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atlante 1 atlante atlante Raccolta di carte secondo un sistema parcellizzato di rappresentazione grafica, che riportano in scala, con tecnica geografica secondo specifiche caratteristiche, zone terrestri o celesti in un sistema di coordinate e proiezione. Si hanno atlanti terrestri o celesti, in cui un indice generale espresso in forma grafica o rafica-numerica, rinvia alle varie carte dell’atlante per i dettagli della zona d’interesse. Gli atlanti celesti possono essere relativi a zone del cielo o a singoli oggetti (satelliti o pianeti), o ancora a lunghezze d’onda (X, gamma, infrarosso) nelle quali corpi o zone celesti sono stati osservati. Si hanno così atlanti lunari, planetari, di astronomia infrarossa, ultravioletta, X. Gli atlanti, specie quelli celesti, possono essere accompagnati da cataloghi in cui gli oggetti riportati sono elencati oltreché per coordinate, secondo magnitudine, tipo spettrale, ed altre eventuali caratteristiche. Atlanti terrestri Sino al tardo impero Sino al Rinascimento L’opera di Mercatore e Lambert Atlanti celesti Epoca greco-romana Epoca medioevale I primi atlanti Cartografia fotografica Cartografia digitale Atlanti terrestri. Mappe geografiche del territorio sono esi- stite sin dall’antichità in uso soprattutto ai naviganti per la co- noscenza delle coste, degli approdi, delle insidie marine, per delimitare confini e individuare zone: quest’ultimi sono docu- menti che nella sostanza ricordano più il classico portolano che non le carte geografiche e nautiche vere e proprie. Le fonti relative sono scarse. Tralasciando incerte rappresen- tazioni su pietra del neolitico, i primi cenni di cartografia si rinvengono nell’area assiro-babilonese, in Mesopotomia, dove un frammento, la tavoletta di Ga-Sur (2300 a.C. - 2500 a.C.), sembra riportare un corso d’acqua fra due colline, forse il più antico documento di mappa geografica conosciuto. Degli Egizi non possediamo mappe, ma conoscendo attraverso le storie di Erodoto le loro navigazioni, e sapendo della mania catastale che avevano, erano sicuramente essere in possesso di mappe territoriali e costiere. Ci è giunto comunque un docu- mento, un papiro conservato al Museo Egizio di Torino, che rappresenta la mappa di alcune miniere d’oro, e sembra redatto durante il regno di Ramsete IV (1500 circa a.C.). Sino al tardo impero. Del periodo greco arcaico abbiamo solo descrizioni. Alcuni interpreti vedono nei versi relativi allo scudo d’Achille (canto XXVIII dell’Iliade) la prima cartogra- fia greca, anche se si riferiscono ad una cosmografia celeste; ma è solo con Anassimandro, secondo quanto riporta Diogene Laerzio, che si avrebbe la prima mappa del mondo ed il primo globo. Sempre in epoca arcaica, a cavallo fra il VI e il V secolo, abbia- mo da parte di Ecateo di Mileto, uno storico della letteratura, circa 300 frammenti dalle sue Periegesi, una sorta di guida alle zone costiere del Mediterraneo, quindi un portolano più che una mappa. Sicuramente qualcosa in materia devono pur aver realizzato Anassimene e Dicearco: quest’ultimo era discepolo di Aristotele, che scrisse di geografia sostenendo la necessità di tirare una linea orizzontale di riferimento sulla carta dell’ecumene (da Gibilterra a Rodi), un singolo tratto progenitore dei paralleli per l’individuazione delle distanze rispetto a quello. Un notevole progresso vi fu con Eratostene che realizzò uno dei primi atlanti, una carta geografica del mondo conosciuto, ricostruita in base a postume descrizioni. Secondo quanto narra Strabone, in essa erano riportati per la prima volta meridiani e paralleli. Il termine «atlante» è tuttavia ancora improprio, in quanto l’e- stensione delle terre rappresentate era tale da rendere la carta poco più che uno strumento didattico. Una mappa del globo fu redatta da Cratete (III - II sec. a.C.), che ritenendo non coerenti le dimensioni dell’ecumene come rap- presentate da Eratostene, ipotizzò l’esistenza di altri continenti sconosciuti. Quest’induttiva ipotesi godette di ampio seguito in epoca romana, fu ripresa da Cicerone nel Somnium Scipionis e nel successivo commentario di Macrobio, ed infine trovò credito per tutto il medioevo. Non si conosce se Posidonio nei suoi versatili interessi abbia composto anch’egli una carta dell’ecumene, è certo però che la sua errata misura della circonferenza terrestre giunse sino a Tolomeo che l’adottò, ed appresso a lui tutto il medioevo e buona parte dell’era seguente. A cavallo fra l’era pagana e l’era cristiana va citata, anche se non si tratta di un cartografo, la figura di Strabone, che nella sua Geographia in XVII libri descrive i viaggi compiuti e i luoghi visitati, e riduce anch’egli le dimensioni dell’ecumene. L’opera non è citata da Plinio nella bibliografia della Naturalis historia, indicatore questo della probabile scarsa diusione del lavoro in ambito romano. Un posto rilevante occupa Marino di Tiro di cui purtroppo non ci è pervenuto nulla ed abbiamo notizie solo da Tolomeo, ma che dovrebbe aver svolto un ruolo essenziale spianando il passo alla Geographia tolemaica. Secondo quanto racconta l’Alessandrino, Marino sostenne la necessità di un approccio scientifico-matematico alle proiezioni cartografiche illustrando le carte con un reticolo di meridiani e paralleli, secondo quale proiezione non è dato però conoscere. Per quanto Tolomeo sia a volte critico nei confronti di Marino, gli riconosce tuttavia un ruolo fondamentale, tanto che precisa d’aver letto ogni sua opera. Contemporanea a Marino fu l’opera di Pomponio Mela, l’unico cartografo del periodo romano di una certa rilevanza. È indubbio che Roma dovesse disporre di mappe, soprattutto stradali, per controllare il vasto impero, e frequenti cenni si ritrovano nei lavori degli scrittori dell’epoca, ma nulla è giunto, e tutto lascia supporre che il lavoro di Pomponio fosse l’unico a vocazione cartografica. Su questi presupposti e sullo stato di queste conoscenze s’in- nesta la Sintassi geografica di Tolomeo, e la geografia terrestre conosce un approccio scientifico. Negli otto libri della geografia, pervenuti in copia, Tolomeo descrive la metodologia da usare nel disegnare le mappe, adot- tando un tipo particolare di proiezione, la proiezione conica, ma poi considera soltanto il mondo abitato, che per lui equivaleva a quello conosciuto. Quello che però rileva, al di là delle inesatezze e delle interpre- tazioni arbitrarie di Tolomeo, è che egli disegna il primo vero atlante geografico terrestre. Per quanto non si sia in grado di aermare con certezza quanta della geografia attribuita a To- lomeo, sia in realtà opera sua, resta il fatto che a suo nome ci sono pervenute due versioni dei manoscritti, la versione “A” che contiene 26 carte incluse negli otto libri, e la versione “B” che ne contiene 64 distribuite in corso d’opera: Tolomeo, sub «Sintassi geografica». Sino al Rinascimento. Con la suddivisione dell’impero romano prima e la successiva scomparsa poi, si arresta anche

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atlante 1 atlante

atlante Raccolta di carte secondo un sistema parcellizzatodi rappresentazione grafica, che riportano in scala, con tecnicageografica secondo specifiche caratteristiche, zone terrestri ocelesti in un sistema di coordinate e proiezione. Si hanno atlantiterrestri o celesti, in cui un indice generale espresso in formagrafica o rafica-numerica, rinvia alle varie carte dellatlante peri dettagli della zona dinteresse.Gli atlanti celesti possono essere relativi a zone del cielo o asingoli oggetti (satelliti o pianeti), o ancora a lunghezze donda(X, gamma, infrarosso) nelle quali corpi o zone celesti sono statiosservati. Si hanno cos atlanti lunari, planetari, di astronomiainfrarossa, ultravioletta, X.Gli atlanti, specie quelli celesti, possono essere accompagnatida cataloghi in cui gli oggetti riportati sono elencati oltrechper coordinate, secondo magnitudine, tipo spettrale, ed altreeventuali caratteristiche.

Atlanti terrestri Sino al tardo impero Sino al Rinascimento Lopera di Mercatore e LambertAtlanti celesti Epoca greco-romana Epoca medioevale I primi atlanti Cartografia fotografica Cartografia digitale

Atlanti terrestri. Mappe geografiche del territorio sono esi-stite sin dallantichit in uso soprattutto ai naviganti per la co-noscenza delle coste, degli approdi, delle insidie marine, perdelimitare confini e individuare zone: questultimi sono docu-menti che nella sostanza ricordano pi il classico portolano chenon le carte geografiche e nautiche vere e proprie.Le fonti relative sono scarse. Tralasciando incerte rappresen-tazioni su pietra del neolitico, i primi cenni di cartografia sirinvengono nellarea assiro-babilonese, in Mesopotomia, doveun frammento, la tavoletta di Ga-Sur (2300 a.C. - 2500 a.C.),sembra riportare un corso dacqua fra due colline, forse il piantico documento di mappa geografica conosciuto.Degli Egizi non possediamo mappe, ma conoscendo attraversole storie di Erodoto le loro navigazioni, e sapendo della maniacatastale che avevano, erano sicuramente essere in possesso dimappe territoriali e costiere. Ci giunto comunque un docu-mento, un papiro conservato al Museo Egizio di Torino, cherappresenta la mappa di alcune miniere doro, e sembra redattodurante il regno di Ramsete IV (1500 circa a.C.).

Sino al tardo impero. Del periodo greco arcaico abbiamosolo descrizioni. Alcuni interpreti vedono nei versi relativi alloscudo dAchille (canto XXVIII dellIliade) la prima cartogra-fia greca, anche se si riferiscono ad una cosmografia celeste;ma solo con Anassimandro, secondo quanto riporta DiogeneLaerzio, che si avrebbe la prima mappa del mondo ed il primoglobo.Sempre in epoca arcaica, a cavallo fra il VI e il V secolo, abbia-mo da parte di Ecateo di Mileto, uno storico della letteratura,circa 300 frammenti dalle sue Periegesi, una sorta di guida allezone costiere del Mediterraneo, quindi un portolano pi che unamappa.Sicuramente qualcosa in materia devono pur aver realizzatoAnassimene e Dicearco: questultimo era discepolo di Aristotele,che scrisse di geografia sostenendo la necessit di tirare unalinea orizzontale di riferimento sulla carta dellecumene (daGibilterra a Rodi), un singolo tratto progenitore dei paralleli perlindividuazione delle distanze rispetto a quello.

Un notevole progresso vi fu con Eratostene che realizz unodei primi atlanti, una carta geografica del mondo conosciuto,ricostruita in base a postume descrizioni. Secondo quanto narraStrabone, in essa erano riportati per la prima volta meridiani eparalleli.Il termine atlante tuttavia ancora improprio, in quanto le-stensione delle terre rappresentate era tale da rendere la cartapoco pi che uno strumento didattico.Una mappa del globo fu redatta da Cratete (III - II sec. a.C.), cheritenendo non coerenti le dimensioni dellecumene come rap-presentate da Eratostene, ipotizz lesistenza di altri continentisconosciuti. Questinduttiva ipotesi godette di ampio seguito inepoca romana, fu ripresa da Cicerone nel Somnium Scipionis enel successivo commentario di Macrobio, ed infine trov creditoper tutto il medioevo.Non si conosce se Posidonio nei suoi versatili interessi abbiacomposto anchegli una carta dellecumene, certo per chela sua errata misura della circonferenza terrestre giunse sinoa Tolomeo che ladott, ed appresso a lui tutto il medioevo ebuona parte dellera seguente.A cavallo fra lera pagana e lera cristiana va citata, anche senon si tratta di un cartografo, la figura di Strabone, che nella suaGeographia in XVII libri descrive i viaggi compiuti e i luoghivisitati, e riduce anchegli le dimensioni dellecumene. Loperanon citata da Plinio nella bibliografia della Naturalis historia,indicatore questo della probabile scarsa diffusione del lavoro inambito romano.Un posto rilevante occupa Marino di Tiro di cui purtroppo nonci pervenuto nulla ed abbiamo notizie solo da Tolomeo, mache dovrebbe aver svolto un ruolo essenziale spianando il passoalla Geographia tolemaica.Secondo quanto racconta lAlessandrino, Marino sostenne lanecessit di un approccio scientifico-matematico alle proiezionicartografiche illustrando le carte con un reticolo di meridiani eparalleli, secondo quale proiezione non dato per conoscere.Per quanto Tolomeo sia a volte critico nei confronti di Marino,gli riconosce tuttavia un ruolo fondamentale, tanto che precisadaver letto ogni sua opera.Contemporanea a Marino fu lopera di Pomponio Mela, lunicocartografo del periodo romano di una certa rilevanza. indubbioche Roma dovesse disporre di mappe, soprattutto stradali, percontrollare il vasto impero, e frequenti cenni si ritrovano neilavori degli scrittori dellepoca, ma nulla giunto, e tutto lasciasupporre che il lavoro di Pomponio fosse lunico a vocazionecartografica.Su questi presupposti e sullo stato di queste conoscenze sin-nesta la Sintassi geografica di Tolomeo, e la geografia terrestreconosce un approccio scientifico.Negli otto libri della geografia, pervenuti in copia, Tolomeodescrive la metodologia da usare nel disegnare le mappe, adot-tando un tipo particolare di proiezione, la proiezione conica, mapoi considera soltanto il mondo abitato, che per lui equivaleva aquello conosciuto.Quello che per rileva, al di l delle inesatezze e delle interpre-tazioni arbitrarie di Tolomeo, che egli disegna il primo veroatlante geografico terrestre. Per quanto non si sia in grado diaffermare con certezza quanta della geografia attribuita a To-lomeo, sia in realt opera sua, resta il fatto che a suo nome cisono pervenute due versioni dei manoscritti, la versione A checontiene 26 carte incluse negli otto libri, e la versione B chene contiene 64 distribuite in corso dopera: Tolomeo, subSintassi geografica.

Sino al Rinascimento. Con la suddivisione dellimperoromano prima e la successiva scomparsa poi, si arresta anche

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L Le isole britanniche da una pagina della geografia di Tolomeo

in questo campo qualsiasi progresso, e gli unici scarsi e nonrilevanti contributi vengono da Bisanzio.Gli stessi monasteri, tanto solerti nel tradurre e copiare lavoriclassici, non posero mai alcuna attenzione alla geografia, e lemappe che raramente appaiono sono del tipo pi inconsueto,senza alcuna pertinenza scientifica, tanto che alcune, le cosid-dette mappe del tipo T-O, cos chiamate perch una croce tagliaun cerchio, hanno lest posto in alto. Le mappe, in aggiunta,non dovevano rappresentare gli antipodi perch la Chiesa eracontraria alla loro concezione.La cartografia araba fu lunica in questo periodo che ebbe unruolo rilevante, caratterizzata da mappe che accompagnano trat-tati geografici, e che si discostano sempre pi dalla cartografiatolemaica.Ma per quanto di ottima fattura, non mostrano ancora le distanzee tendono a distinguere il globo secondo una pratica alloradiffusa, per zone climatiche.Successivamente comunque, ad opera soprattutto del lavoro diIdrisi, si ebbe una produzione deccellenza.Idrisi attinse indifferentemente a materiale arabo ed europeo,ed impost allepoca un vero e proprio stile cartografico, dise-gnando una carta geografica di 3,5 m 1,5 m su una piastradargento, poi distrutta per furor populis durante lotte intestine.Ad Idrisi si deve finalmente un nuovo atlante, il primo dopoTolomeo, redatto per il re Ruggero, composto di 70 fogli cui eraallegata una mappa mundi. Tale opera divenne nota in occidentecome Tabula rogeriana, ma non godette di grande popolaritper la diffidenza verso ci che proveniva dal mondo islamico,tanto che apparve a Roma solo nel 1619 ed in edizione ridotta,anche se linfluenza del cartografo arabo si protrasse a lungo.La cartografia era divenuta nel frattempo soprattutto una specia-lizzazione nautica.Le frequenti espansioni degli Arabi verso oriente, le navigazioninel mar Eritreo, come allora si chiamava lOceano Indiano, leloro conquiste europee e quindi i viaggi nel Mediterraneo, il

L Il mondo arabo in una mappa del 1054 copiata da quelle di Idrisi: sievidenziano i paralleli che seguono la sfera

sorgere nellalto medioevo delle repubbliche marinare, rendevasempre pi pressante la necessit di disporre di carte accurate.Fanno cos la comparsa le prime carte in cui risultano tracciatii reticoli, che non sono ancora meridiani a paralleli, ma piche altro il sistema della rosa dei venti e della miglior rotta daseguire. Venezia e Genova guidano questo nuovo cammino, mabisogna comunque attendere il XIII secolo per sentir parlaredellesistenza di carte nautiche a bordo delle navi.Le carte migliori di questo periodo sono la carta pisana, la piantica carta nautica pervenutaci, e la la cosiddetta tabula medi-terranea redatta a Genova da Giovanni di Mauro da Cariganodel 1333, ma si tratta ancora di carte che non sono fondate suprincipi matematici. Gli intricati reticoli di cui sono compostetracciano delle linee da costa a costa, da costa ad isola, al fineunico dindicare, secondo i venti stagionali, la rotta migliore.Un altro grande cartografo di questo periodo fu P. Vesconte cherealizz nel 1320 uneccellente carta del mondo riprodotta apagina ??.I naviganti che non avevano accesso, anche per via dellalto prez-zo, alle pi ricche carte prodotte dai paesi e dalle repubblicheche le detenevano gelosamente, dovevano accontentarsi dellavecchia cartografia disponibile cui veniva aggiunto ogni tantoil particolare di una nuova scoperta, spesso in modo fantasiosoed assai poco scientifico. Il disegno delle terre emerse risentivaancora delliconografia pittorica.Il nuovo periodo inizi nella seconda met del Cinquecento,quando fu disponibile in latino la Geographia di Tolomeo. Lin-venzione della stampa (1450) e la rapida diffusione specie inItalia di questa nuova tecnica fece il resto. Il Geographia comin-ci ad essere stampato in molte copie e sotto diverse edizioniche lo ampliavano con carte di nuove terre non comprese nello-pera, ma soprattutto la funzione del lavoro tolemaico fu quelladi far comprendere che lapproccio empirico e ascientifico allacartografia doveva terminare, e la geometria e la matematicapresero il sopravvento sulla libera iniziativa e sulla fantasia deldisegnatore.Intanto, ad opera soprattutto dei Portoghesi, promossa da Enricoil Navigatore, sera sviluppata la navigazione oceanica con ilperiplo dellAfrica e la precisione richiesta nella misura delle

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latidudini diveniva sempre pi esigente. Fu anche introdottosulle carte un sistema di misura per le longitudini, un reticolatoa forma quadra che poneva eguali le distanze in latitudine elongitudine della stessa misura di gradi, introduzioni grossolanee fonti di errori che durarono a lungo.Quello che rileva che, nostante gli errori, sintrodusse comun-que un nuovo tipo di carta, la cosiddetta carta piana di cui fu unfautore Enrico il Navigatore.La carta pose un sistema cardine: i punti dovevano essere intro-dotti sulla carta in base alle loro coordinate.Introducendo questa tecnica i cartografi avevano rispolverato ilvecchio metodo di Marino di Tiro (metodo del coseno e dellalatitudine media) e compresero che per poter tracciare le rottebisognava ricominciare a pensare al sistema delle proiezioni rivi-sitandolo, immaginando la sfera terrestre avvolta su un cilindrosul quale si proiettavano i suoi punti.Occorreva superare il grave inconveniente delle carte piane. Suqueste infatti non era possibile effettuare misure o tracciarerotte se non empiricamente: la rappresentazione in piano di unasuperficie sferica andava risolta.Linnovazione si ebbe con Mercatore, cui fra laltro si develintroduzione della parola atlante.Appare chiaro che questoperazione fu resa possibile ancheperch si cominciava a disporre di mappe che descrivevanoabbastanza accuratamente le terre.

Lopera di Mercatore e di Lambert. Su presupposti dirichiesta di carte geografiche non soltanto belle a vedersi maanche precise e scientificamente corrette sinnest lopera diMercatore.Questi pubblic dapprima (1569) la Nova et Aucta Orbis TerraeDescriptio ad Usum Navigatium Emendate (Nuova descrizio-ne della Terra accresciuta e corretta per luso della navigazio-ne), quindi si dedic ad unopera gigantesca, la pubblicazionedellAtlas sive cosmographicae meditationes de fabrica mundiet fabricati figura, la cui terza ed ultima parte fu pubblicatapostuma nel 1595.Il successo dellopera fu tale che ecliss il precedente lavorodel pur valido Ortelius, che nel 1570 aveva dato alle stampeil Theatrum Orbis Terrarum in 33 carte accompagnate da 35fogli di testo.Il problema della rappresentazione grafica fu risolto da Merca-tore utilizzando la proiezione cilindrica conforme, in sostanzaun trucco che permetteva di rappresentare una superficie sfericaproiettandola su un foglio tangente la Terra allequatore.In questo modo, se la raffigurazione in piano, il navigantepu tracciare sulla carta una linea retta congiungente il punto dipartenza e quello di destinazione, senza ricorrere a curve. chiaro che questoperazione esigeva che si potesse disporredi mappe che descrivessero accuratamente le varie porzioni delglobo, compensando la curvatura della superficie terrestre.

K La carta pisana della seconda met del XIII secolo su pergamena.Parigi, Biblioteca nazionale

Mercatore raggiunse lobiettivo rendendo fra loro paralleli imeridiani e compensando la deformazione in longitudine checos sintroduceva con aumenti proporzionali delle distanze frai vari paralleli man mano che ci si allontanava dallequatore,riuscendo cos a mantenere inalterati gli angoli.Discende da questimpostazione di proiezione, quellalterazionedimensionale delle terre che allequatore sono rappresentate pipiccole rispetto a quelle delle regioni nordiche, rappresentazioneche ha fatto esprimere pi di uno, assai impropriamente, a favoreduna interpretazione colonialistica della cartografia mercato-riana, mentre tale rappresentazione unicamente conseguenzadiretta della proiezione.Una breve discussione della proiezione di Mercatore nel boxnella pagina successiva.Il lavoro di Mercatore fu continuato da figli e nipoti, e si protras-se sino al 1602 con varie edizioni dellAtlas. Le lastre furonosuccessivamente acquistate dallHondius che ripubblic lAtlasimplementandolo con diverse sue mappe, mentre a poco a po-co al latino si andavano affiancando altre lingue: il francese, ilfiammingo, il tedesco e linglese.Questa dinastia di cartografi fiamminghi (tali erano infatti tutti)si arricch con lingresso della famiglia Blaue che produsse unAtlas major pubblicato contemporaneamente in pi lingue, fracui questa volta anche lolandese e lo spagnolo.Una nuova modalit cartografica fu introdotta da Lambert.In questo caso la superficie della Terra proiettata su un cono(proiezione conica) secondo una costruzione per cui il cilindropu essere tangente o secante alla sfera.A differenza della proiezione di Mercatore secondo la qualela distanza fra paralleli aumenta allontanandosi dallequatoreesaltando le regioni ad alta latitudine, in quella di Lambert iparalleli sono posizionati nel punto in cui il piano che taglia ilglobo a un certo parallelo interseca la superficie cilindrica. Intal modo risultano schiacciate le zone polari.Successivamente anche C. F. Gauss port un rilevante contributoal sistema della proiezione cartografica.Questa proiezione, oggi pi nota come proiezione Gaus-Boaga,anzich prendere come riferimento un cilindro tangente allequa-tore, utilizza un cilindro tangente ad un meridiano preso comeriferimento. La proiezione Gauss-Boaga usata nella cartografiaufficiale italiana.La cartografia si spost in seguito come centro di massimaproduzione in Francia, dove vennero pubblicati lAtlas General,lAtlas Nouveau e lAtlas Universel.Oggi la cartografia terrestre eseguita soprattutto da satellite,ma resta sempre valida nel riporto sulla carta limpostazione ge-nerale mercatoriana, che ovviamente andata incontro a variantitese a perfezionarla.A livello internazionale il tipo di cartografia utilizzato lUTM(Universal Trasversal Mercator), una proiezione conforme in cuiil meridiano ha deformazione costante.

Atlanti celesti. Dellantichit remota non ci stato traman-dato alcun tangibile documento, qualcosa da ricondure ad unarudimentale cartografia.Larcheoastronomia che potrebbe portare un notevole contributo,non dispone di una sola incisione che raffiguri due o pi cor-pi celesti che mostrino inequivocabili tracce cartografiche, masoltanto di flebili e incerti indicatori.Qualcosa possediamo dalle antiche civilt orientali, pochi docu-menti che in assenza di maggiori tangibili testimonianze, indica-no tuttavia, e non induttivamente, che Caldei, Assiri, Babilonesi,ed in specie Egizi, debbano aver proceduto al disegno dei percor-si in cielo di pianeti, stelle, comete, Sole e Luna (altrimenti nonavrebbero potuto prevedere le eclissi), e che a loro si debbano

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Sulla proiezione di Mercatore

L a proiezione di Mercatore nacque dallesigenza di tracciare sulla carte nautiche una linea retta congiungente due punti e considerandola curvatura terrestre, possibilit preclusa alle carte piane, ove per tracciare una rotta bisognava seguire una complessa procedura.Assumendo la Terra come una sfera perfetta ed avvolgendola in un cilindro di eguale diametro dellequatore, se si pone il punto diproiezione allinterno della sfera-Terra, per ogni meridiano e per ogni parallelo si pu generare un reticolato, che andr a costituire,rispettivamente, linee verticali ed orizzontali, cio meridiani e paralleli.

K Schema di costruzione della carta di Mercatore; unarotta rettilinea sulla carta corrisponde ad una rottaspiraliforme sulla sfera.

Posto che il cilindro che avvolge la sfera ha in comune con questa lasse e ildiametro, si proiettano sulla superficie del cilindro i punti da a) ad e) presi suun arco di meridiano terrestre. Sul cilindro essi saranno dunque punti giacentisulla proiezione del meridiano della sfera.A questo punto sorge per un problema per i paralleli.Ragionando sulla proiezione, si nota che questa perfettamente coerentecon la geometria dei meridiani, in quanto la differenza in longitudine fradue punti della sfera conservata ed esattamente riprodotta sul cilindro. Nonaltrettanto pu dirsi per i paralleli che sono (sulla sfera) circonferenze maggioriallequatore che decrescono man mano che ci si avvicina ai poli. Sul cilindroi paralleli risultano invece proiettati come eguali circonferenze, a prescinderedalla latitudine che esprimono.Ma durante una navigazione non si usano certo i cerchi dei paralleli, bensloro frazioni, e sorge qui la complicanza maggiore, perch gli archi dei gradidi latitudine che sono di misura costante sulla sfera, sulla superficie del cilin-dro risultano rappresentati con valori crescenti, perch le proiezioni di ogniparallelo distano dallequatore sulla superficie del cilindro proporzionalmentealla tangente della latitudine del parallelo considerato.Guardando sempre il disegno in alto, assumiamo ora i punti segnati dallelettere, da a) ad e), non pi come punti di meridiano ma come punti giacentisu distinti paralleli, notiamo che gli archi de e ab sono di eguale valore, manon eguale la loro proiezione, in quanto il segmento ab sul cilindro dimisura maggiore del segmento corrispondente alla proiezione dellarco de.Dal punto di vista pratico si intuiscono le implicazioni che ci comporta; sesi considerano due punti giacenti sullequatore e distanti fra di loro un certoangolo di longitudine, sulla proiezione essi hanno la stessa distanza di due altripunti giacenti su un altro parallelo, per esempio a 50 N, e distanti dello stessoangolo di longitudine, mentre sulla superficie sferica essi sono decisamentepi vicini.Tralasciando le tecniche di marineria relative alla rotta tracciata, al rilevamentovero, a quello relativo,. . . vediamo come fu risolto il problema, limitandoci aun cenno di navigazione.Navigando fra due punti a rotta costante di un angolo rispetto alla direzionedel N, seguendo una rotta discretamente lunga, unimbarcazione, dal momentoche si trova su una superficie sferica, non percorre un arco di cerchio massimo,ma interseca tutti i meridiani successivamenti incontrati sotto lo stesso angolo,seguendo una curva che se prolungata sincontra con uno dei poli. Talecurva, che assume la forma a spirale, detta lossodromia.La cartografia nautica considerando che luso della bussola costringe a tagliarei meridiani con angolo costante, si pose il problema di poter tracciare unacurva lossodromica nel modo pi semplice. Quindi il problema di ridurreloperazione alla massima semplicit andava cos spostato dalloperatore allacarta.Per la navigazione era anche necessario che ogni rilevamento di due punti,cio che langolo da cui sono visti due punti in ogni direzione potesse es-sere rappresentato sulla carta con linee che formassero lo stesso angolo; indefinitiva che la carta fosse isogonica.Bisognava dunque, il problema era sempre lo stesso, disegnare una nuovacarta che consentisse di tracciare le lossodromie come se fossero rette, e cosanche il problema dellisogonismo sarebbe stato risolto.

Questo il problema cui si applic Mercatore, e che risolse adottando una proiezione cilindrica centrale per proiettare i meridiani sul cilindro,e ricorrendo ad un artificio per ci che riguarda un qualsiasi arco, anche infinitesimo, di meridiano, di rappresentarlo cio diviso per il cosenodella latitudine locale dellelemento. chiaro che in questa discussione si semplificato di molto il procedimento senza riportarne attraverso il calcolo la giustificazione che siritiene vada approfondito nelle debite sedi.

far risalire i raggruppamenti stellari associandovi immaginariefigure sia per una pi facile individuazione dei corpi celesti, siaa fini dorientamento in eventuale navigazione notturna.

Sconosciuti sono gli strumenti di misura usati, ma le ziqqu-rat, come quella di Uruk, evidenziando destinazione e finalitastronomica delle costruzioni, mostrano che i terrazzamenti nonerano solo luoghi elevati, ma che essendo costruiti in determinatiallineamenti consentivano di calcolare posizioni.

Gli Egizi dal canto loro, attenti osservatori della levata di Sirio,

dovevano disporre, oltre che dello gnomone, di cui con gliobelischi hanno costellato le loro terre, di una sorta di com-passo celeste, di un rudimentale arco goniometro per le misuredelle altezze e delle distanze, e del quadrante solare dal momen-to che almeno questultimo si trova raffigurato nella tomba diSeti I: egizia astronomia.

Sembrano suffragare questinterpretazione due ritrovamenti: trestelle disposte verticalmente nella camera di Senmut, un cancel-liere del regno, e che rappresentano probabilmente la cintura di

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Orione (1500 a.C. circa), e quello che forse il pi antico deireperti tematici che lEgitto ci ha lasciato, il planisfero di Den-dera, trovato nel tempio dellomonima localit egiziana durantela campagna dEgitto di Napoleone e regolarmente trafugato etrasportato al Louvre.S detto forse perch la datazione del manufatto moltoincerta e fluttuante nel tempo. C chi lo data al 2500 a.C.,e chi basandosi sul fatto che nel tempio sono stati rinvenutinomi dimperatori romani propende per una datazione assai pirecente, addirittura dellera cristiana.Si tratta di un planisfero zodiacale che sembra presentare aspettipi astrologici che astronomici, che ricorda abbastanza la Sphae-ra graecanica, e che ha stuzzicato lincontrollata fantasia di moltiche hanno prospettato le pi svariate fantastiche indimostrateipotesi.Altro del periodo antico non abbiamo.

Epoca greco-romana. Dello scudo di Achille nellIliadesi discusso sopra: una descrizione poetica di alcuni corpicelesti che poco illumina sulle conoscenze del tempo.Del periodo greco classico non rimasto nulla, e di quelloellenistico, scientificamente rilevante, si hanno solo notizie dafonti talvolta non qualificate e spesso imprecise dello stato delleconoscenze, ma finalmente comincia ad esservi traccia di studiseri.Arato, lautore dei Fenomena, un poema composto attorno al270 a.C., racconta che il pi antico raggruppamento di stelle incostellazioni si deve ad Eudosso (IV sec. a.C.), il primo greco adescrivere e catalogare le costellazioni, e la tradizione tramandaancora che nella stessa epoca Anassimandro aveva costruito unglobo celeste raffigurante le costellazioni.In questo periodo i globi e le pi tarde sfere armillari furonosenzaltro lunico modo di rappresentazione della sfera celeste,gli unici atlanti stellari possibili. Il primo catalogo scientifico. Le prime sistematiche scien-

tifiche osservazioni sulle stelle fisse si devono a due astronomidella scuola alessandrina: Timocari ed Aristilio, e con loro iltermine astronomo pu essere usato con propriet.Timocari ed Aristilio, rispettivamente maestro e allievo, misu-rarono la posizione di alcune stelle ad Alessandria. Tolomeoche riferisce loro notizie non dice quante, si limita a riportarele loro osservazioni per 18 stelle, ma da credere che gli studidei due non si limitassero a cos poche se intendevano condurrestudi sistematici. Costoro intorno al 300 riportarono i dati in uncatalogo, di cui come di consueto non si ha traccia, annotandofra laltro (Timocari) la posizione di Spica ad 8 dal punto equi-noziale dautunno, un dato che sar rilevante per lesposizionedi successive fondate teorie: infra. Il catalogo di Ipparco. In pieno periodo alessandrino, se-

condo quanto sappiamo da Tolomeo, fu compilato da Ipparcoun catalogo stellare, andato anche questo perduto. Secondo unrecente studio di B. E. Schaeffer [2], il catalogo sarebbe statoin seguito riprodotto sul globo Farnese le cui raffigurazionimostrano un buon accordo temporale con lepoca in riferimento.Non noto con certezza quante stelle contenesse il catalogoche la tradizione vuole ispirato da una brillantissima nova osupernova apparsa attorno al 134. Il numero oscilla secondo lefonti da poco meno di 900 stelle a 1027, a 1088 stelle. Una stimaesatta non possibile, ma tutto sommato pure ininfluente vistoche il catalogo andato perduto.Quello che rileva che Ipparco inser nel catalogo le stelle pocooltre la quinta magnitudine, introducendo un metodo di stimadella brillanza stellare, e fornendone le coordinate eclittiche:latitudine e longitudine.

Le osservazioni metodiche di Ipparco dettero nuovo impulsoagli studi dellastronomia, e fu proprio sulla base di questamoderna tecnica osservativa-deduttiva di approccio che Ipparcopot accorgersi della precessione degli equinozi osservandoil mutamento di posizione longitudinale della stella Spica giannotata da Timocari come a 8 dal punto equinoziale dautunno,e da lui osservata invece a 6, deducendo da questo spostamentoapparente il movimento ellittico della Terra attorno al proprioasse.Se Ipparco pot eseguire queste misure confrontando le sue conquelle di Timocari, vuol dire che esisteva gi allepoca una stru-mentazione affidabile, qualcosa di pi di un arco goniometrico,che permetteva con poco margine derrore non solo di eseguiremisure, ma anche di confrontare queste con quelle precedenti. Il catalogo di Tolomeo. Sul lavoro di Ipparco sinnest qual-

che secolo dopo quello di Tolomeo che forn (libri VII ed VIIIdellAlmagesto) un nuovo catalogo stellare in cui sono riportate1022 stelle visibili alla latitudine di Alessandria.Neanche di questo catalogo possediamo loriginale o la la re-visione dellopera effettuata da ultimo da Teone e da sua figliaIpazia, e quindi bisogna innanzi tutto tener nel debito conto glierrori in cui sicuramente saranno incorsi i copisti nel riportaredati numerici espressi secondo luso e la norma del tempo inlettere dellalfabeto greco. Lomissione eventuale di un segnovicino alle lettere, che ne altera notevolmente il valore, o laconfusione del segno col segno che ugualmente modificail valore, una circostanza tuttaltro da escludere.Commentatori dellopera tolemaica ritengono che questo cata-logo non sia altro che quello ipparcheo aggiornato con nuovemisure e nuove stelle e corretto per lepoca: se le stelle elencatesono maggiori di quelle di Ipparco, molte sono duplicati, e giquesto non testimonia a favore delloriginalit.In sostanza Tolomeo si sarebbe limitato ad aggiungere poco pidi 2 alle longitudini di Ipparco per compensare la precessione:Ipparco aveva fornito come valore minimo per la precessione38, che tra laltro non un valore esatto, e che Tolomeo accettasenza discutere.Di conseguenza sembra di poter dedurre che nonostante la com-pilazione del catalogo si faccia risalire al 138 d.C., il riscontrodei dati con le osservazioni indica di retrodarli al 43 d.C., proprioperch Tolomeo avrebbe usato i dati di Ipparco correggendoliper la sua epoca aggiungendo ad ogni longitudine ipparchea 240, usando tuttavia per la precessione un valore erroneo (1 alsecolo anzich 1 4 a secolo), e quindi le sue longitudini sonoerrate in difetto. contr.!Il catalogo di Tolomeo si estende dal Nord celeste a 52 Sud, eriporta per ciascuna stella i seguenti dati: posizione allinterno della costellazione; longitudine eclittica in gradi e primi allinterno di uno dei

dodici segni zodiacali; latitudine eclittica in gradi e primi con indicazione del Nord

o Sud rispetto alleclittica; magnitudine espressa da 1 a 6, con alcune indicazioni aggiun-

tive tipo major, minor, obscura e nebulosa. Epoca medioevale. Anche in questa disciplina, come per la

cartografia terrestre e per tutte le scienze in genere, il medioevosegna nel mondo occidentale la fine di ogni progresso. DellAl-magesto di Tolomeo si persero quasi subito le tracce e bisognattendere il 1022 per vederlo comparire tradotto dallarabo daG. da Cremona.Alla base non vera nessun interesse per lastronomia, e tantome-no poteva esservene per la cartografia. Se si pensa che i maggioriinteressi astronomici nel primo medioevo furono espressi da M.Capella, Macrobio e S. Boezio, tutti filosofi il cui interesse astro-

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K A. Drer, Imagines coeli Septentrionales cum duodecim imaginibuszodiaci, Norimberga 1515

nomico era esclusivamente letterario, si ha unidea dello statodelle cose.Intorno al 1200, nellalto medioevo, lastronomia era ancorastantia, e se riceveva impulso, lo riceveva dallastrologia intesacome pratica in grado di mettere in comunicazione la terra conil cielo. Quando fece la sua comparsa lago magnetico si ritennea lungo che questo si indirizzasse verso il Nord perch sensibileallinfluenza celeste sulle cose terrestri.Bisogna attendere il XIV secolo perch si veda distinguersi,pi che emergere, la figura di G. Dondi dallOrologio, semprecomunque pi astrologo che astronomo, perch si assista ad unprimo timido risveglio. In tutto il secolo precedente il massimocompendio astronomico fu la Commedia di Dante.Il vero fiorire della cartografia fu anche in questo campo nei pae-si arabi e nelle terre da loro conquistate. Centri di studio furonoBagdad, dove operarono Albategnius che compil la Scienzadelle stelle, al-Sufi che catalog 1008 stelle ne la Descrizionedelle stelle, e molti altri.Il medioevo arabo (che per quella civilt medioevo non fu!)vede soprattutto la pubblicazione delle prime effemeridi di unacerta precisione, come le tavole kakemite, le tavole alfonsine,le tavole di Toledo di Azarchel, il catalogo di al-Sufi, le tavoledella scuola di Maragha, le tavole Zij i Gurgani di Ulugh-Begh,e varie altre che segnano unindiscussa superiorit culturale delmondo orientale su quello occidentale: alcune riportavano lemisure di stelle approssimate al decimo di grado. Una sola diqueste effemeridi, le tavole alfonsine, fu compilata in Europa, efu opera di un arabo e di un ebreo.Fra tutti questi emerge il catalogo stellare di Ulugh-Begh del1437, che anche se conteneva quasi lo stesso numero di stel-le dellAlmagesto (1018) presentava una maggiore precisione: questo il secondo catalogo stellare prodotto dopo quello diTolomeo. strano che lastronomia araba, cos ricca di cataloghi, nonabbia lasciato una copiosa produzione per quel che riguarda gliatlanti celesti, fu senzaltro molto pi prolifica per gli atlantiterrestri, una tradizione di atlanti celesti manca infatti nel mondoarabo. difficile, e forse azzardato, sostenere che questo sidebba al divieto islamico della raffigurazione, giacch si trattava

di disegnare costellazioni, e queste, anche se sempre vestite,risultano raffigurate nei libri solo i Gemelli appaiono nudi.Nel 1551 Mercatore pubblica il Mappamondo celeste, ma salvoil fatto che aggiunse alle costellazioni tolemaiche la Chioma diBerenice (Coma Berenices), non rappresenta alcun progressorispetto a quello tolemaico.Intanto il cielo si arricchiva delle nuove costellazioni austra-li. P. Plancius nel 1598 pubblic un mappamondo con dodicinuovi costellazioni per lemisfero australe, e di queste tutte, tran-ne una, lApis furono ammesse poi dallUnione AstronomicaInternazionale nel 1922.Finora nella cartografia celeste sono stati ricompresi i cataloghi.La circostanza che non ci sia giunta nessuna mappa celestedallantichit, ha richiesto, non del tutto impropriamente credo,che i cataloghi rientrassero in questa trattazione. Le descrizioni aseguire tratteranno invece esclusivamente di cartografia celeste.I cataloghi trovano discussione nel relativo lemma: catalogoastronomico.

I primi atlanti. La cartografia astronomica riprese vita acon la scoperta delle terre nel Nuovo Mondo che mostravanopure nuovi cieli, ed anche se incentrata ancora sulle costella-zioni, lapproccio era assolutamente pi scientifico. Sotto ilgrande influsso della pittura del Rinascimento, allaccuratezzadei particolari si un la riccheza pittorica.Una delle prime mappe del cielo fu quella che A. Drer produssenel 1515 incidendo due matrici di legno, ciascuna per emisfero,che presentano ancora secondo un uso che sar lungo a morire lecostellazioni viste dallesterno e le stelle identificate con numeri.Le tavole del Drer non presentano elementi originali ancheperch riproducono il cielo presente in un anonimo manoscrittodi Vienna del 1440, ma la rilevanza sta nel fatto che essendostampate, in due sole tavole si poterono diffondere per la primavolta carte celesti.Nel 1570 compare a Venezia De le stelle fisse di A. Piccolomini,ove lesigenza artistica cede il passo ad una ricerca di preicisione:il riconoscimento delle stelle in cielo, laccuratezza delle loroposizioni, sono i criteri guida. Allegato allatlante anche uncatalogo stellare.Le stelle sono distinte in quattro grandezze su scala graduata elatlante consente agevolmente di orientarsi nel riconoscimentodegli oggetti.Nel 1588 G. P. Gallucci pubblica a Venezia il Theatrum mundi ettemporis, non soltanto una guida al riconoscimento degli oggetti,ma una summa dellumanesimo tolemaicoSi trovano descritte le teorie tolemaiche planetarie e i meccani-smi delle eclissi, tavole terrestri e dellinferno di Dante, tavoleper il calcolo del passaggio del Sole al meridiano e del numeroaureo, tavole trigonometriche del seno, una tabella con la previ-sione della precessione degli equinozi,. . . e le costellazioni sonorappresentate in distinte tavole.Per quanto dimpostazione tolemaica, latlante sorprendente-mente moderno. Ai bordi e al centro delle tavole Gallucci riportale coordinate di latitudine e longitudine tratte dal De Revolutio-nibus di Copernico, cui sono riferite con precisione le posizionidelle stelle suddivise in magnitudini.Le singole stelle sono ancora presenti in tabelle con indicate lecoordinate ed il numero progressivo dellastro, la magnitudinee la natura astrologica, e sono anche presenti oggetti di naturanon stellare.Da qui in poi la produzione si far continua e citare gli atlantidiverrebbe un compito arduo. Ci si limita a quelli che credosiano pi significativi, ma le omissioni sono davvero numerose.Nel 1687 J. Hevelius pubblica il Firmamentum Sobiescianumsive Uranografia, unopera in 56 tavole, nel 1753 J. Flamsteed

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L Nelle immagini in alto la costellazione di Bootes nellatlante di Hevelius (sinistra) ed in quello di Flamsteed (destra): Hevelius, disegn lecostellazione con la tecnica viste dallesterno, quindi rovesciate, mentre Flamsteed le raffigura correttamente.In basso a sinistra rappresentazioni grafiche delle magnitudini stellari nel Theatrum mundi et temporis del Gallucci; a destra simbologie grafichein un moderno atlante

lAtlas coelestis, nel 1782 J. E. Bode il Vorstellung der gestirne,un atlante a colori, e cos via.

Da questa breve rassegna manca tuttavia un atlante dei primnianni del secolo XVII cui si inteso dedicare un posto privilegia-to, lUranometria: compilata nel 1603 da J. Bayer va consideratail primo vero atlante stellare dellera moderna.

Adottando una tecnica tuttora in uso, Bayer assegn ad ognistella secondo il proprio splendore apparente, una lettera dellal-fabeto greco: le stelle pi brillanti erano individuate dalla lettera, cui seguiva la , la e cos via dino alla ,

Per quanto innovativo questatlante comunque lultimo re-datto esclusivamente con le tecniche antiche visuali, e segnaanche la fine dellastronomia osservativa e posizionale compila-ta esclusivamente coi quadranti. Di l a pochi anni si diffonderil cannocchiale, e nuove prospettive si apriranno finalmente allacartografie dallepoca di Tolomeo. Una rassegna di atlanti riportata a pagina 9.

Trattando gli atlanti va inoltre ricordato che la cartografia celestenon si occupata soltantanto di costellazioni, ma ha riservatouna parte rilevante alla selenografia, ed anche questi atlantihanno segnato un momento essenziale affinando la capacit dirappresentare particolari di un corpo relativamente vicino.

Si precisa che molti degli atlanti qui trascurati risultano trattatiai singoli lemmi relativi ai vari cartografi e a quelli relativi allostudio di un corpo celeste.

Linvenzione del telescopio e la maggiore ricchezza di parti-colari ed oggetti che lo strumento permetteva, rivoluzion lacartografia celeste.

Ormai si poteva guardare pi lontano, ma si disponeva di tantipiccoli campi, quelli che lobiettivo e la focale del telescopio

consentivano, e cominciarono a nascere i nuovi cataloghi stellarida cui poi estrarre gli atlanti di zone del cielo. La proiezione negli atlanti celesti. Anche nel caso degli

atlanti celesti, come in quelli terrestri, occorre scendere ad alcunicompromessi per rappresentare in piano una superficie sferica.La pratica pi usuale consiste nel far s che la superficie diproiezione intersechi la superficie della sfera, e per questo sidice che tecnicamente le mappe di proiezione si riferiscono alprincipio della secante conica e della secante cilindrica.Nellimmagine nella pagina successiva mostrata la prima pa-gina di un atlante moderno incentrata sul polo Nord celeste. Laraffigurazione quella standard della cartografia celeste. Unaserie di cerchi rappresentano le declinazioni dei corpi, mentrei segmenti che dipartono dal centro in prossimit della pola-re a 360 sono le ore di ascensione oraria dei corpi: ciascunsegmento orario indica approssimativamente lestensione in de-clinazione di ogni proiezione. In questa rappresentazione le zonetratteggiate rappresentano le medesime coordinate sulla sferaceleste.Alcuni atlanti, come il diffusissimo nei paesi anglosassoni Nor-tons Star Atlas sfruttano una particolare griglia curva chiamataproiezione globulare che consente una distorsione molto mo-desta per via della grande porzione del cielo che rappresenta: inogni carta sono rappresentate sei ore di ascensione retta e 120di declinazione, mentre attorno ai poli latlante usa una grigliaricavata dal sistema planisferico standard.

Cartografia fotografica. Quando le tecniche consentironodi passare dagli atlanti redatti con stime e osservazioni visuali aquelli basati sulla tecnica fotografica, il pioniere di questa nuo-va via fu D. Gill dellosservario di Citt del Capo, che colpitodal numero delle stelle fotografate durante il passaggio di una

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L Pagina di un atlante moderno per astronomia amatoriale redatto da Sky % Telescope con 30 796 stelle sino alla magnitudine 7,6

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L Compilatori dei principali atlanti dallantichit al secolo XX e luogo di edizione

Autore Atlante Anno

Abd ar-Rahman as-Sufi Liber locis stellarum fixarum ?, 964P. Apianus Astronomicum Caesareum Ingolstadt, 1540A. Piccolomini De le stelle fisse Venezia, 1570G. Gallucci Theatrum mundi et temporis Venezia, 1588J. Bayer uranometria Augusta, 1603A. Cellario Atlas coelestis seu Armonia macrocosmica Amsterdam, 1603J. Schiller Coelum Stellarum Christianum Augusta, 1627J. Hevelius Uranographia Danzica, 1690J. G. Doppelmayr Atlas coelestis Norimberga, 1742J. Flamsteed Atlas coelestis Londra, 1753Diderot et dAlembert recuil de planches de astronomie 1789 ParigiJ. E. Bode Vorstellung der gestirne Berlino, 1782F. N. Konig Himmels Atlas Berna, 1826F. W. A. Argelander Uranometria nova Berlino, 1843J. J. von Littrow Atlas des gestirnten himmels Stoccarsa, 1854K. Bruhns Atlas der Astronomie Lipsia, 1872C. Dien, C. Flamamrion Atlas cleste Parigi, 1877E. Delporte Dlimitation scientifique des constellations, cartes Londra, 1930A. Becvr Atlas Coeli Skalnat Pleso Praga, 1956

cometa, decise di dare il via ad una cartografia fotografica perlemisfero australe. Nacque cos la Cape Photographic Durch-musterung, un atlante in 613 carte con stelle sino alla decimamagnitudine.Nel 1887 prese il via lambizioso progetto di redazione della Carte du Ciel, di cui D. Gill fu uno degli ispiratori principali,e che procedette assai lentamente.Mentre si attendeva a questo lavoro che avrebbe dovuto condur-re ad un atlante fotografico per i due emisferi, furono redatteda due osservatori astronomici, uno in Inghilterra e laltra aCitt del Capo, le Frankin-Adams Charts. Con questa surveyfotografica svoltasi in tempi relativamente brevi (fra il 1903e il 1912), termina lera degli atlanti fotografici operata con irifrattori.I riflettori non furono mai impiegati perch a fronte di una mag-giore profondit celeste mostravano un campo assai pi piccolo,e quindi venivano preferibilmente usati nella fotografia di og-getti di piccola (apparente) dimensione, e risultavano inservibiliper fotografare grandi estensioni del cielo.La cartografia celeste riprese vita con linvenzione del telescopioSchmidt, che ad una notevole luminosit univa un campo piampio di quanto consentisse il miglior astrografo.Il telescopio Schmidt di monte Palomar, operativo dal 1948, resedi fatto vana la continuazione della Carte du Ciel (a quellepo-ca non ancora ancompletata), fornendo un atlante fotograficodellemisfero boreale, la Palomar Sky Survey, in un tem-po veramente breve: dal 1949 al 1951. La Palomar Survey consultabile allindirizzo citato in biubliografia: [1].Latlante di tutto il cielo (boreale e australe) fu completato neglianni settanta grazie alla collaborazione fra losservatorio anglo-australiano di Siding Spring e quello dellESO a La Silla, chedettero vita allESO-SRC Sky Atlas.Gli ultimi atlanti redatti a mano sono stati lAtlas coeli, compila-to negli anni cinquanta del secolo scorso da A. Becvr, in 16(?)carte con stelle sino alla magnitudine 7,5, e latlante in 43 cartecompilato dello stesso periodo da G. B. Lacchini che riportale stelle visibili, le doppie, le variabili le novae, gli ammassi,le nebolose e gli spettri sino alla 5a magnitudine. Entrambe gliatlanti sono compilati con riferimento allequinozio 1950.Negli anni sessanta lo Smithsonian Astrophysical Observatoryha estratto per la prima volta in via automatica dal database delSAO ( catalogo astronomico) un atlante in 152 carte di grandeformato accompagnato dal relativo omonimo catalogo.

Latlante comprende stelle sino alla magnitudine 9,5 ed ha unascala di 8,6 mm per grado.Nel 1987 W. Trion, un appassionato dastronomia che gi ne-gli anni cinquanta aveva realizzato lo Sky Atlas 2000, compillUranometria 2000,Latlante comprende gli oggetti dei due emisferi, si estendesino alle stelle di magnitudine 9,5 con una scala di 18 mm pergrado, e i corpi celesti sono evidenziati secondo le caratteristiche.ammassi, nebulose, radiosorgenti,. . .In chiusura un cenno merita il Sarna Deep Sky Atlas, un atlantein 102 carte costruito per gli oggetti del profondoc cielo.

Cartografia digitale. le nuove frontiere aperte dallastro-nautica ed i progressi dellelettronica hanno orientato negli ul-timi decenni verso una cartografia digitale diretta o a singolicorpi (del sistema solare e al di fuori esso), o a singole regionidel cielo fotografate a determinate lunghezze donda.Cartografie planetarie sono state realizzate da varie sonde comele Mariner, Voyager, Galileo, Cassini, mentre satelliti dedi-cati o telescopi spaziali come lo IUE, lHST, lo Spitzer etantissimi altri si sono occupati di fotografare oggetti lontani eil cielo in varie lunghezze donda, e altre sonde come Giotto oVega hanno fotografato e studiato la cometa Halley.Nel tempo sono state digitalizzate le vecchie survey fotografi-che e rese a disposizione tramite la rete.Gli atlanti oggi si producono in tempo reale dai data-base foto-grafici digitalizzati e dai cataloghi, per zone di cielo anche dipochi secondi darco, personalizzandoli secondo necessit.In rete sono disponibili oltre a cartografie professionali comela citata Palomar Survey o la Sloan Digital Sky Survey, anchecartografie di tutto rispetto redatte da non professionisti, come,ad esempio, il TRIATLAS, che ha raggiunto la seconda edizionee raccoglie stelle sino alla 13a magnitudine.Da segnalare ancora latlante allindirizzo www-wikisky.org.

www-wikisky.org

Bibliografia[1] Palomar Observatory. Palomar Sky Survey, 1951.http://stdatu.stsci.edu/cgi-bin/dss_form.

[2] Bradley E. Schaefer The epoch of the constellations on theFarnese Atlas and their origin in Hipparchus lost catalogue.Louisiana State University, Baton Rouge, 2005.http://www.phys.lsu.edu/farnese.

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http://stdatu.stsci.edu/cgi-bin/dss_formhttp://www.phys.lsu.edu/farnese

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