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Page 1: Applicazione delle leggi di Keplero: le orbite di trasferimento alla … si studierà il problema di Keplero. In seguito, si dedurrano e dimostreranno le leggi di Keplero e da queste

Universitá del Salento

UNIVERSITÁ DEL SALENTODIPARTIMENTO DI MATEMATICA E FISICA ENNIO DE GIORGI

CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN FISICA

Tesi di Laurea

Applicazione delle leggi di Keplero: le orbitedi trasferimento alla Hohmann

Application of Kepler's laws: the Hohmann transfer orbits

Candidato: Francesco Frascella

Relatore: Dott. A.A. Nucita

Anno Accademico 2018-2019

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Indice

Introduzione vii

1 Problema dei due corpi 11.1 Centro di massa e moto relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Moto in campo centrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.3 Studio qualitativo del potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.4 Orbite nel problema di Keplero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.5 Ellisse in coordinate polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2 Trasferimento alla Hohmann 132.1 Manovre impulsive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.2 Orbite ellittiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.3 Orbite di trasferimento alla Hohmann biellittiche . . . . . . . . . . . . 18

Riferimenti bibliogra�ci 21

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iv Indice

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Elenco delle �gure

1.1 Sistema di riferimento inerziale rispetto alle stelle �sse . . . . . . . . . 11.2 Vettore posizione della massa ridotta m rispetto al centro di forze . . . 31.3 Scomposizione del vettore velocità v . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.4 Moto limitato ma non chiuso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.5 Potenziale monodimensionale equivalente per una forza attrattiva che

decade con l'inverso del quadrato della distanza dall'origine . . . . . . 71.6 Ellisse in coordinate cartesiane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.7 Ellisse in coordinate polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.1 Frazione di massa del propellente vs il ∆v per tipici impulsi speci�ci . 142.2 Trasferimento alla Hohmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.3 Trasferimento alla Hohmann tra due orbite ellittiche coassiali . . . . . 152.4 Gra�ci di contorno di ∆vtotale,3′/∆vtotale,3 per diverse dimensioni del-

l'ellisse in �gura 1.5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.5 Trasferimento biellittico dall'orbita più interna 1 alla più esterna 4 . . 182.6 Orbite per cui il trasferimento biellittico è più o meno e�ciente rispetto

a quello alla Hohman . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

v

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vi Elenco delle �gure

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Introduzione

L'astrodinamica è una branca della �sica che si occupa del moto dei razzi, missilie dei veicoli spaziali determinato a partire dalle leggi del moto e la legge di gra-vitazione universale di Isaac Newton. È una branca della meccanica celeste che sifocalizza sul moto orbitale di oggetti naturali come pianeti, lune o comete e arti�cia-li (sonde, satelliti). Concerne in particolar modo gli oggetti arti�ciali: dal lancio alrientro in atmosfera, quindi principalmente lo studio delle traiettorie, delle manovreorbitali e trasferimenti planetari. Per maggiori informazioni si può consultare il sitohttps://en.wikipedia.org/wiki/Orbital_mechanics.Prima che i viaggi spaziali diventassero frequenti, nella seconda metà del XX secolo,non c'era molta distinzione tra astrodinamica e meccanica celeste. Al tempo di Sput-nik, primo satellite arti�ciale lanciato in orbita, la disciplina era chiamata "dinamicaspaziale". Le tecniche fondamentali, quali quelle usate per risolvere il problema diKeplero (determinare la posizione in funzione del tempo), sono le stesse in entrambii campi. Di conseguenza, la storia delle due branche scienti�che sono quasi integral-mente condivise.Keplero fu il primo che sviluppò il modello delle orbite planetarie a un elevato livellodi accuratezza, pubblicando le sue tre leggi nel 1605.Newton pubblicò più leggi generali del moto celeste nella sua prima edizione delPhilosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687), che dava un metodo per trova-re l'orbita di un corpo che segue un cammino parabolico a partire da tre osservazioni.Questo metodo fu in seguito usato da Halley per stabilire le orbite delle varie comete,inclusa quella che porta il suo nome.Il metodo di Newton delle approssimazioni successive fu formalizzato in un metodoanalitico da Eulero nel 1744, il cui lavoro fu generalizzato per orbite ellittiche e iper-boliche da Lambert tra il 1761 e il 1777.Un'altra pietra miliare nella determinazione delle orbite fu l'assistenza che Gauss diedenel "recupero" del pianeta bianco Ceres nel 1801. Questo metodo consisteva nell'usaretre osservazioni (nella forma di coppie di ascensione retta e declinazione), per trovaresei elementi orbitali che descrivano completamente un'orbita.La teoria della determinazione orbitale è stata successivamente sviuppata a tal puntoche oggi è applicata nei ricevitori GPS così come il tracciamento e il catalogo di nuovipianeti minori osservati.Nel IXX secolo, Walter Hohmann diede un importante contributo allo studio e allacomprensione della dinamica orbitale. Tra il 1911 e il 1915 Hohmann si interessòmolto ai problemi dei voli spaziali interplanetari. Rendendosi conto dell'importanzadi ridurre al minimo la quantità di propellente, che il veicolo spaziale avrebbe dovutotrasportare, si dedicò allo studio delle orbite, �nché non trovò il metodo energetica-mente più economico per spostare il veicolo da un'orbita all'altra. Calcolò anche lecaratteristiche che avrebbe dovuto avere un motore a reazione per un velivolo spaziale.

vii

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viii Capitolo 0. Introduzione

Esaminò poi il problema del rientro nell'atmosfera terrestre. Pubblicò le sue conclu-sioni nel volume "Die Erreichbarkeit der Himmelskörper" (La raggiungibilità dei corpicelesti) nel 1925.Questa tesi verterà su un'analisi formale dei principali temi di interesse storico suiquali si basa l'astrodinamica. In particolare, si partirà dal problema dei due corpi esi studierà il problema di Keplero. In seguito, si dedurrano e dimostreranno le leggidi Keplero e da queste si passerà alla loro applicazione alle manovre di trasferimento.Si disquisirà del trasferimento semplice (semiellittico) alla Hohmann e si discuterannoanalogie e di�erenze con un altra manovra orbitale, detta biellittica.

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Capitolo 1

Problema dei due corpi

In questo capitolo, il problema dei due corpi sarà discusso usando il formalismo la-grangiano. Lo scopo di questo capitolo consiste nel descrivere sinteticamente tutti queisistemi �sici che interagiscono gravitazionalmente fra loro (come satellite e pianeta).In questo modo, si dedurrà il signi�cato dell'eccentricità e il suo ruolo nella descrizionedelle orbite planari.

1.1 Centro di massa e moto relativo

In un sistema inerziale rispetto alle stelle �sse, si considerino due corpi di massa m1

ed m2, e momenti di intensità pari a p1 = m1r1 ed p2 = m2r2, come indicato in �gura.Il simbolo "˙" rappresenta la derivazione rispetto al tempo.

Figura 1.1: Sistema di riferimento inerziale rispetto alle stelle �sse.

1

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2 Capitolo 1. Problema dei due corpi

Si supponga che i due corpi interagiscano con la sola forza gravitazionale, dimagnitudine pari a:

F = Gm1m2/r2 (1.1)

dove r rappresenta il modulo della distanza relativa della particella m2 rispettoalla particella m1. Questa grandezza si de�nisce vettorialmente come r = r2 − r1(vedere la �g 1.1).Posta U(r) = −Gm1m2

r , e de�nita questa grandezza come l'energia potenziale gravi-tazionale del sistema, si ha che F = −∇U(r).Per la forza centrale F(r) la lagrangiana del sistema vale

L(r1, r2, r) =m1r1

2

2+m2r2

2

2− Gm1m2

r(1.2)

Se indichiamo il vettore posizione del centro di massa come:

RCM =m1r1 +m2r2m1 +m2

(1.3)

L'equazione 1.2 si può riscrivere sinteticamente come

L(RCM, r, r) =MR2

CM

2+µr2

2− Gm1m2

r(1.4)

conM massa totale del sistema, ovveroM = m1 +m2 e µ massa ridotta. La massaridotta è una grandezza de�nita, nel caso del sistema a due corpi preso in esame, come1µ = 1

m1+ 1

m2e possiede la dimensione di una massa.

Come indicato dal [Goldstein et al., Meccanica classica], il teorema di Noether per-mette di a�ermare che, poiché RCM è ciclica, allora RCM = V è una costante delmoto e il centro di massa si muove di moto rettilineo e uniforme. Ad ogni modo si puòprendere come sistema di riferimento il centro di massa, sicché la lagrangiana assumeforma:

L(r, r) =µr2

2− Gm1m2

r(1.5)

La 1.5 ci dice che il problema dei due corpi è identico a quello di una particella dimassa ridotta µ immersa in un campo di forze centrali.

1.2 Moto in campo centrale

Si abbia una particella di massa m (che possiamo riguardare anche come la massaridotta di due particelle puntiformi) nel punto P. Si supponga che questa particella siaimmersa in un campo di forze esterno. Assumiamo che tale campo sia conservativoe che l'energia potenziale (o potenziale) dipenda solo dalla distanza della particella Pda un punto O, �sso rispetto a un sistema di riferimento inerziale.

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1.2. Moto in campo centrale 3

Figura 1.2: Vettore posizione della massa ridotta m rispetto al centro di forze.

Chiamiamo il vettore posizione della particella r e v = r il vettore velocità. Lalagrangiana diventa:

L(v, r) =mv2

2− U(r) (1.6)

dove r = |r| è il modulo della distanza relativa e U(r) è l'energia potenziale.Si noti che il potenziale U(r) ha simmetria sferica, dunque ogni soluzione delle equazio-ni del moto deve essere invariante per rotazioni attorno a un asse arbitrario passanteper O. Si osservi che il momento angolare della particella P rispetto a O, cioè h = r×psi conserva. Infatti, di�erenziando l'espressione del momento angolare:

h = md

dt(r× r) = m(r× r + r× r) (1.7)

La prima parte del lato destro di 1.7 va a 0 poiché si tratta di un prodotto vettorialedi vettori uguali. Il secondo termine è τ = r × F e rappresenta il momento torcenteapplicato alla particella nel punto P. Si ottiene il risultato che il tasso di cambiamento(in inglese "rate") del momento angolare è pari al momento torcente applicato (ossia,h = τ).Conseideriamo adesso il sistema di riferimento in cui O è l'origine del centro di forze.In questo sistema, r ed F sono paralleli, dunque τ = 0 e ciò implica, dalla 1.7, che hè costante.Si dimostra facilmente che il moto si svolge in un piano , detto piano dell'orbita, cheè ortogonale alla direzione (costante) di h. Ciò avviene sempre se h 6= 0. In casocontrario, se h = 0, allora r e p sono paralleli e il moto è unidimensionale.Infatti, poiché r è perpendicolare alla direzione di h, la particella giace su un piano lacui posizione normale è parallela ad h.

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4 Capitolo 1. Problema dei due corpi

Supponiamo, dunque, che h sia costante e, in particolare, diverso da zero, ovveroh = h0 6= 0. Poiché il moto avviene su un piano, il sistema ha due gradi di libertà.L'energia cinetica T si de�nisce, in coordinate polari, come

T =mv2

2=m(vr + vθ)

2

2=m(r2 + r2θ2)

2= Tr + Tθ (1.8)

Figura 1.3: Scomposizione del vettore velocità v.

dove la velocità è stata scomposta nelle sue componenti radiale e angolare (ossia,v = vθ + vr). Di conseguenza, anche l'energia cinetica può essere vista come unasomma dell'energia radiale e angolare: T = Tr + Tθ. Si veda la �gura 1.3 per lascomposizione vettoriale.La lagrangiana assume la forma, in coordinate polari:

L(r, r, θ) = T − U(r) = − U(r) =m(r2 + r2θ2)

2− U(r) (1.9)

Da questa equazione si evincono due costanti del moto.La prima è il modulo del momento angolare, h0. Infatti, poiché θ è ciclica, allora ilsuo momento coniugato pθ = ∂L

∂θè costante. Inoltre,

pθ = mr2θ = h0 = cost, (1.10)

rappresenta formalmente la seconda legge di Keplero, enunciabile come: "Il vettoredi posizione della particella rispetto al centro dell'orbita spazza aree uguali in intervallidi tempo uguali". Infatti, in riferimento alla �gura 1.2, l'area spazzata dal vettore r è

dA =r2θ

2(1.11)

e, derivando rispetto al tempo, si ottiene la grandezza de�nita come veocità aeoraleVA

VA =1

2r2θ =

h0

2m(1.12)

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1.3. Studio qualitativo del potenziale 5

che è una grandezza conservata, in quanto il momento angolare è costante.La seconda costante del moto è l'energia totale. Infatti, dalle equazioni di Eulero-Lagrange:

d

dt(∂L∂r

)− ∂L∂r

= 0⇔ mr −mrθ2 +∂U(r)

∂r= 0 (1.13)

Per la 1.10 si ha che:

mrθ2 =h2

0

mr3(1.14)

E la 1.13 può essere riscritta nel modo seguente:

mr − h20

mr3+∂U(r)

∂r= 0 (1.15)

Osserviamo che nel nostro caso la lagrangiana non dipende esplicitamente dal tem-po e che l'energia cinetica è una funzione omogenea di secondo grado rispetto a r eθ. Ne consegue che la funzione energia è una costante del moto ed è proprio l'energiatotale della particella E. Di conseguenza, l'energia totale E si può scrivere, tenendoconto della 1.9, come

E =∂L∂rr+

∂L∂θθ−L =

m(r2 + r2θ2)

2+U(r) =

mr2

2+

h20

2mr2+U(r) = cost (1.16)

Questa equazione è detta equazione di energia radiale. Da questa e dalla 1.10 èpossibile ricavare informazione sull'orbita della particella.

1.3 Studio qualitativo del potenziale

Si osservi che la conservazione del momento angolare permette di considerare il motocome unidimensionale e dotato di potenziale e�cace pari a

Ueff =h2

0

2mr2+ U(r) (1.17)

Questo potenziale e�cace è rappresentato in �gura 1.5, nel caso in cui U(r) =−k/r.Supponiamo che al tempo t = 0 sia �ssata la posizione della particella (r(0) = r0) eche per t > 0 la posizione r(t) sia una funzione crescente. Allora dalla 1.16

dr

dt=

√2

m(E − Ueff ) (1.18)

e quindi l'intervallo di tempo necessario alla particella per passare da r0 a r(t) èpari a

t =

∫ r(t)

r0

dr′√2m (E − Ueff )

(1.19)

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6 Capitolo 1. Problema dei due corpi

Dall'equazione 1.10 è possibile ricavare l'andamento della coordinata angolare θ,detta anomalia, come si evince dall'equazione seguente:

dθ =h0

mr2dt =

h0

mr2

dr′√2m (E − Ueff )

(1.20)

Adesso, supponendo che r(t) sia una funzione crescente nel tempo, si può integrarela 1.20 e si ottiene che

θ(r)− θ(r0) =h0

mdt

∫ r(t)

r0

1

r′2dr′√

2m (E − Ueff )

(1.21)

Si osservi, adesso, che se il dominio di variazione di r ha due limiti, chiamati r1 edr2 il movimento è limitato e tutta l'orbita è contenuta nella corona circolare centratain O, con raggio interno pari a r1 e raggio esterno pari a r2 (si veda la �gura 1.4). Daquesto discorso non può valere l'implicazione che se l'orbita è limitata, allora è chiusa.Infatti, la condizione necessaria e su�ciente a�nché ciò accada è la seguente:

Figura 1.4: Moto limitato ma non chiuso.

∆θ = 2h0

m

∫ r2

r1

1

r′2dr′√

2m (E − Ueff )

= 2πj

n(1.22)

con j, n ∈ N. Si ricordi che l'anomalia è de�nita sempre a meno di multipli interidi 2π. Adesso, se si indica con T0 il periodo della funzione r(t), de�nendolo tramitel'integrale seguente:

T0 = 2

∫ r2

r1

dr′√2m (E − Ueff )

(1.23)

e supponendo che r ∈ [r1, r2], allora dopo un intervallo di tempo pari a nT0 siavrà una variazione di θ pari a 2πj e, pertanto, il vettore posizione ritornerà al valore

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1.3. Studio qualitativo del potenziale 7

inziale, ossia si avrà che r(nT0) = r(0). In generale, per un potenziale generico U(r)supponendo l'esistenza di moti limitati, la traiettoria non è un'orbita chiusa.In particolare, il teorema di Bertrand asserisce che "Le uniche forze centrali in gradodi dar luogo a orbite chiuse per ogni condizione iniziale corrispondente a moti limitatisono quella proporzionale all'inverso del quadrato di r (come la forza gravitazionale),e quella proporzionale a r (come la legge di Hooke)".

Dal gra�co 1.5 si evince che il termine h20

2mr2 funge da potenziale per l'energia centrifuga�ttizia. L'aggettivo centrifugo si riferisce al fatto che la derivata

−dTθdr

=h2

0

mr3(1.24)

è una forza diretta nella stessa direzione del raggio vettore.Può sembrare strano che compaia una forza �ttizia quando si era partiti con l'analiz-zare il moto in un riferimento inerziale. Di fatto, la dipendenza di Tθ da r implica cheil bilancio energetico espresso dall'eq. 1.16 dipende dalla sola variabile r e non da θ,il che equivale ad analizzare il moto da osservatori non inerziali rotanti con il raggiovettore r.

Figura 1.5: Potenziale monodimensionale equivalente per una forza attrattiva che decade

con l'inverso del quadrato della distanza dall'origine.

Sono stati �ssati vari valori di energia (E1 > 0, E2 = 0, E3 ed E4 < 0), cui corri-spondono moti illimitati (per E ≥ 0) o limitati ( per E < 0). Nel seguente capitolo, sidarà una valutazione più formale al tipo di orbita, in base al valore dell'energia totaleposseduta dalla particella.

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8 Capitolo 1. Problema dei due corpi

1.4 Orbite nel problema di Keplero

Il problema della determinazione delle orbite di una particella in campo centrale si puòrisolvere eliminando la dipendenza temporale dalle equazioni 1.10 ed 1.16, in modotale da ottenere un'unica equazione che leghi r e θ. Un modo per ottenere questarelazione consiste nel lavorare con la variabile formale u = 1/r, sicché:

du

dθ= − 1

r2

dr

dθ(1.25)

di conseguenza, di�erenziando nel tempo e usando la "regola della catena":

r =dr

dθθ = −r−2

du

dθθ = − l0

m

du

dθ(1.26)

e sostituendo 1.26 in 1.16 si ottiene:

l202m

(du

dθ)2 +

l202m

u2 + U(u) = E (1.27)

Questa equazione può essere integrata a dare l'equazione delle orbite. Consi-deriamo il caso in cui il potenziale abbia andamento pari all'inverso della distanza(U(u) = ku), dove k è una costante indicante una forza repulsiva (k > 0) o attrattiva(k < 0). La scelta del potenziale de�nisce il cosidetto "problema di Keplero". Le duepossibilità si riassumono nella scrittura U(u) = ±|k|u. Si può de�nire il parametro dilunghezza:

ξ =l20m|k|

(1.28)

In modo tale che, moltiplicando la 1.27 per 2/|k|, si ottenga:

ξ(du

dθ)2 + ξu2 ± 2u =

2E

|k|(1.29)

Per risolvere questa equazione, ambo i membri sono moltiplicati per ξ e si aggiunge1 al �ne di "completare il quadrato". Introduciamo, in�ne, la variabile ausiliariaz = ξu± 1 sicché dz

dθ = ξ dudθ , e l'equazione 1.29 può essere riscritta come:

(dz

dθ)2 + z2 =

2Eξ

|k|+ 1 = e2 (1.30)

Si osservi che la variabile adimensionale e presente in 1.30 prende il nome di eccen-tricità e che, poiché a sinistra son presenti somme di quadrati, allora e può assumeresolo valori non negativi. La soluzione generale di tale equazione è:

z = ξu± 1 = e cos(θ − θ0) (1.31)

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1.4. Orbite nel problema di Keplero 9

con θ0 generica costante di integrazione. Allora, sostituendo r = 1/u in 1.31 emoltiplicando per r si ottiene l'equazione delle orbite:

r(e cos(θ − θ0)± 1) = ξ (1.32)

La 1.32 rappresenta un'equazione di una conica in coordinate polari. La variabilee, l'eccentricità, determina la forma dell'orbita; ξ, chiamato semilato retto, determinala sua scala e θ0 la sua orientazione relativa agli assi coordinati. I risultati sono raccoltinella tabella 1.1.

e E orbita

= 0 E = −|k|/2l circonferenza0 < e < 1 E < 0 ellisse= 1 E = 0 parabola> 1 E > 0 iperbole

Tabella 1.1: Forme delle orbite corrispondenti ai volori di e e di E.

Nel caso attrattivo, se e = 0, allora l'energia E assume il suo valore minimo,−|k|/2l e l'orbita è la circonferenza di raggio r = ξ.Se e < 1, E < 0 e lorbita è chiusa, per il teorema di Bernandt e in particolare èellittica.Se e = 1, E = 0 l'equazione delle orbite è una parabola.Se e > 1, E > 0 si tratta di un'iperbole.Da queste considerazioni discende la prima legge di Keplero enunciabile come: "Letraiettorie dei pianeti sono ellissi, di cui il Sole occupa uno dei due fuochi". Il caso diorbita ellittica corrisponde, infatti, al caso di orbita legata, con E < 0. A tale conclu-sione, è possibile giungere anche dallo studio dell'andamento del potenziale e�cace infunzione del raggio r.In particolare, si può dimostrare la terza legge di Keplero enunciabile come: "Il qua-drato del periodo di rivoluzione di un pianeta è proporzionale al cubo del semiassemaggiore dell'orbita". Infatti, dalla 1.11, la velocità areolare è data da:

VA =h0

2m=⇒ dA =

h0

2mdt =⇒ h0dt = 2mdA (1.33)

L'area di un ellisse vale πab con a e b semiassi maggiore e minore rispettivamente.Di conseguenza, integrando:

∫ T

0

l0dt = l0T = 2πmab (1.34)

Con T periodo di rivoluzione del corpo. Ora, poiché dalla geometria analitica:

a =ξ

1− e2=

l20m|k|

2|E|l20mk2

=k

2|E|(1.35)

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10 Capitolo 1. Problema dei due corpi

Si ha, in�ne:

T =2πmab

l0=

2πm

l0a2√

1− e2 =2πm

l0a2

√2|E|l20mk2

= 2πa3/2

√m

k∝ a3 (1.36)

come volevasi dimostrare

1.5 Ellisse in coordinate polari

Si vuole discutere in dettaglio l'espressione dell'ellisse in coordinate polari e alcunesue proprietà.

Figura 1.6: Ellisse in coordinate cartesiane.

Detti a il semiasse maggiore e b il minore, l'equazione dell'ellisse in coordinatecartesiane è:

x2

a2+y2

b2= 1 (1.37)

Siano F1 = (c, 0) ed F2 = (−c, 0) con c ≥ 0 i due fuochi e Q = (x, y) un puntogenerico dell'ellisse (vedere �gura 1.6). Allora, per de�nizione di ellisse, abbiamo che:

QF1 +QF2 = 2a (1.38)

Inoltre vale la relazione c2 = a2 + b2. Il quadrato della distanza del punto Q dalfuoco F1 è dato da:

QF 21 = (x− c)2 + y2 = (1− b2

a2)x2 − 2xc+ a2 (1.39)

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1.5. Ellisse in coordinate polari 11

L'eccentricità può essere così ride�nita: e = c/a, in modo tale che l'equazione 1.39si sempli�chi in:

QF 21 = (a− ex)2 =⇒ QF1 = a− ex (1.40)

Analogamente si trova che:

QF 22 = (a+ ex)2 =⇒ QF2 = a+ ex (1.41)

Allora la condizione QF1 +QF2 = 2a è soddisfatta.

Figura 1.7: Ellisse in coordinate polari.

In coordinate polari �ssiamo come polo uno dei fuochi, per esempio F1 (vedere la�gura 1.7), quindi QF1 = r. Le coordinate di Q son date da:

{x = ea+ r cosθy = r sinθ

(1.42)

Di conseguenza,

QF1 = r = a− e(ea+ r cosθ) = a(1− e2)− er cosθ =⇒ r(1 + e cosθ) = a(1− e2)

=⇒ r(θ) = a(1−e2)1+e cosθ

(1.43)

Ponendo P = a(1− e2) parametro dell'ellisse, otteniamo l'equazione dell'ellisse incoordinate polari:

r(θ) =P

1 + e cosθ(1.44)

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12 Capitolo 1. Problema dei due corpi

Il perielio e l'afelio si hanno, rispettivamente, quando θ = 0 e θ = π, ossia:

rmin = P

1+e = a(1− e)

rmax = P1−e = a(1 + e)

(1.45)

Nel seguente capitolo si utilizzernno i concetti esposti precedentemente (come l'e-spressione esplicita dell'ellisse in coordinate polari e le leggi do conservazione dell'e-nergia meccanica totale e del momento angolare) nell'ambito delle manovre orbitali e,in particolare, alle manovre orbitali alla Hohmann.

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Capitolo 2

Trasferimento alla Hohmann

In questo capitolo si tratteranno le orbite di trasferimento alla Hohmann, in particolarei casi di orbite ellittiche e biellittiche.

2.1 Manovre impulsive

Le manovre di trasferimento alla Hohmann sono manovre orbitali impulsive.Per manovre orbitali impulsive si intendono quell'insieme di azioni che permettonoa un satellite di cambiare quasi istantaneamente la sua velocità (o in direzione o inmodulo o in entrambi) e di cambiare orbita. La quantità ∆v è correlata alla massa∆m di propellente usato, attraverso l'equazione:

∆m

m= 1− e−

∆vIspg0 (2.1)

laddove m è la massa del satellite prima della combustione del propellente, g0 èl'accelerazione standard di gravità al livello del mare, mentre Isp è l'impulso speci�codei propellenti.L'impulso speci�co è de�nito come:

Isp =spinta

rate di combustione di carburante al livello del mare(2.2)

L'impulso speci�co ha le dimensioni del secondo ed è misura del rendimento delsistema di propulsione di un razzo. Nella tabella 2.1 e �gura 2.1 sono mostrati Isp peralcune combinazioni di combustibili e inoltre come varia la frazione ∆m

m in funzione diIsp.

Non ci sono stazioni di rifornimento nello spazio, quindi il programma che permettedi cambiare la velocità del satellite di una missione deve essere attentamente piani�catoper ridurre al minimo la massa del propellente trasportato (in alto) a favore del caricoutile.

2.2 Orbite ellittiche

L'orbita di trasferimento alla Hohmann è la manovra energeticamente più e�ciente, adue impulsi, che permette il trasferimento di un satellite tra due orbite circolari com-

13

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14 Capitolo 2. Trasferimento alla Hohmann

Propellente Isp (s)

gas freddo 50idrazina monopropellente 230propellente solido 290acido nitrico 310idrogeno/ossigeno liquido 455

Tabella 2.1: Alcuni tipici impulsi speci�ci.

Figura 2.1: Frazione di massa del propellente vs il ∆v per tipici impulsi speci�ci.

planari che condividono lo stesso fuoco. L'orbita alla Hohmann è ellittica e tangentea entrambi i cerchi e alle loro linee d'asse, come illustrato nella �gura 2.2.

Figura 2.2: Trasferimento alla Hohmann.

Il perielio e l'afelio dell'ellisse di trasferimento corrispondono ai raggi dei cerchi

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2.2. Orbite ellittiche 15

interni ed esterni rispettivamente. Ovviamente, solo una metà dell'ellisse è percorsadurante la manovra che porta il satellite dall'orbita circolare interna all'esterna oviceversa. Si ricordi che l'energia speci�ca orbitale per un'orbita ellittica dipende solodal suo semiasse maggiore a, ed è negativa:

ε = − µ

2a(2.3)

Per µ si intende la costante gravitazionale, data da µ = G mTerra msatellite, con Gcostante di gravitazione universale, mTerra è la massa terrestre e msatellite è la massadel satellite. Aumentare l'energia richiede una diminuzione della sua intensità, al �nedi rendere ε meno negativa. Di conseguenza, più è grande il semiasse maggiore a, piùè elevata l'energia orbitale speci�ca ε. Nella �gura 1.1 l'energia aumenta andando dalcerchio più interno a quello più esterno.Partendo da A nel cerchio interno, si richiede un incremento di velocità ∆vA nelladirezione del volo al �ne di portare il veicolo sull'orbita ellittica a maggiore energia.Dopo il viaggio da A a B, si richiede un altro incremento di velocità ∆vB che pongail veicolo su un'orbita circolare a più elevata energia. Senza l'ulteriore aumento divelocità, il razzo rimane sull'orbita ellittica di trasferimento alla Hohmann e ritor-na in A. La di�erenza di energia totale si ri�ette nella di�erenza di velocità globale∆vtotale = ∆vA + ∆vB .La stessa delta-v è richiesta se il satellite deve passare dall'orbita circolare 2 alla 1.Infatti, ci si riferisce alle intensità delle velocità, dal momento che ∆v rappresenta lastessa spesa di propellente, indipendentemente dalla direzione del motore.Dal momento che nessuna orbita reale è circolare, si può generalizzare la manovra allaHohmann vedendo le orbite 1 e 2 come ellittiche e coassiali, come mostrato nella �guraseguente. L'ellisse di trasferimento è coassiale e tangente alle ellissi 1 e 2. Ci sono

Figura 2.3: Trasferimento alla Hohmann tra due orbite ellittiche coassiali.

due orbite papabili, la 3 e la 3'. Non è immediato vedere quali delle orbite è quella

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16 Capitolo 2. Trasferimento alla Hohmann

a minor dispendio energetico. Per trovarla è necessario identi�care il delta-v richiestoper trasferire il satellite sulle due orbite (3 e 3'). Questo richiede che si trovino levelocità in A, A', B e B'per ogni coppia di orbite possibili che hanno questi punti incomune. Per far ciò, si ricorda che l'eccentricità dell'ellisse è data da:

e =ra − rpra + rp

(2.4)

Laddove rp ed ra sono i raggi riferiti al perielio e all'afelio rispettivamente. Alperielio l'equazione dell'orbita assume la forma:

rp =h2

µ

1

1 + e=h2

µ

1

1 +ra−rpra+rp

(2.5)

Dove con h si intende il momento angolare orbitale ridotto, ossia il modulo delmomento angolare h, introdotto nel capitolo precedente nell'equazione 1.6, diviso perla massa. Di conseguenza, il momento angolare in termini di perigeo e di apogeorisultata essere:

h =√

√rarpra + rp

(2.6)

L'equazione 2.6 è usata per valutare il momento angolare nei punti A, A', B e B'della �gura 1.5. In particolare:

h1 =√

2µ√

rArA′rA+rA′

h2 =√

2µ√

rBrB′rB+rB′

h3 =√

2µ√

rArBrA+rB

h3′ =√

2µ√

rA′rB′rA′+rB′

(2.7)

Dall'eq. 2.7, in base alla conservazione del momento angolare per unità di massa,si ottengono le velocità in punti diversi dell'orbita come:

vA,1 = h1

rA

vA′,1 = h1

rA′

vB,2 = h2

rB

vB,3 = h3

rB

vA,3 = h3

rA

vA′,3′ = h3′rA′

vB′,2 = h2

rB′

vB′,3 = h3′rB′

(2.8)

in cui, ad esempio, la notazione A, 1 (ed equivalentemente per le altre espressioni) siriferisce alla velocità nel punto A, supponendo che il satellite stia percorrendo l'orbita1. Ciò porta ai vari delta-v:

∆vA = |vA,3 − vA,1|∆vB = |vB,2 − vB,3|∆vA′ = |vA′,3′ − vA′,1|∆vB′ = |vB′,2 − vB′,3′ |

(2.9)

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2.2. Orbite ellittiche 17

E, in�ne, al delta-v totale richiesto per le due possibili traiettorie ellittiche:

∆vtotale,3 = ∆vA + ∆vB ∆vtotale,3′ = ∆vA′ + ∆vB′ (2.10)

Se ∆vtotale,3′/∆vtotale,3 > 1, allora l'orbita 3 è la più e�ciente. Viceversa, se∆vtotale,3′/∆vtotale,3 < 1, allora l'orbita 3' è più e�ciente dell'orbita 3.Tre gra�ci del rapporto ∆vtotale,3′/∆vtotale,3 sono mostrati in �gura per tre di�erentiforme dell'orbita interna 1 di �gura 2.3.

Figura 2.4: Gra�ci di contorno di ∆vtotale,3′/∆vtotale,3 per diverse dimensioni dell'ellisse in

�gura 1.5.

La �gura 2.5(a) si riferisce alla situazione in cui rA′/rA = 3, la quale è rappresen-tata in �gura 2.3, in cui il punto A è il perielio dell'ellisse iniziale.In �gura 2.5(b), rA′/rA = 1. Ciò equivale a dire che l'ellisse iniziale è un cerchio.In�ne, in �gura 2.5(c) rA′/rA = 1/3, condizione che corrisponde a un'orbita inizialedella stessa dimensione dell'orbita 1 in �gura 2.3 ma col punto A che appartiene al-l'afelio invece che al perielio.La �gura 2.5(a), che rappresenta la situazione in cui rA′ > rA, mostra che se il puntoA è al perielio dell'orbita 1, allora l'orbita di trasferimento 3 è la più e�ciente.La �gura 2.5(c), per cui rA′ < rA, mostra che se il punto A' è al perielio dell'orbita 1,allora l'orbita di trasferimento 3' è la più e�ciente.Assieme, questi risultati mostrano che è più e�ciente l'orbita di trasferimento cheinizia dal perielio dell'orbita più interna 1, dove la sua energia cinetica è maggiore,indipendentemente dalla forma dell'orbita �nale esterna.Se l'orbita iniziale è un cerchio, allora la �gura 2.5(b) mostra che l'orbita di trasfe-rimento 3' è più e�ciente se rB′ > rB . Questo signi�ca che a partire da un'orbitacircolare interna, l'ellisse di trasferimento dovrebbe terminare all'afelio del ellisse piùesterno, dove la velocità è più bassa.I risultati raggiunti sono applicabili anche se il trasferimento alla Hohmann è nelle di-rezioni invertite, per esempio nel passaggio da un'orbita più esterna a una più interna,poiché è richiesto lo stesso delta-v nel passaggio da un'orbita all'altra. Di conseguen-za, nel passaggio tra un'orbitta esterna a una interna, l'orbita di trasferimento allaHohmann più e�ciente termina al perielio dell'orbita �nale interna.

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18 Capitolo 2. Trasferimento alla Hohmann

2.3 Orbite di trasferimento alla Hohmann biellittiche

Terminiamo la discussione parlando di un altro tipo di manovra orbitale: trasferimentosu orbita alla Hohmann biellittica. Come si evince dalla �gura 2.5,

Figura 2.5: Trasferimento biellittico dall'orbita più interna 1 alla più esterna 4.

un'orbita di trasferimento alla Hohmann dalla orbita circolare 1 alla 4 è l'ellissetratteggiata che giace tra le orbite ed è a loro tangente.Invece, il trasferimento biellittico alla Hohmann usa due semi-ellissi coassiali, indicatiin �gura coi numeri 2 e 3, che si estendono �n oltre l'orbita �nale. Ognuna delle ellissiè tangente a una delle orbite circolari, ed entrambe sono tangenti fra loro nel puntoB, il quale è l'afelio di entrambi.L'idea è di piazzare B su�cientemente lontano dal fuoco in modo tale che il ∆vB siadavvero piccolo. Infatti, al tendere di rB all'in�nito, ∆vB tende a zero.Il trasferimento biellittico è più e�ciente di quello alla Hohmann se vale che

∆vtotale,biellittico < ∆vtotale,Hohmann (2.11)

L'analisi dei delta-v per i trasferimenti alla Hohmann e biellittici porta ai seguentirisultati:

∆vHohmann =

[1√a−√

2(1−α)√α(1+α)

]õrA

∆vBiellittico =

[√2(α+β)αβ − 1+

√α√α−√

2β(1+β) (1− β)

]õrA

(2.12)

Dove con α e β si intendono i rapporti fra le distanze così de�niti:

α = rCrA

β = rBrA

(2.13)

Se si gra�ca la di�erenza tra i ∆vtotali tra quelle biellittiche e alla Hohmann siottiene la �gura 2.6. Si noti che vi sono regioni in cui la di�erenza è negativa, altre in

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2.3. Orbite di trasferimento alla Hohmann biellittiche 19

Figura 2.6: Orbite per cui il trasferimento biellittico è più o meno e�ciente rispetto a quello

alla Hohman.

cui è positiva, e in una stretta regione la di�erenza tra i due delta-v è nulla.Dalla �gura si nota che se il raggio del cerchio rC più esterno è minore di circa 11,9volte rispetto al raggio interno (rA), la manovra standard alla Hohmann è la più ener-geticamente e�ciente.Se invece il rapporto eccede il valore approssimativo di 15, allora la strategia di tra-sferimento su orbita biellittica è la migliore.Tra le due regioni, grandi valori dell'afelio rB favoriscono il trasferimento biellittico,mentre valori più piccoli favoriscono il trasferimento alla Hohmann.Come ultima osservazione, si pensi che piccoli guadagni in termini di e�cienza ener-getica possono essere più che compensati dai tempi di volo molto più lunghi intornoalle traiettorie bi-ellittiche rispetto al tempo di volo sulla singola semi-ellisse del tra-sferimento alla Hohmann.Queste considerazioni portano alla conclusione che la durata del lancio nelle mano-vre orbitali alla Hohmann sono date dalla terza legge di Keplero, applicate alle varieorbite. Ad esempio, un lancio lunare diretto dalla Terra alla Luna durerebbe pocorispetto a una manovra alla Hohmann che collegherebbe i punti di decollo e di atter-raggio, tuttavia in virtù della eq. 2.1 la quantità di propellente da usare va fuori dallecaratteristiche ingegneristiche che sono proprie dei satelliti arti�ciali attualmente ado-perati. Al contrario, il vantaggio delle manovre orbitali impulsive consiste nel minimodispendio energetico di propellente a svantaggio di un tempo di volo più lungo.

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20 Capitolo 2. Trasferimento alla Hohmann

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Bibliogra�a

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Astrofisica_magistrale/. Lecce.

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