aiutato a crescere e a fortificarci.

Lei ha sempre accettato la sua condizione senza mai abbattersi, anzi, si è mostrata forte anche nei momenti in cui chiunque avrebbe mollato.

Per non parlare della sua disponibilità: ha cercato di essere sempre presente anche dopo aver lasciato la cattedra, perché ha fatto di noi uno dei suoi pensieri fondamentali.

Foscolo diceva: «Non vive ei anche sotterra, quando gli sarà muta l’armonia del giorno se può destarla con soavi cure nella mente dei suoi?».

la nostra avventura scolastica sta per concludersi e lei resterà sempre il punto di riferimento di questi nostri anni fantastici. Siamo veramente orgogliosi di averla conosciuta e non smetteremo mai di ringraziarla. Porteremo il suo ricordo nelle nostre menti e nei nostri cuori.Arrivederci cara prof!

Dal V B 2013\2014

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Fondamenta(a cura di M.R.)

«Una grande sfida che ci aspetta al termine di questo millennio è quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento»

(Lettera enciclica Fides et ratio, n. 83)

In questa rubrica pubblicheremo articoli che ci aiuteranno a rintracciare le fondamenta del sapere e – con ciò – della nostra cultura occidentale, utilizzando il contributo di scienziati, filosofi, teologi, artisti, letterati sui temi più ‘caldi’ della discussione culturale odierna.

Il coraggio della certezzaPaolo Musso

(prima parte)

Se al giorno d’oggi il concetto di verità è spesso guardato con sospetto, quello di certezza è, se possibile, ancor più impopolare, al punto che perfino quelli

che ancora difendono il primo preferiscono in genere fare a meno del secondo. In realtà però i due concetti, per quanto distinti, non possono essere del tutto se-parati, giacché una completa rinuncia a quello di certezza porta inevitabilmente allo svuotamento di quello di verità. Inoltre, di fatto vi sono moltissime cose che noi consideriamo certe, sia nella scienza che nella nostra vita quotidiana. Da dove nasce allora questa irragionevole diffidenza verso la certezza? Non dalla scienza, ma dalla filosofia della scienza dell’ultimo secolo, basata su una non meno irragionevole riduzione della ragione alla logica.È indubbio che nell’odierna filosofia della scienza domini un generalizzato ri-fiuto della nozione di verità. Ciò risulta in genere sorprendente per i non addetti ai lavori, giacché, a fronte del successo non solo evidente, ma addirittura clamo-roso della scienza e delle sue realizzazioni tecnologiche, che ne rappresentano per così dire l’incarnazione pratica, riesce difficile capire come si possa pensare seriamente che le teorie scientifiche che hanno consentito tale successo potreb-bero nondimeno essere false.Ciò è ancor più sorprendente se si considera che per altro lato tale atteggiamento scettico coesiste con un altrettanto generalizzato atteggiamento che potremmo chiamare di scientismo pratico, per cui si afferma (e spesso neanche si afferma, ma piuttosto si dà semplicemente per scontato) che la scienza sia l’unica forma valida di conoscenza. Ma come può una conoscenza essere valida senza essere altresì vera?Una tale manifesta contraddizione è in effetti davvero paradossale e può essere capita solo conoscendo la complessa vicenda storica dell’epistemologia con-temporanea, da cui esso è derivata. Ma per quanto complessa, a volte al limite dell’incomprensibile, se vista in dettaglio, tale vicenda è tuttavia abbastanza semplice se la consideriamo dal punto di vista delle sue linee di fondo.

dallO sciENtismO allO scEtticismO

Tutto ebbe inizio con il celeberrimo Circolo di Vienna, sorto nel 1922 attorno a Moritz Schlick e da cui nacque il movimento del neopositivismo o positivi-smo logico, così chiamato perché combinava le classiche tesi del positivismo ottocentesco di Auguste Comte (1798-1857) con il massiccio uso della logica matematica, allora sulla cresta dell’onda, dato che tra il 1910 e il 1913, a coro-namento del rapidissimo sviluppo che aveva conosciuto negli ultimi decenni,

erano appena stati pubblicati i tre volumi della monumentale opera di Bertrand Russell (1872- 1970) e Alfred North Whitehead (1861-1947), i Principia mathe-matica, considerati ancor oggi la base della moderna logica formale.Tale uso (che, come subito vedremo, era in realtà un abuso) della logica da parte dei neopositivisti aveva portato al paradossale risultato che la nozione di verità (senza la quale la logica non può neppure venir concepita) risultava fondata molto più saldamente che quella di realismo, che in effetti per molti esponen-ti del movimento risultava assai problematica. Tale fatto, indubbiamente assai strano (come può una teoria essere vera e ciononostante non corrispondere alla realtà?), si spiega (benché non si giustifichi) con la particolare accezione in cui essi intendevano la natura delle proposizioni teoriche, che a loro dire non erano nient’altro che un «modo abbreviato» per indicare la somma di un gran numero di proposizioni semplici, corrispondenti a fatti empirici anch’essi suppostamente semplici, cioè non ulteriormente scomponibili in parti (e perciò detti «atomici»).Così, per esempio, la proposizione teorica P affermante che in determinate con-dizioni gli atomi emettono spontaneamente dei fotoni significherebbe soltanto che nel caso 1 della materia posta nella situazione S

1 ha prodotto un certo effetto

osservabile e1, nel caso 2 della materia posta nella situazione S

2 ha prodotto un

altro effetto e2, nel caso 3 della materia posta nella situazione S

3 ha prodotto un

certo tipo di effetto e3, e così via fino a e

n (dove e

1, e

2, e

3 ... e

n sono tutte afferma-

zioni logicamente deducibili da P e relative a fatti semplici controllabili empiri-camente). Di conseguenza, P sarebbe logicamente equivalente a e

1 + e

2 + e

3 ...+

en, in cui si risolverebbe completamente, senza perciò che la sua verità implichi

necessariamente la realtà di oggetti come atomi, fotoni, eccetera.Una tale posizione era così palesemente semplicistica e, per dirla tutta, così cla-morosamente in contraddizione con la scienza reale (che non a caso i neoposi-tivisti non consideravano rilevante, preferendo studiare, anziché i metodi che avevano realmente condotto alle scoperte, delle «ricostruzioni razionali» da loro stessi create a tavolino di come gli scienziati «avrebbero dovuto» procedere se fossero stati «davvero» logici) che non poteva reggere a lungo.E difatti non resse, di fronte alle obiezioni che presto si attirò, in primo luogo da parte degli stessi neopositivisti, che (almeno questo va loro riconosciuto) seppero condurre un’autocritica spietata come raramente si è visto nella storia della filosofia, rendendosi conto ben presto che, mentre era impossibile rintrac-ciare questi fantomatici «fatti atomici» a cui avrebbero dovuto corrispondere le proposizioni semplici che dovevano fungere da «mattoni» per la costruzione di tutte le altre, l’unico risultato che si otteneva per questa via era quello di rendere impossibile la comunicazione di contenuti intersoggettivi e, alla lunga, la comu-nicazione tout court: cioè l’esatto opposto di ciò che fa la scienza.Purtroppo però, anziché indurli a ricercare una concezione meno rigida e ri-duttiva della verità e, più in generale, della ragione, tale autocritica condusse invece i neopositivisti e i loro successori, gli esponenti di quella che viene oggi chiamata filosofia analitica, a perdere ogni fiducia in esse, riducendo la prima alla coerenza tra le idee all’interno di una stessa rete concettuale e la seconda alla conformità alle regole che presiedono all’organizzazione della rete concet-tuale stessa: col che però, a ben vedere, si finiva semplicemente per farle fuori. Infatti l’individuazione delle regole non può a sua volta avvenire in base ad altre regole, pena un regresso all’infinito, e quindi non può essere «razionale» nel senso della suddetta definizione.Di conseguenza, sia la razionalità che la verità del sistema vengono ultimamente fondate dal (e quindi ridotte al) metodo di individuazione delle regole, che, qua-le che possa essere, per le ragioni appena esposte sarà in ogni caso non razionale per definizione, come ben si vede nelle opere di autori come Willard Van Orman Quine (1908-2000), Norwood Russell Hanson (1924-1967), Paul Feyerabend (1924-1994), Bruno Latour (1947-...), il «secondo» Wittgenstein (1889-1994) e, nel modo più chiaro, nella Struttura delle rivoluzioni scientifiche1 di Thomas Kuhn (1922- 1996), forse il più celebre epistemologo relativista, che ha dato non solo le categorie di fondo, ma anche la terminologia dell’odierno relativismo,

non solo epistemologico, ma anche culturale (com’era in effetti inevitabile, dato che, una volta eliminato ogni riferimento alla realtà e ridotto ogni problema scientifico a una pura questione di coerenza interna, la scienza finisce per diven-tare un discorso come tutti gli altri e quindi ciò che si dice al suo proposito vale anche per qualsiasi altro discorso). Di conseguenza, anche la verità perde ogni carattere oggettivo e si riduce a un fatto meramente convenzionale.Per di più, tale esito paradossale finiva per convergere col non meno paradossale esito dell’altro principale filone di critica al neopositivismo, quello dovuto a Karl Raimund Popper (1902-1994). Popper infatti notò, correttamente, che le proposizioni esprimenti leggi di natura pretendono di valere in ogni tempo e in ogni luogo e perciò non possono essere ridotte a una qualsiasi somma finita diproposizioni semplici, anche ammesso che queste ultime esistano. Da ciò egli trasse (meno correttamente) l’ulteriore conseguenza che dunque le leggi di natu-ra non si possono mai verificare, perché per questo sarebbe necessario control-larle in un numero infinito di casi, mentre è sempre possibile falsificarle, almeno in linea di principio, giacché per questo basta trovare un solo controesempio.È questo il celebre falsificazionismo popperiano, che pur essendo ormai in de-cadenza rispetto ai suoi tempi d’oro ha ancor oggi numerosi fan, anche tra gli scienziati. Fan che però non sembrano essere consapevoli anzitutto dell’estremo semplicismo nel modo di intendere la verifica delle teorie (che non si basa certo sul controllare all’infinito proprietà già note, ma piuttosto sul trovare anche una sola proprietà nuova), ma soprattutto dell’inevitabile quanto devastante conse-guenza che questa tesi comporta e che lo stesso Popper coerentemente trasse nella seconda parte della sua celebre Logica della scoperta scientifica2.Basta riflettere un momento, infatti, per rendersi conto che, siccome in ogni esperimento sono sempre coinvolte molte altre teorie oltre a quella che voglia-mo controllare (tutte quelle che descrivono il funzionamento degli strumenti più quelle che descrivono tutte le condizioni al contorno, che al limite possono comprendere tutta la nostra conoscenza), se troviamo un risultato diverso da quello previsto sappiamo certamente che una delle nostre teorie è sbagliata, ma non sappiamo quale.Ciò sarebbe possibile solo se sapessimo che le altre teorie coinvolte sono vere, ma questo è precisamente ciò che Popper esclude categoricamente, senza ar-retrare neanche davanti a conseguenze paradossali come le seguenti, che egli afferma con piena convinzione e sulle quali i suoi ancor numerosi e fin troppo entusiasti sostenitori farebbero bene a meditare a fondo: «Le leggi di natura possono essere paragonate a “divieti” o “proibizioni”. Non asseriscono che qual-cosa esiste, o accade: lo negano. Insistono sulla non-esistenza di certe cose, o di certi stati di cose»3; «Una teoria fa asserzioni soltanto intorno ai suoi falsificatori potenziali. (Asserisce la loro falsità). Intorno alle sue asserzioni-base “lecite”, non dice nulla. In particolare, non dice che sono vere»4; «Uno dei compiti più caratteristici di qualunque tecnologia consiste nell’indicare ciò che non può essere realizzato»5; «Che lo strumento sia di fatto un potenziometro, non può essere definitivamente stabilito e verificato – non più del fatto che il bicchiere davanti a noi contiene dell’acqua»6. E si potrebbe continuare ancora a lungo.Alla fine, dunque, il falsificazionismo distrugge se stesso, non permettendoci più non solo di stabilire se una proposizione è vera, ma neanche se è falsa. Per

cui appare a questo punto assolutamente logica (ancorché assurda) la conclusio-ne che egli ne trae: «Non sappiamo, possiamo solo tirare a indovinare»7. Niente male, per un autore che si è sempre proclamato realista!Il problema è che anche per Popper la ragione si riduce alla logica, tant’è vero che per lui l’unico momento razionale del metodo scientifico è quello della deduzione delle conseguenze osservati-ve, mentre l’ideazione delle teorie è da lui dichiarata esplicitamente irrazionale e la valutazione dei risultati sperimentali è pu-ramente convenzionale (il che, alla fine, è solo una maniera più soft di dire che è anch’essa irrazionale). Quindi Popper, pur opponendosi per alcuni aspetti ai neopositi-visti, condivideva comunque gran parte dei loro assunti fondamentali8, e in particolare il rifiuto dell’idea che le verità possa essere ri-conosciuta dalla ragione direttamente dentro l’esperienza (quello che altrove ho chiamato «dogma centrale della modernità»9, perché in realtà rappresenta la base di tutta la filosofia moderna, non solo dell’epistemologia). Non deve perciò stupire più di tanto se alla fine anche il suo approccio ha condotto agli stessi esiti, pur contro le sue intenzioni originarie.dalla Paura dElla vErità a quElla dElla cErtEzza

Dunque paradossalmente il fallimento del logicismo nel render conto della ve-rità delle teorie scientifiche ha portato al rifiuto della nozione di verità anziché a quella del logicismo stesso. Inoltre col tempo alle motivazioni teoriche se n’è sovrapposta un’altra, in realtà presente fin dalle origini del positivismo, con la sua polemica antireligiosa e antimetafisica, ma che dopo la svolta relativistica è diventata sempre più importante, fino a sembrare spesso, oggi, l’unica vera motivazione di tale atteggiamento: ovvero la presunta «intolleranza» della no-zione di verità. Il risultato di tutto ciò è che tale nozione è oggi così screditata che recentemente, in uno dei pochi tentativi di reagire a questo stato di cose, Diego Marconi ha parlato al proposito di una vera e propria «paura della verità» all’interno della filosofia della scienza contemporanea10.Ma se la nozione di verità oggi non se la passa bene, quella di certezza, ovvia-mente, sta ancor peggio. Da un lato infatti essa sembra essere più un sentimento soggettivo, di cui dunque si potrebbe fare a meno, che una proprietà oggettiva delle teorie scientifiche (e, più in generale, delle nostre conoscenze). Dall’altro, ancor più della verità, la certezza sembra avere a che fare con l’intolleranza: in effetti la verità si può anche affermare in forma ipotetica o probabile, il che lascia ancora spazio alla discussione, mentre la certezza, secondo la mentalità odierna, sembrerebbe proprio precludere ogni dialogo. E di fatto oggi è prati-camente impossibile trovare qualcuno disposto a sostenere che nella scienza si diano delle certezze, non solo tra gli ormai pochi difensori del realismo scien-tifico, ma anche – cosa ancor più significativa – tra gli stessi scienziati. Perfino quelli che ritengono che vi siano nella scienza affermazioni praticamente certe non rinunciano mai ad aggiungere la clausola che comunque, almeno in linea di principio, tutte le teorie scientifiche sono sempre rivedibili.Ma è davvero così?

1 T.S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Chicago University Press, 1962; trad. it. 1969, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino.2 Che tuttavia è una traduzione errata del titolo originale, Logik der Forschung (Springer, Vienna, 1934; trad. it. 1970, Logica della scoperta scientifica, Einau-di, Torino), che significa invece, coerentemente con le idee di Popper, logica della ricerca: per Popper, infatti, propriamente parlando non c’è mai scoperta.3 K. Popper, Logik der Forschung, cit., p. 55.4 K. Popper, Logik der Forschung, cit., p. 76.5 K. Popper, The Poverty of Historicism, Routledge & Kegan Paul, Londra, 1957; trad. it. 1975, Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano, p. 65.6 K. Popper, Conjectures and Refutations. The Growth of Scientific Knowledge, Routledge & Kegan Paul, Londra, 1963; trad.it. 1972, Congetture e confutazio-ni. Lo sviluppo della conoscenza scientifica, Il Mulino, Bologna, p. 658.

7 K. Popper, The Poverty of Historicism, cit., p. 308 (in corsivo nel testo originale).8 Tanto che ancora nel 1959 scriveva di loro che «oggi come allora [...] sono importanti per me e non soltanto come oppositori, ma anche come alleati, perché sembrano i soli filosofi rimasti a tener vive alcune tradizioni della filosofia razionale» (Popper, Logik der Forschung, cit., p. XXI).9 P. Musso, La scienza e l’idea di ragione, Mimesis, Milano-Udine, 2011, pp. 195-198.10 D. Marconi, Per la verità. Relativismo e filosofia, Einaudi, Torino, 2007, p. 89. Sag-gio che peraltro non è incentrato sulla scienza, ma riguarda il relativismo culturale nel senso più ampio del termine: tuttavia gli argomenti sono sostanzialmente gli stessi, dato che, come abbiamo già detto, il relativismo culturale moderno deriva in gran parte pro-prio da quello epistemologico. Un’analoga e non meno clamorosa presa di posizione, stavolta all’interno del campo ermeneutico, che era giunto ormai da tempo a sostenere tesi molto simili e in qualche caso anche ad una vera convergenza con l’antirealismo epistemologico (si pensi per esempio a quella tra Gianni Vattimo e Richard Rorty), è stata presa, nello stesso periodo e con argomenti e motivazioni molto simili, anche da Maurizio Ferraris, allievo proprio di Vattimo.

(1 – continua)

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Fides et RatioLa fede e la ragione sono come le due ali con le quali

lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della

verità

Questa rubrica vuole disegnare la traiettoria che la

fede e la ragione compiono nel cammino di ricerca della

verità, quel cammino che sempre ha portato gli uomini

di tutti i tempi alla scoperta del proprio volto umano.

Utilizzeremo alcuni testi del beato Giovanni Paolo II che

ci sembrano particolarmente significativi al riguardo.

a cura di M.R.

(GIOVANNI PAOLO IIUdienza generale del 16 novembre 1983)

L’uomo di fronte al dilemma:Dio o la solitudine esistenziale

1. Gli disse Nicodemo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?» (Gv 3, 4).

La domanda di Nicodemo a Gesù esprime bene la meraviglia inquieta dell’uomo di fronte al Mistero di Dio, un mistero che egli scopre nell’incontro con Cristo. Tutto il dialogo tra Gesù e Nicodemo rivela la straordinaria ricchezza di significato di ogni incontro, anche di quello dell’uomo con l’altro uomo. L’incontro infatti è il fenomeno sorprendente e reale con cui l’uomo esce dalla sua solitudine originaria per affrontare l’esistenza. È la condizione normale attraverso la quale egli è condotto a cogliere il valore della realtà, delle persone e delle cose che la costituiscono, in una parola, della storia. In questo senso è paragonabile ad una nuova nascita.

Nel Vangelo di Giovanni l’incontro di Cristo con Nicodemo ha come contenuto la nascita alla vita definitiva, quella del Regno di Dio. Ma nella vita di ogni uomo non sono forse gli incontri a tessere la trama imprevista e concreta dell’esistenza? Non sono essi alla base della nascita di quella autocoscienza capace di azione, che sola consente un vivere degno del nome di uomo?

Nell’incontro con l’altro, l’uomo scopre di essere persona e di dover riconoscere pari dignità agli altri uomini. Attraverso incontri significativi egli impara a conoscere il valore delle dimensioni costitutive dell’esistere umano, prime fra tutte quelle della religione, della famiglia e del popolo cui appartiene.

2. Il valore dell’essere con le sue connotazioni universali — il vero, il bene, il bello — si presenta all’uomo sensibilmente incarnato negli incontri decisivi della sua esistenza.

Nell’affezione coniugale l’incontro fra l’amante e l’amato, che trova compimento nel matrimonio, incomincia dall’esperienza sensibile del bello incarnato nella “forma” dell’altro. Ma l’essere, attraverso l’attrattiva del bello, chiede di esprimersi nella pienezza del bene autentico. Che l’altro sia, che il suo bene si realizzi, che il destino tracciato su di lui dal Dio Provvidente si compia, è il desiderio vivo e disinteressato di ogni persona che ama veramente. La volontà di bene duraturo, capace di generare e di rigenerarsi nei figli, non sarebbe, per

altro, possibile, se non poggiasse sul vero. Non si può dare all’attrattiva del bello la consistenza di un bene definitivo senza la ricerca della verità di sé e la volontà di perseverare in essa.

E proseguendo: come potrebbe aversi un uomo pienamente realizzato, senza l’incontro, che avviene nell’intimo di sé, con la propria terra, con gli uomini che ne hanno costruito la storia mediante la preghiera, la testimonianza, il sangue, l’ingegno, la poesia? A loro volta il fascino per la bellezza della terra natale e il desiderio di verità e di bene per il popolo che continuamente la “rigenera” accrescono il desiderio della pace, che sola rende attuabile l’unità del genere umano. Il cristiano è educato a comprendere l’urgenza del ministero della pace dal suo incontro con la Chiesa, dove vive il popolo di Dio che il mio predecessore Paolo Vl ebbe a definire «…entità etnica sui generis».

La sua storia sfida il tempo ormai da duemila anni lasciandone inalterata, nonostante le miserie degli uomini che vi appartengono, l’originaria apertura al vero, al bene e al bello.

3. Ma l’uomo prima o poi si accorge, in termini drammatici, che di tali incontri multiformi ed irrepetibili egli non possiede ancora il significato ultimo, capace di renderli definitivamente buoni, veri, belli. Intuisce in essi la presenza dell’essere, ma l’essere in quanto tale gli sfugge. Il bene da cui si sente attratto, il vero che sa affermare, il bello che sa scoprire sono infatti lontani dal soddisfarlo. L’indigenza strutturale o il desiderio incolmabile si parano davanti all’uomo ancor più drammaticamente dopo che l’altro è entrato nella sua vita. Fatto per l’infinito, I’uomo si sente prigioniero del finito!

Quale tragitto può ancora compiere, quale altra misteriosa sortita dall’intimo di sé potrà tentare colui che ha lasciato la sua originaria solitudine per andare incontro all’altro, cercandovi definitivo appagamento? L’uomo, impegnatosi con genuina serietà nella sua esperienza umana, si trova posto di fronte a un tremendo aut aut: domandare ad un Altro, con la A maiuscola, che sorga all’orizzonte dell’esistenza per svelarne e renderne possibile il pieno avveramento o ritrarsi in sé, in una solitudine esistenziale in cui è negata la possibilità stessa dell’essere. Il grido di domanda o la bestemmia: ecco ciò che gli resta!

Ma la misericordia con cui Dio ci ha amati è più forte di ogni dilemma. Non si ferma neppure di fronte alla bestemmia. Anche dall’interno dell’esperienza del peccato l’uomo può riflettere sempre ed ancora sulla sua fragilità metafisica e uscirne. Può cogliere il bisogno assoluto di quell’Altro con la A maiuscola, che può colmare per sempre la sua sete! L’uomo può ritrovare la strada dell’invocazione all’Artefice della nostra salvezza, perché egli venga! Allora l’animo si abbandona all’abbraccio misericordioso di Dio, sperimentando infine, in questo incontro risolutivo, la gioia di una speranza «che non delude» (Rm 5,5).

NIENTE è COME APPAREGalileo e Shakespeare entrambi nati nel 1564; il primo ha puntato il telescopio per scrutare la pro-fondità del cielo, il secondo ha scrutato profondamente l’animo umano. Cosa li accomuna? Entrambi hanno mostrato ai loro contemporanei e ancor di più a noi, a distanza di 450 anni, che nulla è come appare.Gli uomini e le donne che popolano le commedie e le tragedie di

Shakespeare sono insieme e contempo-raneamente vili e coraggiosi, meschini e magnanimi, crudeli e mansueti, generosi e avari, quasi sempre profondamente soli, consumati dai loro dubbi, dai loro rimorsi, dalle loro contraddizioni, dal loro perenne chiedersi “ESSERE O NON ESSERE”.

Galileo ha, invano, gridato la sua verità che, contro ogni apparenza, era la sola unica spiegazione dell’ universo. I suoi contemporanei credevano di

stare fermi e sicuri su una terra immobile, in realtà tutto si muove e la Luna ha le sue stelle, le sue montagne e Giove i suoi satelliti e la Terra è una minuscola sfera in un universo infinito. Credere in Dio non significa negare la verità scientifica, esistono due verità quella della fede e quella della scienza entrambe riconducibili ad una unica fonte: Dio.Niente è come appare, l’uomo deve faticare per trovare la verità ma si sa che si prova solo ciò che si crea.

Ramundi Mariangela

Riaperto il servizioBibliotecaMultimedia FRANCESCO CASALEDedicare al prof. Francesco Casale la biblioteca del nostro Istituto è per noi un atto di doverosa gratitudine per quello che lui ha dato all’istituzione scolastica nella quale ha prestato servizio per oltre 30 anni della sua eccellente carriera di docente. A parlare dei suoi meriti professionali ed umani sono i suoi ex allievi che proprio per questo hanno proposto di dedicargli il luogo che meglio lo rappresenta, riconoscenti dell’eredità culturale e morale che il loro insegnante ha trasmesso.Il servizio rinasce dopo un lungo periodo di pausa obbligata dalla inagibilità dei locali della sede storica che, essendo pericolanti, rendono impossibile accedervi. Speriamo a breve i finanziamenti per ripristinarla. Irrisolte problematiche strutturali, dovute alla mancanza di necessari interventi di ristrutturazione edilizia e al terremoto, richiedono oggi ingenti risorse economiche. Nonostante ciò, in attesa che si risolvano le incombenze burocratiche, si è ritenuto opportuno fornire all’utenza un servizio on line che è operativo dal gennaio 2014 in forma sperimentale e che da oggi si apre all’esterno. Si intende migliorare per il futuro la situazione attuale con la collaborazione di tutti gli amici del prof. Francesco Casale e soprattutto delle istituzioni della città.Si tratta di na biblioteca in rete a cui può accedere chiunque possegga un computer anche se non di ultima generazione. La biblioteca mette a disposizione della cittadinanza un parco a pieno regime di libri per oltre 6000 tomi (oggi attivati circa mille), di cui alcuni di notevole pregio, veri e propri gioelli meritevoli di essere salvati dall’oblio perché legati alla lunga storia del nostro Istituto (oltre 100 anni) e della città. Tra i primi libri salvati abbiamo proprio un manuale di motori elettrici del 1901.Gli utenti possono fare una ricerca nell’elenco libri disponibili e mandare una mail a [email protected] diventando utenti e promotori del servizio. Gli studenti della scuola già hanno avuto modo di servirsi del prestito leggendo libri di carta che poco avevano maneggiato.

Silvio Petaccia

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La voce liberadella scuola

rubrica sindacale

LA NOSTRA SCUOLAFRA EMERGENZE, PRIORITA’ E

NUOVI VALORILa nostra scuola vive una stagione di cui

l’afasia e l’indifferenza si mescolano con la protesta e la rivendicazione.Il primo obiettivo per realizzare una scuola moderna e di qualità è quello di ridare valore al lavoro del personale docente, Ata e dei dirigenti scolastici. In questi anni la necessità di un riconoscimento anche economico è stata ridotta a semplice tema di annunci e di semplice e infruttuoso dibattito. Il valore aggiunto del lavoro, per la scuola, è rappresentato dalla ‘qualità’, che rappresenta un elemento del tutto diverso da quello di ‘produttività’.

È necessario delineare le proposte per valorizzare il lavoro in quanto tale a partire da un incremento delle retribuzioni, tra le più basse in Europa. Tale valorizzazione riguarda l’insieme della categoria ed i singoli, in relazione alle specificità professionali sia del personale Ata in rapporto alla complessità dei servizi, sia dei docenti in rapporto alla loro insostituibile attività didattica.La centralità della scuola, la dignità e il prestigio del lavoro nella scuola devono rappresentare obiettivi costanti di una rinnovata azione politica.Sono anche impegni su cui pone particolare enfasi il nuovo Governo e su questo non si può che esprimere condivisione e apprezzamento; sono segnali di attenzione che chi vive nella scuola attende da tempo, ai quali naturalmente si chiede che seguano finalmente atti concreti e scelte coerenti, di cui si avverte una forte esigenza.

È necessario che oltre a una rinnovata e concreta attenzione si delinei anche la necessità di innovazioni che riguardano diversi aspetti del sistema, dalla valorizzazione dell’autonomia scolastica ai temi relativi a una nuova configurazione del rapporto di lavoro. La nuova sfida è puntare al cambiamento rendendo protagonista dei processi di innovazione chi nella scuola lavora in trincea e gli stessi studenti.Occorre intraprendere una nuova strada che ci conduca a individuare obiettivi di crescita in qualità e produttività del sistema di istruzione, considerando tuttavia che l’innovazione si costruisce attraverso “processi condivisi” e non semplicemente attraverso annunci, protagonismi o singoli eventi; le trasformazioni relative all’educazione, all’istruzione e alla formazione sono infatti inevitabilmente complessi e necessariamente profondi che si costruiscono nel tempo e con la condivisione di soggetti diversi. Non può esistere un cambiamento culturale che si realizzi dall’alto per semplice concessione; le innovazioni più profonde possono avvenire soltanto attraverso una serie continua e precisa di atti concreti e di investimenti sia materiali che immateriali.Risulta indispensabile che si passi rapidamente dalla fase degli annunci a quella delle azioni dal momento che il nuovo governo ha dichiarato di voler assumere la scuola e l’istruzione come tema centrale della sua iniziativa al fine di rendere finalmente visibile e credibile un rinnovato impegno verso il mondo dell’istruzione.

I temi che assumono una indiscussa priorità e che necessitano di una soluzione positiva in tempi rapidi sono gli scatti di anzianità, le posizioni economiche del personale Ata e la retribuzione accessoria dei dirigenti scolastici.Gli scatti di anzianità non rappresentano una difesa ad oltranza dell’esistente, ma sono la difesa

di un “minimo di sopravvivenza professionale” senza cui è impossibile affrontare in termini di qualità il tema delle carriere del personale.Le posizioni economiche del personale ATA rappresentano un ineliminabile baluardo al fine di evitare un ulteriore scippo di soldi a lavoratori già depressi e sottopagati. La vicenda ha trovato una temporanea soluzione, ma resta ancora aperto il problema di una ridefinizione complessiva, in sede contrattuale, della materia.La retribuzione accessoria dei dirigenti rappresenta l’unico modo per evitare che chi dirige le istituzioni scolastiche in situazioni di piena e grave emergenza economica e normativa finisca per essere pagato oggi meno di ieri.È necessario dare vita, inoltre, a partire dall’a.s. 2014/15 al nuovo piano triennale di assunzioni, in una prospettiva di stabilizzazione del lavoro al fine di venire incontro alle legittime esigenze dei precari ma anche alle necessità di una più efficace programmazione del lavoro, di una maggiore qualità dell’offerta formativa e alla domanda di continuità didattica espressa dalle famiglie.

Non è più rinviabile una decisa determinazione relativa ad una nuova politica degli organici, sia rispetto alla loro definizione in termini di consistenza quantitativa da porre in stretta correlazione al fabbisogno di una popolazione scolastica in continuo aumento, sia nei confronti di nuovi criteri di assegnazione e gestione.Non mancano altri temi di rilevante importanza da affrontare sia in termini di interventi normativi che in sede negoziale.In particolare occorre sottolineare la formazione iniziale e in servizio del personale e soprattutto la retribuzione e le carriere legate anche con fattori diversi dalla sola anzianità.A tal fine emergono tantissime aspettative per il personale scolastico per le riduzioni fiscali annunciate dal Governo. Se infatti la soglia di accesso al beneficio è individuata in una retribuzione mensile netta di 1.500 euro, vi rientra più della metà di chi lavora nella scuola statale e quasi interamente chi presta servizio nelle paritarie o nella formazione professionale.In realtà il limite di 1.500 euro netti rappresentano una soglia invalicabile, anche al termine della carriera, dopo 35 anni di servizio, per l’intero profilo del personale ATA, con la esclusione dei direttori dei servizi generali e amministrativi che

ammontano a circa 8.000 unità. I collaboratori scolastici e gli assistenti amministrativi raggiungono in totale 200.000 unità di personale. In relazione alla classe docente occorre rilevare che non raggiunge la soglia dei 1.500 euro di retribuzione netta mensile la metà di quelli che sono in servizio nella scuola primaria e dell’infanzia e oltre un terzo di quelli che lavorano nelle scuole secondarie per un ammontare complessivo di oltre 300.000 unità.Si può senza dubbio affermare che nella scuola lavorano con una retribuzione al di sotto dei 1.500 euro 500.000 addetti su un totale di 935.000. Risultano pertanto di vitale importanza per tutto il mondo della scuola la irrinunciabile questione delle posizioni economiche del personale ATA e la vertenza per il recupero degli scatti di anzianità, che interessa sia il personale docente che il personale ATA.L’emergenza retributiva mai come oggi deve essere al centro dell’attenzione delle politiche dell’intero Governo. Occorrono risposte certe e concrete in quanto soprattutto su queste questioni si gioca la stessa credibilità degli impegni assunti dal Governo nei confronti della centralità della scuola e della dignità di chi vi svolge con passione il proprio lavoro.Non possiamo non rilevare ancora la necessità di una riforma condivisa del sistema di valutazione al fine di elevare la qualità dell’offerta formativa e di miglioramento della efficacia e dell’efficienza del lavoro scolastico.

Occorre ricordare che la scuola deve rappresentare un valore condiviso da tutti e non è pensabile che il nostro sistema di istruzione possa essere modificato o addirittura stravolto ad ogni cambio di maggioranza.Le riforme e gli interventi sulla scuola non possono essere prerogativa di singoli individui o di singoli partiti ma occorre il comune raccordo di proposte provenienti da attori diversi e in particolare dalle associazioni professionali, dalle forze sociali e dai corpi i intermedi che la politica ha il dovere istituzionale di portare a sintesi.Soltanto riconoscendo loro il ruolo essenziale di portatori concreti delle effettive esigenze e delle necessità reali del mondo scolastico sarà possibile ridare al nostro sistema di istruzione e all’intero paese, con soluzioni mirate, una nuova stagione di crescita culturale, economica e sociale.

a cura di Andrea Leonzio

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NovelloZibaldoneLA “DEBOLEZZA” DELLE DONNE

Strazianti fatti di cronaca ci informano su un fenomeno in continua ascesa:

il femminicidio!La “debolezza” delle donne usata contro loro stesse?

In Italia muore di violenza maschile una donna ogni 2 o 3 giorni.

Tante e diverse le storie. Una emblematica? Quella di Denise Morello, una ra-

gazza di 22 anni, uccisa dall’ex fidanzato Matteo Rossi, un quarantenne trevi-

giano.

I due si erano lasciati dopo un’intensa relazione durata un anno e lui che non

aveva accettato la situazione ha deciso di ucciderla con un colpo di pistola alla

testa e con la stessa arma si è tolto la vita. Per giustificare il proprio gesto ha

lasciato un messaggio: «Questa follia per farti capire quanto sono pazzo di te,

Denise».

Amori malati, rapporti difficili, difficoltà a gestire l’abbandono, la separazione

spingono uomini di età e condizioni sociali diverse a gesti folli.

Tali abusi, violenze e perfino omicidi sono culturalmente e socialmente radicati,

continuano ad essere accettati, tollerati e talvolta giustificati, laddove l’impunità

costituisce la norma, dove si chiede alle donne di nascondere, di tacere. Queste

morti “annunciate” vengono spesso etichettate come i soliti delitti passionali.

Due giorni fa, è stata barbaramente uccisa a martellate Maria, insegnante di

scuola materna dal marito sottufficiale dell’Aereonautica davanti agli occhi dei

loro gemelli di nove anni. Un contesto di benessere economico e certamente non

svantaggiato dal punto di vista culturale.

La parola ‘femminicidio’ ha origini molto recenti, per il Devoto Oli dal 2013,

si intende una violenza di genere, estrema da parte dell’uomo contro la donna

“perché è donna”. I dati che l’EURES raccoglie attraverso giornali, stampa lo-

cale e quotidiani e li valida con la Criminalpol, sono allarmanti. Pare che non

esista una correlazione tra benessere e femminicidio, poiché i numeri forniti

dall’EURES per il 2013 parlano di 288 casi per la Francia, 350 per la Germania

e 148 per l’Italia. Il Nord Italia ricco, produttivo ed emancipato registra 785

femminicidi, il Centro 297 e il Sud e le isole 488.

Questa forma di violenza sulle donne viene descritta dalle fonti documentarie a

partire dagli anni settanta, e non a caso negli anni in cui la donna inizia un suo

percorso personale e collettivo di emancipazione. Questa forma di prevarica-

zione si articola in varie tipologie: violenza psichica, sessuale o in entrambe le

forme. È una forma subdola di cattiveria e di violenza, perché praticata soprat-

tutto in contesti intimi e privati e nella stragrande maggioranza dei casi, per il

42% da compagni, mariti, dunque da uomini con i quali si decide di condividere

la propria vita. Deve far riflettere che l’82,3% di questi episodi si consuma al

riparo dagli sguardi indiscreti, tra le pareti domestiche, mute testimoni di ciò che

accade o peggio di fronte agli occhi dei figli che vivono dolorose esperienze e

che potrebbero diventare a loro volta degli adulti violenti.

La nostra società insegna alle donne come reprimere la propria “debolezza”,

e non lasciare spazio ad uomini violenti. Visitate il sito www.inquantodonna.

it scoprirete madri, figlie, fidanzate, donne che sorridevano alla vita. Persone

dolci, fiduciose, attente che hanno commesso un grosso errore: si percepivano

“deboli”.Coletti Jessica, Di Pasquale Martina, De Nicola Micaela, Donatangelo Valeria,

Garofalo Martina e Mazzella Camilla2 Informatica B

L’InutileHo visto un uomo violentoe ho abbassato lo sguardo;

ho visto uno strozzino infangarsi con denaro altruie ho piegato le gambe;

ho udito un uomo ricattare il suo prossimoe ho incrociato le mani;

ho guardato un inutile uomovendere droga ai ragazzini

e ho smesso di pensare;ho sentito bombe infami

portarsi via uomini innocentie ho capito la disperazione;

ho visto inutili uominiimmersi nella loro miseriae ho invocato misericordia.

Stefano Altobelli

5a Chimica B

Diritto delle Donne

PERLA NERA

Non dimenticherò mai l’odore dell’ebano, la pioggia lo mitigava e il vento lo trasportava mescolandolo agli altri odori della mia terra finché l’aria non arrivava a tingersi di vita nella sua forma più vera e antica.Respirandolo potevo sentirmi fremere; quell’odore evocava ricordi mai vissuti davvero; quelli sono stati i giorni più belli della mia vita.Adesso, sono qui su un freddo marciapiede, avvolta dal mantello freddo della nebbia, in una delle innumerevoli notti trascorse aspettando la solita auto che si avvicina, ruggendo, puntandomi addosso i fanali che mi scrutano come tra poco farà, scavandomi dentro, lo sguardo vuoto e bavoso di chi compra un corpo confondendolo con l’amore.Cerco di reprimere come sempre l’espressione di disgusto, non riesco a trattenere tra le labbra un brivido carico d’odio, ma non importa, tanto non se ne accorgerà: non è il viso che guarderà.Pomeriggi nel sole africano, trascorsi correndo tra l’erba alta e secca, le gambe che si stendevano velocissime e mai stanche, il sorriso di chi sa che non dovrei essere in nessuna altra parte del mondo se non a casa mia. Perché quello era il mio posto.Qui al freddo della notte l’auto si allontana dal marciapiede, ragazzi mi guardano curiosi, è molto frequente incrociarli il sabato sera. Cerco di scrutare i loro sguardi appannati per poterli far soffrire un po’. Mi consola pensare che nell’attimo in cui mi vedono io possa trasmettere loro un po’ di paura del mondo, non sanno cosa li aspetta. Le belle auto, le serate vuote, bruciate ad inseguire qualche falsa sensazione; mentono a loro stessi. Soffriranno molto.Il suono del telaio consumato di nonna Besede era sempre un dolce risveglio. La nonna mi accoglieva con un’espressione di severa bonarietà, l’espressione di chi ne ha passate tante. Nei gesti l’amore più grande che si possa immaginare: quello che si dà senza chiedere nulla in cambio.Vicino a lei ho imparato a tessere e sono diventata donna.Quando sono partita per l’Italia per cercare fortuna lei è stata l’ultima persona che ho abbracciato, ho letto nei suoi occhi la commozione e la speranza per una vita migliore. Non vorrei mai che sapesse!Ecco arrivare un altro mostro, con più sicurezza questa volta, sembra aver scelto la sua preda. Il mio corpo si tende ormai involontariamente a mostrarsi mentre, dentro, mi sento usata. Gli ultimi metri cedono ad un’incertezza, come se per un attimo il mostro si scrutasse l’anima disgustandosi di se stesso, ma non sarà questo a fermare la sua fame. Il finestrino si abbassa, ne escono sudice parole e io faccio quello che si aspetta da me. Ad ogni passo verso la portiera sento il male, sento l’anima che muore. Mi abbandono alla consapevolezza di non avere scelta.Non so più chi sono: ormai la mia è un’esistenza a metà tra donna e oggetto.Perdonami, nonna, io per te sarò sempre la tua Perla Nera.

Giuseppe LosofoloV ELE B

Pubblichiamo i contributi dei nostri alunni elaborati per il progetto “Percorsi di legalità”

tra PubblicO E PrivatO,la stOria raccONtata dalla NONNa.

L’appassionante lettura del breve romanzo Il Giorno della Civetta di Leonardo Sciascia ha suscitato in me una tale curiosità su alcuni aspetti della realtà sici-liana del secondo dopoguerra da indurmi a compiere ulteriori “indagini” circa la storia della Sicilia.Così ho scoperto che nell’isola, durante il decennio successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, era molto attivo il Movimento Separatista Siciliano,

che aveva il suo braccio armato nell’EVIS (Esercito Volontario per la Libera-zione della Sicilia e definito dagli Alleati un corpo paramilitare guidato e finan-ziato dalla Repubblica di Salò) in cui militò, con il grado di colonnello anche il famoso bandito Giuliano, autore della storica e tristemente famosa strage di Portella della Ginestra avvenuta il 1 Maggio del 1947 in località Piana degli Albanesi (PA), terra d’origine di mia nonna che all’epoca era una bambina e che oggi racconta a me ciò che sua madre aveva raccontato a lei al tempo in cui

accaddero i fatti…

“Caro Samuele, devi sapere che il 1° Maggio del 1947 in località Portella della

Ginestra, non lontano dal mio paese, Piana degli Albanesi, si verificò un fatto

molto grave sul quale la Giustizia non riuscì mai a fare chiarezza tanto che anco-

ra oggi quel fatto fa parte dei grandi misteri del nostro paese.

All’epoca Salvatore Giuliano, conosciuto poi come il bandito Salvatore Giulia-

no, era dedito alla borsa nera del grano che vendeva ai contadini. A quei tempi

la popolazione lo venerava come un novello Robin Hood, che toglieva ai ricchi

per dare ai poveri, nonostante tutti sapessero che con la sua banda rubava e

commetteva omicidi. Tant’è che durante il dopoguerra aiutò molte famiglie di

contadini in difficoltà che non potevano fronteggiare la prepotenza e la potenza

dei latifondisti che, per incrementare le loro già cospicue proprietà, ricorrevano

ai mafiosi per costringerli a cedere con la violenza ai grandi proprietari i loro

piccoli poderi.

Così Giuliano per la popolazione divenne un vero e proprio giustiziere nell’i-

nosservanza della legge e per i siciliani fu la reincarnazione dello spirito ribelle

dell’isola e un eroe leggendario.

Ma quando dal 1945 fino al ’46 Giuliano fece parte dell’EVIS iniziò a com-

mettere attentati contro le forze dell’ordine uccidendo più di 16 carabinieri e da

bandito comune divenne un vero e proprio terrorista.

Dopo le elezioni del 1947 per l’Assemblea Regionale Siciliana che vide la vit-

toria della coalizione di Sinistra P.S.I-P.C.I, i dirigenti dell’EVIS gli chiesero di

combattere il comunismo con un’azione che la Sicilia intera e la nostra famiglia

non avrebbe mai più dimenticato.

L’occasione si presentò il 1° Maggio del 1947 quando circa 2000 persone, tra

cui molti socialisti, riunite nella manifestazione del 1° Maggio, giorno della fe-

sta dei lavoratori, furono assalite dalla banda Giuliano che in soli due minuti,

sparando sulla folla inerme, uccise 11 persone, ne ferì altre 27 di cui alcuni

morirono in ospedale nei giorni seguenti.

Questa strage è passata alla Storia come la Strage di Portella della Ginestra e

prende il nome dal luogo in cui è accaduta.

Anche se a quel tempo ero solo una bambina ricordo il dolore della mia famiglia

perché tra le vittime vi era anche un mio cugino. Da quel giorno il bandito Giu-

liano diventò un nemico del popolo non diverso né dalla mafia che si era servita

di lui, né dalle forze politiche che lo sostenevano a scopo elettoralistico. E no-

nostante siano passati 67 anni, so che molta gente assetata di verità non ha mai

ricevuto risposta alle numerose domande rimaste irrisolte: perché è accaduto?

Chi era veramente e per conto di chi operava il bandito Giuliano? Quali segreti

ha nascosto la ragione di Stato circa il legame mafia e politica? ”

Grazie alla lettura di un libro e alla testimonianza della nonna ho scoperto una pagina oscura della storia del mio paese che è entrata prepotentemente nella vita della mia famiglia provocando una collisione dolorosa tra pubblico e privato.

Samuele Gasbarri2 TL A

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Dia l o g o d e l l ’ A u t o r i t àe d i u n r a g a z z o

Un ragazzo, che aveva viaggiato molto per il mondo e vissuto in diversi paesi, dopo aver

raggiunto l’Africa centrale e aver superato l’equatore, giunto in un luogo sconosciuto dagli uomini, ebbe la stessa esperienza di Vasco de Gama quando superò il Capo di Buona Speranza. A quel tempo il Capo di Buona Speranza era sorvegliato da un gigante che gli andò incontro per scoraggiarlo “dal tentare quelle nuove acque”. Il giovane scorse un enorme busto che all’apparenza sembrava di pietra e che gli ricordava gli ermi colossali che lui aveva visto, molti anni prima, nell’isola di Pasqua. Ma avvicinandosi si accorse che il gigante era una donna seduta a terra con il busto dritto, il dorso e il gomito appoggiati ad una montagna, non era finta ma viva. Aveva il viso per una metà bello e per l’altra terribile e aveva occhi e capelli nerissimi. La donna lo fissava in silenzio, finché non parlò e disse: Autorità: “Cosa cerchi ragazzo? Cosa ti ha portato da queste parti?” Ragazzo: “Sono giunto fin qui dopo aver errato per il mondo alla ricerca di una soluzione alla grande confusione in cui vivono gli uomini del mio paese.”Autorità: “Sei arrivato nel luogo giusto, io posso risolvere il tuo problema perché sono colei che regola la vita tra gli uomini aiutandoli a distinguere il bene dal male. Io sono: L’Autorità.”Ragazzo: “Ma chi sei veramente? Come potresti aiutarmi? Ho sempre avuto un’opinione negativa di te.”Autorità: “Per quale motivo?”Ragazzo: “Perché ho sempre creduto e credo che tu sia controllo e limite alla libertà degli uomini.”Autorità: “Ma ragazzo mio, cosa intendi per libertà?!”Ragazzo: “Per me libertà è poter far tutto ciò che si desidera, senza limiti alla soddisfazione dei propri piaceri.”Autorità: “Ma, ragazzo, la tua giovane età e l’inesperienza della vita non ti permettono di capire che sono proprio i limiti da me imposti che consentono agli uomini di esercitare la libertà.”Ragazzo: “Scusa, ma continuo a non capire, perché per me limite e controllo sono esattamente l’opposto della libertà.”Autorità: “E’ proprio qui che sbagli se non ci fossero né limiti né controllo la tua stessa libertà potrebbe essere minacciata. Perché vedi l’eccessiva libertà del singolo limiterebbe la libertà di un altro. Devi sapere che la libertà di… non è l’unica, essa deve coesistere con la libertà da….”

Ragazzo: “Libertà di …? libertà da …? Che stai dicendo? Libertà è Libertà.”Autorità: “Non è proprio così, perché la libertà di… è una libertà positiva e forse non è neppure la più importante poiché esiste anche la libertà da…, cioè quella negativa. Per farti capire meglio questo concetto prova a pensare a tutte le volte che avresti voluto esercitare un tuo diritto e ne sei stato impedito. Pensa quando a scuola, fino a qualche tempo fa, non potevi usufruire di tutti i locali perché eri infastidito dal fumo delle sigarette dei tuoi compagni, oppure pensa alle barriere architettoniche che impediscono ai disabili di poter andare dove vogliono, in entrambi i casi la libertà di… è minacciata dall’assenza della libertà da…Ragazzo: “Quindi se ho capito bene la libertà da… è il presupposto necessario per la realizzazione della libertà di…”Autorità: “Si hai capito bene, infatti gli uomini possono convivere bene tra loro solo rispettando le regole che assicurano la giustizia, l’uguaglianza, la sicurezza e la legalità e queste caratteristiche sono la parte bella di me .”Ragazzo: “E qual è la parte terribile?”Autorità: “La parte terribile di me è data dall’imposizione del limite, dalla censura, dall’oppressione, dall’assenza del confronto e della discussione costruttiva. Quando prevalgono questi aspetti della mia persona non sono più autorità ma divento autoritarismo.”Ragazzo: “Adesso ho capito perché le cose vanno male e c’è molta confusione. Non c’è più rispetto per la giustizia, per la legalità e di conseguenza non ci sono più né uguaglianza né sicurezza. Inoltre gli uomini sono diventati indifferenti al male, si sono ormai abituati ad esso e vi convivono tranquillamente, impiegando tutte le energie nella difesa dei propri interessi, vivendo nell’indifferenza assoluta verso il bene della collettività e per questo dilagano la corruzione, l’illegalità, l’egoismo, e l’abuso di potere.”Autorità: “L’unico modo per affrontare e sconfiggere la confusione che c’è nel tuo paese è insegnare ai cittadini ad essere vivi veramente, ad essere partigiani, a combattere l’indifferenza e la paura. Se nella società prevalgono l’indifferenza e la paura gli uomini facilmente possono conoscere o sperimentare la parte terribile di me. Diffondi questo mio insegnamento tra i tuoi amici e di’ loro che solo così potranno costruire una società migliore per il futuro.”Dopo queste parole, l’Autorità scomparve agli occhi del ragazzo mimetizzandosi con la montagna.

CLASSE II Inf A

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News

 

ONE BILLION RISING

Il giorno 14 febbraio 2014 alcune delle ragazze dell’IIS Luigi di Savoia di Chieti, si sono recate con l’accompa-gnamento della professoressa Roberta Borrone sotto i portici del bar “Gran Caffè Vittoria” per partecipare ad una manifestazione, che ha coinvolto l’Ipsia “Pomilio”, l’IIS “Luigi di Savoia”, il Magistrale “Isabella Gonzaga” e il Liceo Coreutico la mattina, e il pomeriggio la Pa-lestra Sporting Center Levante, l’ASD Siler dance, l’A-SD Ginnastica Athena, la scuola di ballo Roby Dance 2013 e le Associazioni Da grande Voglio Crescere e Camminando insieme. Non poteva essere scelta data più evocativa. Per tutti il 14 febbraio è la Festa degli innamorati, un giorno in cui si celebra l’amore, la fe-licità, la gioia di condividere una storia d’amore con qualcuno a cui si vuole bene. Per molte donne, però,

non è così. San Valentino, come ogni altro giorno del-la loro vita, può essere una giornata d’inferno.La mobilitazione per le donne, ideata dal movimento V-day della scrittrice Eve Ensler, ha riguardato le don-ne di tutto il mondo. One Billion Rising è la manifesta-zione riguardante la protesta contro la violenza sulle donne. Consiste in un ballo molto semplice, diverten-te e soprattutto coinvolgente. Le regole sono tre: un qualunque accessorio rosso, tanta voglia di ballare e nessuna connotazione politica. Il tema fondamentale della manifestazione è la giustizia: chiedere giustizia per tutte le donne (adulte o bambine che siano), che subiscono violenza. L’inno, che è risuonato in tutte le piazze, è stato “Break the chain” (rompi la catena). In Italia sono stati organizzati circa ottanta eventi, tutti documentati con foto e video.

 

Sabato 8 febbraio l'alunna D'Orazio Mariastella e la professoressa Angela Rossi, si sono recate all'Istituto “Pomilio” per commemorare la tragedia delle Foibe, con una cerimonia programmata dalla Fondazione Cantiere Abruzzo.L'onorevole F. Di Stefano, Presidente della Fondazione Cantiere Abruzzo, ci ha presentato un video, attraverso il quale è stato possibile documentarsi sulle atrocità delle foibe. L'ospite d'onore della giornata è stata Velia Esposito, una signora novanten-ne, esule di Pola, che ci ha raccontato la sua drammatica esperienza.Ci ha parlato della sua famiglia e del dolore, che hanno dovuto sopportare in quel periodo, fuggendo dalla propria terra. Una nonna veramente SPE-CIALE!!!Gentilmente ha risposto alle nostre domande, offrendosi volontariamente per altre cerimonie di commemorazione delle foibe.Dopo la testimonianza di Velia Esposito, sono stati premiati uno alla volta i 4 vincitori del concorso: D'Orazio Mariastella, Giacomo Leonzio e Fabrizio Di Giovanni, per la sezione Scuola Secondaria Superiore e Alessio Cocco per la sezione studenti universitari. Ogni vincitore ha illustrato il contenuto del proprio elaborato e ha esposto delle riflessioni sulla tragedia delle foibe. Noi giovani siamo indifferenti e disinformati su questi segni di storia così cru-deli. Ma non dovrebbe essere assolutamente così!Ogni vincitore del concorso ha avuto come premio uno smarthPad, offerto dalla Fondazione Cantiere Abruzzo.

D'Orazio MariastellaIV CH B

Burger King Baby27 mar 2014

da Internet

Le tante storie che si leggono o ascoltano, anche le più belle, in fondo tendono ad assomigliarsi. Quella di Katheryn Deprill invece no: è una storia diversa. Totalmente diversa. E’ la storia di una ragazza di 27 anni di Alentown, in Pennsylvania, che qualche tempo fa, ricorrendo a Facebook, ha scelto di ringraziare pubblicamente sua madre per averla fatta nascere. Nulla di strano, se la madre di questa giovane non

avesse abbandonato la figlia appena nata nel bagno di un Burger King, non facendosi più sentire.Avrebbe quindi avuto più ottime ragioni, Katheryn, per prendersela; ventisette anni di buone ragioni, per l’esattezza. Invece ha scelto il perdono: «Voglio che lei sappia – così ha scritto sul suo profilo – che non sono arrabbiata con lei per quello che ha fatto, però ho tante domande da farle, pur di iniziare una nuova relazione con mia madre biologica. Vi prego, aiutatemi a trovarla condividendo questo mio post». L’appello ha fatto il giro della rete – oltre 27.000 condivisioni in appena 24 ore – e, alla fine, la giovane ha potuto ritrovare la madre.

«Si sono abbracciate immediatamente. E’ stato tutto molto emozionante e drammatico», ha raccontato chi ha assistito a quell’incontro. Che non è stato solo la risposta più bella alla più grande curiosità che può nutrire una figlia, ma anche la più commovente conferma che quella ragazzina di 17 anni, quel 15 settembre 1986, sbagliò ad abbandonare la propria bimba, ma fece bene a non abortire. A darle la possibilità di vivere, di crescere e di venirla a cercare. E, come se non bastasse, è pure la prova che anche Facebook, dopotutto, serve a qualcosa.

sia per le Scuole che per i ragazzi. Infine, è stato trattato il tema dei profili professionali nel settore “Turismo e Ambiente”, legato agli sbocchi oc-cupazionali e alle competenze oggi richieste dal mercato del lavoro, con un occhio di riguardo alla mobilità europea, imprescindibile nell’attuale contesto socio economico. Nel pomeriggio si sono formati gruppi di lavo-ro, nei quali sono state raccolte le idee e gli strumenti di comunicazione utili per poter presentare i nostri progetti al territorio. A fine giornata sono state date le risultanze in plenaria, al termine i saluti e le conclusioni. La nostra classe IV Ch B ha aderito a questa iniziativa, presentando un progetto dal titolo: Monumentiamoci e consiste nel restaurare due tele di Ruthens, presenti nel Museo Barella di Chieti, restituendo alla città queste due opere d’arte di grande valore artistico, grazie alla consulenza e colla-borazione della Storico d’Arte Dott.ssa Mariapaola Lupo del Comune di Chieti-Assessorato alla Cultura e della Restauratrice Susanna Segarelli e al finanziamento della Carichieti. Abbiamo individuato alcune opere tra-scurate presenti a Chieti, e poi analizzato le cause del deterioramento e del loro degrado a livello chimico. A maggio è prevista una conferenza per presentare le fasi e i risultati del progetto presso il Museo Barbella con il contributo degli allievi della Scuola di Recitazione del Teatro Marrucino, diretti da G. Antenucci, che reciteranno alcuni aforismi sulla creatività.

Di Federico BeatriceRicci Pamela

IV CH B

(segue da pag.1)

1918

repubblicana. In un baldacchino, innalzato su colonne, di cui sono superstiti i basamenti, all’interno della

cella, spiccava la statua di Ercole (conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Chieti), risalente al I secolo a.C.Si tratta di un simulacro in marmo greco raffigurante ERCOLE SEDUTO A BANCHETTO. Alcune sue parti dovevano essere probabilmente realizzate in bronzo o stucco.IL TEMPIO DI APOLLO, successivamente trasformato in edificio di culto cristiano, più noto come CHIESA DI SAN PIETRO, racchiude antiche colonne romane di epoca imperiale e raffinati mosaici d’impronta cosmatesca.

La chiesa romanica si sovrappone al tempio di

Apollo, innalzato su un terrazzamento artificiale. La particolarità di San Pietro è che siamo di fronte all’unico edificio monastico abruzzese, in cui la navata centrale è separata dalle navate laterali da colonne di epoca romana.Nulla ha a che fare con il nucleo antico, latino e romano, di Alba Fucens la Collegiata di San Nicola d’Albe, comunque costruita riutilizzando materiale di riporto proveniente dal sito archeologico e da collegare piuttosto al nuovo borgo medioevale sorto sull’omonimo colle, dove successivamente venne anche edificato un castello, tra il XV e il XVI secolo.L’ingresso ad Alba Fucens avviene dalla PORTA SETTENTRIONALE, denominata FELLONICA (denominazione moderna) con un’apertura in corrispondenza dell’imponente terrazzamento tardo-repubblicano.

BASILICA (di epoca Sillana), cioè il luogo dove venivano sbrigati gli affari di natura economica e si amministrava la giustizia, a tre navate

con pavimentazione e pitture parietali; il MACELLUM o mercato; le vicine TERME, con notevole pavimentazione musiva, già esistenti in epoca tardo-repubblicana e ampliate nel corso dell’intero periodo imperiale.Ad epoca giulio-claudia va fatto risalire l’ampio ANFITEATRO (96x79 m), che, come documentano delle iscrizioni sugli archi di accesso, fu edificato per volontà testamentaria di QUINTO NEVIO CORDO SUTORIO MACRO, prefetto del pretorio, personaggio molto famoso all’epoca, costretto al suicidio dall’imperatore Caligola nel 38 d.C.Molte ed imponenti erano le costruzioni religiose, collocate sia nel centro dell’insediamento urbano (Tempio di Iside e Santuario di Ercole) che sul colle ad Ovest della città (Tempio di Apollo).Il SANTUARIO DI ERCOLE è costruito su una vasta area r e t t a n g o l a r e con portici, con i n t e r e s s a n t i mosaici a tessere bianche e nere, di epoca

Alba Fucens, a pochi Km dalla città di Avezzano, è un’antica colonia di diritto latino dedotta nel 304 o, secondo altri, nel 303 a.C., insieme alla vicina Carsioli (odierna Carsoli), nella zona situata ai piedi del monte Velino, abitata inizialmente dagli Equi, fatti sterminare dal console P. Sempronio Sofo.Il nome Alba deve essere collegato, probabilmente, a quello dell’omonimo centro laziale di Alba Longa e il toponimo alla radice indoeuropea che significa altura.L’attributo Fucens sicuramente è ricollegabile alla collocazione del sito in prossimità del lago prosciugato del Fucino.Gli abitanti di Alba erano denominati Fucentes.La vita della città si sviluppa lungo un arco temporale molto ampio, che va dalla sua

fondazione e deduzione come colonia, nel IV Secolo a.C., fino all’epoca della sua distruzione, forse per opera dei Saraceni tra il IX e X secolo d.C. L’ultima data in cui, però, Alba Fucens è apertamente citata in fonti storiche è il 537 d.C., in un passo di Procopio da Cesarea.La prosperità della città e la sua vitalità di municipium romano, sono testimoniate dalle numerose epigrafi ritrovate e dalla grandiosità

dei resti archeologici, venuti alla luce grazie a lungi anni di scavi condotti, prima dall’Università di Lovanio, proseguiti poi dal “Centro Belga di ricerche archeologiche in Italia”, diretto dal Mertens e successivamente ripresi nel 2006 dalla Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo, con sede a Chieti.L’impianto originale di Alba Fucens risale alla fine del IV secolo a.C., momento in cui le strutture urbane principali occupano il pianoro, mentre i santuari sono collocati sulle sommità delle alture di Pettorino e San Pietro e l’acropoli a Nord, dove più tardi, con la fine della città romana, si sviluppò un piccolo paese t o t a l m e n t e distrutto dal c a t a s t r o f i c o t e r r e m o t o che devastò Avezzano e l’intera Marsica nel 1915.Alla prima fase della storia urbana, si possono far risalire la cinta muraria (lunga circa 2,9 km), i muri di terrazzamento e l’impianto del Foro (81,42 metri di lunghezza per 43,50 di larghezza).La monumentalizzazione di Alba Fucens, con la costruzione di tutti gli edifici civili e religiosi più rilevanti si attua, a partire della fine del II secolo a.C. e nel corso del I secolo a.C., proseguendo nei secoli successivi, nel periodo di maggiore espansione e vitalità dell’Impero romano.È in questo periodo che vengono edificati: la

ALBA FUCENSCenni storico-artistici…

per suggerireuna giornata diversa,nel cuore della storia

del “nostro” Abruzzo!!!

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Nome e logo del giornale sono stati ideati daglistudenti Giulio Molinari e Andrea Di Nicolantonio

(IV Inf A a.s. 2004-2005)

Il SAVOIArdoAnno X n°5 - Aprile 2014

Direttore Edoardo Palazzo

Coordinamento editoriale Sergio Tracanna

Redazione Rina Di Crescenzo Ernesto Madonna Gabriella Scaricaciottoli Sergio Tracanna Lucia Vaccarella Concetta Lopo Maurizio Roccioletti

Collaboratori esterni Amedeo Matteucci Giacomo Pisani

Grafica, impaginazione elettronica e foto Gabriella Scaricaciottoli Jacopo Centofanti Maurizio Roccioletti Silveri Mattia Iezzi Matteo

Tiratura 150 copie a colori 300 copie in bianco e nero

egChiuso in redazione il 7 aprile 2014

Stampato presso l’IIS «Luigi di Savoia»eg

Versione online del giornale in formato pdf http://www.itisavoia.ch.it

Gli altri accessi sono: PORTA MASSIMA (ad Ovest), le cui dimensioni ne c o n f e r m a n o l ’ impor tanza e PORTA DI MASSA (ad Est), c e r t a m e n t e la meno importante e di impianto molto semplice e infine la

PORTA MERIDIONALE. Quest’ultima, quasi sicuramente più recente delle altre tre, si apre in corrispondenza della via del Miliario. Tutte le porte hanno, alla destra per chi si trova ad entrare, un avanzamento evidente del muro e una torre.Il pianoro cittadino è attraversato dall’asse viario principale (da Nord-Ovest a Sud-Est), denominato VIA DEL MILIARIO, per via del rinvenimento in loco del miliario dell’antica VIA VALERIA (cosiddetto miliario di Magnenzio), risalente al IV secolo d.C.Parallele alla Via del Miliario sono la VIA DEI PILASTRI e la VIA DI PORTA FELLONICA.La via più importante della città, insieme alla via del Miliario, è quella denominata “dell’ELEFANTE”, che collega la BASILICA al FORO.

Ernesto Madonna