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ANNO XXXI - numero 2 NATALE 2017 P ARROCCHIA DI SAN GIORGIO - CHIRIGNAGO R ESPONSABILE DON ROBERTO T REVISIOL Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. Luca, 2,7

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ANNO XXXI - numero 2

NATALE 2017PArrOcchIA dI SAN GIOrGIO - chIrIGNAGO

reSPONSAbIle dON rObertO trevISIOl

Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lodepose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.

Luca, 2,7

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Anagrafe della comunitàdall’1.11.2016 all’1.11.2017

25 battesimi:Edoardo Capra, Elisa Volpato, Lukas Stefanuzzi, Anna Pistolato, Tommaso Bassetto, Chiara Maria Teresa Boschin, Luca Comin, Antonio Mattii, Marco Mastrangelo, Iris Stella Boldrin, Ester Vidali, Luca Polesel, Anita Palacios Plevani, Leonardo Giuseppe Paolo Turra, Sebastiano Milan, Marco Saule, Sofia Scarpa, Luna Saule, Sofia Francesca Lugato, Elisa Meggiato, Beatrice Pozzobon, Gaia Zocchia, William Danesin, Vittorio Zabeo, Alba De Marchi.

10 matrimoni:Roberto Pagano con Gianna Trevisan, Mauro Aruta con Giulia Giallombardo, Marco Longo con Francesca Elena Agnoletto, Enrico Greco con Michela Oppedisano, Francesco Giacomin con Giulia Orbana, Mattia Danesin con Naoni D’Antonio, Giuliano Fabris con Caterina Tabuso, Gioseph Salvatore Parriniello con Veronica Scattolin, Sergio Longo con Paola Cavasin, Stefano Bergamasco con Anna Zanelli.

85 defunti:Sandro Giaggio, Eugenio Berto, Antonietta Angheli, Flavia Cagnin, Sandro Salviato, Rita Marangon, Bruno Giusto, Sergio Colorio, Edoardo Zanetti, Giulia Kercsmar, Omero Baldan, Loredana Fongher, Angelina Berton, Massimo Martinuzzi, Ines Scarpa, Maria Rina Zara, Iolanda Versuro, Angelo Artusi, Luigi Eugenio Nadalin, Luigi Calzavara, Lucia Vigoni, Clementina Simonelli, Suor Antidia Zaia, Alessandro Mainardi, Umberto Dal Fabbro, Bruna Scatto, Rina Fiorindo, Giuseppe Boldrini, Rosa Danesin, Luciano Minto, Severino Vittorio Trabucco, Enzo Gobbi, Franca Francesca Codato, Pierina Rebesco, Bruno Scaggiante, Livio Ferrarese, Paolo Bonaventura, Nicola Bortolozzo, Giovanni Mainetti, Maria Miconi, Francesca Nassuato, Mario Vianello, Beniamino Cadore, Alberto Bertoldi, Angelo Casarin, Ines De Toni, Irma Polpetta, Irma Furlanetto, Giancarlo Pattarello, Elio Tasso, Vanda Bianca Padoan, Diana Ballestriero, Elio Paganin, Imelda Gambaro, Marilena Gandolfo, Luciana Deppieri, Giovanni Bolzonella, Maria Manente, Pasqua Gallo, Luciana Vescovo, Maria Bertuol, Dina Fongaro, Silvano Bullo, Italo Noventa, Elide Faggian, Valeria Pistocchi, Rina Aurelia Donaggio, Lucia Divicari, Olga Amalia Tessinato, Gino Cabianca, Laura Povolato, Bruno Chiarin, Giuseppe De Pazzi, Rosa Berton, Sebastiano Greco, Germana Pornaro, Sofia Spezzati, Amalia Dal Corso, Paolo Levorato, Giovanna Rizzà, Luigi Resci, Norma Stramazzo, Elio Pasqualetto, Romolo Nicola Petrone, Bruna Da Lio.

Natale inprima pagina

Ci pensiamo poco spesso, ma da duemila anni e oltre non c’ è al mondo notizia

più importante della Buona Novella. Per questo abbiamo pensato di ricordarla ai nostri lettori, anche a quelli che in chiesa non ci vengono mai,

mettendola in prima pagina con le parole dell’evangelista Luca e con il ricordo del presepio dello scorso anno. Non soltanto per dire a tutti “Buon Natale”!, ma soprattutto per ricordare

che sono molte ancora le persone che non trovano posto

accanto a noi, e che devono accontentarsi di una mangiatoia

o meno. Non è soltanto un problema

di benessere, ma è soprattutto un problema di amore. Per

questo abbiamo chiesto a don Roberto di parlarne a modo

suo nel pezzo di apertura.Poi viene tutto il resto: la

parrocchia in evoluzione che coinvolge persone e

programmi, la parrocchia che cammina nei suoi

pellegrinaggi, la parrocchia che continua a vivere

ricordando il suo passato, come con i 30 anni delle nostre

associazioni, e preparando un futuro migliore, come con le

nuove strutture della Scuola Materna "Sacro Cuore".

E tutto quello che riguarda il territorio: insomma un altro Campanon per stare insieme e

richiamarci tutti all’esistenza di una casa comune.

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Ci scrive il Parroco

Lettera di

NataleCari amici,mentre inizio a scrivere queste righe mi domando, e lo faccio da giorni, che cosa posso e devo dirvi in occasione del Natale, tenendo conto del fatto che il tema si presta a diventare una melensa ed inutile predichetta, di quelle che tutti si aspettano e danno per scontata in questa circostanza.

Luci … pranzi … doni … buoni sentimenti che durano meno di ventiquattro ore… Questo ormai è il natale (con la “enne” minuscola”) che tutti si aspettano di vivere.

Ah, no, c’è anche la neve che quest’anno sembra abbia deciso di arrivare imbiancando paesaggi, ma soprattutto offrendo grandi sciate a chi ha questa passione.

A me il Natale piace da morire. Lo attendo con impazienza. Ma se è questo e solo questo non mi piace più. Anzi, qualche volta mi son ritrovato a pensare a dire, a proposito di un’altra festa, chessoio, dell’Assunta, ad esempio, quando tutti sono in giro e la chiesa è semideserta, mi son ritrovato a pensare e a dire che tutto sommato è meglio essere in pochi ma con le idee chiare e il cuore aperto all’Eterno e all’Infinito, piuttosto che dover assolutamente comperare e consumare qualcosa perché è festa e si usa così.

I TESTIMONIL’EVANGELISTA

LUCA

Maria diede alla luce il suo figlio primogenito,

lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per

loro nell’albergo.C’erano in quella

regione alcuni pastori che vegliavano di notte

facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di

luce. Essi furono presi da grande spavento,

ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco, vi annunzio una grande

gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi

vi è nato nella città di Davide un Salvatore,

che è il Cristo Signore. Questo per voi il

segno: troverete un bambino avvolto in

fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo

una moltitudine dell’esercito celeste

che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e

pace in terra agli uomini che egli ama».

Luca, 2, 7-14

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Allora, punto primo: rifiuto questa immagine (godereccia e insulsa) del Natale e vi invito a fare altrettanto.

Anch’io mi siederò volentieri a pranzo il 25 dicembre assieme a persone care per far festa con loro, ma quella sarà la “ciliegina” finale che prevede prima il resto.E il resto, e cioè “il più” è rappresentato da un rinnovato incontro con Dio.

Un Dio che non si manifesta nella potenza, nello sfarzo, nella ricchezza come si usa tra chi sulla terra conta, ma che si offre a ciascuno di noi nella semplicità e nell’umiltà di un bambino.

Diciamo qualcosa anche sul modo con cui questo Bambino è venuto alla luce.

Basta parlar male degli abitanti di Betlemme che non avrebbero avuto un po’ di umanità nei confronti della famigliola che arrivava dal Nord, da Betlemme, per via del censimento.

Quelli di Betlemme la hanno accolta meglio che hanno potuto. Le loro case erano per lo più grotte con un po’ di costruzione all’entrata. In fondo si mettevano il fieno e gli animali perché fuori sarebbero stati rubati nel giro di una notte e lì, in un posto più tranquillo, più riservato e soprattutto più caldo (siamo a 850 metri sul livello del mare, ed era di sicuro inverno, perché lo sappiamo) Maria ha potuto partorire con dignità.

Bene: la stessa umanità degli abitanti di Betlemme dovrebbe diventare nostra. Ma non per un giorno, e neanche per una settimana. Dobbiamo diventare o ridiventare persone umane per tutto l’anno se vogliamo esserlo, ancor di più, si capisce, il 25 dicembre.

E parliamo ancora di coloro che ospitarono

I TESTIMONIL’EVANGELISTA

MATTEOGesù nacque a

Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode.

Alcuni magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è

il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per

adorarlo».All’udire queste parole,

il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro

sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli

risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del

profeta:E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo

di Giuda: da te uscirà infatti un capo che

pascerà il mio popolo, Israele.

Matteo, 2, 1 -6

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Gesù, Maria e Giuseppe, profughi di passaggio, ma sempre profughi dal nord, mentre di solito il flusso ha una direzione opposta.

Accogliere: ecco un verbo che suona bene sempre ed in modo particolare a Natale.

Ma non pensate subito o solo ai neri, aimussulmani, a chi viene dall’est Europa. Dopo, dopo penseremo anche a loro.

Ma sarebbe già tanto che ci accogliessimo in famiglia: moglie con marito; genitori con figli; fratelli con fratelli. Spesso siamo più lontani proprio da quelli che ci sono vicini. E si sta male a vivere così.

Non vi faccio la predica dicendovi cose buone, vi informo, o meglio, vi ricordo che non si vive bene quando proprio i parenti che dovrebbero esserci più cari li detestiamo di più.

E poiché il Vangelo dice, giustamente, che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, io cercherò, per puro egoismo – santo egoismo di essere generoso, specialmente nei giorni delle prossime feste.

Lo farò, o meglio, cercherò di farlo per essere in pace, per essere sereno, per essere (lo dico con timore) felice.

Ecco: vi informo che il vostro parroco cercherà di vivere il Natale così.

Lo facciamo insieme? Che bello sarebbe!

Vostro don Roberto

I TESTIMONIL’EVANGELISTA

GIOVANNIIn principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.Egli era in principio pres-

so Dio: tutto era stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è sta-to fatto di tutto ciò che

esiste.In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle te-

nebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.

Giovanni, 1, 1-5Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui,

eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la

sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventa-re figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mez-zo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come unigenito del Padre, pie-no di grazia e di verità.

Giovanni, 1, 9-14

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La Cresima a 50 ragazze e ragazzi

Questi i nomi dei cresimati:Beatrice Asfodelo, Alessandro Bertaggia, Marco Bevilacqua, Alex Biagiola, Riccardo Bizio, Sara Borgognone, Gaia Boschin, Mattia Bortolato, Alessandro Carradori, Pietro Causin, Sara Cavecchia, Marco Cinquegrani, Gaia De Iaco, Francesco Alfonso De Martino, Ilenia Defina, Alessandro Gasparello, Samuel Hervieux, Marco La Pignola, Alessandra Loconsole, Sebastiano Longo, Caterina Maguolo, Greta Manente, Francesco Metruccio, Alessandro

Leon Miatello, Greta Monico, Ludovico

Moschetta, Emma Mozzo, Mattia Musi,

Alice Pasqualetto, Davide Pasqualetto,

Michela Patron, Matteo Perfili, Leonardo

Piccolo, Jacopo Pitteri, Agata Pizzi, Giulio

Puppa, Gaia Ragazzon, Emma Rusi,

Giovanni Maria Rusi, Marco Saccoman,

Sara Seno, Gianluca Simion, Marco Solinas,

Mattia Testa, Daniele Vanin, Agnese

Vianello, Giulia Vianello, Jacopo Voltolina,

Agnese Zamengo, Ambra Vanessa Zottino.

Com’è tradizione, l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, i ragazzi di terza media hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione accompagnati da don Roberto, dalle catechiste Laura Bellini, Daniela Costantini, Morena Niero, Graziella Pedrazzi, Chiara Pinosio e Annamaria Sarto.

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2017/2018Comestacambiandola nostra parrocchiaQualcosa è già cambiato, il

resto lo faremo insieme.Un anno fa abbiamo fatto uscire un Campanon che mostrava in copertina un prete solo, in bicicletta lungo la via Miranese, quasi all’altezza della piazza San Giorgio, e la foto era accompagnata da un messaggio molto sintetico: n. anime 7460, n. preti 1. Poi c’era un titolo: “UN PROGETTO PER NON MOLLARE”.Guardare avanti è compito di qualunque giornale, perché se ci attardiamo a raccogliere le scorie del passato corriamo il rischio di impantanarci nei ricordi senza più sapere in quale direzione andare.E un anno fa non era difficile prevedere quello che poi è successo con la nomina di don Andrea Longhini a parroco a Venezia. Né era difficile prevedere un consistente aumento di ruolo pastorale per Katia Vanin, che abbiamo intervistato nel numero di Pasqua come capofila della “valanga rosa” che tanto contribuisce alla vita della nostra comunità parrocchiale. Non era

invece facile prevedere l’arrivo di un altro prete, come invece è avvenuto con don Sandro Vigani, per noi un collega vista la sua esperienza di direttore a Gente Veneta e la sua intensa attività pubblicistica con articoli e libri.

Due nuovicollaboratoripastorali

Ecco come il nostro parroco don Roberto l’ha raccontata

ai fedeli della domenica su una Proposta di settembre:«Il buon Dio e la tanta fatica fatta nel passato ci hanno donato due figure, diversissime tra di loro, che suppliranno, unendosi a me ed io a loro, alla mancanza di un vicario parrocchiale. Sono don Sandro Vigani e Katia Vanin.Don Sandro viene da una serie di esperienze pastorali importanti e si inserisce in qualità di collaboratore pastorale nominato dal Patriarca assumendo via via compiti sempre più importanti man mano che troverà il suo

posto in mezzo a noi.Al momento celebra la santa messa nei giorni feriali e festivi e collabora con l’azione cattolica come subito vi dirò. Ma la strada è aperta e chissà dove lo e ci porterà.Katia è nata e cresciuta nella nostra comunità. Ragazza intelligente, buona, brillante e colta come voi la conoscete, si è consacrata con i voti religiosi nell’ Ordo Virginum alcuni anni fa.A nominarla collaboratrice pastorale ho provveduto io, e perciò don Sandro, Katia ed io siamo il perno attorno al quale ruoterà la nostra parrocchia per il prossimo anno. […].Katia sarà il motore, la consigliera, la referente del catechismo delle superiori e dei giovani oltre la maturità. Gli incontri con i ragazzi e con gli animatori, la ridefinizione dei progetti educativi sarà roba sua. Naturalmente lavoreremo in stretto contatto e per quanto possibile darò la mia presenza e la mia collaborazione. Ma i pensieri saranno suoi».

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Il parroco don Roberto non si è fermato qui. Ha ricordato un’altra mezza novità, costituita dalla presenza di un seminarista polacco, Bogus per tutti e Bogumil Wasiewicz per l’anagrafe, 24 anni, studente di teologia presso il Seminario patriarcale, proveniente dal Cammino neocatecumenale.Bogus - ha detto - “nello scorso anno è stato sotto utilizzato”:

«Non sarà così quest’anno: verrà tutto il sabato e la domenica mattina.Al sabato terrà una classe di catechismo di 2^ elementare; porterà la comunione ad alcuni ammalati; nel pomeriggio seguirà l’ACR e parteciperà alle prove del coro dei giovani. E di domenica mattina farà il Balòo in branco.Così potrà mettere a servizio della nostra parrocchia le sue tantissime capacità».

Era impensabile che don Sandro, con la sua esperienza non cogliesse l’occasione di Proposta per parlare ai fedeli che incontra sempre più spesso. E così è stato, visto che ci ha regalato le sue prime impressioni:

Don Sandroe la parrocchiache ha trovato

Mi piace pensare alla parrocchia come alle

botteghe di un tempo – quella del falegname, del barbiere, del fabbro…- dove fin da bambini si andava ad imparare un mestiere. Vivendo gomito a gomito con gli adulti, si rubavano con gli occhi i segreti del lavoro che spesso ci avrebbero accompagnato per tutta l’esistenza e assieme si imparava il mestiere della vita. […] Una vecchia bottega, dove gli adulti trasmettono ciò che vivono ai giovani e ai bambini, dove la reciproca testimonianza diventa giorno dopo giorno la consegna della fede alle nuove generazioni e assieme la consegna di uno stile di vita veramente evangelico: così, penso, dovrebbe essere la comunità cristiana!Una bottega artigianale, perché la parrocchia non è un’azienda, il prete non è un manager né un funzionario, i laici non sono dei dipendenti… ma soprattutto perché la fede passa attraverso la ricchezza umana di ciascun appartenente alla comunità.In questi ultimi vent’anni e più nella Chiesa italiana si è parlato all’infinito di Nuova Evangelizzazione, di Comunità Educanti, di nuove strategie per diffondere il Vangelo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: spesso non abbiamo mosso un passo avanti.C’è voluto papa Francesco per aprirci ad orizzonti diversi, più semplici ed impegnativi allo

stesso tempo. «Lo stile familiare, lo sguardo attento alle relazioni umane, la consapevolezza checiascuno è importante, l’importanzadell’ incontro personale, la gioia nel vivere la vita di gruppo, impegni forti e seri accanto alla festa e alla leggerezza: è tutto questo che costruisce la comunità cristiana.Vi chiederete perché insisto sull’immagine della “bottega”. Perché in questi primi mesi nei quali frequento la parrocchia di Chirignago mi è parsa fin da subito quella che meglio esprime l’identità di questa nostra comunità.Forse sarà perché il parroco, don Roberto, è figlio di un falegname e conosce bene il lavoro di bottega (tra i preti è conosciuto col soprannome del padre: Tillio Toea), continua a fare la visita alle famiglie e cento altre cose che altri preti non fanno più. Forse perché Chirignago ha ancora la dimensione del paese.O forse perché… sì certo, per questo! come dice Gesù, a chi ha – cioè a chi fa, a chi cerca di far fruttare i talenti che gli sono stati dati, con un impegno concreto e perseverante – sarà dato e sarà nell’ abbondanza! Sono nella vostra parrocchia da pochi mesi, eppure per molte persone è come se fossi da tanto tempo.Sento l’umanità attraverso la quale passa la fede nelle messe, sempre ‘strapiene’, di persone sorridenti che si sentono famiglia. Sento lo stesso clima familiare nei gruppi di giovani numerosi, sento

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una verità, un qualcosa che mi ricorda le tante esperienze vere che ho vissuto nella mia vita.Le sento perfino nel profumo del legno che in questo inizio di autunno brucia nelle stube del patronato e della parrocchia.

«GRAZIE Don Sandro»

E don Andrea Longhini? Fa il parroco a Venezia nel sestiere di Dorsoduro, con tre parrocchie: Carmini, Gesuati e San Trovaso. In più svolge il ruolo di economo nella Curia Patriarcale. Il lavoro non gli manca certamente e noi gli auguriamo un sacco di bene, tanto più che sappiamo che un gran pezzo del suo cuore è rimasto a Chirignago.

Don Andreae la parrocchiache ha lasciato

Lo dimostra il messaggio che Don Andrea ha mandato a

Proposta per ringraziare tutti della grande festa d’addio organizzata in coincidenza con la sagra di settembre (e di cui diamo alcune foto da pagina 9 a pagina 11, pagine, assieme all’ingresso di don Andrea a San Trovaso, a pagina 10):

«Sono sincero: ho vissuto una sett imana e una domenica emotivamente devastante ma alla fine piena di gioia! E di questo voglio ringraziare davvero tutti! Tutti coloro che hanno voluto partecipare al dono per

la grande generosità nei miei confronti … andata ben oltre quello che merito! Don Roberto per tutta la giornata, in particolare per il dono inaspettato e commovente di quella preziosa icona cui sono davvero affezionatissimo. Katia, Luca, Nadia, Zambo e Geko, Cesco (Dart Fener che ho steso!) e il signore con l’Ape e chi ha collaborato con loro per la festa e la sorpresa di domenica! Grazie a Lorella, Luca, Elena e Davide, Marco, Vale, al coretto e al coro dei giovani per i canti alla messa. Grazie a Luana e ai suoi amici per il succulento rinfresco e grazie a Giorgio, Tiziano e tutti gli amici del nuovo Magna e Bevi parrocchiale, ai Celestini e a tutti i giovani per la preparazione e il servizio al pranzo. Grazie per i saluti, i baci, le lettere, i doni, le frasi, i messaggini, i bigliettini, le mani sulla spalla, il desiderio da parte di qualche giovane di trascorrere a tutti i costi

anche solo pochi minuti insieme prima che partissi… tutto, tutto sinceramente inaspettato e che mi ha riempito di gioia!Grazie a Mazzu, a Gianni, Berna e altri giovani amici per il grande aiuto nel preparare gli scatoloni e nel fare il trasloco.“Ti farai sentire qualche volta? Farai un giro da queste parti ogni tanto?” No, dopo questa settimana per un bel po’ di tempo preferisco di no. Però, come ho detto a molti, sentirò e accoglierò volentieri chiunque voglia scrivere chiamare o passare. Per cui, come dice Benigni al generale nazista (nel film La vita è bella)… Ci vediamo a Venezia!”.

Don Andrea

Ma la vita continua, come ha spiegato in molti modi don Roberto, soprattutto illustrando al Consiglio pastorale e a tutti i fedeli della domenica il programma con il quale intende affrontare le novità.

Via F.lli Cavanis, 22 - 30174 Chirignago - VE

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ACCONCIATUREUOMO E DONNA

ORARI:Martedì 9.00 - 20.00

Mercoledì e Giovedì 9.00 - 18.00Venerdì 9.00 - 20.00Sabato 8.30 - 17.00

Via Miranese, 201/A - 30174 Chirignago VE - Tel . 041.917665

Il programmaPastoraledella nostraparrocchiaEcco in dettaglio gli aspetti principali del programma.

LA LITURGIAÈ il primo compito della Chiesa: il servizio divino, che rende presente il Signore in mezzo a noi e nel quale il Signore offre con noi al Padre se stesso.Contiamo che la liturgia continui con i ritmi consueti.

Nei giorni feriali sarà celebrata la Messa al mattino alle 7.00 eccettuato il mercoledì in cui ci sarà la Messa dei giovani alle 6,30.Nei pomeriggi, lunedì, giovedì, venerdì e sabato Messa alle 18,30; il martedì alle 15 (rosario e Messa) in cimitero; il mercoledì alle 9.00 la messa catechistica che sarà celebrata da don Sandro.Di domenica le quattro solite celebrazioni alle quali ci alterneremo don Sandro ed io: un mese 8.00/11.00 e 9,30/18/30 e viceversa.Per le confessioni mercoledì durante la Messa catechistica: don Sandro celebra e io confesso; e al sabato pomeriggio, dalle

15.00 alle 18.00.Le lodi alle 7,30 e i vesperi alle 18,15.Per le grandi celebrazioni nei tempi forti continueremo come nel passato, rafforzando la presenza di chierichetti non più bambini per far da cerimonieri e guidare i più piccoli.Continueremo a celebrare le quattro grandi veglie dell’anno: Natale (con l’aiuto determinante della Simonetta Spinola); Pasqua (che ci è offerta pari pari dalla Liturgia); Pentecoste (preparata dai giovani che hanno fatto la Professione di Fede) e l’Assunta (che preparo io).Continuerà e spero si rafforzerà con nuove “vocazioni” il servizio dei ministri straordinari dell’Eucaristia. Si dovranno convincere più anziani e ammalati possibile a ricevere la comunione da un ministro laico, e anche se informerò le imprese di Pompe funebri che il primo venerdì del mese non celebrerò funerali, resta sempre il fatto che il parroco non può portare la comunione a tutti.Per quanto riguarda i funerali continueremo sulla strada fin qui percorsa: andremo a benedire le salme prima della chiusura della bara quando la camera ardente sarà qui vicino (all’Angelo, al Policlinico, o nelle case di riposo di Mestre); non andremo quando saranno più lontane. Non accompagnerò bare ad altri cimiteri che il nostro e non ritornerò per la sepoltura delle ceneri.

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il tempo successivo.Per la catechesi battesimale tutto continua come prima: già tutto era in mano di una equipe di laici che hanno fatto molto bene e che continueranno a farlo.Quella delle elementari e medie la seguivo già io da sempre, e continuerò a farlo.C i s a ranno so lo picco l i cambiamenti: condurrò io tutti gli incontri del mercoledì con le catechiste; farò io il momento di preghiera in chiesa dopo l’ora di catechismo (non sarà più una prova di canto, ma la conclusione fatta insieme del catechismo di quel giorno); con Suor Guidalma e Suor Ada seguiremo i singoli gruppi di catechiste.Un cambiamento per il fioretto del mese di maggio: non più riservato all’ultima settimana del mese, ma spalmato durante l’intero mese accorciando di un po’ la lezione delle catechiste ed utilizzando il quarto d’ora finale.Così avremo la presenza a questa preghiera di tutti i bambini e ragazzi e di moltissimi genitori che vengono a riprenderseli al termine. Nei giorni di martedì e di mercoledì sarò presente in Centro durante le lezioni per garantire la disciplina e l’ordine. Porterò il cordles e il computer e se qualcuno mi cercherà in quel tempo mi troverà non in canonica ma in Centro.Per i giovani dalla prima superiore in su, come già detto, prenderà in mano il timone Katia.Io però non mi metterò in un angolo: non dovendo più celebrare la Messa delle 18,30 mi renderò presente e disponibile per partecipare agli incontri a cui sarò invitato, per dare una mano

se necessario. Per la CO/Gi garantiremo:- la MESSA DEI GIOVANI il 2° e il 4° mercoledì del mese;- la TRE SERE di Avvento e di quaresima; - l’ANNUNCIO PASQUALE, le PROFESSIONI DI FEDE e il FIORETTO, oltre alle veglie cui abbiamo già accennato.Cercheremo di completare il catechismo per i giovani con il campo invernale a Caracoi di cui si sta già interessando Katia e il campo di giugno, al quale vorrei essere presente anche se il compito di organizzarlo spero vogliano assumerselo quelli che l’hanno preparato negli ultimi anni.Per gli adulti ci sarà continuità nella discontinuità.La MESSA DEL MERCOLEDÌ con la sua catechesi sarà presa in mano, totalmente, da don Sandro. Il catechismo del Giovedì sarà portato avanti da me come gli anni scorsi, ma con l’aggiunta di una quarta lezione, che sarà tenuta da don Sandro e che avrà come tema IL FATTO DEL MESE, una rilettura alla luce della fede di avvenimenti particolarmente significativi del mese trascorso.

Per i gruppi famigliari tutto come sempre: l’incontro con gli animatori avrà luogo ogni primo martedì del mese con qualche eccezione che è già stato segnalata agli animatori.Per il gruppo anziani, se riuscirà a sopravvivere alle tante partenze per il cielo, penso di poter continuare con la presenza per spiegare il Vangelo della domenica successiva.

BENEDIZIONE DELLE CASEFinora sono riuscito a visitare le famiglie che mi aprivano tutti gli anni: ho fatto in tutto 28 visite. Spero e desidero continuare a farlo finché ne avrò la possibilità.Dedicherò a questa cosa il lunedì e il giovedì pomeriggio, e un po’ di più in giugno ed in settembre.Se non riuscirò a completare il giro in un anno, ci impiegherò quello che servirà.È un servizio faticoso. D’inverno si starebbe meglio a casa, ma credo che sia una cosa non solo gradita ma anche molto utile.

LE ASSOCIAZIONILe associazioni, ha detto don Andrea, sono le colonne su cui si appoggia la nostra comunità. Ma sono anche quelle che soffriranno di più per la sua partenza.

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Io mi impegno a partecipare al Consiglio mensile dell’AC ed alle comunità capi degli scout.Bogus farà il balòo del branco; Graziella e Davide Fontanel gli assistenti del reparto; Katia l’assistente di Noviziato e Clan.Mi sono dichiarato disponibile a dedicare una mezz’oretta all’ACR il sabato pomeriggio e continuerò a seguire il gruppo adulti.Don Sandro seguirà l’ACG 1 e 2.Ma la nostra presenza si ridurrà di molto per quanto riguarda staff, gred ecc.E per l’estate?

CAMPI E CAMPEGGIQuesto sarà il settore più a rischio. Cominciando dai campi invernali: quello delle superiori sarà animato da Katia e io rimarrò in parrocchia, quello delle famiglie fine e inizio d’anno sarà senza sacerdote; quello dell’ACG sarà senza prete (a meno che don Sandro non voglia parteciparvi).Campo delle superiori in giugno: ci sarò io.Campeggio medie in luglio: ci sarò io.Campo ACG nessun prete (a meno che don Sandro non voglia parteciparvi).Campo scout (Graziella e Davide Fontanel).Vacanze di Branco dei lupetti (Bogus?).Campo ACR senza un prete.Campi Noviziato e Clan: Katia.Mi sono riservato il campo dei giovani e il campeggio medie perché sono quelli che non hanno struttura organizzativa e gerarchie stabili e quindi più bisogno

di una presenza autorevole. Per i campi nei quali non sarò presente cercherò di garantire la celebrazione della S. Messa e la presenza per almeno alcune confessioni il lunedì. Non la domenica pomeriggio, perché dovrei per forza fare solo una toccata e fuga. Il lunedì, invece, ho tutta la giornata.

UN’OPPORTUNITÀE UN PROBLEMAOpportunità: l’adorazione perpetua diurna.Il tabernacolo della cappellina, opportunamente modificato, permetterà di esporre il Santissimo Sacramento, in sicurezza, durante tutta la giornata: dalle 7,30 alle 12.00 e dalle 14,30 alle 18,30. Un cartellone raccoglierà le adesioni di chi si impegnerà a un turno diadorazione.Problema: il Consiglio pastorale.Così come è attualmente strutturato e funzionante non mi convince più: è la situazione di tutti gli organi rappresentativi nati sull’onda delle riforme del Concilio e della contestazione del ’68. Ma credo che sia arrivato il tempo di conservarne la sostanza, che è la partecipazione della comunità alle scelte della Parrocchia, cambiando ciò che va cambiato. Vi prego di pensarci e di aiutarmi.

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La parrocchia in camminoUna parrocchia che vive è una

parrocchia in cammino, Non significa che siamo un gruppo di podisti, ma solo che vogliamo realizzare insieme il disegno di Dio. Ce lo ha spiegato la primavera scorsa lo stesso papa Francesco:

«La nostra esistenza è un pellegrinaggio, un cammino. Anche quanti sono mossi da una speranza semplicemente umana, percepiscono la seduzione dell’orizzonte, che li spinge a esplorare mondi che ancora non conoscono. La nostra anima è un’anima migrante. La Bibbia è piena di storie di pellegrini e viaggiatori. La vocazione di Abramo comincia con questo comando: «Vattene dalla tua terra» (Gen 12,1). […] Non si diventa uomini e donne maturi se non si percepisce l’attrattiva dell’orizzonte: quel limite tra il cielo e la terra che chiede di essere raggiunto da un popolo di camminatori».

E allora nella nostra cronaca partiamo dal primo pellegrinaggio d’autunno, il tradizionale andare alla tomba del Santo a Padova. Il racconto, al tempo stesso minuzioso nell’elencare i piccoli fatti quotidiani e ricco di spiritualità, è di Stefania Meggiato.

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La parrocchia in camminoPELLEGRINAGGIO AL SANTO

«I numeri fanno pensare. Sono sempre di più le persone che si uniscono al nostro gruppo consolidato per condividere questa faticosa, ma sempre gioiosa occasione per stare insieme in pace spirituale, ma anche in allegre chiacchiere e risate.Dobbiamo fare due gruppi. Un primo gruppo di 51 persone parte da Chirignago a piedi. Un secondo gruppo che, per motivi vari non viene a piedi, partirà più tardi e ci raggiungerà al Santo. Anche loro sono tanti: una cinquantina. Insomma, un centinaio di persone oggi si muove da Chirignago per portare a termine la sua missione di fede. Una preghiera che possa raggiungere il nostro Signore in modo un po’ sofferto ma sempre molto sentito.Sono le 4 del mattino. Il mondo intorno alla piazza di Chirignago non esiste più. Una fitta nebbia copre ogni contorno oltre la luce dei lampioni. Non piove, ma entro breve saremo tutti ammantati di brillanti gocce di bruma.La strada si fa da sola. Non serve conoscerla. Siamo un serpentone di persone, parole, brusii.Come sempre il Don, appena parte,

infila la 4 ̂e non si ferma più. Piccoli passi, uno dietro l’altro, senza mai cambiare ritmo o cadenza.

RICORDANDOUN’AMICA

Una preghiera ci ha accompagnato partendo da Chirignago.Ora si intravede il campanile della Chiesa di Borbiago. È tempo di rosario. Mentre enunciamo i misteri della vita di Cristo, proseguiamo il nostro cammino.Oggi alcuni di noi portano nel cuore una cara amica che ci ha lasciato. Volevamo fare questo cammino anche per darle la forza di superare l’ultima delle fatiche che avrebbe dovuto affrontare. Ma le sue forze sono finite prima.

La raccomandiamo al Signore che possa accoglierla tra le sue braccia, come sa fare Lui. Il cammino prosegue. Non ci sono pause, né per un caffè né per altre necessità fisiologiche. Ci si deve arrangiare come si può, lungo l’argine o in anfratti nascosti. Sono le 7. Comincia ad albeggiare, anche se la nebbia rende corta la visibilità. Siamo arrivati a Dolo. Per esigenze tecniche, faremo un pezzo di strada, fino a Strà, in pullman. Sono solo 6/7 km. Ma ci “scontano” un’ora di cammino, così da poter arrivare al Santo in tempo per la Messa assieme al gruppo di amici che ci raggiungerà direttamente là.

L’ULTIMOROSARIO

È sempre bello parlare con chi si vede solo in questa occasione o continuare discorsi mai finiti con chi si vede in tutte le molte occasioni parrocchiali.La via prosegue e i nostri rosari scandiscono l’avvicinarsi alla meta. L’ultimo rosario è recitato alle porte di Padova. Dopo sarebbe impossibile. Il rumore del traffico coprirebbe ogni parola. Ultime fatiche. Sono le 10.10 e ci accingiamo ad entrare a

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Padova. Alle 10.40 siamo davanti al portone della Basilica, meta di folle incessanti in cerca di conforto e speranza.Qualche selfie da mandare a parenti ed amici, qualche foto di gruppo da tenere nella memoria del telefono e ricordare con un sorriso. E poi, appuntamento con l’altro gruppo. Noi cominciamo a manifestare i primi acciacchi. Qualche gamba zoppicante e dura, qualche vescica inopportuna.Non appena ci si accorge che un

amico ha male, le offerte di aiuto fioccano come neve. Siamo un gruppo anche in questo.Quest’anno, per fortuna, nessuno si è sentito male all’arrivo. Durante tutto il percorso siamo stati attenti a ricordarci di bere, per non disidratarsi e perdere i sensi. Tra canti e letture, è presto il momento della comunione. E anche oggi siamo arrivati al nostro obiettivo, portare le nostre richieste al Santo lungo una via di preghiera.Quando usciamo, mandiamo

una bella foto a Don Andrea, ricordandogli che lo pensiamo sempre.E poi via, filati verso il ristorante. 25 km mettono un certo appetito.La fede soddisfa lo spirito. Ma il cibo ritempra le forze perdute.Si torna a casa. Ecco anche quest’anno ci siamo riusciti.E chissà che nuove méte ci riuniscano molto presto. Grazie Don, come sempre. Senza di te, tutto ciò non ci sarebbe.

Stefania

Partecipanti

A PIEDI:1. Don Roberto2. Alberti Lorella3. Bellin Flavio4. Bellin Luigi5. Bellin Piero6. Bellin Serena7. Benvegnù Doriana8. Benvegnù Roberto9. Bergamo Vally10. Bergamo Vanna11. Brasi Gianni12. Brigo Chiara13. Busato Nicoletta14. Busetto Mario 15. Busolin Monica16. Cagnin Lucia17. Celegato G.Pietro18. Chinellato Fiorello19. Coyuhari Emilia 20. De Iaco Salvatore21. De Martino Antonio22. Favaro Enzo23. Fiorindo Adriano24. Fraizzoli Stefania25. Franzini Paolo26. Giacometti Piero27. Lazzari Andreina28. Lazzari Luigina29. Lionello Francesca30. Luca Caterina 31. Luca Giovanni 32. Manente Nicola

33. Mattiello Giorgio34. Mattiello Adriana35. Mattiello Giorgio36. Mattiello Nicola37. Meggiato Stefania38. Nicoletti Daniela39. Patara Giorgio40. Pavan Gianluca41. Pettenà Luigi42. Soavi Laura43. Spolaor Lidia44. Tamai Mara45. Tettamanzi Giovanni46. Trevisiol Lucia47. Vedovetto Luciano48. Vettorelli Mario49. Voltolina Stefano50. Zamengo Martina51. Zotta Gianfranco

IN PULLMAN:1. Aprile Nerea2. Aprile Roberta3. Arrobbio Danila4. Bellin Diana5. Bindoli Monica6. Bortolato Rosolia7. Burbello Leonide8. Casetta Marianna9. Castellani Annamaria10. Chinellato Ines11. Coppola Tiziano12. De Pazzi Maria13. Donolato Angela14. Faraon Ornella15. Frigo Giovanni

16. Giotto Gilda17. Giotto Mirella18. Gomirato Paolo19. Longhin Giulia20. Lunardello Gemma21. Maccatrozzo M.Pia22. Maestrelli Eugenio23. Maestrelli Graziella24. Melega Agnese25. Menegazzo Benv.26. Meneghetti Luigi27. Michieletto Cristiana28. Mietto Francesca29. Mietto Zaira30. Milan Giorgio31. Milan Mirella32. Molin Bruna33. Morandi Laura34. Nesi Donata35. Niero Adriana36. Novello Gelindo37. Noventa Orietta38. Pallai Michele39. Pavanati Desi40. Pettenà Assunta41. Pettenò Patrizia42. Romanello Angelo43. Sarto Annamaria44. Semenzato Daniela45. Stevanato Carmen46. Suor Ada47. Suor Elena48. Suor Guidalma49. Trevisiol Malvina50. Villadoro Lauretta51. Zabeo Bruna

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Abbazie eCattedrali:otto giorni dipellegrinaggioin Normandia

L’annuncio era su Proposta dello scorso Natale, il pellegrinaggio

sarebbe durato 8 giorni, l’adesione fu ampia e rapida, ben 46 persone, la partenza era fissata per il 2 maggio con arrivo a Parigi. Altre tappe: Solesmes, Mont Saint Michel, Cherbourg, Bayeux, Caen, Lisiex, Rouen e Jumieges, Evreux e Chartres, prima del ritorno a Parigi e quindi a Venezia.Le ragioni del pellegrinaggio erano evidenti, arte e fede, cultura e voglia di fare comunità. Ad ogni buon conto venivano ripetute, quattro mesi dopo, da don Roberto su Proposta:

«È un viaggio da me tanto atteso per motivi diversi, per la bellezza dei luoghi e dei monumenti […], poi per la compagnia: quasi la stessa con la quale sono stato in Terra Santa. Gente bella, buona, capace di vivere serenamente insieme.Ma il desiderio più vero e più profondo è quello di partecipare a una Messa nell’abbazia di Solesmes, culla e cuore del canto Gregoriano, dove si era specializzato un monaco benedettino che insegnava in seminario. Visiteremo le più grandi catedrali gotiche di Francia: Chartres, Notre Dame di Parigi, Reims,

Mont Saint Michel ed altre. […] Sarà un percorso non solo culturale o turistico, ma anche spirituale e religioso».

Il viaggiodi un veropastore

Nei fatti è stato il viaggio di un pastore alle sorgenti della sua

vocazione. Perché questo è don Roberto, un pastore fiero dei suoi compagni di viaggio con i quali ha condiviso oltre tre decenni di vita comunitaria. Come racconta Ivone Bortolato in una sua meditata relazione su questa esperienza collettiva, don Roberto ha preparato meticolosamente ogni

tappa e ogni giornata. «Esce dalla canonica alle 4 del mattino con la valigia e gli effetti personali e con un pesante zaino pieno di carte che - lo scopriremo più tardi - ha preparato per tempo per le messe e i vari appuntamenti che ci attendono».Raccontare gli otto giorni di 47 persone sarebbe noioso e alla fine inutile. Cercheremo di fissare i punti più salienti del pellegrinaggio, affidandoci alle riflessione degli stessi partecipanti.Possiamo partire dalle due righe del poeta russo Arsenij Tarkowisky che Nadia Ortes legge al gruppo una volta giunti in terra di Francia. Sono buone per qualunque viaggio, ma qui arricchiscono di valori umani aggiunti un viaggio iniziato con fini religiosi:«Tutto quello che siamo, lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada, è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare».Oppure dal racconto di Ivone sulla consegna delle croci nella sacrestia di Saint-Denis:«Con pochi gesti don Roberto ci ha fatto capire il perché del viaggio e da quanto tempo avesse pensato e lavorato per programmarlo. Prima della messa ha distribuito a ciascuno un foglietto con le preghiere, poi da un pacco ha estratto 47 piccole croci in legno di ulivo da appendere al collo, con il Cristo in foglia d’oro e sul retro di ciascuna inciso il nome di

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PARTECIPANTICOPPIE1. Celegato Gianpietro e Mara Tamai2. Cesare Bernardo e Sandra Primon3. Chinellato Bernardino e

Marta Gomirato4. Corrò Giorgio e Mirella Filippo5. Favaro Giancarlo e Speranza Iseppi 6. Franzini Paolo e Lidia Spolaor 7. Giacomin Alessandro e Nadia Ortes8. Girar di Egidio e Mafalda Bissacco9. Michieletto Flavio e

Bruna Trevisanato10. Milanesi Renato e

Ornella Voltolina11. Molaro Alessandro e

Roberta Barbacane12. Prendin Walter e Aurora Vigoni13. Rigobello Natalino e

Adriana Voltolina14. Simion Giorgio e Luigina Minto15. Vettorelli Mario e Daniela Nicoletti16. Ziosi Guido e Maria Silvia Palermo

SINGOLI1. Arrobbio Danila2. Boaretto Giovannina 3. Bortolato Ivone4. Costantini Daniela5. Genovese Monica6. Gobbo Luca7. Medici Michele8. Nesi Giuliana 9. Niero Morena10. Stevanato Carmen11. Subinaghi Angelo12. Trevisiol Lucia13. Zamuner Cesarina 14. Zecchin Livia

don RobertoPascale (guida)Muḥammad (autista)

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ogni partecipante. Era il gesto del pastore che aveva marchiato con questo “sigillo” ciascuna delle sue pecore perché non si smarrissero».

Oppure ancora potremmo seguire le riflessioni annotate da alcuni dei partecipanti nel corso delle diverse tappe.

Alcunipartecipantici hannoraccontato

Cominciamo da una basilica ottocentesca e parigina, il Sacré

Coeur, di cui Nadia e Alessandro ricordano «il panorama che si gode dalla sommità del colle di Montmartre» ancora suggestivo e gratificante come lo si scopre nelle pagine di Émile Zola.

«Il colle, che di per sè non è molto alto, “domina” Parigi con quello che ne è diventato, dopo la Tour Eiffel, il simbolo: le cupole bizantineggianti della Basilica del Sacro Cuore, nel bianco luminoso che risalta e aumenta continuamente, specie dopo la pioggia.A fronte di un suo limitato valore artistico, l’emozione che questo edificio sacro suscita in noi, Alessandro e Nadia, quando lo rivediamo, nasce proprio da tali due aspetti: il biancore, che lo fa riconoscere anche dall’altro capo di Parigi e la collocazione sul Mons Martyrum (Monte dei martiri Dionigi, Rustico ed Eleuterio) o Mons Mercurii (Monte su cui sorgeva anticamente un tempio a Mercurio).Nell’uno o nell’altro caso, il nome rimanda, con nostro grande piacere, a ciò che da sempre ha spinto l’uomo, delle più diverse culture, nella scelta del luogo in cui vivere un’esperienza spirituale, un dialogo “ravvicinato” con Dio o un

ritrovarsi con se stessi in silenziosa e intima riflessione.Purtroppo oggi nulla si respira di tutto questo all’interno della Basilica del Sacro Cuore, stipata di botteghe e statue discutibili, sommerse da costosi lumini!».

Ma la prima tappa parigina era stata la Basilica di Saint Denis, primo vescovo di Lutezia, l’attuale Parigi, Ce ne parlano Ornella e Renato:

«Arte, Fede, Storia sono raccolte nella cattedrale, gioiello francese che ci lascia senza fiato: è una delizia per i sensi. Arte: è la prima abbazia ad essere costruita in stile gotico nel 1136-1140.Fede: la trovi nelle grandi dimensioni delle vetrate cariche di significato simbolico e religioso, “la bibbia dei poveri”.Storia: è riassunta negli spettacolari monumenti funebri scolpiti, oltre settanta, raffiguranti i reali di Francia e non solo, tra cui Caterina de’ Medici e Luigi XVI. Qui, dopo la visita, la prima Messa. Per me, Ornella, è stato il momento più emozionante e coinvolgente: invece dell’omelia, don Roberto, ha consegnato a ciascuno di noi, chiamandoci per nome, una croce di ulivo da lui preparata. La porteremo al collo quale segno di un cammino da percorrere insieme per rafforzare la fede o per una ricerca spirituale personale, per un’ esperienza di amicizia e di apertura al dialogo. Tocca a Daniela e Mario Vettorelli parlarci di Solesmes, l’abbazia benedettina che don Roberto chiama senza mezzi termini “il paradiso”. Sentiamo Daniela e Mario:

«Chi ama l'arte e l'architettura gotica, entrando in una cattedrale di quel periodo, può solo godere del silenzio, della bellezza, della maestosità e sentirsi più vicino a Dio.L'arrivare a Solesmes è stato preceduto da tante attese: fra tutte ascoltare

il più bel canto gregoriano sapendo che don Roberto, concelebrando la Messa, avrebbe realizzato quello che lui stesso ha definito il sogno della sua vita. Il vederlo entrare in processione solenne, fra i numerosi monaci e l'Abate, così emozionato da procedere quasi nascondendosi, ha contagiato anche noi. Nel silenzio del luogo abbiamo potuto assaporare la sacralità della liturgia, capaci quasi di raggiungere una spiritualità mai sperimentata. Indimenticabile il contrasto tra la severità del monastero e il sorriso e lo sguardo dolcissimo del monaco che ci ha accompagnati ad ammirare il complesso che si erge imponente fra piante e fiori, lambito dal fiume che scorre anch'esso silenzioso...».

Daniela e Mario ci hanno fatto rivivere le loro emozioni, chiamando in causa anche il sogno realizzato di don Roberto. E poiché qui si concentra un punto nodale del pellegrinaggio, ridiamo la parola al nostro parroco che ne parla con la genuinità della grazia ricevuta:

«Siamo accolti dal suono festoso della campane del monastero, un suono che conoscevo perché più di qualche disco di Solesmes inizia proprio con il suono delle campane.È giorno di festa grande non solo perché si celebrano i due apostoli Filippo e Giacomo, e l’abate si chiama Giacomo. E poi durante il solenne pontificale verrà affidato l’incarico di accolito ad un giovane monaco.Con il cuore che galoppa chiedo della sacrestia dove ci si sta preparando per la celebrazione. E in sacrestia cerco di dire che… mi fermano subito, non si può assolutamente parlare. I monaci arrivano in silenzio, in silenzio si vestono dei paramenti sacri, in silenzio vestono l’abate degli abiti pontificali, mitria e pastorale compresi. Anch’io mi vesto ed entro processionalmente in chiesa.

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L’organo ci accoglie con una sonata solenne.Quando anche l’abate sta per entrare comincia il canto d’introito, e sì, è davvero il coro di Solesmes, il più grande, elegante, raffinato, perfetto coro di canto gregoriano. Seduto nel mio stallo partecipo alla liturgia dicendo continuamente: grazie, Signore, per questo dono.Ascolto, guardo, assaporo, ringrazio. Un sogno si è avverato»..

Solesmes resterà per sempre nel cuore di don Roberto. Lo conferma Ivone nella sua cronaca che parla di serenità, pace, armonia e silenzio, in chiesa e attorno all’abbazia, circondati dal fiume Sarthe, dal verde e da alberi in fiore di ogni genere. In pullman don Roberto si apre alla gioia: “Abbiamo pregustato un po’ di paradiso”.

MontSaint MichelE la campanadellasuorina

Poi c’è Mont Saint Michel, e anche qui diamo la parola a

Ivone: «Dopo le cinque del pomeriggio ed un leggero sole illumina tutto il complesso su cui spicca l’abbazia che sovrasta l’ immensità della baia che in quel momento è in bassa marea, quasi in processione, sotto lo sguardo attento di don Roberto, abbiamo affrontato una serie di scale scalette sostando parecchie volte e dando una mano a chi era un po’ in difficoltà. Giunti alla sommità ci siamo trovati davanti all’oceano.Nella chiesa soltanto alcuni monaci in preghiera ed una giovane

monaca che tirava una grossa corda per suonare la campana. A tanti dei presenti sono tornati in mente i tempi in cui anche a Chirignago si suonavano le campane così, e per muovere il “campanon” erano necessarie almeno due persone. Una visita frettolosa ma attenta ai tanti ed immensi saloni del monastero, alti soffitti e grandi caminetti. Certamente a don Roberto avranno ricordato caminetti e stube lasciati a Chirignago».

E don Roberto, cosa ha pensato di Mont Saint Michel? Riprendiamo in mano il racconto pubblicato su Proposta:

«Si arriva a Mont Saint Michel attraversando la campagna della Bretagna. […]. La si vede d’improvviso, di lontano, come una piramide altissima, avvolta nella nebbia. È Mont Saint Michel, complesso monastico che sorge su una rupe alta 80 metri sul livello del mare, un mare che in certe ore della giornata la avvolge completamente, e in altre, si ritira e la fa sembrare un gigante piantato su una palude.

Pensavo che sulla sommità della roccia fosse stata costruita l’abbazia, e che la si potesse raggiungere con una stradina magari affiancata da tanti negozietti per i turisti. Tutto diverso.Alla base della immensa roccia ci sono sì dei ristorantini e dei negozi di souvenir, ma poi bisogna affrontare una serie di scale, scalette, scaloni, che portano su, su, su e sembra che non finiscano mai. Ma siamo saliti tutti, anche Mafalda sorretta dal fedelissimo Egidio, e siamo arrivati davanti alla chiesa abbaziale da cui si contempla l’oceano.Entrati in chiesa abbiamo visto che davanti all’altare alcuni monaci ed alcune monache erano seduti per terra in attesa di cominciare a cantare il Vespero. E quando è arrivato il momento, una giovanissima e bellissima monaca si è attaccata a una corda grossa come un salame e ha cominciato a suonare la campana che chiamava alla preghiera.Da lì è cominciata la visita al monastero, scendendo per altrettante scale e scalette, e attraversando un’infinità di sale e

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saloni, non finisce più.E qui l’aura di mistero ti avvolge, perché ti sembra di essere ritornato ad un lontanissimo passato, fatto di silenzi, di antiche melodie, di misteri, di magie. Saloni immensi con caminetti ancor più immensi (dove si potrebbe tranquillamente bruciare un pezzo di bosco). […]Conservo nel cuore l’ impressione di essere tornato indietro nei secoli, e la figura bella, pulita ed edificante della giovane suora attaccata alla corda della sua campana, a chiamare il mondo intero perché ritorni a Dio».

Dopo Mont Saint Michel i l pellegrinaggio non tocca soltanto cattedrali e abbazie, ma anche luoghi dove si sono combattute in tempi non lontani battaglie che hanno dato la libertà alla nostra Europa. È il caso della spiaggia di Omaha Beach, quella dello sbarco alleato nel 1944, e ce ne parla Monica Genovese.

Dallo sbarcoalleato del ‘44in Normandiaalla tappezzeria di Bayeux

I nostri pellegrini sono al terzo giorno di viaggio quando arrivano

a Colleville Sur Mer, in prossimità della spiaggia di Omaha Beach, soprannominata “la sanguinaria Omaha” a causa delle pesanti perdite subite dalle truppe americane durante lo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944 (D-Day).

«Il grande cimitero americano di Omaha Beach, inaugurato nel 1956, sorge su un poggio che domina l’Oceano Atlantico e si estende su un’area di 70 ettari. Appena entriamo, sono travolta da un’emozione grande, quasi

palpabile, per la sacralità del luogo. Il mio sguardo spazia su una distesa di 9387 croci, di un bianco immacolato, perfettamente allineate su un ordinatissimo prato all’inglese. Cammino, quasi sfiorando l’erba, fra le lapidi dei soldati americani, cercando di leggere i nomi di coloro che sono morti per liberare l’Europa dalla tirannia di Hitler. Il silenzio è rotto solo dal sibilo del vento e dal rumore delle onde dell’oceano. Da mamma, mi commuove pensare ai tanti giovani che riposano lì uno accanto all’altro: cristiani, ebrei, non credenti. Di molti è riportato il nome, altri sono rimasti ignoti e sulla lapide è scritto: “Noto solo a Dio”. Questo luogo così ordinato e sereno, abitato dalla presenza del Signore, mi appare in forte contrasto con il ricordo della strage perpetrata dai tedeschi a poche centinaia di metri di distanza e mi induce a riflettere sulla follia dell’uomo che ancora oggi, nel nome di un’ideologia, di un credo religioso o di un sistema economico, è capace di compiere brutali atrocità e di suscitare violenti conflitti, causando moltissime perdite umane».

Ed è questa tutta una giornata singolare, che inserisce nel pellegrinaggio cristiano delle sacralità particolari. Dopo la morte in battaglia e la strage epocale, al pomeriggio a Bayeux l’arte racconta la nascita di una nazione e le vicende iniziali del millennio che si è già chiuso. Ed è sempre Monica Genovese che ci parla del famoso “arazzo”, lungo più di settanta metri, che racconta l’arrivo in Inghilterra del normanno Guglielmo il Conquistatore.

«La storia ricamata a mano sulla tela, in un affascinante racconto visivo della battaglia di Hastings e delle vicende che l’hanno preceduta, è un lunghissimo

“fumetto” dell’XI secolo nel quale si alternano episodi e dettagli singolari, dall’incontro di Harold e Guglielmo, all’apparizione della cometa di Halley, fino alla freccia che uccise re Harold. Vi sono minuziosamente riprodotti scene di guerra e momenti della vita quotidiana: cotte di maglia appese, cavalli rovesciati, tavole imbandite. Esco dal museo con la convinzione che l’arazzo di Bayeux sia un’opera d’arte unica nel suo genere e uno straordinario documento storico: è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità.

Ma a Bayeux c’è anche una cattedrale, dove una messa celebrata nella cappella del Santo Sacramento è stata dedicata “ai nostri figli e nipoti”.

Giochi di parole.Poi si proseguedi abbaziain abbazia

A Sandra e Bernardo Cesare questa cattedrale ha suggerito

un gioco di parole: Mirano-Milano«Non è un gioco di parole - dicono subito - ma l’associazione di idee che può venire visitando questa Cattedrale, come altre sue simili della Normandia. Infatti, come si fa a concepire che in un villaggio più piccolo di Mirano ci possa essere una chiesa grande quasi come il Duomo di Milano? E invece è così». Sandra e Bernardo continuano a raccontare la loro esperienza:«Al giorno d’oggi non ci si fa più caso, ma secoli fa dev’essere stato un impatto visivo incredibile vedere la cattedrale spuntare dall’orizzonte già da grandi distanze. Noi ci siamo arrivati provenendo da Omaha Beach, Bayeux, famosa anche per il bellissimo e lunghissimo arazzo,

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è nel dipartimento del Calvados in Bassa Normandia. La cittadina è stata risparmiata dalla distruzione dei bombardamenti e quindi conserva ancora l’aspetto di un borgo medievale. La costruzione della cattedrale, attuale sede del vescovo di Bayeux, è iniziata nel 1077 e si è prolungata per circa due secoli. Lo stile è tipico dell’architettura gotica normanna ma si nota un’evoluzione legata alle diverse fasi di costruzione: infatti una delle torri è in stile gotico fiammeggiante.Inoltre la Cattedrale ha la facciata caratterizzata da 5 raffinati portali e una bellissima cripta del XIII secolo, famosa per i capitelli affrescati con angeli».

Poi si procede di abbazia in abbazia, come raccontano Mara e Giampietro che ci parlano dell’abbazia di Saint Etienne (S. Stefano) a Caen.

«Voluta da Guglielmo il Conquistatore duca di Normandia, Re di Francia, come segno di penitenza per aver sposato contro la volontà del papa la cugina Matilda, che a sua volta fece erigere un'abbazia per le donne. Saccheggiata e distrutta da guerre di religione, più volte ricostruita nella sua antica bellezza e maestosità come una delle più grandi chiese in stile romanico della Francia, durante la seconda guerra mondiale divenne luogo di rifugio per i civili in fuga dai bombardamenti che distrussero la città. Infine è tappa nel pellegrinaggio verso Mont Saint Michel».Danila Arrobbio ci racconta l’abbazia di Jumièges, nella verdissima campagna normanna. Sono soltanto le rovine di un’immensa abbazia fondata nel 654 e abitata da monaci benedettini, ma, viene definita il “più bel rudere di Francia”.

«Ciò che oggi rimane dell’abbazia dimostra ancora la sua grandiosità e bellezza. Nonostante la giornata uggiosa, le splendide bianche rovine, immerse in un meraviglioso parco, sembrano vivere di luce propria: non mi stupirei se un antico cavaliere, con tanto di cavallo bardato, attraversasse in questo momento il parco tanta è la vitalità e la forza che emanano queste pietre.Ammirando questi resti maestosi ho pensato alla Chiesa Cristiana: per quanto possa essere altalenante la sua realtà, continuerà a vivere “nei secoli dei secoli” emanando nel mondo la sua luce».

Si prosegue: Morena Niero ricorda la visita all’abbazia di Saint Wandrille, lasciata con “cuore sereno e gioioso”.

«Nell'abbazia di Saint Wandrille siamo accolti da un simpatico monaco che cattura subito la nostra attenzione immergendoci nella storia di questa costruzione della quale è rimasto poco, ma di un fascino incredibile.Fondata nel 657 e poi distrutta dai vichinghi, l’abbazia ritrovò gli antichi splendori sotto Guglielmo il Conquistatore per poi vivere una storia altalenante di distruzione e ricostruzione fino a quando venne presa in gestione dai monaci benedettini che la restaurarono completamente. Molti degli edifici originali o più antichi sono spariti, perché crollati o perché rimpiazzati da altre costruzioni. Fa eccezione la Cappella di San Saturnino ristrutturata più volte nel corso dei secoli.Molti degli edifici vennero danneggiati dai bombardamenti del 1944 ed una nuova chiesa venne consacrata nel 1970. Tra le bellezze ammirate: l'elegante chiostro del monastero, la statua di “Nostra Signora di Fontenelle” del XIV secolo e il soffitto ligneo della nuova chiesa abbaziale».

Poi Aurora e Walter Prendin, ci parlano della cattedrale di Rouen, una chiesa che da quest’anno in poi costituirà per loro un particolare ricordo, visto che con la messa nella cappella della Vergine hanno celebrato assieme a don Roberto e agli amici di Chirignago il loro 39° anniversario di matrimonio.

Da Chirignagoa Rouen per un anniversariodi matrimonio

Quello di Aurora è un racconto pacato, ma di intensa spiritualità:

«Percorrendo la via principale di Rouen la cattedrale ti aspetta in fondo alla strada annunciandosi con le sue guglie. Ti appare imponente una facciata elaborata e lavorata come nessuna.La cattedrale di Rouen, uno dei massimi esempi del gotico fiammeggiante, si prende la scena da sola. Nessun altro luogo mi ha dato la medesima sensazione: una spinta verso l'alto, di profonda spiritualità.Certo, entrare all'interno di una cattedrale è sempre un'emozione particolare, ma quando ti trovi all'interno di questa, ti senti minuscola in confronto a quello che ti circonda. E tra le tante cattedrali gotiche questa spicca per dimensioni e per fama.Alla fine della visita, la Santa Messa nella Cappella dedicata alla Vergine, a cui partecipano anche altri pellegrini, richiamati dalla nostra presenza. È bello concludere con l'eucarestia in questo luogo, a suggello del nostro Credo: ci si sente parte di una cosa sola».

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Dalle abbazie alle cattedrali, dunque. Roberta e Alessandro ci parlano di quella di Evreux, una cittadina di circa 50.000 abitanti, completamente distrutta dalla Guerra dei 100 anni, sia dagli inglesi che dai francesi, essendo posta ai confini tra la Normandia e la Francia. Anche le ultime guerre mondiali hanno danneggiato fortemente la città, che in seguito è stata ricostruita. «La Cattedrale, situata al centro del paese, e sede parrocchiale, è in stile gotico e gotico fiammeggiante. Le vetrate sono decorate con polvere di argento, come si usava nel medioevo.È suddivisa in modo molto evidente in due zone, separate tra loro da imponenti colonne e da un cancello in ferro molto grande. Molto particolare l’organo posto sopra l’ingresso principale, opposto all’altare, ornato nella parte bassa da un ampio tessuto arricciato, simile al tulle, che lo avvolge come fosse una nuvola. Ai lati della navata centrale, nella seconda parte della Cattedrale, vi sono delle cappelline, dedicate ad alcuni santi.Quando siamo arrivati, stava per essere celebrata la messa domenicale, perciò all’ingresso siamo stati accolti da due chierichette, con un mantello bianco, che ci hanno salutato con un sorriso e ci hanno dato i foglietti della messa.Lentamente la Cattedrale si è riempita di fedeli, e anche i componenti del coro, seppur solo otto, hanno preso posto nello spazio loro riservato.Durante la liturgia siamo rimasti colpiti da un giovane, seduto un po' in disparte, con i capelli lunghi ed uno zaino, che ascoltava i canti e la parola di Dio con gli occhi chiusi e le mani giunte, con profonda concentrazione ed attenzione. Bello vedere come nostro Signore raduni a sé persone di nazionalità diverse, ma tutte accomunate dall’ amore per Lui e per la Chiesa».

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Sulla viadel ritorno:Reims edi nuovo Parigi

Siamo ormai sulla via di casa. Marta e Bernardino Chinellato ci parlano di Reims e della sua cattedrale di Notre Dame:

«Attraversiamo un territorio con una agricoltura rigogliosa e fertile, dove si produce anche lo Champagne, e la strada ci porta nella splendida cattedrale di “Notre Dame de Reims”, senza dubbio uno dei più belli capolavori di arte gotica al mondo. Finita di costruire nel 1275, appare splendidamente decorata con rosoni, vetrate e una miriade di statue di personaggi biblici. Ma ciò che colpisce di più dall’esterno sono gli Angeli con maestose ali dispiegate che si vedono entrando dalla porta principale. Si nota subito che, in contrasto con l’austerità del luogo, la statua di un angelo sorride, sembra quasi dire: “Entra e ammira lo splendore che l’uomo sa costruire se è in armonia con Dio”. Entrando, poi, si comprende facilmente perché quasi tutti i Re di Francia abbiano voluto farsi incoronare in questa cattedrale, quasi illudendosi di essere divini.Essere immersi nella Bellezza ci aiuta a pregare con maggior devozione la Madonna. Dentro la Cattedrale abbiamo seguito la Santa Messa dedicandola alla pace nel mondo e pregando perché l’uomo ritorni a Dio, unica via per ritrovare la pace autentica dei cuori».

Poi Carmen Stevanato ci racconta l’ultima tappa. Rue du bach, la cappella della Madonna della Medaglia Miracolosa.

«La chiesa è meta di pellegrinaggio, è bella, luminosa, accogliente,

piena di fedeli di tutte le razze che assorti pregano la Vergine Maria che tanti anni fa è apparsa qui ad una suora consegnandole il compito di far coniare la Medaglia Miracolosa mostrandola in visione. “Grandi saranno le grazie a chi porta la medaglia con fede e devozione” questo disse la Vergine.In questa chiesa don Roberto ha detto messa, abbiamo onorato la Madre di tutti e di tutti i tempi, le abbiamo reso omaggio al termine

del nostro viaggio con il cuore in festa, ringraziandola per tutte le cose belle che abbiamo visto e che ci portiamo nel cuore. Grazie Santa Madre per questo viaggio. Per me un bellissimo pellegrinaggio dove ho potuto condividere pensieri, preghiere e momenti di festa anche con persone che non conoscevo, ma che raccolti sotto il manto di Maria si sentono fratelli e amati come figli.

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Elenco delle illustrazioni:

a pag. 15l’abbazia di Solesmes;

a pag. 16 tutti i partecipanti e la Messa di Don Roberto a Notre Dame de Bayeux;

a pag. 17 uno scorcio della Basilica del Sacro Cuore a Parigi, una foto di gruppo e due panorami della città vista dal colle; la cattedrale di Saint Denis e le tombe di Luigi XVI e Maria Antonietta d’Austria; don Roberto consegna le croci;

a pagina19, Mont Saint-Michel;

a pagina 21, sopra: cimitero USA di Omaha Beach foto di gruppo, Monica Genovese prepara il suo testo; sotto, arazzi di Bayeux;

a pagina 23, la cattedrale di Notre Dame de Rouen e la facciata di Reims;

a pagina 24 dall’alto: Jumièges, i resti dell’abbazia;Parigi, chiesa della Medaglia Miracolosa e Notre Dame;

a pagina 25: don Roberto a colloquio con l’Abate di Solesmes al quale ha regalato uno dei suoi famosi presepi.

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Infine Giuliana Nesi ci raconta la sua esperienza a Notre Dame a Parigi. È una piacevole pagina di diario che può ben chiudere questa lunga chiacchierata.

«Ho visto per la prima volta la cattedrale di Notre Dame a Parigi di notte, era domenica 7 maggio, molti parigini erano al Louvre dove Emmanuel Macron, appena eletto Presidente, stava pronunciando il suo primo discorso.La piazza era deserta, in sottofondo il brusio della città ma nessun rumore predominante, la facciata della cattedrale era illuminata da una luce bianca ma calda. L’ho trovata bellissima.Bellissima per la sua mole imponente ma elegante, libera dall’eccesso di pinnacoli, guglie ed elementi decorativi che caratterizza altre famosissime cattedrali gotiche francesi.Anche se la facciata attuale è il risultato di lavori incompiuti, di modifiche successive, delle distruzioni programmatiche di epoca rivoluzionaria e dei pesanti restauri ottocenteschi, qui tutto risulta di una misura raffinata.Nessun bisogno di affermare la propria superiorità su altri edifici

simili, non la necessità di fare qualcosa in più rispetto a ciò che è stato costruito altrove. Dalla facciata di Notre Dame sembra emergere, invece, una matura consapevolezza dei propri mezzi costruttivi e la piena padronanza di uno stile ormai consolidato che non ha più bisogno di misurarsi con gli eccessi della sperimentazione.Nessun problema nemmeno ad inserire, sopra i tre grandiosi portali ad arco acuto con strombi profondi e affollati di statue e rilievi, la Galleria dei Re, elemento orizzontale che blocca ogni slancio verso l’alto, dove le statue dei 28 Re di Giuda ed Israele, in copie ottocentesche, si affacciano nobili e solenni sulla città.Poi un altro ordine con le grandi bifore che inquadrano il rosone centrale e ancora la leggera galleria superiore ad archetti intrecciati su esili colonne, che raccorda le torri laterali, incomplete delle guglie mai costruite. Ma la cattedrale non è solo facciata. Il giorno successivo, in pieno sole, ho percorso il suo perimetro esterno dove archi rampanti, guglie e pinnacoli si intrecciano e si innalzano e ottocentesche gargoyles si sporgono minacciose

e non manca nulla di ciò che ci si aspetta di trovare all’esterno di una chiesa gotica.Ho percorso anche l’interno, dalle proporzioni grandiose, alto e luminoso, con i suoi possenti pilastri cilindrici ed i costoloni delle volte a crociera sottili e slanciati che percorrono le pareti delle navate, con i rosoni, in testata dei transetti, ornati da vetrate antiche di bellezza rara. Come già in altre cattedrali sono rimasta affascinata dalle volte a cinque vele di forma irregolare che coprono i due deambulatori del profondo coro, raccordando con sapiente soluzione archi di diversa misura. Di tanta abbondanza, però, quando penso a Notre Dame, la prima immagine che si affaccia alla mia mente è sempre la facciata color burro immersa nella notte e la riflessione su come la bellezza e la ricchezza degli elementi architettonici e decorativi di una chiesa non induca necessariamente, almeno me, alla riflessione e alla preghiera; mi son detta che forse dipende anche dal fatto che non era, o non era solo questo lo scopo per cui certe chiese sono state costruite. Chissà!».

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Dopo “la Parrocchia in evoluzione” e “la Parrocchia che cammina”, ecco…

…la Parrocchiache continua

I 30 annidelle nostre treassociazioni

C’è una felice coincidenza che ci aiuta a parlare della

parrocchia che continua nella sua vita di comunità attraverso le sue associazioni: tre anniversari importanti che riguardano l’Azione Cattolica, il Gruppo scout e il Gruppo Culturale Luciani: sono passati trent’anni da quando queste tre realtà hanno mosso i loro primi passi per impulso di don Roberto Trevisiol, allora all’inizio del suo servizio di Arciprete.Sappiamo bene tutti quanto importanti siano le associazioni, perché esaltano le diversità e fondono insieme percorsi diversi. Le associazioni, infatti mettono insieme modi diversi di fare comunità, di educare la gioventù e di vivere la maturità, e spesso anche modi diversi di testimoniare la fede e lodare Dio. Sono come le voci di un coro, che si fondono in un canto unico.Insomma, l’obiettivo resta il medesimo, i modi per arrivarci possono essere molti.

1 - Un libroper l’AzioneCattolica

L’Azione Cattolica ha celebrato il trentennale presenti i cappellani

che si sono succeduti negli anni (don Andrea Volpato, don Gianni Antoniazzi, don Andrea Longhini). «Bellissimo - ha detto la presidente dell’AC parrocchiale Roberta Barbacane - avere con noi anche i cappellani che in questo tempo hanno sostenuto e amato la nostra associazione, come pure ex aderenti, ex educatori e i cuochi che in questi anni hanno prestato il loro preziosissimo servizio ai campi scuola dell’ ACG e dell’ ACR».Perché, ha detto «è un grande onore per noi ritrovarci oggi qui, insieme, come una grande famiglia, con le persone che hanno costruito con noi la storia della nostra associazione, che condividono lo stesso amore per la Chiesa e per i fratelli, quell’amore che abbiamo imparato a vivere all’interno dei nostri gruppi e nel servizio alla comunità». Roberta Barbacane ha ricordato l’azione costante dei sacerdoti, non solo dei cappellani impegnati in tutti i settori, ma innanzitutto di don Roberto, anche con scelte coraggiose, come quella del 2003 di far nascere il gruppo adulti di Azione Cattolica, ai cui incontri continua a partecipare con l’entusiasmo del primo giorno.Storia importante, quella dell’Azione Cattolica di Chirignago, tanto è vero che il trentennale è stata l’occasione per stampare un libro dal titolo RaccontACI, sulla storia dell’associazione di questi trent’anni, «attraverso le testimonianze dei sacerdoti, dei presidenti che si sono succeduti, di alcuni ex educatori e anche di Bruna Gomirato, un’aderente “storica” dell’associazione che tutt’ora, a oltre novant’anni di età,

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ama moltissimo l’Azione Cattolica e continua a seguirla. Il libro riporta un’ampia raccolta fotografica che richiama alla memoria i campi estivi, gli animatori, i cuochi, e tutti coloro che hanno contribuito a rendere bella questa grande famiglia».Con un’avvertenza: «Questi ricordi – ha detto Roberta Barbacane, richiamando anche un recente intervento di papa Francesco – per quanto belli ed emozionanti siano, non devono solo rievocare momenti passati, ma darci l’entusiasmo per continuare a vivere la fede a servizio della Chiesa e dei fratelli».

2 - Essere scouttrent’annidopoAccanto all’Azione Cattolica, gli

scout, che hanno ricordato il primo campo, Caorle 1987.«Ad oggi – scrive la Comunità capi – il nostro gruppo può contare 116 membri suddivisi nelle diverse branche: 28 lupetti, 32 ragazzi in reparto, 13 in noviziato e 21 in clan. Per quanto riguarda la Comunità Capi, essa è composta da 23 membri (compresi don Roberto e Katia): 6 capi nei lupetti, 6 in reparto, 3 in noviziato, 3 in clan e 2 capigruppo».Chiediamo: ma cosa significa essere scout?«Essere scout è imparare a vivere: è giocare con i propri fratellini e sorelline in branco, è costruire il proprio rifugio in reparto, è condividere la fatica in branca R/S, è sapersi porre degli obiettivi e impegnarsi a raggiungerli, è vivere secondo dei valori, è sfidare ogni giorno se stessi, le proprie paure e le proprie difficoltà; essere scout è collaborare per creare qualcosa di bello e nuovo, significa contare sull’aiuto degli altri, è scoprire il

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piacere dell’essenzialità, è amare il proprio vicino, è saper porgere una mano verso l’altro, è non fermarsi all’apparenza. Essere scout è imparare a fare i nodi, a montare una tenda, a vivere in autonomia, a cucinare, è imparare l’arte di arrangiarsi, è affrontare ogni difficoltà che la vita e la strada ci pongono dinanzi. Essere scout è avvicinarsi un po’ di più a Dio».Essere scout, a quanto si è capito, significa anche essere integrati nella comunità cristiana, vedi l’importanza degli Assistenti Ecclesiastici che si sono succeduti in questi anni come guida spirituale, i capellani don Andrea Volpato, don Gianni Antoniazzi, don Andrea Longhini e il parroco don Roberto, con una novità che si sta affermando sempre si più: gli Assistenti Ecclesiastici del Gruppo non sono soltanto sacerdoti ma anche laici e persone consacrate. Così assistente del Noviziato e del Clan è Katia, e Boguś è Baloo, l’assistente del branco. Infine da quest’anno seguiranno il Reparto anche i coniugi Fontanel.Insomma, lo scoutismo è un metodo che funziona?«Numeri alla mano: possiamo dire che la proposta scout funziona e piace. Meglio di così!... Per il resto parlatene, per i lupetti, con Francesco (Akela), Alessandra (Bagheera), Andrea (Fratel Bigio), Alberto (Kaa), Elena (Mamma Raksha), Maddalena (Chil) e Boguś (Baloo). Per il reparto, Carlo, Elena, Tommaso, Marika, Leonardo, Beatrice e i coniugi Fontanel. In noviziato Marco, Giulia, Gabriele e Katia e, infine, in clan Giorgio, Annavalentina, Francesca e Katia. Capigruppo Jacopo e Giulia»

3 - Gruppo culturaleLuciani:mostre, incontrie… CampanonDagli scout al Gruppo Culturale

Luciani, quello che organizza incontri, mostre e che, tra l’altro cura l’uscita di questo Campanon, due numeri all’anno.Il verbale della prima riunione del direttivo, 2 novembre 1987, dopo un’assemblea del 28 ottobre, redatto a macchina da Ornella Voltolina, è ancora conservato nell’archivio parrocchiale.Accanto a don Roberto Trevisiol, 12 i presenti: Angelo Romanello, Giuseppe De Pazzi, Massimo Miele, Angelo Deppieri, Giovanni Scaggiante, Teresina Trevisanato, Rina Fiasconaro, Luigina Bortolato, Ornella Milanesi, Ivone Bortolato, Renato Milanesi, Egidio Girardi.Tra gli obiettivi indicati, alcuni hanno segnato la vita del Gruppo per tutti i trent’anni, la maggior parte sotto la guida tenace e sensibile dell’indimenticabile Luigina Ferrarese Bortolato: - coordinare i programmi dei vari gruppi operanti in parrocchia, - far uscire un giornalino per Natale ’87, e in prospettiva tre uscite per il 1988,- avviare una collaborazione tra

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l’Asilo "S. Cuore" e la Materna Statale per la festa di San Giuseppe,- indire un concorso di poesia per ragazzi e una serata musicale per San Giorgio,- dare vita a una serie di incontri formativi per tutta la comunità, invitando giornalisti, musicologi, esperti vari. Programmi tutti rispettati, tanto che anche nell’autunno del 2017 ci sono state mostre e dibattiti e le esposizioni, a cominciare da quella dedicata alla scrittura, “Scripta manent” e quella del pittore Rafaele Bovo, sono state oggetto di visite scolastiche che hanno confermato la collaborazione costante tra il Gruppo e gli Istituti scolastici del territorio.

La parrocchiache continua

Il nuovo giardino della scuolaper l’infanziaSacro CuoreNon solo ricordi, però, si guarda

anche avanti e si potenziano le strutture attraverso le quali la Chiesa di Chirignago è presente nella società civile del territorio. È il caso degli interventi al giardino della Scuola per l’infanzia Sacro Cuore.Ma qui lasciamo la parola a chi ha progettato e diretto i lavori, l’architetto Andrea Gallo.

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È tornatoil giardinodella nostrainfanziaLa fondazione dell’Asilo “Sacro Cuore”, oggi “Scuola Paritaria dell’Infanzia Sacro Cuore”, avvenne nel lontano 1910 per volere di Mons. Giovanni Battista Buso, arciprete di Chirignago dal 1861 al 1914 […], l’edificio di via Del Parroco fu edificato a partire dal 13 giugno 1920, prima pietra posata per volere di Mons. Riccardo Bottacin, arciprete dal 1914 al 1958. Ad oggi sono trascorsi 97 anni e nonostante la veneranda età la scuola continua a operare a pieno regime accogliendo bambini del territorio e non solo.Innumerevoli sono gli interventi e gli ampliamenti eseguiti nel corso degli anni per rendere la scuola sempre di più un luogo accogliente per tutti. Restava da valorizzare uno degli elementi che costituiscono l’Asilo, cioè il meraviglioso giardino, ricordo positivo dell’infanzia di molti. Le ultime importanti sistemazioni del giardino risalgono ai primi anni Settanta, quando venne realizzata la pista di pattinaggio e fu riordinato lo scoperto a verde dopo la devastante tromba d’aria del 14 giugno 1971.Quest’anno, per decisione del Comitato di Gestione della Scuola e desiderio delle Figlie di San Giuseppe, si è intervenuti nella risistemazione dell’ingresso principale e dell’area giochi. Il

progetto di recupero e sistemazione del giardino mi è stato dunque affidato a giugno, ed è stata per me una grande gioia progettare e sistemare l’Asilo che anche io ho frequentato da bambino! Il progetto dell’area esterna si è sviluppato a partire dalle attuali esigenze funzionali della scuola e si è articolato per interventi mirati, così da sfruttare al meglio le potenzialità del luogo con le risorse economiche a disposizione. Lo stato dei luoghi, alla primavera del 2017, si presentava assai intricato: l’area giochi, al centro della pista di pattinaggio, risultava non del tutto “a norma” ed era ormai soffocata dai grandi tigli del giardino. In primis quindi è stata smantellata la pista in asfalto, che risultava inutilizzabile e pericolosa a causa del sollevamento provocato dalle radici degli alberi.Sul sedime della stessa è stata realizzata un’area giochi di 220 metri quadrati con pavimentazione antitrauma, per rispondere alla

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normativa vigente in materia di sicurezza. Su questa grande “piazza del gioco” sono stati collocati alcuni giochi esistenti (opportunamente revisionati e messi in sicurezza) e nuovi giochi regalat i per l’occasione. Sono stati poi tagliati alcuni tigli e abeti pericolanti, e potate con cura le altre alberature, così da dar maggior respiro all’intero giardino.L’ingresso da via del Parroco è stato riconfigurato allargando l’accesso e rendendolo più piacevole: è stata ricreata una geometria in pianta a forma di “abbraccio” per accogliere bambini e famiglie. Tale operazione permette inoltre l’accesso in sicurezza di un furgone per il carico-scarico alle cucine poste nel retro dell’edificio. Si è voluto poi sottolineare il duplice aspetto dell’Asilo, quello istituzionale e quello religioso, realizzando una piazzetta in prossimità della porta d’ingresso di sinistra, nella quale sono stati innalzati tre pennoni per le bandiere e la colonna con la statua della Madonna, che sembra “vegliare” sui bambini che ogni giorno entrano ed escono dalla scuola dell’infanzia.In corrispondenza dell’ingresso principale è stata mantenuta l’aiuola circolare, ma ripensata, così da poterla focalizzare come fulcro dell’intero sistema d’accesso. Al centro di due ghiere metalliche concentriche, verrà a breve posato un medaglione commemorativo con l’emblema del Sacro Cuore di Gesù, disegnato dal nostro artista Giovanni Scaggiante, e con la data “1910”, anno di fondazione dell’Asilo.

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I lavori sono stati eseguiti dalla ditta Scatto Scavi con la collaborazione dell’impresa Colombera Impianti e della Cooperativa il Germoglio (per la sistemazione del giardino). La competenza e la professionalità delle imprese scelte ha permesso di ultimare le principali lavorazioni in tempi rapidi, così da non recare in nessun modo disagi allo svolgimento dell’attività scolastica. Molte persone inoltre si sono poi rese disponibili collaborando attivamente: un ringraziamento va a Sig.ri Menegazzo, Giacomin e Gomirato che con cura hanno realizzato uno staccato multicolore a completamento dell’area giochi; a Giovanni Tettamanzi che con passione ha tagliato e accatastato la legna ricavata dal taglio delle alberature (cha servirà a scaldare la casa di Caracoi), e a Nadia Ortes, che con la collaborazione di Don Roberto, ha realizzato delle simpatiche sagome di animaletti da porre qua e là nel giardino. Un grazie va inoltre alla Sig.ra Daniela Costantini, che assieme al Comitato di Gestione dell’Asilo, sta portando a compimento questo prezioso progetto di sistemazione e di messa in sicurezza delle aree esterne. Un grazie al mio collega, l’Arch. Armando Baseggio, che nei momenti in cui la salute non me lo ha permesso, ha diretto sapientemente i lavori al posto mio. Per ultime, ma non meno importanti, vanno ringraziate le Suore che con il loro Amore e il loro Carisma hanno in questi anni custodito l’Asilo e iniziato alla formazione innumerevoli generazioni di bambini.

Arch. Andrea Gallo

La parrocchiache continua

Vinta la sfida del nuovo“Magna e Bevi”

Tra le novità della “parrocchia che continua”, quest’anno

c’è stata l’organizzazione, alla fiera di settembre, dello stand gastronomico “Magna e Bevi”, attività tradizionale finora svolta del Gruppo Sportivo San Giorgio quale fonte di autofinanziamento. Nella sostanza: don Roberto ha raccolto la sollecitazione del Gruppo San Giorgio, che aveva dichiarato la propria impossibilità a continuare nell’impresa, e ha proposto ai parrocchiani di assumere l’impegno come parrocchia. Il contributo è stato vasto e generoso, un ruolo determinante l’ha svolto, anche grazie alle sue competenze professionali, Giorgio Simion.Ma lasciamo la parola a Patrizia Tiffi e Rita Berton, due persone che la vicenda l’hanno vissuta dall’interno.

Dall’altra partedel “Bancon” Era venerdì 7 luglio quando un preoccupato don Roberto ha riunito i suoi parrocchiani per lanciare questa sfida: vogliamo provare noi, comunità cristiana di San Giorgio,

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a fare in modo che il tradizionale stand gastronomico della sagra paesana continui? Perché qui e ora dobbiamo passare dalle parole ai fatti: o ci siamo o non ci siamo! Per un attimo, solo per un attimo, nella mia testa è balenato un: è tardissimo, mancano solo due mesi e ci sono le vacanze!! Ma si sa che le sfide si portano appresso un pizzico di follia e richiedono ad un certo punto un “salto”. E così è stato! La cosa più sorprendente sono state la gioia e l’allegria con cui ciascuno di noi ha fatto la sua parte, ognuno secondo le proprie forze e capacità, ma tutto nel segno della condivisione e del rispetto dei ruoli di ciascuno. È stato proprio bello partecipare a questa avventura per la prima volta dall’altra parte del “bancon”, dove si serve al bar fino a tarda ora, si cuociono infinite grigliate, si servono vassoi stracarichi di cibo, ci si turna di notte per vigilare il posto. Ma anche si ride, si scherza, ci si stanca, a volte ci si innervosisce, ci si conosce, ci si frequenta e alla fine ci si vuole bene, rinnovando legami affettivi vecchi e costruendone di nuovi. Una cucina come contenitore di cibo e umanità, dove è stato bello conoscere persone esperte e brave, persone giovani, chi nell’età, chi nel cuore e nello spirito e dalle quali abbiamo tutti imparato e ricevuto calore umano, sorrisi e magari anche qualche meritato rimprovero. Sì, grazie don Roberto per esserti fidato di noi, della nostra voglia di provare ad uscire dal “nido” protetto che sono le nostre troppo comode case. Noi ci abbiamo messo il cuore, il tempo e le fatiche,

ma abbiamo ricevuto molto di più: la consapevolezza di essere fratelli che camminano insieme è un’esperienza che si vive e che noi continuiamo a vivere.Al prossimo anno, per un’altra avventura!!!

Patrizia e Rita

CENTRODON ORIONE

Fioritured'autunnoIl Centro don Orione sta continuando il suo percorso di trasformazione. Dal punto di vista istituzionale, come ente e organizzazione socio-educativa, è andato adeguandosi alle esigenze normative per una maggiore funzionalità e rispondenza ai bisogni dei suoi residenti; dal punto di vista delle prospettive, della visione complessiva, dei linguaggi e degli atteggiamenti, lavora per diventare, a tutti gli effetti, "casa" e "comunità in cammino".A questo sono finalizzate le suddivisioni degli ospiti in "famiglie" più piccole, dove sperimentare percorsi di riconoscimento e di appartenenza. A questo è finalizzata la ricerca di una "sintonia" quotidiana con la vita, cercando di accoglierne i dinamismi, le esigenze, le stagioni, gli imprevisti cui essa ci sottopone, talvolta più dolcemente, talvolta con inaspettata durezza. Anche per questo non è stato facile salutare don Nello, che è stato per nove anni il nostro punto di

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riferimento spirituale, pastorale e direttivo, e affrontare un percorso nuovo.Con la partenza di don Nello, la Provincia Religiosa dell'Opera don Orione ha infatti affidato a un laico, Vincenzo Lazzaro (prima responsabile dei Servizi Generali), l'incarico di direttore del Centro. Inoltre per garantire gli aspetti liturgici, carismatici e spirituali abbiamo il sostegno dei sacerdoti della comunità religiosa orionina delle parrocchie di "S. Pio X" e "Gesù Lavoratore" a Marghera: il parroco don Giuseppe, con don Albino e don Luciano.Da questo incontro di mondi si stanno generando insperate fioriture autunnali, che Don Orione avrebbe chiamato "segni della Provvidenza". Anche i cambiamenti non cercati possono portare nuove prospettive. In questi piccoli spostamenti di "conversione" sentiamo il Signore sfiorarci ogni giorno e farsi nostro compagno di strada...

Durante la Preghiera del mattino (guidata da un operatore) i nostri ospiti intercedono per situazioni particolari di difficoltà e/o di malattia; ogni giovedì alle 17.30 dedichiamo un tempo di Adorazione al Santissimo a cui segue la S. Messa feriale: appuntamenti che sembravano un po' "scontati", ora vedono una rinnovata e consistente partecipazione.Lavorando in stretta collaborazione con i nostri sacerdoti di Marghera, stiamo ripensando l'impianto pastorale, attraverso percorsi formativo-carismatici per i dipendenti, gli incontri di Avvento con gli ospiti, la cura delle celebrazioni legate all'Anno Liturgico e alle tradizioni...In una parola: non vogliamo disperdere i frutti del lavoro di chi ci ha preceduto e allo stesso tempo desideriamo far vivere nuove storie di fede e di comunità.

Simonetta Spinola

Le nostra scuola

ComprensivoColombo,punto diriferimentoCresce il ruolo dell’Istituto

comprensivo Cristoforo Colombo. Ciò fa piacere anche a noi che, attraverso il Gruppo Culturale Luciani, abbiamo sempre collaborato con la scuola, strumento essenziale di formazione dei nostri ragazzi. Volentieri ospitiamo un contributo del dott. Francesco Zottino, presidente del Consiglio d’Istituto.

Da anni il Comprensivo scolastico Cristoforo Colombo di Chirignago s’impegna affinché la scuola di “quartiere” divenga un punto attrattivo e di riferimento per l’intero territorio. Con l’anno scolastico appena iniziato si può dire (forse) di aver raggiunto questo importante obiettivo.Sono cinque le nuove classi prime alla scuola secondaria di primo livello, ex media Piero Calmandrei, una classe in più rispetto all’anno precedente.È in costante aumento il numero di genitori che sceglie il nostro istituto per iscrivere i propri figli dopo aver concluso il ciclo delle elementari. Non sono solo famiglie del territorio, il cosiddetto stradario, ma anche nuclei provenienti da altre municipalità e comuni limitrofi. Ovviamente questo ci rende molto soddisfatti e il successo ci presenta

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anche nuove responsabilità per non deludere quanti ci hanno preferito, ponendoci, inevitabilmente, di fronte a nuove sfide.Avevamo festeggiato solo qualche anno fa l’apertura di una nuova ala nel plesso di via dell’Edera, ma oramai le nuove aule sono appena sufficienti a contenere gli attuali alunni!Indispensabile, quindi, ricercare nuovi spazi didattici ripensando anche al modello scolastico per conservare l’attrattività inseguita per anni. Ripartiamo dagli spazi come luoghi in cui la didattica può essere svolta per argomenti tematici lasciando agli studenti la libertà di muoversi.Il futuro è movimento e apertura, non staticità e omologazione.

Francesco Zottino

PAESE MIO

Cimitero più in ordine,ma del futuronulla si sa Volevamo avere qualche notizia

in più sul Cimitero di Chirignago, sapere come si potrà far fronte al crescente numero di decessi con le conseguenti sepolture, ma ancora non ci sono notizie.Gli uffici comunali, invece, ci danno conto dei lavori di manutenzione portati a termine. Pubblichiamo la lettera:

«Nella primavera del 2016 sono stati conclusi lavori di manutenzione straordinaria nel Cimitero vecchio: in particolare il rispristino dei vialetti in asfalto, consolidamento e reintonacatura dei muri perimetrali sul lato sud, ripassatura dei coppi di copertura e risanamento e ridipintura degli intonaci esterni della ex casa del custode, inserimento nuovi parapetti e pulizia delle coperture nel fabbricato 8°.In preparazione alle recenti festività dei defunti 2017 sono state eseguite, manutenzioni sintetizzabili come segue.Nel Cimitero nuovo, all’Ingresso: riverniciatura del cancello principale; presso le Tombe di famiglia all'ingresso e Scale di accesso ai campi rialzati del Reparto 4°: rasatura e ridipintura delle pareti fessurate; sulla Muratura perimetrale Reparto 4°: lavaggio e dipintura.Nel Cimitero vecchio, presso le Tombe di famiglia del Reparto 1°: rifacimento delle opere provvisionali di messa in sicurezza; nel Fabbricato 8° per loculi/ossari: rasatura e ridipintura delle pareti.Ai fini dell’inserimento nell’ elenco annuale delle opere pubbliche 2018 è stata programmata l’attuazione di due interventi nel Cimitero Nuovo: il ripristino funzionale delle cappelle di famiglia ubicate a destra ed a sinistra dell’ingresso e, nel Reparto IV, dei loculi perimetrali dei campi inumatori.

arch. Caterina Moggian Barban Responsabile del Servizio Cimiteri

e Forti - Comune di Venezia».

CHIRIGNAGO-ZELARINO

Municipalitàal giro di boaA metà mandato il Consiglio di Municipalità di Chirignago Zelarino ha fatto un bilancio del suo lavoro.Chi fosse interessato ad una copia della relazione può chiederla a:s e g r e t e r i a p r e s i d e n t e .c h i r i g n a g o z e l a r i n o@ c o m u n e . v e n e z i a . i t oppure direttamente in Municipio a Chirignago.«Non è stato certamente un periodo facile» ha sottolineato il presidente della Municipalità Gianluca Trabucco «Alle difficoltà economiche, che da qualche anno pesano sugli enti pubblici, si è aggiunta la volontà della Giunta comunale di privare l'organismo di decentramento delle sue funzioni, spogliandolo progressivamente degli strumenti che, fin dalla nascita (2005) l’avevano caratterizzato dando risposte ai bisogni più immediati dei cittadini».Secondo Trabucco, pur in questa situazione «molti sono gli obiettivi raggiunti». Ma avverte: «Alla fine, fondamentale sarà capire se saremo riusciti a lasciare traccia del nostro impegno sui temi della partecipazione democratica dei cittadini, della mobilità sostenibile e della questione ambientale, della formazione e della scuola». E ringrazia, oltre ai collaboratori, le associazioni, gli istituti scolastici e le realtà religiose della Municipalità «che non hanno smesso di essere il perno della vita sociale, culturale e sportiva del nostro territorio».

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La redazione augura buon Natale

e felice Anno Nuovo

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Parrocchia di S. Giorgio – Chirignago (Venezia)Anno XXXI, n. 2 - Natale 2017

3 - 5 ■ Quale Natale? Lettera del parroco don Roberto Trevisiol

7 - 12 ■ 2017/2018 - Come sta cambiando la nostra parrocchia A cura della redazione, con interventi di don Sandro Vigani e don Andrea Longhini e con la relazione del parroco don Roberto Trevisiol al Consiglio pastorale (foto di Ornella Voltolina).

12 - 25 ■ La parrocchia incammino: al Santo e in NormandiaA cura della redazione, con interventi di Stefania, don Roberto Trevisiol, Ivone Bortolato, Nadia e Alessandro, Ornella e Renato, Daniela e Mario Vettorelli, Monica Genovese, Sandra e Bernado Cesare, Mara e Giampietro, Danila Arrobbio, Morena Niero, Aurora e Walter Prendin, Marta e Bernardino Chinellato, Carmen Stevanato, Giuliana Nesi (Foto di Ornella Voltlina).

26 - 35 ■ La parrocchia che continua: i 30 anni delle associazioni, il nuovo giardino per la Scuola dell’infanzia, vinta la sfida del Magna e Bevi parrocchiale.

Responsabile don Roberto Trevisiol – Redazione: Gianni Montagni ([email protected]),

Ornella Voltolina [email protected]), Ivone Bortolato, Gilberto Tessan.

Piazza San Giorgio – 30174 Chirignago - Venezia - tel. 041.912943

Fotocomposizione e stampa Areagraphica

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