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ATTI DELLA CONFERENZA A PIU’ VOCI DEI CITTADINI SUI PROBLEMI PIU’ URGENTI DI ROMA E DEL SUO CENTRO STORICO E SULLE POSSIBILI SOLUZIONI ROMA CAMPIDOGLIO SALA DEL CARROCCIO 23 GIUGNO 2014 8 domande per ...8 risposte LATTANZI GELSOMINI ANNIBALDI VIVALDI LOCHE MANCINELLI SCOTTI SARTOGO PIRAS SCANDURRA LILLI PALLOTTINO BIANCHI GIANGRANDE

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   ATTI  DELLA  CONFERENZA  A  PIU’  VOCI  DEI  CITTADINI  SUI  PROBLEMI  PIU’  URGENTI  DI  ROMA  E  DEL  SUO  CENTRO  STORICO    E  SULLE  POSSIBILI  SOLUZIONI  ROMA-­‐    CAMPIDOGLIO  -­‐  SALA  DEL  CARROCCIO    23  GIUGNO  2014  

 

           

 

     

 

8 domande per

...8 risposte LATTANZI GELSOMINI ANNIBALDI VIVALDI LOCHE MANCINELLI SCOTTI SARTOGO PIRAS SCANDURRA LILLI PALLOTTINO BIANCHI GIANGRANDE

         

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Perché questa Conferenza a più voci, perché questo libro  Il   Coordinamento   Residenti   Città   Storica   raccoglie   associazioni   e   comitati   del   vasto   ambito  urbano  caratterizzato  da  presenze  archeologiche,  architettoniche  e  paesistiche  di  grande  rilievo  ma   anche   da   problemi   gravi   che   minacciano   con   aggressività   sempre   più   spudorata   sia  l’ambiente-­‐Città  che  la  salute  psico-­‐fisica  dei  suoi  residenti.  Questa   Conferenza   nasce   con   l’intento   di   raccogliere   intorno   all’iniziativa   del   CRCS   i  migliori  sforzi,   elaborazioni,   proposte  maturate  all’interno  della   vasta   rete  di   associazioni   con   le   quali  lavoriamo  da  anni.  Le   risorse   umane   dei   cittadini,   le   loro   esperienze   e   competenze,   rappresentano   una   risorsa  preziosa  che  una  Amministrazione  accorta  non  può  ignorare  o  sottovalutare.    Da  questa  Conferenza  a  più  voci  e  da  questo   libro  noi  ci  aspettiamo  una  risposta  da  parte  del  Sindaco   e   degli   Assessori   rispetto   alla   richiesta   di   una   maggiore   trasparenza   e   di   una   più  marcata   volontà   politica   di   risolvere   tutte   le   situazioni   drammatiche   ed   altamente  problematiche   che   noi   denunciamo.   In   pratica,   con   le   nostre   relazioni   e   con   le   sintesi   qui  proposte   noi   vogliamo   dire:   "Queste   sono   le   situazioni   critiche   analizzate,   questo   è   il   quadro  normativo,  questi  sono  i  possibili  strumenti  da  adottare  per  iniziare  a  risolvere  strutturalmente  le  problematicità  analizzate  e  da  noi  esposte.  Chiediamo  risposte  a  queste  nostre  domande,  che  sono  le  domande  che  i  cittadini  si  pongono.”    Questa  Conferenza  a  più  voci  è  quindi  una  tribuna  dove  far  parlare  delle  persone  che  si  occupano  professionalmente  e  nelle  associazioni  di  queste  tematiche  gravi  ed  emblematiche  riguardanti  la  città.      Gaia Pallottino Paolo Gelsomini                                    Riferimenti:    [email protected]    Gaia Pallottino (presid. CRCS) cell. 3393199516 Paolo Gelsomini (segr. CRCS) cell. 3293791374  

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INDICE 1. La pressione dei locali di somministrazione, dei camion bar, delle bancarelle, degli artisti di strada, con il corollario dell’abuso di alcol e della movida selvaggia Cristina Lattanzi CRCS 2. La pressione dell'inquinamento acustico e la necessità di un regolamento Silvia Annibaldi, Paolo Gelsomini, Alessia Vivaldi CRCS 3. Lo stato del verde a Roma Paola Loche CARTEINREGOLA Cristiana Mancinelli Scotti RESPIRO VERDE LEGALBERI. 4. La pressione del traffico e le problematiche della mobilità da risolvere Vittorio Sartogo C.A.L.M.A. 5. Il problema insoluto della produzione, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti Massimo Piras ZERO WASTE LAZIO 6. Lo stato di crisi dell'archeologia, il suo rapporto con l'urbanistica anche alla luce del dibattito sul Parco archeologico e del caso via Giulia Enzo Scandurra docente universitario Manlio Lilli archeologo – FORUM SALVIAMO IL PAESAGGIO 7. I beni comuni e la vendita del patrimonio culturale e simbolico Gaia Pallottino CRCS 8. Trasparenza e partecipazione davvero Anna Maria Bianchi CARTEINREGOLA Alessandro Giangrande docente universitario

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1. La pressione dei locali di somministrazione, dei camion bar, delle bancarelle, degli artisti di strada, con il corollario dell’abuso di alcol e della movida selvaggia                                                                                    

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La pressione dei locali di somministrazione, dei camion bar, delle bancarelle, degli artisti di strada, con il corollario dell'abuso di alcol e della movida Cristina Lattanzi Coordinamento Residenti Città Storica QUALCHE PREMESSA In una città oberata da una ventina di miliardi di debito (più o meno quanti hanno causato il default dell’intera Grecia), con quel che ne consegue, e che a livello cittadino deve risolvere molte situazioni gravissimei, ha senso che in una rassegna di problemi, ai quali i residenti della Città Storica richiedono all’amministrazione risposte e soluzioni urgenti, compaiano fenomeni che potrebbero apparire a prima vista quasi frivoli, ascrivibili piuttosto alla tipicità e al folklore locale, come i tavolini all’aperto e i dehors di bar e ristoranti, le bancarelle di souvenir, le lenzuolate di borse taroccate, i banchetti di caldarroste, qualche bicchiere di troppo, il baccano della movida? Ebbene, noi residenti riteniamo che sì, per parlare dei problemi di Roma ha senso cominciare proprio dall’immagine che Roma offre di sé al mondo e descriverla attraverso gli occhi e il cuore di chi Roma la vive proprio nella parte più antica e identitaria. Ed è opportuno cominciare dalle istanze di decoro e vivibilità, perché la mancanza di decoro dei luoghi di vita e di lavoro e le violazioni costanti e non represse delle regole minime di convivenza civile offrono d’impatto l’immagine e l’essenza della comunità cittadina. Quelle che possono apparire “piccole” illegalità rappresentano peraltro manifestazioni di problematiche più gravi:

- un’illegalità diffusa rafforzata dalla sostanziale impunità di chi non rispetta le regole; un’amministrazione spesso incapace di gestire problemi appena appena complessi e troppo cedevole di fronte agli interessi di pochi a discapito dell’interesse pubblico;

- la mancanza di trasparenza; - la mancanza di volontà politica di contrastare realmente le cause di fenomeni ben

conosciuti e sempre più dilaganti, la cui soluzione richiede però di andare contro qualche lobby;

- i fenomeni di vera e propria corruzione. Abbiamo quindi costruito questo incontro come occasione per dialogare con franchezza con gli amministratori della città a partire proprio da questi temi. E siamo pronti a respingere l’approccio dei benaltristi di turno, che certamente si faranno avanti, come al solito, per rinfacciare l’inadeguatezza e l’egoismo dei residenti che “non vogliono i tavolini sotto casa loro”, così come – secondo i casi – non vogliono sotto casa i buchi dei parcheggi PUP di cui non sentono alcuna necessità e i cantieri eterni di una metro di assai dubbia utilità. Residenti affetti da sindrome nimby, insomma. Da sempre i residenti del CRCS hanno dimostrato – al contrario – di NON essere pregiudizialmente contro i tavolini, contro gli ambulanti e le attività commerciali; di essere invece

- contro gli abusi e la mancanza di regole e di sanzioni efficaci; - contro il dilagare delle attività di somministrazione e dei negozi di souvenir di Roma

made in Cina che sostituiscono i negozi di vicinato e le botteghe storiche; - contro gli arredi indecorosi; - contro i cartelloni che deturpano il paesaggio urbano e che violano le norme per la

sicurezza stradale; - contro quelle forme di occupazione degli spazi pubblici e di promozione delle attività

commerciali che degradano la città e impediscono la libera fruizione dei beni culturali; - contro il baccano costante e i fenomeni da baraccone dei falsi artisti di strada.

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Non solo, quindi, noi intendiamo contrapporre a quella che siamo costretti a vivere in queste condizioni una Roma diversa e proporre uno sviluppo diverso da quello che ci viene costantemente narrato, in un’apoteosi di luoghi comuni, a proposito della città con il centro storico più bello del mondo: più turisti + più shopping + più tavolini + più “vita” = più “sviluppo” . Ma è questo lo sviluppo? Chiediamo anche agli amministratori capitolini di rendere conto ai cittadini delle conseguenze di “idea di città” da loro prospettata (che fino a prova contraria sono degrado, invivibilità, impoverimento e collasso di una città la cui parte più preziosa è ridotta ad uno sterminato suk), frutto di scelte politiche sbagliate e di incapacità regolatoria e amministrativa, a cui bisogna finalmente mettere fine. LA SITUAZIONE ATTUALE La presenza di tutte le forme possibili di commercio su strada (banchi e bancarelle, apette, chioschi, urtisti, caldarrostari, banchetti di merce taroccata ecc ecc) è sempre più estesa ed aggressiva, con innumerevoli postazioni a ridosso delle aree monumentali e dei tessuti più delicati e frequentati del centro storico. Eclatante la situazione dei camion bar, appostati nei pressi di tutti i principali monumenti. Per la gran parte si tratta di forme sfacciate di abusivismo totale, oppure di banchi e camioncini che pur essendo “autorizzati” occupano due/tre volte lo spazio consentito ed espongono la merce in maniera non regolare. Un’analisi non superficiale di tale fenomeno dimostra che si è in presenza NON di attività “di libero commercio” in un libero mercato contraddistinto da regole bensì del risultato di strategie pianificate tese al completo controllo del territorio più pregiato della città ai fini dell’occupazione, di sempre maggiore estensione, del suolo pubblico più pregiato da parte delle relative organizzazioni, siano esse “regolari” siano esse sommerse o addirittura criminali. Si tratta ormai di migliaia e migliaia di postazioni in tutta Roma, che si riproducono sempre più numerose come cellule di un organismo impazzito, con decine di migliaia di addetti extracomunitari perfettamente organizzati e addestrati. Siamo in presenza di un fenomeno di cui non esiste lontanamente l’eguale in qualsiasi altra città europea e che a Roma sta distruggendo l’intero settore del commercio di numerose categorie di prodotti e insieme sta causando il degrado dei luoghi più belli e preziosi della città, dei quali nessuno è risparmiatoii. Gran parte di questo tipo di commercio, comunemente definito a “effetto suk”, prospera in violazione delle normative fiscali e costituisce una concorrenza sleale per il resto delle attività commerciali. Tale situazione del commercio su strada è accompagnata dall’aumento esponenziale e incontrollato delle OSP di bar e ristoranti – sia abusive sia c.d. regolari - che hanno conquistato la maggior parte delle vie e delle piazze, anche nei luoghi più tutelati e vincolati della città (c.d. “tavolino selvaggio”). E’ un dato di fatto che, malgrado i ricorrenti tentativi di regolamentazione, tavolini e dehors continuino ad occupare grandi parti delle piazze di Roma, ostacolando la fruibilità delle stesse, la visione dei monumenti e delle prospettive architettoniche con arredi che hanno trasformato siti tra i più belli al mondo in sgargianti mense a cielo aperto. Non c’è piazza strada o stradina del centro storico al riparo da ombrelloni e arredi di pessimo gusto. Riguardo a questo fenomeno, timida e nel complesso inadeguata è risultata essere l’azione di tutela della Soprintendenza e faticosa ed inefficace la collaborazione tra Stato, Regione e Comune; mentre la congerie di norme regolatorie di livello statale, regionale e comunale (certamente da rivedere) da un lato appesantisce le incombenze delle imprese, dall’altro favorisce le scappatoie dei “furbi” e le possibilità di abuso e irregolarità varie, che non trovano in pratica sanzioni efficaci. A sua volta la crescita esponenziale del commercio su strada e la concentrazione delle attività di ristorazione legate al turismo di massa, allo svago e al divertimento (pub, discobar ecc), che hanno sostituito le attività tradizionali, ha trasformato il centro storico in una sorta di sterminato lunapark, favorendo il fenomeno della degenerazione della movidaiii nei rioni del Centro e in molte altre zone della Città Storica. A causa della mancata regolamentazione degli orari di apertura dei locali e dell’assenza di misure efficaci di contenimento dell’abuso di alcol, a sua volta la movida interferisce pesantemente con le funzioni di residenzialità e con la fruizione dei beni culturali iv.

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DIAGNOSI, PROPOSTE, RICHIESTE Non abbiamo certo bisogno di descrivere oltre e di dimostrare questa situazione del Centro Storico, con il suo contorno di spazzatura e degrado ambientale, documentata ormai da anni da migliaia di foto, video e articoli di stampa. E’ giudizio unanime che ciò che accade nelle nostre strade, sotto le nostre finestre, accanto ai monumenti simbolo di Roma è gravissimo e intollerabile v . Tuttavia gli interessi che sono dietro a tali fenomeni sono evidentemente di dimensioni tali da ostacolare e impedire, finora, interventi efficaci e perfino le possibili limitazioni del danno. Avevamo quindi letto con interesse quanto era scritto nel programma del Sindaco Marino, proprio a proposito del rilancio delle attività produttive in una Roma che intende essere “vita”. Nel capitolo “una città che attrae” si leggeva il titolo ripartire dal commercio, dall’artigianato [e dall’agricoltura] e dalla necessità di rivedere la relativa normativavi. Noi siamo completamente d’accordo su tale necessità e, lo diciamo subito, vogliamo partecipare a tale revisione. Innumerevoli sono già state le proposte in merito del CRCS e del Laboratorio Carteinregola cui il CRCS aderisce. Per brevità ricordiamo solo il documento riassuntivo con il quale sono state presentate le nostre proposte di indirizzo programmatico all’assessore Leonori nel novembre 2013, con il seguente indice di temi da affrontare:

1) T.U. sul commercio che, relativamente al Centro Storico, contenga regolamenti e norme per: - attività di somministrazione - orari degli esercizi - vendita alcolici - occupazione suolo pubblico - tutela delle attività tradizionali (botteghe storiche, ecc) - tutela del decoro

2) difesa e incremento dei PMO; OSP e canoni concessori 3) trasparenza e open data sul commercio a livello municipale 4) regolamentazione del commercio su strada e per il rilancio dei mercati rionali 5) provvedimenti per la movida e suo decentramento 6) medie e grandi strutture di vendita nel centro e trasformazioni urbanistiche collegate 7) piano Regolatore degli Impianti pubblicitari e tariffe affissioni.

Nella stessa direzione vanno le regole proposte da Carteinregola in relazione alle competenze della Regione per superare le criticità attuali determinate a cascata dalla vigente normativa regionale (come il principio della c.d. equivalenza delle postazioni del commercio su strada, la regolazione degli orari, l’abuso di alcol, il rumore) su quelle comunali. Tutte le nostre proposte sono sempre state nella direzione di recuperare la vivibilità (intesa come complesso di funzioni, servizi, infrastrutture e tutele che migliorano la qualità della vita sia dei residenti sia di chi lavora e frequenta il centro storico) del contesto cittadino. Abbiamo sempre ribadito che al centro della questione Centro Storico c’è l’obbligo di tutelare i beni culturali, avendo anche presente che tutte le vie e le piazze sono beni culturali ope legis. “VIVERE A ROMA DOVRA’ ESSERE UN SOGNO COME PER MOLTI GIOVANI E’ OGGI UN SOGNO VIVERE A BERLINO, PARIGI O LONDRA…….” Lo diceva il Sindaco Marino da candidato. Un obiettivo fantastico, che esprime la volontà di fare del Centro Storico un incubatore di creatività! Puntare sul recupero/integrazione della funzione culturale del C.S. in modo da farne un volano di sviluppo economico, investimenti e resa economica ben maggiore dell’attuale fatto di turismo non qualificato, c.d. mordi e fuggi, vero e proprio “consumo di massa” dei luoghi storici e dei monumenti. Invece la città ancora non ha saputo ancora utilizzare le vecchie e le nuove norme statali varate per poter spostare postazioni di commercio su strada e altre situazioni incompatibili con il decoro e la fruizione dei monumenti e degli altri beni culturali. Ora, non ci possono essere mezze misure nell’affrontare il problema di ridare al Centro Storico di Roma la sua dignità. Tutti i tempi a disposizione sono scaduti.

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Vogliamo trasparenza e tempi certi per cambiare la situazione. Ma anche volontà politica e coerenza, discontinuità con il passato e coraggio, sostenibilità e coesistenza pacifica di tutte le attività e le funzioni che interessano il centro storico e non solo. E le funzione più importanti per un centro storico, quelle che rappresentano l’anima del Luogo sono la residenzialità, le botteghe di vicinato, gli artigiani, i luoghi di cultura e d’arte. Ma sono proprio queste funzioni, queste attività e questi luoghi che stanno soffrendo di più, a vantaggio di un’invasione sregolata e prepotente di commerci legali e spesso illegali. Quando sarà invertita la tendenza?                                                                                                                  i  quali:

- incremento della disoccupazione - disparità sociali e ampie sacche di miseria - aumento degli episodi di violenza e vandalismo - fenomeni di criminalità di stampo camorristico/mafioso - sistema dei trasporti e mobilità al collasso - espansione urbanistica fuori controllo - emergenza rifiuti e inquinamenti vari

 ii  Per valutare adeguatamente la situazione occorre tenere presente quanto segue: fatta eccezione per i camion bar (che rappresentano un fenomeno a se’ stante, come noto ascrivibile prevalentemente alla presenza di un monopolio cittadino delle licenze) e tranne casi ormai rarissimi di operatori ambulanti “tradizionali” qualificati (gli unici in grado di rifornirsi presso i pochi grossisti “tradizionali” ancora esistenti, per lo più al di fuori del territorio laziale), la grandissima parte del commercio su strada oggi si rifornisce/viene rifornito attraverso depositi più o meno regolari (ma talvolta decisamente clandestini e sconosciuti al fisco); i titolari delle licenze utilizzano personale extracomunitario non qualificato, pagato poco e/o in nero; la merce, per la gran parte, se non tutta, è comprata senza fattura e venduta senza scontrino; si tratta per lo più di merce esclusivamente di importazione, di basso costo e di scarsissima qualità quando non pericolosa quanto a materiali, coloranti, componenti ecc. Il numero rilevantissimo di punti vendita, tutti in posizione strategica, assorbe percentuali rilevantissime di mercato. Gli effetti di tutto ciò sono: i negozi di vicinato non possono reggere la concorrenza sleale e chiudono o vengono rilevati da extracomunitari per vendervi merce di importazione di scarsissimo valore, al di fuori dalle regole di mercato, e spesso si tratta di attività di copertura per tutt’altri traffici; per mancanza di clienti (ossia dei negozi “tradizionali”) è stato distrutto l’intero sistema produttivo di piccole e medie imprese italiane di interi settori merceologici; migliaia di dipendenti dei negozi di vicinato (commessi, magazzinieri) hanno perso o stanno per perdere il lavoro. La scomparsa dei negozi di vicinato crea il degrado di intere vie e piazze. Ad essi in centro storico si sostituiscono bar, gelaterie e vendite di paccottiglie.  iii  mala-movida è l’efficace denominazione che ha assunto in tutta Italia: v. coordinamento nazionale malamovida facebook e www.manoiquandosidorme.com del coordinamento nazionale antimovida selvaggia.  iv  E’ possibile, anzi dovuto, regolamentare gli orari di apertura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, bar pub e altri locali del genere. E’ infatti assolutamente falso quanto si sente spesso sostenere al riguardo, ossia che la liberalizzazione degli orari di apertura di tutte le attività commerciali a seguito delle direttive operata dalle normative nazionali non consenta alcuna regolamentazione: già dal 2011 il Ministero dello Sviluppo Economico emanava la circolare esplicativa n. 3644/C con cui precisava che“provvedimenti finalizzati a limitare gli orari di apertura notturna delle attività di somministrazione di alimenti e bevande possono continuare ad essere adottati potendosi legittimamente sostenere che trattasi di vincoli necessari ad evitare danno alla sicurezza e indispensabili per la protezione della salute umana, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, espressamente richiamati come limiti ammissibili all’attività privata dall’art. 3 comma 1 del D.L. 13.08.2011 convertito con L. 148/2011”. In attesa di rivedere le leggi regionali in materia di commercio la Regione Lazio con nota del 29.12.2011 indirizzata ai comuni e municipi ribadiva tale argomento, affermando che era possibile dare luogo a limitazione degli orari con provvedimenti motivati da esigenze di tutela della salute dei cittadini, di sicurezza pubblica e di salvaguardia dei beni culturali. Inoltre il Piano di azione per la riduzione del consumo dannoso di alcol dell’Organizzazione Mondiale della Sanità detta prescrizioni per limitare l’abuso del consumo dannoso di alcol tra cui l’obbligo dei Comuni di adottare dei provvedimenti per ridurre e contenere gli orari e la vendita di bevande alcoliche, in particolare in aree dove si sviluppa un’economia basata su attività notturne e si generano alti livelli di fastidi e molestie legati al consumo di alcol.

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La pressione dell’inquinamento acustico e la necessità di un regolamento Silvia Annibaldi, Paolo Gelsomini, Alessia Vivaldi Coordinamento Residenti Città Storica IL PROBLEMA INSOLUTO DEL RUMORE AMBIENTALE Proprio in questi giorni il Coordinamento Residenti Città Storica, sta collaborando alla campagna “Spegni il rumore accendi il divertimento” promossa da Legambiente Lazio e, contemporaneamente, sta proseguendo con molte altre associazioni romane alla raccolta di 5000 firme per una delibera di iniziativa popolare per un regolamento acustico comunale che il Comune di Roma Capitale non ha mai avuto nella sua organicità e sistematicità concettuale e normativa come strumento di prevenzione, gestione, sanzione e risanamento acustico territoriale e locale. In effetti, così come si parla di ciclo dei rifiuti si dovrebbe parlare di ciclo del rumore, intendendo con ciò un percorso del rumore dal suo generarsi, al suo sommarsi con altri rumori ambientali fino al suo esito finale che, come succede in una discarica inquinante, arriva a determinare danni ambientali gravissimi ed attacchi all’equilibrio psico-fisico delle persone. Secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nell'Unione Europea nove cittadini su dieci sono esposti a rumori superiori ai 65 decibel (dB), un livello questo che disturba il sonno e il riposo. In Italia, il 45% degli abitanti deve sopportare quotidianamente un livello di inquinamento acustico compreso tra i 70 e i 75 decibel, che mette a rischio l'udito, l'apparato cardio-circolatorio e aumenta il rischio di infarto. Recenti studi confermano inoltre i danni causati dall'inquinamento acustico al sistema immunitario e ormonale. Sempre per quanto riguarda l’Italia, secondo il database NOISE, i dati sono disponibili per le città di Firenze, Milano e Roma, per un totale di 4,2 milioni di abitanti. Il 65% dei cittadini di queste tre città, oltre 2,7 milioni di persone, sono esposti a livelli di rumore superiori alla soglia diurna di 55 dB, percentuale che scende al 18% (740mila persone) per la soglia notturna di 50 dB. Eclatante il risultato del Lazio, ricavato dai dati ambientali dell’Annuario ISTAT 2009, dove ben il 47% delle famiglie interpellate dichiara la presenza di problemi relativi al rumore nella zona in cui abita. Da uno studio svolto dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza” di Roma, tenendo conto che la soglia del dolore si colloca per l’orecchio umano intorno ai 120 dB si evincono gli effetti deleteri che il rumore può avere sull’uomo. Solo fino a 35 decibel di pressione sonora corrispondenti alle onde del mare mosso non c’è nessun danno. Tra i 35 ed i 65 dB corrispondenti a passaggio auto a bassa velocità e a conversazione normale si possono cominciare ad avere fastidi e disturbi nel sonno. Intorno ai 70 dB corrispondenti a strade di traffico intenso o conversazioni a voce alta, si possono cominciare ad avere tachicardia, palpitazioni, aumento della pressione arteriosa. A 90 – 100 dB corrispondenti a passaggio di traffico pesante e di treni in superficie si ha nel tempo una diminuzione dell’acuità visiva e un restringimento del campo visivo. Una tromba di automobile si aggira sui 120 dB e la pressione esercitata sull’orecchio umano dal frastuono di una discoteca può arrivare in casi gravi fino a 110 dB. A questo livello stiamo a disturbi gravi ed irreversibili. IL QUADRO NORMATIVO Il Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Roma disciplina al Capo II l’ordine e la quiete pubblica facendo riferimento al T.U. di P.S. 18 giugno 1931 n. 773 e al relativo Regolamento per l’esecuzione contenuto nel Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635. Essendo un regolamento di Polizia Urbana si limita a sanzionare grida, schiamazzi, abuso di mezzi acustici, attività rumorose moleste, apparecchiature disturbanti. L’attuale contesto normativo di settore che impone a Roma Capitale l’adozione del regolamento in epigrafe, è il seguente: -Legge Quadro sull’Inquinamento Acustico n.447 del 1995; -D.P.C.M. del 14.11.97 contenente la “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”;

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                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               LA MOVIDA, L’IMPLICAZIONE DEI LOCALI DI SOMMINISTRAZIONE, IL TRAFFICO Una particolare attenzione nella redazione del testo di delibera di iniziativa popolare per un regolamento sul rumore ambientale, è stata posta in relazione all’inquinamento acustico derivato dal cosiddetto fenomeno della “movida” che si svolge in alcuni ambiti territoriali ben definiti, sia nel centro che in altre aree della città comunque limitrofe al centro storico. Infatti, l’elevatissima concentrazione di attività commerciali dedicate alla ristorazione ed al divertimento notturno, nonché la mancanza di regolamentazione sugli orari di apertura dei detti locali che si protrae per tutta la notte senza soluzione di continuità, comporta nelle zone interessate un abnorme aumento del traffico veicolare e della frequentazione antropica tali che il livello di attenzione delle emissioni acustiche come definito dal DCPM del 1997 e che segnala l’emergere di gravi rischi per la salute, viene sistematicamente superato. I monitoraggi eseguiti dall’Arpa Lazio su richiesta del Municipio Centro Storico negli anni 2008, 2009 e 2010, hanno rilevato nei rioni del centro cittadino valori fra i 70 e gli 80 db nelle ore dalle 22.00 alle 03.00 della notte, livelli che avrebbero dovuto imporre l’emissione da parte del Sindaco o dell’amministrazione comunale, di provvedimenti urgenti e contingibili a tutela della salute della collettività e che però sono stati sempre omessi. L’assoluta mancanza di controlli e di un regime sanzionatorio valido ed efficace con riguardo alle emissioni acustiche dei locali che svolgono intrattenimento musicale o spettacolo dal vivo, nonché sulle discoteche e su tutte le attività di intrattenimento che si svolgono all’aperto nel periodo estivo e primaverile, hanno aggravato la situazione già precaria. Eppure, è principio ormai pacifico e ribadito da numerosi pronunciamenti giurisprudenziali, nonché dalla Circolare 06.09.2004 “Interpretazione in materia di inquinamento acustico” del Ministero dell’ambiente” (GU n.217 del 15.09.2004), quello secondo il quale i limiti acustici si applicano alle attività e comportamenti connessi alle attività commerciali, fra i quali vanno inclusi gli avventori dei locali, in specie laddove la particolare concentrazione degli stessi in una via con più locali, diviene fonte di inquinamento acustico da riconoscere come soggetta alle norme sul rumore. In realtà, l’amministrazione comunale non ha mai attuato politiche di decentramento delle attività legate al divertimento ed alla ristorazione –che ben potevano far parte di piani di risanamento acustico previsti dalla normativa vigente e mai adottati- né ha posto in essere provvedimenti di regolazione degli orari dei apertura degli esercizi commerciali, pure attuabili e legittimi secondo l’indicazione che veniva dalla Circolare Esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico n.3644/C del 2011: “provvedimenti finalizzati a limitari gli orari di apertura notturna delle attività di somministrazione di alimenti e bevande possono continuare ad essere adottati potendosi legittimamente sostenere che trattasi di vincoli necessari ad evitare danno alla sicurezza, e indispensabili per la protezione della salute umana, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, espressamente richiamati come limiti ammissibili all’attività privata dall’Art.3 comma 1 del D.L.13.08.2011 convertito in Legge n.148/2011”. Ed ancora, il sistema di limitazione della circolazione veicolare in specie nelle ore notturne, da attuare con isole pedonali e Zone Traffico Limitato, è stato finora del tutto insufficiente ed il nuovo Piano Generale del Traffico Urbano che sta per essere varato, pur immettendo novità come le isole ambientali e la ridefinizione delle ZTL presenta soluzioni che potrebbero essere vanificate da scelte discutibili fatte a monte sulle reti di viabilità principale e sui parcheggi, scelte che di fatto hanno poca rilevanza sia sull’aumento di trasporto pubblico che sulla diminuzione di trasporto privato in tutta la città ed in particolare nel suo centro storico che dovrebbe essere gradualmente pedonalizzato. GLI ARTISTI DI STRADA Sta per andare alla discussione dell’Assemblea capitolina una nuova delibera che disciplina l’arte di strada attualmente regolata dalla delibera 24/2012. Senza entrare nel merito dei contenuti di questa bozza di delibera, vorremmo far notare che i limiti sonori imposti dalla zonizzazione acustica del Comune verrebbero superati da qualsiasi strumento a fiato o a percussione amplificato.

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Dopo la rappresentazione delle situazioni reali dei rumori e della individuazione delle cause occorre predisporre dei piani di risanamento acustico che possono coinvolgere soggetti sia pubblici che privati. Questa è la strada per arrivare ad applicare finalmente delle norme che non si fermino alle semplici sanzioni ma che arrivino ad eliminare le cause stesse della produzione di rumori al di sopra delle soglie consentite. I gestori di pub e discoteche, i proprietari di officine, i rappresentanti di aziende di servizio, i responsabili dei cantieri temporanei e mobili, debbono sentirsi coinvolti in prima persona nella gestione del rumore ambientale.

         

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Verde Urbano Paola Loche Botanico- Carteinregola Il sistema ambientale di Roma occupa 86.000 ettari di territorio, poco più del 67% della superficie dell’intero territorio comunale. E’ un patrimonio immenso di vegetazione naturale, seminaturale e di impianto artificiale rappresentato dalle aree naturali protette, dal verde urbano, dalle aree golenali e dalle aree agricole. Nel cosiddetto verde urbano sono inclusi lembi residui di superfici agricole, spazi naturali, incolti, alberate, viali, giardini e parchi di ville, ville comunali, orti, aree ripariali, boschetti, aree boscate di superficie spesso limitata e frammentata, fasce di rispetto stradali e ferroviarie, sponde di corsi d’acqua, incolti, e così via. Tali superfici comprendono spazi aperti a componente naturale di grado più o meno elevato e rappresentano una vera e propria risorsa multifunzionale per la città e per i suoi abitanti All’interno del G.R.A., sono presenti numerosi habitat naturali, che determinano, per la città, una grande ricchezza floristica e vegetazionale, nonostante le difficili condizioni di vita dovute a numerosi fattori limitanti quali: • clima cittadino più caldo e secco rispetto alla campagna circostante; • abbassamento della falda idrica; • alterazione dei suoli originari per la realizzazione dei fabbricati; • inquinamento di aria, acqua, suolo e grande produzione di rifiuti solidi. Gli habitat presenti, sebbene diffusi in tutta l’area urbana, si distribuiscono lungo un asse preferenziale, un corridoio ecologico, in direzione SE-NW che dal parco dell’Appia Antica prosegue con le aree archeologiche del centro e culmina con i lembi di boschi di Valle dell’Inferno e dell’Insugherata. Lo spessore di tale asse si riduce procedendo dal G.R.A. verso il centro della città dando luogo a due cunei verdi con l’apice rivolto verso il centro. La presenza di lembi residui di boschi sopravvissuti alla espansione edilizia per motivi storici e morfologici valorizza e caratterizza la città dal punto di vista vegetazionale. Le entità vegetali censite nell’area urbana sono circa 1300 e costituiscono più di un quinto della flora nazionale. L’elevato numero di specie è strettamente correlato ai numerosi habitat presenti nella città. FORME DI TUTELA E DI GESTIONE Le disposizioni applicabili alla tutela e gestione del verde urbano in genere sono definite dalle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali o dagli altri strumenti urbanistici attuativi del piano regolatore, nonché dai regolamenti edilizi. Gli aspetti relativi alla realizzazione e manutenzione del verde sono, peraltro, soltanto incidentalmente affrontati. Mancano sempre le norme di carattere botanico-agronomico-forestale, le regole per l’elaborazione progettuale degli interventi e le disposizioni per la tutela del patrimonio verde esistente in occasione degli interventi di ristrutturazioni, demolizioni, scavi, nuove urbanizzazioni, realizzazioni di aree verdi e relative manutenzioni. Il verde urbano ha assunto nel corso dei secoli una valenza qualitativamente e quantitativamente diversa, ma è sempre rimasto elemento importantissimo nelle strategie di sviluppo urbano di piccole e grandi città: a partire dagli orti di sostentamento entro le mura di cinta, passando per gli spazi verdi ornamentali privati tipici dei parchi e giardini,

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• Nazionale (lg. 10/2013) • Normativa regionale (bioedilizia-L.R. 27.05.2008 n.6, gestione delle risorse forestali,

PTPR) • Standard urbanistici e normative edilizie • Codice dei beni culturali e del paesaggio a tutela degli alberi monumentali - decreto

legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42 e successive modifiche d. lgs. 24 marzo 2006, n. 156, d. lgs. 24 marzo 2006, n. 157, d. lgs. 26 marzo 2008, n. 62, d. lgs. 26 marzo2008, n. 63.

• Norme in materia di risparmio energetico - decreto legislativo n. 311/2006 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 192/2005) progettazione di aree verdi ad elevata capacità di mitigazione dell’inquinamento dell’aria, valutazione del potenziale risparmio energetico fornito dal verde urbano

• Norme sulle distanze per gli alberi contenute nel codice civile

La normativa che a vario titolo interessa il verde, in ambito urbano e periurbano è allo stato attuale complessa e assai frammentata. Un discorso particolare meritano parchi e giardini di antica costituzione, sia pubblici che privati, assoggettati al vincolo paesistico e storico-artistico, il cui principale strumento legislativo di tutela è attualmente il Codice dei beni culturali e del paesaggio che contempla quanto già sancito dalle precedenti leggi di tutela (L. 1.6.1939 n.1089 Tutela delle cose di interesse storico e artistico, L. 29.6.1939 n.1497 Protezione delle bellezze

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• Progettazione e valorizzazione delle aree verdi e di pertinenza. Tra l’altro tutti gli interventi devono prevedere la progettazione delle opere a verde come parte integrante del progetto edilizio. Deve essere privilegiato, inoltre, l’uso della vegetazione ai fini del risparmio energetico e della riduzione degli effetti negativi del clima (riduzione dell’effetto isola di calore negli spazi urbani) e dell’inquinamento atmosferico ed acustico (orientamento, barriere verdi, raffrescamento, ombreggiamento, ecc..). Devono essere perseguiti:

• la conservazione e valorizzazione di vegetazione di pregio, architetture verdi, ecc.; • l’utilizzo di specie autoctone idonee alle condizioni pedoclimatiche locali; • la protezione della vegetazione e in particolare degli alberi e dell’apparato radicale; • la permeabilità del terreno all’acqua e all’ossigeno; • un sistema di irrigazione idoneo; • la manutenzione post- impianto; • la protezione degli alberi presenti in cantiere, computando eventuali oneri per

eventuale sostituzione delle piante danneggiate.

Nel Piano del Verde devono essere compresi i seguenti elementi fondamentali: • il censimento del patrimonio verde, organizzato in un sistema informativo, • il Piano di gestione, • il Piano di riqualificazione • il Piano per le nuove realizzazioni. • il Regolamento del verde che norma sotto il profilo tecnico e procedurale la

gestione del verde pubblico e privato

SITUAZIONE ATTUALE DEL VERDE URBANO In analogia a quanto riscontrato a livello nazionale anche nel territorio della città di Roma, la situazione del verde urbano è piuttosto complessa, articolata e caratterizzata dai seguenti elementi: • assenza di un quadro di informazioni adeguate in merito a quantità e qualità del verde pubblico e privato; • presenza di aree naturali in zone limitrofe alle città e necessità di garantire un collegamento tra le aree verdi urbane e quelle extraurbane; • presenza di zone di espansione edilizia in cui, all’interno dei nuovi quartieri, sono stati inglobati lembi di paesaggio agro-forestale determinando una compenetrazione tra diversi tipi di uso del suolo, urbano e rurale e necessità di guidare un processo di riqualificazione di questi spazi;

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Dai diritti fondamentali del verde alla sua reale gestione e manutenzione Cristiana Mancinelli Scotti Respiro Verde Legalberi Stralcio da “Il regolamento del verde e del paesaggio urbano di Roma” (a cura del coordinamento dei comitati e delle associazioni per il Regolamento del Verde e del Paesaggio Urbano della Città di Roma) Art. 4.1. - I diritti fondamentali del verde: La vegetazione – in ogni sua manifestazione – è elemento essenziale per la mitigazione dell’inquinamento atmosferico e acustico, per la difesa del suolo, per la conservazione della biodiversità, per miglioramento dell’estetica e del paesaggio urbano, per lo sviluppo della cultura storico-sociale e ambientale e per le funzioni ricreative e sportive offerte. Deve essere rispettata come ogni altro organismo vivente, e quindi deve essere:

a) salvaguardata come elemento d’identità del territorio locale e come fattore determinante per la qualità della vita degli abitanti;

b) conosciuta, censita e monitorata nel suo sviluppo e mantenuta quanto più possibile integra;

c) considerata nelle scelte di trasformazione territoriale; d) incrementata nel rispetto delle specie che caratterizzano il contesto locale, siano

esse autoctone o naturalizzate; e) curata con le migliori tecniche fitosanitarie disponibili.

 Del deterioramento di Parchi e Ville Storiche e di Beni Culturali e Ambientali Da troppo tempo ormai, i parchi e le ville storiche sono utilizzati per permettere ingenti profitti a iniziative private; il Parco del Celio è un caso eclatante, con la cosiddetta “estate romana” per lo più svuotata del senso cui mirava Renato Nicolini. Villa Borghese è utilizzata spesso per ospitare grandi eventi invasivi come è successo ai tempi della Giunta Alemanno per i Mondiali di Calcio e un Concorso Ippico che non è più quello storico, ma si è trasformato in una grande fiera commerciale. Per questa Villa in particolare, ogni decisione per gli eventi è potere del gabinetto del sindaco. Questi eventi sono decisi spesso senza rispettare le conferenze dei servizi e sono variamente ignorati i pareri della sovrintendenza comunale e purtroppo le sovrintendenze statali non intervengono a proibirli. Sappiamo infatti che la soprintendenza per Roma e la direzione regionale del MIBACT potrebbero impedire questa situazione di continuo degrado e in alcuni casi addirittura di deterioramento del verde e delle strutture. Data la mancanza di volontà o di possibilità di intervenire in questo campo, si verifica l'assurda situazione di scarico delle responsabilità. Che significa questo ? Che i nostri beni culturali subiscono dei danni? Ma non solo. Pensiamo sempre in termini di oggetti e materia, mentre anche questi delicatissimi beni culturali sono abitati da esseri viventi quali alberi, animali, insetti, erbe: quale grado di resilienza possono avere questi luoghi speciali, macro dispensatori di ossigeno, stoccatori di carbonio, assorbitori di acqua dopo questi veri e propri assalti alla baionetta? Pertanto è necessario che il Sindaco intervenga e stabilisca che sia redatto un regolamento particolare per le ville e i parchi storici che, con la consulenza di altissimi livelli di competenze, magari disinteressate, non preveda più deroghe di   nessun tipo: finalmente si potrà intervenire con piani di tutela e restauro che riportino questi meravigliosi siti al loro valore originario.

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                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               La sottrazione delle “utilità” di questi beni collettivi ha un costo enorme per la cittadinanza che nessuno vuole calcolare e, quando sentiamo dire che non ci sono i  soldi, ci chiediamo perché allora si possa sostenere una costosissima operazione portando la Metro C a Piazza Venezia senza nemmeno tentare di pensare a una alternativa, stremando comunque aspetti fondanti del paesaggio storico, ricco di capitale naturale funzionale e indispensabile per il benessere sociale e per la salute dei cittadini. Dell’impermeabilizzazione delle superfici naturali dei condomini della città di Roma. Questione da considerarsi di pari gravità se non maggiore : è stato citato un aspetto del nostro verde e paesaggio che merita addirittura un regolamento a sé stante ed è sotto gli occhi di tutti; questo secondo e purtroppo misconosciuto argomento è completamente disatteso anche dai piani regolatori della città. Si tratta dell’impermeabilizzazione delle aree verdi all’interno di condomini privati. Il capo 4.3 dell’articolo 4 già enunciato, “Diritti fondamentali del verde”, recita : “L'escavazione in profondità, la modifica delle quote, la costipazione e l'impermeabilizzazione delle superfici naturali non pavimentate di estensione maggiore di 50 mq costituiscono modificazioni dei luoghi e come tali sono soggette a preventiva autorizzazione amministrativa e a conseguente mitigazione dell’impatto ambientale”. Pare incredibile, ma l’impermeabilizzazione del suolo, qui definito superficie naturale, nei condomini privati della nostra città in questo momento non è regolamentata in alcun modo. Come è possibile che anche qui la città sia in continua perdita ? Perdiamo milioni di centimetri quadrati di preziosissimo suolo senza che nemmeno lo si sappia, e questo suolo lo stesso valore di bene collettivo per le sue qualità fondamentali. E’ questo un gravissimo e sottovalutato aspetto della mancanza di un Regolamento del Verde e del Paeaggio in una capitale come Roma, funestata da una cementificazione selvaggia. In questo caso, l’impermeabilizzazione del suolo di giardini privati e in condomini è lasciata alla discrezione del privato e ci dà la misura dell’urgenza di un Regolamento del Verde e del Paesaggio per Roma che vogliamo al più presto in vigore. Nella bozza di regolamento del 2011, giunta precedente, 27 misere pagine a fronte di un regolamento del verde di Viareggio di 30, si lasciava libertà di impermeabilizzare fino a 70mq ! Come un appartamento per tre persone ! Alcuni emendamenti su questa bozza elaborati del gruppo di lavoro di tecnici e competenze organizzato da reti di cittadini sono stati presi in considerazione durante le Commissioni Ambiente preposte e nella nuova bozza è stato accettato di abbassare questa soglia a 50 mq. Ma alla luce dei disastri causati dalle bombe d’acqua che si stanno abbattendo sulla nostra città, al disfacimento di equilibri climatici ormai compromessi e a una pesante trasformazione anche dei suoli, si dovrà tutelare a tutti i costi la permeabilità del suolo rimasto della città, e per questo capo del regolamento non si potranno superare i 30mq di pavimentazione di suolo, oltre i quali il permesso deve essere obbligatorio. Moltiplichiamo 50mq per dodicimila condomini con superfici naturali e scopriamo il risultato : 600.000mq impermeabilizzati. Non è accettabile. Della responsabilizzazione dei privati e della salvaguardia del territorio Negli ultimi anni da molte parti del mondo politico e scientifico si avverte la necessità di una maggiore responsabilizzazione dei privati cittadini nella corretta localizzazione dei manufatti da inserire nel territorio. A tal fine si auspica l'introduzione di prescrizioni assicurative a salvaguardia dei beni e degli strumenti di servizio presenti nelle aree a maggior rischio. Questo tipo di approccio a un problema tanto gravoso potrebbe portare,

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                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               oltre che a un'effettiva mitigazione delle condizioni di rischio che attualmente si registrano nel nostro paese, anche ad un recupero da parte delle comunità locali della coscienza civile e ambientale, che porti ogni privato cittadino ad acquisire la consapevolezza dei naturali processi che guidano l'evoluzione del territorio, requisito fondamentale per convivere correttamente anche con condizioni di rischio e per rendere efficace qualsiasi politica in favore dell'ambiente. Domanda La domanda è la seguente: ci ritroviamo con un debito sempre maggiore per una qualità della vita peggiore, abbiamo un tesoro che una volta distrutto nessuno ci restituirà, migliaia di alberi perduti e biodiversità di ogni specie cancellata, migliaia di metri quadri di suolo compromesso, aumento delle zone a rischio, anche nel territorio urbanizzato, per dissesto idrogeologico. Quando prenderà, Signor Sindaco, la decisione di tutelare il verde e il suolo fra i più importanti del mondo ?                                                                        

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La pressione del traffico e le problematiche della mobilità da risolvere Vittorio Sartogo Coordinamento Associazioni Lazio Mobilità Alternativa (C.A.L.M.A.) LA FOTOGRAFIA DELLA MOBILITA’ OGGI Che la mobilità soffochi ormai il centro della città e tutta Roma è un dato di fatto unanimemente riconosciuto. Addirittura è diventato un tema ricorrente negli interventi degli organismi degli operatori economici, per i riflessi negativi che riverbera sulla “competitività” della città. Del resto, nel recente Piano generale del traffico urbano si certifica che la congestione annualmente produce la perdita di 125 milioni di ore, per un costo di 1 miliardo e mezzo di euro, cui si aggiunge un costo sociale degli incidenti pari a 2 miliardi di euro. In queste indicazioni sono poi evitate quelle riguardanti la corrosione dei monumenti, ovvero la distruzione della nostra storia e di un inestimabile patrimonio dell’umanità. Tra piogge acide, ossidi di zolfo e di azoto, polveri sottili, la corrosione raggiunge ormai i 5,7/6,3 millesimi di millimetro all’anno, vicinissima agli 8 millesimi previsti dalla Unione Europea come “accettabili”. Quale cinismo e incultura appaia nel dire “accettabile” la corrosione, ciascuno può giudicare. Cosicché addirittura l’ACI, l’associazione degli automobilisti, in un suo documento, presentato l’anno scorso al nuovo Parlamento e al Governo, chiedeva “più metro, bus e tram per rinunciare all’auto in città”. Ovviamente con una buona dose di ambiguità, perché ne seguiva la richiesta di una maggiore concorrenza nel settore, ritenuta la medicina in grado di curare un “sistema di trasporto pubblico obsoleto e inefficiente, i cui ricavi coprono solo il 30% dei costi e in cui l’età media dei bus è di 10 anni, a scapito dell’ambiente, della sicurezza stradale e del comfort dei passeggeri”. Dati che per Roma risultano ancora più gravi di questa media nazionale, stante la corruzione e il clientelismo che si sommano all’inefficienza e ne rendono intollerabile il peso, impedendo di fatto che le persone riducano in modo significativo l’utilizzo dell’auto (peraltro diminuito a seguito della crisi economica). L’uso del trasporto pubblico resta fermo al 27% dei viaggi, pur essendo aumentato considerevolmente il pendolarismo, cioè la dispersione della città nell’hinterland, e pur in presenza della diminuzione complessiva degli spostamenti. LE CONTRADDIZIONI TRA PIANO E REALTA’ NEL CENTRO STORICO La situazione è indubbiamente migliore nel centro storico, parte privilegiata del trasporto pubblico, anche se gli spostamenti in uscita dall’area racchiusa dall’anello ferroviario, nell’ora di punta del mattino, restano effettuati ancora per il 48% con l’auto e per il 9 % con le moto, ovvero la maggioranza degli spostamenti dei residenti usa il mezzo privato, mentre in entrata questa percentuale si contrae all’incirca al 40%. Ma la situazione è destinata a peggiorare se teniamo presenti le errate decisioni del Comune riguardanti i pullman turistici e la soppressione, recentissima, di 17 linee, specie periferiche e notturne, per circa 3,5 milioni di km. E’ significativa, a proposito di contraddizioni che si riflettono negativamente sulle politiche del trasporto, l’incoerenza presente negli intenti indicati nel PGTU citato. L’obiettivo principale nel centro storico si dichiara essere la massima riduzione del traffico veicolare privato sia di attraversamento che di destinazione, nonché l’uso quasi esclusivo di mobilità pedonale, ciclabile e del TPL. Da raggiungersi con azioni quali l’istituzione di ZTL passeggeri e merci su tutta la zona attraverso varchi elettronici; la sosta tariffata integrale (a valore elevato);l’individuazione di itinerari pedonali e ciclabili; l’articolazione in isole ambientali; l’individuazione di zone a emissione 0; parcheggi sostitutivi della sosta su strada ai margini del centro storico medesimo (?); la riduzione del traffico moto veicolare. Ognuna di queste azioni che potrebbe essere condivisibile in sé, lo diventa meno quando risulta, per esempio, che “la tariffazione della sosta rappresenta uno dei principali

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Il problema insoluto della produzione, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti dal “sistema Malagrotta” al traguardo Rifiuti Zero 2020 Massimo Piras Presidente Ass. Zero Waste Lazio

PREMESSA Tuttora vige nel Lazio la Legge regionale n. 27/1998, una normativa superata dal Dl Lgs. n. 36/2003 e dal T.U. ambiente n. 152/2006, che testimonia l’illegittimità in cui opera da anni la Regione Lazio e l’anomalia giuridica con cui è stato costruito l’attuale Piano Rifiuti Regionale che fa riferimento alle norme nazionali e non a quelle regionali, che dovrebbero essere il quadro normativo di riferimento al Piano rifiuti regionale stesso a cui RomaCapitale apporta circa il 60% in termini di produzione annua di rifiuti urbani ed assimilati. Negli ultimi anni si riscontrano infatti i seguenti passaggi istituzionali: Ø La decadenza del Piano rifiuti Marrazzo e dello stesso ex presidente di centrosinistra che,

dopo proclamazione della fine del commissariamento decennale del Lazio, lascia una situazione di raccolta differenziata pari al 15%,

Ø La ascesa al potere della giunta di centrodestra di Renata Polverini che, dopo due anni di inerzia totale sulla gestione della discarica di Malagrotta e nonostante i proclamati annunci a favore della raccolta differenziata, si limita ad emettere uno studio preliminare con annessa ordinanza per l’individuazione di tre discariche in sostituzione della ripetutamente annunciata chiusura di quella di Malagrotta, individuando aree nei Comuni di Fiumicino, Riano, Roma Mun8 – Corcolle;

Ø La approvazione nel 2011 del nuovo Piano rifiuti regionale della giunta Polverini, elaborato nella prima parte come progetto di riallineamento alla gerarchia europea in vigore anche se privo di specifiche linee guida industriali e finanziarie, stabilisce finalmente che la tipologia di raccolta dei rifiuti a Roma e nei Comuni laziali della fascia A (sopra i 30mila abitanti) è quella di tipo “domiciliare” o “porta a porta” supportata da Ecocentri a servizio dei rifiuti ingombranti ed urbani pericolosi non previsti in forma domiciliare;

Ø La stipula nel 2012 del cosiddetto “Patto per Roma” tra il ministro Clini, il commissario straordinario Sottile, il sindaco Alemanno, il presidente della provincia Zingaretti e la presidente della regione Polverini in cui si fissano risorse aggiuntive da parte del Ministero ambiente (pari a circa 10 milioni euro/annui sino al 2016), risorse messa a disposizione dal CONAI per il ritiro di materiali differenziati (pari ad almeno 30milioni di euro/annui) legate al raggiungimento degli obiettivi R.D. del 30% al 2012 – 40% al 2013 – 50% al 2014 – 60% al 2015 e 65% al 2016.

Ø L’elezione del sindaco Ignazio Marino nel 2013, che eredita una situazione di cronica emergenza, dovuta a molti fattori diversi che si sono intrecciati perversamente nel tempo, e che ne condiziona per oltre un anno l’attività amministrativa nel settore tra cui i principali sono: a) il nodo irrisolto con la C.E. per la presenza della megadiscarica di Malagrotta e di un

“sistema” monopolistico bloccato dalla gestione di Cerroni e co. sulla raccolta e conferimento di rifiuti “talquale” per alimentare la filiera TMB x produrre CDR – Inceneritori di Colleferro e S. Vittore - discarica di Malagrotta, lasciando la raccolta differenziata a livelli sotto il 15% sia a Roma che nel Lazio con decine di società collegate (Pontina Ambiente per la discarica di Albano laziale / Eco Italia 87 per la discarica di Guidonia / Ecoambiente srl per la discarica di Borgo Montello LT / Ecologia Viterbo per la discarica di Viterbo);

b) mancato avvio di una profonda operazione di risanamento aziendale di AMA Spa, che oggi presenta una situazione pre-fallimentare accumulata nel tempo con un bilancio pesantissimo in termini di esposizione bancaria per investimenti sbagliati e strategie di management fallite, una dotazione di personale molto esuberante a seguito di decenni di

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c) la assoluta dipendenza politica delle giunte precedenti dalle esigenze e dai piani del “sistema” Cerroni, che ha di fatto gestito tutte le scelte industriali ed impiantistiche di Roma legandole ai suoi interessi, e la assenza del ruolo di indirizzo politico della giunta capitolina nelle scelte imprenditoriali di AMA Spa. Si è assistito negli ultimi anni alla sperimentazione di sistemi di raccolta del tutto contraddittori, con l’effetto di far apparire la Raccolta differenziata come una pratica difficile ed inutile sino a far rimpiangere il pessimo cassonetto, in cui AMA ha sperimentato ben sei diverse modalità di gestione per la raccolta differenziata, scelte su cui ha pesato l’ipoteca lasciata dalla precedente gestione con l’acquisto di 45mila nuovi cassonetti stradali e di decine di autocompattatori a caricamento laterale.

Di contro anche la cosiddetta società civile nel tempo ha fatto le sue mosse: Ø la vertenza aperta dagli amici del Comitato Malagrotta che con fasi alterne a visto

numerosissime iniziative sia di protesta pacifica e determinata che azioni molto significative nell’attivare le procedure di infrazione presso la C.E. e la Corte di giustizia europea che hanno portato dopo anni al risultato della condanna e delle relative sanzioni al governo italiano per la plateale illegalità nel conferimento di rifiuti “talquali” su una superfice di circa 240 ettari di ex cave di sabbia della Valle Galeria dagli anni 60 sino alla sua chiusura finale alla fine del 2013 ad opera della giunta Marino;

Ø l’avvio nel 2007 del progetto “sperimentale” di raccolta “porta a porta” in tre quartieri di Roma (Decima – Colli Aniene – Massimina) che consegue un successo forse inaspettato per AMA spa e che costringe al suo allargamento nel 2009 ad altri tre quartieri di (Trastevere – Villagio Olimpico – Torrino) ma che complessivamente ha interessato solo 70.000 abitanti su 2,5 milioni totali = il 2,8 % delle utenze con oltre il 65% di obiettivo di differenziazione raggiunta in pochi mesi;

Ø Il lavoro partito nel 2011 di elaborazione di una Delibera di iniziativa popolare denominata “Roma verso Rifiuti Zero” con un documento allegato di Linee guida elaborato da Zero Waste Lazio e l’organizzazione di un Comitato promotore Diamocidafare che ha supportato una Campagna di sei mesi di raccolta firme in tutta la città conclusa con il deposito della Delibera a giugno 2012 in Campidoglio con oltre undicimila firme di romani.

Ø la istituzione ad ottobre 2013 del Tavolo tecnico di confronto con la delegazione guidata da Zero Waste Lazio e quella di RomaCapitale guidata dall’assessore ambiente e rifiuti Estella Marino, con il risultato di approvare ad aprile 2014 una bozza condivisa di Delibera di giunta municipale che ha raccolto lo spirito e gli obiettivi della Delibera di iniziativa popolare pur aggiornandone le normative, le tempistiche e concordando limitate modifiche al testo depositato.

LA SITUAZIONE ATTUALE A ROMA Il progetto sperimentale di R.D. porta a porta finalmente stà passando da progetto di nicchia, che ha visto dal 2007 impegnati pochi quartieri pur avendo conseguito ottimi risultati, ad una fase nuova derivata dalla firma nel 2012 del cosiddetto “Patto per Roma”. Un atto che stanzia risorse aggiuntive per Roma ed insieme fissa il raggiungimento degli obiettivi di RD, prevedendo quello del 65% al 2016, e sulla base del quale è stato predisposto uno studio di fattibilità, redatto dal Dipartimento Ambiente / AMA Spa / CONAI. Tale progetto però prevede la suddivisione in 155 Zone Territoriali Ottimali, i cui i criteri sono oggi incompatibili con gli obiettivi della Delibera “Roma verso Rifiuti Zero” e debbono essere oggetto di profonda revisione, dal momento che si è stabilito che il sistema di raccolta generalizzato a regime nel 2020 debba essere quello domiciliare o “porta a porta”. E’ evidente quindi che oggi permane ancora, nonostante i continui aggiornamenti da parte della giunta Marino, la previsione preponderante del sistema di raccolta stradale è ancora prevista per il 60% circa degli utenti mentre il sistema domiciliare è rimasto limitato ad un 40% degli utenti. Si sottolinea come tali

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2. Stessa situazione rispetto all’impiantistica per il trattamento del rifiuto indifferenziato con produzione C.D.R., in quanto sono attualmente in esercizio due impianti AMA (uno a Rocca Cencia e l’altro a via Salaria entrambi con capacità dichiarata da 750 ton/gg) che risultano autorizzati a trattare sino a 468mila ton/anno. Tenendo conto che alla capacità specifica di AMA si aggiungano anche i due impianti di Co.La.Ri. a Malagrotta per un totale autorizzato di 467mila ton/anno, si arriva a determinare una capacità totale per Roma pari a 935mila ton/anno che sembra sia pari ai rifiuti indifferenziati “talquale” da trattare pari a circa un milione di ton/anno. L’inserimento nella Delibera “Roma verso Rifiuti Zero” dell’attuazione del principio di “recupero di materia” pone oggi il tema impellente di iniziare la riconversione di questi impianti per interrompere con la necessaria gradualità la produzione di CDR destinata all’incenerimento che è incompatibile con la direzione indicata e con l’obiettivo di tutelare la salute e l’ambiente attraverso trattamenti “a freddo”. La piena attivazione di tali impianti di trattamento del “talquale”, contestuale alla loro riconversione “leggera” per trasformare le linee di lavorazione della frazione secca da linee di produzione del CDR in linee per il recupero di materiali, assume centralità nella strategia a breve termine per garantire la minimizzazione degli impatti dello smaltimento, dato che ricordiamo che il CDR rappresenta solo un terzo mentre i due terzi dei rifiuti trattati finiscono comunque in discarica come scarti o Frazione Organica Stabilizzata. 3. Ultimo annoso capitolo è quello dell’impiantistica di compostaggio per la frazione umida,

che è oltre un terzo del totale dei rifiuti urbani, di cui Roma produce oggi oltre 200mila ton/anno con la prospettiva a regime di oltre il doppio. Se questi impianti dovessero trattare la

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LA FASE TRANSITORIA DI RICONVERSIONE Premesso che a Roma si è sperimentata da sette anni ed accertata la validità del sistema porta a porta in quartieri con diverse tipologie edilizie e con connotazioni urbane sia centrali che periferiche, con risultati in genere mai al di sotto del 65% di R.D., siamo quindi oggi nella condizione oggettiva di attuare l’estensione generalizzata di questa modalità all’intera area urbana e suburbana di Roma Capitale secondo un preciso cronoprogramma che consolidi una R.D. 65% al 2016 per puntare al 75% al 2020. In questa fase parliamo ovviamente di riconversione del Servizio di raccolta e dell’annessa filiera di riciclo/recupero come missione primaria e fondamentale sui cui AMA debba e possa investire risorse economiche e sintetizzando per punti occorre investire sui seguenti capitoli: 1. La costruzione della rete infrastrutturale impiantistica mancante, 2. L’adeguamento di struttura e parco macchine al nuovo servizio di raccolta p.a.p., 3. L’addestramento professionale del personale utilizzato nella raccolta p.a.p., 4. Una campagna informativa e mediatica all’altezza della svolta epocale esposta. IL TRAGUARDO RIFIUTI ZERO AL 2020 Il percorso che stimiamo possa avvenire nell’arco complessivo di sette anni, a partire dall’avvio della fase transitoria nel 2013, avverrà con step successivi di avanzamento che possano consolidare a regime un risultato di R.D. pari anche all’80% come quello conseguito a S. Francisco (USA), attraverso una scelta che oggi appare inevitabile per chiudere definitivamente la gestione del puro “smaltimento” dei rifiuti ed aprire la fase delle nuove opportunità legate alla minimizzazione della produzione di rifiuti urbani ed insieme alla massimizzazione del recupero/riciclo. I correlati scenari di nuove attività imprenditoriali ed occupazionali ad impatto zero sono oggi una scelta di cui oggi Roma Capitale ed il Lazio non possono più ignorare la necessità ed il peso sociale, economico ed ambientale per l’intera comunità capitolina e regionale.

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R.U. 100%1.590.000 t/anno – 15% riduzione = 1.350.000 t/anno

R.U.R. 20% 270.000TMB

SECCO 125.000UMIDO 125.000

R.D. 80%Imballaggi + Umido570.000 + 530.000 =

1.100.000

RICICLO PULITO570.000

RICICLO SPORCO125.000

DigestioneAnaerobica /

CompostaggioAerobicoFORSU 530.000

IL CONTROPIANO RIFIUTI ROMA RD 80%

Consorzi CONAI570.000

Discarica 4% 50.000

Discarica70.000 t/a

COMPOST 130.000 /265.000

StabilizzazioneAerobica

F.O.S.125.000

Sovvallo 8% Perdite20.000

RECUPERO TOTALE 58 % - 780.000 t/a DISCARICA 5 %

Stabilizzato per Bonifiche - 25.000

PERDITE 35% - 500.000 t/a(Di materia e acque reflue)

BIOMETANO

Altri Consorzi 125.000

     IMPEGNO FINALE DEL SINDACO MARINO L’impegno che chiediamo pertanto oggi al Sindaco Ignazio Marino ed alla sua Giunta è quello di approvare con urgenza la Delibera di giunta concordata al Tavolo tecnico con Zero Waste Lazio, iscriverla con priorità all’ordine dei lavori dell’Aula Capitolina e procedere all’istituzione degli organismi di partecipazione popolare previsti. Vogliamo sapere quali sono gli impegni temporali che il Sindaco si assume su questo percorso? A nostro avviso debbono essere prima della pausa estiva, e vogliamo sapere se il Sindaco è d’accordo che si stabiliscano subito una serie di iniziativa pubbliche che annuncino le fasi di approvazione degli atti amministrativi, che si mettano a disposizione il personale tecnico ed amministrativo necessario presso l’Assessorato all’ambiente e rifiuti e che si pianifichino subito soprattutto gli atti relativi alla concreta attuazione della Delibera “Roma verso Rifiuti Zero”.

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Archeologia e urbanistica, un rapporto fecondo che può produrre inedite sinergie rinnovative per Roma Enzo Scandurra Docente universitario PREMESSA: DUE O TRE COSE INTORNO AL SINDACO Che cosa mi aspetto dal Sindaco Marino e dalla sua Giunta? E cosa vorrei che facesse? Cercherò di porre le domande così come è nello spirito del convegno. Ma prima una premessa indispensabile e mi si scusi la schematicità con la quale la espongo dovuta al limite di righe (e di tempo) assegnatomi. Marino ha sconfitto, a Roma, i suoi sfidanti per quella sua aria di estraneo ai fatti: un chirurgo prestato alla politica, uno che ha studiato negli Stati Uniti. Refrattario alle consorterie del Pd romano, egli è apparso addirittura “ingenuo” come il principe Myskin, “un uomo positivamente buono”, per usare direttamente l’espressione di Dostoevskij (da notare che in russo l’espressione prekrasnyi (tradotto in “buono”) indica lo splendore della bellezza). Da più parti (e anche dalla sua stessa parte politica) si chiede a Marino di essere più concreto, più comunicativo con i romani e più deciso a perseguire e, conseguentemente, a mostrare i segni del rinnovamento che invece fanno fatica a emergere anche quando ci sono. Qualcuno propone (e anche tenta) di metterlo sotto tutela. Tuttavia proprio questa sua estraneità al condominio della gretta politica romana è stata la principale caratteristica che ha conquistato gli indolenti e disincantati romani. Ora questa sua caratteristica rischia di trasformarsi in un deficit pericoloso che fa di lui facile preda di chi, da destra quanto da sinistra, intende attaccarlo. Io non chiederò mai a Marino di “tradire se stesso”, di normalizzarsi allo standard politico. Quella di Marino è una virtù che in politica viene considerata una debolezza, proprio come quegli uomini che dimostrando una sensibilità acuta, finiscono per essere bollati come “femminucce” (con tanto di buon servito al sesso femminile). A Marino chiederei al contrario proprio di far diventare un’arma potente questa sua “inadeguatezza” senza inseguire il canto delle sirene della politica politichese. Roma ha bisogno anche di sognare, di sperare, di credere che questa sua storica indolenza possa avere un sussulto, una smentita. Non un illusionistico orizzonte di finta modernità, ma uno scatto di orgoglio per essere all’altezza di se stessa. E Marino può fare questo se riuscisse a rivolgersi direttamente ai romani, cercare di parlarne la lingua, intercettare le loro speranze e le attese che qualcuno possa risollevarli da questo oblio passato che ancora produce una ingannevole rendita (come i finti centurioni romani davanti il Colosseo). SULLA SEPARAZIONE DELL’ARCHEOLOGIA DALL’URBANISTICA Fatta questa premessa entro nel merito del tema che mi è stato assegnato, quello del rapporto tra lo stato di crisi dell’archeologia e l’urbanistica (che pure gode tutt’altro che di buona salute) Provo a fare una semplificazione. L’archeologia corrisponde alla memoria di una civiltà o di una città, le tracce sedimentate, la storia evolutiva, i segni, le testimonianze, i successi

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La tela del patrimonio archeologico tra memoria collettiva ed urbanistica contemporanea Manlio Lilli Archeologo – FORUM Salviamo il Paesaggio Era il 1975 quando Alberto Moravia pubblicava “Contro Roma”, una raccolta di saggi di intellettuali scandalizzati dalle condizioni nelle quali si trovava la Città. Solo un anno prima il Vicariato aveva promosso un convegno sui mali di Roma che non passò certo inosservato. Da quella stagione sono trascorsi quasi quarant’anni. Nei quali la città si è allargata verso l’esterno, ma anche condensata, saturando tanti spazi al suo interno. Scoprendo parti, anche considerevoli, delle sue fasi più antiche. Urbanistica e archeologia, dopo decenni di lotte fratricide, hanno iniziato a confrontarsi. Purtroppo, troppo spesso, in maniera sbagliata. Forse anche perché ognuna delle due parti ha ritenuto di inseguire il modello “migliore” per la città. Gli uni convinti che Roma sarebbe potuta crescere, svilupparsi, soltanto attraverso nuove costruzioni. Ovunque. Gli altri certi che la città non potesse rinunciare a nessuna delle sue parti più antiche. Per questi motivi Roma continua ad essere una città “sbagliata”, utilizzando la celebre definizione di Insolera. Una città urbanisticamente disordinata, nella quale l’archeologia continua ad essere una questione marginale. Nella quale i monumenti, le piccole e grandi aree archeologiche, sono quasi “funghi pittoreschi”, fossili avulsi dal contesto. Spazi che quasi naturalmente, considerate le sistemazioni nelle quali si offrono, appaiono votati al degrado. Su questo Patrimonio agiscono, con competenze diverse, non sempre in perfetta condivisione, attori differenti. Le due Soprintendenze archeologiche, quella Statale e quella Comunale, l’Amministrazione comunale e quindi quelle municipali. Dalle loro politiche evidentemente dipendono, in vario modo, le sorti di Monumenti ed aree archeologiche. Il loro ruolo all’interno della Città. Dei due elementi che contribuiscono alla definizione non solo spaziale della Città, cioè urbanistica e archeologia, solo la prima si presenta con accezioni differenti, nei diversi quadranti. Fino a mutare, anche radicalmente, spostandosi dal Centro alle Periferie. Se il dissennato consumo di suolo ha potuto realizzarsi quasi senza contrasto al difuori della città storica, anzi si è sviluppato progressivamente di più allontanandosi dal centro, al suo interno si è necessariamente contenuto. PARCO ARCHEOLOGICO CENTRALE E METRO C Così di fronte ad un’urbanistica “variabile”, c’è stata, direi c’è, un’archeologia “costante”. Cioè sempre relegata ad un ruolo secondario. Di contorno. Che continua ad avere. Nonostante il progetto del parco archeologico nell’area centrale. Progetto che ha avuto il merito di riaccendere i riflettori su una questione antica. Ma in realtà mai affrontata. Uno dei temi, il tema, di Marino in campagna elettorale diventato uno dei progetti del nuovo sindaco. E del nuovo assessore alla Cultura Barca. A Luglio e poi ad Agosto ed anche a Settembre le cronache romane anche dei maggiori quotidiani nazionali hanno contribuito a dare il giusto risalto alla questione. Che continua ad articolarsi in una serie di successive pedonalizzazioni. E sull’intenzione di smantellamento della fettuccia di via dei Fori imperiali. Sfortunatamente con l’aggiunta della Metro C. Dei cantieri in via Sannio, piazzale Ipponio, largo Celimontana e via dei Fori imperiali. Cantieri invasivi che a dispetto delle rassicurazioni, hanno provocato l’abbattimento di numerosi alberi, la distruzione almeno del belvedere Cederna. Oltre che la messa in pericolo di tanti monumenti antichi. Dalle mura aureliane al tempio di Venere e Roma. Dalle sostruzioni del tempio di Claudio alla Basilica di Massenzio. Ora, in attesa che si chiarisca quale sia il progetto del parco

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I Beni Comuni e la vendita del patrimonio culturale e simbolico Gaia Pallottino Coordinamento Residenti Città Storica  1- Da alcuni anni a Roma, come del resto in tutta Italia, associazioni, comitati, gruppi di cittadini hanno cominciato ad occupare spazi o immobili non utilizzati o del tutto abbandonati prevalentemente pubblici, ma anche privati, per farne luoghi di attività sociale e culturale, luoghi di incontro, formazione, crescita della persona. Tanto che questi luoghi con il portato delle attività che vi si svolgono sono stati definiti beni comuni, cioè beni di tutti o meglio ancora beni della comunità, che di essi fruisce. 1.1- Questi beni comuni sono spesso edifici e spazi di rilevante interesse paesaggistico e culturale, facenti parte dunque del nostro immenso patrimonio artistico e culturale, che purtroppo la cosa pubblica non sembra in grado di tutelare e rendere disponibile a tutti i cittadini. L’occupazione e l’uso dei beni comuni ha in molti casi sottratto tali spazi e tali edifici alla alienazione e alla speculazione. 1.2- Gli esempi sono numerosi, tra tutti quello che ha goduto di ampia visibilità anche a livello internazionale per il grande interesse delle attività che vi si realizzano, è stato il Teatro Valle Occupato. 1.3 - Tuttavia, nonostante la Costituzione con l’art. 9 prescriva che la Repubblica tuteli il patrimonio storico e artistico della nazione e quindi quel patrimonio sia di tutti gli italiani, le occupazioni e l’uso pubblico dei beni comuni non sono affatto unanimemente accettati, ma anzi sono fortemente avversati soprattutto dai gruppi economici e finanziari che vi vorrebbero realizzare attività speculative e comunque dai difensori ad oltranza della sacralità della proprietà privata. 1.4- Il Teatro Valle Occupato ha tentato di risolvere il problema della propria legittimità, creando una fondazione, attraverso un’operazione di azionariato popolare, che però non è stata riconosciuta dalla Prefettura. Ci si domanda sommessamente quale uso migliore di quello fatto dagli attuali occupanti, vi si potrebbe realizzare e quali progetti ci siano nella mente di chi osteggia il progetto della fondazione. 2- Di attività speculative la città è costellata. Scompaiono scuole, ospedali, teatri, sale cinematografiche, caserme, aree sportive sostituite da sale da gioco, centri commerciali, alberghi, ristoranti, residenze di lusso. L’ultimo in ordine di tempo a soccombere e stato lo storico Collegio Nazzareno, fondato nel 600 da San Giuseppe Calasanzio, diventerà il Grand Hotel Nazareno, a cinque stelle. Siamo in attesa di conoscere il destino del cinema Airone opera di architettura razionalista situato in via Lidia, o come verrà “valorizzato” dall’archistar Jean Nouvel l’edificio su via dei Cerchi ceduto dal Comune alle sorelle Fendi. 2.1- Destinazioni tutte rivolte ad un pubblico con grandi disponibilità economiche, restringendo progressivamente gli spazi a disposizione di coloro che tali disponibilità non hanno e accentuando le distanza tra i più ricchi e i più poveri . 2.2- All’enormità di questa trasformazione la grande stampa non presta alcuna attenzione o addirittura plaude in nome di un pessimo concetto di sviluppo e modernizzazione, gli organi di tutela reagiscono debolmente o non reagiscono affatto e pochi intellettuali scrivono appelli tristissimi, che nessuno legge più. 3- Questi ultimi sono stati anni in cui sono fioriti censimenti di ogni genere, da parte degli enti locali per fare ricognizioni dei loro beni, di cui non sembravano avere piena conoscenza, con la finalità di privatizzare e censimenti dei beni in abbandono da parte del fronte favorevole al loro riuso pubblico, sociale e culturale. 4- Mentre del patrimonio del comune di Roma è molto difficile avere una informazione completa e in rete, è molto interessante una recente iniziativa del comune di Milano, che ha pubblicato online una mappa degli immobili privati in abbandono con il proposito di destinarli ad uso pubblico. 4.1- Sembra una scelta rivoluzionaria quella di riportare nella mano pubblica una porzione di proprietà privata, tanto siamo abituati alla possibilità di privatizzare e non a quella di pubblicizzare i beni e questo nonostante la nostra Costituzione dia prevalenza alla proprietà pubblica e dunque

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Trasparenza, davvero. Anna Maria Bianchi Carteinregola

La trasparenza è solo una questione di volontà. E di coraggio. A un anno di distanza dall’insediamento della nuova giunta, noi cittadini possiamo cominciare a fare un primo bilancio: sappiamo che ha ereditato dalle precedenti amministrazioni una montagna di debiti accumulati in decenni di cattiva amministrazione. E che oggi l’ingrato compito di chiedere sacrifici, aumentare le tasse e diminuire i servizi ai cittadini è affidato a chi non ha alcuna responsabilità sulle scelte pregresse.

Per questo non saremo troppo pignoli con il Sindaco Marino e i suoi assessori riguardo ai tanti punti (pro)messi nel suo programma che sono e rimarranno sulla carta ancora a lungo (o per sempre).

Ma vogliamo invece chiedere conto di quelle due parole che da anni sono diventate il mantra di tutte le campagne elettorali dei politici di centro, di destra e di sinistra, che con modalità altrettanto bipartisan, dopo le elezioni sono sempre state riposte nel cassetto: trasparenza e partecipazione.

Cominciamo dalla trasparenza, cioè il dovere di chi governa di mettere a disposizione dei cittadini tutte le informazioni che riguardano il funzionamento della città e le decisioni che vengono prese. Nella difficile situazione che viviamo oggi e che dovremo affrontare tutti insieme – cittadini e amministrazione – le chiacchiere stanno a zero: la trasparenza è la principale cartina di tornasole della coerenza, della buona fede e anche del coraggio di chi chiede fiducia alla cittadinanza.

L’impresa può sembrare titanica, vista la gigantesca macchina amministrativa di Roma Capitale, il numero di aziende partecipate, la mole di beni pubblici suddivisi in un labirinto di competenze, eppure è anche molto semplice: trasformare la Capitale in un ristorante con la cucina "a vista", dove chiunque può constatare cosa si sta cucinando e con quali ingredienti. Tutto deve essere “messo in chiaro”, on line, e consultabile da tutti, rispettando solo i vincoli imposti dalle normative che proteggono la privacy (peraltro troppo spesso invocate a sproposito). E la trasparenza non "costa": l’unico sforzo che potrebbe richiedere un minimo investimento è predisporre le informazioni utilizzando un sistema di consultazione semplice e intuitivo e soprattutto usare un linguaggio accessibile a tutti.

Quanto alle priorità, il tema più urgente è sicuramente il bilancio: tutti i cittadini romani che dovranno rinunciare a qualcosa - denaro per le tasse, servizi, beni pubblici - devono essere messi al corrente della situazione economica in cui si trova il Comune (il debito straordinario e quello ordinario) delle soluzioni per riportarla sotto controllo e delle relative ricadute sulla città. E le scelte, soprattutto quelle più difficili, dovrebbero essere prese dopo aver coinvolto nel dibattito tutta la città (1).

Se tutto questo fosse stato fatto dalle precedenti amministrazioni, forse non ci troveremmo al punto in cui siamo. La vigilanza dei cittadini, dei comitati e delle associazioni, avrebbe impedito la degenerazione che ha ormai investito ogni ganglio del tessuto della città, con le spartizioni, le clientele, il sistematico aggiramento delle regole, la totale mancanza di controlli. Invece in questi anni la società civile che si è occupata di questioni legate all’interesse pubblico (2)prendendo permessi dal lavoro per fare accessi agli atti (che spesso poi venivano negati), pagando i ricorsi di tasca propria, impiegando buona parte del proprio tempo libero per studiare, segnalare, diffondere, l’ha fatto in pressoché totale solitudine, elemosinando informazioni di straforo,

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Ce ne siamo accorti quando abbiamo fatto per quattro mesi il presidio in Campidoglio contro le delibere urbanistiche, delibere che sono state attribuite ad Alemanno ma che erano un po’ di tutti, anche quelle peggiori. Ripensandoci oggi, proprio a causa della scarsità di informazioni, le abbiamo messe tutte in un unico calderone, come se fossero tutte uguali, quelle che rispondevano solo al profitto privato e quelle che invece potevano avere qualche interesse pubblico. Ma già procurarcele, leggerle, interpretarle, è stata un’impresa, perché abbiamo dovuto lavorare da soli, potento contare solo sull’aiuto di pochi consiglieri un po’ “cani sciolti”, e l'abbiamo caparbiamente tentata per portare la luce tante manovre oscure, diventando noi stessi canale di informazione verso i comitati, i giornalisti e cittadini. E' stato un grande successo, che ci ha indicato la strada. E oggi le cose sono migliorate, anche se sotto molti aspetti non abbastanza. Le proposte che vanno in Assemblea Capitolina, gli argomenti che si discutono nelle commissioni – peraltro pubbliche – non sono accessibili ai cittadini, se non nel titolo. La maggior parte dei progetti che riguardano trasformazioni urbane (non solo urbanistica ma mobilità, lavori pubblici, ambiente) vengono portati avanti nella totale ignoranza della maggior parte della popolazione, che se ne accorge quando arrivano le ruspe sotto casa…

La gestione dell’enorme patrimonio capitolino fatto di ville, appartamenti, locali, terreni, strutture nei parchi, impianti sportivi, è sparpagliata tra diversi dipartimenti comunali (o uffici municipali), che troppo spesso in questi anni non si sono accorti che i privati a cui erano dati in concessione o in comodato a prezzi risibili non ne avevano diritto, o non fornivano i servizi promessi alla collettività, o avevano titoli scaduti, o si dedicavano ad attività commerciali non contemplate, o ancora – molto spesso – non pagavano da tempo i canoni dovuti al Comune. Uno sperpero colossale di risorse pubbliche che avrebbe potuto e potrebbe essere evitato se ogni cittadino potesse verificare direttamente se il privato che occupa un bene pubblico nel suo quartiere ne ha titolo e se rispetta l’accordo sottoscritto con il Comune.

Ultimamente abbiamo visto dei segnali promettenti, come le informazioni sui beni comunali messe man mano on line dall’Assessorato al Patrimonio (3) e le Conferenze urbanistiche nei Municipi promosse dall’Assessorato alla Trasformazione Urbana(4), che sta finalizzando anche una mappa dei beni pubblici (5). Ma c’è da fare ancora tanta strada. Molte richieste di informazioni legate alla trasparenza avanzate all’amministrazione da associazioni e comitati per le partecipate AMA e ATAC, che contribuiscono in maniera consistente al "buco" di Roma Capitale, non hanno avuto alcun seguito, tanto da spingerli a promuovere un ricorso al TAR. Il nuovo Piano Urbano Parcheggi, che nel programma del Sindaco avrebbe dovuto essere rivisto “insieme ai cittadini e ai comitati” “per ripensare i criteri di localizzazione, di gestione nonché degli effetti di riqualificazione che devono rispondere alle esigenze effettive della collettività e dell’accessibilità garantita al trasporto pubblico” , in un anno è stato esaminato e dibattuto solo nelle segrete stanze dell’Assessorato alla Mobilità e delle Commissioni, con una interlocuzione esclusiva con gli operatori economici del settore. Il Regolamento del Verde è ancora fermo, e non sappiamo se e quando l’Assessorato all'Ambiente intenda sentire anche le associazioni e i comitati che da tempo si battono per la sua adozione.

Certo, sappiamo bene quali resistenze debba affrontare nella Capitale chi vuole cominciare a fare sul serio, portando alla luce del sole quello che si è sempre contrattato negli uffici e nell’aula. Ecco perché parliamo di coraggio.

Il Sindaco Marino e tutti gli amministratori di buona volontà hanno davanti adesso due strade: portare fino in fondo il percorso intrapreso, dandogli ulteriore impulso, o, per l’ennesima volta, fare un po’ di scena e continuare come prima.

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Verso le linee guida per la partecipazione: una proposta per Roma Alessandro Giangrande Docente universitario - Carteinregola La trasparenza - intesa sia come diritto di accesso all’informazione sia come chiarezza e comprensibilità dell’informazione stessa - è un requisito irrinunciabile della partecipazione. In un processo che vuole essere trasparente tutti i partecipanti dovranno dunque essere messi nella condizione di conoscere in dettaglio il tema da trattare e l’ambito al quale esso si riferisce. Quando necessario, si dovranno informare i partecipanti sull’efficacia e sui limiti dei metodi che saranno impiegati per facilitare l’interazione e mettere ordine alla discussione, nonché sui modi in cui questi potranno essere utilizzati. Infine, prima ancora di cercare di risolverli, occorrerà rendere chiari e comprensibili i conflitti che dovessero emergere nel confronto delle visoni e delle preferenze individuali, riferendoli a una base accettata di conoscenza: la stessa che sarà poi perfezionata e trasformata collettivamente in azione. Le linee guida per la partecipazione sono state elaborate dal gruppo di lavoro “partecipazione” di carteinregola, composto da una decina di persone. In esse si fissano i principi ai quali Roma Capitale e i suoi Municipi potranno fare riferimento per redigere gli specifici regolamenti che disciplinano la partecipazione dei cittadini alle decisioni che riguardano il governo dei rispettivi ambiti territoriali. Il documento si articola in una premessa che spiega le ragioni per le quali la partecipazione è necessaria e in alcune sezioni dove si fissano i principi e se ne delineano le possibili attuazioni. Allo stato attuale il documento è all’esame delle associazioni e dei comitati di Carteinregola, che potranno ancora apportare gli eventuali miglioramenti. Il gruppo di lavoro ha deciso di presentarle in quest’occasione, sia pure in una versione ridotta in cui le attuazioni non sono riportate (per la loro lettura si rimanda al documento finale che sarà pubblicato e diffuso a breve), nella speranza di stimolare una discussione dalla quale possano scaturire ulteriori suggerimenti utili per migliorarle.  LE LINEE GUIDA PER LA PARTECIPAZIONE PREMESSA L'Italia è "ammalata" di un uso del potere piegato a interessi particolari e sprezzante dell'interesse generale. Questa distorsione, che ha origine lontane, si è radicata profondamente nella società italiana e non ha risparmiato alcun settore fino a trasformarsi in uno dei tratti più evidenti della cultura nazionale. Uno degli effetti perversi della crisi della democrazia rappresentativa è una certa solitudine del potere politico che, unita all'opacità dei processi decisionali, ha favorito una sistematica diffusione di fenomeni di corruzione. Classi dirigenti e popolo si sono trovati per molti anni nella condizione di poter considerare l'interesse della collettività e la dimensione pubblica dei problemi come un aspetto residuale, destinato comunque a soccombere di fronte ai mille interessi privati in competizione tra loro. I circuiti democratici indirizzati alla formazione delle scelte politiche e quelli amministrativi destinati alla loro attuazione sono stati progressivamente depauperati del significato che a

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e danno continuità e stabilità alla partecipazione Principio 2: L'amministrazione pubblica ha il dovere di attivare gli organismi del processo

partecipativo. L'amministrazione s'impegna formalmente ad approvare e attuare gli esiti del processo: qualora venissero a mancare le condizioni necessarie, dovrà giustificare pubblicamente le ragioni della mancata approvazione/attuazione

Principio 3: Tutti possono proporre di attivare un processo partecipativo Principio 4: La partecipazione è un processo di costituzione di un “contesto pubblico”

dove interagiscono i diversi soggetti territoriali interessati Principio 5: L'interazione tra i partecipanti non esaurisce tutte le attività del processo

partecipativo Principio 6: La partecipazione, per essere effettiva, deve basarsi sia sulla pubblicità di

atti e documenti, sulla loro accessibilità, sulla disponibilità di informazioni; sia su percorsi di apprendimento finalizzati a mettere tutti i partecipanti nella condizione di utilizzare correttamente gli strumenti metodologici nelle diverse fasi del processo progettuale, nonché nella valutazione civica delle decisioni, degli atti e del funzionamento dei servizi

Principio 7: Le problematiche di cui si occupa un processo partecipativo riguardano ogni materia di cui è competente l'amministrazione locale, fissata da leggi nazionali o imposta da regolamenti locali

Principio 8: Il processo partecipativo non si ferma all'elaborazione di piani, progetti ecc., ma sollecita gli organi di governo dell'amministrazione ad approvarli e realizzarli nei tempi stabiliti; inoltre verifica che gli effetti generati da essi sul contesto, una volta attuati, siano congruenti con quelli prefigurati nelle proposte dei cittadini che le avevano avanzate (monitoraggio)

Principio 9: Ai processi partecipativi attivati da Roma Capitale possono partecipare tutti i cittadini interessati ai possibili esiti della proposta.

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principali. • L'amministrazione pubblica potrebbe preferire di non adottare un regolamento per la

partecipazione e continuare a esercitare il proprio potere discrezionale al chiuso degli uffici, piuttosto che in un contesto partecipativo aperto a tutti;

• I soggetti organizzati (associazioni, comitati) potrebbero preferire per la partecipazione norme meno definite, ancorché apparentemente molto assertive, per potere continuare a praticare una contrattazione con l'amministrazione pubblica sui temi di proprio interesse ed esercitare un potere di pressione di tipo lobbistico nel nome di cittadini che peraltro non possono accedere alla contrattazione;

• Il disinteresse dei cittadini, che appaiono ormai sfiduciati per la difficoltà di farsi ascoltare dai soggetti dicono di rappresentarli (amministrazione pubblica, comitati, ecc.) e che sono spaventati dalla tecnicità dei processi partecipativi, da loro erroneamente ritenuti strumenti che sono praticabili solo dagli addetti ai lavori

Un regolamento della partecipazione dovrebbe servire anche a scongiurare questi rischi.  UNA DOMANDA ALL’AMMINISTRAZIONE L’amministrazione, nel predisporre i nuovi regolamenti per la partecipazione, farà riferimento alle linee guida illustrate sinteticamente nel presente documento? in particolare, quale rilevanza avranno la trasparenza - requisito irrinunciabile di ogni forma di partecipazione - nonché i nove principi ai quali, secondo le linee guida, ogni regolamento dovrebbe ispirarsi?