ascoltando i telegiornali o leggendo i quotidiani in ... · la scuola diventa il luogo...

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Ascoltando i telegiornali o leggendo i quotidiani in questi ultimi tempi la tentazione è quella di domandarsi “Ma dove sta la bellezza in tutto ciò ?”. Poi un bambino di V dice alla maestra che davanti a tutta questa disumanità gli è tornato alla mente il tema di qualche anno fa: “Il limite è occasione di bellezza?”, e tu “saggio” adulto ti ritrovi spiazzato e obbligato a guardare la realtà con gli occhi di quel bambino. In questo Avvento ancora di più siamo chiamati ad attendere la notte di Natale, la nascita di quel Bambino che è segno di una Bellezza e di una Verità che per grazia ci sono state donate. Dobbiamo partire da quella grotta, dalla presenza consolatrice di quel Bimbo che si fa compagnia alla nostra vita, solo così possiamo vivere la certezza che tutto coopera al bene magari anche in un modo che per noi è misterioso. Come ci dice Papa Francesco, a tutti, a me per prima ricordo che “La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”. E allora mai come quest’anno faccio a tutti voi gli auguri di un Buon e Santo Natale!!! Carlina

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Ascoltando i telegiornali o leggendo i quotidiani in questi ultimi tempi la tentazione è quella

di domandarsi “Ma dove sta la bellezza in tutto ciò ?”. Poi un bambino di V dice alla

maestra che davanti a tutta questa disumanità gli è tornato alla mente il tema di qualche

anno fa: “Il limite è occasione di bellezza?”, e tu “saggio” adulto ti ritrovi spiazzato e

obbligato a guardare la realtà con gli occhi di quel bambino.

In questo Avvento ancora di più siamo chiamati ad attendere la notte di Natale, la nascita di

quel Bambino che è segno di una Bellezza e di una Verità che per grazia ci sono state

donate.

Dobbiamo partire da quella grotta, dalla presenza consolatrice di quel Bimbo che si fa

compagnia alla nostra vita, solo così possiamo vivere la certezza che tutto coopera al bene

magari anche in un modo che per noi è misterioso.

Come ci dice Papa Francesco, a tutti, a me per prima ricordo che “La speranza cristiana è

combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”.

E allora mai come quest’anno faccio a tutti voi gli auguri di un Buon e Santo Natale!!!

Carlina

CHE AVVENTURA LA

PRIMA ELEMENTARE!

Ebbene, rieccoci qui! Ogni anno una

maestra di quinta ricomincia il ciclo e “riprende” una

prima. Fin qui nulla di strano, se non che...nessuna è

abbastanza! E nulla importa se quello è già il suo quarto, quinto o ventesimo ciclo...ogni volta è

come essere catapultati In mondo parallelo dove nulla è scontato, dove tutto è una scoperta, dove

gli ostacoli si annidano nei posti più impensab

difficoltoso non è.

Trappola numero uno: SEQUESTRATI DA UNA GIACCA.

“Benvenuti a tutti, è suonata la campanella delle 8.00, forza, dai, ci sediamo,

cominciamo la lezione. Ma....perché quei posti vuoti? Dov

Eppure li ho visti entrare, andare ad appendere le giacche...”

E così usciamo nel corridoio a controllare....

Ecco i bambini, intrappolati nelle loro giacche, come tanti bozzoli prima della schiusa,

che si dimenano nel vano tentativo di l

sciarpa né cappello e le loro vocine ovattate

Meglio di Rambo, in quattro e quattr’otto, uno via l’altro stile catena di montaggio, le abili e

frenetiche dita della maestra, con una perizia che farebbe invidia al mago Houdinì, pongono fine

alle sofferenze dei piccoli alunni che già si davano per spacciati.

Ottimo inizio di giornata!

Trappola numero due: FOLLETTI DISPETTOSI

“ Maestra, mi allacci le scarpe

“Certo caro, vieni qui....” E via di corsa a giocare.

Un minuto dopo.

“Maestra mi allacci anche l’altra?”

Stessa scena e commento simpatico della maestra:

CHE AVVENTURA LA

PRIMA ELEMENTARE!

Ebbene, rieccoci qui! Ogni anno una

maestra di quinta ricomincia il ciclo e “riprende” una

prima. Fin qui nulla di strano, se non che...nessuna è mai pronta

abbastanza! E nulla importa se quello è già il suo quarto, quinto o ventesimo ciclo...ogni volta è

come essere catapultati In mondo parallelo dove nulla è scontato, dove tutto è una scoperta, dove

gli ostacoli si annidano nei posti più impensabili e rendono difficoltoso ciò che in una quinta

SEQUESTRATI DA UNA GIACCA.

“Benvenuti a tutti, è suonata la campanella delle 8.00, forza, dai, ci sediamo,

cominciamo la lezione. Ma....perché quei posti vuoti? Dove sono i bambini?

Eppure li ho visti entrare, andare ad appendere le giacche...”

E così usciamo nel corridoio a controllare....

Ecco i bambini, intrappolati nelle loro giacche, come tanti bozzoli prima della schiusa,

che si dimenano nel vano tentativo di liberarsi dalle malefiche zip....e non riescono a togliere né

lo e le loro vocine ovattate ti chiamano supplicanti di liberarli...

Meglio di Rambo, in quattro e quattr’otto, uno via l’altro stile catena di montaggio, le abili e

dita della maestra, con una perizia che farebbe invidia al mago Houdinì, pongono fine

alle sofferenze dei piccoli alunni che già si davano per spacciati.

FOLLETTI DISPETTOSI

“ Maestra, mi allacci le scarpe?”

“Certo caro, vieni qui....” E via di corsa a giocare.

Un minuto dopo.

“Maestra mi allacci anche l’altra?”

Stessa scena e commento simpatico della maestra:

abbastanza! E nulla importa se quello è già il suo quarto, quinto o ventesimo ciclo...ogni volta è

come essere catapultati In mondo parallelo dove nulla è scontato, dove tutto è una scoperta, dove

ili e rendono difficoltoso ciò che in una quinta

“Benvenuti a tutti, è suonata la campanella delle 8.00, forza, dai, ci sediamo,

e sono i bambini?

Ecco i bambini, intrappolati nelle loro giacche, come tanti bozzoli prima della schiusa,

iberarsi dalle malefiche zip....e non riescono a togliere né

ti chiamano supplicanti di liberarli...

Meglio di Rambo, in quattro e quattr’otto, uno via l’altro stile catena di montaggio, le abili e

dita della maestra, con una perizia che farebbe invidia al mago Houdinì, pongono fine

“Certo caro, vieni qui....” E via di corsa a giocare.

“Ci devono essere dei folletti dispettosi che vi slacciano le scarpe.” Grasse risate.

E poi il dramma.

E per fortuna ogni bambino ha solo due piedi. Nel giro di due minuti la

maestra ha già allacciato 15 paia di scarpe e non è ancora finita. Nel momento in cui torna il primo

bambino al quale aveva già allacciato entrambe le scarpe, la maestra decide di approntare

soluzioni più durature: quadruplo nodo ripassato sotto, sopra, intorno alla caviglia che manco i

nodi da marinaio e fissato, per scrupolo, con biadesivo lunga tenuta a lembi più o meno scoperti di

pelle. Le scarpe non si slacceranno mai più, bisognerà ricorrere all’intervento dei

vigili del fuoco, e di certo resteranno allacciate fin oltre il diciottesimo

anno di età. Il tutto con gran disappunto dei folletti dispettosi.

Si consiglia ai genitori di acquistare per i loro piccoli bambini di 6

anni scarpe numero 42....i piedi ci dovranno crescere dentro!

Trappola numero tre: PAROLE, PAROLE, PAROLE...

Le maestre si sa, parlano sempre, a volte parlano troppo, vogliono essere chiare, vogliono essere

capite dai piccoli bambini che, poveri... non sanno.... è la prima volta....bisogna spiegare.....

bisogna accompagnarli...E puntualmente, per un eccesso di troppa chiarezza, le maestre finiscono

per risultare incomprensibili non solo ai bambini, ma perfino a loro stesse.

“Mettete le cartelle in quaderna” (mettete i quaderni in cartella)

“Aggiaccate la laccia” (allacciate la giacca)

“Avete fatto paggiare la firmella?” (avete fatto firmare la pagella?)

“Tira bene la paniglia della morta” (tira bene la maniglia della porta)

Trappola numero quattro: “ESATTAMENTE COME

HAI DETTO TU, MAESTRA!”

Come abbiamo detto, non è facile passare da una classe quinta che, dopo

cinque anni passati insieme, ha finalmente appreso la sottile arte dell’ ironia e

del paradosso come burla, ad una classe prima, circondate da piccoli

vampirelli senza denti (denti tra l’altro pagati quasi a peso d’oro da

fatine e topolini) che, come diligenti soldatini capiscono e mettono in pratica ALLA

LETTERA le indicazioni delle loro sprovvedute maestre che mai più avrebbero pensato di

essere fraintese.

• “Su bambini, tenete bene il quaderno sotto il naso...”

“Ma proprio sotto, maestra? E come faccio a scrivere?”

• “Maestra si è rovesciata l’acqua...”

“ Prendi uno scottex per asciugare.”

E prendono UNO scottex per prosciugare l’equivalente del lago di Como che si è

inspiegabilmente creato sotto la loro sedia.

• “Cominciate a guardare la scheda per capire di cosa parla...”

“Ma come fa a parlare se la guardo?”

E già vedi brillare nei loro occhietti furbi quella scintilla di magia che

da sempre sospettano si nasconda tra le pieghe della realtà.

E L’AVVENTURA... È APPENA INCOMINCIATA!

BENVENUTI BAMBINI DI PRIMA!

La maestre di prima A e di prima B

Per i bambini, scoprire ciò che li circonda è sempre un’avventura piena di risorse. La nostra scuola ha la fortuna di trovarsi vicino al parco del Museo del Tessile che offre diversi stimoli dal punto di vista naturale e rappresenta una bella occasione dove effettuare percorsi di osservazione. Quando ci siamo recati al parco, i bambini hanno potuto scoprire e leggere la realtà in chiave scientifica attraverso la metodologia della ricerca, dell’azione e della sperimentazione. E’ un modo per proporre a loro esperienze sulla realtà in modo divertente e coinvolgente. I bambini sono stati poi chiamati a cimentarsi nella ricerca e raccolta di più esemplari possibili di foglie di alberi, nei loro giardini o nelle vicinanze delle loro abitazioni per comprendere meglio la classificazione delle foglie trovate. L’autunno offre una buona opportunità per esplorare una serie di fenomeni e aspetti naturali che grazie agli alberi e alle loro foglie, dipinge e anima i paesaggi naturali. Ecco quello che i nostri bambini hanno espresso su questa esperienza e sull’autunno….

Il parco in questo periodo è bellissimo con tutti i suoi colori

Mi è piaciuto vedere la natura che ci circondava con i suoi colori e sentire il fruscio delle foglie

Mi è piaciuto ascoltare il rumore delle foglie che frusciavano, mosse dal vento.

Sono rimasta colpita dai molti colori delle foglie e dalle loro forme. Sembravano disegnate da un pittore.

Mi hanno colpito non solo le varie forme delle foglie ma anche i colori che illuminavano il parco.

Mi hanno colpito, in particolare, tutte quelle foglie che c’erano a terra, che formavano un bellissimo tappeto giallo.

L’autunno ci regala giornate di sole e piene di colori.

Abbiamo usato i nostri sensi per sentire i rumori che ci sono nel parco, per calpestare le foglie, per vederle e per annusarle.

Mi ha colpito di più usare il tatto, perché potevo sentire le foglie lisce o ruvide.

Quando camminavamo sulle foglie secche si sentiva CROC, il rumore mentre le schiacciavamo.

Mi sono molto divertita perché abbiamo guardato le foglie colorate tutti insieme.

Siamo andati al parco per vedere cosa succedeva se noi provavamo a sentire, annusare, toccare e osservare le foglie. Mi è piaciuto tanto quando siamo andati sotto l’albero pieno di foglie secche e abbiamo calpestato quelle cadute: si è sentito un fruscio

Mi hanno colpito le foglie, perché soltanto in autunno si sente il loro fruscio.

Non pensavo ci fossero tanti tipi di foglie, e la natura fosse così bella.

Le classi seconde

Ci siamo chiesti:“Come lavora lo storico?”

Lo storico raccoglie i dati.

Ordina i documenti.

Studia e analizza i documenti.

Usa i documenti per ricostruire il passato.

Una giornata da storico alla Chicca

Curiosi di capire di più questa figura, abbiamo vissuto un'esperienza simile a quella dello storico. Ci siamo divisi in cinque gruppi. Ciascun gruppo aveva un sacchetto contenente alcuni reperti o fonti da analizzare. Abbiamo osservato i reperti e li abbiamo descritti compilando un'apposita scheda. In alcuni casi abbiamo datato il reperto poiché portava la data scritta e con esattezza abbiamo ricostruito l'evento accaduto. Infine abbiamo cercato, con ipotesi sostenute dai reperti, di ricostruire il fatto o i fatti storici che si celavano dietro i reperti analizzati. Ciascun gruppo ha poi relazionato le idee emerse e ha argomentato le ipotesi fatte. Abbiamo compreso così in cosa consiste il lavoro dello storico. Raccogliere, ordinare, studiare i documenti per costruire il passato o un evento accaduto.

Classe 3A

Mediare un apprendimento attraverso un'azione didattica che si basa sull'esperienza significa dare la possibilità ai bambini di costruire un sapere che si iscrive in modo chiaro e incisivo nel solco della conoscenza. Ecco perché imparare-facendo, diventa un metodo, un'azione didattica-educativa che sempre più spesso è strumento per costruire i mattoni delle acquisizioni disciplinari. La scuola diventa il luogo dell'amore al sapere, il luogo della gioia di imparare pensando e facendo. Se faccio e se penso, capisco e ricordo. Ma non posso fare e pensare senza amare quello che faccio e penso. Questo è il segreto di una buona scuola e di una buona educazione.

Jacques Le Goff

PRIMA PANETTIERI POI SCIENZIATI

ESPERIMENTO

Abbiamo riempito tre provette e abbiamo chiuso ciascuna imboccatura con un palloncino.

Le provette sono state riempite in questo modo :

I PROVETTA: ACQUA

II PROVETTA: ACQUA + ZUCCHERO

III PROVETTA: ACQUA + ZUCCHERO + LIEVITO

Dopo aver imparato come da un semino si ottenga il pane (ma quella era solo teoria), il pane lo abbiamo fatto noi!! Partendo poi dall'osservazione del pane stesso, ci siamo divisi a gruppi e ci siamo posti una DOMANDA: com'è possibile che dall'impasto di farina, acqua, lievito e sale si ottenga un pane così gonfio ? Che cosa permette che ciò avvenga?

Ciascun gruppo a questo punto ha formulato delle IPOTESI.

Ecco le IPOTESI emerse riguardo la ...

III PROVETTA:

− il palloncino si gonfierà perché “ le bollicine che si sono create stanno facendo gonfiare il palloncino”

− il palloncino si gonfierà perché “lievito e zucchero spingono l'aria verso il palloncino facendolo gonfiare”

− il palloncino si gonfierà perché “il lievito mischiato con acqua e zucchero forma un gas che gonfia il palloncino”

− il palloncino si gonfierà “grazie a quello che c'è dentro: è stato il lievito a fare tutto. Le bollicine di gas faranno gonfiare il palloncino”

− il palloncino si gonfierà “grazie all'acqua che è evaporata; lo zucchero si è sciolto”

Durante l'esperimento ecco quello che è accaduto alle nostre provette.

A questo punto ogni gruppo ha tratto le CONCLUSIONI

...riguardo la III PROVETTA

- ipotesi CONFERMATA : il palloncino si è gonfiato

La maestra a questo punto ci ha aiutati a comprendere meglio il fenomeno insegnandoci un linguaggio

specifico... in fondo noi siamo BAMBINI e alcune cose non le conosciamo, ma il desiderio di impararle è

GRANDE !!!

Come mai il palloncino della III PROVETTA ( quella che ci interessava di più) si è GONFIATO ? Che cosa

è accaduto ? Cosa c'era nella terza provetta di diverso rispetto alle prime due : il LIEVITO.

Il gas che riempie il palloncino è l’anidride carbonica che si sviluppa durante il processo della fermentazione.

I lieviti sono funghi e come tutti i funghi, non essendo in grado di compiere la fotosintesi clorofilliana,

devono ricavare il cibo dall’ambiente circostante. In particolare i lieviti si nutrono di zuccheri (carboidrati).I

lieviti utilizzano le molecole degli zuccheri per ricavarne energia e, come risultato di questo processo,

chiamato fermentazione, sviluppano anidride carbonica. E’ l’anidride carbonica che fa lievitare l’impasto

crudo e rende il pane soffice e spugnoso. La maestra ci ha spiegato che abbiamo utilizzato lo zucchero

semplicemente per accelerare il processo di fermentazione. Nell' impasto del pane solitamente non si mette

zucchero, ma la fermentazione avviene comunque perché nella farina sono presenti i carboidrati, che sono

zuccheri.

Ora sul pane sappiamo davvero TUTTO !!!

Classe 3B

LABORATORIO DI ORIGAMETRIA

Quest’anno abbiamo svolto il ripasso di geometria attraverso un laboratorio di origametria.

Mediante la realizzazione di un semplice modello origami abbiamo ripreso argomenti e concetti fatti durante

le ore di geometria: gli angoli e le rette.

Ecco come…

Per prima cosa ci siamo divisi in gruppi per poterci aiutare e confrontare. Abbiamo poi scelto un portavoce

per ogni gruppo, in modo da rendere più ordinati gli interventi. La lezione infatti è stata molto dialogata e

discussa!

Ogni bambino ha ricevuto un foglio sul quale lavorare. A fine lezione aveva quindi un origami da tenere e da

poter personalizzare.

Piega dopo piega eravamo chiamati ad individuare le tipologie di angoli e di rette che andavano a formarsi

sul foglio.

Mentre osservavamo e analizzavamo figure o linee che compaiono sulla carta, ci siamo divertiti anche a

trovare somiglianze e a cercare di capire cosa stavamo per realizzare (il modello finale infatti non lo

sapevamo)

A fine lezione, oltre ad aver ripassato e approfondito alcune conoscenze e oltre ad esserci divertiti, abbiamo

capito che non è necessario possedere “grandi abilità manuali” o essere “superprecisi” poiché, in caso di

difficoltà, possiamo aiutarci a vicenda. Abbiamo lavorato insieme e ognuno ha fatto la sua parte all’interno

CONO GELATO?! AQUILONE ?

Gli angoli che si sono formati sono angoli acuti. Possiamo capirlo ragionando sul fatto che l’angolo retto del quadrato è stato diviso in due parti uguli dalla diagonale.

angolo ottuso!

angolo retto e quindi…linee perpendicolari!

del gruppo: chi ha aiutato a piegare, chi, vedendo subito angoli e rette, ha aiutato gli altri a individuarli, chi

ha decorato gli origami…

Ci è piaciuto così tanto realizzare un origami che abbiamo proposto anche ai genitori di piegare durante i

lavoretti di Natale!

IL PICCOLO PRINCIPE

Giovedì 12 novembre noi bambini delle classi quarte abbiamo incontrato la scrittrice Chiara Pesenti per

conoscere e approfondire con lei le avventure del Piccolo Principe.

Chiara ci ha mostrato trenta edizioni diverse del libro, ciascuna in una lingua differente (ce ne erano alcune

in dialetto).Abbiamo scoperto che questo libro è stato tradotto in tante lingue poiché contiene dei concetti

importanti, adatti a tutti, adulti e bambini.

Nel primo incontro abbiamo approfondito il quarto capitolo.

In questo capitolo il narratore ci spiega che il pianeta da cui proviene il Piccolo Principe è stato visto una

sola volta da uno astronomo turco e che se ora egli dà dei dettagli tecnici su questo pianeta è per far piacere

ai grandi, che amano le cifre. Perché ai grandi, egli spiega, interessano solo alcuni aspetti delle persone e

delle cose, tutti aspetti materiali, come l'età, il peso, la condizione sociale, mentre non si interessano agli

aspetti importanti, quelli che contano per capire come é veramente una persona o come è fatto un oggetto.

Noi bambini abbiamo provato a capire come si approfondisce la conoscenza di una persona, simulando delle

domande possibili e successivamente abbiamo approfondito il tema della tolleranza, analizzando e

commentando la descrizione dell'astronomo.

Vi aggiorneremo nel prossimo giornalino di ciò che accadrà al Piccolo Principe e di quali meravigliose

scoperte faremo.

I bambini di quarta.

Ecco il nostro origami finito!

CHE BELLO FARE POESIA!

Quest’anno abbiamo iniziato un laboratorio di poesia una volta alla settimana. È stata una vera sorpresa ed è

diventato un momento molto atteso.

Siamo partiti dagli “haiku”, delle poesie giapponesi molto particolari: sono incentrati sul tema della natura,

sono formati da 3 versi e da 17 sillabe.

Leggendoli ci siamo accorti che ognuno di noi provava sensazioni diverse di fronte ad uno stesso testo e per

questo le parole sono uno scrigno aperto sul mondo.

Esse infatti possono assumere sfumature diverse di significato regalando emozioni e sensazioni differenti.

Ogni persona leggendo questi brevi componimenti lega il significato delle parole ad un’ esperienza personale

ed è così che la poesia è un’opera aperta che va oltre il significato che lo stesso poeta voleva darle.

Il termine poesia deriva da “poiein”, fare, perché la poesia è fatta di immagini, suoni, sensazioni e il poeta ha

il compito di racchiudere i suoi sentimenti e i suoi pensieri in parole ricercate, a volte inventate e combinate

tra loro per creare qualcosa di suggestivo. Il poeta elabora nella sua mente qualcosa di significativo e cerca di

trasmetterlo agli altri attraverso le parole più appropriate.

Abbiamo provato anche noi a diventare poeti…

La prima cosa da fare è imparare ad aprire la mente! Ecco come ci stiamo allenando: data una parola

cerchiamo di collegare più termini e immagini possibili pensando a dei momenti, a delle situazioni vissute e

non, che ci trasmettono determinate sensazioni.

È qui che ci siamo accorti che dietro ad ogni parola si possono nascondere significati diversi, immagini

infinite, ricordi passati e suoni armoniosi.

Arriva poi la parte più complessa in cui dobbiamo dare un senso alle parole, collegandole tra loro,

scegliendole accuratamente per comunicare qualcosa di importante agli altri.

Per fare questo è necessario essere concentrati e rilassati, così ci aiutiamo con un sottofondo musicale che

accompagna ogni nostro lavoro.

Al termine del laboratorio ognuno legge le proprie poesie agli altri.

E’ molto interessante vedere come su uno stesso argomento ognuno si esprime utilizzando parole e immagini

differenti che comunicano sensazioni forti.

Questo lavoro ci piace molto perché abbiamo la possibilità di esprimere i nostri sentimenti in modo diverso,

possiamo rilassarci e pensare in modo libero senza che nessuno venga giudicato dagli altri e questo ci

permette di diventare più sicuri di noi stessi e delle nostre capacità.

La poesia è un modo insolito di scrivere, che ci insegna a guardare la realtà con occhi diversi, pieni di

meraviglia, perché ogni cosa può essere “poetica”, dipende da come la guardiamo.

Ogni cosa diventa unica.

La poesia è quella forza che manda messaggi al cuore dell’uomo, ecco perché la poesia è universale!

TUFFIAMOCI NEL CORPO UMANO

Quest’anno in scienze abbiamo iniziato a studiare il corpo umano partendo dalla cellula e dal dna.

È stato sbalorditivo scoprire che nonostante le sue dimensioni, il dna, sia assolutamente indispensabile per lo

sviluppo e la vita dell’uomo. È come una carta di identità che contiene tutte le nostre caratteristiche fisiche e

le istruzioni per far funzionare bene il nostro corpo.

Abbiamo approfondito l’argomento presso il laboratorio del liceo Pascal dove abbiamo scoperto che il dna è

formato da quattro basi azotate che si legano tra loro in modo complementare ed è dalla loro combinazione

che deriva la nostra unicità.

Inoltre abbiamo estratto il dna dalle cellule della banana attraverso un lungo procedimento che ha portato alla

rottura della membrana nucleare e cellulare. Quello che siamo riusciti a vedere è stato il filamento del dna

arrotolato su se stesso.

Un altro aspetto che ci ha colpito è stato come i caratteri ereditari si trasmettono di generazione in

generazione. Per capirlo abbiamo riprodotto in classe l’esperimento di Mendel e abbiamo scoperto così la

differenza tra caratteri dominanti e recessivi.

La cellula forma qualsiasi parte del nostro corpo. Abbiamo iniziato a studiare l’apparato scheletrico

aiutandoci con un modellino, da noi soprannominato Frankenstein Junior, che ci permette di osservare come

siamo fatti e ci aiuta a ripetere la lezione. Lo stesso argomento l’abbiamo affrontato in inglese con Tj

approfondendo alcuni aspetti.

Questo lavoro ci ha fatto capire come ognuno di noi è unico e irripetibile e non ci può essere nessuno uguale

a me!

Classe VA

“TUTTI I GRANDI SONO STATI BAMBINI UNA VOLTA

(MA POCHI DI ESSI SE NE RICORDANO)”

Quest’anno in classestiamoleggendo il libro “Il Piccolo Principe”.

Abbiamo letto pochi capitoli ma abb

riflessione. Ci siamo soffermati sulla frase “Tutti i grandi sono stati

bambini una volta ma pochi di essi se ne ricordano”. Quando la

maestra ci ha chiesto se fossimo d'accordo con l'autore, la maggior

parte di noi ha risposto di sì. La nostra risposta affermativa dipende

dal paragone che abbiamo fatto tra la vita di un bambino e quella di un

adulto. Gli adulti spesso sono molto occupati e indaffarati. A volte fanno fatica a “staccare la testa” dal

lavoro e dai problemi. Sarebbe bello

piena di impegni, fossero capaci di

po' più di tempo e stare con noi senza arrabbiarsi. Loro for

capiamo subito e questa cosa rattrista anche noi

fossero capaci di manifestare i propri sentimenti ma, proseguendo nel confronto tra di noi

che anche loro provano sentimenti anche se a volte non li manifestano. Ci siamo chiesti il perché di questo

loro comportamento. Ci siamo risposti così: forse a volte non dimostrano alcuni sentimenti come ad esempio

la tristezza, la malinconia...perché non vogliono farci preoccupare e quindi stare male per loro. Anche se non

siamo grandi, potremmo essere loro

consolarli, magari anche solo con un abbraccio.

sentimenti però ci basterebbe una semplice spiegazione per poterli sostenere.Anche noi ci sentiremmo

meglio se loro ci rendessero partecipi

Dopo aver riflettuto abbiamo capito che gli adulti hanno un modo

ad esempio attraverso una carezza, uno sguardo o attraverso quello che fanno per noi: preparare la colazione,

farci trovare i vestiti lavati e stirati, cucinare o semplicemente andando al lavoro per mantenere la f

Abbiamo poi fatto delle interviste ai nostri genitori e nonni sulla loro infanzia… e le abbiamo lette in classe.

Ci siamo resi conto che gli adulti si ricordano di essere stati bambini! Forse l’autore del libro non ha avuto la

nostra fortuna ed è per questo che si è fatto quest’idea negativa perché tutti, se lo vogliono, possono

recuperare la capacità di sognare, di sperare, di credere negli altri che abbiamo noi bambini.

In conclusione possiamo dire:

“TUTTI I GRANDI SONO STATI BAMBINI UNA VOLTA (E

“TUTTI I GRANDI SONO STATI BAMBINI UNA VOLTA

(MA POCHI DI ESSI SE NE RICORDANO)”

classestiamoleggendo il libro “Il Piccolo Principe”.

li ma abbiamo già trovato molti spunti di

riflessione. Ci siamo soffermati sulla frase “Tutti i grandi sono stati

bambini una volta ma pochi di essi se ne ricordano”. Quando la

maestra ci ha chiesto se fossimo d'accordo con l'autore, la maggior

La nostra risposta affermativa dipende

dal paragone che abbiamo fatto tra la vita di un bambino e quella di un

molto occupati e indaffarati. A volte fanno fatica a “staccare la testa” dal

arebbe bello ad esempio che, quando i nostri genitori tornanoa

piena di impegni, fossero capaci di chiudere fuori dalla porta le arrabbiature e le tensioni per dedicarci un

po' più di tempo e stare con noi senza arrabbiarsi. Loro forse non sanno che se sono arrabbiati e tristi noi lo

capiamo subito e questa cosa rattrista anche noi. All’inizio della discussione pensavamo

ri sentimenti ma, proseguendo nel confronto tra di noi

che anche loro provano sentimenti anche se a volte non li manifestano. Ci siamo chiesti il perché di questo

loro comportamento. Ci siamo risposti così: forse a volte non dimostrano alcuni sentimenti come ad esempio

perché non vogliono farci preoccupare e quindi stare male per loro. Anche se non

loro di conforto e di sostegno e cercare di capirli. Potremmo cercare di

magari anche solo con un abbraccio...Forse non pensano che siamo in grado di capire i loro

sentimenti però ci basterebbe una semplice spiegazione per poterli sostenere.Anche noi ci sentiremmo

meglio se loro ci rendessero partecipi “delle loro cose”.

Dopo aver riflettuto abbiamo capito che gli adulti hanno un modo diverso di esprimere emozioni e sentimenti

ad esempio attraverso una carezza, uno sguardo o attraverso quello che fanno per noi: preparare la colazione,

farci trovare i vestiti lavati e stirati, cucinare o semplicemente andando al lavoro per mantenere la f

Abbiamo poi fatto delle interviste ai nostri genitori e nonni sulla loro infanzia… e le abbiamo lette in classe.

Ci siamo resi conto che gli adulti si ricordano di essere stati bambini! Forse l’autore del libro non ha avuto la

per questo che si è fatto quest’idea negativa perché tutti, se lo vogliono, possono

recuperare la capacità di sognare, di sperare, di credere negli altri che abbiamo noi bambini.

“TUTTI I GRANDI SONO STATI BAMBINI UNA VOLTA (E TANTI DI ESSI SE NE RICORDANO)”!

“TUTTI I GRANDI SONO STATI BAMBINI UNA VOLTA

(MA POCHI DI ESSI SE NE RICORDANO)”

molto occupati e indaffarati. A volte fanno fatica a “staccare la testa” dal

tornanoa casadopo una giornata

chiudere fuori dalla porta le arrabbiature e le tensioni per dedicarci un

se non sanno che se sono arrabbiati e tristi noi lo

. All’inizio della discussione pensavamo che gli adulti non

ri sentimenti ma, proseguendo nel confronto tra di noi, abbiamo capito

che anche loro provano sentimenti anche se a volte non li manifestano. Ci siamo chiesti il perché di questo

loro comportamento. Ci siamo risposti così: forse a volte non dimostrano alcuni sentimenti come ad esempio

perché non vogliono farci preoccupare e quindi stare male per loro. Anche se non

Potremmo cercare di

iamo in grado di capire i loro

sentimenti però ci basterebbe una semplice spiegazione per poterli sostenere.Anche noi ci sentiremmo

diverso di esprimere emozioni e sentimenti

ad esempio attraverso una carezza, uno sguardo o attraverso quello che fanno per noi: preparare la colazione,

farci trovare i vestiti lavati e stirati, cucinare o semplicemente andando al lavoro per mantenere la famiglia.

Abbiamo poi fatto delle interviste ai nostri genitori e nonni sulla loro infanzia… e le abbiamo lette in classe.

Ci siamo resi conto che gli adulti si ricordano di essere stati bambini! Forse l’autore del libro non ha avuto la

per questo che si è fatto quest’idea negativa perché tutti, se lo vogliono, possono

recuperare la capacità di sognare, di sperare, di credere negli altri che abbiamo noi bambini.

TANTI DI ESSI SE NE RICORDANO)”!

Classe VB

“CAMMINATE CON I PIEDI PER TERRA

E COL CUORE ABITATE IN CIELO”

“Ma sul tuo piccolo pianeta ti bastava spostare la tua sedia di qualche passo. E guardavi ilcrepuscolo tutte

le volte che volevi..."Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatré volte!" E più tardi hai soggiunto:

"Sai...... quando si è molto tristi si amano i tramonti

Ma il piccolo principe non rispose.”

Il tema che abbiamo affrontato leggendo questo capitolo è quello della nostalgia, il Piccolo Principe prova

nostalgia della sua casa, dei suoi affetti, dei suoi tramonti; questo sentimento però non è da intendere in

senso negativo.

Nell’esperienza dell’uomo la nostalgia è prese

è assenza, vuoto da riempire. La nostalgia è desiderio di felicità,

di ogni uomo, che sia bambino o adulto.

nostro bisogno di felicità.

Questo sentimento l’avevamo già incontrato durante la lettura dei “Promes

“Addio ai monti”, quando Lucia sta scappando dal suo paese e, ammirando la realtà che la circonda,

nostalgia della sua terra natale.

La personalità del Piccolo Principe, tutta centrata sull’autenticità del desiderio, non può che essere

malinconica, nel senso del desiderio di ciò che manca compiutamente.

“CAMMINATE CON I PIEDI PER TERRA

E COL CUORE ABITATE IN CIELO”

“Ma sul tuo piccolo pianeta ti bastava spostare la tua sedia di qualche passo. E guardavi ilcrepuscolo tutte

visto il sole tramontare quarantatré volte!" E più tardi hai soggiunto:

. quando si è molto tristi si amano i tramonti......""Il giorno delle quarantatré volte eri tanto triste?"

Ma il piccolo principe non rispose.” (CAP VI)

frontato leggendo questo capitolo è quello della nostalgia, il Piccolo Principe prova

nostalgia della sua casa, dei suoi affetti, dei suoi tramonti; questo sentimento però non è da intendere in

Nell’esperienza dell’uomo la nostalgia è presente, perché è il desiderio di qualcosa o qualcuno che è lontano,

è assenza, vuoto da riempire. La nostalgia è desiderio di felicità, di compimento, sentimento insito nel cuore

di ogni uomo, che sia bambino o adulto. È ammettere che ci manca qualcosa o qualcuno che sia risposta al

Questo sentimento l’avevamo già incontrato durante la lettura dei “Promessi Sposi”, in particolare nell’

quando Lucia sta scappando dal suo paese e, ammirando la realtà che la circonda,

La personalità del Piccolo Principe, tutta centrata sull’autenticità del desiderio, non può che essere

del desiderio di ciò che manca compiutamente.

Abbiamo anche scoperto che il significato emerge anche

dall’etimologia della parola desiderio: una stella che manca,

latino de-sidere,mancanza (de) di stelle (sidera),

che manca nel nostro firmamento, nel firmamento della nostra

realtà.

Provando nostalgia ognuno si rende conto di quanto siano

importanti le persone e i luoghi che lo circondano. Ecco

perché dobbiamo cercare di vivere con le radici ben salde

nel terreno (come i baobab) e quindi “CAMMINANDO

CON I PIEDI PER TERRA”, ma nello s

mantenere vivo il desiderio di felicità

“ABITANDO COL CUORE IN CIELO”.

“CAMMINATE CON I PIEDI PER TERRA

“Ma sul tuo piccolo pianeta ti bastava spostare la tua sedia di qualche passo. E guardavi ilcrepuscolo tutte

visto il sole tramontare quarantatré volte!" E più tardi hai soggiunto:

.""Il giorno delle quarantatré volte eri tanto triste?"

frontato leggendo questo capitolo è quello della nostalgia, il Piccolo Principe prova

nostalgia della sua casa, dei suoi affetti, dei suoi tramonti; questo sentimento però non è da intendere in

nte, perché è il desiderio di qualcosa o qualcuno che è lontano,

sentimento insito nel cuore

cuno che sia risposta al

si Sposi”, in particolare nell’

quando Lucia sta scappando dal suo paese e, ammirando la realtà che la circonda, prova

La personalità del Piccolo Principe, tutta centrata sull’autenticità del desiderio, non può che essere

Abbiamo anche scoperto che il significato emerge anche

dall’etimologia della parola desiderio: una stella che manca, dal

mancanza (de) di stelle (sidera), cioè una stella

che manca nel nostro firmamento, nel firmamento della nostra

Provando nostalgia ognuno si rende conto di quanto siano

importanti le persone e i luoghi che lo circondano. Ecco

vivere con le radici ben salde

l terreno (come i baobab) e quindi “CAMMINANDO

CON I PIEDI PER TERRA”, ma nello stesso momento

mantenere vivo il desiderio di felicità, quindi

“ABITANDO COL CUORE IN CIELO”.

Classe VB

“Fate della vostra vita un capolavoro”

Con questa frase abbiamo iniziato la nostra avventura alla Chicca Gallazzi, che ci ha accolto e ogni giorno ha

fatto e fa crescere nei bambini l’interesse e la curiosità del sapere e in noi genitori la voglia di partecipare

attivamente a questa missione educativa.

Per chi come me ha avuto un’esperienza presso una scuola statale sa bene che tutto questo non è scontato ma

lasciato all’etica professionale di ogni singolo insegnante.

Tante volte ho sentito dire che frequentare una scuola paritaria rende i bambini più fragili nell’affrontare le

difficoltà perché crescono “sotto una campana di vetro”.

Ma la realtà mi dice che non è così perché il modello educativo attuato rende i nostri bambini forti,

consapevoli delle loro capacità, che vengono sempre valorizzate e mai demolite affinché ci siano le basi per

essere più sicuri di se stessi e nel testimoniare i valori in cui si crede.

Grazie di cuore per tutto quello che fate e per la passione che sapete trasmetterci.

un genitore

La mostra “I Promessi Sposi”

Quest’anno la nostra scuola si è nuovamente impegnata nella realizzazione di una mostra destinata a tutta la

città di Busto Arsizio. Essendo una mamma di 2 bimbe frequentanti la scuola ho dato la disponibilità per

fare da guida , mossa dal desiderio di andarci più a fondo, di poterla vivere da protagonista, come peraltro mi

era già accaduto un po’ di anni prima con la figlia più grande. All’inizio mi sentivo molto sproporzionata ed

impreparata alla grandezza che la mostra fin da subito mi comunicava, ma ho deciso di rischiare tutto in

quel semplice servizio richiestomi. Racconto in particolare il turno di domenica pomeriggio, giorno in cui

inaspettatamente, vista la splendida giornata, tante famiglie l’hanno visitata. Mi sono stupita all’opera,

entusiasta nel raccontare ciò che io non avevo fatto ma di cui ero grata perché segno di un Altro che si

serviva della mia inadeguatezza per comunicarsi. Ho potuto assaporare una bellezza imprevedibile e forse

all’inizio insperata. Ho seguito le indicazioni di Carlina, mi sono giocata studiando il più possibile ed

ascoltando chi aveva collaborato alla sua costruzione. Ogni volta scoprivo qualche particolare in più e

trovavo un modo diverso per raccontare le stesse cose, partendo da chi avevo davanti e da ciò che i pannelli

dicevano a me ed alla mia vita. Oggi posso riaffermare come Cristo sia sempre incontrabile nella realtà,

dipende tutto dalla nostra libertà nell’abbracciarlo. Ricordo in particolare una frase di Papa Francesco

presente alla mostra: “Lui ci primera sempre”.

Stefania

L’occasione della mostra sui Promessi Sposi è stata per me il palesarsi di un tesoro prezioso davanti

agli occhi. Il percorso che le insegnanti hanno fatto fare ai nostri figli, proponendogli la conoscenza dei

personaggi del romanzo, con una modalità insolita: immedesimandosi con quello che gli stessi vivevano,

aiutati ad individuare nella loro vita di bambini analogie dentro esperienze semplici, per poi fermare un

giudizio e quindi costruire un gradino nella loro crescita. Questo sino ad immedesimarsi con il cuore di

Renzo e con quello dell’innominato nella sua notte di lotta.

É proprio vero che i bambini sono fatti per cose grandi e che, a volte, le comprendono meglio di noi.

Non ho vergogna a dire che anch’io alle superiori avevo studiato i Promessi Sposi, ma come una nozione da

attaccare alla mia memoria … e infatti non mi è rimasto nulla.

Ricevere a questo livello il lascito di Manzoni, la ricchezza del suo messaggio, è un dono

grandissimo fatto ai nostri bambini che hanno occhi e cuore perfetti per accoglierlo. Non tanto per Manzoni,

che in questo caso è stato un mezzo, tra tutti quelli di grande spessore proposti in questi anni; ma per il

metodo, per l’educazione al giudizio, utilizzando, allenando, la capacità di individuare ciò che è bello, vero e

giusto, che ognuno ha in cuore.

E’ stato un lavoro fuori dall’ordinario che mi ha fatto chiedere: ma questo luogo, dove i miei figli

vengono educati, aiutati ad osservarsi mentre vivono, ad avere coscienza degli stati d’animo in cui si trovano,

a giudicarli e quindi a conservare il loro vissuto come Esperienza, ma che valore grande ha per il mio

compito di genitore!

Abbiamo visitato la mostra con una famiglia di amici di Riccione - anch’essi con bambini

frequentanti la scuola elementare – colpiti dal fatto che un aiuto al compito educativo, a questo livello, è

impagabile.

Sempre colma di gratitudine.

Mariolina (mamma di Pietro 5 A e Paolo 2 B)

Siamo arrivati alla Chicca Gallazzi a Marzo nella classe 1°B .

Abbiamo lasciato la scuola precedente, dopo sei mesi, lasciando una lettera al dirigente e agli insegnanti. In

essa elencavamo una serie di preoccupazioni che avremmo avuto se fossimo stati noi insegnanti e dirigenti

scolastici. In primo luogo approfondire le motivazioni che abbiano portato una famiglia ad una scelta di

cambio di scuola attraverso un confronto aperto e sincero. Ci saremmo preoccupati di creare un clima sereno

nella classe, di essere un riferimento per ogni bambino, di permettere loro di poter alzarsi dal banco, almeno

alla ricreazione, di proporre un programma stimolante e utilizzare metodi aggiornati ecc...

Dopo questa esperienza siamo giunti in questa scuola con il desiderio che fosse realizzato proprio ciò che

non avevamo trovato nella prima.

La nostra bambina è stata accolta a braccia aperte così come lo siamo stati noi come genitori. Abbiamo

trovato un clima non solo sereno ma una realtà educativa costruita sulla certezza che ciascuno è unico e

speciale...Una vera passione educativa che si capisce non essere improvvisata o impegno solitario di qualche

brava insegnante; ma un lavoro di costante confronto e verifica fra insegnanti e insegnanti e direttrice nonché

frutto di un cammino personale di ciascun operatore.

Per noi è stato anche commovente vedere come fra genitori ci sia una reale solidarietà e la voglia di costruire

rapporti di vera amicizia cristallina.

Non da ultimo in questa scuola sentiamo la gioia della riscoperta quotidiana della presenza di Colui che ci ha

condotto sin qua.

E la nostra piccola? Potrei raccontare molte cose ma vedere il suo sorriso quando parte al mattino e all'uscita

da scuola sarebbe abbastanza.

Esattamente una settimana fa, al momento delle preghiere serali, "Aspetta mamma devo dire una cosa a

Gesù, grazie Gesù che mi hai fatto andare in questa scuola bellissima"

I nostri desideri sono stati di gran lunga superati e siamo ben felici di condividerli!!!

Sono alla fine del primo ciclo di scuola primaria della mia prima figlia…un tempo che è volato ma con

un’intensità tale che non si dimentica nulla dei momenti più belli!

Me la ricordo ancora il primo giorno di scuola,un po’ introversa,quasi a difendersi da chi la chiamava per

nome per prendersela tra le sue braccia e accompagnarla per 5 bellissimi anni!

Ma quella persona che chiamandola per nome l’ha fatta sentire fin da subito a casa sua, l’ha compresa, l’ha

accolta coi suoi pregi e difetti, le ha detto: “Ci sono e sono qui per te”…è stato un incontro che ha subito

creato un rapporto, mantenendo sempre le giuste distanze ma con una tenerezza che solo un grande cuore è

capace di avere!

Quest’incontro è stato anche per me e mio marito speciale perché, nell’affidare nostra figlia alla sua maestra,

da subito abbiamo capito che eravamo affiancati e sostenuti nel cammino educativo! Non eravamo “noi” a

casa e “la maestra” a scuola!!!!! Era un mutuo scambio, era un arricchirsi a vicenda…e continua ad esserlo!

Non c’è malinconia in queste parole, come quando qualcosa finisce! NO!!! C’è un’infinita gratitudine per la

bellezza vissuta ma che siamo certi è solo l’inizio di un percorso! E queste fondamenta, fatte di nozioni sì ma

di veri e meravigliosi rapporti umani,sono la base solida per il futuro che attende nostra figlia.

Grazie di cuore maestra Anna!

Sara

COMUNICHIAMO ?!? Qualche settimana fa, durante una cena non ho potuto fare a meno di osservare il tavolo di fronte al mio: otto posti apparecchiati, solo quattro occupati, tre uomini e una donna, evidentemente in attesa degli altri ospiti. Nessuno parlava, gli occhi di tre erano fissi sul cellulare, dopo pochi minuti anche il quarto, forse per togliersi dall'imbarazzo, ha impugnato il suo. Arrivati gli altri componenti la compagnia, i cellulari sono stati riposti (sul tavolo !!!) ed è iniziata una allegra conversazione, intervallata di lì a poco dalle varie portate. Al termine dei primi piatti, già qualche cellulare è tornato protagonista, dopo i secondi, nessuno parlava più. Immediatamente mi è tornata alla mente una scena analoga dell'estate precedente: gruppetto di cinque ragazzini, tutti in piedi, fisicamente molto vicini, ognuno di loro intento a “lavorare” alacremente e con abilità straordinaria, con il proprio cellulare. Li ho osservati per un po' : nessun labbro si è piegato in un sorriso, nessuna parola è stata pronunciata. Nella mia testa un' unica emozione : TRISTEZZA , e subito un altro pensiero : fra poco anche i miei figli, nati nell'era della comunicazione, saliranno sul podio della non-comunicazione ? E le allegre tavolate ? I bimbi che giocano insieme ? Ragazzi e ragazze che chiacchierano ? Proviamo a fare mente locale e tornare un poco indietro nel tempo. Quante volte abbiamo visto scene simili ? Quante volte invece abbiamo visto tavoli muti occupati da persone chinate (inchinate) sul proprio telefonino ? Bimbi chini (e cupi) sul tablet ? Ragazzi e ragazze che invece di darsi di gomito hanno negli occhi (spenti) il riflesso dello schermo di un dispositivo elettronico ? “Comunicare”: mettere in comune. In comune con chi ? Ma con tutto il mondo ! C'è internet ! C'è Facebook ! C'è WhatsApp ! C'è Twitter ! Ci sono mille e social network ! Scusa, ti dà così fastidio dire le cose prima a me ? Non “solo” a me. “Prima” a me. A voce. Con i tuoi occhi. Con il tuo sguardo. Con i tuoi gesti. Con il tuo volermi bene perché ho bisogno di te e tu hai bisogno di me, perché quando siamo insieme chiacchieriamo a più non posso. Oppure stiamo in silenzio, ma i nostri i nostri gesti, i nostri sguardi, i nostri pensieri sono all'unisono. Ma questa cosa devono saperla tutti ! Hmm … davvero ? Se così è, bene ! Comunicala a tutti. Prima a me. A voce. Poi, usa il mezzo ed il dispositivo che vuoi. Poi. Magari tra cinque secondi, ma “poi”. Prima finisci con me. Si chiamano “rapporti umani”. A volte non sono così difficili. Cosa ne pensi ? Fammelo sapere. Chiedi a tuoi amici. Ascolta le loro risposte “Ok, bene, ti whazzappo subito il feedback dei miei contatti.” Si chiama “reazione”. Fammi sapere anche tra due mesi (non subito-ora-in questo instante, non ce n’è bisogno), anche dopo, ma a voce e guardandoci negli occhi. Tra due mesi va bene lo stesso. Va molto bene. Rallentiamo e, soprattutto, parliamo. Cristina, mamma e maestra

Ogni bambino è unico e speciale, diverso per indole, doni e qualità da tutti gli altri.

E questo un bravo insegnante lo sa.

E da bravo insegnante mette in atto accorgimenti differenti per ciascuno: il bambino timido va spronato ma anche rassicurato mentre il bambino esuberante va certamente contenuto, ma anche lodato per ogni più piccolo progresso, che sia pure lo stare seduto al banco per un tempo sempre più lungo.

E questo un bravo insegnante lo sa.

Poi ci sono bambini che sono ancora più speciali, perché le loro diversità non si limitano al colore degli occhi o al pallino della matematica o all’estro musicale.

Ci sono bambini che appaiono così tanto diversi che spesso si rischia di pregiudicare loro una reale e concreta appartenenza al gruppo - classe. Guardando questi bambini oltre il loro limite immediato è possibile cogliere quella scintilla di desiderio per il vero, il bello e il buono che, al fondo, anima ciascuno di noi, proprio come Matisse ci ha insegnato durante le ore di lezione attraverso il cuore del suo Icaro

Il che non vuol dire che la relazione con loro sia tutta rose e fiori, anzi, a volte noi insegnanti siamo messi davvero a dura prova; ma il compito di un adulto educante è proprio quello di e-ducere, cioè tirare fuori tutto il meglio che c’è in ciascun bambino a lui affidato.

Per fortuna non siamo da soli in questo compito: spesso siamo aiutati dagli stessi bambini ai quali chiediamo di accogliere questi compagni particolari, (denominati dal gergo tecnico BES: bambini con Bisogni Educativi Speciali), perché a volte basta guardare la realtà con i loro occhi e stupirsi, semplicemente.

“Non si vede bene che con il cuore”

(Antoine De Saint Exupéry – Il piccolo principe ).

Nella nostra scuola ogni giorno cerchiamo di tradurre in realtà concreta il concetto di INCLUSIONE, termine così tanto di moda oggi nell’ambito scolastico e spesso usato solo sulla carta.

Ed è così che le differenze non ci allontanano e non creano confini, ma ci arricchiscono e danno quel tocco in più alla Chicca Gallazzi.

Maestra Kati e maestra Ale

TUTTI DENTRO

I promessi sposi “nostri contemporanei” perché parlano alla nostra umanità.

Quando abbiamo deciso di presentare il romanzo de I Promessi Sposi a tutta la scuola Primaria, l'obiezione più comune è stata: “Come si può avvicinare i bambini a un'opera di così difficile lettura?”. Eppure non è stato faticoso, perché tematiche quali desiderio, libertà, compito, vocazione sono scritte nel quotidiano di piccoli e grandi. Da questo lavoro è nata una mostra, presentata a tutti i cittadini di Busto A. negli spazi del Museo del Tessile. Spiegare la mostra è stata l’occasione per riscoprire tra le pagine di questo Romanzo aspetti che toccano nel vivo la vita di chiunque: dal bambino seduto al primo banco, all'adulto impegnato in mille faccende. Manzoni, sottolineando nelle pagine del suo Romanzo profili psicologici e personalità di alcune figure, li rende non lontani dalle nostre vite, prototipi di uomini e di donne del '600 che in verità diventano atemporali, trasformandosi così in uomini e donne del nostro tempo. La mostra si apriva con la figura di Don Abbondio, un uomo che scansa ogni fatica, ogni lotta contro il potere, anzi vi soggioga, rinunciando anche a ciò che di più vero possedeva: la propria vocazione sacerdotale. Baratta ogni possibilità di bene sulla sua vita, arrendendosi allo strapotere, divenendo “un vaso di terracotta tra anfore di ferro”, dirà Manzoni. Quante volte la fatica di un compito ci pone nella posizione della “fuga”, dell'essere un po’ come don Abbondio: “Uno stoppino che non prende fuoco”? Questa metafora è provocatoria. Lo stoppino per sua natura dovrebbe ardere, bruciare, prendere fuoco. A volte anche ai bambini, come a noi adulti, accade di non voler far fatica e viene barattata la gioia di una conquista con il quieto vivere. Molte volte, noi come adulti, madri e padri, ci poniamo nella condizione di togliere dalla strada i sassi che risultano d'inciampo ai nostri figli. Questo non potrà essere per sempre, perché essere uomini significa caricarsi nel piccolo del proprio compito, delle fatiche e delle gioie di un cammino. I genitori sono chiamati a stare a fianco, ma senza avere la pretesa di camminare al posto dei figli, perché rispondere al compito dato fa fiorire una vocazione, fa fiorire l'umano. Se vera per sé, questa vocazione cade come benedizione anche sugli altri, sulle persone che la vita pone vicino nel cammino intrapreso. Così s'inserisce la figura di Padre Cristoforo, proposta alle ex classi seconde. Un personaggio che ha scosso le coscienze dei bambini e che non può lasciare indifferenti neppure gli adulti. La vita di Padre Cristoforo è stravolta da un omicidio, ma non si ferma lì. Ciò che è stato, ha fatto in modo che Dio, raggiungesse quel cuore con il perdono e con l'abbraccio di una misericordia straordinaria, indicibile e incomprensibile agli occhi degli uomini. Così il perdono diventa “Quell'abisso (grazie a Dio) irriducibile tra la nostra giustizia e la Sua Misericordia” (J. Waters) Quante volte a scuola i bambini si trovano in situazioni di litigio e quante volte s'insegna a loro che ricominciare è possibile, che perdonare è un atto che ripone in una situazione di equilibrio e di cammino. È possibile perdonare, perché un Altro guarda a noi, al nostro niente senza ridurci, avendo a cuore tutta l'esigenza di felicità che ci costituisce. La figura di Padre Cristoforo è stata presentata loro proprio partendo da ciò che essi incontrano nel quotidiano con fatti vissuti nella vita di scolari, di bambini alle prese con la faticosa, ma affascinante, avventura della crescita. L'essere bambino, giovane, più o meno vecchio, porta con sé un desiderio che Manzoni mostra chiaramente nella tensione di Renzo e Lucia: essere felici. Ai miei bambini e alle scolaresche incontrate ponevo questa domanda: “Cos' è un desiderio?”. E subito dopo: “Quale desiderio accomuna tutti noi?” Il desiderio che risiede nel cuore di ciascuno è essere felici. L'uomo, come dice S.Tommaso nella Summa Theologiae, è costituito da un desiderio: “Tutti desiderano il raggiungimento della propria perfezione”, della propria felicità ultima, della propria realizzazione vera. Con un ragazzino mi sono trovata in un vero e proprio dibattito su cosa significa essere felici e su cosa sia la felicità. E mentre gli parlavo mi chiedevo: “Quando uno è felice?”. Uno è felice quando prende coscienza della propria vocazione e vi risponde liberamente,

trasformando questa vocazione in compito che investe tutta la sua vita. Così è per l'Innominato, figura presentata in tutto il suo tormento e travaglio, capace però di riconoscere un bene e di rispondervi. Letti così i Promessi Sposi diventano un'opera senza tempo in grado di parlare al nostro essere uomini, capace di suscitare il nostro umano e il desiderio di Verità. E la lotta è tra il prendere sul serio questo desiderio e far finta di non averlo avvertito.

Rosella.

Un fatto tragico diventa la possibilità di riconferma di un Bene

Mi corico e non riesco a prendere sonno. È il 13 novembre, una data che nell'immaginario collettivo difficilmente verrà dimenticata, così come l'11 settembre. Una data che diventerà nella testa e nel cuore della Francia e del popolo europeo e non, un punto di non ritorno e di grande riflessione. Cerco di chiudere gli occhi, ma s'insinuano lo smarrimento e la paura. Mi dico, in modo illusorioche riesce ad acquietare i brutti pensieri, che quei fatti sono lontani, a chilometri da dove sto ed abito. Egoisticamente rassicurata da ciò, cerco conforto tra le coperte. Il giorno dopo il contraccolpo resta, ed è ancor più forte e penetrante lo smarrimento dopo aver visto le sequenze delle immagini televisive, aver ascoltato e letto della strage. Resta, con la preoccupazione di una figlia che il lunedì dopo dovrà prendere il treno per arrivare a Milano; resta come agitazione che non dà pace. Resta, come fastidio penetrante, come strazio per tutte quelle vite spezzate. Resta come rabbia, incomprensione. Fino al momento in cui leggo: “[…] Davanti ai nostri occhi c’è un’evidenza: la vita di ciascuno è appesa a un filo, potendo essere uccisi in qualsiasi momento e ovunque, al ristorante, allo stadio o durante un concerto. La possibilità di una morte violenta e feroce è divenuta una realtà anche nelle nostre città. Per questo ifatti di Parigi ci mettono davanti alla domanda decisiva: perché vale la pena vivere?” Don Carrón, comunicato stampa, “La vita di ciascuno è appesa a un filo. Perché vale la pena vivere?” Questa domanda sposta il centro della questione, lo ricentra, provocando un lavoro di verifica che tocca la mia vita. E la domanda si fa presenza e torna: “Perché vale la pena vivere?” “Cercare una risposta adeguata alla domanda sul significato della nostra vita – afferma don Carrón – è l’unico antidoto alla paura che ci assale guardando la televisione in queste ore, è il fondamento che nessun terrore può distruggere”.

Questa domanda cambia prospettiva a ciò che fino poco prima aveva mosso il mio disagio, perché pone me nella posizione di dare una risposta non in modo ideale, con discorsi ma nel concreto di ogni istante della mia vita e tra i muri della scuola e davanti ai bambini che il lunedì mattina incontrerò. Nessuno può stare in piedi, avere un rapporto costruttivo con la realtà, senza qualcosa per cui valga la pena vivere, senza un’ipotesi di significato. E l'ipotesi più grande e vera che vince il male è Cristo: Egli

diventa risposta certa, ferma sicura che si oppone al male, che vince lo sconforto, la paura, la difficoltà, che viene come Presenza nella vita di ciascuno, che si fa uomo in questo Natale, in un Bambino in fasce. Così sono entrata in classe il lunedì con la certezza che un'ipotesi di bene c'è, è già presenza. Un bambino mi dice: “Rosi hai sentito cosa è accaduto a Parigi? Quelli dell'ISIS hanno ucciso tante persone”. Io rispondo: “Secondo voi perché accade questo? Molte volte abbiamo paura dell'altro, di chi può avere un pensiero diverso dal nostro o da chi ha una pelle di colore differente. A volte facciamo fatica ad accettare chi ha idee che si allontanano da quelle che noi abbiamo. Solo un incontro, una possibilità di bene rende vera un'esperienza e può diventare possibilità di cambiamento. A cominciare dall'oggi, da ciò che voi vivete e nel modo in cui vi rapportate con gli altri, con gli amici, con i compagni, con i vostri genitori”. “È VERO CIÒ CHE RAPPRESENTA UNA POSSIBILITÀ ORA. SE NON È UNA POSSIBILITÀ ORA, È FALSO”. Tratto da un intervento di M. Carlotti.

Rosella

“Il limite è occasione di bellezza”

Lunedì 16 novembre, inizio di una nuova settimana, ma non è una settimana come le altre. Solo tre

giorni prima il mondo è stato invaso dalle notizie degli attentati a Parigi. Entri in classe e sai che i

bambini si aspettano da te di parlare di quello che è successo, di avere magari delle spiegazioni e tu ti fai

mille domande su come è meglio spiegare queste cose. Non è semplice, anche perché anche tu sei

ancora scosso e sconcertato dai fatti. Ma di una cosa sei certo: certi orrori vanno spiegati ai bambini per

evitare che in loro cresca l’odio per le persone di un’altra religione e la paura della diversità. Carla ci fa

arrivare degli spunti da cui partire, per parlare con i bambini, che si rivelano preziosi anche per sentirci

sostenuti nell’opera educativa che ogni giorno siamo chiamati a svolgere e non sentirci così da soli nel

dare un giudizio. Tutti sono a conoscenza dei fatti accaduti, parti allora dalle mille loro domande

cercando, nel rispondere, di usare le parole più giuste e alla fine ti rendi conto di quanto i bambini

stupiscano sempre. Un discorso molto difficile da affrontare diventa un confronto e una ricchezza anche

per te. I bambini sanno che non devono generalizzare, che l’Isis non ha niente a che fare con la religione

e che non tutte le persone di quella religione sono cattive, anzi. Non è facile da capire, insieme si cerca

di ragionare sul fatto che il male non arriva da questa o quella religione, ma solo da alcune persone che

distorcono la verità. Quando accadono queste cose è importante aiutare i bambini a riflettere prima che

si facciano delle idee sbagliate. E mentre parli ti stupisce la loro maturità: “Bisogna prendere esempio da

Papa Francesco, ha coraggio, ha deciso che il Giubileo si farà lo stesso…”. Questa frase è stato spunto

per una discussione sul fatto che queste cose, anche se ci fanno paura, non devono fermarci. Certo,

magari abbiamo il pensiero del papà che ogni giorno prende il treno per andare al lavoro a Milano o la

mamma che spesso è in viaggio per il mondo, ma è importante che questo non si fermi, altrimenti, “chi

porta avanti la famiglia?” (i bambini vanno sempre al sodo delle questioni!), questo non deve essere un

ostacolo, un condizionamento. E quando meno te lo aspetti ecco che uno dei tuoi alunni alza la mano

perché vuole intervenire nella discussione e tu rimani a bocca aperta dopo averlo ascoltato: “Sai

maestra, quello che stiamo dicendo mi ricorda il tema che avevamo trattato qualche anno fa…IL

LIMITE È OCCASIONE DI BELLEZZA?”. Non è scontata in questo caso la risposta. Ma poi da loro

emerge che sì, lo è perché noi possiamo essere segno di bellezza sempre, anche dentro questa

disumanità, come quelle persone che hanno rischiato la loro vita per prestare immediato soccorso ai

feriti

E così tutte le perplessità e le paure che avevi svaniscono e da un discorso così difficile puoi ricavarne

una ricchezza per te. Spesso i bambini sono un esempio per gli adulti! Dobbiamo imparare ad ascoltarli

e a rispondere alle loro domande, non a fare il discorso che già abbiamo in mente noi! E come non dire

che il limite è occasione di bellezza avendo io riscoperto ancora una volta, davanti alle parole dei

bambini, che il mio “lavoro” è innanzitutto ricchezza e bellezza per me!

Anna