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Direttore ARTURO DIACONALE Giovedì 20 Aprile 2017 Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 76 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà A PAGINA 4 La strana alleanza tra la Chiesa e i pentastellati POLITICA-LAVORO SOLA A PAGINA 3 L’ultima di Padoan: su l’Iva, giù il cuneo fiscale (forse) PRIMO PIANO POLITICA GRANARA A PAGINA 5 Costituzione e dintorni: la democrazia nei partiti MELLINI A PAGINA 2 Partito dei Magistrati: miti e mitomani POLITICA Rai: Report in quota Cinque Stelle Monica Maggioni assicura che nessuno vuole chiudere il programma, ma i grillini non si accontentano e minacciano di lanciare una campagna per chiedere ai cittadini di non pagare il canone nel caso la trasmissione venga sospesa I ntanto: ma Matteo Renzi ce l’ha davvero un’agenda politica? La domanda non sembri peregrina e/o provocatrice perché delle mosse del- l’ex premier si conoscono in questi mesi, e cioè da quando ha perso re- ferendum e Governo, solo segnali contrari ai suoi ex colleghi tipo Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda, e anche ai suoi ex amati tecnici fra cui, udite udite, il direttore generale della Rai, questo nell’ultimo inciampo buttatogli fra le gambe da “Report”. In sostanza, ciò che prevale nel pensiero immediato di Renzi è il “côté” economico, e allora dagli al Padoan a proposito dell’Iva e critiche severe allo stesso Calenda, due mini- stri che proprio lui ha voluto che di- panassero la fragile tela della nostra economia. Intendiamoci, mettere a posto i conti sarebbe già un’impresa massa di nuovi arrivi calcolata in oltre duecentomila persone. È facile preventivare... Appello alla Chiesa per la bontà responsabile I n soli due giorni sono sbarcati sulle coste italiane più di ottomila mi- granti. Dall’inizio dell’anno il flusso dei disperati che vengono raccolti in mare e arrivano sul nostro territorio è più che raddoppiato rispetto allo scorso anno. Il fenomeno ha ormai assunto dimensioni gigantesche. Tanto da far prevedere al governo italiano che nel 2017 si arriveranno a spendere quasi cinque miliardi di euro (uno in più rispetto al 2016) per dare una prima accoglienza a questa di ARTURO DIACONALE L’agenda di Renzi è a (suo) rischio Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 di PAOLO PILLITTERI ciclopica poiché qualsiasi manovra per una ripresa consistente non può che partire dalla messa in sicurezza delle cifre reali. Ma questo è il punto: il frequente semaforo rosso posto dall’ex Presi- dente del Consiglio sul cammino dei due responsabili solo apparente- mente si ferma lì, sia alle scelte im- minenti da compiere sia, soprattutto, al futuro dello stesso Governo Gen- tiloni. Il premier, appunto, e sullo sfondo lo stesso capo dello Stato, Sergio Mattarella. Possiamo sba- gliare, ma l’essenza vera, ciò che sta alla base di non pochi...

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Page 1: Appello alla Chiesa L’agenda di Renzi è a (suo) rischio ... · Costituzione e dintorni: la democrazia nei partiti MELLINI A PAGINA 2 Partito dei Magistrati: miti e mitomani POLITICA

Direttore ARTURO DIACONALE Giovedì 20 Aprile 2017Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 76 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

A PAGINA 4

La strana alleanza tra la Chiesa e i pentastellati

POLITICA-LAVORO

SOLA A PAGINA 3

L’ultima di Padoan: su l’Iva,giù il cuneo fiscale (forse)

PRIMO PIANO POLITICA

GRANARA A PAGINA 5

Costituzione e dintorni:la democrazia nei partiti

MELLINI A PAGINA 2

Partito dei Magistrati: miti e mitomani

POLITICA

Rai: Report in quota Cinque StelleMonica Maggioni assicura che nessuno vuole chiudere il programma, ma i grillininon si accontentano e minacciano di lanciare una campagna per chiedereai cittadini di non pagare il canone nel caso la trasmissione venga sospesa

Intanto: ma Matteo Renzi ce l’hadavvero un’agenda politica? La

domanda non sembri peregrina e/oprovocatrice perché delle mosse del-l’ex premier si conoscono in questimesi, e cioè da quando ha perso re-ferendum e Governo, solo segnalicontrari ai suoi ex colleghi tipo PierCarlo Padoan e Carlo Calenda, eanche ai suoi ex amati tecnici fra cui,udite udite, il direttore generale dellaRai, questo nell’ultimo inciampobuttatogli fra le gambe da “Report”.

In sostanza, ciò che prevale nelpensiero immediato di Renzi è il“côté” economico, e allora dagli al

Padoan a proposito dell’Iva e critichesevere allo stesso Calenda, due mini-stri che proprio lui ha voluto che di-panassero la fragile tela della nostraeconomia. Intendiamoci, mettere aposto i conti sarebbe già un’impresa

massa di nuovi arrivi calcolata inoltre duecentomila persone.

È facile preventivare...

Appello alla Chiesa per la bontà responsabile

In soli due giorni sono sbarcati sullecoste italiane più di ottomila mi-

granti. Dall’inizio dell’anno il flussodei disperati che vengono raccolti inmare e arrivano sul nostro territorioè più che raddoppiato rispetto alloscorso anno. Il fenomeno ha ormaiassunto dimensioni gigantesche.Tanto da far prevedere al governoitaliano che nel 2017 si arriveranno aspendere quasi cinque miliardi dieuro (uno in più rispetto al 2016) perdare una prima accoglienza a questa

di ARTURO DIACONALE

L’agenda di Renzi è a (suo) rischio

Continua a pagina 2Continua a pagina 2

di PAOLO PILLITTERI ciclopica poiché qualsiasi manovraper una ripresa consistente non puòche partire dalla messa in sicurezzadelle cifre reali.

Ma questo è il punto: il frequentesemaforo rosso posto dall’ex Presi-dente del Consiglio sul cammino deidue responsabili solo apparente-mente si ferma lì, sia alle scelte im-minenti da compiere sia, soprattutto,al futuro dello stesso Governo Gen-tiloni. Il premier, appunto, e sullosfondo lo stesso capo dello Stato,Sergio Mattarella. Possiamo sba-gliare, ma l’essenza vera, ciò che staalla base di non pochi...

Page 2: Appello alla Chiesa L’agenda di Renzi è a (suo) rischio ... · Costituzione e dintorni: la democrazia nei partiti MELLINI A PAGINA 2 Partito dei Magistrati: miti e mitomani POLITICA

Mi è accaduto più volte di riflet-tere, scrivendo di tale mia ri-

flessione, che oramai quello deimagistrati è così evidentemente e pie-namente un partito da risentire dellacrisi in cui il sistema dei partiti versanel nostro Paese, che ne ha visto unaquasi scomparsa. Insomma, il Partitodei Magistrati è in qualche modo vit-tima della campagna distruttiva dicui è stato protagonista e, al con-tempo, della impossibilità di porvi ri-medio, di procedere a un nuovoassetto e rappresentanza delle cor-renti e degli interessi politici delPaese. Impossibilità anch’essa condi-zionata dalla “giurisdizionalizza-zione” della struttura della cosapubblica e dalle brutalità del ruolo inessa svolto dalla magistratura. E,come oramai si addice a tutti i par-titi, quelli che ci sono e quelli chefanno finta di esserci, il Partito deiMagistrati è travagliato da una pro-fonda frattura al suo interno. Unafrattura che, o per errore o per cal-colo, si tende, anche tra i pochissimiche si pongono tale problema, a farpassare per il confine tra una magi-stratura “deviata” e partigiana e unamagistratura magari fortemente cor-porativa ma non ancora contaminatadalla degenerazione in partito.

Non è così. Il Partito dei Magi-

strati è tale e come tale deve esseredefinito perché esprime la tendenzadella magistratura nel suo complesso,anche se, naturalmente, ci sono ma-gistrati che non si sono adattati a taleruolo, ma, proprio perché vanno acercare di fare solo il loro dovere edesercitare la loro funzione, non ten-tano neppure di costituire un con-traltare all’istituzione-partito oramaivenuto in essere e operante.

Il solco profondo, solo in parte co-perto dall’esigenza prevalente di farapparire la deformazione politica delsistema giudiziario come l’eccezionealla “normalità” soggettiva della ca-tegoria, è tra il partito che mira a co-stituirsi in contropotere delleistituzioni costituzionali, del Parla-mento, del Governo, a stabilire un“modus operandi” anche se prevari-catorio e la fazione apertamente ever-siva, rappresenta essenzialmente (manon esclusivamente) dalla “scheggiaimpazzita” siciliana (palermitana) ecalabrese, dagli estremisti di una ora-mai ridicola antimafia che, a forza dipredicare la mafiosità delle istitu-zioni, è divenuta antistato: una stranacongerie di anarcoforcaioli, cultoridella teorizzazione di una sorta di

“occultismo” che costruiscono comescenario del bersaglio della loro mis-sione salvifica. Il “moderatismo” re-siduo della maggioranza del Partitodei Magistrati paradossalmente im-pone a essa di fornire una coperturaanche a questa “devianza” estremista,per non rilevare, con la denunzia delcontrasto, il carattere politico della“istituzione-partito” rappresentataormai dalla magistratura. Inoltre è daquesta “scheggia impazzita” che pre-valentemente vengono alla ribaltadalla politica istituzionale magistratiche non resistono alla tentazione di“scendere in politica”, cosa che piùcorrettamente dovrebbe definirsi unloro mutamento di binario politico.

Intanto la fazione estremista anti-mafia ultras continua ad agitareavanti al Paese i fantasmi della “mas-soneria deviata”, dei “Servizi Segretideviati”, nella pretesa, tra l’altro, diipotecare la storia della Repubblica

introducendovi questi balordi con-cetti (non dimentichiamo, ad esem-pio, che “Massoneria deviata” fu unainvenzione di Benito Mussolini che simise a dar lezione di ortodossia mas-sonica nel momento in cui varava lalegge contro la Massoneria, in ante-prima sulle altre soppressioni di ogniorganizzazione politica non fascista).Il cosiddetto “mondo politico” tace emostra di non vedere il Partito deiMagistrati, cercando però di asse-condarne il dettato impartito tramitel’Anm nell’illusione di salvarsi lapelle.

C’è un allarmante, tragico ripetersidi situazioni degli anni 1921-1925che invano io cerco di levarmi daavanti agli occhi. Speriamo (sperate)che sia una forma di fobia senile. Masarebbe meglio per tutti non ignorarequanto di allarmante c’è nella situa-zione del nostro Paese. E reagire. Dauomini liberi.

lità, conduce il voglioso dotato di insopprimi-bili venature populiste, prima alla subalternitàall’avversario e poi alla sconfitta. Giacché sulpiano del populismo, del dagli alla casta la-drona, dell’assistenzialismo da quattro soldinella versione Luigi Di Maio e così via non c’ètrippa per gattini renziani, solo per grillini.

Paolo PilliTTeri

2 l’oPinione delle libertà giovedì 20 aprile 2017Politica

al senso di responsabilità di chi ha l’autoritàpolitica e morale per influenzare la società ita-liana impedendo che finisca preda della paura,della rabbia e delle divisioni ideologiche.

È probabile che chiedere senso di responsa-bilità alle forze politiche impegnate in campa-gna elettorale sia del tutto inutile. Rimane peròil Governo, da cui ci si deve attendere un com-portamento né buonista né cattivista, ma sem-plicemente realista. E rimane l’altra grandeautorità morale del nostro Paese, che è rap-presentata dalla Chiesa. A cui bisogna appel-larsi per un atteggiamento che non tenga contosolo dei principi evangelici, ma anche dei pro-blemi concreti di un’accoglienza che se nonverrà gestita e controllata non garantirà l’ac-cesso in paradiso ma solo l’avvento dell’in-ferno nel nostro Paese. È troppo chiedere allaChiesa che la bontà sia responsabile?

arTuro DiaConale

...atteggiamenti renziani insopportabilmentepopulisti, a noi sembra consistere in una sortadi voglia di rivincita (se non addirittura di ven-detta) per chi gli ha impedito di realizzare ilsuo vero disegno dopo la sconfitta: le elezionianticipate. Le quali, a ben vedere, non sonocosì escluse dall’agenda renziana, quella checonta oggi, anche e soprattutto perché l’Ese-cutivo non gode di un’effettiva stabilità in un

segue dalla prima

...che nel lungo anno che precede le elezionipolitiche del 2018 la questione immigrazionediventerà il tema dominante della campagnaelettorale. Sia per opera di chi denuncerà l’in-vasione in atto allo scopo di fare incetta deivoti di quella parte della società italiana im-paurita dalla portata del fenomeno, sia peropera di chi contrasterà questa cavalcata dellapaura cavalcando a sua volta la denuncia delrazzismo populista degli anti-migranti.

Nel frattempo, però, la navi delle Organiz-zazioni non governative che hanno di fatto rea-lizzato un corridoio umanitario tra la Libia el’Italia continueranno a raccogliere i migranti,i porti siciliani e dell’Italia meridionale sarannosempre più affollati, i centri di raccolta si riem-piranno, da essi filtreranno sempre di più di-sperati in cerca di un lavoro sempre piùdifficile da trovare fuori del mercato dellosfruttamento o della delinquenza, i cinque mi-liardi dovranno essere trovati e spesi e la ten-sione sociale provocata dal fenomeno e dallesue strumentalizzazioni elettoralistiche salirà adismisura con tutte le pericolose conseguenzedel caso.

Fermare quest’onda emotiva destinata a cre-scere in maniera sempre più rapida è del tuttoimpossibile. Tentare di gestirla, però, è assolu-tamente doveroso. E per farlo, prima di qual-siasi misura concreta, è necessario fare appello

Parlamento come questo dove, spesso e volen-tieri, si nota molto di meno l’attivismo di unPartito Democratico sconquassato da scissionie molto di più, anzi fin troppo, la tonitruanteescalation grillina mixata di insulti anti-castae vaneggiamenti propositivi fini non a se stessima alla messa in stato d’accusa del Governo edei suoi sostenitori, con la mira specialmenteverso i piddini, e poi via via tutti gli altri.

Certo, perché il traguardo finale che BeppeGrillo persegue, sulla base innanzitutto del di-sprezzo totale per il poco che resta della Polisdi oggi, è proprio quello di fare piazza pulita ditutti (ma proprio tutti) i politici di oggi, ovverola casta, infischiandosene tranquillamente diprogrammi e progetti degni di questo nomema, al contrario, buttando in pasto al “pop-polo” una sfilza di intendimenti non solo con-traddittori coi precedenti ma privi di qualsiasiproposta effettuale, a parte vitalizi, costi dellapolitica e reddito di cittadinanza. Il populismosta proprio in questo. Ma le urgenze del Paesevero non erano, sono e saranno il suo rilancioeconomico, la sua ripresa riformatrice a co-minciare da una nuova legge elettorale, il suofuturo degno della sua storia in una Unione eu-ropea rinnovata, il suo presente con una poli-tica che riacquisti credibilità e dignità tali dacontrapporsi al devastante pericolo incom-bente?

La politica della vendetta non porta mainiente di buono a chi la persegue ma, al con-trario, finisce spesso col dare una mano deci-siva proprio al nemico nella misura in cui lavoglia di rivincita, dimenticando la progettua-

Appello alla Chiesa per la bontà responsabile

L’agenda di Renzi è a (suo) rischio

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Partito dei Magistrati: miti e mitomanidi Mauro Mellini

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3l’oPinione delle libertàPrimo Pianogiovedì 20 aprile 2017

Un tempo erano i Paesi europeia colonizzare il Terzo Mondo.

E in seguito a imporre ai Paesi ap-pena usciti dal colonialismo re-gimi autocratici forti per tenere abada le masse di diseredati che lipopolavano.

Oggi assistiamo a una nemesi,anzi a una legge del contrap-passo. Sono i Paesi del TerzoMondo, rimasti affezionati al-l’autoritarismo come modellopolitico-amministrativo, aimporre a quelli occidentali(in primis europei) delle de-mocrazie reali. Il termineusato è “democratura”. Siapure (per ora) in manieraindiretta attraverso il terro-rismo islamico e l’immigra-zione clandestina di massa;fenomeni entrambi chiara-mente orchestrati ad arte.

Ora che pure il Vaticanosembra essere stato “stre-gato” da Beppe Grillo, vediintervista di ieri all’“Avve-nire”, che di certo non puòessere definita ostile, questaipotesi annovera una nuovaconferma. L’America sceglieDonald Trump, la Franciarischia una Marine Le Pen,la Gran Bretagna si affida aTheresa May per la Brexit el’Italia appare avviata versoun governo a Cinque Stelle,la cui cifra politica è quelladel Grillo, intesa comeMarchese: “Io so’ io e voinon siete un cazzo!”.

Da Pericle a oggi, quindi,un bel giro intorno alle con-traddizioni della democra-zia e ritorno. Con i populismiautarchici a prendere il posto

dei vecchi fascismi nazionalisti.Ma il tutto non per scelta ideolo-gica quanto per un malintesosenso di legittima difesa. Dal ter-rorismo di matrice islamica, riu-scito in pieno laddove il suo

antesignano di matrice comunistao fascista aveva finito per fallire.E, soprattutto, dall’arma spre-giudicatamente usata oggi dapersonaggi come Recep TayyipErdoğan (e in passato da figuri

come Gheddafi) di costringeremasse di diseredati, con guerre,persecuzioni e carestie di massa, ascegliere la strada dell’emigra-zione disperata verso i lidi euro-pei.

Così in meno di vent’anni iPaesi del Terzo Mondo hanno difatto non solo cambiato il nostrostile di vita, alla faccia dei pro-clami retorici dei vari FrançoisHollande dopo ogni attentato su-

bito, ma anche la manieradi pensare la politica. Ci im-pongono regimi non piùtanto democratici, come po-trebbe essere quello diBeppe Grillo in Italia, e inprospettiva persino autori-tari. E ora si ha la contro-prova che anche la Chiesacattolica si piega a questodisegno. Con un Papa suda-mericano, peronista e popu-lista, che non si perita diaccogliere persino i CinqueStelle nel proprio presepeterzo mondista e demago-gico.

Prima prenderemo co-scienza di questo disegnoche sta per riportare l’auto-ritarismo in Europa, e ri-schia di introdurne ungerme persino in America,meglio sarà per la qualitàdella vita e della libertà dicentinaia di milioni di citta-dini del primo mondo.Come nei peggiori film del-l’orrore, i B-movie che piac-ciono tanto a QuentinTarantino, sono i morti cheafferrano i vivi per tentaredi portarli dentro le visceredella terra.

Terrorismo islamico, immigrazione e la nemesi indiretta del colonialismo

di roCCo sChiavone

Gentile ministro Pier Carlo Pa-doan, ci aiuti a capire: sta

davvero pensando di aumentarel’Iva per finanziare la riduzionedel cuneo fiscale? Sarà che nonsiamo aquile, ma non cogliamo ilnesso tra le due misure. In verità,una cosa del genere ci sembra unaboiata pazzesca. Caro ministro,siamo impazziti o che altro? Sirende conto che una stangata sul-l’Iva si rifletterebbe drammatica-mente sui consumi interni, giàdepressi di loro? Abbiamo in Ita-lia il mondo della piccola e mediaimpresa che, insieme a quello dellavoro autonomo e del commer-cio, costituisce l’ossatura del si-stema produttivo. Dovremmoavere maggiore rispetto per que-sto dato incontrovertibile e la po-litica dovrebbe farsi in quattroper aiutare quell’ossatura a re-stare in piedi. Invece, sembra chesia di moda spaccare le ossa ai piùdeboli. Si dirà: è una partita digiro. La tesi è: con l’abbassa-mento della pressione fiscale suilavoratori, da una parte si togliee dall’altra si dà. Se fosse veropensate che funzionerebbe? Nonè bastata l’esperienza fallimentaredel “bonus” degli 80 euro, inven-tato da Matteo Renzi in tempoper vincere facile le elezioni euro-pee nel 2014? I fatti hanno dimo-strato che i denari trattenuti inbusta paga dai beneficiari dellamisura, a causa del grave statod’incertezza psicologica che per-mane nel Paese dopo quasi un de-cennio di crisi economica, nonsono stati reimmessi nel circuitodei consumi. Perché dovrebbe ac-cadere adesso? Quindi, se ab-biamo capito bene, alla mazzata(certa) dell’aumento dell’Iva nonè detto che corrisponderà uno sti-molo alla crescita economica eagli investimenti.

È dunque questa la “ricetta Pa-

doan” per la ripresa? Dubitare èlegittimo, non crederci è d’ob-bligo. È tuttavia comprensibileche qualche corpo intermedio cheha ridotto la propria ragione so-ciale all’esclusiva difesa degli in-teressi delle grandi aziendeesportatrici possa aver plauditoall’idea. Siamo onesti, a chi fa af-

fari con l’export non frega nulladi incrementare il mercato in-terno. È la politica che dovrebbepreoccuparsi di guardare a 360gradi. Il fatto che la bilancia com-merciale sorrida ai produttori del“made in Italy”, posto che tuttociò che passa per tale sia davveroitaliano e non benefici solo di

un’etichetta di comodo, ci pro-cura gioia e orgoglio. Ma nonbasta. Bisogna anche pensare agliitaliani a casa loro: consumatorio produttori che siano. E comun-que la si giri far costare di più ibeni al dettaglio, per effetto del-l’aumento di un’imposta indirettasulla ricchezza che viene trasferita

o consumata, non aiuterà a svuo-tare gli scaffali e non gioverà allasalute del mercato interno. Alcontrario, spingerà soprattutto ipiù deboli a stringere la cinghia diun altro buco.

Ma come si fa a essere così cie-chi da non vedere che l’unicastrada per rimettere in moto que-sto sfortunato Paese passa per untaglio radicale della tassazione?Minori entrate per lo Stato e, abilanciare, minor spreco di risorsesul funzionamento della macchinapubblica la quale, sebbene abbiaal proprio interno delle eccellenzeassolute, deve potersi liberare ditutti i rami secchi che la oppri-mono. Per un certo periodo era dimoda l’espressione “spending re-view”. Dov’è finita? In qualchescantinato di Via XX Settembre?Ci sarebbe da disboscare l’appa-rato amministrativo al centro enelle periferie. Innumerevoli sta-zioni appaltanti ancora in pienoesercizio, pletore di enti inutili, econnessi Consigli di amministra-zione strapagati, sfuggiti alla po-tatura, risorse pubbliche sprecatein processi d’infrastrutturazionedegni del più depresso Kafka;piante organiche di uffici pubblicilocali faraoniche; contributi e fi-nanziamenti concessi a impreseche non producono; assistenziali-smo di Stato erogato a occhi ben-dati; malaffare e corruzione cheattentano quotidianamente allavirtù dei dipendenti pubblici.

Tutto questo sopravvive bencustodito dalla politica nel vasodi Pandora del bilancio delloStato. In compenso, per far qua-drare i conti si pelano quelli chegià pagano. Se Oscar Wilde tor-nasse in vita sarebbe fiero diconstatare che in Italia, nei pa-lazzi del governo, c’è più di qual-cuno che l’ha preso sul serioquando esclamava “posso fare ameno di tutto, tranne che del su-perfluo”.

L’ultima di Padoan: su l’Iva, giù il cuneo fiscale (forse)

di Cristofaro sola

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Ealla fine arrivò, per il MovimentoCinque Stelle, anche la benedi-

zione vescovile. Dopo aver fattofronte comune sulle aperture (o, me-glio, chiusure) domenicali, il diret-tore di “Avvenire”, Marco Tarquinio,ha spiegato in un’intervista uscita sulCorriere della Sera che fra cattolici epentastellati c’è convergenza addirit-tura sui “tre quarti dei grandi temi”,lasciando alla libera immaginazionedei lettori il dubbio su quali: l’uscitadall’Euro? il reddito di cittadinanza?i vaccini?

Trascuriamo ogni considerazionedi carattere astratto sulla legittimitàdell’intervento della Chiesa in questefaccende. La Conferenza episcopaleè, in Italia, non da oggi un attore po-litico: questioni di fede a parte, haaccesso a un regime tributario privi-legiato e a una certa quota di risorsepubbliche tramite l’otto per milleche, come chiunque altro, tiene apreservare. Ciò che stupisce, però, èla materia sulla quale i vescovi sonoscesi in campo. In un Paese cattoliconel quale i praticanti ormai sono al-l’incirca un terzo della popolazione,la Chiesa avrebbe ben altri problemi

che l’apertura deicentri commercialila domenica. Laquale è del tuttocompatibile, sia perchi li frequenta siaper chi ci lavora,con la Santa Messa:che è da sempreprevista in orari di-versi, proprio pervenire incontro alle

esigenze delle famiglie. Siccome i vescovi lo compren-

dono prima e meglio di noi, è benecercare una spiegazione diversa. Nonè la battaglia che crea un’occasionedi convergenza coi Cinque Stelle,semmai è vero il contrario: la batta-glia è il pretesto, l’occasione per alli-nearsi con un partito che potrebbe,domani, governare il Paese.

Pare strano che quella conver-genza sia cercata e coltivata da unmovimento la cui base più solida, se-condo i sondaggi, sono i giovani chenon sono nemmeno più andati al ca-techismo. Pare ugualmente stranoche un’istituzione attentissima alleragioni della stabilità come la Chiesa

scommetta sui gianburrasca della po-litica.

Per nulla strano, invece, ma comesempre deprimente, è che questioniche hanno a che fare con la libertà discegliere non siano che pretesti. Se aivescovi interessasse davvero provarea parlare col popolo degli outlet, nonimmaginerebbero di chiuderli la do-menica, confidando che le stesse per-sone vadano a messa anziché stare acasa a vedere la televisione.Parlerebbero, come hannosempre fatto, con gli eser-centi. Chiederebbero dimodulare i turni. Magaricercherebbero persino diguadagnarsi spazi lì, inquelle piazze laiche dove lepersone la domenica vannoperché ci desiderano an-dare.

Se ai sindacati da sem-pre e da ieri vicini alla Ceidavvero interessasse la con-dizione dei lavoratori, anzi-ché lanciare una fatwafarebbero il loro mestiere:negoziare. Per alzare lepaghe di chi lavora la do-

menica. Per chiedere nuove assun-zioni. Per chiedere che gli orari nonsiano spezzati, costringendo i lavora-tori a stare fuori casa molte più orerispetto a quelle di lavoro effettivo.Invece, l’unica cosa che conta di unabattaglia, in Italia, è come sempre ilvalore simbolico. Che in questo casocoincide col piacere di portarsiavanti, baciando la pantofola alprossimo principe.

4 L’OPINIONE delle Libertà Politica - Lavoro

a cura dell’ISTITUTO BRUNO LEONI

giovedì 20 aprile 2017

La strana alleanza tra la Chiesa e i Cinque Stelle

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5L’OPInIOnE delle Libertàgiovedì 20 aprile 2017 Politica

La vicenda che ha coinvolto il Mo-vimento Cinque Stelle nella scelta

del candidato sindaco alle prossimeelezioni comunali di Genova, oggettodi una recente significativa pronun-cia del tribunale cittadino, induce adalcune serie riflessioni sulla naturadei partiti e movimenti politici. Af-fermando, nel suo articolo 49, il “di-ritto di associarsi liberamente inpartiti per concorrere con metododemocratico a determinare la poli-tica nazionale”, la Costituzione pre-vede:

1) Il diritto di associarsi in partiti,che ha in sé l’elemento della politi-cità unitamente alla sua valenza na-

zionale, è riconosciuto, di per sé, soloai cittadini, siccome elettori, ossia ti-tolari del diritto di voto, il cui “eser-cizio è dovere civico” (articolo 48della Costituzione);

2) I partiti concorrono a determi-nare la politica nazionale e, pertanto,se “concorrono”, non sono l’unicaforma possibile di partecipazione po-litica, che può invece esprimersi neimodi e mezzi più vari, anche attra-verso movimenti, strumenti informa-tici (ad esempio, oggi sul web),individuali o collettivi, secondo il ge-nerale principio pluralista;

3) La libertà di associarsi in partitiimplica il diritto pieno e incondizio-nato di non associarsi in alcun par-tito e, ciononostante, di svolgere

attività politica;4) L’unica condizione

posta dalla Costituzioneè quella di agire con me-todo democratico, ossiaaderendo al criterio se-condo cui le decisioni po-litiche sono assunte dallamaggioranza legittima-mente espressa.

Se per molti anni ilmetodo democratico fuinteso come sufficienzadella democrazia esterna,ossia del rispetto della re-gola di maggioranza nel-l’agire istituzionale, datempo ormai si ritieneche esso, in ragione della

sua pervasività costituzionale,quale linfa della Repubblica e,quindi, della stessa forma diStato, debba riferirsi anche alleesigenze della democrazia in-terna, ovvero all’ordinamentointerno dei partiti e, in partico-lare, nell’adozione delle loroscelte politiche e candidature. Inquest’ultimo ambito, si inqua-dra la vicenda genovese del Mo-vimento Cinque Stelle.

È ben vero che nessuna limi-tazione può essere imposta allalibertà politica, quale forma dimanifestazione del pensiero e dipartecipazione alle elezioni, ditalché il suddetto movimentopotrà anche non riconoscere ilcandidato sindaco espressodalla consultazione interna, per-ché il suo capo ha cambiatoidea. Tuttavia, non potrà dire“che agisce con metodo demo-cratico” un movimento (partitoo non partito) che si affida alla

logica del capo, disattendendo gliesiti di una consultazione indetta se-condo le sue regole organizzative.

Non è necessaria, né è in alcunmodo prevista dalla Costituzione,una legge che regoli la democrazianei partiti e offra una disciplina giu-ridica vincolante, attuativa di un va-lore, il rispetto del quale appartienein primis al modo di essere di ciascuncittadino. Il giudizio negativo sulcaso genovese è quindi soprattuttopolitico e, come tale, assai più inci-sivo di quello giurisdizionale, poiché,se quest’ultimo è ancorato alle regolegiuridiche, il primo è essenzialmentecivico.

Di questo dovrebbe preoccuparsiil Movimento Cinque Stelle, che hacosì perduto la sua stella più impor-tante: quella ideale.

(*) Docente di Diritto costituzionalenell’Università di Genova

e di Diritto regionale nelle Universitàdi Genova e “Carlo Bo” di Urbino

La democrazia nei partitidi DAnIELE GRAnARA (*)

Caro Carlo Calenda, non ci siamo.E non per il suo annuncio sulla

necessità di una dichiarata larga in-tesa antigrillina, ma perché il pro-blema non sta nei numeri ma nelcoraggio e nella forza delle scelte.

Nel 2001 e poi nel 2008, SilvioBerlusconi vinse con numeri impor-tanti eppure non riuscì a cambiarel’Italia, un po’ per colpa sua e moltoper colpa di alleati infedeli e infidi.Ecco perché non ci siamo caro mini-stro, oltretutto le proposte che lei hafatto, seppure condivisibili, sonoun’inezia rispetto a quel che ci vor-rebbe per far resuscitare il Paese.Non bastano trite lenzuolate, con-tratti decentrati, qualche privatizza-zione e attenzione all’ambiente. Percome stiamo messi bisognerebbe ri-partire da zero con una nuova Costi-tuzione fatta da una AssembleaCostituente.

Serve una giustizia nuova di zecca,l’abolizione degli Statuti speciali, lariscrittura del welfare e del fisco, ilpresidenzialismo e il vincolo di man-dato. Da noi serve una maggioranzache abbia il coraggio di smantellareda cima a fondo l’apparato pubblico,mandando a casa una quantità dinullafacenti assunti per consensoelettorale, che costano un’enormità enon si trasformano in servizi mi-gliori. Meglio pagarli lasciandoli acasa che tenerli a scaldare sedie inu-tili dove oltretutto costano di più efanno parecchi danni. Del resto i fur-betti del cartellino sono solo la puntadi un iceberg. Un gigantesco icebergdi Stato messo in piedi nel corso didecenni da una dissennata politicacattocomunista che ha infilato lamacchina statale ovunque e dove

non serviva. Parliamo di enti,aziende, organismi, istituti centrali elocali che da anni erogano stipendied emolumenti ai dipendenti e aiConsigli d’amministrazione, che co-stano da matti, fanno burocrazia ecomplicano la vita di tutti.

Serve di fare piazza pulita di que-sto e tanto altro, a partire dalla divi-sione fra previdenza e assistenza edall’abolizione di una contrattualitàdi Stato che privilegia insostenibil-mente e ingiustificatamente alcuniordini e settori. Bankitalia ad esem-

pio va riformata tutta, come la Con-sob e molte Authority; vanno rivistele pensioni d’oro e parecchi diritti ac-quisiti, che gridano vergogna neiconfronti dell’equità sociale. Sullepensioni poi non serve la genialatadella Legge Fornero che sposta inprossimità della morte il diritto allapensione; serve agire sui coefficientidi trasformazione ed erogazione,maggiorando a livello decoroso edegno le pensioni minime. Un Paesecivile non può erogare pensioni dicentinaia di migliaia di euro l’anno

ad alcuni solo perché c’è una legge;un Paese civile la cambia la legge erimodula a vantaggio dei più deboli.

Da noi, caro ministro Calenda, variscritto per intero il capitolo dei fi-nanziamenti pubblici a qualsiasi ti-tolo, come vanno riscritti i costi dellapolitica, dei centri di potere e dei co-siddetti super manager di Stato, chetroppo spesso sono politici trombatio a fine corsa. In Italia serve unamaggioranza che abbia il coraggio dirivoluzionare la fiscalità partendo daun reset generale, equo e sostenibile,

che consenta di recuperare il recupe-rabile e non di iscriverlo a bilancioper fare numero e sprecare inchio-stro. Inutile avere centinaia di mi-liardi in sospeso ben sapendo chenon entreranno mai, perché non pos-sono rientrare per i mille motivi chetutti conoscono. La nostra Repub-blica non può essere fondata sulletasse, sulle cartelle fiscali, su Equita-lia, sui pignoramenti e sulle liti tri-butarie, così si esaspera e si alimentala guerra fiscale. L’evasione si com-batte con una tassazione giusta, sem-plice, con la collaborazione e colconflitto d’interesse, con leggi chiaree certe e non con l’inquisizione allaTorquemada e lo stivaletto cinese. InItalia serve una maggioranza cheabbia il coraggio di porre un limiteall’accoglienza. Non possiamo con-tinuare così, perché l’immigrazione èdiventata una bomba sociale.

Insomma, caro ministro, chi vo-lesse sconfiggere Beppe Grillo nondovrebbe puntare a sante e improba-bili alleanze per fare numero, perchégli basterebbe avere la forza, il co-raggio e l’onestà di rivoluzionare ilPaese. Del resto Grillo vive di questo,del malcontento e dell’indignazionegenerato da una politica avida, ipo-crita e opportunista, che ha semprefatto lo struzzo. Solo così ci salve-remo perché è questo che conta enon i grillini. Ecco perché siamo difronte a un bivio: o la politica trovala forza di cambiare il Paese oppureil Paese cambierà la politica. Delresto l’azienda della quale si sta oc-cupando, l’Alitalia, caro ministro, èproprio l’esempio dell’Italia da cam-biare, da recidere, da dimenticare sesi vuole avere un futuro.

Con sincerità e simpatia, buon la-voro ministro Calenda.

Non è un problema di intese, ma di coraggio e di sceltedi ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA

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“Elektra” (Elettra), primo deisette capolavori del binomio

Richard Strauss-Hugo von Hofman-nsthal, ha rivoluzionato nel 1909 ilteatro in musica. Viene consideratadal mio amico Stéphane Lissner, di-rettore dell’Opéra national de Paris,come la più grande opera del Nove-cento.

Nel catalogo Strauss-Hofman-nsthal, Elektra è anche uno dei lavorirappresentati con maggiore fre-quenza in Italia. Il vostro chroni-queur ha visto e ascoltato quasi tuttele produzioni italiane degli ultimivent’anni nonché quelle di Salisburgoe Aix-en-Provence. Nelle preferenzedel vostro chroniqueur, e dello stessoStrauss, nel breve ma fondamentalecatalogo Strauss-Hofmannsthal è su-perata da “Die Frau ohne Schatten”,poco eseguita in Italia.

Tre tragedie greche (rispettiva-mente di Eschilo, Sofocle ed Euri-pide) trattano, in modo moltodifferente, del mito degli Atridi e inparticolare di quello di Elettra. Unaquindicina di anni fa Luca Ronconiportò in scena la versione che ildrammaturgo Eugene O’Neill nel1931 propose adattando le tre trage-die di Eschilo alla guerra civile ame-ricana - un drammone di nove ore(cinque, grazie ai “generosi tagli”nella versione ronconiana) - e decisedi intitolare il lavoro “Il lutto si ad-dice ad Elettra”, in ragione del vastonumero di morti che costellavano letre parti dell’opera.

La “tragedia lirica” di Strauss-Hofmannsthal basata sul testo di So-focle è un prodigio, al tempo stesso,di complementarità e di contrastotra il testo di Hofmannsthal e la par-titura di Strauss; circolare il primo(con il proprio epicentro nel con-

fronto-scontro tra Elettra e Cliten-nestra, interamente dedicato al signi-ficato del perdono); vettoriale ilsecondo sino all’orgia sonora in domaggiore del finale. Un serrato attounico di un’ora e poco più di trequarti.

Sia l’azione sia la musica hannouna struttura a ellisse; un’introdu-zione quasi contrappuntistica (il dia-logo delle ancelle per preparare almonologo di Elettra) si snoda in unavasta parte centrale in cui il con-fronto tra Elettra e Clitennestra(colmo di disperazione proprio per ildiniego del perdono da parte dellaprima) è inserito tra due altri con-fronti – quelli tra Elettra e Crisote-mide (rispettivamente sul significatodella vita e sul valore della vendetta);in tutta questa parte centrale si so-vrappongono due tonalità musicalimolto differenti per unificarsi dallascena del ritorno di Oreste e del du-plice assassinio e predisporre, quindi,il do maggiore della danza macabrafinale.

Al San Carlo di Napoli è tornatol’allestimento con cui il teatro hainaugurato la stagione 2003-2004.Un allestimento che giustamente simeritò il “Premio Franco Abbiati”(l’Oscar della lirica). È un allesti-mento tale da indurre anche il piùscettico e disincantato dei “chroni-queur” al dubbio; cioè a pensare che,tutto sommato, Lissner abbia ragionee che, quindi, i 102 minuti e sette se-condi di Elektra si pongano comeuna grande cattedrale gotica dellamusica moderna, non superata nelventesimosecolo e forse non supera-bile neanche nel ventunesimo. Non èil caso di riassumere la conosciutis-sima trama dell’opera. In questanota, quindi, mi soffermo sugliaspetti specifici di questa produzione,che considero, unitamente a quellacon la regia di Pierre Chéreau che hadebuttato nel 2013 al Festival di Aix-en-Provence e si è vista, tra l’altro,alla Scala di Milano, al Metropolitane alla Staatsoper di Berlino, le due mi-gliori di quelle messe in scena negliultimi vent’anni. Hanno un punto incomune: l’azione si svolge non nel-l’antica Grecia, ma in un luogo cheassomiglia a un Paese balcanico difine Novecento. Nella produzione diChéreau, le scene di Richard Peduzzisono efficaci ma non un’opera d’artecome quelle di Anselm Kiefer che as-somigliano a un reperto di archeolo-gia industriale, una fabbricaabbandonata dopo una guerra conballatoi su tre piani in cui i cantanti-attori si muovono quasi a tempo dimusica. Inoltre la regia di Chéreauaveva momenti di grande tenerezza(ad esempio, il riconoscimento delprecettore di Oreste da parte deiservi), mentre in quella di Grüberl’accento è la violenza del “secolo

crudele” in cui la tecnologia consentela crudeltà di massa. Con l’eccezionedi Crisotemide (alla ricerca di “unavita vera” e di una “famiglia vera” e delPrecettore (nella sua breve apparizione)siamo in una società che sta franando.Chi cerca il perdono (Clitennestra) nonlo ottiene. Elettra è puro istinto con ununico obiettivo: le vendetta. Ottenu-tola, la sua danza di gioia non può es-sere che anche di morte.

Di grande rilievo l’impianto sce-nico di Anselm Kiefer (pittore e scul-tore prima che scenografo): è unavera e propria installazione d’autore,un’opera d’arte messa sul palcosce-nico del San Carlo; un’opera che è uncontinuo grido di dolore. Grüber in-sistette molto per convincere Kiefernella intrapresa in comune. Rivistooggi, dopo quasi quattordici anni, ilrisultato è ancora più straordinario.

Elektra è soprattutto musica e fun-ziona bene anche in versione da con-certo, come la ascoltai nel 2015 alFestival Enescu di Bucarest. Nel1909, le sue dissonanze sconvolseropubblico e critici, facendo passarequasi inosservate le parti melodiche,l’uso estensivo di scale cromatiche e

la stessa armonia portata agli estremi.In effetti, è un unicum che sembracambiare ogni volta a seconda delmaestro concertatore. L’orchestra delSan Carlo, affidata a Juraj Valčuha,nuovo direttore musicale principaledel teatro, esprime sonorità, special-mente nelle dissonanze, più intense diquelle del 2003 (quando GabrieleFerro aveva la bacchetta). Valčuhanon trascura le parti cromatiche emelodiche, nonché l’armonia portataagli estremi. Magnifico il finale in cuiil momento conosciuto come “il val-zer di Crisotemide” si trasforma nelladanza macabra di Elettra.

Elena Pankratova (Elettra) è bennota in Italia per il suo strepitoso de-butto al “Maggio Musicale Fioren-tino” nel 2010 come protagonista di“Die Frau ohne Schatten”. Gli altri,anche se poco noti in Italia (inquanto specializzati nel repertorio te-desco), hanno tutti dato un’ottimaprova: dalla gelida Renée Morloc(Clitennestra) passando per la dolcis-sima Manuela Uhl (Crisotemide),fino al brutale Michael Laurenz (Egi-sto) e al prestante Robert Bork (Ore-ste).

di GIusEPPE PENNIsI

“Elektra”, applausi al Teatro San Carlo6 L’OPINIONE delle Libertà Lirica giovedì 20 aprile 2017

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L’inaspettata importanza dell’in-contro tra diversi. Su questo nu-

cleo si sviluppa lo spettacolo “Unquaderno per l’inverno” di ArmandoPirozzi, interpretato da AlbertoAstorri e Luca Zacchini, che arriva aRoma (Teatro India, fino al 23aprile) e in estate sarà ai Festival diSpoleto e Castiglioncello. Ne par-liamo con il pluripremiato regista,Massimiliano Civica, classe 1974.

Ci sintetizza la vicenda al centrodella narrazione?

Siamo a casa di un professore diletteratura, che rientrando con laspesa trova ad aspettarlo un ladroarmato di coltello. Scopriremo chel’uomo cerca da lui qualcosa di bi-slacco e inaspettato, e tra i due, purcosì diversi, distanti, nascerà un’ami-cizia. Il titolo riguarda il fatto cheognuno di noi deve avere una serie diricordi, emozioni, incontri, che loaiutino ad attraversare l’inverno.

Com’è nata la messinscena?Io e Armando sono anni che ci

conosciamo e lavoriamo insieme. Se-condo il nostro “gentlemen’s agree-ment” quando lui mi dà un testo ionon lo tocco, per me è un materialedefinitivo. Il più grande lavoro di unregista è la scelta degli attori, credoche sia l’80 per cento di uno spetta-colo; io in genere cerco attori-regi-sti che hanno una loro compagnia,perché mi piace molto il confronto,in questo caso con Luca Zacchini

de “gli Omìni” e Alberto Astorridella Compagnia Astorri/Tintinelli.Quando hai un grande testo e duebravissimi attori, meno fai e meglioè, e più sei sicuro che lo spettacoloverrà bello. E io ho cercato di intro-mettermi il meno possibile.

Perché sulla locandina è riportato:“Uno spettacolo di Massimiliano Ci-vica”?

Di uno spettacolo io mi occupo ditutto: dallo spazio scenico alla sceltadei costumi, quindi scrivere così sin-tetizza tutto questo, senza dover ri-portare il proprio nome ovunque.Quando lavoravo su commissione,su testi non scelti da me, cosa cheormai non faccio da dieci anni, laformula era: “regìa di”; se invece eraun progetto nato da mie esigenze:“spettacolo di”.

Qual è il suo rapporto con gli at-tori, in che modo lavorate insieme?

Per me gli attori sono il centro delteatro, e devono tornare ad esserlosempre di più, perché noi esseriumani possiamo empatizzare, pro-vare simpatia e affetto solo per altriesseri umani. Nessuno si emozionamai per una scelta registica. Cercosempre una collaborazione che siaun punto d’incontro tra come iovedo il testo e la loro autonomia ar-tistica, quindi in questo caso lo spet-

tacolo lo facciamo veramente inquattro: l’autore del testo, i due at-tori e io.

Il suo percorso artistico va daShakespeare e Euripide fino alladrammaturgia contemporanea: comesi muove nei diversi ambiti, in cherapporto si trovano il passato con ilpresente?

Credo che le questioni che ci ri-guardano profondamente siano im-mutabili. Ho la certezza che perDante, Euripide e io o un fruttiven-dolo siano le stesse, fondamentali:l’amore, l’amicizia, la paura dellamorte e delle ingiustizie, il dolore;quindi la ricerca è sempre quella diuna questione umana aperta e mai ri-solvibile.

Dato il suo lavorare in ambito na-zionale, come vede lo stallo della si-tuazione teatrale romana edeventuali prospettive di un suo supe-ramento?

Sicuramente è molto confusa,credo ci voglia coraggio da partedegli operatori, dei direttori dei tea-tri. La crisi non è degli artisti: ci sonoAscanio Celestini, Deflorian/Taglia-rini, l’Accademia degli Artefatti, iMuta Imago, i Santa Sangre, Vero-nica Cruciani, una quantità incredi-bile di nomi; ma se poi noi artistidobbiamo preoccuparci e occuparcidi politica culturale, dell’organizza-zione, di come portare gente a teatro,dovremmo smettere di fare gli artisti.Credo che la crisi sia dellefigure di mediazione cul-turale, che secondo mesono appiattite su un’au-topromozione folle, per-ché ormai è chiaro che lasocietà dello spettacolo siala politica. Tutti fannospettacolo, i “talk-show”politici sono ormai un ge-nere drammaturgico, gliinterventi dei politici lo-cali e nazionali puntanounicamente all’immaginee una cultura degradata dilivello - il vero e proprio“panem et circenses” - èormai lo strumento chetutti utilizzano per farepolitica.

Rispetto alle registra-zioni audio/video sul

web e in tivù, per lei il fatto tea-trale vive del qui e ora, è l’unicoambito in cui deve consumarsi?

Se uno vuol godere del teatro, cideve andare. Quello trasmesso in“streaming” o ripreso non è teatro.Credo che la grande droga contem-poranea sia l’illusione che non cisiano limiti e non esista più la morte.La tecnologia e i “social network” tidicono in continuazione che “puoistare ovunque, e non ti perderai mainiente”. Ma purtroppo c’è molto daperdere; dobbiamo fare delle scelte e

ogni scelta comporta il rinunciare aqualcosa, che si sia in un certo postoe non in un altro, con certe persone enon con altre, a fare una certa cosa enon un’altra. Questa mania di faresette cose contemporaneamente, diessere sempre dappertutto, porta alfatto che in realtà non si sia in nes-sun luogo e non si faccia niente.

Progetti futuri?Almeno per i prossimi due-tre

anni credo che continuerò la colla-borazione con Armando, e quindi alavorare sulla sua drammaturgia.

7l’opinione delle libertà

di Federico raponi

giovedì 20 aprile 2017 Cultura - Web

Il teatro secondo Massimiliano Civica

L’azienda di Cupertino è in conti-nuo fermento. L’ultima novità,

secondo quanto annunciato dallaCnbc, riguarda i malati di diabete eil possibile monitoraggio della glice-mia attraverso l’Apple Watch.

Il progetto, voluto e intrapreso ingran segreto già da Steve Jobs pocoprima di morire, starebbe coinvol-gendo un team di circa trenta per-sone, tra cui molti ingegneribiomedici, guidati, salvo smentite,da Johny Srouji, ex vicepresidentedella divisione hardware di Apple.L’obiettivo dovrebbe essere quello disviluppare un sensore, installatodentro l’orologio appunto, in gradodi misurare in maniera continuativae non invasiva il livello di diabetenel sangue.

Al momento, malgrado non cisiano notizie certe né dichiarazionida parte del colosso californiano,Apple starebbe conducendo studidi fattibilità in siti clinici della BayArea, ovvero la zona metropoli-tana che circonda la baia di SanFrancisco e il telegiornale statuni-tense sarebbe in contatto con trefamiliari di diabetici che si stareb-bero sottoponendo ai test del-l’azienda statunitense e avrebberosolo spiegato, per giunta in ma-

niera approssimativa, che il sen-sore ottico su cui si starebbe lavo-rando, si baserebbe, per avereindicazioni sui livelli glicemici, sullevariazioni di brillantezza di una

luce trasmessa attraverso la pelle.La riuscita del progetto farebbe

non solo la gioia di tutti gli individuiaffetti da diabete, che eviterebbero ilricorso a continue punturine sui pol-

pastrelli per con-trollare la quan-tità di glucosionel sangue, diven-tando quindi unoggetto fondamen-tale per queste per-sone (al mondopiù di 415 mi-lioni, 3,7 solo inItalia), ma segne-rebbe inoltre lasvolta nella storia degli orologiApple, che nel 2016 non hanno re-gistrato dei numeri di vendita rile-vanti rispetto agli altri successi dellacasa produttrice.

Se l’interesse della casa dellaMela nei confronti delle questioniriguardanti la salute poteva esserefacilmente intuibile considerandoanche la recente acquisizione diGliimpse, startup specializzata nellagestione e nella condivisione di datimedici personali, è pur vero cheancor prima del colosso califor-niano era stato Big G a darsi da fare.Anche Google, infatti, stava già la-vorando alla realizzazione di lenti a

contatto intelligenti in grado di mi-surare il glucosio attraverso le gliocchi. Risale sempre all’anno scorso,inoltre, il lancio da parte del colossofarmaceutico americano Abbott, diFreestyle Libre: un sensore grandecome un cerotto da applicare albraccio e in grado di trasmettere lemisurazioni a un tablet in manieracontinuativa.

Entrambe i metodi, però, richie-dendo un cambio settimanale disensore, risultano al momento esa-geratamente costosi, al punto dapoter considerare i 400 euro neces-sari per l’acquisto di un AppleWatch una cifra irrisoria.

di Maria Giulia Messina

Apple Watch: il nuovo modello sarà anche glucometro

TECNOLOGIA

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