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Appunti del corso di FISICA DEL PLASMA DI QUARK E GLUONI (A)

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Appunti del corso di FISICA DEL PLASMA DI QUARK E GLUONI (A)

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1 Introduzione

La QCD e una teoria rinormalizzabile. Una volta rinormalizzata la costante d’accoppiamento

ha il seguente andamento (all’ordine perturbativo piu basso)

αs ≃12π

(33 − 2nf ) ln µ2

Λ2

dove Λ ≃ 200 Mev e nf e il numero di quark la cui massa supera la scala µ. Il motivo di questo

andamento decrescente all’aumentare dell’energia (o al diminuire della distanza) risiede nel fatto

che i gluoni interagiscono tra di loro (contrariamente ai fotoni) e quindi si assiste ad un fenomeno

di anti-screening: la forza dell’interazione aumenta con la distanza.

• Alla scala dell’ordine del fm (dimensioni del protone), αs e gia troppo elevata per uno sviluppo

perturbativo.

• “Liberta asintotica”: a grande energia la costante d’accoppiamento e piccola (al limite nulla).

• “Confinamento”: a grande distanza la costante d’accoppiamento e grande. Se si tenta di

separare una coppia di quark, ad un certo punto l’energia diventa sufficiente per la creazione

di una coppia quark-antiquark da cui la non osservabilita di quark isolati.

Osservazione. L’andamento di αs e un indizio a favore del confinamento, ma non una prova per-

che dove non e possibile applicare la teoria perturbativa non si conosce il comportamento di αs.

Come ulteriore indizio si ha che in processi del tipo γ + p, per quanto energetici possano essere,

non si osservano mai quark sbalzati fuori.

Con metodi numerici non si riesce a rispondere a domande di tipo dinamico (ad es. cosa accada

nello stato finale di un processo p + p) ma si riesce a calcolare quantita termodinamiche di QCD.

Meccanica statistica: ZG =∑

stati e−βEs+βµNs

Applicazione alla QCD: ZG = Tr(

e−βH+βµBB)

B ≡ operatore numero barionico, µB ≡ potenziale chimico barionico

Osservazione. Volendo si puo considerare un potenziale chimico per ogni carica conservata, ma

quello barionico e il piu importante.

• Esprimendo S/T 3 in funzione di T , si vede che intorno a T ≃ 200 MeV c’e una brusca

variazione di entropia → transizione di fase.

Osservazione. E naturale che la transizione occorra intorno a T ≃ 200 MeV: infatti in αs(µ)

compare la scala Λ ≃ 200 MeV.

• A bassa temperatura esistera la materia confinata (quark e gluoni in androni).

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• A temperatura alta (alta energia) si devono recuperare le leggi dei gas perfetti di bosoni

(gluoni) e fermioni (quark). I gluoni si comportano similmente ai fotoni (come loro hanno

massa nulla) ma hanno una degenerazione maggiore (esistono in 8 tipi). In questa zona ci si

aspetta quindi p = ρ/3, ρ ∝ T 4.

• Si puo considerare anche µB come parametro oltre a T . Aumentare µB vuol dire aumentare

B e quindi aumentare la densita dei quark. Al limite di grandissimo impacchettamento, le

distanze sono cosı ridotte che i quark si devono comportare come un gas libero (transizione).

Nel piano (µB , T ) si ha una linea di transizione che separa la zona di confinamento (gas di

adroni) dalla zona di deconfinamento (plasma di quark e gluoni).

Osservazione. Nel caso di gas di adroni si puo affermare che le particelle si muovono per gran-

di distanze (senza urti) solo quando la densita e bassa. Nel caso dei quark e gluoni e il contrario.

Osservazione. Il libero cammino medio e λ = 1nσ (n = densita, σ = sezione d’urto). Quindi

non e detto che il libero cammino medio aumenti, ma essendo l’interazione minore ad alta densita,

lo spazio accessibile al quark e maggiore delle distanze su cui si muove quando confinato.

La natura della transizione di fase non e chiara (se e del 1 o del 2, oppure se non e una

transizione di fase propriamente detta ma solo una variazione rapida delle variabili termodinamiche

ma senza alcuna discontinuita (crossover) ).

1.1 Formazione del plasma di quark e gluoni

Negli esperimenti si fanno collidere ioni pesanti. In questo modo, oltre ad avere cosı molti

protoni e neutroni interessati, lo stato che si forma si estende su qualche fm, pari alla dimensione

accessibile a un quark del plasma.

La tendenza sperimentale e quella di aumentare sempre di piu l’energia nel centro di massa in

modo da formare stati a densita di energia sempre maggiore e quindi caratterizzati da vite medie

piu lunghe (piu lontani si e dalla linea di transizione piu tempo occorre, a causa del raffreddamento

a seguito dell’espansione, per riadronizzare).

Nella collisione tra ioni pesanti e importante la centralita dell’urto, ovvero il parametro di im-

patto (b). Quantisticamente tale parametro non e ben definito (e la variabile coniugata all’impulso

trasverso) ma ad alta energia (alti valori del momento angolare l) si recupera il limite classico in

virtu della relazione P b = ~l.

Problema centrale in questo tipo di esperimenti e quello della segnatura: se a seguito dello

scontro tra gli ioni si forma un plasma negli istanti iniziali, questo perdura per un tempo caratte-

ristico delle interazioni forti (∼ 10−22 s). Allora e dallo studio degli stati finali che si deve inferire

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la formazione del plasma.

I nucleoni non interessati al processo d’urto danno origine a frammenti che continuano il loro

moto. Dall’osservazione dei frammenti si puo risalire al numero di partecipanti e quindi a b.

Osservazione. Tipicamente si riesce a rivelare particelle cariche. Si riporta allora il numero

di particelle cariche (Nc) in funzione del numero di partecipanti (Np).

Osservazione. I nuclei nel sistema del laboratorio appaiono come ellissoidi: trattandosi di

processi ultrarelativistici, si assiste infatti al fenomeno della contrazione di Lorentz, per cui se la

dimensione trasversa dello ione e 2R, la sua dimensione longitudinale vale 2R/γ. Per questo motivo

la densita di nucleoni nella direzione del moto aumenta.

Mentre si puo ricavare b dallo studio dei frammenti, non si e in grado di ricavare la densita di

energia dello stato iniziale di plasma da b: bisogna ricavarla dai dati finali utilizzando opportuni

modelli (es. modello fluidodinamico).

Segnatura:

1. Gas di adroni.

〈ni〉 =(2s + 1)V

(2π)3

d3P e1T

−√

P 2+m2i +µBBi+µsSi

Se i dati sono compatibili con questo modello termodinamico, si puo dire che si e formato il

plasma.

Osservazione. A seguito dell’urto si forma il plasma, che poi si espande. Ma nel processo

di espansione ci possono essere ancora delle reazioni del tipo p + π → Λ + K che alterano le

abbondanze, e tali reazioni in generale non mantengono l’equilibrio termodinamico comples-

sivo (il sistema di particelle in questione e non confinato e quindi ci sara una competizione

tra rate di espansione e rate di reazioni).

Osservazione. La collisione tra ioni pesanti rispetta la precedente formula. Pero lo stesso

comportamento si manifesta anche in altre interazioni come scontri tra particelle elementari

e+, e−. Quindi il rispetto di tale formula perde un po’ il significato di segnatura (indicazione

non strettamente caratteristica del plasma).

2. Aumento di stranezza. Rapporto

λs ≡ Nss(create)

(Nuu + N

dd)/2

maggiore nelle collisioni tra ioni pesanti che in p + p. Qualitativamente, a causa dell’e-

sponenziale exp−√

P 2 + m2/T , e piu facile creare il quark s in un ambiente a T maggiore

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(abbassamento della massa effettiva del quark s).

Osservazione. La possibilita di annichilazione degli s deve esse bassa, cioe nei primi istanti

gli s si devono conservare in modo da osservali negli stati finali. Per i quark c e b si sa che e

cosı (QCD perturbativa), ma per s che ha massa molto piu piccola cio non e scontato.

In base a quanto detto ci si aspetta che

Ω(sss)

π

NN

>Ω(sss)

π

pp

Ω(sss)π

NN

Ω(sss)π

pp

>

Ξ(ssd)π

NN

Ξ(ssd)π

pp

→ aumento gerarchico

Osservazione. In luogo di π si dovrebbe usare il numero di partecipanti, ma e noto che

stanno in relazione lineare.

3. Soppressione della J/Ψ. Fu proposto che la produzione di J/Ψ(cc) fosse minore nella

collisione nucleo-nucleo rispetto al caso p + p. Qualitativamente, nello scontro p + p la J/Ψ

viene prodotta e si allontana indisturbata, mentre nelle collisioni N +N nei primissimi istan-

ti lo stato cc si trova in mezzo a materia qq estremamente densa (distanza c − c maggiore

della distanza q − q) e la coppia cc viene distrutta. Almeno finche non si hanno fenomeni

importanti di produzioni multiple di J/Ψ (√

sNN < 20 GeV) ci si aspetta che la precedente

disuguaglianza sia vera se si forma il plasma.

Osservazione. Anche questa segnatura e stata messa in discussione perche vista anche in

processi p + N .

4. Jet quenching. La formazione dei jet (adronizzazione di gluoni) avviene in tempi minori

di quelli della formazione del plasma (∼ 10−24 s contro ∼ 10−22 ÷ 10−23 s). Quindi i gluoni

emessi non si trovano piu nel vuoto ma in un mezzo con cui puo interagire fortemente e nel

loro cammino perdono molta energia (per irraggiamento o collisioni). Inoltre rispetto al caso

p + p in cui si hanno jet simmetrici, si possono ottenere situazioni non simmetriche (solo i

gluoni periferici riescono a fuoriuscire dal mezzo e quindi dare luogo a un jet).

Osservazione. Questo viene osservato, ma cosı resta dimostrato solo che c’e riassorbimento,

non se cio che assorbe e un plasma o un mezzo estremamente denso. Bisogna allora studiare

i modi di perdita di energia in plasma.

5. Modello idrodinamico. Plasma caratterizzato da temperatura (T ), potenziale chimico

(barionico, µB) e pressione (p): allora certe quantita evolveranno in modo idrodinamico. In

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particolare ci si aspettano degli impulsi trasversi molto elevati (espansione collettiva come

nella collisione tra due gocce di liquido) e si puo legare il loro valore a T . Inoltre, nel caso di

urti periferici, la materia utile alla formazione di plasma avra una forma molto allungata e

quindi gradienti di pressione (percio accelerazioni) maggiori nella zona centrale.

2 Richiami di termodinamica

Detta pi(t) la probabilita di trovare un sistema statistico nello stato i al tempo t, l’entropia del

sistema e definita da

S = −∑

i

pi(t) ln pi(t) ,∑

i

pi(t) = 1

e l’ipotesi fondamentale della meccanica statistica e che questa quantita sia massima all’equilibrio.

• In un sistema isolato, oltre all’energia, ci possono essere delle quantita conservate continue

(X, es. l’impulso) o discrete (Q, es. numero di particelle). Allora lo spazio (o numero di

stati) accessibile al sistema e

Ω(E,X,Q) =∑

i

δ(Ei − E)δ(Xi − X)δQ,Qi

chiamata funzione di partizione microcanonica. Allora S = ln Ω.

• Consideriamo adesso nel sistema totale isolato (T ) un piccolo sottosistema (s). Il complemen-

tare (R) e la riserva. s puo scambiare energia con R e trascurando l’energia di interazione

tra i due sistemi si ha ET = Es + ER, ST=s+R(ET , VT , NT ) = Ss(Es, Vs, Ns) + SR(ER =

ET − Es, VR, NR). Massimizzando (a V , N costanti) rispetto a Es si ottiene

∂Ss

∂Es=

∂SR

∂ER=

1

T

Osservazione. Da questo calcolo si ottiene l’enegia di s che massimizza l’entropia di T . Non

e detto pero che tale valore coincida con l’aspettazione dell’energia di s, che si calcola da

〈Es〉 =∑

i Esi p

si (E

si ).

psi (E

si ) =

Rδ(ER + Es

i − ET ) = ΩR(ET − Esi ) = eSR

Poiche Es ≪ ER si puo sviluppare

psi (Es) ≃ exp

(

SR(ET ) − ∂SR

∂EREs

i

)

∝ e−Esi /T

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La funzione di partizione canonica e definita da

Z(V,N) =∑

i

e−Ei/T δNi,N =∑

i

dEδ(Ei − E)δNi,Ne−E/T =

dEΩ(E)e−E/T

ed e quindi la trasformata di Laplace della funzione di partizione microcanonica. Quindi

pi = e−Ei/T /Z e percio

S(T, V,N) = −∑

i

pi ln pi = −∑

i

e−Ei/T

Z

(−Ei

T− ln Z

)

=〈E〉T

+ ln Z

U = 〈E〉 =∑

i

Eie−Ei/T

Z= T 2 ∂ ln Z

∂T

• Supponiamo che s possa scambiare anche particelle con R. Ripercorrendo i ragionamenti

precedenti per la nuova variabile (N) si ottiene

∂SR

∂NR= −µ

T, ps

i =e−Ei/T+µNi/T

ZG

TS(T, V, µ) = U + T ln ZG − µ〈N〉

dove si e definita la funzione di partizione grancanonica

ZG(T, V, µ) =∑

i

e−Ei/T+µNi/T =∑

N

Z(T, V,N)eµN/T

• Avendo gia introdotto le variabili intensive1 T e µ coniugate alle variabili estensive S e N ,

consideriamo anche la pressione p coniugata di V

p = −∂E

∂V(a S costante)

Partendo dalla relazione TS(T, V ) = U + T ln Z(T, V ) si ricava (ad N costante)

SdT + TdS = dU + lnZdT + T∂ lnZ

∂TdT + T

∂ lnZ

∂VdV

(

S − U

T− ln Z

)

dT = T∂ ln Z

∂VdV + dU

Ad S constante si ottiene quindi

p = T∂ ln Z

∂V

Allora

dS =dU

T+ pdV

Nel grancanonico a secondo membro compare l’ulteriore termine −µdN .

1Una grandezza e estensiva se ne esiste la sua densita, cioe deve crescere proporzionalmente alle dimensioni del

sistema (es. ln ZG = V f(T, µ)). Invece grandezze come la pressione p = T∂V ln ZG = Tf(T, µ) sono intensive. Da

notare che l’estensivita non implica necessariamente l’additivita.

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Relazioni tra gli insiemi statistici.

- Passaggio dal sistema microcanonico a canonico.

Ω =∑

i

δ(Ei − E)LT−→ Z(z) =

dEΩ(E)e−Ez

Invertendo

Ω =1

2πi

∫ +i∞+ǫ

−i∞+ǫdzeEzZ(z) =

1

2πi

∫ +i∞+ǫ

−i∞+ǫdzeEz+lnZ(z)

In generale ln Z ∝ V . Nel caso di E, V grandi (come succede per sistemi macroscopici) si ha

l’integrale di un esponenziale con argomento grande. Si puo considerare allora uno sviluppo

asintotico a partire dal punto di massimo dell’argomento (metodo del punto di sella)

E + d lnZdz |z0 = 0

dzeaf(z) −→∫

dzeaf(z0)+af ′′(z0)

2(z−z0)2+... = eaf(z0)

dzeaf ′′(z0)

2(z−z0)2+... ∼ 1√

af ′′(z0)eaf(z0)

Quindi considerando il solo termine dominante si ha

Ω ≃ A exp(

ET + ln Z

)

T ≡ 1z0

→ Permette l’identificazione di Z con la funzione di partizione

Osservazione. Il significato di E + d lnZdz |z0 = 0 e che si sta identificando l’energia media

canonica con l’energia E assegnata, E ↔ 〈E〉 = U

Osservazione. S = ln Ω ≃ E/T + ln Z + ln A: ln A e trascurabile nel limite termodinamico.

Osservazione. Questa procedura valida per E e valida per grandezze che hanno a che fare

con i momenti primi delle distribuzioni, ma non per le fluttuazioni.

- Passaggio dal canonico al grancanonico.

Z =∑

i

e−Ei/T δNi,N =∑

i

1

∫ π

−πdφei(N−Ni)φe−Ei/T =

1

∫ π

−πdφeiNφZG(

µ

T= −iφ) =

=1

dz

zz−NZG(eµ/T = z) =

1

dz

ze−N ln z+ln ZG(z)

Poiche ln ZG ∝ V , per N e V grandi si puo utilizzare il metodo del punto si sella (−N +

z∂zln ZG|z0 = 0) ed ottenere

Z ≃ Ae−µNT ZG

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Da S = U/T + ln Z si ricava

S ≃ U

T− µN

T+ ln ZG + ln A

e l’ultimo termine e trascurabile nel limite termodinamico. Poiche in questo caso il meto-

do del punto di sella identifica il numero N assegnato col numero medio di particelle nel

grancanonico, si ha N ↔ 〈N〉.

- Esempi di altri insiemi. Anche il volume puo essere scambiato. Allora

Π(z) =

∫ ∞

0dV Z(V )e−zV

V + ∂z ln Π|z0 = 0

12πi

∫ +i∞+ǫ−i∞+ǫ dzezV Π(z) ≃ Aez0V Π(z0)

Questo e l’insieme isobarico in quanto e assegnata la pressione ( ∂S∂V = p/T ).

3 Termodinamica relativistica

La prima cosa da notare e che, essendoci la possibilita di creazione di coppie, non si puo piu

considerare il vincolo N costante, ma questo viene sostituito dalla conservazione di altre cariche,

ad esempio quella elettrica.

In secondo luogo occorre riconoscere quali grandezze sono invarianti di Lorentz. Si assume che

l’entropia, riguardando il conteggio degli stati, sia invariante.

Osservazione.∫ d3xd3p

h3 e invariante di Lorentz.

- Sistema microcanonico. Ω =∑

i δ(E − Ei) non e invariante e quindi non puo essere messa

in relazione con l’entropia. Ricordando che E = P0, si puo facilmente ottenere un oggetto

invariante considerando la generalizzazione

Ω =∑

i

δ4(P − Pi)δQ,Q0

dove con P si e indicato il 4-impulso e con Q una generica carica additiva conservata.

Osservazione. Esistono anche cariche non additive, come l’isospin. Queste sono associate a

gruppi di simmetria non abeliani.

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- Sistema canonico.

pi(P ) ∝∑

R

δ4(PR + Ps − P ) = ΩR(P − Ps) = eSR(P−Ps)

≃ eSR(P )e− ∂SR

∂PR·Ps

Per ritrovare il caso non relativistico, ∂SR∂PR

dovra essere in relazione con la temperatura. SR

e uno scalare e quindi deve avere una dipendenza da PR, VR, QR del tipo SR = SR(MR =√

P 2R, V ∗, Q), dove con V ∗ si e indicato il volume proprio della riserva. Quindi

∂SR

∂P νR

=

(

∂SR

∂MR

∂MR

∂ER,

∂SR

∂MR

∂MR

∂P kR

)

=∂SR

∂MR

(

ER

MR,−P R

MR

)

=1

TRγR(1,−vR)

dove si e definito∂SR

∂MR≡ 1

TR(3.1)

Definendo allora il 4-vettore temperatura

βνR =

γR

TR(1,vR) (3.2)

si ha

p(Ps) ∝ e−βR·Ps (3.3)

Osservazione. βνR = 1

TRuν

R, β2R = 1/T 2

R.

EX. Supponiamo che il sistema s sia un termometro e che R si muova con velocita vR

rispetto a questo. Dalla condizione di massimo dell’entropia si ha

∂SR∂ER

= ∂Ss∂Es

γRTR

= γs

Ts

⇒ ⇒ γRTR

= 1Ts

∂SR∂PR

= ∂Ss∂P s

γRvRTR

= γsvs

Ts

cioe la temperatura (che e comunque uno scalare) di R non e la stessa di quella di s. Cio di-

scende semplicemente dal fatto che si passa dal riferimento R, in cui e definita la temperatura

TR e dove β|Rif. R = ( 1TR

,0), ad s attraverso un boost di Lorentz Λ: βν |Rif. s = Λνµβµ|Rif. R =

( γRTR

, 0, 0, γRvR).

La funzione di partizione e

Z =∑

i

e−β·PiδQ,Qi

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La probabilita relativa allo stato i e dunque

pi =e−β·Pi

Z

e quindi per l’entropia si ha

S = −∑

i

pi ln pi =∑

i

e−β·Pi(−β · Pi − ln Z) = β · 〈P 〉 + ln Z

- Sistema grancanonico. Analogamente al caso precedente, considerando una generica carica

additiva Q e il relativo potenziale (che e un invariante) µQ, si ha

pi =e−βi·Pi+

µQQ

T

ZG

S = β · 〈P 〉 + ln ZG − µQ〈Q〉T

Osservazione. Considerare β = ( 1T ,0) vuol dire mettersi nel sistema a riposo della riserva.

〈P s〉 ∝ ∑

i P ie−Es/T = 0, ma P s puo fluttuare. E’ nel sistema microcanonico che si puo

fissare P s = 0.

EX. Calcolare la probabilita pi di un sistema ancorato alla riserva (Ps = 0) ma che puo

scambiare energia.

Funzione di partizione del gas perfetto.

Z =∑

s

e−β·P δQ,Q0 =1

∫ +π

−πdφ eiQ0φ

s

e−β·P e−iQφ =1

∫ +π

−πdφ eiQ0φZG(µ = −iφT )

Poiche Z e invariante, si puo fare convenientemente il calcolo nel sistema in cui βν = (1/T,0):

ZG =∑

s

e−E/T e−iQφ =∑

nke−

P

k nkǫk/T e−iP

k nkqkφ

e considerando particelle di stessa carica q si ottiene

ZG =∑

nk

k

e−nkǫk/T−inkqφ =∏

k

nk

e−nk(ǫk/T−iqφ)

1. Caso bosonico: nk ∈ [0,+∞].

ZG =∏

k

1

1 − exp(−ǫk/T − iqφ)

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2. Caso fermionico: nk = 0, 1.

ZG =∏

k

1 + exp(−ǫk/T − iqφ)

Quindi

ZFBG =

k

(

1 ± e−ǫk/T−iqφ)±1

= eP

k ± ln(1±e−ǫk/T−iqφ)

Osservazione. Quando il volume e sufficientemente grande si considera∑

i −→∫

V ∗d3P(2π)3

. In

realta il fatto che il volume sia sufficientemente grande dipende dall’energia del sistema (e quindi

da T ) perche all’aumentare di questa gli stati piu alti diventano sempre piu fitti. Cio che deve

essere grande e V T 3.

Osservazione. A rigore V ∗ e da considerarsi come un volume medio dal momento che ci si e

messi nel sistema a riposo della riserva.

ZG = exp

(

±(2J + 1)V ∗

(2π)3

d3P ln

(

1 ± e−√

P2+m2/T−iqφ

))

Se nello sviluppo ± ln(1 ± x) = x + o(x2) ci si arresta al primo ordine si ottiene l’approssimazione

di Boltzamann. Quando m & T

± ln(

(

1 ± e−√

P2+m2/T−iqφ

)

≃ e−√

P2+m2/T−iqφ

Osservazione. Considerando un gas di adroni, tipicamente T ∼ 200 MeV e (a parte il pione)

la condizione m & T e soddisfatta.

d3Pe−√

P2+m2/T = 4πm2TK2(m/T )

dove K2 e una funzione modificata di Bessel2. Indicando con z la funzione di partizione di particella

singola

z =(2J + 1)V ∗

(2π)3

d3Pe−√

P2+m2/T

si ha

ZG =1

∫ +π

−πdφeiQ0φ exp

(

ze−iqφ)

=1

∫ +π

−πdφeiQ0φ exp

(

i

zie−iqiφ

)

2K2(x)x→+∞

q

1xe−x.

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dove si e esplicitamente considerata la somma su i diversi tipi di particelle. Per un gas di particelle

e antiparticelle si ha3

ZG =1

dφeiQ0φ exp(2z cos qφ) IQ0(2z)

La generalizzazione ad un numero N di tipi di particelle e

ZG =1

(2π)N

dNφeiQ0·φ exp(2z cos q · φ)

che pero non ha un’espressione integrata semplice.

Calcolo della molteplicita media.

〈n〉 =∑

s

psns =∑

s

e−β·PsδQ,Q0ns =1

Z

∂λ

s

e−β·PsδQ,Q0λns |λ=1

La funzione Z(λ) in derivazione e detta funzione generatrice e risulta quindi 〈n〉 = ∂∂λ ln Z(λ)|λ=1.

Inoltre exp(−β · Ps) = exp(−∑

k nkǫk/T ), λns = λP

k nke quindi

λnse−β·Ps =∏

k

λnk

(

e−ǫk/T)nk

=∏

k

(

λe−ǫk/T)nk

Allora ripercorrendo i passaggi che hanno portato all’espressione di ZG si ottiene (considerando q

positivo)

Z(λ) =1

∫ +π

−πdφeiQ0φeλze−iqφ+ze−iqφ

e

〈n〉 =1

Z

z

∫ +π

−πdφei(Q0−q)φe2z cos qφ

〈n〉 = zZ(Q0 − q)

Z(Q0)

Osservazione.

• Se si fosse fatto il calcolo nel grancanonico si sarebbe ottenuto 〈n〉 = zeµq/T .

• Nel caso di un gas completamente neutro, µ = 0. Infatti affinche la carica sia neutra (in media)

si dovra avere 〈n+〉 = 〈n−〉 = 0, ovvero z(

eµq/T − e−µq/T)

= 0 ⇐⇒ µ = 0 =⇒ 〈n〉 = z. Per

confronto, nel canonico si avrebbe 〈n〉 = zZ(−q)/Z(0) = zI+q(2z)/I0(2z) < z (ma tende a z

nel limite V → +∞).

3In(x)x→+∞

q

1xex e un’altra funzione modificata di Bessel.

12

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• Z(Q0−q)Z(Q0)

e detto fattore chimico.

Quando si considera il plasma, che si produce in un “volume piccolo”, questo effetto di di-

minuizione delle molteplicita rispetto all’insieme grancanonico si manifesta. Questo meccanismo

e detto di soppressione canonica. Le particelle che non portano alcun tipo di carica (ad es. il

π0) hanno fattore chimico 1.In ultima analisi, il fenomeno e dovuto alla fatica per conservare le

cariche: per particelle neutre, se la temperatura e sufficiente si possono creare particelle neutre

singole, per quelle cariche la creazione avviene a coppie. Come regola generale, piu sono le pos-

sibilita per conservare la carica e piu sono leggere le particelle, piu velocemente si raggiunge il

limite del grancanonico. Nel caso della carica di colore (che fra l’altro e non additiva) i gluoni sono

otto e le particelle in gioco molto leggere, quindi il limite grancanonico viene raggiunto molto presto.

Ex. Andare oltre l’approssimazione di Boltzmann e scrivere 〈n〉 per il gas di bosoni.

4 Fluidodinamica

L’equazione di Newton per i sistemi continui e

ρa = ρf + ∇ · T (4.1)

dove f e il risultante delle forze esterne per unita di massa (forze di volume, ad es. forza gravitazio-

nale) e T e il tensore degli sforzi. Integrando la precedente equazione, l’ultimo termine si trasforma

nell’integrale di superficie di T ·n che rappresenta lo sforzo sulla superficie di normale n considerata.

La condizione di equilibrio e

a = 0

Un fluido e un sistema per il quale all’equilibrio (a = 0) T = −pI e quindi ∇ · T = −∇p, dove

p indica la pressione. Un fluido e ideale se T = −pI anche fuori equilibrio (a 6= 0). Un fluido e

barotropico se la densita dipende solo dalla pressione (e viceversa): ρ = ρ(p).

es.

- L’acqua e un fluido barotropico, infatti ρ = costante.

- Un gas e barotropico se T = costante: p = KBTm ρ.

Esistono due descrizioni per affrontare lo studio di un sistema continuo:

• Descrizione lagrangiana. Si considera un istante iniziale t = 0 e si assegna ad ogni punto del

sistema una coordinata x∗ che lo identifica, analogamente a quanto si fa nel caso discreto. La

velocita di ogni punto ad un generico tempo e descritta dalla funzione v = v(x∗, t).

13

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• Descrizione euleriana. Assegno delle coordinate x ad ogni punto dello spazio e descrivo cosa

succede in x al variare del tempo. Allora v = v(x, t) indica la velocita della particella di

fluido che al tempo t si trova in x.

Osservazione. Il passaggio da una descrizione all’altra e dato dalla funzione x = x(x∗, t) che

esprime la posizione al tempo t del punto identificato da x∗. Allora v = dxdt .

Considerando d’ora in avanti la descrizione euleriana, si puo esprimere l’accelerazione in termini

del campo di velocita

a = ∂tv + (v · ∇)v = ∂tv +1

2∇v2 + (∇∧ v) ∧ v = ∂tv +

1

2∇v2 + 2ω ∧ v (4.2)

dove si e utilizzata l’identita (v · ∇)v = 12∇v2 + (∇∧ v)∧ v e si e definita la vorticita ω = 1

2∇∧ v.

Osservazione. Anche per un fluido ideale l’equazione di Newton risulta in generale molto

complicata

∂tv +1

2∇v2 + (∇ ∧ v) ∧ v = f − 1

ρ∇p

Nel caso di fluido barotropico al funzione ρ = ρ(p) e assegnata. In ogni caso si tratta di un sistema

di tre equazioni alle derivate parziali non lineare nelle quattro incognite v e p. Un’ulteriore equa-

zione e data dall’equazione di continuita ∂tρ + ∇ · ρv = 0.

Per un fluido all’equilibrio si ha ρf = ∇p. Allora per un fluido barotropico ottengo f = ∇℘

con ℘ =∫

dp/ρ(p). Se inoltre il fluido e ideale vale a = f −∇℘

Se f e conservativo, per un fluido ideale barotropico si ricava ∇∧a = 0. Se non e barotropico,

da ρa = ρf −∇p passando al rotore si ha

∇∧ (ρa − ρf) = ∇ρ ∧ (a − f) + ρ∇∧ a = 0

da cui

ρ∇∧ a =∇ρ ∧∇p

ρ

D’altra parte

∇∧ a = ∇∧ ∂tv + ∇∧ (2ω ∧ v) = 2∂tω + ∇∧ (2ω ∧ v)

da cui si ricava l’equazione della vorticita:

∂tω − ω · ∇v + v · ∇ω + ω∇ · v =∇ρ ∧∇p

ρ2(4.3)

Come caso notevole si puo considerare un fluido barotropico con ω(x, 0) = 0. Allora il secondo

membro e nullo e la condizione iniziale stabilisce ω(x, t) = 0.4

4Collegato a questo risultato e il teorema di Kelvin: ddt

H

Γ(t)v · dl = d

dt2

R

SΓ(t)ω · dS = 0 dove Γ(t) rappresenta la

linea materiale associata alla linea Γ∗.

14

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4.1 Equazioni di bilancio

Partendo dall’equazione di Newton per i sistemi continui

ρa = ρ∂tv + ρ (v · ∇)v = ∇ · T + ρf (4.4)

si possono ricavare le leggi di conservazione dell’impulso, dell’energia e del momento angolare.

1.

ρa = ∂t(ρv) − (∂tρ)v + ρ (v · ∇)v =

= ∂tρv + v∇ · ρv + ρ (v · ∇)v =

= ei

(

∂tρvi + vi∂jρvj + ρvj∂jvi)

=

= ∂tρv + ∂j(ρvjv) = ∂tρv + ∇ · (ρv ⊗ v) (4.5)

dove al secondo passaggio si e utilizzata l’equazione di continuita.

Osservazione. Avendo usato solo dt = ∂t + (v · ∇) e l’equazione di continuita, in generale

per ogni funzione F si ha

ρdF

dt= ∂tρF + ∇ · (Fρv) (4.6)

Allora

∂tρv + ∇ · (ρv ⊗ v − T) = ρf

e se∫

ρfd3x = 0(in particolare f = 0) allora∫

ρvd3x e una carica conservata: e l’impulso.

Significato dell’equazione: la variazione di impulso in un punto puo essere dovuto o allo

spostamento di materia (ρv ⊗ v, termine convettivo) o perche ci sono “spinte” interne (−T,

termine conduttivo).

2.

ρa · v = ρdtv2

2= (∇ · T) · v + ρf · v

∂tρv2

2+ ∇ · (ρv2

2v) = (∇ · T) · v + ρf · v

(4.7)

e utilizzando

(∇ · T) · v =(

∂iTij)

vj = ∂i(Tijvj) − T

ij∂ivj =

= ∇ · (T · v) − T : ∇v

15

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si ottiene (considerando f = 0)

∂tρv2

2+ ∇ ·

(

ρv2

2v − T · v

)

= −T : ∇v (4.8)

Anche considerando∫

∇ · (. . .) = 0, si ha comunque un termine non nullo a secondo membro,

anche integrando. Significato dell’equazione: T riguarda le forze interne, e cio che si conserva

non e l’energia cinetica ma l’energia totale del sistema, e in un fluido anche la pressione svolge

il ruolo di un potenziale (infatti la funzione ℘ e detta energia potenziale della pressione). Per

un fluido ideale −T : ∇v = p∇ · v, e ∇ · v e la velocita d’espansione dell’unita di volume, e

quindi p∇ · v rappresenta il lavoro compiuto nel processo d’espansione. Infatti considerando

dtρ = ∂tρ+(v · ∇) ρ insieme all’equazione di continuita, si ottiene ∇·v = −ρ/ρ, e considerando

il volume dell’unita di massa ν = 1/ρ, si ottiene ∇ · v = ρdtν. Pertanto per un fluido ideale

si ha −T : ∇v = p∇ · v = ρpdνdt , che ricorda il lavoro d’espansione pdV . Per un fluido

incomprimibile ∇ · v = 0.

3.

(ρa ∧ x)i = ρdt(v ∧ x)i = ∂t(ρv ∧ x)i + ∂j((ρv ∧ x)ivj)

= ǫikm(∂jTjk)xm

Quindi

∂t(ρv ∧ x)i + ∂j

(

(ρv ∧ x)ivj − ǫikmTjkxm

)

= ǫikmTmk (4.9)

Il termine a secondo membro si annulla considerando T simmetrico.

4.2 Termodinamica dei fluidi

Per considerare gli aspetti termodinamici di un sistema fluido, iniziamo considerando l’equazione

che esprime il bilancio di energia

∂tρv2

2+ ∇ ·

(

ρv2

2v − T · v

)

= −T : ∇v

Aggiungendo e sottraendo a primo membro un termine ∂tρu si puo riscrivere l’equazione nella forma

∂t

(

ρv2

2 + ρu)

+ ∇ · J = 0

J =(

ρv2

2 + ρu)

v − T · v + j

∇ · j = −ρdtu + T : ∇v

Per il fluido ideale −T : ∇v = ρpdtν e quindi dall’ultima equazione si ottiene

ρ(dtu + pdtν) + ∇ · j = 0

16

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dalla quale si interpreta j come flusso di calore. Infatti, attribuendo a u il significato di energia

interna per unita di massa (e quindi ρu energia interna per unita di volume), dal primo principio

della termodinamica si ha, detto q il calore, che dtu + pdtν = dtq e quindi ρdtq + ∇ · j = 0

Osservazione. Considerare un sistema macroscopico come un sistema continuo vuol dire che

lo si considera come costituito da cellette sufficientemente piccole dal punto di vista macroscopico

in modo da poter considerare tutte le grandezze di interesse come funzioni del punto, ma suffi-

cientemente grandi da contenere un numero enorme di molecole. Allora ogni celletta e un sistema

termodinamico a contatto con una riserva (il resto del sistema) e le leggi termodinamiche valgono

anche nel locale.

Osservazione. Se si e interessati a relazioni che riguardano l’unita di massa, allora dN = 0

perche fissare la massa vuol dire (classicamente) fissare il numero di particelle (supponendo assenti

reazioni chimiche che alterino le abbondanze).

Per un sistema termodinamico all’equilibrio si ha

TS = U + T ln ZG − µN

TdS = dU + pdV − µdN

Allora, per unita di massa

Tds = du + pdν

Questa equazione, insieme a

dtu + pdtν = dtq

ρdtq + ∇ · j = 0

e il punto di partenza per arrivare a scrivere un’equazione di bilancio per l’entropia. Considerando

in via del tutto generale un fluido reale, si pone T = −pI + Π, dove si e isolata la parte relativa al

fluido ideale. Π e il tensore di viscosita. Allora

−T : ∇v = ρpdtν − Π : ∇v

e quindi

Tdts = dtu − T : ∇v/ρ + Π : ∇v/ρ

ρTdts = dtu − T : ∇v + Π : ∇v

ρTdts = −∇ · j + Π : ∇v

ρdts = −(∇ · j)/T + Π : ∇v/T

(4.10)

17

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Utilizzando (∇ · j)/T = ∇ · (j/T ) − j · ∇1/T = ∇ · (j/T ) + j · ∇TT 2 e la (4.6) si ottiene

∂tρs + ∇ · (ρsv + j/T ) = − 1

T 2j · ∇T +

1

TΠ : ∇v (4.11)

che esprime il bilancio di entropia. Il primo termine della divergenza rappresenta un contributo

convettivo, il secondo uno conduttivo (quando passa calore tra una celletta e l’altra, si ha anche

un trasporto di entropia).

Osservazione. Si e partiti considerando la celletta di fluido come un sistema all’equilibrio, ma

il sistema totale in generale non lo sara. Sono proprio i termini a secondo membro che portano

il sistema totale verso l’equilibrio, e quindi verso il massimo dell’entropia totale. Allora saranno

positivi perche deve essere ∂t

ρsd3x ≥ 0. Da notare che questi termini, essendo derivativi, sono

una misura delle disomogeneita del sistema.

Per rendere il primo di questi termini positivo, si puo considerare j = −κ∇T , con κ > 0. Per

il secondo si puo porre Π ∝ ∇v. Queste posizioni non sono pero ricavabili dalla fluidodinamica e

si devono ottenere da un modello cinetico del fluido. Per analizzare piu in dettaglio il contributo

del secondo termine, consideriamo la scomposizione Π = πI + ΠS con TrΠS = 0 e ΠS simmetrico

perche tale si considera T. Analogamente ∇v = 12 (∇v − ∇vT ) + 1

2(∇v + ∇vT ) = ∇vA + ∇vS .

Poiche Tr∇v = ∇ · v, si ha ∇vS = (∇ · v)I/3 + D con Dij = 12 (∂ivj + ∂jvi) −∇ · vδij/3. Quindi

Π : ∇v = (πI + ΠS) : (∇vA +1

3∇ · vI + D) = π∇ · v + ΠS : D

dove si e tenuto conto che I : ( ) = Tr( ). Per rendere questi termini positivi la scelta piu semplice

e considerare π = ηV ∇ · v, ΠS = 2ηD con ηV (viscosita di volume) e η (viscosita) coefficienti (che

in generale dipendono dal punto) positivi. La viscosita di volume riguarda effetti dissipativi che si

instaurano quando si cerca di espandere una celletta.

A questo punto si e in grado si scrivere le equazioni della fluidodinamica dissipativa. Poiche la

differenza rispetto al caso ideale risiede nel termine ∇ · Π, concentriamo l’attenzione su questo:

∇ · Π = ∇ · (πI + ΠS) = ∇ · (ηV ∇ · vI + 2ηD) =

= ηV ∇(∇ · v) + 2η∇ · D + ∇ηV ∇ · v + 2D · ∇η

= η∇2v + (ηV + η/3)∇∇ · v + ∇ηV ∇ · v + 2D · ∇η

dove si e utilizzato (∇·D)j = 12(∇2vj+∂j∇·v)−∂j∇·v/3 ⇒ ∇·D = 1

2(∇2v+∇∇·v)−∇∇·v/3. Come

caso particolare si puo considerare la situazione η, ηV costanti e giungere in definitiva all’equazione

ρa = −∇p + η∇2v + (ηV + η/3)∇∇ · v + ρf (4.12)

che rappresenta l’equazione di Navier-Stokes. Da notare che nel caso ideale Π = 0 e quindi

η = ηV = 0 e ci si riconduce all’equazione ρa = −∇p + ρf .

18

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Nel caso Π 6= 0 si ottiene una generalizzazione del primo pricipio della termodinamica. Il punto

di partenza e l’equazione che definisce il vettore flusso di calore j:

ρdtu + ∇ · j − T : ∇v = 0

ρdtu + ∇ · j + pI : ∇v − πI : ∇v − ΠS : ∇v = 0

ρdtu + ∇ · j + (p − π)ρdtν − ΠS : D = 0

dove si e utilizzato I : ( ) = Tr( ) e Tr∇vA = TrD = 0, Tr∇v = ∇ · v = −ρ/ρ = ρdtν.

Considerando che ∇ · j = −ρdtq si ottiene

dtu + pdtν = dtq + πdtν +ΠS : D

ρ= dtq + ηV ρ(dtν)2 + 2η

D : D

ρ

in cui sono evidenti i termini extra rispetto al primo principio. In termodinamica questi termini

non ci sono perche si considera il sistema totale in stati di equilibrio (situazione idrostatica) e

trasformazioni quasi-statiche. In quest’altro contesto le cellette vengono trattate come sottosistemi

di un sistema piu grande e in non equilibrio e tali termini extra rappresentano il lavoro compiuto

dalle forze dissipative.

5 Fluidodinamica relativistica

Tipicamente in relativita si incontrano 4-vettori densita di corrente e tensori energia-impulso

che soddisfano leggi di conservazione

∂µjµa = 0 a = 1, 2, ...

∂µT µν = 0

T µν si puo ricavare da una teoria di campo o particellare.

Osservazione. Grandezze come T µν e jµ verranno considerate come classiche. Se la teoria da

cui originano e quantistica, sono da intendersi come valori di aspettazione.

Classicamente per affrontare lo studio del sistema fluido ci si mette nell’ottica di seguire il

moto di un volumetto (cioe dell’unita di massa). Trasportare questo concetto in relativita presenta

delle difficolta perche “confondiamo” massa ed energia e il numero di particelle non e fissato per

la possibilita di creazione di coppie. Si utilizza allora un approccio assiomatico partendo dalla

scelta di un arbitrario 4-vettore time-like che rappresenta il tangente alla linea di universo di una

quantita fisica di interesse. Consideriamo quindi un certo 4-vettore time-like u con u2 = 1 in modo

che rappresenti una 4-velocita. Supponendo di avere una corrente conservata j con j2 > 0 si puo

effettuare la scelta

u =j√

j2

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e quindi j = (j ·u)u. Nel riferimento comovente si ha uµ = (1,0) e quindi jµ = (ρj ,0) con ρj densita

di carica. Con questa scelta di u si segue il moto della densita di carica e definisce il riferimento di

Eckart.

Puµν = uµuν e ∆µ

ν = gµν − uµuν sono rispettivamente il proiettore lungo u e il proiettore sullo

spazio ortogonale a u.

Osservazione. L’utilizzo del riferimento di Eckart implica la scelta di una corrente conservata,

diciamo j1. Allora j1 = (j1 · u)u. Se esiste un’altra corrente conservata j2 si ha j2 = (Pu + ∆)j2 =

(j2 ·u)u+∆j2 ma in generale j1 e j2 non saranno parallele e quindi ∆j2 6= 0, cioe non si puo seguire

il moto di tutte le cariche. I termini del tipo ∆j2 sono dette correnti di diffusione.

Consideriamo ora la seguente scomposizione del tutto generale (e geometrica) di T

T = (Pu + ∆) ⊗ (Pu + ∆)T = (Pu ⊗ Pu)T + (Pu ⊗ ∆)T + (∆ ⊗ Pu)T + (∆ ⊗ ∆)T

ovvero, in componenti

T µν =(

uαuβTαβ)

uµuν + uµuα∆νβTαβ + ∆µ

αuνuβTαβ + ∆µα∆ν

βTαβ (5.1)

ρ ≡ uαuβTαβ : E la densita di energia. Infatti nel sistema comovente si ha ρ = T 00.

qµ ≡ ∆µαuβTαβ ⇒ q · u = 0. Nel sistema comovente si ha qµ = ∆µ

αTα0. Quindi qµ e la

proiezione spaziale di Tα0, cioe i flussi. Infatti con u = (1,0) si ha

∆00 = ∆0

i = 0, ∆ij = δi

j da cui qµ = (0, T i0).

Osservazione. Giustamente nel sistema comovente q0 = 0 in quanto in questo riferimento non ci

sono flussi di energia.

Considerando T simmetrico si ha

Tαβ∆µα∆ν

β =1

2

(

∆µα∆ν

β + ∆µβ∆ν

α

)

Tαβ

=

[

1

2

(

∆µα∆ν

β + ∆µβ∆ν

α

)

− 1

3∆αβ∆µν

]

Tαβ +1

3∆αβ∆µνTαβ

dove si e aggiunto e sottratto il termine 13Tr

(

Tαβ∆µα∆ν

β

)

∆µν = 13

(

∆αβTαβ)

∆µν . Definendo

allora

Πµν =

[

1

2

(

∆µα∆ν

β + ∆µβ∆ν

α

)

− 1

3∆αβ∆µν

]

Tαβ (5.2)

−p =1

3∆αβTαβ (5.3)

20

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si arriva alla seguente decomposizione di T (simmetrico)

T µν = ρuµuν − p∆µν + uµqν + uνqµ + Πµν = (ρ + p)uµuν − pgµν + uµqν + uνqµ + Πµν (5.4)

Osservazione. Si e assunta l’esistenza di una corrente conservata j per porre u ∝ j. Se non ci

sono correnti conservate si puo considerare uµ ∝ T µνuν : questo costituisce il riferimento di Landau.

Allora qµ = ∆µαTαβuβ = 0. Questo vuol dire che un osservatore che si muove con u non vede flusso

di calore, cioe segue il moto della densita di energia (infatti T µν e il tensore energia-impulso). Se esi-

ste una corrente conservata, in questo riferimento vedro una “fuga” di carica (correnti di diffusione).

Si puo passare5 ora allo studio dell’equazione ∂µT µν = 0:

0 = [u · ∂(ρ + p)]uν + (ρ + p)(∂ · u)uν + (ρ + p)Aν − ∂νp + qν + qν(∂ · u) + (∂ · q) + (q · ∂)uν + ∂µΠµν

L’estensione relativistica del concetto di fluido ideale si ha considerando q = Π = 0, e in tal caso si

ottiene il tensore di un fluido ideale relativistico T µν = (ρ+p/c2)uµuν−pgµν/c2 dove si e esplicitata

la dipendenza da c. Studiamo per ora il caso del fluido ideale.

1. Consideriamo la la componente tempo(

∂µT µ0 = 0)

nel limite non relativistico (c → ∞,

τ ≃ t):

(ρ + p)u0 + (ρ + p)(∂ · u)u0 + (ρ + p)A0 − ∂tp = 0

Poiche in questo limite u0 = 1, A0 = 0, p = ∂tp, γ = 1 ci si riduce a

ρ + (ρ + p)∇ · v = 0

Considerando che ρ ≃ ∂tρ + (v · ∇) ρ = ∂tρ + ∇ · (ρv) − ρ∇ · v e che il termine in p e

proporzionale a 1/c2 si giunge a

∂tρ + ∇ · ρv = 0

che e l’equazione di continuita classica.

2. Per le componenti spaziali ∂µ[(ρ + p)uµui] + ∂ip = 0. Nel limite non relativistico:

∂t[(ρ + p)v] + ∇ · [(ρ + p)v ⊗ v] + ∇p = 0

Trascurando i termini in p si ritrova l’equazione classica della conservazione dell’impulso.

5Se τ e il tempo proprio e u la 4-velocita, la 4-accelerazione e il 4-vettore A = dudτ

= u = (u · ∂)u. L’operatore

u · ∂ = u0∂t + u · ∇ = γ∂t + γ (v · ∇) e detto derivata convettiva.

21

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3. Proiettando l’equazione ∂µT µν = 0 lungo u si ha:

0 = uν (u · ∂(ρ + p)uν + (ρ + p)(∂ · u)uν + (ρ + p)Aν − ∂νp) = ρ + p + (ρ + p)(∂ · u) − p

0 = ρ + (ρ + p)(∂ · u) = ∂ · (ρu) + p(∂ · u) (5.5)

dove si e usato u · u = 1, u · A = 0, u · ∂ = d/dτ . Se non fosse per il termine in p sarebbe

un’equazione di conservazione per ρu che nel limite non relativistico e appunto l’equazione

che esprime la conservazione della massa. Relativisticamente pero la massa e equiparabile

all’energia e il termine p(∂ · u) si puo vedere come un termine di sorgente che rappresenta il

lavoro di espansione.

Proiettando nella direzione ortogonale si ha:

0 = ∆αν (u · ∂(ρ + p)uν + (ρ + p)(∂ · u)uν + (ρ + p)Aν − ∂νp)

0 = (ρ + p)Aα − ∂αp + uαp = (ρ + p)Aα − ∂αp + uα(u · ∂) (5.6)

la cui parte spaziale nel limite non relativistico si riduce all’equazione di Eulero dei fluidi

ideali: ρa = −∇p.

Osservazione. In ogni equazione la pressione compare insieme alla densita: infatti gia classica-

mente sappiamo che la pressione ha un ruolo nel bilancio energetico del sistema e quindi nel caso

relativistico e naturale trovare la densita di energia affiancata dalla pressione.

5.1 Termodinamica dei fluidi relativistici

S = β · 〈P 〉 + ln ZG − µ

T〈Q〉

Considerando la celletta in x e il riferimento u(x) = (1,0) si ha

S =U

T+ ln ZG − µ

T〈Q〉

Poiche p = T ∂ ln ZG∂V e ln ZG = V f(T ) ⇒ ln ZG = pV/T si ha

TS

V=

U

V+ p − µ

〈Q〉V

Ts = ρ + p − µn (5.7)

ed eventualmente µn →∑

i µini.

Osservazione. Queste quantita sono grandezze per unita di volume nel sistema di riferimento

u(x) = (1,0). Cioe contrariamente al caso classico assegno il volumetto proprio delle celle e non la

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massa.

Le analoghe relazioni differenziali sono

TdS = dU + pdV − µdQ = dU − µdQ

TdS

dτ=

dU

dτ− µ

dQ

Tds

dτ=

dτ− µ

dn

dτ(5.8)

dove si e considerato (vedi osservazione precedente) che dV = 0. Si puo ora ricavare un’equazione

di bilancio per l’entropia. Infatti ricordando che d/dτ = u · ∂ si ha

T (u · ∂)s = (u · ∂)ρ − µ(u · ∂)n

T (u · ∂)s = −(ρ + p)(∂ · u) − µ(u · ∂)n = −(Ts + µn)(∂ · u) − µ(u · ∂)n

T∂ · (su) = −µ∂ · (nu)

∂ · (su) = −µ

T∂ · (nu) (5.9)

dove al secondo passaggio si e utilizzata l’equazione (5.5) precedentemente ricavata. Nel caso sia

presente effettivamente una sola corrente conservata, allora da j = (j · u)u = nju si ha ∂ · (nu) =

∂ · j = 0 e quindi si ha la legge di conservazione

∂ · (su) = 0 ⇒ ∂t

sγd3x = 0, sγ densita di entropia.

Osservazione. Si e cosı dimostrato che il fluido ideale non comporta variazione di entropia.

5.2 Caso dissipativo

Riprendiamo l’espressione dell’equazione ∂µT µν = 0 precedentemente ricavata

0 = [u · ∂(ρ + p)]uν + (ρ + p)(∂ · u)uν + (ρ + p)Aν − ∂νp + qν + qν(∂ · u) + (∂ · q) + (q · ∂)uν + ∂µΠµν

Proiettando lungo u si ottiene

(u · ∂)(ρ + p) + (ρ + p)(∂ · u) − (u · ∂)p + ∂ · q + uνq · ∂uν + uνu · ∂qν + uν∂µΠµν = 0

dove si e tenuto conto che q · u = A · u = 0. Inoltre uνq · ∂uν = q · ∂(uνuν)/2 = 0, uνu · ∂qν =

−qνu · ∂uν = −q · A e quindi

(u · ∂)ρ + (ρ + p)(∂ · u) + ∂ · q − q · A + uν∂µΠµν = 0 (5.10)

EX: proiettare in direzione ortogonale e ricavare cosı la generalizzazione dell’equazione di Eulero.

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Ricordando le precedenti equazioni

(u · ∂)ρ = T (u · ∂)s + µ(u · ∂)n

ρ + p = Ts + µn

si puo allora scrivere

0 = T (u · ∂)s + µ(u · ∂)n + (Ts + µn)∂ · u + ∂ · q − q · A + uν∂µΠµν

= T∂ · (su) + µ∂ · (nu) + ∂ · q − q · A + uν∂µΠµν

e riscrivendo (∂ · q)/T = ∂ · (q/T ) + (q · ∂T )/T 2 si ottiene in definitiva la seguente equazione di

bilancio per l’entropia

∂ ·(

su +q

T

)

T∂ · (nu) +

q · ∂T

T 2− q · A

T+

uν∂µΠµν

T= 0 (5.11)

∂ ·(

su +q

T

)

= −µ

T∂ · (nu) − q · ∂T

T 2+

q · AT

− uν∂µΠµν

T(5.12)

Da questa equazione (e dal fatto che q · u = 0 ⇒ q = (0,q) nel limite non relativistico) ho l’identi-

ficazione di q con la generalizzazione relativistica del flusso di calore classico. Infatti classicamente

si aveva la seguente equazione di continuita per l’entropia

∂tρs + ∇ ·(

ρsv +j

T

)

= 0

Poiche i secondi membri dell’equazione rappresentano dei termini di sorgente per l’entropia, questi

dovranno essere positivi.

- −uν∂µΠµν = Πµν∂µuν tenendo conto che ∆µνuν = 0. Si puo rendere positivo questo termine

ponendo, in analogia al caso classico, Πµν = θ(∂µuν + ∂νuµ) con θ > 0.

- −q · (∂T − TA)/T 2: si puo rendere positivo questo termine, in analogia al caso classico, con

qµ = κ∆µν(∂νT − AνT ), κ > 0 che generalizza relativisticamente la legge di Fourier. Allora

tale termine vale −q2/T 2. La parte in A classicamente non c’e, e infatti e proporzionale a

1/c2.

- EX: ragionamento analogo per il termine in µ.

Osservazione. Considerando q = 0, ovvero T µν = (ρ+p)uµuν−pgµν +Πµν , la risultante equazione

∂µT µν = 0 e un sistema di 4 equazioni in 5 incognite (ρ, p, u) e per la risoluzione e necessario conosce

l’equazione di stato, ad es. p = p(ρ) = ρ/3 (caso dei gas ultrarelativistici). Tuttavia tale equazione

non e corretta. Essa e solo il risultato della posizione Πµν = θ(∂µuν + ∂νuµ). Tale scelta conduce

a un equazione covariante ma crea dei problemi di causalita in quanto effettuando un’analisi di

Fourier si scopre che nel caso di piccole perturbazioni, per vettori d’onda sufficientemente grandi,

la velocita di gruppo ∂kω e superiore a c.

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6 Equazioni di stato

Un’equazione di stato e una relazione tra variabili termodinamiche tale che, note due di esse,

si possono ricavare anche tutte le altre. In definitiva e come conoscere ln Z.

es. p = p(T, µ) e una buona equazione di stato. D’altra parte pV/T = ln ZG.

Tds = dρ − µdn

ρ + p = Ts + µn

dρ + dp = Tds + sdT + µdn + ndµ

Da cui dp = sdT + ndµ e quindi effettivamente dalla conoscenza di p = p(T, µ) si possono ricavare

le altre grandezze per differenziazione: p = p(T, µ) e un’equazione di stato completa.

es. Ci sono relazioni che permettono di risolvere il sistema di equazioni del moto ma che non

sono equazioni di stato complete. Un esempio e p = ρ/3 precedentemente menzionata. Da questa

equazione non si puo ricavare ad esempio l’entropia: basti pensare che e valida sia per i fotoni (che

sono scarichi) che per i gluoni (che esistono in otto stati di carica).

EX: Considerando T µν del fluido ideale, si consideri una piccola perturbazione rispetto a u =

(1,0) e ricavare le equazioni soddisfatte da δu, δp e δρ. Calcolare la velocita di propagazione e

dimostrare che per un fluido ultrarelativistico vale c/√

3.

7 Applicazioni di fluidodinamica

Consideriamo la collisione di due nuclei (N) caratterizzati da un fattore relativistico γ =√

sNN

2mN

(tipicamente γ ≃ 100) e dimensioni proprie 2R. La grandezza (E energia, PT impulso trasverso)

ξ ≡ 1

2ln

E + PT

E − PT

e chiamata rapidita e trasforma in modo semplice rispetto a boost di Lorentz

ξ′ = ξ +1

2ln

1 + β

1 − β

Osservazione. Se θ e l’angolo che una particella forma con la direzione di collisione dei nuclei,

nel caso abbia massa nulla si ha ξ = 12 ln tan θ

2 .

Osservazione. Per le proprieta di trasformazione di ξ, una distribuzione dN/dξ in rapidita

non cambia forma per boost, viene solo traslata.

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Nella collisione tra ioni pesanti una parte andra a formare un composto caldo e denso da cui si

pensa origini il plasma. L’approssimazione fluidodinamica e buona se il libero cammino medio λ e

molto minore di 2R.

Osservazione. Quando di parla di gas si intende un sistema debolmente interagente tale che

per la maggior parte del tempo si possono considerare le particelle come libere. Nelle condizioni in

questione e difficile stabilire se cio e valido. Cio che si fa e applicare ugualmente la fluidodinamica

e vedere se poi la descrizione e coerente con i dati sperimentali. Si ricordi a tal proposito che non si

osserva niente se non gli adroni finali: e da questi che si deve inferire cosa si e formato nella collisione.

Osservazione. La viscosita e proporzionale a λ: il fluido ideale (non viscoso) e fortemente

interagente perche in questo caso λ e molto basso.

Per risolvere le equazioni della fluidodinamica si suppone di conoscere p = p(ρ) dalla QCD. Si

considera un certo T µν0 iniziale e lo si utilizza per risolvere le equazioni ∂µT µν = 0. Se il T µν

f finale

non e coerente con i dati si modifica il tensore iniziale finche non si trova il miglior accordo possibile

(in pratica si fa un fit).

Per quanto riguarda la modellizzazione del fluido, si utilizza il modello di Bjorken: si considera

che il fluido, una volta formato, abbia un campo di velocita dato da

vz(t) = z/t (nel centro di massa)

vx(0) = vy(0) = 0

Giustificazione: se si considerano due piani (infiniti) che collidono ad energia infinita, allora non

si ha alcuna scala geometrica, per ragioni di simmetria il campo di velocita deve essere lungo z e

allora l’unica possibilita per costruire una velocita e vz(t) = z/t.

Osservazione. Nella realta ovviamente una scala geometrica c’e: 2R.

Osservazione. Con queste assunzioni si elimina subito l’incognita vz e si resta con vx, vy e ρ(x).

Per affrontare lo studio del problema e conveniente utilizzare le coordinate di Bjorken:

t′ ≡ τ =√

t2 − z2

x′ = x

y′ = y

z′ ≡ η = 12 ln t+z

t−z

Osservazione. Non e una trasformazione di Lorentz, e un generico cambio di coordinate.

Allora se si riferiscono gli indici µ, ν alle nuove coordinate, l’equazione da considerare e ∇µT µν = 0.

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La jacobiana della trasformazione e

∂x′

∂x=

t/τ 0 0 −z/t

0 1 0 0

0 0 1 0

−z/τ2 0 0 t/τ2

e la metrica diviene

g′µν =

1

−1

−1

−τ2

I simboli di Christoffel non nulli sono

Γηητ = 1/τ Γτ

ηη = τ

La 4-velocita uµ = (γ, γv) = γ(1, vx, vy, z/t) si trasforma6 in

u′ =∂x′

∂xu =

γτ/t

γvx

γvy

0

Quindi con il modello di Bjorken, in queste notazioni, uη = 0. A t = 0 si ha γ(0) = 1/√

1 − v2 =

t/z e quindi u′(0) = (1, 0, 0, 0): inizialmente si e nel sistema a riposo (nelle coordinate di Bjorken).

Osservazione. La condizione vz(t) = z/t si puo riscrivere come 12 ln 1+vz

1−vz= η.

Le equazioni sono

0 = ∇µT µν = ∂µT µν + ΓµµαTαν + Γν

αµT µα

Osservazione. Poiche si sta considerando q = Π = 0, la forma T µν = (ρ + p)uµuν − pgµν e

valida anche nel riferimento di Bjorken (ρ e p sono invarianti).

Per la componente η

∂µT µη + ΓµµαTαη + Γη

αµT µα = 0

6La notazione primata e una notazione compatta per indicare che si sta riferendo la quantita in questione al nuovo

sistema di coordinate.

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Dalle espressioni di g′ e u′ si ha che l’unica componente non nulla del tensore energia-impulso e

T ηη = −p/τ2. Allora ci si riduce alla sola equazione (ricordando i Christoffel non nulli)

0 = ∂ηTηη = −∂p

∂η⇒ ∂p

∂η= 0

Quindi non solo lungo η non c’e flusso (uη = 0) ma non c’e neanche gradiente di pressione (e

allora anche ∂ρ∂η = 0). Quindi in η non ho alcun fenomeno e resto con le incognite ρ = ρ(x, y, τ),

ux, uy = ux, uy(x, y, τ).

Osservazione. Il motivo e che si e considerato vz(t) = z/t. Lo sparire della dipendenza da η

e una manifestazione di questo vincolo.

Le condizioni iniziali sono ux(τ0) = uy(τ0) = 0.

Osservazione. τ = costante e un iperbole nel piano (t, z). Quindi si stanno assegnando con-

dizioni iniziali su un’iperbole in questo piano, cioe non a t = costante.

Come ρ(x, y, τ0) si utilizza una funzione a simmetria cilindrica (in x, y) e a supporto compatto.

Da un fit sui dati si ricavano ρ0, τ0 e dall’equazione di stato (dalla QCD) da ρ0 si ricava la tempe-

ratura T . Tipicamente T ∼ 350 MeV, τ0 ∼ 1 fm/c ∼ 10−24 s.

Osservazione. Il fatto che il sistema termalizzi in tempi cosı brevi vuol dire che il sistema e

fortemente interagente.

Osservazione. Dopo la formazione del plasma vi sara il processo di adronizzazione. Quando

a seguito dell’espansione la distanza media tra gli adroni e cosı grande che non interagiscono piu,

si raggiunge la situzione di freeze-out (“congelamento”). A questo punto non si ha piu evoluzione

idrodinamica e le varie distribuzioni sono congelate. A questo punto si utilizzano distribuzionidNdP ∝ exp−β · P = exp−u · P/T (x).

Osservazione. vz = z/t sempre ⇒ calcolo in 2 + 1 dimensioni. E valido fino ad un tempo τ0.

Osservazione. Il freeze-out non puo essere contenuto nel modello idrodinamico, ma deve essere

imposto dall’esterno (il modello idrodinamico presuppone che le cellette contengano un numero

macroscopico di particelle interagenti). Al di sotto di T ∼ 165 MeV (dai dati) c’e il freeze-out.

Dopo il congelamento si considera

dN

d3xd3p(x, p) ∝ e

− 1T (x)

(u(x)·P−µ(x)Q)

con cui si calcolano le quantita termodinamiche e le distribuzioni di impulso.

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Osservazione. In realta si hanno due freeze-out:

1. freeze-out chimico: le particelle terminano le interazioni anelastiche (es. p + π → Λ + K) che

alterano le abbondanze (da cui il limite T ∼ 165 MeV).

2. freeze-out cinetico: le particelle terminano anche le interazioni elastiche (es. p + π → p + π)

(da cui il limite di T ∼ 100 MeV).

La spiegazione degli spettri di impulso col modello idrodinamico e un supporto a tale modello,

ma lo stesso risultato potrebbe essere ottenuto con altri modelli. Un risultato difficile da ottenere

con un altro modello e il flusso ellittico: si e gia accennato che negli urti periferici si genera una

materia dalla forma molto allungata e quindi con gradienti di pressione (e quindi accelerazioni)

maggiori nella zona centrale sul piano di collisione. Si ha allora “conversione” di eccentricita

spaziale in anisotropia di impulso: la maggiore spinta sul piano di impatto tende a sfericizzare

l’ellissoide. Una volta determinato il parametro di impatto si pua considerare uno spettro angolare:

ci si aspetta una distribuzione periodica e con particelle piu energetiche per piccoli angoli (direzione

relativa a gradienti piu alti) a causa della maggiore velocita di espansione. La modulazione aumenta

all’aumentare del parametro di impatto perche l’ellissoide si scosta sempre piu da una sfera.

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