apco - un anno di meta 2012

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Raccolta 2012 Inserto di Harvard Business Review

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Raccolta articoli pubblicati su Meta - La rivista dei consulenti di management

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Page 1: Apco - Un anno di Meta 2012

Raccolta 2012

Inserto diHarvard Business Review

Page 2: Apco - Un anno di Meta 2012

È passato un altro anno di sofferenza per l’economia italiana e di rifles-

so per il mondo della consulenza. In realtà come in tutte le situazioni di

crisi, c’e chi, con intuito e intelligenza, è riuscito a individuare modelli di

business efficaci e chi invece non ha avuto la capacità, la fortuna o la

prontezza di adeguarsi.

Apco ha cercato di seguire il mercato, di comprenderlo, di suggerire ai

consulenti come affrontarlo con logiche e strumenti nuovi. Meta è uno

degli strumenti che usiamo per comunicare con i tanti consulenti italiani.

Nel corso dell’anno abbiamo affrontato il tema della nuova norma interna-

zionale EN 16114 Management consultancy services, che fornisce linee

guida interpretative e di condivisione dell’industry della consulenza, uno

strumento per facilitare il dialogo tra clienti e consulenti.

A seguire, sempre nella logica di non temere di toccare anche argomenti

scomodi, abbiamo affrontato il tema del reddito del consulente. Un tema sul

quale ci sono spesso leggende, false informazioni ed esagerate aspettative.

Abbiamo poi proseguito con il web 2.0, strumento di lavoro e anche di

business per la consulenza, tema che abbiamo affrontato sapendo che

presenta luci ed ombre, perchè non tutti i consulenti ancora lo dominano.

Come detto prima, c’è chi negli ultimi mesi ha avuto la capacità di indi-

viduare il modello di business corretto e chi no, e su questo abbiamo

costruito un altro numero di Meta che aiutasse a fare qualche considera-

zione e qualche riflessione. Abbiamo anche voluto affrontare il tema di chi

si è trovato espulso per la crisi dal mondo del lavoro consulenziale, senza

nasconderci dietro false ipocrisie.

L’ultimo numero l’abbiamo dedicato invece all’internazionalizzazione,

un’area di opportunità su quale il mondo della consulenza italiana può

ancora crescere ed ottenere molto.

Con quest’edizione di Un anno di Meta speriamo di aiutare i consulenti a

fare una riflessione costruttiva, a cogliere dai temi trattati spunti e indica-

zioni per trarne scelte coraggiose per il 2013.

Il 2013 può essere un anno importante per la professione del consulente:

sarà l’anno della piena applicazione della legge sulle professioni non rego-

lamentate recentemente approvata. Uno strumento legislativo che potrà

finalmente aiutare a valorizzare l’offerta qualificata, ad avere quindi clienti

sempre più soddisfatti, ed in ultima analisi far crescere il mercato com-

plessivo della consulenza.

Presidente

2012 Un anno di Meta

Page 3: Apco - Un anno di Meta 2012

L’approvazione della norma EN 16114 Management consultancy services segna un punto di svolta per il lavoro del consulente. Questa norma vuole migliorare ed incrementare la trasparenza e la chiarezza nella relazione tra domanda e offerta, consolidando l’approccio al “sapere condiviso” non solo a livello italiano, ma a livello europeo, riducendo le barriere transnazionali del mercato.

1 Editoriale: EN 16114: una norma per le... liberalizzazioni

2 Riflessioni: La norma EN 16114 - “Management consultancy services” e le ragioni di un progetto ambizioso

4 In profondità: Le regole del gioco. La nuova norma europea della Consulenza di Management EN 16114

6 Irriverisco: Il tempo non esiste! E neppure la concorrenza…

1 Editoriale: 2.0 per tutti?

2 Riflessioni: Le potenzialità del web mi hanno portata a ridefinire il mio modello di business consulenziale

LinkedIn, social network di elezione per i consulenti di management

4 Parola agli studenti: Learning Web 2.0 as management consulting students

Web 2.0 and the modern job-seeker

But, I don’t have an article in me…!

6 Irriverisco: Taggati nel 3.0

1 Editoriale: A scuola di consulenza

2 Riflessioni: I contributi delle università

5 Parola agli studenti: APCO e la Business School di Grenoble

6 Irriverisco: Toga! Toga!

1 Editoriale: Più forti dopo la crisi

Riflessioni: 2 Licenziamento: frammenti di vissuto

La consulenza dietro la crisi

4 Crisi: evoluzioni e opportunità

6 Irriverisco: Startupping the future

n°3 | marzo 2012

La consulenza per alcuni è un’arte, per altri è solo una forma con-trattuale per offrire competenze, per altri ancora una professionali-tà sviluppata solo all’interno di società strutturate. E se fino a pochi anni fa era trattata quasi esclusivamente in corsi post-laurea, ora è presente nei programmi di base. La consulenza, oggi, è ricono-sciuta come un driver di forte sviluppo per l’economia.

n°5 | maggio 2012

Opportunità. Strumento di lavoro. Minaccia. Il mondo del web 2.0 è tutto questo per i consulenti di management. Da anni si sostie-ne che il potenziamento del web, dell’accesso all’informazione, avrebbe modificato sostanzialmente il modo di fare consulenza. Questo è vero, ma convivono e coesistono ancora molti modi di utilizzare il Web.

n°7-8 | luglio/agosto 2012

La crisi ha portato a far emergere inefficienze e retaggi del pas-sato che, con mercati stabili o in crescita, non comparivano. Ne consegue uno “sgrossamento” del mercato con un miglioramento della qualità media della consulenza “sopravvissuta”. E’, quindi, di rigore uno sguardo a questa dimensione, imparando a conosce-re le storie personali di alcuni colleghi consulenti.

n°10 | ottobre 2012

1 Editoriale: Internazionalizzarsi?

2 Riflessioni: Andare all’estero con curiosità e metodo, ma cambiando pelle

La strategia ‘glocal’ di datalogic: opportunità per i partner consulenziali

4 In profondità: Simest, così crescono le pmi italiane all’estero4 Bers firma il modello vincente per tutti

6 Irriverisco: ... e prendete più gamberi!!!

La consulenza italiana è poco orien¬tata all’estero: è un dato di fatto che le esperienze significative di consulenti o di socie-tà di consulenza nazionali all’estero siano ridotte a singoli casi di successo. Viceversa, in Italia i consulenti stranieri operano in maniera massiccia. E’, quindi, doveroso uno sguardo agli assi di espansione internazionale.

n°12 | dicembre 2012

2012 Un anno di Meta

Page 4: Apco - Un anno di Meta 2012

1 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 3/2012

EN 16114: una norma per le... liberalizzazioni

Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

che forma di “qualificazione” sia necessaria.Come Apco crediamo in forme di qualificazio-ne professionale soprattutto di parte seconda, il CMC -Certified Management Consultant su tutte, ma quello che ci preme è in primo luogo che il tema venga affrontato seriamente.Una norma come EN 16114 diventa allora uno stimolo, un aiuto, un riferimento da adottare per provare a rendere più trasparente il rap-porto consulenza-mercato. Ci possono essere diversi modi di affrontare il tema: l’importante è cogliere questa opportunità, rendersi conto del momento politico ed economico, della richie-sta del mercato, e fare qualcosa. Come Apco continueremo ad impegnarci su questo fronte.

In questo numero vogliamo allora offrire una panoramica completa della norma EN 16114, grazie ai contributi di colleghi che hanno se-guito il progetto in tutto il suo divenire. Fran-cesco D’Aprile richiama la genesi di questo progetto e lo colloca in una visione evolutiva e internazionale, Gigi Guarise e Fabio Bordigoni ne approfondiscono i contenuti e le logiche di fondo, mentre Marco Granelli si confronta a modo suo col tema delle liberalizzazioni

Sono cresciuto professionalmente in una cultura del miglioramento continuo e consi-dero quindi le norme come il consolidamen-to di quanto appreso fino a quel momento, la base per ulteriori sviluppi.E’ proprio questo il valore della norma EN 16114 Management consultancy services: rappresenta finalmente il consolidamen-to di un sapere condiviso non solo a livello italiano, ma a livello europeo. Apco è stata protagonista fondamentale nella redazione di questa norma e siamo fieri che molti dei contenuti siano coerenti con quanto già pra-tichiamo e proponiamo da tempo. L’approvazione di questa norma s’inserisce nel contesto italiano in un momento di grande trasformazione, in cui il tema delle liberalizza-zioni delle professioni è finalmente tornato di stringente attualità. La nostra è una professio-ne “non-regolamentata” per eccellenza, anzi direi troppo. Soffriamo per esempio del fatto che chiunque si possa definire consulente di management, creando false aspettative e di-storsioni (tipico il fenomeno degli incarichi poco trasparenti nel settore pubblico).Ci troviamo in una situazione strana: svolgia-mo una professione del futuro, operiamo in un mercato aperto senza vincoli di alcun tipo e molto concorrenziale, eppure siamo consape-voli che non operiamo in una situazione ideale. La consulenza non qualificata, i falsi consulenti (gli amici, gli improvvisati...), la deresponsabi-lizzazione della consulenza hanno creato una situazione che non favorisce dinamiche corrette tra domanda e offerta finendo per deprimere il mercato. Anche fra noi consulenti ci sono poi posizioni diverse, legate a storia, competenze, mercati di riferimento, tra chi ritiene che il brand e la notorietà siano tutto e chi pensa che qual-

Per tanti anni aspettavo l'uscitabimestrale di Meta con curiosità; michiedevo sempre che cosa vi avreitrovato, quale stimolo.Meta è per me uno dei punti forti diAPCO, una lettura agile e stimolante,qualcosa di prezioso da preservare esviluppare. Ora ho il piacere di aprirequesto primo numero del 2010 e lofaccio con con orgoglio e conl'impegno a cercare comunque dimigliorare ancora Meta, di renderlosempre più luogo di incontro ediscussione fra tutti i consulenti.

Come linea editoriale vogliamoaffrontare, nel 2010, il futuro dellaconsulenza, quali sono i temi difrontiera che si aprono di fronte a noi,provare a capire quali nuove sfide siavvicinino e quali professionalità sianonecessarie. Desideriamo avere ancorpiù dialogo con voi lettori, ci servesapere cosa ne pensate. Abbiamoc r e a t o l a c a s e l l a d i p o s t a

proprio perricevere i vostri commenti e i vostrisuggerimenti.Venendo a questo numero, parleremodi “d ivers i tà” , tema sf idante ,complesso, che non esauriremoprobabilmente in una sola uscita. È unargomento ricco, ampio, che ci toccaprofessionalmente ma anche nel nos-tro intimo, nel nostro “personale”.Le dimensioni sono molteplici: genere,razza, età, orientamento sessuale,religione… Nell'affrontare il tema simescolano pregiudizi, problemi sociali,normative, mode. Le aziende nonsanno se si tratti di minaccia oopportunità.Servono consulenti di direzionemoderni, preparati, in grado diindirizzare le aziende ad affrontare consuc- cesso il problema, consulenti che

[email protected]

Meta: uguale e… diversa

Egalité, fraternité…diversité

aiutino a trasformare la diversità inricchezza.

Io personalmente credo molto inquesto tema, è un punto che ho trattatoanche nel discorso all'assemblea del 20novembre; sostenevo che per APCO è“di grande attualità vivere la diversitàcome una ricchezza, cercare ciò cheunisce e avvicina i diversi consulenti didirezione rispetto a ciò che li distingue.Siamo fra noi diversi per cultura, perambito di att ività, per bacinogeografico, per età, per formecontrattuali… mettere tutto questo afattor comune ci può solo aiutare”.Analogamente per le aziende: ladiversità è una ricchezza, un tesoro cheperò deve essere trovato. I consulentidevono aiutarle a fare questo salto, acapire il mondo e la società in cui si op-era adesso.In questo numero di Meta abbiamoquattro contributi: Ivan Scalfarottopresenta lo scenario e gli spazi per laconsulenza mirata alla diversità, RitaBonucchi ci propone alcune esperienze

Editoriale

Metariflessioni

Le cose cambiano

Nei fatti

Irriverisco

Meta: uguale e...diversa 1

L'opportunità della diversity 2

Consulenti, PMI e diversity 3

Costruire nella diversità 4

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Meta - n° 3/2010

Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

Marco Granelli

Rivista bimestrale di APCO, AssociazioneProfessionale Italiana dei Consulenti diDirezione e Organizzazione. Supplementoal n. 3, marzo 2010 di Harvard BusinessReview Italia. Proprietario: APCO(Associazione Professionale Italiana deiConsulenti di Direzione e Organizzazione),Corso Venezia 49, 20121 Milano, tel. 027750449, fax 02 7750427,[email protected], www.apcoitalia.it.Editore: StrategiOs Edizioni, Via Lanzone2, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitatoeditoriale: Marco Beltrami (direttoreeditoriale), Francesco D'Aprile, RitaBonucchi, Fabio Di Stefano, MarcoGranelli, Egidio Pasetto, GiovanniSgalambro. Direttore responsabile: EnricoSassoon. Registrazione Tribunale Milano n.217 del 21/3/2005

A volte gli amici ti aiutano a entrare incontatto con situazioni interessanti, leconoscenze professionali ti portano incontesti che mai avresti pensato, tiobbligano a confrontarti con mondiperfettamente simili al tuo che peròsono nati e si sono sviluppati in unambito completamente diverso.Come da premesse è successo anche ame. Recentemente sono statocontattato da Sebastiano Zanolli che hal a n c i a t o u n a n u o v a r i v i s t a

e mi ha pregatodi produrre un articolo, cosa cheovviamente ho fatto. Sin qui nulla distrano, se non che mi ha fatto assaipiacere.Le cose per me sono cambiate di colpoquando ho ricevuto la mia copiaomaggio.Tralascio a tutti voi la botta di autostimache mi ha trasferito trovarmi tra volti dame noti della… mitologia: Enzo Spaltro(non dico niente…), Oscar di Montigny(Banca Mediolanum), Mario Silvano (elui è il ‘guru’ delle vendite…), MarioFurlan (come motiva lui…), ToniBrunello (il nostro mitico CMC-APCOdel ricambio generazionale) e altri.

Calma, non sono caduto così inbasso… non è per questo che vi scrivo.Ciò che mi ha letteralmente colpito alcuore sono i brevi curricula attraverso iquali venivano presentati altr iprofessionisti (che, me ne scuso, nonconoscevo) e che hanno scritto coseinteressantissime sulla rivista.Mi sono confrontato con un universo didiversità ed eterogeneità, mondid i s t a n t i , p a r a l l e l i , a n t i t e t i c i(apparentemente) che spingono tuttiverso… la consulenza direzionale!

Ve ne sintetizzo alcuni (e mi scuso siacon coloro che non ho citato sia concoloro che ho citato, perché hosintetizzato i loro curricula).

Paolo Bianchi: antropologo e studiosodi neuroscienze, si occupa diconsu lenza manager ia le e d iformazione da vent’anni.Fra i suoi corsi più richiesti c’è ‘Abbey

(www.venderedipiù.it)

Programme’, formazione managerialenei Monasteri Benedettini.

Francesco Varanini: esperienze daantropologo, successivi incarichi nellaformazione manageriale, informationtechnology, marketing e direzione dicase editrici. Ferdinando Azzariti:ventennale esperienza di formazione econsulenza manageriale, curatore delSalone di Impresa, ha al suo attivo 22pubblicazioni.

Francesco Marcolin: psicologo dellavoro, ergonomo europeo certificatoEur.Erg, professore a contratto pressol’Università di Udine.Ripeto, ne ho estratti solo alcuni comepretesto.

Un universo di eterogeneità, non vero?Un mare di strade differenti cheportano tutte alla vendita, allac o n s u l e n z a e / o f o r m a z i o n emanageriale. Percorsi strani e curiosiche portano tutti a cambiare-migliorarele persone e le organizzazioni. E allora,che cosa è uguale? Che cosa è diverso?Che cosa è giusto e cosa è sbagliato?Qual è la strada maestra (ammesso cheesista)?

Volevo essere serio sino alla fine, manon ce la faccio e allora vi ricordo che,come ha giustamente fatto notareMaslow: “Se l’unico arnese della tuacassetta è un martello, molte cosecominceranno ad apparire simili achiodi”. E questo ci ricorda che èmeglio avere differenti strumentiprofessionali e mentali. Ma non è tutto:se qualcuno vi avesse detto cinqueanni fa che entro breve tempo unpresidente afroamericano degli StatiUnit i avrebbe dichiarato pub-blicamente che “l’unica azienda ingrado di salvare la Chrysler dalfallimento è la Fiat”, che cosa avrestepensato?

Visto come è facile essere preda deiluoghi comuni, dei pregiudizi? Quindi,concludendo: che cosa è diverso?E poi, diverso da chi?

i n s i e m e a t t r a v e r s o o l t r e

Rivista dei consulenti di managementIRRIVERISCO

www.apcoitalia.it 16

nusbaconsultingclub.com

�ommarioNumero 3 - marzo 2010

Rivista bimestrale di APCO, Associazione Professionale Italiana dei Consulenti di Di-rezione e Organizzazione. Supplemento al n. 12, dicembre 2011 di Harvard Business Review Italia. Proprietario: APCO (Associazione Pro-fessionale Italiana dei Consulenti di Direzione e Organizzazione), Corso Venezia 49, 20121 Mi-lano, tel. 02 7750449, fax 02 7750427, [email protected], www.apcoitalia.it. Editore: Stra-tegiqs Edizioni, Nirone 19, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitato editoriale: Marco Beltra-mi (direttore editoriale), Francesco D’Aprile, Rita Bonucchi, Fabio Di Stefano, Marco Granel-li, Egidio Pasetto, Giovanni Sgalambro. Diretto-re responsabile: Enrico Sassoon. Registrazione Tribunale Milano n. 217 del 21/3/2005. Progetto grafico editoriale: astralys srl.

ommarioNumero 3 - marzo 2012

EditorialeEN 16114: una norma per le... liberalizzazioni

RiflessioniLa norma EN 16114 - “Management consultancy services” e le ragioni di un progetto ambizioso

In profonditàLe regole del gioco. La nuova norma europea della Consulenza di Management EN 16114

IrriveriscoIl tempo non esiste! E neppure la concorrenza…

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Page 5: Apco - Un anno di Meta 2012

Di Francesco D’Aprile, Presidente ICMCI International Council of Management Consulting Institutes

La norma EN 16114 - “Management consultancy services” e le ragioni di un progetto ambizioso

imprese su “come ridurre il rischio” nell’acquisto dei servizi professionali. Scelsero anche in quell’occasione un approccio “non auto-referenziato”, de-cidendo di ospitare all’interno dell’asso-ciazione un board di clienti per esami-nare le politiche associative e l’impatto di queste sulla comunità professionale e sul business.

In questo scenario, nel 2006, in occasio-ne dell’Euro Hub Meeting di Icmci a Mila-no, l’ing. Ruggero Lensi, allora direttore tecnico di Uni, presentò ai rappresentanti delle Associazioni europee dei consulenti di management, il valore dell’esperien-

L’accreditamento del consulente e la va-lorizzazione del suo profilo professiona-le è sempre stata una delle costanti di Apco. Quasi la ragione principale della sua missione. Di qui la tensione verso la certificazione internazionale Cmc, verso l’approccio etico e quindi la formazione continua del consulente di management.

In coerenza con quanto richiesto dalla comunità professionale, Apco ha sempre mantenuto fermo quest’obiettivo cercando di volta in volta di esplorare anche direzioni diverse per centrare la propria missione.

Una delle direzioni è stata la normazio-ne. In Italia siamo stati i primi a livello internazionale a credere nella norma-zione come luogo di condivisione, con gli stakeholders, dei contenuti che ca-ratterizzavano il profilo del consulente di management e gli elementi su cui si fonda l’esercizio della nostra professio-ne: la scelta del consulente, il set delle competenze distintive, l’offerta e anco-ra il processo. In diverse norme pubbli-cate da Uni negli ultimi 15 anni, questi contenuti sono stati condivisi e fissati. Non era la professione che si dichiarava e dettava le regole, ma il mercato che la riconosceva e ne condivideva profilo, contenuti e approcci.

Nel 2004, all’inizio della mia esperienza come presidente di Apco, resomi conto dell’unicità della nostra esperienza e convinto del suo valore, insieme a Ma-

ria Grazia Galli prima e Franco Guazzoni poi, entrambi delegati di Apco in Icmci, ho cominciato a promuovere sia livello internazionale sia a livello Iso a Ginevra la bontà dell’approccio “non auto-re-ferenziato” nella definizione del profilo professionale del consulente di mana-gement e dei contenuti che governavano l’esercizio della nostra professione. Non c’erano precedenti di normazione dei ser-vizi professionali. Le norme fino ad allora pubblicate si occupavano di prodotti e processi. Era difficile comprenderci.Nello stesso periodo in Inghilterra con-sulenti e clienti dibattevano sulla pri-orità rappresentata dal sistema delle

RIFLESSIONI

2www.apcoitalia.it

La riunione del gruppo di lavoro del presso la sede di Uni, a Milano il 9 marzo 2009.

Page 6: Apco - Un anno di Meta 2012

3 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 3/2012

Milano in Uni, nei tre anni successivi, gli incontri di lavoro dove i rappresentan-ti italiani guidati da Gigi Guarise hanno condiviso con i colleghi europei l’unici-tà della esperienza prodotta nel nostro paese. Lo scorso novembre la norma EN 16114 è stata presentata nella sede Cen a Bruxelles alla presenza di rappresentan-ti europei della consulenza.

Se una delle ragioni iniziali era quel-la di aiutare i nostri clienti a gestire il “rischio” connesso all’utilizzo dei servizi professionali, oggi la norma risponde a ben altre necessità. E’ una linea guida che aiuta a comprendere come selezio-nare, gestire e valutare i talenti che, in condizione di autonomia ed indipenden-za, sono il nuovo driver per lo sviluppo dell’impresa. Ma non è finita: Asia, America e Cana-da ci chiedono che diventi norma Iso ed Icmci ha già deliberato di procedere in questa direzione. Se le nostre energie sono orientate verso questo obiettivo, oggi la promozione e l’effettivo utilizzo della norma EN 16114 dipende da cia-scuno di noi.

za italiana insieme alle potenzialità e ai benefici che la nostra professione avrebbe potuto ricavare dalla pubbli-cazione di una norma internazionale su questa materia, anche ai fini di contri-buire a ridurre il rischio nell’acquisto dei servizi professionali. L’interesse fu subito alto, tanto da portare Icmci a chiedere ad Apco di occuparsi della fat-tibilità del disegno di una norma Cen da gestire insieme alla segreteria tecnica di Uni. C’erano le condizioni per provar-ci, ma bisognava finanziare il progetto e raccogliere il necessario consenso da parte degli enti di normazione europei, che rappresentavano in sede Cen gli in-dirizzi delle comunità professionali di ciascun paese. Non era facile e neppure era scontato.

Dopo essersi iscritta ad Uni, Icmci si attivò per finanziare direttamente il progetto e per fare “sistema” in Europa. Ma non era sufficiente perché comin-ciavano ad emergere “cautele”, fondate sull’errato assunto che i contenuti della normazione potessero “condizionare” il modello di business di alcuni operato-ri della consulenza a livello nazionale e internazionale. Era come dichiarare che si potesse lavorare con successo solo a condizione di non essere trasparen-ti. La posta in gioco era così alta che non avrebbe potuto essere gestita coi muscoli. Bisognava parlarsi e capirsi. Era la prima vera occasione da cogliere perché in Europa la consulenza potes-se parlare all’unisono e avrebbe dovuto parlare all’unisono!

In un incontro promosso dall’Ing Rugge-ro Lensi di Uni tenutosi nel 2007 presso la sede Afnor di Parigi, i rappresentanti di Icmci, Feaco, grandi e piccole societàdi consulenza, superando ogni incom-prensione, condivisero le ragioni di fon-do della norma. Fu avviato un tavolo tecnico a livello Cen presieduto da Icmci nella persona della collega austriaca Ilse

RIFLESSIONI

Ennsfellner; ad Apco fu affidata l’attività di coordinamento con Uni che gestiva la segreteria tecnica. La nostra associa-zione ospitò, presso la propria sede, il Kick Off meeting con i rappresentanti del mondo della consulenza di manage-ment di 16 nazioni europee. Seguirono a

La presentazione della norma presso la sede Cen, a Bruxelles il 9 novembre 2011

Francesco D’Aprile Presidente di Icmci International Council of Management Consulting Institutes

Page 7: Apco - Un anno di Meta 2012

vrebbe condurre a migliori risultati in merito ai progetti e a ridurre le barriere transnazio-nali di questo mercato (industry).L’applicazione della EN 16114 dovrebbe per-mettere ai consulenti di fornire valore ag-giunto ai clienti, attraverso raccomandazioni per migliorare l’elaborazione e la descrizione dell’offerta (contratto), la realizzazione, la va-lutazione e la conclusione dei progetti. Ridur-re così i rischi correlati all’assegnazione degli incarichi.Inoltre, ha lo scopo di aumentare l’efficacia delle prestazioni e accelerare lo sviluppo del-la professionalità e del business.I driver, cioè i principi guida che la caratteriz-zano sono:•la redazione con criteri di guida•l’indipendenza da certificazione•la focalizzazione sul consulente e non sul

cliente•l’applicabilità a: tutte le tipologie di consu-

lenti di management e di incarico e a tutte le tipologie di clienti, indipendentemente dal-le dimensioni, natura della proprietà e del business, degli specialismi…

•la focalizzazione sui risultati•la protezione e lo sviluppo dell’innovazione

e della differenziazione•l’enfasi sull’importanza della comprensione

dei bisogni e delle aspettative del cliente

Fasi della normaLa norma europea é strutturata per riflettere, in ottica di processo, le fasi di un incarico di consulenza di management. Ogni fase vede l’individuazione di: input, attività necessarie alla realizzazione e output (quale input della fase successiva). Descrive, inoltre, le linee di condotta (policies) e le linee guida per la valutazione e il miglioramento del progetto di consulenza durante tutto il suo percorso.

La fase di offerta (offering to client)Gli input della fase di offerta includono il con-

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Contesto e storia di un progettoL’uscita della norma europea ci dà l’opportu-nità di fare almeno quattro macro riflessioni:1. prendere conoscenza e consapevolezza

che, pur con tutti i limiti e i vincoli di un percorso complesso (12 paesi, culture e lingue diverse, esperienze differenti, valori professionali a volte contrastanti…), oggi abbiamo la prima norma europea sulla Consulenza di Management. Un grande compromesso positivo!

2. fare alcune considerazioni su uno degli scopi fondamentali della normazione (italiana ed europea). Andare oltre l’operatività profes-sionale implicita nella metodologia opera-tiva delle norme. Dare, cioè, un senso stra-tegico e culturale all’agire consulenziale e, come richiedono i governi europei (Accordo di Lisbona, Direttiva Servizi 2006/123/EC), offrire un sostanziale contributo all’econo-mia per un mercato senza confini

3. pensare al contributo che la Consulenza di Management sta dando al cambiamento in atto da alcuni anni, al paradigma economi-co in crisi e al paradigma delle professioni in profonda evoluzione giuridico-legale, etico-professionale e organizzativa

4. storicizzare e contestualizzare. Oltre la vi-sione sistemica che si focalizza sulle interdi-pendenze culturali, economiche, professio-nali, necessita di attrezzarsi di una visione più grandangolare e prospettica, diacroni-ca. Oltre gli specialismi, anche macro, per andare oltre le famiglie di competenze tra-dizionali e concepire metacompetenze che permettano di comprendere i diversi attori in campo (stakeholder), sempre più nume-rosi e competitivi. Governare i trade-off in una situazione sempre più critica di scarsità delle risorse. Simulare un futuro realistico!

In altri termini la Consulenza di Manage-ment, in particolare APCO (1968), ha intra-preso un percorso di riflessione, di proget-tazione sulla propria identità e sulla vision

www.apcoitalia.it

IN PROFONDITÀ

di Luigi Guarise e Fabio Bordigoni

Le regole del gioco

e strategia sin dagli anni ’80.Tappe significative. L’incontro con ICMCI (1989), con UNI (1995) inducono APCO ad aprirsi alla dimensione internazionale e alla dimensione metodologica (valori, processi, competenze…) e ad iniziare collaborazioni attive con altre associazioni professionali, im-prenditoriali, accademiche.Senza questo percorso e questo network non saremmo arrivati ad avere la prima norma eu-ropea, la EN 16114!

Va detto che l’idea del progetto CEN PC381 e gli sforzi per farlo decollare rappresentano il lavoro congiunto di UNI, nella persona di Rug-gero Lensi, e di APCO, con Francesco D’Aprile, oggi presidente dell’ICMCI.

LA EN 16114Scopo e driver della normaLo scopo strategico è di migliorare ed incre-mentare la trasparenza e la chiarezza nella relazione tra domanda e offerta. Questo do-

La nuova norma europea della Consulenza di Management EN 16114

Luigi Guarise è rappresentante APCO presso l’UNI dal 1995. Vicepresidente AIDP Gruppo piemontese. [email protected]

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5 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 3/2012

stati gli ingredienti della norma europea.La continua rivisitazione dei lavori dei sot-togruppi, le innumerevoli ancorché legitti-me osservazioni dei singoli partecipanti e la permanenza di posizioni meno orientate alla mediazione hanno condotto la delegazione italiana alla scelta strategica del ragionevole compromesso per privilegiare così l’obiettivo del CEN PC381, ovvero la creazione della pri-ma norma europea.Essendo quindi un quadro di riferimento comune europeo, i singoli paesi potranno riferirsi ad esso per elaborare e realizzare specifiche norme/linee guida che non siano in contrasto con esso ma che tengano conto della storia, dei caratteri culturali, della strut-tura del mercato e delle prassi professionali e legislative che li caratterizzano.Alcuni esempi delle issues più significative am-piamente discusse e che riflettono i variegati approcci alla consulenza di management:•should vs shall . In altri termini, norma vin-

colante o linea guida•focus solo sul consulente e non sul cliente•inclusione od esclusione del tema

competenze.

Considerazioni di sintesiLa comunità italiana del management con-sulting sta già considerando la EN 16114 come punto di riferimento operativo per la rivisita-zione delle norme italiane riguardanti il pro-cesso, inserendo anche la fase di offerta al mercato, cioè la dimensione strategica.Le norme UNI/CEN hanno creato e cercano di focalizzare sempre meglio una professione dai contorni sfumati, da un perimetro cultu-rale ed operativo meno definito di altre pro-fessioni.Questa norma propone good practices nel servizio della Consulenza di Management e aiuta a fornire un livello maggiore di maturità di approccio al mercato di riferimento, svilup-pando trasparenza e comprensione nell’inte-razione tra cliente e consulente.Accreditare la consulenza significa, al-lora, riconoscerla quale motore dello sviluppo; perché metta a disposizione competenze professionali di alto profilo; perché favorisca l’interscambio di cono-scenze e la riduzione degli spread cultu-rali e professionali.

Elementi caratterizzanti questa fase:•gli aspetti legali e contrattuali•la valutazione finale •gli aspetti amministrativi•la comunicazione•la considerazione della permanenza di pro-

blematiche minori

Vissuto della norma: il melting pot cul-tural-professionaleLe iniziali motivazioni e gli scopi dei singoli paesi alla partecipazione stessa al progetto CEN PC381, le culture differenti a confronto, l’eterogeneità delle esperienze professionali caratterizzanti i partecipanti (membri di enti normatori, singoli consulenti, società di con-sulenza, associazioni professionali,…), le dif-ferenti personalità dei partecipanti ai gruppi e sottogruppi createsi durante il progetto sono

testo esterno in cui opera il cliente, la sua or-ganizzazione, l’individuazione dei suoi bisogni e delle sue aspettative e i potenziali vincoli e rischi inerenti al progetto di consulenza.Lo scopo della fase è quindi il raggiungimen-to di un accordo, legalmente vincolante, tra consulente e cliente relativo a un incarico.Il contenuto dell’offerta riguarda:•il contesto•la descrizione delle caratteristiche del pro-

getto di consulenza•i risultati attesi•l’approccio e il piano operativo•i ruoli e le responsabilità •i termini e le condizioni

La fase di realizzazione (execution)L’accordo raggiunto con il cliente rappresenta l’input di questa fase.Lo scopo è quindi la realizzazione del pro-getto di consulenza secondo quanto stabili-to nell’offerta: raggiungimento degli obiettivi dell’incarico e continuo sviluppo e valutazio-ne del progetto.Gli elementi che caratterizzano questa fase sono:•la ridefinizione del piano di lavoro •l’implementazione del piano di lavoro•la gestione e il monitoraggio delle risorse

impegnate nel progetto•l’approvazione e accettazione da parte del

cliente

La fase di chiusura (closure)I risultati delle prime due fasi costituiscono gli input della fase di chiusura. Il processo di conclusione è rappresentato dal momento in cui il cliente approva ed accetta i risultati de-rivanti dal progetto ed entrambe le parti con-siderano così completato l’incarico.

IN PROFONDITÀ

di Luigi Guarise e Fabio Bordigoni

Sono stati organizzati eventi ai fini della promozione e diffusione della norma europea:Il 13 dicembre 2011 a Milano è stata presentata la norma europea sulla consulenza di mana-gement. L’evento, organizzato da APCO, ha avuto l’obiettivo di illustrare i perché, le finalità e i contenuti della nuova normativa e, in modo interattivo, riflettere su vantaggi e opportunità che deriveranno dalla sua applicazione per le organizzazioni clienti e i consulenti di managementIl 15 febbraio 2012 a Torino l’AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) Gruppo piemontese, in collaborazione con APCO, organizzerà un incontro per la presen-tazione della EN 16114. Evento nel quale interverranno anche alcuni stakeholder-clienti i quali porteranno le loro esperienze di acquisto della consulenza.

Fabio Bordigoni è consigliere APCO e Confindustria La Spezia, è membro del Gruppo di lavoro UNI - Management Consulting. [email protected]

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Il tempo non esiste! E neppure la concorrenza…

Marco Granelli

nistiche saranno “obbligate” a fare un pre-ventivo al loro potenziale cliente e che non esisteranno più le tariffe minime. Mi sono guardato in giro perché mi sembrava di aver perso contatto con la realtà. Fare un preventivo? Tariffe minime? Concorrenza tra professionisti? Ma queste sono cose che per noi vigono già da decenni! (ed anche in Europa…). Evidentemente molti conoscono bene questa massima di Boris Makaresko: “Recessione è quando il tuo vicino perde il lavoro. Depressione è quando lo perdi tu. Panico quando lo perde anche tua moglie.”

Comunque, concludendo questa breve dissertazione irriverente, mi domando: ma dove diavolo si trova, secondo la teoria di Barbour, il frammento temporale in cui le professioni sono tutte equiparate e ricono-sciute con modalità moderne? Ci sarà pure un universo parallelo (tra i tanti teorizza-ti...) nel quale le cose vanno diversamente. Devo assolutamente contattare un fisico quantistico per farmi spiegare come andare in quel frammento temporale e come fare a collegarlo a quelli antecedenti sino ad oggi, al fine di produrre quel film che spero di vedere presto, nel quale anche nel no-stro paese ci sarà vera libera concorrenza tra le professioni nell’interesse del cliente. D’altronde come sosteneva Elbert Hubbard “La concorrenza è la vita del commercio e la morte del commerciante.”

Infine, ascoltiamo anche colui che non ha mai amato la fisica quantistica. “Le tre regole di lavoro: 1° Esci dalla confusione, trova semplicità 2° Dalla discordia, trova armonia 3° Nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole.” (Albert Einstein)

Buona concorrenza a tutti e mi raccoman-do: fate i preventivi ai clienti!

Il fisico inglese Julian Barbour nel corso dell’ultimo Festival delle Scienze tenutosi a Roma in gennaio ha spiegato a tutti che il tempo non esiste; però, mica male come ultima trovata! Sì, applicando difatti i più re-centi concetti della fisica quantistica al tem-po, egli sostiene che i momenti della vita di ciascuno di noi sono come i fotogrammi di un film, immobili e separati, ed è il fatto di farceli osservare proiettati ad una certa ve-locità uno dopo l’altro che induce il nostro cervello a vedervi un film. Secondo la sua te-oria, “l’universo è solo una collezione infinita di istanti statici ed eterni e la sensazione del passare del tempo è solamente un’illusione proiettata dalla coscienza”.Immagino già le trovate geniali che vi ver-ranno in mente: “Scusa cara ma è solo un tuo frammento temporale che ti fa ritenere che io sia arrivato in ritardo!” Oppure: “Scu-si dottore, ma le avevo promesso la fine del progetto in un frammento di tempo che ora non riesco più a trovare!” E avanti con ri-sposte come queste.

Comunque, a parte le solite ilarità, il fat-to di essermi imbattuto in questa teoria proprio nell’attuale momento governati-vo, incentrato sulle liberalizzazioni, mi ha permesso di fare alcune ardite correlazioni spazio-temporali che ora vi propino.

Primo frammento temporale assai interes-sante. Era il 1997 (più o meno..) e in quegli anni seguivo su incarico di Apco il processo di riconoscimento delle nuove professioni che il Cnel stava accompagnando. Ricordo riunioni fiume con decine e decine (pro-prio così…) di associazioni, rappresentanti professioni non riconosciute in ambito or-dinistico, che partecipavano allegramente e con spirito fiducioso al processo attivato dal Cnel. Sembravamo una raggiante briga-

ta che andava a conquistare finalmente la propria esistenza formale nel mercato. Tra l’altro approfitto per dire che il presidente prof. De Rita e il dott. Deiana fecero dav-vero un gran bel lavoro. Ci sono studi pro-dotti dal Cnel a seguito di quell’esperienza (che sono dei veri gioielli) su quali debbano essere le metodologie attraverso le qua-li aprire alla libera concorrenza il mercato delle professioni e uniformarsi alle normati-ve sovranazionali della Ue (peraltro mi pare in vigore dal 1992, quindi pensate un po’ di quanto siamo in ritardo in Italy...). In quegli anni dunque il vostro irriverente partecipava a questi incontri romani facendo sempre la domanda sgradita o meno “politically cor-rect” in questi contesti pubblici, frequentati principalmente da presidenti di lungo corso. Vabbé è stata una bella esperienza.

Secondo frammento temporale: l’altro gior-no leggo le nuove norme del governo sulle liberalizzazioni delle professioni e imparo che “finalmente” diverse professioni ordi-

IRRIVERISCO

www.apcoitalia.it

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1 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 5/2012

A scuola di consulenzaEditoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

con economia, management e tecnologia, dedichi una specifica attenzione alla con-sulenza, trattandola con lo stesso peso dato nel passato a settori industriali più tradizionali (auto, tessile...).Come raccontato nelle diverse testimonian-ze, gli approcci sono diversi: alcune univer-sità lo affrontano direttamente con corsi mirati, espliciti, di vario livello, altre con ri-ferimenti trasversali nei normali percorsi di studio e nelle iniziative collaterali. Ci aiutano a fare una panoramica alcuni professori delle più prestigiose università italiane: il prof. Bertelè per il Politecnico di Milano, il prof. Boccardelli per la Luiss, il prof. Pennarola per la Bocconi, i prof. Stra-da e Ravarini per la Liuc. Abbiamo voluto anche proporre una visione internaziona-le e abbiamo la testimonianza di Michelle Mielly per la Business School di Grenoble. Marco Granelli chiude con la consueta dose di ironia e preveggenza.Ed ora tutti all’università!

La consulenza per alcuni è un’arte, per altri è solo una forma contrattuale diversa per offrire competenze maturate nel tempo, per altri ancora una professionalità che può essere sviluppata solo all’interno di società strutturate e con una propria scuola interna.Il mondo universitario, dopo anni di disinte-resse e in alcuni casi di conflitto latente con la consulenza, sta ora avvicinandosi molto al nostro mondo. La consulenza, riconosciuta come uno sbocco professionale numerica-mente consistente e qualificante, è diven-tata oggetto di forti attenzioni. Il dialogo e lo scambio con le università più innovative sono in crescente evoluzione: la consulenza offre stage molto intensi e formativi, parteci-pa ai career day con forti investimenti, offre opportunità di collaborazioni con ricerche mirate. L’università dal canto suo sta cer-cando di adeguare la propria offerta forma-tiva a questa professione, riconoscendo la necessità di trasferire metodologie, cono-scenze e in alcuni casi capacità relazionali per creare laureati in grado di affrontare con successo la professione. Se fino a pochi anni fa la consulenza era trattata quasi esclusi-vamente in corsi post-laurea, ora è decisa-mente più presente nei programmi di base. Sono personalmente convinto che questo sia un successo: l’industry della consulenza direzionale è un driver di forte sviluppo per l’economia. Una ricerca dell’università di Tor Vergata quantifica la spesa in consulenza in Italia nello 0,2% del Pil, contro lo 0,74% del-la Germania e lo 0,61% del Regno Unito: la consulenza aiuta le economie a crescere e a trasformarsi ed in Italia può e deve gioca-re un ruolo forte per la ripresa. E’ quindi giusto che il mondo universitario, soprat-tutto per le facoltà con maggiore legame

Per tanti anni aspettavo l'uscitabimestrale di Meta con curiosità; michiedevo sempre che cosa vi avreitrovato, quale stimolo.Meta è per me uno dei punti forti diAPCO, una lettura agile e stimolante,qualcosa di prezioso da preservare esviluppare. Ora ho il piacere di aprirequesto primo numero del 2010 e lofaccio con con orgoglio e conl'impegno a cercare comunque dimigliorare ancora Meta, di renderlosempre più luogo di incontro ediscussione fra tutti i consulenti.

Come linea editoriale vogliamoaffrontare, nel 2010, il futuro dellaconsulenza, quali sono i temi difrontiera che si aprono di fronte a noi,provare a capire quali nuove sfide siavvicinino e quali professionalità sianonecessarie. Desideriamo avere ancorpiù dialogo con voi lettori, ci servesapere cosa ne pensate. Abbiamoc r e a t o l a c a s e l l a d i p o s t a

proprio perricevere i vostri commenti e i vostrisuggerimenti.Venendo a questo numero, parleremodi “d ivers i tà” , tema sf idante ,complesso, che non esauriremoprobabilmente in una sola uscita. È unargomento ricco, ampio, che ci toccaprofessionalmente ma anche nel nos-tro intimo, nel nostro “personale”.Le dimensioni sono molteplici: genere,razza, età, orientamento sessuale,religione… Nell'affrontare il tema simescolano pregiudizi, problemi sociali,normative, mode. Le aziende nonsanno se si tratti di minaccia oopportunità.Servono consulenti di direzionemoderni, preparati, in grado diindirizzare le aziende ad affrontare consuc- cesso il problema, consulenti che

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Meta: uguale e… diversa

Egalité, fraternité…diversité

aiutino a trasformare la diversità inricchezza.

Io personalmente credo molto inquesto tema, è un punto che ho trattatoanche nel discorso all'assemblea del 20novembre; sostenevo che per APCO è“di grande attualità vivere la diversitàcome una ricchezza, cercare ciò cheunisce e avvicina i diversi consulenti didirezione rispetto a ciò che li distingue.Siamo fra noi diversi per cultura, perambito di att ività, per bacinogeografico, per età, per formecontrattuali… mettere tutto questo afattor comune ci può solo aiutare”.Analogamente per le aziende: ladiversità è una ricchezza, un tesoro cheperò deve essere trovato. I consulentidevono aiutarle a fare questo salto, acapire il mondo e la società in cui si op-era adesso.In questo numero di Meta abbiamoquattro contributi: Ivan Scalfarottopresenta lo scenario e gli spazi per laconsulenza mirata alla diversità, RitaBonucchi ci propone alcune esperienze

Editoriale

Metariflessioni

Le cose cambiano

Nei fatti

Irriverisco

Meta: uguale e...diversa 1

L'opportunità della diversity 2

Consulenti, PMI e diversity 3

Costruire nella diversità 4

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Meta - n° 3/2010

Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

Marco Granelli

Rivista bimestrale di APCO, AssociazioneProfessionale Italiana dei Consulenti diDirezione e Organizzazione. Supplementoal n. 3, marzo 2010 di Harvard BusinessReview Italia. Proprietario: APCO(Associazione Professionale Italiana deiConsulenti di Direzione e Organizzazione),Corso Venezia 49, 20121 Milano, tel. 027750449, fax 02 7750427,[email protected], www.apcoitalia.it.Editore: StrategiOs Edizioni, Via Lanzone2, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitatoeditoriale: Marco Beltrami (direttoreeditoriale), Francesco D'Aprile, RitaBonucchi, Fabio Di Stefano, MarcoGranelli, Egidio Pasetto, GiovanniSgalambro. Direttore responsabile: EnricoSassoon. Registrazione Tribunale Milano n.217 del 21/3/2005

A volte gli amici ti aiutano a entrare incontatto con situazioni interessanti, leconoscenze professionali ti portano incontesti che mai avresti pensato, tiobbligano a confrontarti con mondiperfettamente simili al tuo che peròsono nati e si sono sviluppati in unambito completamente diverso.Come da premesse è successo anche ame. Recentemente sono statocontattato da Sebastiano Zanolli che hal a n c i a t o u n a n u o v a r i v i s t a

e mi ha pregatodi produrre un articolo, cosa cheovviamente ho fatto. Sin qui nulla distrano, se non che mi ha fatto assaipiacere.Le cose per me sono cambiate di colpoquando ho ricevuto la mia copiaomaggio.Tralascio a tutti voi la botta di autostimache mi ha trasferito trovarmi tra volti dame noti della… mitologia: Enzo Spaltro(non dico niente…), Oscar di Montigny(Banca Mediolanum), Mario Silvano (elui è il ‘guru’ delle vendite…), MarioFurlan (come motiva lui…), ToniBrunello (il nostro mitico CMC-APCOdel ricambio generazionale) e altri.

Calma, non sono caduto così inbasso… non è per questo che vi scrivo.Ciò che mi ha letteralmente colpito alcuore sono i brevi curricula attraverso iquali venivano presentati altr iprofessionisti (che, me ne scuso, nonconoscevo) e che hanno scritto coseinteressantissime sulla rivista.Mi sono confrontato con un universo didiversità ed eterogeneità, mondid i s t a n t i , p a r a l l e l i , a n t i t e t i c i(apparentemente) che spingono tuttiverso… la consulenza direzionale!

Ve ne sintetizzo alcuni (e mi scuso siacon coloro che non ho citato sia concoloro che ho citato, perché hosintetizzato i loro curricula).

Paolo Bianchi: antropologo e studiosodi neuroscienze, si occupa diconsu lenza manager ia le e d iformazione da vent’anni.Fra i suoi corsi più richiesti c’è ‘Abbey

(www.venderedipiù.it)

Programme’, formazione managerialenei Monasteri Benedettini.

Francesco Varanini: esperienze daantropologo, successivi incarichi nellaformazione manageriale, informationtechnology, marketing e direzione dicase editrici. Ferdinando Azzariti:ventennale esperienza di formazione econsulenza manageriale, curatore delSalone di Impresa, ha al suo attivo 22pubblicazioni.

Francesco Marcolin: psicologo dellavoro, ergonomo europeo certificatoEur.Erg, professore a contratto pressol’Università di Udine.Ripeto, ne ho estratti solo alcuni comepretesto.

Un universo di eterogeneità, non vero?Un mare di strade differenti cheportano tutte alla vendita, allac o n s u l e n z a e / o f o r m a z i o n emanageriale. Percorsi strani e curiosiche portano tutti a cambiare-migliorarele persone e le organizzazioni. E allora,che cosa è uguale? Che cosa è diverso?Che cosa è giusto e cosa è sbagliato?Qual è la strada maestra (ammesso cheesista)?

Volevo essere serio sino alla fine, manon ce la faccio e allora vi ricordo che,come ha giustamente fatto notareMaslow: “Se l’unico arnese della tuacassetta è un martello, molte cosecominceranno ad apparire simili achiodi”. E questo ci ricorda che èmeglio avere differenti strumentiprofessionali e mentali. Ma non è tutto:se qualcuno vi avesse detto cinqueanni fa che entro breve tempo unpresidente afroamericano degli StatiUnit i avrebbe dichiarato pub-blicamente che “l’unica azienda ingrado di salvare la Chrysler dalfallimento è la Fiat”, che cosa avrestepensato?

Visto come è facile essere preda deiluoghi comuni, dei pregiudizi? Quindi,concludendo: che cosa è diverso?E poi, diverso da chi?

i n s i e m e a t t r a v e r s o o l t r e

Rivista dei consulenti di managementIRRIVERISCO

www.apcoitalia.it 16

nusbaconsultingclub.com

�ommarioNumero 3 - marzo 2010

Rivista bimestrale di APCO, Associazione Professionale Italiana dei Consulenti di Dire-zione e Organizzazione. Supplemento al n. 5, maggio 2012 di Harvard Business Review Italia. Proprietario: APCO (Associazione Professionale Italiana dei Consulenti di Direzione e Organiz-zazione), Corso Venezia 49, 20121 Milano, tel. 02 7750449, fax 02 7750427, [email protected], www.apcoitalia.it. Editore: Strategiqs Edizioni, Nirone 19, 20123 Milano, www.hbri-talia.it. Comitato editoriale: Marco Beltrami (direttore editoriale), Francesco D’Aprile, Rita Bonucchi, Fabio Di Stefano, Marco Granelli, Egidio Pasetto, Giovanni Sgalambro. Direttore responsabile: Enrico Sassoon. Registrazione Tribunale Milano n. 217 del 21/3/2005. Progetto grafico editoriale: astralys srl.

ommarioNumero 5 - maggio 2012

EditorialeA scuola di consulenza

RiflessioniI contributi delle università

Parola agli studentiAPCO e la Business School di Grenoble

IrriveriscoToga! Toga!

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possono dare due risposte in apparenza antitetiche: non esistono, almeno a mia conoscenza, corsi (lauree, lauree magi-strali, master, etc.) progettati ad hoc per il mondo della consulenza, ma sono molti i consulenti che partecipano ai nostri se-minari sulle tematiche di punta nel campo del management e nel campo più stret-tamente tecnologico e/o progettuale. Posso delineare quindi qualche esempio in un ambito a me familiare, quello della School of Management (Dipartimento di Ingegneria Gestionale e MIP). I consulen-ti, includendo in questa categoria sia chi opera nelle grandi società di consulenza (direzionale o tecnico-organizzativa) sia chi opera individualmente, rappresenta-no quasi il 12% del nostro indirizzario mail degli Osservatori di ICT Management: 14 mila indirizzi circa, sui 120 mila com-plessivi. Ma il loro peso è maggiore se si guarda ai partecipanti ai seminari (20-25 all’anno, con una presenza che oscilla fra le 300 e le 700 persone): quasi il 20%, ovvero mediamente 100 consulenti per ogni evento. E le percentuali non sono molto diverse se si guarda agli Osserva-tori sulle energie alternative dell’energy & strategy group, agli Osservatori sulle forme innovative di marketing o a quel-li sull’eGovernment. I consulenti, a loro volta, ci forniscono un ausilio nell’inse-gnamento e partecipano a incontri aperti al pubblico. I senior partner delle princi-pali società di consulenza strategica por-tano spesso, ad esempio, testimonianze fresche ai nostri studenti dei corsi di lau-rea magistrale e di master. O dibattono, insieme con noi, con le imprese e con la pubblica amministrazione, sui temi più critici e di maggiore attualità. Un director emeritus di una grande società, laureato nel nostro ateneo, fa parte dell’Advisory Board creato di recente dal rettore. Non va dimenticato infine che sono molti i no-stri laureati che operano nel mondo della consulenza, taluni in maniera continua e altri alternando consulenza e attività di impresa. E proprio pensando a questa al-

Diventare consulenti studiando alla BocconiDi Ferdinando Pennarola, professore di Management Consulting dell’Università L. Bocconi

L’offerta formativa dell’Università L. Boc-coni di Milano, limi-tatamente ai corsi di laurea triennali e bien-nali, ha in portafoglio ben 3 insegnamenti

autonomi dedicati alla consulenza. Nel 1995, venne istituito il primo corso opzionale. Per i primi due anni accademi-ci, il corso fu offerto in lingua italiana e, a partire dall’anno accademico 1997/98, venne convertito in lingua inglese (titolo: Management Consulting). Il corso era già parte di un pacchetto di specializzazione in Consulenza di Direzione, istituito all’ul-timo anno di studi della Laurea in econo-mia aziendale. L’offerta formativa attuale risale alla ri-forma dei programmi accademici in studi triennali e biennali: a partire dal 2005, vennero offerti due corsi opzionali, sem-pre con la didattica in lingua inglese: il primo, dal titolo Introduction to Manage-ment Consulting, collocato al terzo anno, nella rosa degli insegnamenti opzionali dei corsi triennali e in cui si esaminano le questioni più importanti che caratte-rizzano il settore; il secondo, dal titolo Management Consulting, presente nel pacchetto di corsi opzionali del secondo anno delle lauree magistrali, inteso come corso avanzato e propedeutico alla valu-tazione di una carriera nella professione. Entrambi gli insegnamenti sono aperti a tutti i corsi di studi e accolgono circa 180 iscritti al triennio e circa 160 iscritti al biennio. Inoltre, nel percorso di studi della Laurea magistrale in Management e in quella di International Management (inglese), è presente un major intitolato Management Consulting che comprende una rosa di corsi da cui lo studente deve

selezionarne 4 per conseguire il titolo con specializzazione. Tra i 4 corsi, quello obbligatorio è proprio Management Con-sulting.La rassegna si completa con l’a.a. 2008/09 con l’attivazione di un corso (sempre opzionale e offerto solo in lingua inglese) intitolato Information Techno-logy Consulting, a complemento degli studi della Laurea magistrale denomina-ta EMIT (Economics and Management of Innovation and Technology), con circa 50 iscritti nell’ultimo anno accademico.Il docente responsabile di tutti i corsi ci-tati è il sottoscritto, coadiuvato da una squadra didattica di alto profilo compo-sta da: Francesco Sacco al triennio, Car-lo Alberto Carnevale Maffè, Paola Bielli e Leornardo Caporarello al biennio. Alla Bocconi si è fatta la scelta di offrire i contenuti di management consulting so-lamente in lingua inglese. Ciò non ha pe-nalizzato i corsi, anche per la progressiva internazionalizzazione dell’offerta forma-tiva di tutto l’ateneo. In secondo luogo, gli studenti apprezzano la possibilità di avere un “reality check” con la profes-sione. Infine, in tutti gli insegnamenti è prevista una didattica attiva, con testi-monianze, visite aziendali, discussione di casi e la simulazione di un progetto di consulenza affidato a un team di discenti, con consegna del report e presentazione orale dell’elaborato, oggetto di valutazio-ne alla fine del semestre universitario.

Mondo della consulenza e Poli-tecnico di Milano: un rapporto solido anche se non strutturatoDi Umberto Bertelè, ordinario di Strate-gia di impresa, School of Management, Politecnico di Milano

Alla domanda posta dal presidente APCO, se ci siano (e quali) iniziative formative del Politecni-co di Milano per il mon-do della consulenza, si

RIFLESSIONI

2www.apcoitalia.it

Page 12: Apco - Un anno di Meta 2012

3 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 5/2012

and Ethics, Transformations Management and Microeconomics of Competitiveness (under the auspices of Professor Michael Porter’s Institute for Strategy and Com-petitiveness). Many of the students from the first year of the program have found work in manage-ment consulting in both Europe and Asia. Several have moved into operational ro-les in industry to gain some experience in the field and to serve as an internal con-sultant as they write their master’s thesis on business problems they are tackling during their training period.

Il percorso di eccellenza in Business Consulting della facoltà di Ingegneria dell’Università LIUCDi Emanuele Strada, coordinatore di-dattico del Percorso di eccellenza in Bu-siness Consulting (il primo, nelle foto in basso), e Aurelio Ravarini, coordinato-re del Percorso di eccellenza in Business Consulting

Da qualche anno, l’U-niversità Carlo Catta-neo–LIUC ha attivato un percorso di eccellenza dedicato al Business Consulting all’interno del corso di Laurea Ma-gistrale in Ingegneria

Gestionale, per fornire competenze spe-cifiche sui temi chiave della consulen-

za e sui suoi strumenti operativi. L’iniziativa risponde a una duplice esigenza dei laureati in Ingegneria Gestiona-le, di cui quasi uno su quattro inizia il proprio

percorso professionale proprio nelle so-cietà di consulenza. Il percorso, coordi-nato dal prof. Aurelio Ravarini, si articola in 180 ore di aula distribuite nel primo semestre dell’ultimo anno della Laurea Magistrale, con una suddivisione in tre

ternanza, io credo che abbiamo sempre privilegiato come scuola i corsi destinati a un insieme di mestieri più ampi che non quelli per specifiche categorie. Curando una caratteristica che è importante per tutti, ma che nella consulenza è essen-ziale: saper cogliere rapidamente i mu-tamenti di contesto e sapersi aggiornare con estrema rapidità.

La visione internazionale del Master’s of Science in Management Consulting della Grenoble Graduate School of BusinessDi Michelle Mielly, Ph.D., Program director and Faculty member

The Master’s of Science in Management Con-sulting at Grenoble Graduate School of Bu-siness, the internatio-nal branch of Grenoble Ecole de Management

in Grenoble, France, was designed to prepare a new generation of management consultants for an international career in this field. The challenge for us is and has been to prepare students from all over the world, with vastly different market needs. Yet we did manage to converge on a program which should respond to some univer-sals in management consulting and we are committed to continually adapting to the ever-evolving demands of the profes-sion, often linked to internationalization as well as technological developments. We launched it in 2010-11 with a first crop of 15 students from 12 different countri-es, and this year grew to 20 students from 11 different countries. Our partner-ship with APCO, the national Institute for Management Consulting in Italy, and its membership in the network of the ICMCI (International Council of Management Consulting Institutes) adds a lot of value to the program given the diversity of our

RIFLESSIONI

student-consultants. Through this net-work, our students are able to return to their home countries with contacts from their respective national institutes, which uphold high industry standards for the profession through the Certified Mana-gement Consultant (CMC) certification process. In addition, we have forged very productive links with our APCO partners to strengthen ties between the academic sphere and the professional one: APCO provides advisory services and auditing on the program and its content, a men-torship program for student members, and organizes an annual learning expe-dition to Milano, where students go on visits to large and small consultancies across sectors.We are interested in students with expe-rience in accountancy, finance, HR, CRM, IT, R&D. At the same time we have some students with very limited or no experien-ce, but with very promising backgrounds from their undergraduate work. Compa-red to an MBA program, we’re shifting the focus from the manager to the con-sultant. An academic institution with triple accre-ditation such as ours offers much added value to the future consultant, who tradi-tionally only had the option of a profes-sional certification process via a conti-nuing education program. This Master’s of Science degree is transferable to any country or institute adhering to the in-ternational accreditation standards such as AMBA, EQUIS or AACSB. Our program allows the student to constantly move from the business case in the classroom into an organization and back again, and to write a thesis in the form of a consul-ting report, grounded in primary and se-condary research, which will serve them strategically in the future of their careers. Coursework includes BPM, HR, Organiza-tional Design, Diagnostics & Processes, Research Methods, Finance, Consultative Selling, Change Management, Coaching & Leadership, Lean Management, CSR

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sionali tipici della professione del con-sulente, caratterizza i percorsi formativi del corso di laurea. La combinazione di tali conoscenze consente di sviluppare capacità operative e professionali per risolvere problematiche inerenti la ge-stione di aziende o di singole unità di business, anche complesse, la gestione del cambiamento, la predisposizione e attuazione di progetti di business, la so-luzione di problemi professionali.Tre le aree di specializzazione, per fa-vorire una focalizzazione verso rilevanti e differenti segmenti del mercato del lavoro, emergono: Consulenza profes-sionale, Consulenza direzionale e or-ganizzativa, Consulenza nell’economia dei settori regolati. I laureati del corso saranno professionisti della consulenza aziendale e professionale, della revi-sione e della consulenza per la gestione e lo sviluppo delle aziende nel settore dei servizi a rete. Gli sbocchi elettivi sono rappresentati da aziende e socie-tà di consulenza nei diversi segmenti. In particolare, per la consulenza pro-fessionale gli sbocchi prevalenti fanno riferimento alle società di revisione e di consulenza professionale, oltre che permettere l’accesso alle procedure nazionali per l’abilitazione alla profes-sione del dottore commercialista e del revisore. Il percorso nella consulen-za direzionale e organizzativa, inoltre, consente l’accesso alla carriera del consulente direzionale presso le socie-tà multinazionali del settore operanti in tutti i segmenti del mercato, che of-frono servizi sia alle imprese private sia al settore pubblico. Il percorso per la consulenza in Economia dei settori re-golati, infine, permette l’accesso a so-cietà di consulenza, uffici-studi e dire-zioni legali delle grandi imprese, come pure i grandi studi legali e professionali attivi in questa specifica area. I laureati potranno svolgere attività professionali rivolte prevalentemente all’analisi eco-nomica della regolamentazione e dei settori regolamentati.

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ambiti: Business Consulting methods, to-ols and cases, gli strumenti di base del consulente, gli accounts e le industry della consulenza; Business Consulting Scenarios, i nuovi paradigmi derivanti dai fenomeni emergenti; Business Pro-cess Innovation, dall’analisi strategi-ca alla modellazione e simulazione dei processi di business. Le testimonianze dirette di professionisti del mondo della consulenza rivestono un ruolo fondamen-tale. Oltre a presentare durante le lezioni le metodologie da loro utilizzate nel pro-prio lavoro, i consulenti sono protagoni-sti di una serie di appuntamenti informali (Meet the Consultant), nei quali presen-tano la società in cui operano, le pro-spettive di lavoro e le criticità del mondo della consulenza.Per aprire la prospettiva anche al conte-sto internazionale, nel 2011 è stato avvia-to uno scambio fra l’Università LIUC e la Grenoble Ecole de Management. Scambio reso possibile grazie all’impostazione del percorso molto vicina a quella delle bu-siness school e più in generale alla for-mazione executive. Un gruppo di studenti internazionali che frequenta un corso Mba presso la Grand Ecole trascorre al-cuni giorni presso la LIUC, partecipando alle lezioni in lingua inglese (nell’ultima edizione, il modulo di Business Process Innovation è stato tenuto interamente in inglese aprendolo agli studenti Erasmus) e, allo stesso modo, gli studenti LIUC trascorrono alcuni giorni a Grenoble, seguendo le lezioni insieme ai “colleghi” che hanno ospitato in Italia. Il favore con cui il percorso di eccellen-za in Business Consulting è accolto dagli studenti (provenienti anche da altre uni-versità e attratti da questo percorso), i brillanti risultati da loro conseguiti, l’altissima qualità e partecipazione dei consulenti–docenti e il favore da parte sia delle società di consulenza interve-nute durante il corso (e che hanno crea-to opportunità di stage per gli studenti) sia di associazioni come APCO confer-mano che siamo sulla strada giusta.

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RIFLESSIONI

Corso di Laurea Magistrale in Consulenza aziendale del Dipartimento Impresa e Management della LUISS GUIDO CARLI, quando la conoscenza diventa approfondita

Di Paolo Boccardelli, professore stra-ordinario di Economia e gestione delle imprese, coordinatore dei corsi di Laurea magistrale del Dipartimento d’impresa e management, LUISS Guido Carli

Il ruolo del professio-nista e del consulente nel sistema economico attuale appare sempre più decisivo, poiché in grado di formulare soluzioni a problemi complessi in ambienti

spesso fortemente regolati e in continuo mutamento. Conoscenze specialistiche e metodologie di analisi e risoluzione di problemi caratterizzano il bacino di conoscenze cui il consulente deve at-tingere per offrire servizi professionali in grado di cogliere le sfide poste da un ambiente economico sempre più globa-lizzato e caratterizzato da incertezze.Il Corso di Laurea magistrale in Consu-lenza aziendale offerto dal Dipartimen-to Impresa e Management della LUISS GUIDO CARLI consente ai laureati di ac-quisire una solida preparazione sulle co-noscenze e competenze necessarie per entrare con successo nelle professioni dei consulenti aziendali, con particolare riferimento alla consulenza professiona-le, alla consulenza direzionale e organiz-zativa e alla consulenza sull’economia dei settori regolati. Un’approfondita co-noscenza dei fenomeni aziendali e del-le tecniche di gestione, degli strumenti qualitativi e quantitativi che possono essere utilizzati in contesti organizzati-vi di grandi, medie e piccole dimensioni in settori aziendali differenti, insieme a un bagaglio di strumenti tecnico-profes-

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5 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 5/2012

Di Stig Ola Hansen

After graduating from high school I went to the officer training school in the Norwegian Army and spent almost 3 ye-

ars in the army all together. This experien-ce taught me a lot about myself and other people. It stimulated my proactive thin-king and problem solving skills as well as my interpersonal skills. Then I become a general manager in the retail sector. I first came to the Grenoble Graduate School of Business as an exchange stu-dent for the final year of my Bachelor in International Business. I learned about the newly developed Master of Science in Ma-nagement consulting program and found it to be a very good match with the future career direction I wanted to pursue. So far I feel I have gotten a solid platform of consulting skills and a good variation of consulting tools in my personal toolbox that I will be able to use as a future consul-tant and continuously build on and extend. What I feel I have learnt the most from and would like to highlight is the real life consulting projects and live cases we have done for real clients like for instance Capgemini. Another strength of the program is the quality of the professors: many comes from world class business schools and, in addition to high academic knowledge, they also have a lot of experience within consulting and the ability to link theory to real life consulting experiences. The way of teaching at GGSB is very interactive and most of the professors challenge you to think differently and to understand, solve problems and root causes, and provide sustainable solutions rather than just tel-ling you about the theories.I hope to start my career abroad and spend some years gathering experience interna-tionally. One of my goals as a consultant is also to become a CMC in the future and I also have a strong desire to start my own business.

nication world. My first job was in Bahrain where I worked for a new holding com-pany that had operations in several African countries. I then moved on to join another telecom holding group and was the project manager for mobile money. My interest in consulting developed in my last position, I enjoyed travelling to the group’s different operations in order to consult and modify a service according to the environmental fac-tors of the country, the needs of the con-sumers and the internal capabilities and business models of each operation. GGSB has a good reputation for being a triple accredited school in Europe. I was attracted by the fact that some of its pro-grams are very highly ranked. I was happy to find out that the program had an average age of 27 and people from 12 different na-tionalities and diverse backgrounds. The advantages of the program is that most of the professors come with a lot of work experience and are graduates of Harvard, Stanford and other world class universities and business schools. Most of the profes-sors have had consulting experience as well. The courses given also focus on many soft skills that consultants usually lack, there is an emphasis on personal deve-lopment, many a times we were given a bu-siness problem for a real company to solve within a few days which encourages us to push our own limits and is a good repre-sentation of any consulting work we might encounter when we go back into the pro-fessional arena. I am currently applying to the major players in consulting and I am interested in both strategy and operational consulting. The professors at school are very helpful in job searches and are willing to let good students make use of their professional networks.

Alla Grenoble Graduate School of Business (GGSB) la consulenza di management è in-segnata da molti anni, tanto che oggi è la più gettonata tra le specializzazioni del Ma-ster of Business Administration (MBA). A questo si affianca da un paio di anni il Ma-ster of Science in Management Consulting, equivalente alla laurea specialistica italiana che però tra i requisiti di ammissione oltre a una laurea triennale richiede anche qual-che anno di lavoro e un po’ di esperienza internazionale. Giova sapere che i laureati della prima edizione del programma hanno ottenuto tutti posizioni molto interessanti in società di consulenza, ma anche come consulenti interni in aziende che non si oc-cupano di consulenza. La direttrice del pro-gramma prof.ssa Michelle Mielly ha ottenuto il dottorato in antropologia ad Harvard ed è un’esperta di management interculturale. Il suo impegno per la qualità e la concretezza del programma l’hanno portata a incontrare APCO (in Francia non ci sono istituti affiliati al’ICMCI) e a stipulare un accordo dei cui be-nefici lei racconta nel suo articolo. A noi qui basta ricordare che Grenoble è abbastanza vicina all’Italia e che i soci APCO accedono ai corsi della GGSB a condizioni di favore. In queste pagine troverete anche due inter-viste a studenti della seconda edizione del Master’s of Science in Management Con-sulting che hanno deciso di diventare soci APCO. Anche loro parteciperanno alla visita di studio che si terrà in maggio in Italia.

Di Tarek Kawas 

After doing a bachelor in business administration at the American University of Beirut (AUB), I started my career in the telecommu-

PAROLA AGLI STUDENTI

APCO e la Business School di Grenoble

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Toga! Toga!

Marco Granelli

intersecano e si completano, in un’ot-tica dove i docenti (compreso lo scri-vente) devono cercare di dare agli stu-denti strumenti pratici per affrontare la vita in azienda, e non solo contenuti teorici, e le imprese devono cercare di far crescere i propri giovani, fornendo loro formazione non solo esclusiva-mente sul campo. Ha ancora un senso vedere i propri figli studiare per diversi anni con sacrifici, non solo economici, vederli laureare e poi scoprire che lau-reati sono anche (tutti honoris causa) Vasco Rossi, Valentino Rossi, Roberto Benigni, ecc....???” Grazie Mirco, ottimi spunti. Godiamoci però un po’ di sana irriverenza ascoltando il contributo di un consulente di successo (mantenuto anonimo), il quale mi ha detto: “A me sembra che la conclusione non possa che essere che serve l’università e ser-ve il confronto con la realtà e a questo proposito consiglio di leggere il libro Built to Last. Vedi Marco, studiare lun-ghissimi anni è comunque un’opportu-nità per conoscere meglio se stessi (e anche qualche ragazza o ragazzo in più …). Non è la materia studiata che conta ma l’esperienza dello studio in quanto tale. Non è un’opinione scientificamen-te dimostrabile ma deriva dalla mia esperienza come studente (esperienza che si è protratta oltre ogni limite di decenza: 4 anni fuori corso!). Nel frat-tempo ho fatto cose, ho visto gente…”. Come vedete il successo usa percor-si tortuosi, per cui credo sia dovero-so chiudere con una bella battuta di John Belushi, che va di certo bene per chi si approccia al modo dell’Impresa, soprattutto dopo l’Università: “Si sono forse tirati indietro gli americani quan-do i tedeschi bombardarono Pearl Har-bour? Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”.

Penso che in tanti ricordiate il miti-co Blutarsky (Bluto) del Gruppo Delta, interpretato, nel film Animal House, dall’indimenticabile John Belushi. Cre-do che in molti abbiamo sognato di po-ter passare come loro gli anni universi-tari, anche perché dai titoli di coda del film, quei pazzi scatenati hanno fatto quasi tutti carriera... In effetti passare il tempo tra bevute, ragazze (o ragaz-zi), feste e balli sino all’alba è a volte meglio che passare il tempo sui libri. Il rapporto tra Università ed Impren-ditività è molto intrigante. È meglio studiare seriamente e basta oppure un approccio creativo al sapere produce risultati migliori nella vita? O meglio ancora: importa avere una bella lau-rea con il massimo dei voti, se non sei capace di applicare tutto il tuo sapere, combattendo come si deve nel selvag-gio mondo di oggi? Oppure: quanto vale essere assai “imprenditivi” senza però possedere almeno un master? Chi so-pravviverà? Chi è il più adatto? Un arti-colo del China Daily di qualche tempo fa era intitolato: “Knowledge does not mean money”; mi sembra molto espli-cito. Insomma dai, non venitemi a dire che i migliori imprenditori sono laurea-ti, mica vero. In molti sono sì laureati, ma in “vita vera”, in negoziazione e fiu-to, visione e creatività, ma molti sono specializzati anche in “Totò mi fa una beffa” oppure “Alberto Sordi è il mio coach”. Vorrei chiarire, adoro il mondo universitario. Ho collaborato con varie università, ma ho anche collaborato con molte aziende e il tema è interes-sante: come adattare il mondo univer-sitario alle aziende, o meglio, come preparare alla vita vera? Credo abbia-mo bisogno di qualche risposta e allora vi introduco il caro amico Mirco Con-tri, brillante consulente (CMC Apco) e

professore a contratto all’università di Ferrara, ascoltiamolo. “Fare una scelta tra l’Università (con la U teorica - quel-la accademica) e l’Università (con la U pratica - mondo del lavoro) non è sem-plice, e la contrapposizione tra le due alternative mi riporta in mente ricordi legati a dualismi quali Mazzola–Rivera o Coppi-Bartali, dove chi amava il primo odiava il secondo e viceversa. Mi pare di sentire imprenditori di generazioni passate ma non troppo, che affrontano i giovani laureati con frasi del tipo “Ma cosa ne sai tu, che nella tua vita non hai mai lavorato in azienda? Ascolta me che non ho preso quel pezzo di car-ta che hai tu, ma che ho un’esperienza vera”, a cui i giovani laureati si trova-no a rispondere “Guardi che quello che fa lei poteva andare bene fino a dieci anni fa, oggi la tecnologia ha fatto passi avanti da gigante. Il mondo è cambiato ma lei è rimasto fermo perché non ha studiato”. In realtà i due mondi oggi si

IRRIVERISCO

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1 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 7-8/2012

2.0 per tutti?Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

de! Come Apco vogliamo lavorare su questo, vogliamo premere affinché i consulenti accre-scano le loro conoscenze e possano essere veramente portatori di innovazione (2.0!). In questo numero di Meta proviamo a rac-contare alcuni degli utilizzi più diffusi del web per i consulenti, proviamo a portare su carta quello che avviene in alcuni degli stru-menti e dei siti più utilizzati, per dare con-cretezza e uno stimolo in più. Rita Bonucchi ci racconta come il web abbia modificato il suo modo di fare consulenza, Michele Colet-ti esplora Linkedin e il gruppo di discussione promosso da Apco per cogliere le caratte-ristiche e le potenzialità del social network, mentre tre studentesse della Business Scho-ol di Grenoble, per età native 2.0, ci presen-tano la loro visione della rete per la consu-lenza. In ultimo Marco Granelli unisce, in un approccio disincantato, la consueta ironia ad anni di esperienza da consulente.

Buona lettura tutti!

Il mondo del web 2.0 è un mondo affasci-nante e misterioso per i consulenti.Da anni si sostiene che il potenziamento del web, dell’accesso all’informazione, avrebbe modificato sostanzialmente il modo di fare consulenza. Questo è vero, ma convivono e coesistono molti modi di utilizzare il web. Credo che non si debba negare l’evidenza che, a fianco di consulenti che hanno spo-sato al 100% tutte le potenzialità offerte dal web, abbiamo ancora colleghi che per età o scelta professionale mantengono una bassa conoscenza e un basso utilizzo delle oppor-tunità che il web offre. In effetti, il web per noi consulenti di management può essere vi-sto in tre modi: una minaccia, uno strumen-to di lavoro, un pilastro del proprio modello di business.Una minaccia lo è per i molti consulenti che hanno sempre puntato sul possesso dell’in-formazione e la sua circolazione presso i clienti con un elemento distintivo: il cosid-detto consulente “impollinatore” che tra-sferiva informazioni da un’azienda all’altra, da libri o scuole di management verso le aziende. Oppure coloro che erogano attività formative standard e poco interattive. Strumento di lavoro lo è invece per la mag-gioranza di noi, che usiamo il web per acce-dere alle informazioni, per verificarle, per preparare gli incontri. Quest’uso è a parere mio in continuità con il modo di lavorare che abbiamo sempre avuto, ma con strumenta-zioni più potenti. Ci sono poi quelli che tra-mite il web hanno completamente ridefinito il proprio modello di business. Penso a chi ha elaborato strumenti di autodiagnosi, a logiche di social network aperte consulente-cliente, a chi gestisce gruppi di discussione.Anche fra noi, quindi, c’è un po’ di digital divi-

Per tanti anni aspettavo l'uscitabimestrale di Meta con curiosità; michiedevo sempre che cosa vi avreitrovato, quale stimolo.Meta è per me uno dei punti forti diAPCO, una lettura agile e stimolante,qualcosa di prezioso da preservare esviluppare. Ora ho il piacere di aprirequesto primo numero del 2010 e lofaccio con con orgoglio e conl'impegno a cercare comunque dimigliorare ancora Meta, di renderlosempre più luogo di incontro ediscussione fra tutti i consulenti.

Come linea editoriale vogliamoaffrontare, nel 2010, il futuro dellaconsulenza, quali sono i temi difrontiera che si aprono di fronte a noi,provare a capire quali nuove sfide siavvicinino e quali professionalità sianonecessarie. Desideriamo avere ancorpiù dialogo con voi lettori, ci servesapere cosa ne pensate. Abbiamoc r e a t o l a c a s e l l a d i p o s t a

proprio perricevere i vostri commenti e i vostrisuggerimenti.Venendo a questo numero, parleremodi “d ivers i tà” , tema sf idante ,complesso, che non esauriremoprobabilmente in una sola uscita. È unargomento ricco, ampio, che ci toccaprofessionalmente ma anche nel nos-tro intimo, nel nostro “personale”.Le dimensioni sono molteplici: genere,razza, età, orientamento sessuale,religione… Nell'affrontare il tema simescolano pregiudizi, problemi sociali,normative, mode. Le aziende nonsanno se si tratti di minaccia oopportunità.Servono consulenti di direzionemoderni, preparati, in grado diindirizzare le aziende ad affrontare consuc- cesso il problema, consulenti che

[email protected]

Meta: uguale e… diversa

Egalité, fraternité…diversité

aiutino a trasformare la diversità inricchezza.

Io personalmente credo molto inquesto tema, è un punto che ho trattatoanche nel discorso all'assemblea del 20novembre; sostenevo che per APCO è“di grande attualità vivere la diversitàcome una ricchezza, cercare ciò cheunisce e avvicina i diversi consulenti didirezione rispetto a ciò che li distingue.Siamo fra noi diversi per cultura, perambito di att ività, per bacinogeografico, per età, per formecontrattuali… mettere tutto questo afattor comune ci può solo aiutare”.Analogamente per le aziende: ladiversità è una ricchezza, un tesoro cheperò deve essere trovato. I consulentidevono aiutarle a fare questo salto, acapire il mondo e la società in cui si op-era adesso.In questo numero di Meta abbiamoquattro contributi: Ivan Scalfarottopresenta lo scenario e gli spazi per laconsulenza mirata alla diversità, RitaBonucchi ci propone alcune esperienze

Editoriale

Metariflessioni

Le cose cambiano

Nei fatti

Irriverisco

Meta: uguale e...diversa 1

L'opportunità della diversity 2

Consulenti, PMI e diversity 3

Costruire nella diversità 4

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Meta - n° 3/2010

Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

Marco Granelli

Rivista bimestrale di APCO, AssociazioneProfessionale Italiana dei Consulenti diDirezione e Organizzazione. Supplementoal n. 3, marzo 2010 di Harvard BusinessReview Italia. Proprietario: APCO(Associazione Professionale Italiana deiConsulenti di Direzione e Organizzazione),Corso Venezia 49, 20121 Milano, tel. 027750449, fax 02 7750427,[email protected], www.apcoitalia.it.Editore: StrategiOs Edizioni, Via Lanzone2, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitatoeditoriale: Marco Beltrami (direttoreeditoriale), Francesco D'Aprile, RitaBonucchi, Fabio Di Stefano, MarcoGranelli, Egidio Pasetto, GiovanniSgalambro. Direttore responsabile: EnricoSassoon. Registrazione Tribunale Milano n.217 del 21/3/2005

A volte gli amici ti aiutano a entrare incontatto con situazioni interessanti, leconoscenze professionali ti portano incontesti che mai avresti pensato, tiobbligano a confrontarti con mondiperfettamente simili al tuo che peròsono nati e si sono sviluppati in unambito completamente diverso.Come da premesse è successo anche ame. Recentemente sono statocontattato da Sebastiano Zanolli che hal a n c i a t o u n a n u o v a r i v i s t a

e mi ha pregatodi produrre un articolo, cosa cheovviamente ho fatto. Sin qui nulla distrano, se non che mi ha fatto assaipiacere.Le cose per me sono cambiate di colpoquando ho ricevuto la mia copiaomaggio.Tralascio a tutti voi la botta di autostimache mi ha trasferito trovarmi tra volti dame noti della… mitologia: Enzo Spaltro(non dico niente…), Oscar di Montigny(Banca Mediolanum), Mario Silvano (elui è il ‘guru’ delle vendite…), MarioFurlan (come motiva lui…), ToniBrunello (il nostro mitico CMC-APCOdel ricambio generazionale) e altri.

Calma, non sono caduto così inbasso… non è per questo che vi scrivo.Ciò che mi ha letteralmente colpito alcuore sono i brevi curricula attraverso iquali venivano presentati altr iprofessionisti (che, me ne scuso, nonconoscevo) e che hanno scritto coseinteressantissime sulla rivista.Mi sono confrontato con un universo didiversità ed eterogeneità, mondid i s t a n t i , p a r a l l e l i , a n t i t e t i c i(apparentemente) che spingono tuttiverso… la consulenza direzionale!

Ve ne sintetizzo alcuni (e mi scuso siacon coloro che non ho citato sia concoloro che ho citato, perché hosintetizzato i loro curricula).

Paolo Bianchi: antropologo e studiosodi neuroscienze, si occupa diconsu lenza manager ia le e d iformazione da vent’anni.Fra i suoi corsi più richiesti c’è ‘Abbey

(www.venderedipiù.it)

Programme’, formazione managerialenei Monasteri Benedettini.

Francesco Varanini: esperienze daantropologo, successivi incarichi nellaformazione manageriale, informationtechnology, marketing e direzione dicase editrici. Ferdinando Azzariti:ventennale esperienza di formazione econsulenza manageriale, curatore delSalone di Impresa, ha al suo attivo 22pubblicazioni.

Francesco Marcolin: psicologo dellavoro, ergonomo europeo certificatoEur.Erg, professore a contratto pressol’Università di Udine.Ripeto, ne ho estratti solo alcuni comepretesto.

Un universo di eterogeneità, non vero?Un mare di strade differenti cheportano tutte alla vendita, allac o n s u l e n z a e / o f o r m a z i o n emanageriale. Percorsi strani e curiosiche portano tutti a cambiare-migliorarele persone e le organizzazioni. E allora,che cosa è uguale? Che cosa è diverso?Che cosa è giusto e cosa è sbagliato?Qual è la strada maestra (ammesso cheesista)?

Volevo essere serio sino alla fine, manon ce la faccio e allora vi ricordo che,come ha giustamente fatto notareMaslow: “Se l’unico arnese della tuacassetta è un martello, molte cosecominceranno ad apparire simili achiodi”. E questo ci ricorda che èmeglio avere differenti strumentiprofessionali e mentali. Ma non è tutto:se qualcuno vi avesse detto cinqueanni fa che entro breve tempo unpresidente afroamericano degli StatiUnit i avrebbe dichiarato pub-blicamente che “l’unica azienda ingrado di salvare la Chrysler dalfallimento è la Fiat”, che cosa avrestepensato?

Visto come è facile essere preda deiluoghi comuni, dei pregiudizi? Quindi,concludendo: che cosa è diverso?E poi, diverso da chi?

i n s i e m e a t t r a v e r s o o l t r e

Rivista dei consulenti di managementIRRIVERISCO

www.apcoitalia.it 16

nusbaconsultingclub.com

�ommarioNumero 3 - marzo 2010

Rivista bimestrale di APCO, Associazione Pro-fessionale Italiana dei Consulenti di Direzio-ne e Organizzazione. Supplemento al n. 7-8, luglio/agosto 2012 di Harvard Business Review Italia. Proprietario: APCO (Associazione Pro-fessionale Italiana dei Consulenti di Direzione e Organizzazione), Corso Venezia 49, 20121 Mi-lano, tel. 02 7750449, fax 02 7750427, [email protected], www.apcoitalia.it. Editore: Stra-tegiqs Edizioni, Nirone 19, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitato editoriale: Marco Beltra-mi (direttore editoriale), Francesco D’Aprile, Rita Bonucchi, Fabio Di Stefano, Marco Granel-li, Egidio Pasetto, Giovanni Sgalambro. Diretto-re responsabile: Enrico Sassoon. Registrazione Tribunale Milano n. 217 del 21/3/2005. Progetto grafico editoriale: astralys srl.

ommarioNumero 7-8 - Luglio/Augosto 2012

Editoriale2.0 per tutti?

Riflessioni- Le potenzialità del web mi hanno portata a ridefinire il mio modello di business consulenziale- LinkedIn, social network di elezione per i consulenti di management

Parola agli studenti- Learning Web 2.0 as management consulting students- Web 2.0 and the modern job-seeker- But, I don’t have an article in me…!

IrriveriscoTaggati nel 3.0

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Quando, nella primavera del 1995 di ritorno dagli Stati Uniti, comprai una confezio-ne simile a quella del latte e un modem, non immaginavo

quale impatto avrebbero avuto non solo sul-la mia vita personale ma anche e soprattutto su quella professionale.Invece del latte, trovai davanti dei libriccini e dei floppy disk che, in maniera alquanto complicata, permettevano di utilizzare una connessione offerta da Agorà. Quella prima connessione ha modificato profondamente il modello di business di Bo-nucchi e associati srl e la sua politica di mar-keting. Oggi i nostri rapporti con le aziende clienti nascono, si sviluppano, si concretizza-no ogni giorno sul web, per il web, con il web e grazie al web. Le nostre politiche di comuni-cazione, ad esempio, si fondano prevalente-mente sui contenuti che pubblichiamo su ciò che non è più un sito ma è piuttosto un “blo-gito”, ovvero una presenza web che presenta le caratteristiche del sito e del blog. La nostra reputazione si forma prevalente-mente sui social network, inizialmente Lin-kedin e oggi sempre di più Twitter, oltre al vecchio caro Friendfeed, che ormai non fre-quenta quasi più nessuno. Sono stata invitata più volte a raccontare quel-lo che è il nostro approccio di fronte a questi cambiamenti. Quali sono allora le conseguenze di un utilizzo intensivo degli strumenti web, in particolare quelli che vengono semplicistica-mente raggruppati nella definizione web 2.0? Tre sono le aree in cui questi strumenti hanno realmente cambiato la nostra vita: quella del-le informazioni (aggiornamento, reperimento, documentazione e ricerca), erogazione del servizio, deontologia e riservatezza. Per quanto riguarda la parte delle informazio-ni, in Bonucchi e associati siamo sempre onli-ne e l’utilizzo dei social network non subisce limitazioni. Una volta alla settimana, inoltre,

RIFLESSIONI

2www.apcoitalia.it

Rita Bonucchi - - socio Apco-CMC

Le potenzialità del web mi hanno portata a ridefinire il mio modello di business consulenziale

vediamo cosa ci siamo persi delle conversa-zioni online, quando il ritmo del lavoro impone di concentrarsi e permette solo un’occhiata ai social media. Recuperiamo molte segnalazio-ni interessanti, spunti favolosi, contenuti per l’aggiornamento e materiali per i progetti che abbiamo in corso. Il verbo che usiamo per de-scrivere tutto questo è “studiare”. Ci facciamo aiutare anche dai feed reader e recentemente da strumenti di content curation.Per l’erogazione del servizio, invece, abbiamo notato che l’accessibilità delle videoconfe-renze le ha fatte diventare le forme più natu-rali di lavoro tra clienti e colleghi. Richiedono nuove abilità e anche un nuovo galateo pro-fessionale. L’avanzamento dei progetti viene reso accessibile attraverso piattaforme dedi-cate e questo cambia completamente il ritmo classico del rapporto con il committente.Tra gli impatti, legati alle potenzialità del web e in parti-colare del web 2.0, dimenti-chiamo sem-pre quello più critico. Clienti e colleghi, se vo-gliono, possono seguire i nostri aggiornamenti con l’effetto di ri-manere più infor-mati sulla nostra evoluzione profes-sionale, ma a volte una conseguenza è che si spaventino di fronte a spostamenti o missioni all’estero e arrivino a pensare che la di-sponibilità del consulente sia limitata. Questo è uno dei motivi per cui raccontiamo abbastanza della vita professionale, ma non utilizziamo la geolocalizzazione, che può generare un effetto

“spaesamento” tra i clienti. Può darsi che io sia a Kuala Lumpur, in videoconferenza con un clien-te italiano, ma contemporaneamente esca un articolo programmato sul blog a proposito di un evento e su Twitter qualcuno rilanci un mio con-tenuto su un altro cliente. Alcuni interlocutori con uno stile di lavoro più classico mi chiedono: “Lei mi sembra tanto impegnata”. Terza e ultima area a cui dedicare particolare attenzione è quella del rispetto dei codici de-ontologici e, in particolare, delle necessità di riservatezza che le aziende esprimono. E’ na-turale che durante una riunione, a volte, ven-ga la tentazione di twittare qualche giudizio un po’ sarcastico o anche semplicemente di commentare processi aziendali e innovazioni ritenute interessanti o semplicemente ciò che si sta imparando da un incarico. Personalmen-te, con grande fatica, limito moltissimo la pub-blicazione di informazioni e contenuti relativi a clienti, anche quando resi anonimi e privi di riferimenti. Ho compreso, nel tempo, che la maggior parte dei clienti li ritiene comunque, di solito a sproposito, riferiti alla propria azien-da. Mi spiego meglio: quando mi è capitato di fare riferimento a debolezze diffuse nelle piccole e medie imprese oppure a lacune nei processi di comunicazione interna o ai proble-mi dell’approccio aziendale ai social network, mi sono sentita rinfacciare da qualche cliente il fatto di aver portato sul blog commenti o perplessità riferiti alla loro impresa. In realtà questi miei pensieri erano rivolti alla gran parte delle aziende con cui vengo a contatto.Per concludere: il web, in tutte le sue articola-zioni ed evoluzioni, impatta su tutti i processi, rende obsoleti molti degli strumenti sui quali abbiamo costruito la nostra professionalità, rende la concorrenza più fluida e allargata e richiede di mettersi in gioco ogni giorno. Combinato con l’internazionalizzazione è, per il mestiere del consulente di management, come uno tsunami e noi ci siamo dotati di una tavola da surf.

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3 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 7-8/2012

di iscritti è coerente con la missione di Apco di aggregare i consulenti di management e offrire loro spazi di confronto e visibilità. Il gruppo conta oggi su ben più di mille par-tecipanti, il che ne fa la più grande commu-nity italiana della consulenza di direzione. La forza del gruppo sta nella sua apertura a tutti coloro che si interessano a questo set-tore, comprese le imprese clienti. Il 61% dei membri operano nel management consulting e il 36% hanno un profilo Senior, seguiti da Ma-nager, Owner e Partner (tutti con l’11% ciascu-no). Come ci si poteva aspettare, il baricentro della community è Milano, dove gravita il 27% dei membri, seguito dal Veneto e da Roma. Ciò che caratterizza il gruppo è la sua attività, in particolare fervono le cosiddette Discussions, una ventina solo nell’ultima settimana. Si tratta quasi sempre di annunci e di documenti pro-posti dai membri che vedono nel gruppo Pro-fessione Management Consultant una platea ideale dove veicolare proposte e contenuti. Il gruppo è particolarmente interessante anche per Apco, perché costituisce una modalità di-retta per comunicare notizie ed eventi anche ai colleghi che non sono soci. Inoltre nella sezio-ne Jobs sono visibili tutti gli annunci relativi a posizioni aperte in società di consulenza. Nel corso degli ultimi mesi è stato aperto anche un canale YouTube dal titolo ApcoAssociazio-ne sul quale abbiamo caricato una ventina di video istituzionali ed estratti da nostri conve-gni. Si è trattato di un investimento di un certo rilievo che si inserisce nello sforzo di Apco di abbracciare la multicanalità, per avvicinarsi ulteriormente ai consulenti di management che non sono ancora soci e, al contempo, of-frire ai clienti della consulenza elementi per valutazione la qualità dell’offerta. Oggi la sfida è da una parte stare al passo delle tecnologie che cambiano continuamente per sfruttarne al meglio le potenzialità e, dall’altra, riuscire con risorse limitate a fare leva e creare sinergie tra questi diversi canali.

Ho aperto un account LinkedIn nel 2004, ma certo non posso considerarmi un pioniere, in-fatti un collega svedese me ne aveva già parlato dieci anni fa,

anche se il network è diventato operativo solo nel 2003. Da allora ho sempre aggiornato il mio profilo, ma in quegli anni per essere considerati professionalmente bisognava avere il sito Inter-net, con tutti i mal di testa che ne conseguivano per mantenerlo completo, indicativo delle atti-vità svolte e ragionevolmente attrattivo. Oggi il mio biglietto da visita contiene ancora l’indirizzo del mio sito, ma più per un riflesso condizionato che per reale utilità. Infatti LinkedIn, Twitter e il mio blog sono da me utilizzati molto più fre-quentemente delle mie pagine web che giac-ciono nell’etere, ahimè, piuttosto trascurate. Così mi capita sempre più spesso di inserire nel-la firma delle mie email l’indirizzo del mio profilo LinkedIn piuttosto che quello del mio sito. Cre-do che tutto ciò appartenga al vissuto di molti altri colleghi, mentre forse più interessante è la mia esperienza come fondatore e gestore di va-rie comunità online, in particolare su LinkedIn perché è da sempre rivolto alla sfera professio-nale e degli affari. La prima community di con-sulenti che ho costituito è stata il gruppo Cer-tified Management Consultants (Cmc), aperto ai soci Cmc di tutte le associazioni accreditate presso l’Icmci. Siamo partiti nel 2008 grazie all’illuminata disponibilità di Francesco D’Apri-le, allora presidente di Apco e vice-presidente di Icmci (che oggi presiede) ad appoggiare l’ini-ziativa. Questa community ha avuto un grande impatto culturale perché per la prima volta mo-strava l’utilità dei social network e la possibilità di gestire iniziative dal basso, mentre dal punto di vista sostanziale ha avuto meno successo. In-fatti ad oggi i membri sono poco più di duecen-to sugli oltre diecimila Cmc nel mondo. Inoltre le discussioni, pur se afferenti a temi legati alla professione e di ottima qualità, hanno gene-ralmente un seguito limitato. Sono molteplici

RIFLESSIONI

le ragioni di questo risultato parziale, a partire dall’assenza di animazione attiva. In particolare, la proliferazione dei gruppi Cmc nazionali ha di-luito il potenziale di crescita dato che probabil-mente i mercati della consulenza sono ancora in gran parte limitati da barriere linguistiche e culturali. Ciò nonostante, il migliaio di richieste di accesso al gruppo da parte di consulenti non certificati mostra l’interesse per una commu-

nity di questo tipo. A livello italiano, due sono le iniziative da sottolineare, entrambe legate alla volontà di Marco Beltrami che dal 2009 è il presidente di Apco: la prima è il rifacimento del sito Internet in chiave decisamente Web 2.0, in particolare la scheda dei soci consente ai visitatori di accedere direttamente agli ac-count Facebook, LinkedIn e Skype del profilo selezionato. Inoltre le schede possono essere corredate con Feed Rss alimentati da blog e account Twitter del socio.L’altra iniziativa di rilievo è la costituzione su LinkedIn alla fine del 2009 del gruppo Pro-fessione Management Consultant. Questo social network che vanta in totale 150 milioni

LinkedIn, social network di elezione per i consulenti di management

Michele Coletti - - socio Apco-CMC

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Web 2.0 and the modern job-seekerdi Smriti SonamIn last decade technology has changed many faces. It has not only effectuated a technical transformation but has socially revolutionised the world. Distance is just a word today, the word ignorance also lost its meaning many years back! What we see around us today is a compact, intercon-nected, savvy world with abundance of data and information catering to the appe-tite of millions of information seekers. Net-working is the buzz word these days. Thanks to the ubiquitous presence of social media websites like Twitter (twitter.com), Linkedin (www.linkedin.com) and Glassdo-or (www.glassdoor.com), every critical and crucial information is within reach these days. Potential job seekers can take help of these sites to keep themselves abreast with the latest job market trends. Not only this, one can follow the desired company via Lin-kedIn and can easily get in touch with the people working for the respective enterpri-ses. This helps in augmentation of networ-king opportunities getting people closer to the corporate world. While sites like Face-book (www.facebook.com) and LinkedIn helps us network, BranchOut (branchout.com) and Twitter provides the most crucial information giving a comparative edge and placing the job seeking candidates in better position looking forward to the acute nuan-ces of salary negotiation and benchmarking.

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Anche in questo numero di Meta ospitiamo interventi degli studenti del Master of Science in Management Consulting della Business School di Grenoble (Ggsb). Ricordiamo che Apco ha con Ggsb un accordo di collaborazione, per il quale gli studenti diventano nostri soci. Troverete in queste pagine tre articoli che abbiamo lasciato in inglese perché si riferiscono a realtà internazionali. Il primo articolo a firma di Jennifer Smith, statunitense che ha rinunciato a studiare nelle prestigiose scuole americane per venire a conoscere la realtà europea, si concentra sulle opportunità che offre il web 2.0 e riepiloga le attività principali svolte dalla classe durante l’anno di corso. Ricordo che il Master of Science, equivalente a una laurea magistrale italiana, è composto da un anno di aula full time seguito da un anno per l’elaborazione di tesi a contenuto professionale. Gli altri due articoli sono firmati da due studentesse indiane, di cui una già con una significativa esperienza di lavoro, ma entrambe con un solido background IT (Information Technology). L’articolo di Smriti Sonam è interessante per tutti coloro che stanno cercando un’occupazione o nuove opportunità professionali all’epoca del web 2.0. Ci sono spunti di riflessioni utili anche per chi si occupa di ricerca e selezione del personale. Infine, il pezzo di Nabanita Choudhury è molto indicato per tutti coloro che, pur consapevoli di quanto sia necessario essere presenti sul web, fanno fatica a fare il primo passo. Nabanita ci rassicura e incoraggia offrendo consigli semplici ed efficaci su come iniziare a gestire la propria identità digitale.

www.apcoitalia.it

PAROLA AGLI STUDENTI

partners like Apco and the International Council of Management Consulting Insti-tutes (Icmci). Capitalizing on this exposu-re to best consulting practices, we have been able to integrate our lessons learned from these organizations, our live business cases, and our courses into a blog shared with alumni and industry professionals as well as tagged on key partner sites.Our Mobility Conference, themed “Opti-mizing the Supply Chain through Mobile Technology”, addressed a substantial issue that is plaguing global business operations while providing new ideas to our partners and guests from the Project Management Institute (Pmi) and the American Chamber of Commerce (Acc). Structured as an open forum combining a panel of experts in sup-ply chain and mobility, we were successful in cultivating new contributions at the crux of current logistics and resource planning issues challenging businesses today. As the multitude of Web 2.0 options incre-ases with Web 3.0 and 4.0 on the horizon, our primary responsibility as future con-sultants has been to find the technology balance that help our companies differen-tiate themselves with a sustainable fun-ctionality. Throughout our client projects, we have aimed to improve client to busi-ness and business to business exchanges through providing dynamic, transparent, and integrative services using combina-tions of ecommerce, mobile commerce and u-commerce options.

Learning Web 2.0 as management consulting studentsdi Jennifer SmithThis year at Grenoble Graduate School of Business (Ggsb), our MSc in Management Consulting program members embarked on ambitious projects to find value added propositions for the current challenges fa-cing general business operations. Similar to the concept and application of Web 2.0, analysis and problem solving in business is constantly evolving and locating solutions tends to require the savviest technology available. While working with global, regio-nal, and local businesses, our class of future consultants has learned the importance of providing recommendations with the balan-ced amount of technology which is constan-tly evolving and user-friendly, sustainable properties. Our business projects including some independent program-led initiatives were spread throughout the year with varied durations depending on the project needs and course requirements. Focal projects that granted more direct exposure to the po-tential of Web 2.0 include our second annual GGSB Mobility Conference, our Management Consulting Club webpage, and multiple live business cases with innovation driven enter-prises including Cap Gemini.Regular contributions are made to en-hance our webpage which has served as a platform to strengthen our program’s alliance with key management consulting

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5 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 7-8/2012

Many would agree that our online experiences closely approximate our offline ones. In real life if you are someone who listens carefully and re-acts intelligently to a discussion and enriches it by introducing new, interesting angles, why not do just that even when you are online? Be the guy who makes every web-discourse come alive by contributing hitherto unexplored issues and facts. If you can play that role consistently, in a constructive and respectful manner, chances are that you will find yourself among that rare, much sought-after group of “opinion shapers”. People will look out for your comments and be-fore long you will have built up an enviable repu-tation. If you keep this up for a sufficiently large number of discussion groups and blogs you are bound to grow your network too with some excellent contacts. There is a practical side to it too: it takes more time to write something from scratch. But as an intelligent reader and “re-viewer” you can be more prolific. You can also cover a range of subjects that you are interested in. Finally, if this is a route that you’d like to take, maybe you should also consider using your full name (to facilitate searches)! The point is there may be as much merit in being a constructive reviewer as there is in being an author. And I dare say that you can go on being just that so long as your contri-butions are meaningful and of high quality. I would go as far as to say that in an age when everyone is encouraged to publish as much as they can and as fast as they can, there is a need for people who can maintain a distan-ce, see the gaps in the arguments and the conversations and draw people’s attention to them. At the same time, people who write need people who read and react. Therefore, I would like to believe that by playing the role of the reviewer you are creating IOUs. When you start to write, they will return the favour! So, my suggestion to anyone who thinks, “But I don’t have an article in me…!” would be this: don’t be pressured into authoring your own pages. Sit back and observe the game, look for the holes in the logic, help unearth the real issues, look for opportunities to en-rich with facts and figures, and if nothing else, play the devil’s advocate. Your contribution will not go unnoticed.

But, I don’t have an article in me…! di Nabanita ChoudhuryIn this age of user generated content when we all seem to have our personal printing presses in the form of blogs and social media websites, what if you were to find yourself unable to au-thor anything new at all? I suppose this is a par-ticularly disquieting thought for someone who finds himself watching from the side-lines as the internet churns out whole generations of highly articulate users who are creating and shaping opinions across cultures and geographies.People aspiring to create their personal online brand are often advised to start off by posting comments on other writers’ blogs and discus-sion threads and graduate to authoring their own articles and pages. This is undeniably excellent advice, especially when you are still not sure of the subjects that you’d like to write about or when you are yet to find your “voice”. But what if you still find it difficult to take the next step, or for whatever reasons, you never succeed in creating your own full-fledged arti-cles, something that is considered so important when it comes to creating a body of online work? Does it mean you are destined to be never found on a google search (beyond the now mandatory LinkedIn page) by anyone interested in you, and critically by recruiters and prospective emplo-yers? And if I could be a bit more dramatic, does it mean you are going to be one of those who would never leave their footprints, albeit digital, on the “sands of times”?While I am sure there are millions of people out there who are quite content to remain “google-obscure” so long as it does not come in their way of finding good jobs, I would like to believe that it makes sense to have a web-presence; if for nothing else, to create and sustain a growing network of friends, colleagues and acquaintan-ces. We value our networks for various reasons - from the very mundane like finding a job to the more evolved human need for recognition. Therefore, being able to stay in touch by sharing what one is thinking and thereby encouraging a debate and discourse is undoubtedly a valuable capability. And if doing that also ensures we ac-quire an interesting “web-profile”, there is every reason to make the effort.

Glassdoor is another very useful communal site that just not only offers free internal look at various companies and jobs but it also has a unique feature called “employee generated content” that gives a very clear insight on the some of the issue that bother the job seekers. Be it company reviews, interview questions or for that matter remuneration comparison, all kind of feeds are served on this platter that in-terests the palette of millions of jobseekers. It will not be an exaggeration to say that various domains of web 2.0 like social media and e-portfolio have provided an extra momentum to the networking opportunities and have given new dynamics to the whole job search adventure.While social media has become an inte-gral aspect of today’s inquisitive genera-tion some other web 2.0 tools like Stumble Upon (www.stumbleupon.com), Evernote (evernote.com), Dropbox (www.dropbox.com), Tech Crunch (techcrunch.com), Go-ogle docs, RSS, Blogs and Podcasts can also be of great help in the job search process. Cloud based software suites like Dropbox and Evernote help people store the impor-tant personal data on cloud that can be timely updated, synchronised and acces-sed from any place having internet access. Hence providing the leverage to go mobi-le and stay focussed and informed at all the time. Blogs and podcasts facilitates in asynchronous communication unlike those one sided communication of web 1.0 where one could just read but not add or enhance the information to a next level. One can use Blogs and Podcasts effectively and can de-velop a parallel world of intellect and cur-ricular activities which in fact are the extra eye candies that some elite organisations look for. Furthermore, websites like You-tube (www.youtube.com) and Slideshare (www.slideshare.net) give valuable infor-mation ranging from useful interview tips to helpful slides about the company to which a candidate is applying. Today with more than a billion users web 2.0 has shrunken the world by creating a dense network all around. With so much information nothing seems impossible.

PAROLA AGLI STUDENTI

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Taggati nel 3.0della medaglia è che paga meno chi è più coerente con le promesse e interes-sante con le proposte. Allora è facile: basta cambiare pubbli-cità ogni tanto...Ma nooo! Qui si tratta di un’evoluzione culturale, caro Granellik. Il web 2.0 consente l’interazione tra utenti e pa-gine, permette ai navigatori di dire la propria in blog e forum, chiaro? Ecco, il web 3.0 è social: utente e contenuto sono legati tra loro dall’interesse vero dell’utente stesso. Ho detto “vero”! Se si fa pubblicità online fermandosi alla superficie, proponendo qualsiasi bottiglia di frizzantino a uno che col-leziona Château Margaux, ci si tira la zappa sui piedi. Il web 3.0 chiede agli inserzionisti sempre di più: maggior ascolto prima di tutto. Ascolto per capire, interagire, correggere. E poi più informazioni, più modi di presen-tarsi a più clienti, più proposte, più apertura.E allora dove va a parare un consulente nel 3.0? Proporrei: curiosità nel capire, chiarez-za nel definire gli obiettivi della comu-nicazione, onestà nel rapportarsi col pubblico dei navigatori-clienti. E poi c’è la competenza. È importante lavo-rare con chi conosce bene i social net-work. Facebook, Twitter, Linkedin e ora Instagram, Google+ o Pinterest: ognuno ha caratteristiche diverse. Twitter, per esempio, non serve a promuovere pro-dotti ma è ottimo per stabilire relazioni con social influencer, blogger, media... E ogni network ha le sue caratteristi-che. Insomma, mai usare un martello per avvitare lampadine!Grazie Stefano, accidenti che comples-sità, mi sa proprio che il consulente sciamano sta per essere cacciato dal villaggio globale!

“Il web 2.0 è una nuova visione di In-ternet che ha appena cominciato a in-fluenzare il nostro modo di lavorare e interagire con le informazioni in rete. Web 2.0 non è un software specifico né un marchio registrato dai Microsoft o Google, ma un insieme di approcci per usare la rete in modo nuovo e innovati-vo. Web 2.0 si riferisce alle tecnologie che permettono ai dati di diventare in-dipendenti dalla persona che li produce o dal sito in cui vengono creati. L’infor-mazione può essere suddivisa in unità che viaggiano liberamente da un sito all’altro, spesso in modi che il produt-tore non aveva previsto o inteso. Que-sto paradigma del web 2.0 permette agli utenti di prendere informazioni da diversi siti simultaneamente e di distri-buirle sui propri siti per nuovi scopi”. Ecco fatto, il 2.0 parte così! Vi ho appe-na trasmesso una serie di frasi trovate sul sito MasterNewMedia.org. Ma qui la cosa si fa molto specifica, parlare di queste cose non è mica uno scherzo. Allora ho trovato qualcuno che può certamente aiutarmi. Eccolo qui, vi presento Stefano Zanzucchi, in assoluto il consulente più simpatico e irriverente che io conosca. Zanzucchi lavora da 25 anni in pubblicità e ha creato campagne pubblicitarie per Chrysler, Coin, BTici-no, Misura, Jeep, Ferrovie dello Stato. Ora è consulente di comunicazione e per le questioni web lavora con Aicod.it, una delle web agency più avanti nel social marketing. Ma cosa diavolo succede, uno non fa tempo ad adattarsi al web 2.0 che già si lavora col web 3.0. A che punto siamo arrivati? E soprattutto, come ci si raccapezza? Calma, calma! Qui c’è gente che è ancora al web 0.0 non-so-come-si-usa-ma-lo-uso-lo-stesso. Hai mai provato a cercare un alberghetto

per un fine settimana in un posticino fuori mano? Hai mai cercato una va-canza, chessoio, in Francia? Ecco, dal giorno dopo – e poi per mesi! – ricevi la stessa pubblicità, dello stesso posto o di altri 40 lì vicino anche se tu in quel posto non ci sei andato mai. Bisogne-rebbe introdurre il reato di e-stalking!È il prezzo dell’interconnessione glo-bale, caro Stefano, non trovi? Non c’è medaglia senza risvolto negativo, d’ac-cordo, ma qui si tratta di autolesioni-smo pubblicitario: pagare per perdere clienti è una forma di masochismo dav-vero estrema! Voglio dire, se mi piace il vino rosso di qualità, Facebook, Go-ogle, LinkedIn lo sanno e mi presenta-no pubblicità compatibili col mio gu-sto. Ma se chi fa pubblicità tradisce le aspettative e mi rompe (…i cosiddetti) con insistenza, Google si accorge che io non apprezzo la proposta e fa pagare di più i clic dell’inserzionista. Il lato bello

IRRIVERISCO

www.apcoitalia.it

Marco Granelli - - socio Apco-CMC

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1 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 10/2012

Più forti dopo la crisi Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

Forse queste esperienze sono quelle che fanno sentire noi consulenti dei lavoratori normali e non una categoria privilegiata per motivazione, capacità e, in alcuni casi, redditi.In questo numero di Meta vogliamo provare a esplorare questa dimensione, a conoscere alcune storie personali e a capire come alcuni nostri colleghi hanno reagito. Nel futuro vorrei proprio che APCO avesse sempre più la capa-cità, il coraggio e l’energia di essere di suppor-to ai colleghi che vivono queste esperienze.Il primo articolo presenta una storia dura, un licenziamento in una grande società di consu-lenza con tutte le riflessioni che un’esperienza del genere comporta. A seguire, Sergio Bevi-lacqua ci racconta l’esperienza della propria società nell’affrontare il rilancio professionale, mentre Mirko Rossi propone una testimonian-za di chi sente il mercato tutti i giorni e reagisce in tempo reale. Infine, Marco Granelli, con la consueta ironia, ci parla della necessità di affrontare il cam-biamento e del coraggio che serve per avviare nuove attività.Questo numero di Meta è forse diverso da al-tri, più crudo, più disincantato: ci può aiutare a essere sempre pronti ad affrontare il nostro futuro, ma senza ipocrisie o false certezze.

Voglio essere provocatorio: la crisi è stata do-lorosa, ma non è stata negativa in ogni aspetto.Ha colpito il mercato e sicuramente i consu-lenti, ma non tutti l’hanno subita nello stesso modo e non tutti sono rimasti passivi.Intanto, ci ha obbligati a uscire dalla nostra comfort zone, a far emergere inefficienze e re-taggi del passato che, con mercati stabili o in crescita, non comparivano. Un primo risultato della crisi è, quindi, un miglioramento della qualità media della consulenza “sopravvissuta”.Tuttavia, come dicevo, le capacità di reazione sono state disomogenee: in generale le società grandi hanno reagito meglio, hanno avuto la capacità e le risorse per investire su nuovi ap-procci e soluzioni, anche se questo è passato spesso tramite violente e feroci azioni sull’or-ganico. Per piccole-medie società e consulenti individuali, la situazione è disomogenea, con impatti diversi. Ma è chiaro che stiamo sempre parlando della “media del pollo” e nella realtà ogni caso fa storia a sé.Questo discorso vale nella prospettiva azien-dale, per la vita delle società; ma le organizza-zioni, e la consulenza ancora di più, sono fatte di persone, di impegno e di esperienze che in questi mesi sono spesso state molto dolorose. E’ difficile e sfidante ridefinire il proprio model-lo di business e la propria offerta, difficile intel-lettualmente, ma anche psicologicamente. Il mercato ci dice però che si può riuscire, si può ripartire cambiando, in maniera più o meno profonda, quello che si faceva prima, affron-tando anche nuovi percorsi di carriera. Tutto ciò non è indolore: molti nostri colleghi ci sono riusciti, sono ripartiti, ma a prezzo di grandi sofferenze, momenti di scoramento e di rifles-sione sulle certezze (?) professionali acquisite in tanti anni di lavoro. Noi consulenti abbiamo un forte senso di immedesimazione, crediamo in ciò che facciamo; essere costretti a rimet-tere tutto in discussione è difficile, doloroso.

Per tanti anni aspettavo l'uscitabimestrale di Meta con curiosità; michiedevo sempre che cosa vi avreitrovato, quale stimolo.Meta è per me uno dei punti forti diAPCO, una lettura agile e stimolante,qualcosa di prezioso da preservare esviluppare. Ora ho il piacere di aprirequesto primo numero del 2010 e lofaccio con con orgoglio e conl'impegno a cercare comunque dimigliorare ancora Meta, di renderlosempre più luogo di incontro ediscussione fra tutti i consulenti.

Come linea editoriale vogliamoaffrontare, nel 2010, il futuro dellaconsulenza, quali sono i temi difrontiera che si aprono di fronte a noi,provare a capire quali nuove sfide siavvicinino e quali professionalità sianonecessarie. Desideriamo avere ancorpiù dialogo con voi lettori, ci servesapere cosa ne pensate. Abbiamoc r e a t o l a c a s e l l a d i p o s t a

proprio perricevere i vostri commenti e i vostrisuggerimenti.Venendo a questo numero, parleremodi “d ivers i tà” , tema sf idante ,complesso, che non esauriremoprobabilmente in una sola uscita. È unargomento ricco, ampio, che ci toccaprofessionalmente ma anche nel nos-tro intimo, nel nostro “personale”.Le dimensioni sono molteplici: genere,razza, età, orientamento sessuale,religione… Nell'affrontare il tema simescolano pregiudizi, problemi sociali,normative, mode. Le aziende nonsanno se si tratti di minaccia oopportunità.Servono consulenti di direzionemoderni, preparati, in grado diindirizzare le aziende ad affrontare consuc- cesso il problema, consulenti che

[email protected]

Meta: uguale e… diversa

Egalité, fraternité…diversité

aiutino a trasformare la diversità inricchezza.

Io personalmente credo molto inquesto tema, è un punto che ho trattatoanche nel discorso all'assemblea del 20novembre; sostenevo che per APCO è“di grande attualità vivere la diversitàcome una ricchezza, cercare ciò cheunisce e avvicina i diversi consulenti didirezione rispetto a ciò che li distingue.Siamo fra noi diversi per cultura, perambito di att ività, per bacinogeografico, per età, per formecontrattuali… mettere tutto questo afattor comune ci può solo aiutare”.Analogamente per le aziende: ladiversità è una ricchezza, un tesoro cheperò deve essere trovato. I consulentidevono aiutarle a fare questo salto, acapire il mondo e la società in cui si op-era adesso.In questo numero di Meta abbiamoquattro contributi: Ivan Scalfarottopresenta lo scenario e gli spazi per laconsulenza mirata alla diversità, RitaBonucchi ci propone alcune esperienze

Editoriale

Metariflessioni

Le cose cambiano

Nei fatti

Irriverisco

Meta: uguale e...diversa 1

L'opportunità della diversity 2

Consulenti, PMI e diversity 3

Costruire nella diversità 4

6

Meta - n° 3/2010

Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

Marco Granelli

Rivista bimestrale di APCO, AssociazioneProfessionale Italiana dei Consulenti diDirezione e Organizzazione. Supplementoal n. 3, marzo 2010 di Harvard BusinessReview Italia. Proprietario: APCO(Associazione Professionale Italiana deiConsulenti di Direzione e Organizzazione),Corso Venezia 49, 20121 Milano, tel. 027750449, fax 02 7750427,[email protected], www.apcoitalia.it.Editore: StrategiOs Edizioni, Via Lanzone2, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitatoeditoriale: Marco Beltrami (direttoreeditoriale), Francesco D'Aprile, RitaBonucchi, Fabio Di Stefano, MarcoGranelli, Egidio Pasetto, GiovanniSgalambro. Direttore responsabile: EnricoSassoon. Registrazione Tribunale Milano n.217 del 21/3/2005

A volte gli amici ti aiutano a entrare incontatto con situazioni interessanti, leconoscenze professionali ti portano incontesti che mai avresti pensato, tiobbligano a confrontarti con mondiperfettamente simili al tuo che peròsono nati e si sono sviluppati in unambito completamente diverso.Come da premesse è successo anche ame. Recentemente sono statocontattato da Sebastiano Zanolli che hal a n c i a t o u n a n u o v a r i v i s t a

e mi ha pregatodi produrre un articolo, cosa cheovviamente ho fatto. Sin qui nulla distrano, se non che mi ha fatto assaipiacere.Le cose per me sono cambiate di colpoquando ho ricevuto la mia copiaomaggio.Tralascio a tutti voi la botta di autostimache mi ha trasferito trovarmi tra volti dame noti della… mitologia: Enzo Spaltro(non dico niente…), Oscar di Montigny(Banca Mediolanum), Mario Silvano (elui è il ‘guru’ delle vendite…), MarioFurlan (come motiva lui…), ToniBrunello (il nostro mitico CMC-APCOdel ricambio generazionale) e altri.

Calma, non sono caduto così inbasso… non è per questo che vi scrivo.Ciò che mi ha letteralmente colpito alcuore sono i brevi curricula attraverso iquali venivano presentati altr iprofessionisti (che, me ne scuso, nonconoscevo) e che hanno scritto coseinteressantissime sulla rivista.Mi sono confrontato con un universo didiversità ed eterogeneità, mondid i s t a n t i , p a r a l l e l i , a n t i t e t i c i(apparentemente) che spingono tuttiverso… la consulenza direzionale!

Ve ne sintetizzo alcuni (e mi scuso siacon coloro che non ho citato sia concoloro che ho citato, perché hosintetizzato i loro curricula).

Paolo Bianchi: antropologo e studiosodi neuroscienze, si occupa diconsu lenza manager ia le e d iformazione da vent’anni.Fra i suoi corsi più richiesti c’è ‘Abbey

(www.venderedipiù.it)

Programme’, formazione managerialenei Monasteri Benedettini.

Francesco Varanini: esperienze daantropologo, successivi incarichi nellaformazione manageriale, informationtechnology, marketing e direzione dicase editrici. Ferdinando Azzariti:ventennale esperienza di formazione econsulenza manageriale, curatore delSalone di Impresa, ha al suo attivo 22pubblicazioni.

Francesco Marcolin: psicologo dellavoro, ergonomo europeo certificatoEur.Erg, professore a contratto pressol’Università di Udine.Ripeto, ne ho estratti solo alcuni comepretesto.

Un universo di eterogeneità, non vero?Un mare di strade differenti cheportano tutte alla vendita, allac o n s u l e n z a e / o f o r m a z i o n emanageriale. Percorsi strani e curiosiche portano tutti a cambiare-migliorarele persone e le organizzazioni. E allora,che cosa è uguale? Che cosa è diverso?Che cosa è giusto e cosa è sbagliato?Qual è la strada maestra (ammesso cheesista)?

Volevo essere serio sino alla fine, manon ce la faccio e allora vi ricordo che,come ha giustamente fatto notareMaslow: “Se l’unico arnese della tuacassetta è un martello, molte cosecominceranno ad apparire simili achiodi”. E questo ci ricorda che èmeglio avere differenti strumentiprofessionali e mentali. Ma non è tutto:se qualcuno vi avesse detto cinqueanni fa che entro breve tempo unpresidente afroamericano degli StatiUnit i avrebbe dichiarato pub-blicamente che “l’unica azienda ingrado di salvare la Chrysler dalfallimento è la Fiat”, che cosa avrestepensato?

Visto come è facile essere preda deiluoghi comuni, dei pregiudizi? Quindi,concludendo: che cosa è diverso?E poi, diverso da chi?

i n s i e m e a t t r a v e r s o o l t r e

Rivista dei consulenti di managementIRRIVERISCO

www.apcoitalia.it 16

nusbaconsultingclub.com

�ommarioNumero 3 - marzo 2010

Rivista bimestrale di APCO, Associazione Professionale Italiana dei Consulenti di Di-rezione e Organizzazione. Supplemento al n. 10, ottobre 2012 di Harvard Business Review Italia. Proprietario: APCO (Associazione Pro-fessionale Italiana dei Consulenti di Direzione e Organizzazione), Corso Venezia 49, 20121 Mi-lano, tel. 02 7750449, fax 02 7750427, [email protected], www.apcoitalia.it. Editore: Stra-tegiqs Edizioni, Nirone 19, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitato editoriale: Marco Beltra-mi (direttore editoriale), Francesco D’Aprile, Rita Bonucchi, Fabio Di Stefano, Marco Granel-li, Egidio Pasetto, Giovanni Sgalambro. Diretto-re responsabile: Enrico Sassoon. Registrazione Tribunale Milano n. 217 del 21/3/2005. Progetto grafico editoriale: astralys srl.

ommarioNumero 10 - Ottobre 2012

EditorialePiù forti dopo la crisi

RiflessioniLicenziamento: frammenti di vissutoLa consulenza dentro la crisiCrisi: evoluzioni e opportunità

IrriveriscoStartupping the future!

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Socio APCO

Non sono mai stata eccessivamente garanti-sta né ho mai ritenuto “illecito” licenziare. Ho sempre creduto fosse strumento necessario a permettere un’auspicabile flessibilità e possibilmente garante di una qualche meri-tocrazia. Per questo, devo ammettere, credo di aver anche pensato che chi viene licenzia-to in fondo in fondo qualche responsabilità la abbia e che nessuna azienda si tagli il braccio destro prima del sinistro.Per fortuna poi c’è la vita che aiuta a spazzare via i preconcetti e a darti una sonora lezione. Perché la realtà può essere anche un’altra e in una fase storica come questa dove sempre più dirigenti (ad esempio in Lombardia oltre il 20%) è forzatamente a spasso, capire qualco-sa in più di questo fenomeno pare doveroso.Una prima cosa che si impara essendo licen-ziati è che non importa quanto “attrezzati” si sia per affrontare questo evento a livello in-dividuale, né quanto si fosse o meno legati all’azienda in modo viscerale o quanto biso-gno si avesse di quell’entrata mensile. Perde-re il lavoro è in ogni caso un trauma, vissuto e percepito in modi e tempi diversi, ma co-munque un trauma profondo per tutti.Qualcuno in questi mesi mi ha detto che il suo terapista lo aveva consigliato di stare alla larga da chi ti pungola a metterti tutto alle spalle al più presto. Credo sia giusto per-ché non è sempre così facile farlo e occorre essere pazienti con se stessi. Si tratta di un lutto che va metabolizzato con i suoi tempi e i propri modi e chi non riesce a capirlo va la-sciato perdere. Ti accorgi presto che non tut-ti, affetto e stima a parte, sanno capire cosa dire e come starti vicino. Impari ad accetta-re che sei stato licenziato e per molti il solo commento sensato da farsi e’ “Periodaccio. Succede a molti”. E tu hai finito di essere tu, con la tua storia.

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Licenziamento: frammenti di vissuto

E’ poi vero che chi ti sta attorno ha necessità di rimettere le caselle in ordine e ristabilire una qualche normalità. Però la tua non c’è più. La tua vita di prima non c’è più. Non ci sono più, in un istante, le cose belle che hai creato in tanti anni e quello che tu rappre-sentavi all’interno della tua organizzazione per le persone con cui tanto hai condiviso nel tempo. Queste cose ti sembrano improvvisa-mente e irrimediabilmente evaporate e pur-troppo in parte lo sono, seppure le relazioni vere e ciò che di buono si è fatto io voglio cre-dere lasci una traccia. Il mondo però continua a girare, gli ex colle-ghi sono costretti a rimettere insieme un loro quadro all’interno del quale in fondo per te ci sarà qualcosa di meglio e ti rimetterai pre-sto in sesto. Tutti hanno bisogno di liquidare quanto accaduto e riconciliarsi con la propria routine nel modo più armonico possibile. Così rimani un po’ tu quello esterno, a vivere una vita che non ti pare neanche più la tua, a dover improvvisare ragionamenti su cosa fare da grande dopo aver per anni abdicato all’azienda, tutta la tua capacità di essere in-dipendente e la tua imprenditorialità.Tu che eri abituato a gestire complessità enormi, ti trovi in 10 minuti senza computer, i tuoi dati, i contatti, la mail, il tuo telefono, l’auto e inciampi in complicazioni stupidissi-me anche solo per riportarti a un primo gra-do di semiequilibrio.Sembrano sciocchezze ma non è banale ac-cettare di non riuscire a fare una telefonata perché la scheda acquistata al volo quel fa-tidico giorno tornando dall’ufficio non ha at-tivato la portabilità come promesso, per cui non funziona, il credito che hai caricato non c’è, la linea dati nemmeno. Ti ritrovi come un teenager a sperare che siano gli altri a cercarti perché tu sei isolato dal mondo nel momento in cui forse avresti più bisogno di parlare con qualcuno. Molti hanno requisito telefoni e PC regalati ai figli o preso in pre-stito la macchina di parenti e amici. Quella macchina che rappresentava anche l’indi-pendenza e che ora non sai se abbia senso ricomprare prima di aver almeno capito cosa sarà di te. E lo stesso vale per tutto il resto perché non c’è niente di complesso, ma l’ef-

fetto sorpresa e l’incertezza del futuro rendo-no difficili le scelte e ti portano a tenere tutto in sospeso. Comperare un’auto o aprire una polizza assicurativa non si riescono a confi-gurare come scelte temporanee.Procede tutto in questo strano modo, con giornate spese a capire cosa ti sei perso per strada fino a correre il rischio di schiantarti al casello perché si sono dimenticati di dirti che con la carta di credito aziendale anche il tuo Telepass improvvisamente non funziona più e la sbarra non si alza… Schegge di ordinaria follia. Le giornate si ag-grovigliano su complicazioni inutili e tu che eri abituato a spostare montagne, ti trovi a riesumare una bici scassata dalla cantina e a sudare sette camicie al giorno immerso nell’atmosfera di una calda estate fuori da quel surreale clima che era il tuo habitat na-turale in ufficio, sempre uguale a se stesso, in tutte le stagioni dell’anno.A dispetto della razionalità, i primi giorni sono per tutti orrendi e per lungo tempo gli up and down continui sia nell’umore, sia nel-le forze, oltre al sonno perso e ai malesse-ri più vari, sono una triste costante. Il fisico è spolpato, prosciugato, inspiegabilmente senza forze. Se sei fortunato puoi sperare nella vicinanza di chi viva una situazione ana-loga e riesca a supportarti un po’ nei momen-ti in cui si sente un po’ meglio. Qualcuno che, come accaduto, venga a cer-carti pur non sapendo bene dove abiti, per tirarti fuori da giorni di completo isolamento in casa. Il resto del tempo sei solo stravolto e non hai neppure la forza di ricevere un’altra telefonata. Questo complica la ripresa e rallenta la ca-pacità di raccogliere le idee e rimettersi in sesto. Tra l’altro muovere un primo passo non è così banale. Inventarsi un lavoro op-pure scrivere un CV, aggiornare LinkedIn o contattare vecchie conoscenze è faticoso e spesso doloroso. Ti fa passare attraverso questo senso di perdita di identità infinite volte al giorno, costringendoti a spiegare chi fossi, cosa impossibile, o chi sei, cosa che tu stesso hai la necessità di definire. Inizialmente, la sofferenza sta nel dover spie-gare il ruolo che si aveva e nel rendersi conto

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3 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 10/2012

più sufficiente il modo in cui il tema è stato af-frontato fino a oggi. L’approccio dei quotidiani, che si accorgono della crisi dell’imprenditoria solo quando ci sono fatti eclatanti come il sui-cidio di un imprenditore, deve essere superato. Se vogliamo uscire da rappresentazioni limita-te legate solo a fatti drammatici, è necessario scattare una nuova fotografia della crisi che parta dall’esperienza quotidiana, dalla biogra-fia e quindi dalla dimensione soggettiva di chi fa i conti ogni giorno con le difficoltà. Solo così si è in grado di identificare servizi che possono aiutare il rilancio della consulenza.“E’ certo che c’è un cambiamento nell’a-ria. Non so cosa sarà, ma lo sento arrivare. Questo stato di incertezza ci fa tutti nervosi, non si sa come tirare avanti”. Questa frase di Steinbeck1, l’autore che ha descritto la gran-de crisi del ’29, rende bene il senso degli eventi in cui siamo coinvolti.Imprenditori e professionisti della consulenza che hanno lavorato sul concetto di cambia-mento, che propongono servizi alle organizza-zioni per gestire gli effetti del cambiamento, si trovano in una situazione paradossale. Maestri della gestione del cambiamento, sentono che la situazione sta cambiando, lo avvertono nei fatti, negli ordini che non arrivano. Ma la dif-ficoltà a individuare una risposta, un percor-so di uscita, produce gli effetti che la famiglia Joad, protagonista del libro di Steinbeck vive in modo drammatico. Quel “non so come tirare avanti” è un dubbio che molti consulenti co-noscono bene e hanno affrontato più volte nel corso di questi ultimi anni.Allora è utile capire cosa succede quando si è costretti a porsi la domanda che Tom Joad si faceva quasi un secolo fa. Il dubbio di cui ci parla Steinbeck è micidiale, esplosivo. E pro-prio per questo è utile entrare nel merito e ca-pire la fatica di chi è costretto a decifrare cosa e come fare, per uscire da una situazione in cui è difficile “tirare avanti”. Da questo punto di vista torna utile la lunghissima riflessione nata nel nostro paese a metà degli anni ‘80 a seguito della crisi della FIAT che ha avuto pesantissime ripercussioni sull’andamento dell’occupazione nel distretto torinese: milioni di ore di cassa integrazione per le aziende del gruppo torine-se e disoccupazione per le persone occupate

che nulla renda l’idea o sia recepito nella sua completezza. Successivamente, ti accorgi, a me è capitato la settimana scorsa, di non provarci neppure più. Riparti da capo e ac-cetti che ciò che vale è solo quel che sai fare. I successi del passato non contano più.Intanto impari a fare domanda di disoccupa-zione e richiesta di sussidio al Fasi. Tutte belle esperienze. Qualcuno mi ha an-che detto, e in quel momento ammetto di non averlo gradito molto, che finché non passi attraverso un licenziamento non sei davvero maturo, professionalmente. Ci sarà probabilmente del vero.Certamente sono molto veri la fatica e il do-lore attraverso cui si è costretti a passare che, seppur qualche volta difficili da capire appieno persino dagli interessati, ritengo siano emozioni che meritino attenzione e ri-spetto. Una ex collega qualche mese fa mi diceva di soffrire del fatto che i suoi figli non potessero più vederla come la donna di prima, quella che meritava stima e ammirazione e che era sempre stata per loro un esempio. Questi sentimenti possono parere assurdi, ma sono quelli che in realtà ti svegliano la notte e ti impediscono fino all’alba di riprendere sonno.Anche perché c’è tutto un altro pezzo di sof-ferenza che ciascuno di noi si carica e che, secondo i casi, può perfino essere più pesan-te della propria: è il dispiacere che sappiamo di generare in chi sta intorno, l’instabilità, la delusione e la paura della nostra famiglia che forse meno di noi può capire le dinamiche del nostro mondo e che ti carica dell’aspet-tativa enorme che tutto torni come prima al più presto. Così ci sono molti che addirittura non ne parlano in famiglia oppure ai genitori anziani o malati, per risparmiare loro un di-spiacere e si trovano a dover dissimulare i propri stati d’animo anche in casa per lunghi, interminabili periodi. Per fortuna non c’è solo questo e voglio an-cora pensare che certe esperienze fortifichi-no e preludano solo a qualcosa di meglio da qualche parte in serbo per tutti noi. È solo un peccato vedere che ognuno debba trovare da solo la propria strada per uscire da questo impasse, quasi si trattasse di una strada mai

RIFLESSIONI

battuta prima. Sarebbe auspicabile invece, proprio perché rimettere le cose in movimento ha un’iner-zia importante con cui misurarsi, disporre di qualche strumento di supporto più visibile ed efficace, una modalità più strutturata e si-stemica che ne faciliti tempi e buona riuscita.

Sergio Bevilacqua Esperto di politiche per l’impiego

“I clienti non si fan-no sentire, rinviano i lavori, mi dicono che trovano interessanti le

proposte, ma non ci sono i soldi e quindi non parte niente. Insomma, per i lavori che ho po-trei anche andarmene in vacanza già adesso che è marzo”. Questa è la crisi: fatturati che si riducono, ordini rimandati in continuazione, pochissime giornate fatturate, grandissimo la-voro commerciale che dà pochi risultati. E poi il grande problema della liquidità e dei costi fissi.Questa potrebbe essere la fotografia che ritrae la situazione di moltissime società di consulen-za, di grande e piccola dimensione, degli studi professionali e anche dei liberi professionisti. Il quadro che emerge non è certo idilliaco, anzi è di grande pesantezza, fatica e responsabilità. Nei confronti dei dipendenti, dei collaboratori. E ovviamente nei confronti dei propri familiari. Spesso il titolare di una società, da anni impe-gnato a sviluppare il proprio business, o il con-sulente con decenni di esperienza si trovano a chiedersi quali scelte fare, per uscire da una situazione stressante e a volte insostenibile.Ma perché parlare di questi argomenti corren-do il rischio di aggiungere altra ansia oltre a quella che c’è già? La scelta nasce dall’inten-zione di approfondire i risvolti della crisi che imprenditori e professionisti della consulenza si trovano a dover gestire. Approfondire vuol dire impadronirsi del problema, perché non è

La consulenza dentro la crisi

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Mirko Rossi, Senior Consulentpresso MRP

Quando, nella prima-vera del 2009, fummo convocati dall’ammi-nistratore delegato un brivido e una goccia di sudore percorse la mia

schiena. E’ un uomo di poche parole e ci co-municò semplicemente che si prospettava il rischio di fallimento e riduzione del personale. Il panorama mondiale lo conoscevamo tutti; nei primi mesi del 2008 in tutto il mondo, in seguito alla crisi finanziaria esplosa nell’estate del 2007, l’economia era in contrazione. Alla crisi finanziaria scoppiata si era innescata una recessione, iniziata nel secondo trimestre del 2008, e una grave stasi industriale. Nel 2009 una crisi economica generalizzata, pesanti re-cessioni e vertiginosi crolli di PIL in numerosi paesi del mondo avevano fatto il resto.Ora tutte quelle notizie si concretizzavano an-che in quella parte della periferia sud di Mila-no, nella “MIA” PMI di riferimento.  Io sono un

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arrivano in modo adeguato per mesi, le emo-zioni che indistintamente provano il titolare di una società o il singolo professionista sono assolutamente simili. Potremmo definirle in un’unica parola: panico. Con tutti i suoi deriva-ti: ansia, insonnia, difficoltà a fermarsi per ca-pire cosa fare. Fino all’amaro sentimento della scarsa considerazione del valore della propria professionalità. I titoli sono diversi ma ciò che accomuna chi perde il lavoro con chi “perde gli ordini” è una scarsa considerazione e valoriz-zazione di sé. E da qui è assolutamente neces-sario partire, per fornire un supporto efficace a chi non sa come “tirare avanti”. Perché la miscela esplosiva costituita dalla scarsa fidu-cia in sé e dall’ansia di risolvere la situazione in qualche modo, ha un esito sicuro: bloccare ogni elaborazione. Ma così come non è vero che il disoccupato è causa della propria si-tuazione, allo stesso modo il calo degli ordini del consulente non è dovuto unicamente a lui. E’ più probabile che la difficoltà a indivi-duare nuovi segmenti di mercato, a leggere le nuove tendenze del mercato e la domanda dei clienti siano i motivi che rendono difficile un riposizionamento dell’offerta di servizi.Se dalla crisi si esce solo immaginando nuo-ve strade e nuovi servizi come fanno titolari e singoli professionisti ad acquisire quella si-curezza che è fondamentale alla definizione di una nuova strategia? Questo è il tema cui è necessario dare una risposta per evitare la dispersione di un patrimonio di competenze e per evitare sofferenze individuali. Ma a diffe-renza della lontana crisi della FIAT disponiamo ora di criteri per capire cosa fare. Supportare la definizione di un riposizionamento implica un sostegno dal punto di vista strategico. Ma come abbiamo visto questa elaborazione non può rimanere unicamente nell’alveo della di-mensione razionale. E’ necessario prendere cura dell’aspetto emotivo che riguarda l’auto-stima e l’identità del consulente. Sicuramente affrontare i temi in modo esplicito aiuta perché consente di approfondire le que-stioni legate alla gestione del cambiamento che la crisi impone. E se “c’è un cambiamento nell’aria”, se riguarda il riposizionamento dei propri servizi e non quello dei clienti, quindi un tema molto vicino al consulente e alla sua

nell’indotto. In quegli anni, anche loro caratte-rizzati da un numero impressionante di suicidi, ha inizio una riflessione sul concetto di perdita del lavoro2. Gli studi sul tema rimangono con-finati nell’ambito della psicologia e psichiatria, si approfondiscono gli aspetti legati alla pato-logia: le dipendenze che si alimentano in una situazione di stress elevato, la depressione. Chi si occupa di politiche del lavoro sembra però non accorgersi di queste riflessioni. I primi a mostrare attenzione a questi problemi sono, anni dopo, i servizi nati dagli enti locali per so-stenere le persone che hanno perso il lavoro e per favorirne il rientro, i cosiddetti servizi per l’impiego. Sono rivolti unicamente a dipenden-ti disoccupati e l’obiettivo è favorire il reinse-rimento in un rapporto di lavoro dipendente. Non c’è spazio per il lavoro autonomo e men che meno per attività di tipo consulenziale.Questi servizi agli inizi degli anni ‘90 comin-ciano a riflettere sul concetto di perdita del lavoro, si capisce che questo non è un even-to cui la persona può reagire con un approc-cio unicamente razionale. Ci si rende conto che la perdita di lavoro è innanzitutto la per-dita di un’identità professionale che mette in crisi la persona esclusa dall’azienda, ma non solo da essa. La perdita del lavoro coincide infatti con l’esclusione da una comunità più ampia, caratterizzata da stili di vita, tempi, modalità comunicative: ciò che definisce in senso ampio il mondo del lavoro3.Si comincia a pensare anche al lavoro auto-nomo, intravisto esclusivamente come solu-zione per alcune persone che hanno perso il lavoro dipendente4. Il mondo della consu-lenza è comunque escluso dalle riflessioni sulle difficoltà della perdita del lavoro, come se i consulenti non avessero problemi legati al calo degli ordini e come se per loro non potessero essere utili servizi di supporto.Ma cosa succede all’imprenditore e al pro-fessionista nel momento in cui si pongono l’interrogativo che Steinbeck esprime in modo così significativo?Succedono alcune cose che hanno notevoli similitudini con quelle che vive il dirigente o il quadro che perde il proprio lavoro. Quando l’ordine non arriva, la frustrazione è un senti-mento inevitabile. Ma quando gli ordini non

Crisi: evoluzioni e opportunità

identità professionale, allora è importante che sia attrezzato a gestirlo.

Note.1. John Steinbeck, “Furore”. Bompiani, 1939.2. Paolo Crepet, “Le malattie della disoccupazione”.

Edizioni lavoro, 1990.3. Sergio Bevilacqua, Lella Brambilla, “Identità

professionale e accompagnamento degli adulti non occupati nel processo formativo” in Professionalità n°28, luglio-agosto 1995.

4. S. Baia Curioni, S. Bevilacqua, J. Haim, C. Marabini, A. Steli, “Le determinanti dell’apprendimento imprenditoriale”, Formaper 1993.

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5 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 10/2012

tà e tanta fatica, cresce giorno per giorno dimostrando a sé, ovvero agli affiliati, ma soprattutto al mercato, che operando in modo etico, con valori semplici e sinceri, si possono affrontare e superare i momenti difficili. MDM è sostanzialmente l’evoluzione della missione MRP, ovvero un mio sogno, poi trasformato in obiettivo e ora realtà: contribuire in modo energico e attivo allo sviluppo dei servizi in outsourcing, che le aziende chiedono al mercato, con valori tanto semplici, quanto spesso dichiarati da molti e mantenuti da pochi. L’IMPRENDITORIALITÀ è un valore. Le im-prese, attraverso processi di trasformazione, creano valore; l’identità non è data dalla pro-duzione di beni o servizi, ma dalla titolarità di una gestione che produce valore attraverso qualità dei processi. Perseguire, sostenere, diffondere, far crescere la cultura d’impresa è un valore, sia verso l’interno sia verso l’esterno.La CONTINUITÀ è un valore. L’impresa ha come scopo e valore fondamentale la sua continuità nel tempo, perseguibile solo an-dando oltre la logica del risultato immedia-to, per raggiungere la più efficace stabilità e continuità del risultato stesso. L’impresa ha per dote lo sviluppo inteso come cresci-ta qualitativa e non necessariamente solo quantitativa del valore dell’impresa.Il MERCATO è un valore. L’impresa sceglie il libero mercato come l’ambiente più favore-vole per ottenere una vera e reale continui-tà; il mercato va regolato solo per evitare di-storsioni. Per converso, in un libero mercato sono legittimate solo le imprese competiti-ve, in grado cioè di produrre un progressivo sviluppo con un ottimale impiego di risorse.Il SISTEMA D’IMPRESA è un valore. Fare si-stema tra le imprese e i professionisti è una necessità oltre che un’opportunità poiché la competizione richiede di allungare la ca-tena del valore creando sempre più ampi e trasversali collegamenti. Essere nel TERRITORIO e nel SETTORE è un valore. L’impresa è forte e competitiva se è in grado di confrontarsi e di competere nel proprio settore di business, ma anche se è fortemente radicata nel territorio, sia dal punto di vista culturale sia operativo.

riempie loro il ventre, indebolisce le loro ambizioni e rafforza le loro ossa. Fa sempre sì che il suo popolo sia senza astuzia e desi-deri e che gli abili abbiano paura ad agire”. Nelle notti rubate al sonno per le forti pre-occupazioni i manoscritti aumentavano, rileggevo i faldoni delle idee che da anni collezionavo con maniacale stile di archi-viazione e confusione, ispirazioni e possibili soluzioni si visualizzavano. La svolta avven-ne nell’estate del 2009. Le idee raccolte erano sufficienti per passare all’azione.Avevo forse colto l’opportunità celata all’in-terno della crisi? I fatti e il tempo lo avreb-bero dimostrato. Era il momento di agire, di creare e coinvolgere una squadra nella concretizzazione di questo progetto ritor-nando agli albori dei principi economici ovvero il principio del baratto, sfida nella sfida. Il mio mantra professionale di cer-care di lavorare con una realtà forte e con forti contenuti da sviluppare era evoluto, dovevo crearlo e venderlo. Gli ordini nel frattempo continuavano a diminuire e si era giunti ormai alla fine del 2009. Alcuni col-leghi si erano dimessi, l’azienda aveva rag-giunto lo scopo di abbassare i propri costi interni e lo stress diminuì.Continuavo di giorno a lavorare per portare ordini e fatturato a Milano e la notte toglie-vo ore al sonno per lanciare definitivamente a inizio 2010 la “mia” MDM. Le competenze sono condizioni necessarie, ma non sufficien-ti. Bisogna avere la capacità di lottare. Anche il giusto equilibrio tra teoria ed esperienza sul campo aiuta a ipotizzare le dinamiche future; e ancora, non possono mancare grinta, en-tusiasmo, voglia di imparare, confrontarsi e capacità di persuadere e di ammaliare gli altri con i progetti, di trasmettere la visione, per-ché da solo non vai da alcuna parte.Ora, nel 2012 la crisi è più critica del 2009 a livello internazionale e nazionale, ma sul mercato è presente una realtà chiamata MDM, network di aziende e professionisti, specializzati nei propri settori e con un uni-co obiettivo: proporre soluzioni alle esigen-ze dei clienti. L’azienda di Milano è tornata a essere in crisi, come del resto moltissi-me altre in questo anno. MDM, con umil-

animale strano, privilegio la partnership con il mercato piuttosto che l’aggressione finalizza-ta alla singola vendita. Abituato da sempre a vendere soluzioni e non prodotti con questo mio approccio, in momenti di crisi, mi nego quindi una veloce alternativa.Nella mia mente le possibili soluzioni passa-vano veloci, ci si confrontava con i colleghi su come poter assieme risolvere la situazio-ne; ognuno di noi conosceva, forse meglio dell’imprenditore stesso, le responsabili-tà interne oltre a quelle esterne. Quando il mercato funziona si commettono errori, leggerezze e negligenze che in momenti di recessione vengono al pettine. Successe la più classica e squallida delle reazioni umane in situazioni di forte stress e pericolo: iniziò lo sport preferito dopo il calcio, lo scarica barile. Ognuno cercava di pugnalare l’altro cercando di realizzare la celeberrima locu-zione latina Mors tua vita mea. Io mi limitavo alla difesa personale e di ruolo e assestavo piccoli colpi di fioretto cercando soluzioni e non il capro espiatorio da sacrificare. Già, ma che cosa fare? Gestire e superare tutte le emozioni negative personali e del gruppo fu la prima fase. Poi arrivò l’idea! Dimostrare che concretizzare le 3 citazioni, da tempo mie compagne, era la soluzione di questo consulente di provincia da anni al servizio della metropoli milanese. Le scrissi su un foglio bianco, a biro; era forse la prima volta dopo tanto tempo che toglievo le dita dalla tastiera e tornavo a scrivere a penna così tanto. Eccole, erano lì, al centro del fo-glio, mi guardavano con aria di sfida:1) Scritta in cinese la parola crisi è composta da due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro raffigura l’opportunità (John F. Kennedy);2) Le parole insegnano, gli esempi trascina-no. Solo i fatti danno credibilità alle parole (Sant’Agostino);3) Chi sa fa, chi non sa insegna (Lao Tsu).Riflessioni, flash e tentate soluzioni affol-lavano la mia mente. Interessante era an-che constatare come il pensiero del Tao Te Ching, separato dal contento iniziale e in-serito in quello aziendale, poteva essere il manifesto del cattivo manager: “Nel gover-no del saggio, egli tiene vuoti i loro cuori,

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Startupping the future!tersi in mostra. Come sappiamo non tut-ti hanno lo spirito imprenditoriale perciò sarebbe ingiusto dire che con le startup si risolvono i problemi della disoccupa-zione ma nel caso qualcuno dei letto-ri abbia lo spirito giusto, beh questo è certamente il momento più propizio per iniziare a sviluppare un’idea, costruirci attorno un business plan e presentarla a potenziali partner finanziari e industria-li.” Grazie Emil, credo che questa possa essere una grande opportunità per tutti i lettori.

Ma concludiamo con qualche stranez-za. Conoscete i notai, professionisti celebri per il reddito sicuro, fissati alle norme e distanti dal rischio. Ebbene, pensate un po’ che un carissimo ami-co, Carlo Brunetti (blasonato notaio), folgorato dalle start-up, dedica molto del suo tempo a www.italianangels.net e si è trasformato in un investito-re seriale in start-up. Pensa te come cambia il mondo! Ascoltiamo qualche consiglio che Carlo ci propone diret-tamente da questo link www.wamda.com/web/uploads/resources/Startup_Genome_Report.pdf.

a) Many investors invest 2-3 times more capital than necessary; b) Solo founders take 3.6 times longer to reach scale sta-ge; c) Balanced teams with one technical founder and one business founder raise 30% more money; d) Startups need 2-3 times longer to validate their market than most founders expect.

E poi ricordiamoci che: “Se tutto ciò che fai funziona senza problemi, significa che non ti stai assumendo molti rischi e quindi, probabilmente, non stai facendo nulla di innovativo”. (P. Buchheit, ideatore di Gmail).

Ho una bella foto sul desktop: una visio-ne della Terra presa dalla Luna e fa sem-pre una forte impressione guardarla. Ma sì, dai, vedersi da un punto di vista completamente diverso, così sperduti in tutto questo spazio, in tutte queste pos-sibilità quantistiche che in gran parte ci perdiamo. Mentre molti stanno sempre lì a occuparsi del solito tran-tran, un universo di immensa potenza creativa si muove intorno a noi. Creazione, innova-zione, trasformazione... lo start up, che bei concetti! Sono immagini irriverenti, sono momenti vitali nei quali risiede la sopravvivenza di tutti noi e cioè: il cambiamento. Alla faccia di quelli che ti dicono: “..chi lascia la strada vecchia non sa cosa trova...”. Oggi parliamo di strade nuove, di start-up e lo facciamo con un amico molto interessante, Emil Abirascid, che ha molto da dirci avendo creato www.startupbusiness.it. “Grazie Marco, è un piacere condividere spunti e riflessioni su questo fenomeno delle startup e parto proprio da Startupbusi-ness. È una creatura con due anime: una è il network, la piattaforma dove chi fa startup, chi fa impresa, chi finanzia, chi sostiene lo sviluppo dell’innovazione si incontra, condivide opinioni, idee, pro-poste, eventi e molto altro, è l’anima più privata, quella accessibile ai membri del network e che eroga pure una serie di servizi e opportunità grazie anche ai tanti partner che abbiamo. La seconda anima è quella pubblica, quella delle news che pubblichiamo sia in italiano sia in inglese (unici a farlo), per tenere il mondo informato di quanto avviene qui da noi in Italia in questo scenario. È anche un punto di partenza per chi in-tende avvicinarsi al mondo delle startup innovative e non solo quelle che hanno progetti nell’ambito digitale, ma anche in biotecnologie, nuovi materiali, robo-

tica, energie alternative e tantissimi al-tri che sono di interesse non solo per il mercato, ma anche per imprese più ma-ture che sono a caccia di innovazioni e di persone che queste innovazioni le sanno fare perché, caro Marco, la sola idea non è sufficiente, per poter sperare di ave-re successo; servono le competenze, lo spirito di sacrificio, la voglia di metter-si in gioco al cento per cento. Ho anche creato altre iniziative come la rivista In-nov’azione e l’area delle startup in seno a Smau che si chiama Percorsi dell’inno-vazione (dal 17 al 19 ottobre 2012 presso Fieramilanocity). Ho quindi una sorta di attrazione magnetica verso questo mon-do che è pieno di opportunità ma anche di contraddizioni, di promesse, oltre che di falsi miti. Oggi va pure di moda e la qual cosa è un bene perché tutti ne par-lano, ma è anche un male perché stanno salendo a bordo di questo treno anche organizzazioni il cui unico scopo è met-

IRRIVERISCO

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Marco Granelli - - socio Apco-CMC

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1 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 12/2012

Internazionalizzarsi?Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

• i paesi in cui le aziende italiane deloca-lizzano, per esempio la Romania, e dove una consulenza italiana può essere rite-nuta più affidabile dalla proprietà;

• i paesi in crescita in cui le aziende ita-liane vorrebbero entrare e l’accompa-gnamento di un consulente italiano, se competente e con adeguata esperien-za, può essere di grande aiuto.

Difficile invece entrare nei mercati dell’Eu-ropa occidentale, dove l’immagine del nostro paese non ci favorisce. Ma le pos-sibilità ci sono e la nostra consulenza, per flessibilità e assenza di arroganza, può e deve crescere verso questi merca-ti. Bisogna prepararsi e alle competenze consulenziali occorre aggiungerne altre linguistiche ma anche conoscenze delle dinamiche interculturali, delle abitudini e dei comportamenti tipici dei mercati in cui si va a operare.Questo numero di Meta ci offre testimo-nianze, stimoli e spunti su cui ragionare, di taglio e origini diverse.

Ora tutti all’estero!

Si fa presto a dire di “internazionalizzarsi”, ci sono in mezzo problemi di cultura, inve-stimenti, difficoltà con la lingua! Eppure è una delle aree su cui bisogna credere ed avere il coraggio di impegnare risorse.Storicamente i consulenti italiani hanno lavorato poco all’estero. La consulenza è di cultura anglosassone e noi abbiamo sofferto di questo, abbiamo sofferto di un modello industriale del paese difficilmente replicabile, abbiamo un’immagine di una nazione poco organizzata e poco struttu-rata e poi, non neghiamo, c’è un problema di lingua (non è facile fare consulenza in una lingua straniera: occorrono proprietà di linguaggio, precisione, comunicare e capire tutte le sfumature di pensiero!)Tutto questo ha fatto sì che esperienze significative di consulenti o di società di consulenza italiane all’estero siano ridot-te. Ci sono stati singoli casi di successo, alcune società hanno avuto buoni riscontri per le loro attività internazionali, ma in ge-nerale la consulenza italiana è poco orien-tata all’estero. Chi è cresciuto oltreconfine è cresciuto seguendo i clienti italiani.Viceversa, siamo un mercato dove con-sulenti stranieri operano in maniera mas-siccia e stiamo provando solo ora, timida-mente, a esportare competenze. Gli assi di espansione internazionale, fino-ra seguiti dalla consulenza italiana e che mantengono significativi margini di svilup-po per i prossimi anni, sono quattro: • i paesi latini, per esempio Spagna e Sud

America, dove la lingua non è una bar-riera, l’economia Italia ha un’immagine positiva e la nostra cultura è apprezzata;

• il bacino del Mediterraneo, dove l’e-conomia è in crescita e la consulenza tricolore può risultare competitiva per prezzi e competenza;

Per tanti anni aspettavo l'uscitabimestrale di Meta con curiosità; michiedevo sempre che cosa vi avreitrovato, quale stimolo.Meta è per me uno dei punti forti diAPCO, una lettura agile e stimolante,qualcosa di prezioso da preservare esviluppare. Ora ho il piacere di aprirequesto primo numero del 2010 e lofaccio con con orgoglio e conl'impegno a cercare comunque dimigliorare ancora Meta, di renderlosempre più luogo di incontro ediscussione fra tutti i consulenti.

Come linea editoriale vogliamoaffrontare, nel 2010, il futuro dellaconsulenza, quali sono i temi difrontiera che si aprono di fronte a noi,provare a capire quali nuove sfide siavvicinino e quali professionalità sianonecessarie. Desideriamo avere ancorpiù dialogo con voi lettori, ci servesapere cosa ne pensate. Abbiamoc r e a t o l a c a s e l l a d i p o s t a

proprio perricevere i vostri commenti e i vostrisuggerimenti.Venendo a questo numero, parleremodi “d ivers i tà” , tema sf idante ,complesso, che non esauriremoprobabilmente in una sola uscita. È unargomento ricco, ampio, che ci toccaprofessionalmente ma anche nel nos-tro intimo, nel nostro “personale”.Le dimensioni sono molteplici: genere,razza, età, orientamento sessuale,religione… Nell'affrontare il tema simescolano pregiudizi, problemi sociali,normative, mode. Le aziende nonsanno se si tratti di minaccia oopportunità.Servono consulenti di direzionemoderni, preparati, in grado diindirizzare le aziende ad affrontare consuc- cesso il problema, consulenti che

[email protected]

Meta: uguale e… diversa

Egalité, fraternité…diversité

aiutino a trasformare la diversità inricchezza.

Io personalmente credo molto inquesto tema, è un punto che ho trattatoanche nel discorso all'assemblea del 20novembre; sostenevo che per APCO è“di grande attualità vivere la diversitàcome una ricchezza, cercare ciò cheunisce e avvicina i diversi consulenti didirezione rispetto a ciò che li distingue.Siamo fra noi diversi per cultura, perambito di att ività, per bacinogeografico, per età, per formecontrattuali… mettere tutto questo afattor comune ci può solo aiutare”.Analogamente per le aziende: ladiversità è una ricchezza, un tesoro cheperò deve essere trovato. I consulentidevono aiutarle a fare questo salto, acapire il mondo e la società in cui si op-era adesso.In questo numero di Meta abbiamoquattro contributi: Ivan Scalfarottopresenta lo scenario e gli spazi per laconsulenza mirata alla diversità, RitaBonucchi ci propone alcune esperienze

Editoriale

Metariflessioni

Le cose cambiano

Nei fatti

Irriverisco

Meta: uguale e...diversa 1

L'opportunità della diversity 2

Consulenti, PMI e diversity 3

Costruire nella diversità 4

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Meta - n° 3/2010

Editoriale di Marco Beltrami - Presidente APCO - [email protected]

Marco Granelli

Rivista bimestrale di APCO, AssociazioneProfessionale Italiana dei Consulenti diDirezione e Organizzazione. Supplementoal n. 3, marzo 2010 di Harvard BusinessReview Italia. Proprietario: APCO(Associazione Professionale Italiana deiConsulenti di Direzione e Organizzazione),Corso Venezia 49, 20121 Milano, tel. 027750449, fax 02 7750427,[email protected], www.apcoitalia.it.Editore: StrategiOs Edizioni, Via Lanzone2, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitatoeditoriale: Marco Beltrami (direttoreeditoriale), Francesco D'Aprile, RitaBonucchi, Fabio Di Stefano, MarcoGranelli, Egidio Pasetto, GiovanniSgalambro. Direttore responsabile: EnricoSassoon. Registrazione Tribunale Milano n.217 del 21/3/2005

A volte gli amici ti aiutano a entrare incontatto con situazioni interessanti, leconoscenze professionali ti portano incontesti che mai avresti pensato, tiobbligano a confrontarti con mondiperfettamente simili al tuo che peròsono nati e si sono sviluppati in unambito completamente diverso.Come da premesse è successo anche ame. Recentemente sono statocontattato da Sebastiano Zanolli che hal a n c i a t o u n a n u o v a r i v i s t a

e mi ha pregatodi produrre un articolo, cosa cheovviamente ho fatto. Sin qui nulla distrano, se non che mi ha fatto assaipiacere.Le cose per me sono cambiate di colpoquando ho ricevuto la mia copiaomaggio.Tralascio a tutti voi la botta di autostimache mi ha trasferito trovarmi tra volti dame noti della… mitologia: Enzo Spaltro(non dico niente…), Oscar di Montigny(Banca Mediolanum), Mario Silvano (elui è il ‘guru’ delle vendite…), MarioFurlan (come motiva lui…), ToniBrunello (il nostro mitico CMC-APCOdel ricambio generazionale) e altri.

Calma, non sono caduto così inbasso… non è per questo che vi scrivo.Ciò che mi ha letteralmente colpito alcuore sono i brevi curricula attraverso iquali venivano presentati altr iprofessionisti (che, me ne scuso, nonconoscevo) e che hanno scritto coseinteressantissime sulla rivista.Mi sono confrontato con un universo didiversità ed eterogeneità, mondid i s t a n t i , p a r a l l e l i , a n t i t e t i c i(apparentemente) che spingono tuttiverso… la consulenza direzionale!

Ve ne sintetizzo alcuni (e mi scuso siacon coloro che non ho citato sia concoloro che ho citato, perché hosintetizzato i loro curricula).

Paolo Bianchi: antropologo e studiosodi neuroscienze, si occupa diconsu lenza manager ia le e d iformazione da vent’anni.Fra i suoi corsi più richiesti c’è ‘Abbey

(www.venderedipiù.it)

Programme’, formazione managerialenei Monasteri Benedettini.

Francesco Varanini: esperienze daantropologo, successivi incarichi nellaformazione manageriale, informationtechnology, marketing e direzione dicase editrici. Ferdinando Azzariti:ventennale esperienza di formazione econsulenza manageriale, curatore delSalone di Impresa, ha al suo attivo 22pubblicazioni.

Francesco Marcolin: psicologo dellavoro, ergonomo europeo certificatoEur.Erg, professore a contratto pressol’Università di Udine.Ripeto, ne ho estratti solo alcuni comepretesto.

Un universo di eterogeneità, non vero?Un mare di strade differenti cheportano tutte alla vendita, allac o n s u l e n z a e / o f o r m a z i o n emanageriale. Percorsi strani e curiosiche portano tutti a cambiare-migliorarele persone e le organizzazioni. E allora,che cosa è uguale? Che cosa è diverso?Che cosa è giusto e cosa è sbagliato?Qual è la strada maestra (ammesso cheesista)?

Volevo essere serio sino alla fine, manon ce la faccio e allora vi ricordo che,come ha giustamente fatto notareMaslow: “Se l’unico arnese della tuacassetta è un martello, molte cosecominceranno ad apparire simili achiodi”. E questo ci ricorda che èmeglio avere differenti strumentiprofessionali e mentali. Ma non è tutto:se qualcuno vi avesse detto cinqueanni fa che entro breve tempo unpresidente afroamericano degli StatiUnit i avrebbe dichiarato pub-blicamente che “l’unica azienda ingrado di salvare la Chrysler dalfallimento è la Fiat”, che cosa avrestepensato?

Visto come è facile essere preda deiluoghi comuni, dei pregiudizi? Quindi,concludendo: che cosa è diverso?E poi, diverso da chi?

i n s i e m e a t t r a v e r s o o l t r e

Rivista dei consulenti di managementIRRIVERISCO

www.apcoitalia.it 16

nusbaconsultingclub.com

�ommarioNumero 3 - marzo 2010

Rivista bimestrale di APCO, Associazione Professionale Italiana dei Consulenti di Di-rezione e Organizzazione. Supplemento al n. 12, dicembre 2012 di Harvard Business Review Italia. Proprietario: APCO (Associazione Pro-fessionale Italiana dei Consulenti di Direzione e Organizzazione), Corso Venezia 49, 20121 Mi-lano, tel. 02 7750449, fax 02 7750427, [email protected], www.apcoitalia.it. Editore: Stra-tegiqs Edizioni, Nirone 19, 20123 Milano, www.hbritalia.it. Comitato editoriale: Marco Beltra-mi (direttore editoriale), Francesco D’Aprile, Rita Bonucchi, Fabio Di Stefano, Marco Granel-li, Egidio Pasetto, Giovanni Sgalambro. Diretto-re responsabile: Enrico Sassoon. Registrazione Tribunale Milano n. 217 del 21/3/2005. Progetto grafico editoriale: astralys srl.

ommarioNumero 12 - Dicembre 2012

EditorialeInternazionalizzarsi?

RiflessioniAndare all’estero con curiosità e metodo, ma cambiando pelle La strategia “glocal” di Datalogic: opportunità per i partner consulenziali

In profonditàSimest, così crescono le pmi italiane all’estero Bers firma il modello vincente per tutti

Irriverisco……e prendete più gamberi!!!

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Page 29: Apco - Un anno di Meta 2012

Innovazione e internazionalizzazione sono percepite dalle imprese come le due princi-pali aree cui prestare attenzione per ritornare a fare fatturato e profitti. Si hanno spesso idee abbastanza chiare quando si parla di innova-zione in area manageriale, di prodotto e di processo; il tutto diventa più fumoso quando si parla di internazionalizzazione, intenden-do qui per internazionalizzazione soprattutto lo sviluppo commerciale nei mercati Bric e Middle East. In ambito consulenziale e ac-cademico si dispone di metodi e riferimenti quando si sviluppano progetti di innovazione; nulla invece quando si approcciano progetti di internazionalizzazione. Ciò è ulteriormen-te confermato dal dramma che sta vivendo oggi il nostro paese nella ridefinizione di una nuova strategia, a sostegno della internazio-nalizzazione delle nostre imprese, sulla base della quale ridisegnare in modo credibile ruo-li e funzioni dei maggiori player istituzionali coinvolti: ambasciate, Ice, Simest, sistema camerale, istituzioni finanziarie; io ci aggiun-go anche e deliberatamente il sistema della consulenza.Internazionalizzarsi in quei paesi significa entrare e radicarsi in nuovi mercati. Significa avere una value proposition che venga accet-tata, condivisa e comprata; significa che il si-stema della produzione, della distribuzione, della comunicazione e della conoscenza nel paese target ci riconosca e garantisca per noi. Tutto questo è un approccio completa-mente nuovo e diverso rispetto al “vendere” prodotti. L’Italia è piena di ottimi prodotti che caratterizzano l’“Italian way of life” ed è anche percepita bene da consumatori disposti a pa-gare per questi prodotti. Ma dobbiamo esse-re onesti nell’ammettere che i risultati che si raggiungono sono nulli rispetto al potenziale di offerta e domanda. La consapevolezza del limite dell’approccio auto-referenziato spesso focalizzato sul pro-dotto, e istituzionale focalizzato spesso sul

RIFLESSIONI

2www.apcoitalia.it

Andare all’estero? Si, con curiosità e metodo, ma cambiando pelle

sostegno alla partecipazione a fiere ed eventi b2b, giustifica il valore riconducibile alla con-sulenza, il catalizzatore che consente ai part-ner e al management delle aziende italiane ed estere di agire e interagire con successo. Par-liamo così del set delle competenze e cono-scenze, del modello organizzativo, della fina-lizzazione delle proprie risorse e investimenti. Se l’obiettivo finale di un cliente è quello di radicarsi e vendere in nuovo mercato spesso in partnership con uno o più player locali, il consulente non può non conoscere profon-damente quel mercato, essere lì accreditato e avere colleghi locali di elevata reputazione

con cui “selezionare possibili partner”. Non si può fare consulenza oltreconfine preparando piani strategici e ottime ricerche di mercato, seduti nel proprio studio in Italia, utilizzando dati acquisiti tramite web, senza conoscere la strada che conduce all’aeroporto. Le com-petenze richieste sono sempre meno compe-tenze tecniche e di industry; sempre più ma-nageriali e relazionali. Senza una buona dose di curiosità e capacità di ascolto non si va a nessuna parte. Occorre costruire forti e affidabili network con “professionisti” locali (società di con-sulenza, università, mondo associativo). Il professionista locale affermato è inserito nel

sistema economico del posto e ha tutte le competenze per comprendere bisogni e tra-sferirli ai colleghi italiani, selezionare i part-ner locali e “garantire” per gli italiani. Nella fase iniziale di un rapporto, queste dinamiche sono fondamentali per costruire un progetto su basi solide. Servono network tra professio-nisti italiani e stranieri, costruiti sulla base di un comune dna (la certificazione CMC) e una “seria” frequentazione. Serve investire in mo-delli organizzativi che si focalizzino sul “trust”, piuttosto che su una serie e articolata previ-sione di norme e garanzie. Occorre sperimen-tare e osare, ma in modo professionale. Servono anche network in Italia tra colleghi italiani. Le opportunità sono ampie e non tut-ti i nostri clienti hanno il “fisico” per reggere quest’urto. Va selezionato chi è più capace, serve fare sistema tra i clienti e tra noi con-sulenti. Il parco clienti di una singola società di consulenza è sempre asfittico rispetto agli scenari che possono costruirsi con qualifica-ti consulenti e organizzazioni estere. Bisogna alimentare nel tempo la relazione professio-nale all’estero con una molteplicità di progetti qualificati.Infine le risorse, professionali e finanziarie: il patrimonio su cui investire sono le conoscen-ze, talenti, relazioni e quanto è strumentale alla costruzione delle stesse (tecnologia, viag-gi, gratificazione dei soggetti coinvolti). Sem-pre più “intangibles” e sempre meno “presti-giosi mattoni e lussuose scrivanie”. Il tutto può essere gestito a condizione che si condivida uno stravolgimento copernicano della nostra visione del vivere la nostra profes-sione e del come bilanciarla con la nostra vita privata. Non si può girare il mondo, pernottan-do 70-100 notti all’anno in hotel e poi tornare a casa e rispettare pedissequamente l’orario di ufficio (8-20). La “presenza” in famiglia, gesti-ta con intelligenza e tecnologia, è il driver che rende questa prospettiva possibile e sostenibi-le. Sembra un paradosso, ma non lo è.

Francesco D’Aprile - - Partner P&D Consulting, Chair of ICMCI

Francesco D’Aprile

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3 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 12/2012

• modelli di controllo coerenti su scala glo-bale ma gestiti da management locale

Il mercato attuale, caratterizzato da discon-tinuità tecnologiche e normative, richiede un costante aggiornamento e una mentalità volta ad anticipare gli eventi. E qui un ruolo fondamentale gioca la leadership delle risor-se umane, siano esse dipendenti o risorse del network dei partner. Pertanto Datalogic sta affrontando numerosi progetti di innovazione, armonizzazione, efficienza e internazionaliz-zazione che coinvolgono anche professionisti della consulenza. Ma quali sono le caratteristi-che professionali che un’azienda glocal come Datalogic chiede ai propri partner consulen-ziali? E quali sono stati i criteri di scelta nelle recenti selezioni? Per i progetti globali, si ten-de a preferire le grandi società di consulenza, spesso delle cosidette “big five”. Tra i fattori di selezione, oltre agli aspetti di competenza e referenze sul tema del progetto, gioca un ruolo fondamentale la capacità delle società di mettere in campo, mantenere nel tempo e governare un team di consulenti coeso, nel quale siano presenti risorse dei paesi in cui si svolgerà il progetto. Ciò assicura una maggior capacità di erogazione dei contenuti, una mi-glior capacità di comprensione del contesto e di norma un’ottimizzazione dei costi. Per i pro-getti a carattere locale, c’è spazio per società di consulenza di minori dimensioni. L’esempio di riferimento è il progetto di selezione delle fonti di fornitura nel mercato asiatico, assegnato a una piccola società di consulenza specializza-ta nei processi di acquisto localizzata in Cina e guidata da un consulente italiano che da oltre 12 anni risiede a Shanghai.E’ mio forte convincimento che, per affrontare con successo la “glocalizzazione”, i nostri consu-lenti debbano seguire un percorso di specializza-zione sui mercati e sulle normative locali, affian-cando alla preparazione della materia soggiorni per comprendere la cultura, i comportamenti e l’efficacia delle metodologie sul territorio estero.

Mauro Sacchetto, a.d. di Datalogic spa e ceo del gruppo, descrive Datalogic come un gran-de albero le cui radici sono piantate in Italia con rami e foglie, determinanti per la crescita, distribuiti in tutti i paesi in cui il gruppo ope-ra. Questa immagine condensa i motivi del successo di Datalogic, unica azienda europea leader di mercato nella Identificazione auto-matica, in grado di competere con i due colos-si mondiali del settore Motorola e Honeywell. La spinta all’internazionalizzazione e il modello di business e di management di tipo “glocal” hanno portato Datalogic a realizzare il 92% del fatturato su mercati esteri, a disporre di un or-ganico complessivo costituito per i due terzi da risorse umane straniere, native dei 30 paesi in cui l’azienda opera e produce. Con oltre 1000 brevetti, 8 stabilimenti, 10 centri di ricerca e sviluppo sparsi nel pianeta e 100 paesi in cui vengono commercializzate le proprie soluzioni e prodotti, Datalogic è oggi considerata un’articolata realtà multinazio-nale. L’azienda è sorta a Bologna nel 1972 per iniziativa del fondatore l’ing. Romano Volta, il quale intuisce le grandi potenzialità della let-tura ottica del codice a barre, dando un forte impulso agli investimenti già dalla fine degli anni 70 e in pochi anni diventa azienda leader a livello europeo. Da allora la vocazione interna-zionale dell’azienda è evoluta verso il modello organizzativo e culturale “glocal”, contempo-raneamente globale e locale. Nel documento che descrive la strategia Datalogic per il trien-nio 2012-2014, compare il fattore critico di suc-cesso “Adopt one integrated culture and way of working with a ‘glocal attitude’“. Significa essere un’azienda che agisce con efficaci team locali in numerose nazioni. Ma questi team lo-cali sono fortemente connessi tra loro e adot-tano processi, procedure, metodi e strumenti comuni e consistenti a livello di gruppo. Non si diventa “glocal” perché si esporta nel mondo, ma quando si fanno lavorare insieme persone che rappresentano il mondo, siano

RIFLESSIONI

essi dipendenti, partner, distributori, istituzio-ni. Le attività portano a risultati migliori se ef-fettuate in loco da manager e risorse operative locali. Per esempio in Vietnam il capo azienda è vietnamita, negli Stati Uniti è americano, in Francia è francese. Le risorse r&d locali svi-luppano i prodotti con logiche globali per tut-to ciò che concerne le componenti di natura commodity, ma personalizzano il prodotto, il design e l’ergonomia in base alle esigenze e ai gusti locali. Per esempio le nostre soluzioni mobile hanno tasti diversi, adattati alle di-mensioni delle mani grandi degli americani o a quelle piccole degli asiatici.

Sono 5 le caratteristiche salienti di Datalogic come azienda glocal: • progettazione globale per tutto ciò che è

commodity, con personalizzazione dei pro-dotti su base locale

• rapporto con il mercato in lingua e cultura locale

• gestione dei dipendenti globalmente con-sistente, con presidio e valorizzazione delle diversità locali

• modelli gestionali di natura globale, con processi, procedure e soluzioni It comu-ni a livello di gruppo per tutto ciò che non richieda una localizzazione, per motivi di mercato o normativi

La strategia “glocal” di Datalogic: opportunità per i partner consulenziali

Giovanni Sgalambro - - vice president change mgmt and group cio Datalogic spa, CMCI certified consultant

Giovanni Sgalambro

Page 31: Apco - Un anno di Meta 2012

4www.apcoitalia.it

IN PROFONDITÀ

mest per essere supportate nei loro pro-cessi di internazionalizzazione, possono farlo direttamente oppure attraverso i consulenti aziendali che spesso, vista la dimensione ridotta delle nostre imprese, possono consigliarle e sostenerle nelle loro scelte. Prima di tutto, per iniziare a opera-re sui mercati internazionali, è necessario che l’azienda abbia dei prodotti innovativi e che costruisca un progetto industriale ben strutturato. Le competenze, quindi, che un consulente aziendale deve posse-dere per supportare al meglio le aziende in questa attività, sono la conoscenza della realtà aziendale, la capacità di individuare e approfondire i problemi con i responsabili dell’impresa ed essere in grado di prospet-tare soluzioni appropriate circa la pianifi-cazione strategica, la politica di diversifi-cazione del prodotto, la programmazione a medio e lungo termine e la competitività. Oltre a ciò, deve saper valutare le poten-zialità del mercato in cui l’azienda vuole operare, individuare sia le opportunità sia le eventuali criticità che possono presen-tarsi sul mercato estero, sia nel breve sia nel medio-lungo periodo, e, nello stesso tempo, deve anche essere un conoscitore del settore in cui opera l’azienda.Infine, per supportare al meglio l’impresa, un consulente aziendale deve esaminare l’andamento e i punti di forza e di debolez-za delle imprese tramite l’analisi dei bilanci, identificando le strategie di miglioramento possibili, migliorare la pianificazione stra-tegica, la politica di diversificazione del prodotto, la programmazione a medio e lungo termine, migliorare la capacità com-petitiva e l’assistenza per portare più rapi-damente i nuovi prodotti sui mercati (“time to market”), al fine di migliorare il rapporto con il clienti.Nel corso dei 21 anni di attività, Simest ha supportato numerosi progetti di pmi che, pur non prevedendo investimenti particolarmen-te elevati, erano comunque commisurati alle caratteristiche economiche e finanziarie delle imprese che, ovviamente, attraverso l’investi-mento all’estero hanno avuto la possibilità di crescere anche in Italia.

Massimo D’Aiuto, a.d. Simest spa

Il tessuto impren-ditoriale italiano è composto per oltre il 98% da piccole e medie imprese (pmi) che, nel loro sviluppo sui mercati interna-

zionali, si trovano spesso a dover compete-re con i grandi colossi di altri paesi europei con un peso e una valenza economica cer-tamente diversa. Il ruolo di Simest, dalla sua nascita nel 1991 a oggi, è quello di supportare le imprese italiane, quindi soprattutto le pmi, nei loro processi di internazionalizzazione attraver-so una serie di prodotti e servizi che si sono ampliati nel corso degli anni, per fare fron-te alle nuove esigenze delle imprese. La nostra attività va dalla partecipazione al capitale, sia direttamente sia attraverso il fondo pubblico di venture capital, alla ge-stione di strumenti agevolativi per sviluppo commerciale all’estero, studi di fattibilità ed export credit, alla consulenza tecnica e assistenza professionale alle imprese che attuino processi di internazionalizzazione.Dal 2011 poi è stata estesa l’attività di in-vestment banking anche nell’ambito dell’U-nione europea (Ue). Simest può infatti acquisire, a condizioni di mercato e senza agevolazioni, partecipazioni di minoranza nel capitale sociale di imprese italiane o loro controllate nell’Unione europea che sviluppino investimenti produttivi e di in-novazione e ricerca. Le aziende italiane, che si rivolgono a Si-

Dilek Macit, director consul-tancy & corporate procurement de-partment of Ebrd

Andrea Baldan, head of opera-tions, consultancy services unit european Bank for reconstruction and development

La Banca europea per la ricostruzione e sviluppo (Bers o nell’acronimo inglese Ebrd) è un’istituzione finanziaria interna-zionale (Ifi) con sede a Londra (Uk) e con uffici in 29 nazioni, dall’Europa centrale e orientale ai nuovi paesi da poco entrati nell’area del sud Mediterraneo (Egitto, Tunisia, Giordania e Ma-rocco). Costituita nel 1991 a seguito della caduta del muro di Berlino, la banca è un’istituzione re-lativamente giovane che opera sia direttamen-te, concedendo finanziamenti e investimenti a medio-lungo termine, sia indirettamente attra-verso intermediari finanziari, attivando linee di credito e cofinanziamenti. La Bers ha il preciso mandato di favorire la transizione verso un’eco-nomia di mercato. Alcune delle caratteristiche della Bers rispetto a istituzioni simili (World bank, Ifc, Asian development bank, African de-velopment bank, European investment bank) si possono riassumere in:• mandato geografico. La Bers per statuto può

Simest, così crescono le pmi italiane all’estero

Bers firma il modello vincente per tutti

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5 INSERTO REDAZIONALE Meta - n° 12/2012

alcuni suggerimenti:• La Bers è un cliente di tutto rilievo da inclu-

dere nelle proprie referenze• I consulenti che già lavorano con la Bers hanno

sottolineato l’efficienza e la professionalità della banca nel gestire il rapporto con i propri consu-lenti dal punto di vista amministrativo, gestiona-le e finanziario (tempistica dei pagamenti)

• Per la Bers la qualità dei servizi è di fonda-mentale importanza; nel selezionare i propri consulenti il fattore prezzo (anche se preso in considerazione) è comunque secondario e raramente determina la scelta del consulente

• E’ nell’interesse della banca promuovere le opportunità di consulenza a un bacino sem-pre più vasto, al fine di attingere sempre a nuove competenze, capacità e risorse. L’e-spansione delle proprie operazioni all’area Semed, in particolare, presenta nuove sfide e opportunità che la banca intende affron-tare preparata e attingendo anche dalle mi-gliori competenze e conoscenze disponibili nel mercato. Questo rappresenta allo stesso tempo un’opportunità per il settore della consulenza e in particolar modo per le so-cietà di consulenza italiane che da sempre vantano stretti legami di vicinanza geografi-ca e collaborazione professionale con i paesi arabi dell’area Semed.

La banca organizza ogni anno numerose ini-ziative, workshops e presentazioni in colla-borazione con associazioni di categoria, enti governativi, ministeri con ciascuno dei quali ha tutto l’interesse di stringere legami sempre più forti. Nel corso del 2012 gli esperti dell’uni-tà di gestione dei contratti di consulenza della banca (Csu – Consultancy services unit) erano presenti in iniziative in vari paesi, tra i quali il Giappone, Usa, Corea del Sud e, nel settembre 2012, in Italia a Trieste in partnership con la Cei (Central european initiative, www.cei.int).Queste iniziative hanno un duplice fine: (i) pro-muovere le opportunità di consulenza al fine di attingere da un mercato sempre più vasto e va-riegato, (ii) aiutare a sviluppare le competenze e le capacità delle società locali, in particolare nei paesi dove la banca opera. Per raggiungere entrambi gli obiettivi la Banca stringe importanti legami con enti locali internazionali e istituti quali ICMCI e sostiene varie iniziative come la Cei.

di seguito indichiamo alcuni dei servizi di con-sulenza utilizzati dalla banca a seconda che questi siano richiesti prima che l’investimen-to-finanziamento sia sottoscritto (cosiddetti Project preparation) oppure dopo la sua firma (Project implementation) o, infine, non legati ad alcuna operazione bancaria (Standalone):• Project preparation: servizi di due diligence

(studi di fattibilità, studi di impatto ambien-tale, analisi dell’assetto patrimoniale-finan-ziario della società)

• Project implementation: assistenza e trasfe-rimento di know-how, unità di assistenza ed implementazione di progetto

• Standalone: assistenza tecnica in iniziative volte a favorire il dialogo politico-economico tra vari enti o paesi o volte a ridurre ed eliminare le bar-riere al libero mercato, incentivare l’applicazione di norme e riforme varie, studi di settore

Tutte le opportunità di consulenza oltre un certo ammontare vengono pubblicate nel sito della Bers, sono aperte a società di qualsiasi nazionalità (con l’esclusione dei fondi cosid-detti legati o “tie”, ormai in estinzione, che possono limitare la partecipazione a soggetti di una determinata nazionalità). La banca ge-stisce direttamente o indirettamente tutte le procedure di aggiudicazione delle opportunità di consulenza, sempre nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione. Questi principi sono i pilastri di regole e procedure di aggiudicazione di tutto il procurement della banca (cosiddette Procurement policies and rules) e vengono applicate sia dalla banca sia dai propri clienti quando utilizzano fondi per l’assistenza tecnica. La banca utilizza un portale online per la se-lezione dei propri consulenti chiamato eSe-lection ( HYPERLINK “https://eselection.ebrd.com/suite/” eselection.ebrd.com). Attraverso questo strumento è possibile iscriversi per rimanere informati di tutte le opportunità di consulenza messe a disposizione dalla banca o dai propri clienti, partecipare alle gare stes-se online e rimanere aggiornati dei vari stati di avanzamento del processo di selezione. Alle società di consulenza che intendono espande-re il proprio orizzonte e valutare la possibilità di annoverare tra i proprio clienti la Bers, vale la pena sottolineare alcuni vantaggi e fornire

operare solo nei cosiddetti “Countries of ope-rations”, attualmente 34 inclusi i nuovi paesi Semed. La lista completa e aggiornata è dispo-nibile nel sito della Bers www.ebrd.com

• mandato politico. In questi paesi deve es-sere in atto la transizione da un’economia centralizzata a un sistema di mercato, oltre che a un sistema democratico pluralista: la banca pone un forte accento sul ruolo che il settore privato gioca nel raggiungere tale obiettivo. L’enfasi del settore privato è pre-sente nello stesso statuto della banca, dove viene specificato che non più del 40% delle proprie operazioni può essere nel settore pubblico, sia complessivamente sia in ogni singolo paese dove opera

A supporto delle proprie operazioni, la Bers mobilizza un gran numero di consulenti nell’a-rea dell’assistenza tecnica: nel 2011 la Bers ha sottoscritto circa 3.000 contratti di consu-lenza per un valore complessivo di 170 milioni di euro, mantenendo il trend di crescita degli ultimi anni. I consulenti italiani hanno giocato nel 2011 un ruolo di tutto rilievo, secondi solo ai consulenti inglesi nella graduatoria di aggiudi-cazione dei contratti. Le società di consulenza italiane hanno dimostrato e continuano a di-mostrare di avere la conoscenza, le capacità e l’esperienza giusta per partecipare, vincere e gestire con successo progetti di grande rilievo.La banca, con l’uso dei fondi messi a sua dispo-sizione dai vari donor, mobilizza i consulenti al fine di fornire assistenza tecnica. La formula genera una situazione vincente per tutte le parti, in particolare: (i) per la banca stessa che vede incrementare l’impatto e i risultati dei propri investimenti e finanziamenti per i propri clienti; (ii) per i clienti della banca, per i benefi-ciari dei fondi e per i paesi riceventi che, grazie ai fondi messi a loro disposizione, possono far uso di consulenza specializzata per sviluppa-re il proprio know-how e le proprie capacità; (iii) infine per i donor stessi che, grazie ai loro fondi, riescono ad avere una voce in capitolo nell’influenzare lo sviluppo regionale. La banca e i propri clienti hanno bisogno di consulenza durante vari stadi del project cycle di una ti-pica “operazione” di investimento-finanzia-mento, se di questa trattasi, oltre che in altre iniziative messe in atto dalla banca stessa. Qui

IN PROFONDITÀ

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……e prendete più gamberi!!!quattro-metafore-sullinternazionalizza-zione” www.segest.com/2012/.../quat-tro-metafore-sullinternazionalizzazione). Ecco qui una parte del suo contributo che ho estratto: “Da quando è iniziata la crisi, il Pil è aumentato in media l’8% all’anno, la disoccupazione è scesa dal 9% al 5% e la fascia di popolazione sotto la soglia di povertà è calata dal 22,5% all’8,5%. Contrariamente a quanto penserete, que-sto non è ciò che sogno la notte per tirar-mi su il morale, ma ciò che è veramente accaduto in questi quattro anni: soltanto non in Italia, bensì in Brasile. Ed è soltanto un esempio, per dare una rapida idea di come ciò che siamo soliti chiamare “crisi” sia qualcosa di molto più complesso, tra redistribuzione di ricchezza, cambiamen-to di prospettive e necessità di riconside-rare il proprio ruolo nel mondo. “Le paro-le sono importanti” diceva Nanni Moretti, e certe parole, certe immagini sbagliate ci ingannano, portandoci a pensare male. Così quando un giornalista dice che sono stati “bruciati miliardi di euro” in borsa, rischiamo noi stessi di dimenticare che il denaro non diventa cenere, semplice-mente si sposta altrove.”Davvero un bel contributo che volentie-ri ho riportato. E a proposito di gambe-ri, concludiamo con una storiella che lo stesso Bruschi racconta nel suo articolo sopra citato: “Raccontano le cronache olandesi del XVII secolo che, all’apice della tulipomania, un singolo bulbo di tulipano poteva essere scambiato con una fattoria. Quando la prima “bolla” finanziaria della storia esplose, commer-cianti che avevano venduto tutto per fare scorta di tulipani si ritrovarono soltanto con quello in mano: comuni bulbi buoni solo per essere piantati per terra.” Biso-gna essere internazionali, ma anche glo-cali… cioè non perdere contatto con le realtà locali!

Oggi inizio raccontandovi una storia (vera). Un mio caro amico imprenditore aeronautico produce piccoli aerei e par-ti di grandi aerei per le più importanti compagnie mondiali. Ha veramente una capacità imprenditoriale notevole e una vocazione internazionale molto svilup-pata e direi quasi obbligata (visto il suo prodotto...). Una sera eravamo a cena con amici e lui racconta questa storia. “Qualche anno fa avevo quasi concluso un contratto per la fornitura di aerei per un controvalore di qualche decina di mi-lioni di euro in un paese dell’Asia, ma la società che era interessata all’acquisto non possedeva le risorse finanziarie per sostenerne il pagamento. Questa società aveva però ottimi contatti con il mondo della produzione ittica locale e allora dopo svariati mesi di trattative, nonché il coinvolgimento degli organi sanitari italiani e molta, ma molta creatività e pazienza, sono riuscito a farmi pagare in… gamberi. Giuro, mi sono fatto dare il controvalore in gamberi che ho rivendu-to, incassando così il corrispettivo degli aerei. Ma la cosa bella è stata questa, a un certo punto c’era da pagare la com-missione alla società che aveva gestito l’operazione di barter internazionale e il mio cliente, da me sollecitato a liquidare la sua parte, mi disse “…ma che proble-ma c’è??…E prendete più gamberi!!” Questa è una storia fantastica! È proprio l’attuazione reale di alcuni concetti che stimo e apprezzo moltissimo: vocazione internazionale, prodotto made in Italy, creatività, adattamento alle condizioni del paese cliente, buyer’s credit, barte-ring (la nuova decrescita...), insomma geniale! D’altronde lo sappiamo bene “il commercio mondiale è imperniato qua-si interamente su dei bisogni: bisogni non del consumo individuale, ma della produzione.” (Karl Marx). Eh sì, ragazzi,

quando il cliente non c’ha na lira e voi dovete fatturare per coprire i costi, allora sì che diventa dura! Il viaggio nei mercati, il denaro, il ba-ratto, mi sembra un insieme di concetti molto intrigante, approfondiamolo un po’ di più. “Sembra esserci nell’uomo, come nell’uccello, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove” (Marguerite Yourcenar). Relativamente al denaro poi mi viene da citare Groucho Marx “Naturalmente nella vita ci sono un sacco di cose più importanti del denaro. Ma costano un mucchio di soldi!” Comunque, giravo in questi giorni in in-ternet per trovare spunti per questo pez-zo e guardando qui e là ho trovato che il 25 settembre Paolo Bruschi, presidente di Segest spa, interviene spiegando con quattro metafore come l’internazionaliz-zazione possa essere la scelta vincente per le aziende italiane (vedi su HYPER-LINK “http://www.segest.com/2012/.../

IRRIVERISCO

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Marco Granelli - - socio Apco-CMC

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Si ringrazia

Andrea BaldanHead of Operations, CSU presso European Bank for Reconstruction and Development (EBRD)

Umberto BertelèOrdinario di Strategia di Impresa, School of Management, Politecnico di Milano

Sergio Bevilacqua Esperto di politiche per l’impiego

Paolo BoccardelliProfessore straordinario di Economia e gestione delle imprese, Coordinatore dei corsi di Laurea magistrale del Dipartimento d’impresa e management, LUISS Guido Carli

Massimo D’Aiuto A.D. Simest spa

Luigi GuariseIndependent Management Consulting Professional

Stig Ola HansenGraduate, Grenoble Ecole de Management

Tarek KawasGraduate, Grenoble Ecole de Management

Dilek MacitDirector consultancy & corporate procurement de¬partment of EBRD

Michelle MiellyPh.D., Program Director and Faculty member

Ferdinando PennarolaProfessore di Management Consulting dell’Università L. Bocconi

Aurelio RavariniCoordinatore del Percorso di eccellenza in Business Consulting

Mirko RossiSenior Consulent presso MRP

Emanuele Strada Coordinatore didattico del Percorso di eccellenza in Business Consulting

Il Comitato di redazione

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Rita Bonucchi

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Francesco D’Aprile

Fabio Di Stefano

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