avezzana e la guardia le campane nazionale a genova dell...

88
SILVA ET FLUMEN TRIMESTRALE DELL’ACCADEMIA URBENSE DI OVADA SETTEMBRE - DICEMBRE 2014 ANNO XXVIII - N° 3 - 4 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27 / 02 / 2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB/AL Valle d’Aosta - Il castello di Fènis Nuove tracce del maestro di Sant’Innocenzo Ovada nelle lettere di D. Bruto a Cicerone Iconografia dell’Annunziata Le campane dell’Annunziata Avezzana e la Guardia nazionale a Genova Le opere del Maragliano nell’Ovadese

Upload: hoanghanh

Post on 16-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

SILVA ET FLUMEN

TRIMESTRALE DELL’ACCADEMIA URBENSE DI OVADA

SETTEMBRE - DICEMBRE 2014ANNO XXVIII - N° 3 - 4

Poste Italiane s.p.a.Spedizione in Abbonamento Postale

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27 / 02 / 2004 n° 46)art. 1, comma 1, DCB/AL

Valle d’Aosta - Il castello di Fènis

Nuove tracce del maestro di Sant’Innocenzo

Ovada nelle lettere di D. Bruto a Cicerone

Iconografia dell’Annunziata

Le campane dell’Annunziata

Avezzana e la Guardia nazionale a Genova

Le opere del Maraglianonell’Ovadese

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 1

Page 2: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

Periodico trimestrale dell’Accademia Urbense di OvadaDirezione ed Amministrazione P.zza Cereseto 7, 15076 OvadaOvada - Anno XXVIII -SETTEMBRE DICEMBRE 2014 - n. 3-4Autorizzazione del Tribunale di Alessandria n. 363 del 18.12.1987Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27 / 02 / 2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB/ALConto corrente postale n. 12537288Quota di iscrizione e abbonamento per il 2015 Euro 25,00Direttore: Alessandro LaguzziDirettore Responsabile: Enrico Cesare Scarsi

In una lettera a Cicerone (43 a. C) D. Bruto scrive “Antonius... ad Vada venit”: unpalese riferimento ai guadi di Ovada e non a Vada Sabatia (Vado Ligure)di Bruno Chiarlo p. 179Carlo Barletti a Pavia e L’art d’ensegner la Physique dell’Abbé Nolletdi Alessandro Laguzzi p. 189Giuseppe Avezzana, antesignano di Garibaldi, successore del ministro Buffa nelcomando della Guardia Nazionale genovese e combattente risorgimentale di Pier Giorgio Fassino p. 197Le campane dell’Annunziata di Ovadadi Paola Piana Toniolo p. 206Alcune nuove tracce del "Maestro di Sant'Innocenzo"di Sergio Arditi. p. 213DANIELE SANGUINETI,Anton Maria Maragliano Insignis sculptor GenueL’ultimo volume di Sanguineti sul Maragliano ci fornisce gli strumenti perricapitolare la presenza dell’artista nell’Ovadese e in Oltregiogoa cura di Alessandro Laguzzi p. 220L’organo Serassi - Bianchi dell’Oratorio della SS. Annunziata di Ovadadi Francesco Caneva p. 229Invito a una sacra conversazione. L’Oratorio della Annunziata di Ovadadi Aurora Petrucci Tabbò p. 231Lettere di Giuseppe Ferraro a Giuseppe Pitrè,quando gli interessi comuni si trasformano in amiciziadi Francesca La Grutta p. 242Una preziosa testimonianza su Antonio Reboradi Gian Luigi Bruzzone p. 251Una lettera al Direttore p. 252Ovada in festa. Dublino, 1913.di Cinzia Robbiano p.253

Un cittadino di Silvano d’Orba nella Grande Guerra (1914 -1918 )di Giovanni Calderone p. 255Ricerche sull’ovadese Liliana Bonfatti, attrice delCinema Italiano degli anni ’50di Ivo Gaggero p.258Cinema Italiano di oggi. Attori ovadesi (I) : Franco Raveradi Ivo Gaggero p. 260La signora del Turchino di Cinzia Robbiano p. 262Recensioni:MAX ANSELMI, La famiglia Danei, (di Pier Giorgio Fassino) p. 230ANGELO SEBASTIANO BARISIONE, Un suvè (di Paolo Bavazzano) p. 263

SILVA ET FLUMEN

SOMMARIO

URBS SILVA ET FLUMEN Stampa: Litograf. srl, - Via Montello, Novi Ligure

178

Redazione: Paolo Bavazzano (redattore capo), Edilio Riccardini (vice), Remo Alloisio, Giorgio Casa-nova, Pier Giorgio Fassino, Ivo Gaggero, Renzo Incaminato, Lorenzo Pestarino, Giancarlo Subbrero,Paola Piana Toniolo. Segreteria e trattamento informatico delle illustrazioni a cura di Giacomo Gastaldo.Le foto di redazione sono di Renato Gastaldo.Sede: Piazza Giovan Battista Cereseto, 7 (ammezzato); Tel. 0143 81615 - 15076 OVADAE-mail: [email protected] - Sito web: accademiaurbense.it

I tempi di redazione a volte non ci con-sentono di ricordare a tempo opportuno gliamici che ci lasciano e questo è successoanche per Franco Caneva scomparso im-provvisamente alcuni mesi or sono. In que-sta sede, oltre a rinnovare i sensi del piùsentito cordoglio ai famigliari colpiti da uncosi grande dolore, è nostro dovere richia-mare alla memoria la stima, l’amicizia, chea Franco ci legava e la continua attenzioneche Lui ha sempre avuto per le nostre atti-vità nel corso dei vari mandati di Sindaco diOvada. Considerazione che si è nuova-mente manifestata negli anni successiviquando, per il fattivo interessamento diFranco, (Assessore Provinciale e Membrodella Fondazione CRA di Alessandria) lanostra associazione ha potuto beneficiare dirisorse utili al proseguimento delle proprieattività culturali. Ci piace quindi rammen-tare almeno alcune tappe significative diquesta proficua e sentita collaborazione: ilMillenario della Città di Ovada (1991), ilBicentenario della nascita di San Paolodella Croce (1994) e infine la Mostra sulRisorgimento (2011). Con Francol’Accademia Urbense ha perduto un ova-dese attento alle cose della sua città e tuttinoi un amico.

L’Accademia prosegue il proprio lavoroin vista della mostra sulla Grande Guerrache vorremmo inaugurare per il 24 mag-gio 2015, ma, per giungere ad un risul-tato che ci soddisfi pienamente abbiamoancora bisogno della testimonianza di do-cumenti che solamente i privati, pur a di-stanza di ben 100 anni dagli eventi, sonoforse ancora in grado di fornire. Facciamoquindi nuovamente appello alle Famigliedei soldati che certamente conservano an-cora memoria sia dei caduti che dei com-battenti così come sollecitiamo anche iComuni della zona, le rappresentanze dellevarie Armi e tutti quegli Enti che in qual-che misura potessero reperire materiale daesporre.

Per eventuali contatti la Sede è aperta ladomenica mattina dalle 10 alle 12 ed even-tuali comunicazioni possono essere fatteanche tramite la nostra email.

Concludiamo rivolgendo ai nostri Socigli auguri di Buone Feste e di un serenoAnno Nuovo

Per la redazionePaolo Bavazzano

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 178

Page 3: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

179

Premessa del Direttore di URBSIl secondo numero della «Rivista di

Storia Arte Archeologia per le Provinciedi Alessandria e Asti» dell’anno 2013pubblica un contributo del nostro socioBruno Chiarlo che affronta nel suo la-voro un tema molto dibattuto riguardanteOvada risolvendolo in senso fa vo revolealla tradizione e opponendosi alle tesi li-quidatorie che in tempi recenti si sono af-fermate. Chi scrive era favorevole alleinterpretazioni più antiche risalenti alCampora. Ma affermare una cosa valepoco se poi non la si prova, complimentiquindi al nostro autore che al termine delsuo argomentare, come il lettore potràcostatare, è pienamente riuscito nel suointento. Vista l’importanza che l’argo-mento riveste per la zona gli abbiamo ri-chiesto di poter pubblicare, anche sullenostre pagine, gli esiti della sua ricerca,cosa che ha fatto di buon grado e di cuilo ringraziamo così come ringraziamo iDirettori della rivista alessandrina sullaquale è comparso per primo l’articolo.

1. PremessaII toponimo Ovada risulta citato per

la prima volta nell’Atto di Fondazione eDonazione della Abbazia di S. Quintinodi Spigno (anno 991) con la varianteOvaga1. In seguito: Ouuaga (1014)2,Oada (1156)3, Ovada, (1207, 1210)4, Uuada (1217)5, Uvada (1282, 1283)6.Altre numerose va-rianti, di minor inte-resse toponimicoperché successive oriportate nei docu-menti in forme pale-semente alterate,sono state raccolte ediligentemente elen-cate da S. Alloi sio7.

Il Dizionario diTo p o n o m a s t i c aUTET8 riporta sial’interpretazione diP. Massia che consi-dera il toponimo de-ri vazione dal latinoopaca, cioè di (terra)“collocata a tramon-

tana” ovvero “om bro sa”, sia quella di G.D. Serra e di D. Olivieri secondo cui de-riverebbe dal latino agoga cioè “via re-pente e diritta sul dosso dei monti”,“sentiero scavato dall’acqua sulla monta-gna” o “via inca na lata... per cui si fa sci-volare la legna”.

Tali interpretazioni non trovano pale-semente alcuna reale corrispon denza conl’ambiente dove sorge l’at tuale cittadinané, per quanto risulta, con quello del vil-laggio altomedievale.

1.1. Note ambientali e viarieOvada, sita in una conca pianeg giante

e relativamente ampia tra l’Oltre giogogenovese e le basse colline a Sud-Est diAcqui, è chiusa quasi totalmente tra duecorsi d’acqua, l’Orba e lo Stura. Entrambidiscendono dal versante pada no dell’Ap-pennino Ligure: il primo dai Monti Bei-gua e Rèisa, sovrastanti Va raz ze eArenzano, l’altro dal Monte Or ditane so-vrastante il Ponente Geno vese.

Mentre l’Orba giungendo nella concaovadese apre già ampiamente il suo alveopresso Molare, lo Stura, provenendo dauna stretta gola montana sulla sinistra diBelforte, lambisce l’abi tato dopo unbreve percorso planiziale.

I due torrenti prima di congiungersiavvolgono a tenaglia Ovada lasciando ununico distacco che in linea d’aria nel

punto più stretto misura all’incirca 750m. Questo non ampio collo è percorso daantiche vie di accesso all’abitato: la prin-cipale, che proviene dal Ponente Geno-vese, scavalca l’Appennino al vali co delTurchino e scende lungo la Valle Stura;un’altra, uscendo da Ovada verso Sud-Ovest, si biforca presso Molare e per-mette di raggiungere Acqui, pas sando perCremolino e Visone, oppure di salire finoalla strada di crinale Acqui – Ponzone –Sassello -Albissola passan do per Cassi-nelle e Cimaferle. Prose guendo il suocorso l’Orba sfiora Rocca Grimalda, Sil-vano, Capriata, Predosa e si immettenella Bormida poco a sud di Alessandria.

Lungo la media vallata dell’Orba cer-tamente esisteva fin da epoche prei -storiche un percorso che, attraversandol’area ovadese, raggiungeva la pianuraalessandrina.

E’ tuttavia probabile che acquitrini edesondazioni rendessero inagevole eanche pericoloso il transito nelle sta gionipiovose. Più idonee a quel colle gamentopotevano essere le piste collinari che convarie diramazioni salivano verso Trisob-bio, scendevano tra Carpeneto e RoccaGrimalda, attra versavano il guado del-l’Orba presso Silvano9 e da qui, prose-guendo per Ca priata e deviando versoNord-Est, rag giungevano senza partico-lari ostacoli il territorio tortonese.

M. Condor10, ci-tando M. AnticoGallina11, ricordache la frequenta-zione di questo per-corso in epocaromana è confer-mata da ritrova-menti archeologiciin alcune delle sud-dette località. Talireperti, pur essendoattribuiti al I secolod.C. e successivi, te-stimoniano che iRo mani riattivaronoe miglioraronomolte piste localid’età preistorica.Non si hanno peral-tro notizie di reperti

In una lettera a Cicerone (43 a. C.) D. Bruto scrive“Antonius... ad Vada venit”: un palese riferimento aiguadi di Ovada e non a Vada Sabatia (Vado Ligure)di Bruno Chiarlo

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 179

Page 4: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

180

d’epoca romana del II e del I secolo a.C.in Ovada e immediati dintorni12.

1.2. Richiami storiciI riferimenti all’idrografia ed all’an -

tica viabilità dell’area ovadese sono diparticolare importanza nell’indagine sultoponimo in oggetto ma un decisivo con-tributo, in ambito storico, lo offrono al-cuni episodi relativi al conflitto accesosi,dopo l’uccisione di Giulio Cesare, tra De-cimo G. Bruto e Marco Antonio (anni 44-43 a.C.).

Questi episodi emergono da un Epi-stolario di M. T. Cicerone dove si ripor-tano alcuni messaggi inviatigli daDecimo Bruto mentre inseguiva M. An-tonio per impedirgli di rifugiarsi nellaGallia Narbonense.

Si ritiene opportuno riassumere mol -to brevemente i fatti precisando ancheche Decimo Bruto, pur essendo stato unsostenitore della congiura contro GiulioCesare, non è da confondere con il con-temporaneo Marco G. Bruto, orga -nizzatore della congiura stessa e direttopartecipe all’assassinio.

Il console M. Antonio suscitò unavasta protesta popolare contro l’amnistiaper i congiurati che pertanto si videro co-stretti ad abbandonare Roma. M. Antoniofece poi approvare una legge che toglievaa Decimo Bruto il governo della GalliaCisalpina, ottenuta dopo la morte di Ce-sare, per conferirgli quello della Macedo-nia. Decimo Bruto si oppose trinceran- dosi a Modena dove fu assediato da M.Antonio. Tuttavia, col consenso del Se-nato, a favore di D. Bruto intervenne mi-litarmente Ottavia no che Giulio Cesareaveva designato come suo successore.

M. Antonio venne sconfitto ma riu scìa fuggire con un gruppo di armati diri-gendosi verso la Liguria per rag giungerela Gallia Narbonense gover nata dal-l’amico Marco Emilio Lepido.

1.3. Le lettere di Decimo BrutoAlcune lettere, inviate da Decimo

Bruto a Cicerone13, permettono di docu -mentare con una certa precisione fatti edate relativi a questa vicenda.

Decimo Bruto inseguì il fuggitivo e,con una lettera inviata il 5 Maggio da

Tortona dove si era accampato, informòCicerone che M. Antonio “...sebbenedopo la fuga avesse una piccola schieradi fanti senz’armi, liberando schiavi e tra-scinando con sé uomini d’ogni gene re,sembra averne raccolto un numero abba-stanza grande”.

Riveste un certo interesse la frase chesegue: “...accessit manus Ventidi, quaetrans Appenninum itinere facto difficil-limo ad Vada pervenit atque ibi se cumAntonio coniunxit” (“...si aggre gò laschiera di Ventidio che, compiuta unamarcia molto faticosa oltre l’Ap pennino,giunse ad Vada e qui si unì con Anto-nio”). Non è chiaro se Venti dio abbia pre -ceduto D. Bruto, come è probabile, néquale itinerario abbia seguito.

La lettera del giorno successivo (6Maggio) viene spedita ex castris finibusStatiellensium cioè dall’accampamentoposto nel territorio degli Stazielli.

Una terza lettera di D. Bruto a Cice -rone, inviata alcuni giorni dopo, assumeun notevole valore informativo, in par -

ticolare per il brano seguente: “Dovun -que è andato, (Antonio) ha liberatoschiavi, ha trascinato con sé uomini econstitit nusquam prius quam ad Vadavenit (non si è fermato in nessun luogoprima di giungere ad Vada); quem locumvolo tìbi esse notum (desidero informartisu tale località)... Iacet inter Appenninumet Alpis impeditissimus ad iter facìendum(Giace tra l’Appennino e le Alpi ed èmolto molto difficilmente accessibile).Quando io ero lontano da lui trenta mi-glia e ormai si era unito a lui Ventidio miè stato riferito un suo discorso in cui hacominciato a chiedere ai soldati di se-guirlo oltre le Alpi affermando che erad’accordo con M. Lepido...”.

Tuttavia, dice ancora la lettera, i sol-dati di Ventidio, che costituivano la mag-gioranza di quel raccogliticcio eser cito,espressero molto energicamente la pro-pria opposizione al passaggio delle Alpichiedendogli invece di marciare versoPollentia (Pollenzo, oltre il Tana ro a oc-cidente di Alba) in quanto avreb bero pre-ferito “morire o vincere” rima nendo inItalia.

Da come si è successivamente risol tol’avventuroso inseguimento può sor gereil dubbio, per quanto riguarda la devia-zione verso Pollenzo, che D. Bruto in re-altà sia stato ingannato da un infor matorelocale prezzolato da M. Antonio per depi-starlo.

Risulta comunque chiaramente che D.Bruto ritiene di essere bene infor matocirca l’intenzione di M. Antonio di diri-gersi verso Pollenzo per poi rifu giarsinella Gallia Narbonense.

2. Le divergenti interpretazioni deltoponimo Vada.

Alcune informazioni desumibili dallecitate lettere di D. Bruto sono essenzialiai fini della identificazione toponimicadella località Vada e della sua colloca-zione geografica.

Sull’espressione ad Vada sono infattisorte da molto tempo due interpreta zioninettamente contrastanti: l’una, accettatadalla generalità degli studiosi, la consi-dera storicamente il primo riferimento aVada Sabatia (Vado Ligu re), l’altra,avente un molto ristretto numero di so-

A lato, busto in marmo di MarcoAntonioin basso, busto di Cicerone, il de-stinatario delle lettere di DecioBrutoalla pag. seguente statuetta bron-zea di Minerva, proveniente dagliscavi di Libarna

Alla pag. precedente, sarcofago diAelius Sabino, proveniente dagliscavi di Derthona

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 180

Page 5: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

181

stenitori14 con argomen tazioni peraltropoco approfondite, vi riconosce i guadipresso Ovada, dai quali avrebbe origineil toponimo stesso.

Si premette che l’attributo Sabatiaviene qui usato in riferimento all’odier naVado Ligure anche se al tempo del con-flitto tra i due proconsoli tale loca lità eraforse indicata semplicemente come Vada.E’ noto infatti che è stato in realtà Stra-bone (63 a.C. - 23 d.C.), nella sua opera“Geografia” scritta agli inizi del I secolod.C., il primo a fare un riferimento a Vada(guadi, paludi) dei Sabati per precisareche si trattava del punto di separazionetra Alpi ed Ap pennini15.

La prima citazione della “città” diVada Sabatia risale invece a PomponioMela (I sec. d.C.)16. Rimane ancora pocochiaro il significato dell’attributo Sabatia17.

3. L’ipotesi “Vada Sabatia”Si espongono ora i motivi per cui la

località Vada citata nelle lettere di De-cimo Bruto non può identificarsi conVada Sabatia.

3.1. L’irrazionale presunta scelta diVado Ligure da parte di M. Antonio perattendere Ventidio

Questa scelta avrebbe avuto una solagiustificazione: l’eventualità che Venti -dio, provenendo da Faenza, avesse dec i-so di raggiungere M. Antonio percor - rendo la litoranea Lunae - Genua - Va daSabatia.

L’esistenza di questo tratto della ViaAemilia Scauri viene sostenuto da R. Pa-voni18 che interpreta in tal senso il con-troverso passo del geografo greco Stra -bone19 nel descrivere la rete stradale del-l’Italia Settentrionale. Secondo N. Lam-boglia invece il tragitto della via romanaavrebbe collegato direttamente Lunae aDertona. Il tema è tuttora og getto di di-scussione20.

Comunque, nelle lettere di D. Brutomanca ogni riferimento al riguardo ed’altra parte le difficoltà viarie, che inquesto caso si sarebbero incontrate uni -camente nell’accedere a Vada lungo il li-torale, porta ad escludere tale even tualità.Così pure è da escludere che M. Antonio

intendesse raggiungere la Pro venza permare. Questa ipotesi è impro ponibile per-ché avrebbe richiesto la imprevista e tem-pestiva disponibilità di idonee imbarca -zioni. Gli sarebbe ri masta l’alternativa dipercorrere, parten do da Vada Sabatia, unitinerario rivie rasco notoriamente mala-gevole e in certi tratti con difficoltà quasiinsor montabili. Nel 43 a.C. la Via JuliaAugusta, collegante Vada Sabatia con laProvenza, non esisteva ancora, essen dostata costruita una trentina di anni dopoper volere dell’imperatore Ottavia no Au-gusto.

Se M. Antonio, provenendo da Dert -ona, si fosse portato sprovvedutamentefino a Vada Sabatia per aspettare Ven -tidio, la pressante urgenza di dirigersiverso il più vicino passo alpino loavrebbe poi costretto a ritornare in ValBormida. Pertanto avrebbe offerto a D.Bruto, che lo inseguiva proprio lungoquel percorso, l’occasione più favore voleper sbarrargli la strada e impe gnarlo inuno scontro impari.

Non è quindi sostenibile che M. Anto-nio, esperto comandante militare, luogo-tenente di Giulio Cesare già dal 54 a. C.

e quindi buon conoscitore delle Gallie edelle vie per raggiungerle, abbia potutocommettere l’illogico e fatale errore tat-tico di chiudersi nella trappola di VadoLigure.

3.2. L’effettiva immagine di Vada Sa-batia all’epoca di D. Bruto e Cice rone.

Esperti e cultori di storia romana,mentre accettano l’immagine di una re-mota e paludosa Vada Sabatia rag -giungibile, nel 43 a. C., attraverso unfaticosissimo percorso tra Appennini eAlpi, sono per contro concordi nel so -stenere un contemporaneo fiorente svi -luppo di quel centro portuale, favo rito inmodo decisivo proprio dalla costru zionedella Via Aemilia Scauri (115- 109 a.C.).Il suo tracciato infatti, pur ricalcando al-meno in parte precedenti percorsi pre-eprotostorici angusti e malsicuri, avevarealizzato, grazie alla ben nota tecnicastradale romana, un molto efficiente col-legamento tra la Padania e il Ponente Li-gure, valicando il crinale appenninicopresso il colle di Cadibona e scendendo almare proprio a Vada Sabatia.

L’anomalia della coesistenza di duecosì contrastanti aspetti della realtà va -dese già nel corso del I secolo a.C.avrebbe dovuto suscitare qualche per -plessità. Tuttavia in due soli casi lo scri -vente ha potuto rilevare un fugace acri- tico accenno a questa ambigua raffigu -razione: “..le fonti parlano di Vada oracome un centro portuale, ora come unlocus quasi nascosto nell’entroterra”21;“più che un porto ci appare come una lo-calità difficilmente accessibile chiusa traAlpi e Appennini ...ha ragione chi ha no-tato lo strano utilizzo del sostantivolocus, cioè un termine generico, indeter -minato, mai indicante in senso proprio lacittà,”22.

E’ noto invece che il tratto Vada Sa-batia - Aquae Statiellae - Dertona dellaVia Aemilia Scauri aveva dato impulso,già nel I secolo a.C., ad un notevole in-cremento di traffici tra i due poli, marit-timo e padano23, mentre il nucleoabitativo si andava sviluppando con uncerto ritardo rispetto quello por tuale.

Nel 43 a.C., a oltre sessanta anni dallasua promozione a capolinea marit timo

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 181

Page 6: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

182

della grande via cisalpina, il centro por-tuale vadese aveva effettivamente rag-giunto una attività commerciale in gradodi farlo prevalere sulla già decli nanteSavo (Savona)24 e forse di approssimarsia rivaleggiare anche con Albingaunum(Albenga) e Albintìmi lium (Ventimiglia).

La presunta identificazione di Vadadescritta da D. Bruto con Vada Sabatiapuò essere giustificata dal fatto che, man-cando citazioni della stessa nelle operedegli scrittori che precedettero Strabone,quel generico Vada, in man canza di altrevalide alternative, potesse riferirsi unica-mente al villaggio costiero dei Sabazi.

Strabone, come si è detto, accenna aVada Sabatia attribuendo alla voce Vadail significato di “paludi”. Si può peraltroritenere che non intenda indi care una re-altà ambientale da estendersi all’interosito vadese, ma semplicemente riferirsi alsignificato originario del to ponimo. Neltesto stesso infatti, poche righe dopo, ri-porta il solo termine Saba ta.

L’affermazione di Decimo Bruto chela località Vada da lui descritta “ giace traAppennini e Alpi” potrebbe aver tratto ininganno chi vi ha visto la con ferma diquanto sostenuto da Strabone per VadaSabatia, cioè che quella loca lità costi-tuiva il punto di separazione tra Alpi edAppennini.

E’ però significativo il fatto che D.Bruto non poteva esserne a conoscenzaperché tale precisazione il dotto geo grafola fece nel secondo decennio del I secolod. C., dopo quasi sessanta anni dallamorte del console. Prima di Stra bone in-fatti notizie vaghe indicavano la zona diMonaco come punto di inizio della ca-tena alpina25. L’affermazione di D. Brutoha quindi solo un valore indi cativo inquanto una visione appros simativa delquadro orografico italiano considera inquel tempo la Liguria la regione dove ef-fettivamente finiscono gli Appennini edhanno inizio le Alpi senza peraltro speci-ficare il punto di saldatura dei due si-stemi.

Un villaggio presso i litoranei acqui -trini vadesi o poco più a monte viene ri-tenuto già esistente attorno al 180 a.C.,ma non mancherebbero indizi di unamolto antica preesistenza26.

Gli scavi di N. Lamboglia27 degli an -ni 1953-54 nella Piazza S. Giovanni Bat-tista di Vado Ligure hanno messo in luceuna serie di strati archeologici il più pro-fondo dei quali (il VII) presenta tracce diuna primitiva attività edilizia romana giàdatabile al periodo 180-100 a.C. Questostrato insiste su un originale terreno ver-gine, già acquitrinoso, che dimostra di es-sere stato prosciugato e poi consolidatocon l’apporto, per uno spessore di circa20 cm, di materiale costituito da terra,cocciopesto e residui solidi di varia na-tura. Si ha pertanto la conferma che,prima di intraprendere opere murarie edeseguire pavimen tazioni o livellamentistradali tra le stesse, i siti particolarmenteidonei ad abitazioni o a svolgere attivitàcom merciali erano stati opportunamentebo nificati già nel corso del II secolo a.C.

Un’ulteriore conferma che quell’areafosse ben consolidata lo dimostra lostrato sovrapposto al primitivo. Talestrato (il VI) contiene reperti e tracce edi-lizie risalenti all’età sillana e cesaria na(100-20 a. C.)28. Si tratta quindi del pe-riodo intorno alla metà del quale D. Brutoinseguiva M. Antonio e scriveva le citatelettere a Cicerone.

Gli scavi di N. Lamboglia hanno evi-denziato anche l’esistenza di par ticolaristrutture, risalenti al periodo 20 a.C - 50d.C., inizialmente di difficile interpreta-

zione, ma chiarite in seguito a recenti in-dagini archeologiche effettuate da E Bul-garelli29.

Si tratterebbe infatti di un complessodestinato ad attività commerciali e pro-duttive, testimoniate dal rinvenimen to diconsistenti quantità di monete, materialiceramici, contenitori da tra sporto, dallapresenza di vani di depo sito e immagaz-zinamento “idonei a con servare “... in at-tesa di smistamento attraverso la granderete viaria... derrate, deperibili e non, va-sellame, forse merci e prodotti di pre-gio...”, nonché dalla “prossimità del sitosia al litorale sia al torrente Segno”.

Viene inoltre ammessa la possibilitàche quelle strutture comprendessero “...anche officine o laboratori artigiani comeattesta la presenza di sistemi di approv-vigionamento e di allontanamen to delleacque...”30.

E’ peraltro probabile che, come si èipotizzato, mentre Vada Sabatia era giànota come scalo marittimo e attivo centrocommerciale, il suo sito urbano si trovasseancora in una fase iniziale. Il progressivoma lento afflusso di funzio nati, artigiani,mercanti, esattori, milita ri, ecc., i cui com-piti non più saltuari richiedevano una pre-senza continuativa e quindi una stabiledimora, potrebbe aver contribuito ad unosviluppo resi denziale in notevole ritardorispetto a quello portuale essendo affidato

In basso, Acqui Terme, in epocaromana Aquae Statiellae, i restidell’acquedotto romano che attra-versava la Bormidanella pag. a lato, scavi di Libarna,i resti dell’anfiteatro, sullo sfondoil fiume Scrivia

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 182

Page 7: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

183

all’ini ziativa dei singoli interessati.In proposito F Bulgarelli dice “…

nulla si conosce della organizzazione ur-banistica e della topografia dell’a bi -tato...”31.

3.3. Vada Sabatia: locus?Il quadro del sito vadese nel I secolo

a.C., cui contribuiscono autorevoli te -stimonianze archeologiche e alcuneobiettive considerazioni tratte dalle let -tere di D. Bruto, crea inevitabilmente unaserie di interrogativi:

a ) D. Bruto, nel segnalare Vada a Ci-cerone, indica un luogo che “iacet interAppenninum et Alpis (sic) impeditissimusad iter faciendum”.

Era dunque già ridotta in quelle rovi-nose condizioni la Via Aemilia Scauridopo circa 60 anni dalla sua costruzionee proprio nel periodo in cui Giulio Cesaregovernava le Gallie Cisalpina e Narbo-nense e stava conqui stando la Transal-pina?

Pur ammettendo che tra il passo diCadibona e il litorale esistesse qualchetratto dissestato e in Val Quazzola qual-che ponte pericolante si può parlare perVada Sabatia di “locus impeditis simus”anche per reparti militari rotti a ogni fa-tica?

b) Poteva ignorare D. Bruto che dapiù decenni si andava sviluppando un at-tivo scalo portuale dove la Via AemiliaScauri scendeva al Mar Ligure, il mareche bagnava la provincia di cui in queltempo proprio lui era governa tore?

c) Alcuni storici danno per certa32 oquanto meno molto probabile33 l’even -tualità che in base alla Lex Julia Muni -cipali, voluta da G. Cesare nel 45 a. C.,Vada Sabatia godesse dello status di mu-nicipium come tanti altri centri maggiorie minori della Gallia Cisal pina. Pur man-

cando precise documen tazioni al ri-guardo sembra che anche N. Lamboglianon escludesse questa ipo tesi.

Pertanto, anche se in quel tempo VadaSabatia probabilmente non fosse stataancora un municipium, ma solo una prae-fectura della Gallia Cisalpina, D. Bruto,governatore di quella regione, l’avrebbedefinita semplicemente un locus?

d) Cicerone (106-43 a.C.) era noto -riamente uomo di vasta cultura. E’ pos -sibile che anche lui ignorasse lo sboccoal mare della Via Aemilia Scauri pressoVada Sabatia e che D. Bruto fosse cosìconvinto di questa sua disinformazioneda sentirsi in dovere di ragguagliarlo inproposito scrivendogli quem locum volotibi esse notum (desi dero informarti sutale località)?

Dopo di che, da attento osservatore efedele relatore quale era, invece di descri-vergli un pur modesto, ma attivo scalomarittimo sulla Riviera di Ponen te, limitail quadro descrittivo ad un bre ve e gene-rico cenno su un locus presso ché scono-sciuto e poco accessibile, non ubicato sulmare, ma tra Appennini e Alpi.

Se, come si dà per scontato, fosse ve-ramente sceso al litorale dove giacevaVada Sabatia avrebbe considerato il ma -re e il porto vadese come elementi am -bientali del tutto insignificanti rispet to almontuoso entroterra?

e) Circa la presunta convinzione daparte di D. Bruto che Cicerone igno rassel’esistenza di Vada si può ancora aggiun-gere un particolare non trascu rabile.

Cicerone nel 54 a. C. aveva difeso ilfiglio di Emilio Scauro accusato, pare in-giustamente, di aver commesso estor sioniquando era governatore della Sar degna.E’sostenibile che Cicerone, dati i rapporticon l’assistito, non sapesse che spettava

al padre il merito di aver pro mosso quellagrande opera viaria e non gli fossero notii principali centri cisal pini che la stessacollegava, in partico lare quello sul mare?

Tutte queste domande, alle quali è fintroppo facile rispondere, portano adun’unica e inequivocabile conclusione: lalocalità Vada indicata da D. Bruto comeun locus non poteva certamente identifi-carsi con Vada Sabatia (Vado Ligure).

4. L’ipotesi “Ovada”Rimane pertanto un ultimo inter -

rogativo: quale poteva essere la localitàad Vada (“presso i guadi”) dove, fug -gendo da Modena, si era portato M. An-tonio, di certo non a caso né sprov ve-dutamente, per attendere Ventidio?

Per formulare una ragionevole ipote -si sull’ubicazione di quei guadi è essen -ziale tentare una ricostruzione delper corso fatto da M. Antonio per raggiun -gerli e per allontanarsene.

D. Bruto, inseguendo l’avversario,scrive due lettere a Cicerone: il 5 Mag gioda Tortona e il giorno successivo dal ter-ritorio degli Stazielli. Già in quella del 5Maggio afferma di essere informato cheVentidio con i suoi arma ti, dopo una mar-cia molto faticosa oltre l’Appennino, siera unito con Antonio ad Vada.

E’ evidente che l’inseguimento dove -va proseguire verso quella località dovepotrebbe esservi giunto uno o forse duegiorni dopo. Del fatto ne da ulterior mentenotizia a Cicerone descri ven do gli, comeè noto, molto succin tamente quel luogo.

In base a queste indicazioni, tutte de-dotte dalle suddette lettere, si può conbuone probabilità ricostruire il percorsodell’inseguito e dell’inseguitore. E’ datener presente che mentre D. Bruto erabene informato sulla località (ad Vada)dove si era fermato M. Antonio, questiprobabilmente ignorava che l’avversarione fosse al corrente.

M. Antonio doveva far fronte a dueesigenze contrastanti: mettere la mag giordistanza possibile tra sé e l’insegui tore,ma, per contro, fermarsi in un luo go nonfacilmente accessibile e quin di idoneo adun provvisorio occulta mento in attesa deirinforzi di Ventidio.

Il suo obiettivo era quello di rag -

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 183

Page 8: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

184

giungere al più presto la Gal-lia Narbonense attraversandole Alpi nel valico più vicino.Di qui una terza esigenza: lalocalità valliva di quella sostaforzata doveva lasciare apertaalmeno una via diversa daquella di arrivo onde per met -tergli di allontanarsene evi-tando il peri colo di rimanervibloccato, una via anche ma-lagevole, ma più breve possi -bile per avvicinarsi alle Alpi.

Si potrebbe aggiungereun’ulteriore opportunità, of-ferta dal luogo stesso e sug-gerita da quanto scrive D.Bruto nella lettera del 5 Mag-gio: “...Antonio.., sebbenedopo la fuga avesse una pic-cola schiera di fanti sen-z’armi, liberando schia vi etrascinando con sé uominid’ogni genere, sembra averneraccolto un numero abbastanza grande”.

E’ probabile quindi la necessità di ar-ruolare il maggior numero possibile di ar-mati anche mercenari ed è ben nota, findalle lontane guerre puniche, la di spo -nibilità degli antichi Liguri a questo tipodi arruolamento.

Il distacco tra i due eserciti viene indi-cato con una certa precisione da D. Brutoin un’altra lettera dove dice: “ ...io erolontano da lui trenta miglia e ormai si eraunito a lui Ventidio...”. Essendo il miglioromano pari a circa 1480 m. tale distanzacorrisponde a 44 - 45 Km. M. Antonio,pur ammettendo che ignorasse quanto glifosse così vicino l’insegui tore, nonavrebbe potuto comunque concedere aisuoi soldati soste prolun gate e in unluogo troppo scoperto nei pressi dellastrada romana.

D’altra parte D. Bruto era stato infor -mato, si presume ingannevolmente, delsuo proposito di arrivare alle Alpi pas -sando per Pollenzo. In tal caso il per corsopiù breve avrebbe richiesto di immettersipresso Acqui nella Val Bor mida e seguirela Via Aemilia Scauri fino ad una trasver-sale che deviando verso Nord-Ovest loportasse a quella località. Forse loavrebbe inseguito lun go questo itinerario

se non fosse stato informato della sua de-viazione verso i Vada.

Entra in gioco a questo punto il nomedella località in questione (Vada) che nonlascia ovviamente dubbi sul significato:“i guadi”.

Il riferimento ai guadi presenti nel ter-ritorio staziello permette una rapida inda-gine. Se il percorso per raggiungerli hacomportato, come afferma D. Bruto, unfaticoso impegno sono certamente daescludere tutti quelli presenti nell’areaplaniziale nord-orientale del territoriostesso cioè nelle basse vallate della Bor-mida e dell’Orba. I più noti sono quellidell’Orba a Silvano e della Bor midapresso Bistagno, Terzo ed Acqui (zonaBagni), ma anche altri guadi agibili nellebasse valli dei suddetti corsi d’acqua sa-rebbero stati tutti facil mente raggiungi-bili per la vicinan za alla via romana o aeventuali sue dirama zioni. Comunquenessuno di que sti gua di risulta che siastato indicato nell’an tichità semplice-mente come Vada o Vadum senza altri at-tributi o speci ficazioni. Probabilmente,essendo situati in prossimità di centri abi-tati ben noti o luoghi adiacenti, da questistessi ne sa rebbe derivata la loro speci-fica espres sione toponimica e indicatal’ubi cazio ne.

Rimangono quindi daprendere in considerazione,sempre in area staziella, soloquei guadi che, relativamentelon tani dalle vie romane (Ae-milia Scauri e diramazionioccidentali della Postu mia),erano raggiungibili solo per-cor rendo tragitti disagevoli.

Rispondono a questi re-quisiti unica mente i guadidella media vallata del l’Orbadove confluisce il torrenteStura. I più agibili e più fre-quentati fin da epoche prei-storiche sono quelli giacentiattorno all’abitato di Ovada,sorto su un modesto rilievointerno alla confluenza deidue torrenti.

Per questa landa, in queltempo sel vaggia e inospitale,era del tutto appro priata laqualifica di locus. Sono infatti

ben poche le probabilità che vi fosse esi-stito o esistesse in quel tempo un vicuscioè un piccolo villaggio. Non è inveceda escludere che ancora perma nessero iruderi di una precedente rozza fortifica-zione.

Sostengono questa ipotesi due carat-teristiche ambientali che, per la loro im-portanza strategica di livello locale,rientrano in un modello difen sivo tipico,con qualche variante, delle antiche popo-lazioni liguri: sia la col locazione su un ri-lievo tra due corsi d’acqua sia lavicinanza di alture dove rifugiarsi per unaestrema difesa (ad es. Belforte e Tagliolo,sulla destra del l’Orba).

L’Orba segnava per un lungo trattodel suo percorso il confine tra gli Staziellied i Bimbellì (lett, Binbelli). Questi se-condo G. D. Serra34 e G. Pe tracco Sicar-di35 erano stanziati nell’Ol tregiogo tral’Orba e lo Scrivia.

L’eventuale presenza di un piccolofortilizio sul rilievo interfluviale per ilcontrollo dei guadi mostrerebbe, in tonodecisamente minore, qualche analogiacon il castellaro di Bene Vagienna sitoalla confluenza della Stura di Demontenel Tanaro36.

M. Antonio per raggiungere rapida -

A lato, rilievo satellitare diOvadaalla pag.a lato, cartina conil tracciato della strada ro-mana Aemilia Scauri checongiungeva Derthona almare nei pressi di Vado

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 184

Page 9: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

185

mente la zona dei guadiovadesi dovette risalirela media Valle dell’Orbain quel tempo, partico-larmente dopo Silvano,coperta da una intricatavegetazione e in moltipunti acquitrinosa; lungoquel percorso i tratti pia-neggianti di fondo valledovevano necessaria-mente alter narsi con piùo meno agevoli sentieridi crinale o di mezzacosta.

Si trattava tuttaviaproprio del luogo adattodove provvisoriamenteoccultarsi (ritenendoforse che D. Bruto igno-rasse questa sua mossa)o comunque resistere inattesa di Ventidio.

La conca dei guadi dell’Orba presen -tava un altro notevole vantaggio: versooccidente si aprivano antiche piste mon -tane che gli avrebbero permesso di ab -bandonare la valle dalla parte opposta aquella dove era entrato.

Infatti, seguendo opportuni itinerari(ad es., indicando le odierne località, Mo-lare - Campale - Cassinelle - Cima ferle)avrebbe potuto raggiungere il crinaledove correva l’antichissima “via del sale”Acqui - Ponzone - Sassello - Riviera diPonente e poi, sul versante opposto, scen-dere in Val Bormida tra Spigno e PianaCrixia; di qui, sfruttando il vantaggio suD. Bruto, sarebbe sem pre riuscito a pre-cederlo nella corsa ver so le Alpi.

I particolari dell’ulteriore insegui -mento sono poco chiari e d’altra partenon hanno un interesse preminente ai finidell’indagine toponimia. Sappiamo soloche effettivamente M. Antonio po té rifu-giarsi presso l’amico Lepido, go ver natoredella Gallia Narbonense.

Infatti, con una falsa notizia sul suoarrivo a Pollenzo, riuscì a ingannare D.Bruto che si diresse verso quella localitàsperando di impedirgli il passaggio delleAlpi. Si trattava invece di una fin ta ma-novra di occupazione compiuta per suoordine da un gruppo di cavalieri Ba-

gienni, poi allontanatisi.

5. Il distacco di 30 miglia (Cumabessem ab eo milia passuum XXX...):in Val Bormida o in Val d’Orba?

Nella presunta identificazione di Vadacon Vada Sabatia, non si è evi dentementetenuto conto di alcune pre ziose indica-zioni fornite da D. Bruto sul le vicendedell’inseguimento.

Semplici calcoli basati su riferimentia date, manovre, distanze, ecc. avreb berodovuto generare ulteriori perples sità circala fondatezza di quella iden tificazione.

Le informazioni deducibili dalle let-tere si possono riassumere come segue:

a) D. Bruto inseguendo M. Antonioarriva a Tortona il 5 Maggio e in tale datascrive a Cicerone di essere a cono scenzache “...la schiera di Ventidio è giunta adVada e qui si è unita con quella di Anto-nio”. Non viene però indicato in qualegiorno sarebbe avve nu to tale collega-mento ma, al più tardi, potrebbe essere ilgiorno prece dente quello della lettera(cioè il 4 Mag gio)

b) In una seconda lettera del 6 Mag-gio D. Bruto afferma di essere entrato nelterritorio degli Stazielli.

In una terza lettera dice “cum abessemab eo milia passuum XXX”, cioè“..quando ero lontano da lui (cioè da An-

tonio) trenta miglia”(circa 45 Km) ormai siera unito a lui Ventidio ;tuttavia, per le protestedei soldati di Ventidio, M.Antonio dovette rimandarela partenza al giorno se-guente. Non essendo indi-cata la data del collega-mento tra i due alleati equella della protesta non sipuò sapere se il giornodella loro partenza sia statoil 5 o il 6 di Maggio, am-mettendo che Ventidio siaarrivato, al più tardi, il 4.

D. Bruto non dice inquale fase dell’insegui-mento e lungo quale per -corso, a partire dal 5Maggio, la distan za da M.Antonio fosse, secondo isuoi calcoli, di circa 45

Km. Tuttavia, l’entità di questo distacco,ammesso con ram marico da D. Bruto,mentre ha costituito per lui l’occasioneunica e irripetibile di poter raggiungeresubito dopo il fug gitivo, per la presenteindagine rappre senta il dato che permettedi stabilire inequivocabilmente lungoquale percor so (Val Bormida o Vald’Orba) il di stacco stesso si è verificato.

E’ da tener conto che M. Antonio simuoveva velocemente (infatti si dicenella lettera: “..dovunque è andato ...nonsi è fermato in nessun luogo prima digiungere ad Vada”), mentre l’esercito diD. Bruto seguiva la consuetudine di ef-fettuare normali marce giornaliere dicirca 30 Km37 e di accamparsi (ex castrisDertona, ex castris finibus Sta -tiellensium).

Nei calcoli seguenti vengono scelte,per quanto riguarda gli spostamenti deidue avversari, solo le date che effettiva -mente permettono di confermare il sud-detto distacco di 45 Km. Al di fuori dellestesse si otterrebbero valori privi di signi-ficato.

Le distanze chilometriche lungo i variitinerari percorribili “a piedi” sono statedesunte da Google Maps38.

L’identificazione di Vada pone l’al -ternativa: Vado Ligure oppure “guadi”

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 185

Page 10: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

186

presso Ovada. Vi sono quindi due distintipercorsi da prendere in esame.

5.1. L’inseguimento lungo la ValBormida per giungere a Vado Ligure

Si considerano due eventualità:a) 4 Maggio - congiungimento di

Ventidio con M. Antonio; D. Bruto neviene informato. Per entrambi la par tenzaè rimandata all’indomani. E’ il caso piùprobabile.

5 Maggio - partenza da Tortona di D.Bruto

5 Maggio - partenza da Vada (VadoLigure?) di M. Antonio

M. Antonio, spostandosi più rapida -mente dell’avversario, potrebbe esseregiunto a Montezemolo (circa 38 Km) opoco oltre.

D. Bruto, entrato nel territorio degliStazielli, potrebbe essersi accampato traSezzadio e Predosa (circa 36 Km). La di-stanza minima tra i due (Sezzadio -Mon-tezemolo) sarebbe circa 83 Km.

Pertanto, è evidente che se entrambigli avversari si fossero mossi il 5 Maggionon si sarebbe potuto verificare un di-stacco di 45 Km tra loro ma di quasi ildoppio.

b) 5 Maggio: partenza da Tortona diD. Bruto 6 Maggio: partenza da Vada diM Antonio

D. Bruto , partendo un giorno primadi M. Antonio, il giorno 6 potrebbe esseregiunto a Mombaldone ( Tortona - Mom-baldone circa 77 Km), M. Antonio lostesso giorno avrebbe raggiunto Monte-zemolo (38 Km).

Il distacco tra Mombaldone e Mon -tezemolo risulterebbe in effetti di circa 46Km o di poco inferiore. Tuttavia l’ipotesi“Vada = Vado Ligu re” compro ta neces-sariamen- te che D. Bruto debba raggiun-gere questa località sul mare e percorrerequindi da Mom baldone altri 56 Km circa,ovviamente ignorando che M. Antonio sene è già allontanato. Nel frattempo M.Antonio potrebbe essersi distanziato daBruto, in direzione delle Alpi, di oltre 100Km.

Poiché durante l’inseguimento lungola Val Bormida non si è verificato il di-stacco di 45 Km anche nelle condi zioni alui più favorevoli, risulta ulte riormente

dimostrato che D. Bruto nel corso di que-sto episodio bellico non è stato a Vado Li-gure.

Non è pertanto Vada Sabatia la lo -calità Vada citata e descritta nella sua let-tera.

5.2. L’inseguimento lungo la valledell’Orba per giungere ai “guadi”

Non occorrono particolari calcoli. Ilpercorso a piedi tra Tortona e Ovadaviene oggi valutato in circa 41 Km. Tut-tavia le difficoltà che in quel tempo si po-tevano incontrare lungo la selvag gia eacquitrinosa valle dell’Orba tra Silvano eOvada obbligavano certa mente ad alter-nare i tratti vallivi con altri di crinale o dimezza costa. E’ quindi possibile calcolareuna distanza attorno ai 45 Km.

Inoltre, se il 5 Maggio D. Bruto è par-tito da Tortona ed è giunto ad Vada e M.Antonio nello stesso giorno ha lasciatoVada ed ha raggiunto Spigno (ad es. se-guendo il tragitto Molare –Cassinelle –Cimaferle – Roboaro - Pareto (per por-tarsi successivamente a Montezemolo),tale distacco non avreb be subito sensibilivariazioni.

Sappiamo che M. Antonio si è poi di-retto verso le Alpi mentre D. Bruto mar-ciava verso Pollenzo.

Non è da prendere in considerazionel’eventualità che M. Antonio sia partito il6 anziché il 5 Maggio perché quella di-stanza risulterebbe dimezzata, contra -riamente a quanto sostiene lo stessoinseguitore.

E’ dunque lungo questo percorso cheD. Bruto era riuscito a interporre solo 30miglia tra sé e M. Antonio.

6. L’indagine toponimicaSecondo G. Borghi39 le due atte -

stazioni più antiche, Ovaga del 991 eOuuaga del 1014 presentano una /g/ chepuò essere interpretata

1) come residuo genuino di un fone -ma velare più antico (/g/ o addi rittura /k/tra vocali).

In questo caso le etimologie possi bilisarebbero due:

- in prospettiva latina, per cui siavrebbe opãca “luogo posto o volto a tra-montana” (meno probabile è il greci smoagoga “sentiero scavato dall’acqua sullamontagna” attraverso il dialettale ova,oga)40.

- in prospettiva celtica paleoligure,per cui si avrebbe *ub g “rocca” (daun composto indoeuropeo *ubho-hag’aha

“co mando del sinecismo”)41

2) come “estirpatrice di iato” inseritain una forma intermedia *Ovaa che a suavolta rappresenterebbe il regolare esito diun prototipo *Ou da o simili.

Se Ovaga rappresenta la trasfor -mazione di *Ovaa e quest’ultimo rifletteOvada (cioè la stessa forma attuale, giàimplicita nelle attestazioni Oada del1156, Ouada del 1207 e 1210, Uuada del1217 e 1282) ci si può nuovamente rife-rire ad un etimo latino oppure prelatino(celtico paleoligure).

Sembrerebbe facile far derivareOvada dall’espressione usata da D. Bruto(ad Vada), ma sotto il profilo fonistoricosi giungerebbe a un esito *Avvada.

Maggiori probabilità, dice G. Borghi,avrebbe un prototipo ob Uada “di fronteai guadi”, perché ne risul terebbe *Ov-vada da cui si passe rebbe regolarmente aOvada.

In basso, statuetta marmorea diSerapide, proveniente dagli scavidi Libarna nella pag. a lato, la stele, risalenteal I secolo, detta di Sant’Agata,così nominata per il suo ritrova-mento presso l’omonima tenuta interritorio di Silvano d’Orba

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 186

Page 11: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

187

E’ da tener presente che da ob Uadapotrebbe anche derivare, come unicaalternativa, *Obbada da cui però si ot -ter rebbe un inesistente toponimo *Oba -da.

L’etimologia indoeuropea sarebbeinvece *H Ipo-uah dahaha “presso igua di” (originariamente: “ direzione diso pra i guadi”), regolarmente trasfor -ma tasi nel l’indoeuropeo tardo *Po-u d (“presso i guadi”, espressioneavente l’esatto significato di quellausata da D. Bruto, ad uada), poi nelceltico *Ou d e infine assunta in la-tino come Ou da.

Anche in gallico, come dimostral’odierno toponimo svizzero Waggisderivato dal celtico *U do-tegi s “casepresso il guado”, esisteva la parola*u don “guado” derivata dall’indo eu -ropeo *uah adh-om, così come il latinouadum proviene dal corradicale indoeu -ropeo *u∂ ahdh-om.

Va notato che il quasi identico com -posto indoeuropeo *Hlepi-ua-hadhaha

“sopra i guadi” (descrizione del sito sucui sorge l’abitato) sarebbe dive nuto intardo-indoeuropeo *Epi-u d e in celti -co * u d , assunto poi in latino come* uad .

Quest’ultima forma risulta sorpren -dentemente attestata per tre volte comeEu(u)ada (Evada e Evvada) nel 1283,quasi si trattasse della soprav vivenza diuna variante preistorica.

7. Nota riassuntivaL’identificazione, generalmente e

acriticamente accettata, dei Vada de scrittida D. Bruto con Vada Sabatia ha automa-ticamente generato la convin zione che,ancora nei decenni centrali del I secolo a.C., quel pur modesto centro portualefosse da considerarsi un locus remoto epressoché sconosciuto e che, per raggiun-gerlo, l’ultimo tratto della Via AemiliaScauri fosse talmente dissestata da pre-sentarsi come un iter impeditissimum.

In quel tempo Vada (successi va mentedetta Sabatia) era uno scalo ma rittimo delPonente Ligure il cui svi luppo si andavaintensificando perché la via romana Ae-milia Scauri da oltre 60 anni offrival’opportunità di attivare proficui scambi

commerciali con il produttivo polo pa-dano.

E’ possibile che il centro urbano veroe proprio fosse ancora in una fase em-brionale ed è scontato che zone periferi-che rimanessero paludose. Tut tavia ilquadro generale del sito vadese dovevaessere ben diverso da quello fino ra sup-posto, come confermano testi monianzedirette e indirette di natu ra archeologica,ambientale e storica.

Tra le prime assumono decisiva im-portanza quelle relative agli scavi ef -fettuati a Vado Ligure da Nino Lambo-glia negli anni ‘50 del secolo scorso e re-centemente da Francesca Bulgarelli. Leloro interpretazioni con cordano sul l’esi -stenza, già attorno alla metà del I secoloa. C., non solo di strutture idonee ad atti-vità commerciali, artigianali e variamenteproduttive, ma anche di altre adibite a de-positi e conservazione di merci.

Di notevole importanza risultano al -cune informazioni contenute nelle lette -re inviate da Decimo Bruto a Cice rone.Da queste infatti si possono trarre dati econsiderazioni che confermano la erro -nea identificazione di Vada con Vada Sa-batia. Non è infatti ammissibile che D.Bruto ignori l’esistenza di una strut turaportuale sul mare che bagna la re gio ne dalui governata e inoltre che de scriva talelocalità a Cicerone, ritenu to disinformatoal riguardo, precisando solo che giace trai monti, trascurandone invecel’ubicazione sul litorale ligure e il direttocollegamento con la Via Aemi lia Scauri.

Ad un esperto comandante militarecome M. Antonio, inseguito da D.Bruto e intenzionato ad attraversare leAlpi per rifugiarsi nella Gallia Narbo-nense, sarebbe indirettamente attribuitala sprov veduta decisione, giunto in ValBor mida, di scendere e sostare nella ri -vierasca Vada Sabatia per attendere rin -forzi essendo poi costretto a risalire aNord con il pericolo di trovarsi la stradasbarrata da D. Bruto.

Infine semplici calcoli sulle di-stanze intercorse tra inseguito e inse-guitore escludono che tra i due si siaverificato lungo la Val Bormida il di-stacco mini mo di 30 miglia (45 Km) in-dicato da D. Bruto stesso. Questa

distanza corri sponde invece con buonaapprossima zione al tratto Tortona -Ovada percor rendo la Val d’Orba tra Sil-vano e i “guadi” ovadesi.

I Vada non erano quindi quelli dei Sa-bati ma quelli dell’Orba presso Ova da,cioè i “guadi” giacenti in un luogo in queltempo remoto, raggiun gibile a fati ca e,tranne che in sede strettamente locale,pressoché scono sciuto. Era ov vio che Ci-cerone lo igno rasse ed è giu sti ficato il de-siderio di D. Bruto di vo ler gliene fare lanota descrizione. Se si fosse trattato diVada Sabatia D. Bruto non avrebbe dicerto ravvisato tale ne cessità...

L’ipotesi che ad Vada significhi“presso i guadi” dell’Orba trova ancorasostegno nella constatazione che gli uniciguadi di una certa ampiezza, relativa-mente lontani dalla Via Aemilia Scauripercorsa da D. Bruto e giacenti nel terri-torio staziello, erano e sono tuttora quellipresso la confluenza dello Stura nel-l’Orba.

Se D. Bruto definisce locus la zonadei guadi ovadesi è evidente che, attor noalla metà del I secolo a. C., non vi eraalcun villaggio o, se in preceden za fosseesistito, ne rimanevano tracce abi ta tiveinsignificanti.

Sono i guadi che hanno dato origineal nome della località e del villaggio sortosuccessivamente.

Se l’amministrazione romana per de -si gnarlo ha utilizzato un termine paleo -ligure questo, secondo Guido Bor ghi,po trebbe essere il celtico *ouódà, entra to

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 187

Page 12: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

188

poi come *ouàdà nella topono masticalatina evolvendosi infine in Ovada.

Se invece la denominazione haavuto una diretta origine latina il topo -nimo potrebbe derivare con molte pro -ba bilità dalla particolare ubicazioneinterfluviale dell’abitato. Infatti, tranneil non ampio accesso attraverso il corri -doio tra Orba e Stura, da ogni altraparte si sarebbe dovuto affrontare unguado. Quindi da un impatto descrivi -bile con l’espressione “di fronte aiguadi”, cioè ob vada, potrebbe essersioriginata la voce Ovada.

Glottologicamente non è comunqueammissibile una derivazione di Ovada daad vada.

Note* Un vivissimo ringraziamento al prof.

Guido Borghi che, ancora una volta, ha offertoallo scrivente la possibilità di ottenere un appro-fondito e completo responso su un tema toponi-mico solo apparentemente di facile derivazione.

1 V. MALACARNE, Ozi Letterari, vol. II,Stamperia Reale, Torino 1787, p. 149; B. Bosio,La Charta di Fondazione e Donazione dell’Ab-bazia diS. Quintino, Visone (AL) 1972.

2 D. OLIVIERI, DIZIONARIO DI TOPONO -MASTICA PIEMONTESE, Ed. Paideia, Brescia 1965,alla voce Ovada.

3 S. ALLOISIO, La controversa questione deltoponimo Ovada, in «URBS», a. III, n. 3(1990),p. 76.

4 Ibidem.5 G. PELLEGRINI, G. GASCA QUEIRAZZA, Di-

zionario di Toponomastica, UTET, Torino 1990,alla voce Ovada.

6 R. PAVONI, Le Carte Medievali dellaChiesa d’Acqui, “Collana Storica di Fonti eStudi”, Genova 1977, pp. 254 e 259.

7 S. ALLOISIO, op. cit., p. 76.8 G. PELLEGRINI, G. CASCA QUEIRAZZA, op.

cit., alla voce Ovada.9 M. CONDOR, La Romanizzazione della Val

d’Orba: un Territorio fra Liguri e Romani,Guide Associazione Alto Monferrato, Ed.DIESSE.PI., Ovada 2005, pp. 66, 111.

10 Ivi, p. 66.11 M. V. ANTICO GALLINA, Repertorio dei

Ritrovamenti Archeologici nella Provincia diAlessandria, in «Rivista di Studi Liguri», LII(1986), p. 145.

12 G. PIPINO, I Ritrovamenti archeologici aSan Carlo di Rocca Grimalda (Una grande sco-perta mancata?), in «URBS», 2-VI (1993), p.76; Id., I Ritrovamenti archeologici di Epo caRomana nell’Ovadese e nella bassa Val d’Orba,in «URBS» , 3-X (1997), p. 97.

13 M.T. CICERONE, Ad Familiare!, XI, 10,3; XI, 11,2; XI, 13, 2 in Prosatori di Roma, (acura di C. Vitali), Ed. Zanichelli, vol. III, Bolo-gna, 1996; Fontes Ligurium et Liguriae Anti-quae, in Atti della Società Ligure di StoriaPatria, voi. XVI, nuova serie, Genova 1976, n.809, 928, 1606.

14 G. BIORCI, Antichità e Prerogatived’Acqui Staziella, a cura di C. PROSPERI e G.L.RAPETTI BOVIO DELLA TORRE, Ed. I.G., vol. I,Acqui Terme 2001, p. 3; L. PEDRESCHI, Alessan-dria. Ambiente e vita economica, in Tuttitalia.Piemonte -Val d’Aosta, vol. I, Ed. G.C. Sansoni,Firenze, 1961, p. 250; G. BORSARI, La NostraOvada, Tip. Domenicani, Alba (CN), 1968, p. 7;S. ALLOISIO, La controversa questione... ecc., p.76; T. PICCIOLI, Luoghi Storici d’Italia, Ed. A.Mondadori, Milano, 1972, p. 612.

15 STRABONE, Geografia, 4,6,1 (a. 17-18d.C.)

16 POMPONIO MELA, De Chorographia,2,4,72; G. PETRACCO SICARDI, R. CAPRINI, Topo-nomastica Storica della Liguria, Ed. SAGEP,Genova, 1981, p. 13.

17 E PELLERO, Vada Sabatia. Saggio criticodi una storia bimillenaria, Ed. Sabatelli, Sa-vona, 1971, p. 25.

18 R. PAVONI, E. PODESTÀ, La Valle del-l’Orba dalle origini alla nascita degli Stati Re-gionali, “Accademia Urbense, Storiadel l’Ova dese”, Ovada 2008, pp. 33, 34.

19 STRABONE, op. cit., V,l,ll.20 N. LAMBOGLIA, La Via Aemilia Scauri, in

«Athenaeum», nuova serie, XV, 1937, pp. 58-60; G. PARODI, La Via Aemilia Scauri da Vado aTortona, Ed. De Ferrari, Genova 2000, p. 9; L.GERVASINI, Considerazioni storiche sulla viabi-lità nella Liguria Orientale, in Vie Romane inLiguria, Ed. De Ferrari, Genova, 2001, pp. 51,52; M. CONDOR, op. cit., pp. 61, 62.

21 G. PARODI, op. , cit. p. 42.22 A. BISLENGHI, A. GRANERO, F. MOLTENI,

Storia di Vado Ligure, parte I, Ed. Daner, Sa-vona 1996, p. 35.

23 G. AIRALDI, Storia della Liguria, voi. I,Ed. Marietti, Genova 2008, p. 146; E. BULGA-RELLI, Da Piana Crixia al Promontorio dellaCaprazoppa in Vie Romane... cit., p. 142- 143;R. DEL PONTE, I Liguri. Etnogenesi di un po-

polo, Ed. ECIG, Genova 1999, p. 215.24 G. AIRALDI, op. cit., p. 146.25 STRABONE, op. cit., IV, 5, 6.26 G.P. MARTINO, San Pietro in Carpi -

gnano, in Archeologia in Liguria Scavi e Sco-perte 1976-81, Ed. Tormena, Genova 1984, p.159 e nota 4, p. 169.

27 N. LAMBOGLIA, Prime conclusionisugli scavi di Vada Sabatia, in «Rivista In-gauna e Intemelia», X, 2, pp. 33-41.

28 F. BULGARELLI, Vado Ligure. Nuove in-dagini nell’area archeologica di piazza SanGiovanni Battista, in «Rivista di Studi Li-

guri», LXIX (2003), pp. 93, n. 4.29 Ivi, pp. 104,106.30 Ivi, pp. 109, 110, 113.31 Ivi, p. 113.32 G. AIRALDI, op. cit., pp. 147, 148, 176.

A, BISLENGHI, A. GRANERÒ, MOLTENI, op. cit., p.143, 144 (cronologia).

33 Ivi, pp. 29, 30.34 G.D. SERRA, Aspetti della Topono mastica

Ligure, in “Rivista di Studi Liguri”, Istituto In-ternaz. di Studi Liguri, Bordighera, X, 1944, p.148.

35 G. PETRACCO SICARDI, R. CAPRINI, op.cit., p. 38.

36 B. CHIARLO, II sito di Carìsto, AcquiTerme o Melazzo? in «Rivista di Storia ArteArcheologia, per le Province di Alessandria eAsti», CXIX (2010), p. 131.

37 P. CONNOLLY, L’esercito romano, Ed.Mondadori, Milano 1976, p. 51.

38 Da http ://maps.google.it/ (percorso apiedi).

39 Prof. Guido Borghi, Istituto di Glottolo-gia della Università di Genova. Comunicazionepersonale.

40 D. OLIVIERI, Dizionario di Topono -mastica Piemontese, Ed. Paideia, Brescia 1965,p. 248, alle voci “Ova” e “ Ovada”.

41 G. BORGHI, Note aggiuntive sulla com-parazione di antico indiano bhuka - “buco” eitaliano buco “id”, in Atti del terzo, quarto equinto incontro genovese di Studi Vedici e Pani-niani, Genova 2004-2005-2006 (a. cura di R.Ronzitti, G. Borghi e L. Busetto), Ed. Quasar,Milano 2006, p. 104.

A lato, antefissa in terra cotta rin-venuta nel territorio di Ovada

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 188

Page 13: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

189

È noto che una delle mete canonichedelle personalità straniere che nella se-conda metà del ‘700 visitavano il nostroPaese era l’Università di Pavia e in parti-colare il gabinetto di Fisica, annesso allacattedra di Fisica Sperimentale, sullaquale fra il 1772 e i primi dell’800 si al-ternarono Carlo Barletti1 e dal 1776Alessandro Volta2.

Prima ancora di questa data i loro de-stini si erano incrociati all’insaputa l’unodell’altro. Se ne accorse, il Volta che, perottenere la cattedra di Fisica sperimentaleall’Università di Pavia, si era rivolto alConsigliere Aulico alla Cancelleria diVienna, barone Sperges, nel riceverne lalettera di risposta. Sperges nel ringraziareper la dissertazione sull’elettricità invia-tagli, si dice spiacente di non poterlo aiutare:

«Mais pour la Chaire qui deviendra va-cante dans l’université de Pavia, y li a dejades vués fixée de longue main. Je suis fachéque Vous vous etée produit si tard. Vouspourra etre utile dans Votre carriere, dequelle façon que ce puisse etré je ne m’yrefusserei point. En attendant continuez,Monsieur, à cultiver vos talens, donner unbon exemple d’application aux sciencesutiles, sour tout a joune noblesse de votrepais et tacher de gagner la protection deMons.r le Comte de Firmian; au quel a étérecommandé3 pour le même but un autrePhysicien»4.

L’altro Fisico era il Barletti; più dif-ficile è invece individuare il per-sonaggio che aveva compiutol’operazione di patronage pressoil Firmian. E l’aver rintracciatonell’archivio di stato vienneseuna lettera purtroppo priva di in-testazione non è servito a dira-dare il piccolo mistero. Scrivevail Monferrino al suo benfattore:

«Ill.mo Sig.re Sig.re P.onemio Sing.mo Sono efficaci e pro-fusi a tal segno gli effetti della be-neficenza di Vs Ill.ma verso di me,che in questi ultimi giorni mi èstata dal Signor Segretario Sciul-liaga comunicata la lettera di S.E.il Sig.r Conte di Firmian per la no-mina mia in professore di FisicaSperimentale nella Università diPavia. La singolare circospezione,e modestia onde Vs Ill.ma mi fa

sentire l'influenza, ed opera sua nel benefi-carmi, non fa che accrescere in me i piùvivi sentimenti di obbligazione, e di osse-quio verso di un benefattore così magna-nimo, e generoso. In attenzione dell'ultimocompimento di sì distinta grazia, che oratutta dipende da Vs Ill.ma, mi ha ilsud[det]to Sig.r Segretario insinuato di pro-rogare alquanto la pubblicazione de mieisaggi di Fisica, de quali è attualmente sottoil torchio l'undecimo foglio, per cambiarequalche cosa nella prefazione e nell'arti-colo, e farli servire come di prima introdu-zione alla cattedra»5.

La pubblicazione di cui si tratta èPhysica Specimina6, un’opera scritta dalBarletti in latino per facilitarne la diffu-sione e per farla servire da possibile librodi testo, che riportava nel primo capitoloun agile riassunto dell’opera del Prie-stley: The History and Present State ofElectricity (1770)7 e dedicava un ampiocapitolo, il sesto, alla costruzione del pa-rafulmine o verga elettrica. Questa pub-blicazione era l’ultimo passo di unacomplessa strategia messa in atto per rag-giungere la sospirata cattedra pavese edaveva comportato, l’anno prima, il darealle stampe presso il tipografo milaneseGaleazzi un volume: Nuove sperienzeelettriche secondo la teoria del Sig. Be-niamino Franklin e le produzioni del P.Beccaria8, che già nel titolo dichiarava ipresupposti teorici ai quali si rifaceva il

lavoro. Nuove esperienze elettriche, è in-dubbiamente un'opera diversa, di ricerca,che nulla concede alla didattica. Questoè avvertito anche dal recensore che afferma:

«Non ha mai preteso l'Autore in mezzoa tanti libri, che trattano di elettricità, di ri-peterne una pedantesca e pesante istru-zione. Si è anzi studiato di ricavare dallesperienze più luminose le più precise ideedei fenomeni elettrici, le quali non possonomai rendersi abbastanza chiare e sensibilicon astratte e sintetiche definizioni. Inquanto alla teoria, ha stimato meglio di gui-dare il lettore a dedurla da se medesimodalla serie e dalla combinazione de' fatti,che di opprimerlo con nojose proposizionie divisioni. La nuova storia elettrica di Mr.Priestley, che ci istruisce assai bene sullostato attuale delle elettriche scoperte, rendemanifesta la novità e il pregio delle spe-rienze e delle felici viste del nostro Autore»9.

Non ci fermeremo qui ad analizzarel’opera10, che è già stata oggetto di appro-fondimenti, ci interessa tuttavia sottoli-neare come lo scritto del Barletti fupresto conosciuta in Italia ed all'estero:

«Siamo stati prevenuti da molte Gaz-zette Letterarie italiane ed oltramontane14nel dar conto di quest'Opera, che ha si giu-stamente incontrata l'approvazione de' piùesperimentati e celebri Professori».11

si può leggere nel numero 4 della«Gazzetta Letteraria» di Milano che larecensisce. Il libro venne inviato dal-l’autore, che si avvalse per trasmetter-glielo dei buoni uffici del medicotorinese Francesco Cigna12, all'atten-zione del Priestley, il grande ricercatoreinglese, che, svolti alcuni esperimenti inproposito, segnalò allo stesso Franklinla pubblicazione. Il Filosofo americano,forse già a conoscenza dell'opera, sidisse anche lui interessato a verificarli;nella lettera di risposta infatti afferma:

«I intend soon to repeat Barletti's ex-periments, being provided with the requi-sites and shall let you know the result».13

Cosa ancor più importante, il primodicembre dello stesso anno, Paolo Frisi,professore di matematiche alle ScuolePalatine di Milano - lo studioso che siera reso famoso negli ambienti scienti-

Carlo Barletti a Pavia e L’art d’ensegner la Physiquedell’Abbé Nolletdi Alessandro Laguzzi

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 189

Page 14: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

fici italiani contrapponendo la propriaconcezione illuministico razionalista,aperta al pensiero di D’Alembert, aquella dinamica a sfondo metafisico dichiaro stampo leibniziano del gesuita ra-guseo Ruggero Boscovich14 - nella suaqualità di regio censore del governo im-periale per le pubblicazioni scientifiche eastronomiche inviava a Vienna alla Can-celleria Imperiale la propria relazione. Inquello scritto, che intitolava: Statoodierno della letteratura, egli, dopo averesordito tracciando le linee dell'azione ri-formatrice condotta dal governo:

«A Milano e in tutta la Lombardia au-striaca in questi ultimi anni, con la sovranamagnificenza di Maria Teresa e per le prov-videnze di due illuminati ministri, il prin-cipe di Kaunitz e il conte di Firmian, èsucceduta una rivoluzione ben favorevolealle lettere. Subordinati i studi alla dire-zione di uomini particolarmente di studio,tolta la privativa delle scuole a diversi or-dini religiosi, riformata con buone leggil'Università di Pavia e le Scuole regie diMilano, animata la gioventù, chiamati il P.Frisi da Pisa, il P. Boscovich da Roma, ilSig. Spallanzani da Modena, e molti altriprofessori da diversi luoghi, s'è dato unmoto grandissimo alle scienze ed alle arti,e s'è preparato un moto anche maggiore pergli anni a venire.»15

Passava poi, in adempimento dellasua mansione, a segnalare quanto dinuovo durante l'anno, che volgeva al ter-mine, era emerso in campo scientificonella Lombardia Austriaca e negli altristati italiani. Fra tali indicazioni, compa-rivano anche i lavori di natura elettrica dipadre Carlo Barletti. Era la consacrazionedefinitiva! Pochi mesi dopo il cancelliereKaunitz, parlando della cattedra di Fisicasperimentale presso l’Ateneo ticinese,scriverà al Firmian:

«Non avrei creduto tanto difficile il tro-vare chi possa coprirla con decoro senzauscire dalla Lombardia. Tra gli altri,d’alcuno de’ quali è venuto sotto i mieiocchi qualche saggio in stampa; uno speri-mentatore assai ingegnoso e capace, se-condo che mi è stato assicurato da personeintelligenti, che l’hanno giudicato su d’unottimo libro in materia d’elettricità […] si èun certo p. Barletti delle Scuole Pie. Unuomo che nella parte, forse la più difficile,

e la più battuta della fisica, è in stato di dareuna serie di belle e nuove sperienze facil-mente a mio credere può fare le altre e piùcomuni lezioni, e maneggiar le macchine»16

Fu così che all’inizio di novembredel 1772 Barletti assunse l’incarico diprofessore di Fisica sperimentale pressol’Università di Pavia godendo della pro-tezione del Conte di Firmian plenipoten-ziario austriaco dello Stato di Milano .

Proprio in quegli anni quest'ultimo,sotto la direzione del Principe di Kaunitz,il ministro di Maria Teresa, stava condu-cendo a termine quell'opera di riformadelle istituzioni scolastiche, iniziata dacirca un ventennio, mirante ad ottenere ilrisorgimento dei buoni studi, che presen-tava sul piano istituzionale come novitàpiù cospicua l'accentramento in un'unicaUniversità, sotto il controllo diretto delloStato, del monopolio della concessionedel titolo di studio, mentre includeva, fragli elementi destinati a innovare profon-damente sul piano pedagogico le facoltàscientifiche, gli esperimenti di Fisica e diChimica17.

L'uomo di stato dovette apprezzarenon solo la qualità del lavoro scientificoprodotto dal Barletti, ma anche condivi-dere quelle indicazioni epistemologicheenunciate da Padre Carlo che sembra-vano così bene attagliarsi ai principi ispi-ratori dell'azione riformatrice:

«un’avveduta abilità nello sperimen-tare e nell’osservare, una mente calma, e

una più attenta considerazione della teoria,che rifuggano dai sistemi preconcetti, dallospirito di parte, e infine dalla bramosia piùtemeraria di contraddire»18.

E' quindi in un Ateneo Pavese in fasedi profondo rinnovamento negli indirizzie negli uomini, rinnovamento che troveràun primo coronamento nel reale dispac-cio del 4 Novembre 1773 che reca il ti-tolo: Piano scientifico per l'Università diPavia, che viene chiamato, nell'Ottobredel 1772, il Barletti a ricoprire la cattedradi Fisica Sperimentale, e la sua stessa no-mina è indubbiamente parte di quella vo-lontà di cambiamento. Qui Egli si troveràa lavorare al fianco di uomini come ilgrande Spallanzani, il matematico Gre-gorio Fontana, il medico Ciccognini e ilgiurista Daverio, insomma di tutta quel-l'élite di studiosi e scienziati illuministiche così profondamente improntarono lacultura lombarda del periodo, ed in defi-nitiva l'italiana.19

A Pavia, come scrive egli stesso alFirmian, il suo impegno sarà rivolto alle:

«giornali lezioni pubbliche, la prolu-sione, l'ordine e direzione per nuove mac-chine ai Religiosi Cappuccini macchi- nisti,la descrizione, e disposizione delle antichemacchine, e finalmente le pubbliche dimo-strazioni sperimentali».20

Oltre alle lezioni ex cattedra, quindi,un programma di insegnamento chemette l'accento sull’apprendimento dellaFisica sperimentale attraverso pubblichedimostrazioni realizzate con l’aiuto di ap-posite macchine, e dove il Gabinetto diFisica con la sua strumentazione finisceper assurgere, così come il Teatro Anato-mico, l'Orto Botanico, la Biblioteca e ilMuseo di Storia Naturale, a simbolostesso di una cultura e di una società chevogliono essere governate dai lumi. Aqueste istituzioni, che diventeranno laprestigiosa vetrina del riformismo asbur-gico, l'illuminato governo austriaco, in unperiodo in cui i principi ambiscono esserefilosofi, riserva una cura così particolareche, all'ennesima sollecitazione del Kau-nitz, il Firmian si sentirà in dovere, dopoaver minutamente relazionato sullo statodei lavori e la condizione del laboratorio,di scrivere:

«Può essere V.A. pienamente persuasa

190Alla pag. precedente medagliacommemorativa dei 200 dellascorparsa del Fisico di Rocca Gri-malda Carlo Barlettiin basso, una delle ingegnose mac-chine inventate dal Barletti

Alla pag. a lato, macchina elet-trostatica di Barletti; tutti i disegnidell’articolo sono tratti dalle ta-vole del volume Nuove sperienzeelettriche secondo la teoria del Sig.Franklin e le produzioni del P.Beccaria, pubblicato a Milano nel1771

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 190

Page 15: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

191

che mi stanno nelcuore tutti gli og-getti che facilitanoe favoriscono lostudio del la StoriaNaturale, della Fi-sica Sperimentalee di tutte l'Arti, eScienze, che nel-l'Università ven-gono insegnate, ela mia premura perle medesime, oltreall ' inclinazionemia par ti- colare,prende norma daquella con cui scorgo V.A. per esse impe-gnata».21

Toccava ora al Barletti il compito dimettere in atto questa nuova didattica.Ma per comprendere meglio il fenomeno,a noi converrà fare un passo in dietro pertrovare l’origine di questa tendenza cheaveva finito per travalicare il campo dellafilosofia naturale e dei suoi curiosi dilet-tanti per trasformarsi in una moda dei sa-lotti più impegnati.

Il fenomeno nasce in Inghilterra dovegli aderenti alla Royal Society erano so-liti realizzare le esperienze a loro segna-late dagli associati e dai corrispondentistranieri. Le verifiche di una teoria attra-verso opportune esperienze si moltipli-cano poi in periodo newtoniano, quandoalcuni studiosi:come John Keill e JeanTheophile Desaguliers a Oxford e Wil-liams Wiston a Cambridge si impegnanonel diffondere le idee del grande filosofonaturale attraverso una serie di confe-renze – lezioni durante le quali alcunistrumenti giocano un ruolo fondamen-tale. Desagulieres pubblicherà poi neglianni Trenta un Cours of ExperimentalPhilosophy che avrà, per i tempi, unenorme diffusione. In Olanda i lavori diNewton sono pubblicizzati da WillemJacob ‘sGravesande, il cui volume: Phy-sice elementa mathemattica, experimen-tis confirmata. Sive introductio adPhilosophiam Newtonianam, pubblicatoa Leyda nel 1720, diventerà un modelloper tutti coloro che vogliono svolgere ilruolo di divulgatori – dimostratori. InFrancia il compito di divulgatore del pen-siero di Newton è assunto da Pierre Poli-nière che, come è facile immaginare,

incontrò numerosi ostacoli alla sua operaper la forte influenza del pensiero carte-siano.

L’uomo che si rese famoso come ilpiù grande divulgatore dimostratore fran-cese fu certamente l’abate Jean AntoineNollet 22. Nato nel 1700 dopo una brevecarriera ecclesiastica, si segnalò per lagrande curiosità intellettuale che lo ani-mava, diventando presto assistente diRené-Antoine Ferchault de Réamur e diCharles-François de Cisternai Dufay.Con quest’ultimo fece un viaggio inOlanda e in Inghilterra, durante il qualeebbe occasione di incontrare ‘sGrave-sande e Desagulieres. Ritornato a ParigiNollet riprende la strada già percorsa daPoliniere, scomparso l’anno precedente.Mettendo a punto un programma di la-voro che lo porterà entro pochi anni, nel1743, a pubblicare i sei volumi delle Les-son de physique experimentale. Nel frat-tempo si è guadagnato la fama di divul- gatore eccezionale, i suoi corsi sono ingenerale arricchiti con spettacolari espe-rienze d’elettricità che a volte riescono atrasformarsi in veri e propri eventi mon-dani. Questo gli consente di operare acontatto con la corte e tutti i giornali ri-portano alcune sue esperienze elettricheche hanno per sfondo i giardini di Ver-saille, dove una catena umana formata daun centinaio di cortigiani comunica l’unl’altro la scossa che il primo ha ricevutoattraverso il contatto con una bottiglia diLeyda; altra volta nobili cavalieri fannola fila per ricevere uno sconvolgentebacio elet- trico dalla bella di turno che,elettrizzata, si dondola su un’alta- lenaisolata perché appesa a cordoni di seta.

Queste iniziative,oltre a procurargliincarichi presti-giosi e ben remu-nerati: verràn o m i n a t omembro del- l’Accadémie Ro-yale de Science, ericeverà il com-pito di insegnantedi Fisica all’eredeal trono delRegno di Sarde-

gna, faranno si che la sua fama si dif-fonda per tutta Europa mentre il suocorso di fisica sperimentale verrà a lungoconsiderato quanto di meglio si potesserealizzare.

Anche le macchine da lui progettateo comunque da lui adottate, pensate dalpunto di vista estetico sempre come dainserirsi in un contesto salottiero dettanole regole del gusto che abbandona la fun-zionalità dei manuali precedenti per in-trodurre aggraziate decorazioni e l’uti-lizzo di materiali ricercati se non preziosi.

Se questo era il modello a cui ispi-rarsi qual'era lo stato dell'arte nell'univer-sità pavese col quale avrebbe dovutomisurarsi il fisico di Rocca Grimalda?

Per dare un’idea dello sconvolgi-mento che si voleva apportare basterà ri-cordare che, se nei primi decenni delsecolo i testi commentati ex cattedra perla Fisica, in quasi tutte le università eu-ropee, e Pavia non faceva eccezione,erano i testi aristotelici: Phisica, Decoelo, De generatione et corruptione,Metereologica e De anima23, ancora nel1765 il francescano padre Marzari pro-fessore a Pavia, dichiarava che il proprioprogramma di Fisica generale consistevadi due parti: la prima di matematica ele-mentare limitata ai primi cinque libri diEuclide, la seconda relativa ai problemidell’esistenza e dell’essenza dei corpi.Con questo approccio problematico, ti-pico del metodo d’insegnamento eccle-siastico, nell’affrontare la cosmologia, silimitava ad indicare come più probabile ilsistema copernico-newtoniano nei con-fronti di quello tolemaico o di TychoBrahe24.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 191

Page 16: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

192

Il cambiamento radicale che si inten-deva realizzare richiedeva parallela-mente, oltre le nuove dotazioni, un’at-tenta politica di reclutamento di docentiin sintonia con i metodi di insegnamentoche si voleva introdurre, particolarmenteper la fisica una materia della quale GianRinaldo Carli aveva dichiarato: «… nonsi sa trovar persona, a cui possa essere in-differente questa che è la più vasta, la piùinteressante e la più utile di tutte le appli-cazioni». Una valutazione ampliamentecondivisa negli ambienti governatividalla quale non ci si scosterà più, alcunianni dopo il Bovara affermerà:

«Gioverebbe pure il destare i sensi de’cittadini col nuovo e col mirabile della na-tura. Il professore di fisica provveduto chesia di macchine e di stromenti potrebbe atale effetto, previo pubblico avviso duevolte in ciascun mese sperimentare pubbli-camente […] Pare che col piacere della no-vità si diffonderebbe nell’ordine de’cittadini e cavalieri specialmente qualcheseme di buon gusto con decoro, ed utilitàdella nazione».

Per la cattedra di Fisica Sperimentalele ricerche erano iniziate per tempo, masembra che le difficoltà non mancassero:un tentativo di avere un professore dellaSapienza, lo scolopio padre Gaudio,venne frustrato perché l’ateneo romanorespinse l’offerta aumentando lo stipen-dio del professore, mentre Francesco A.Zacchei rimase a Pavia solo per un breveperiodo del ‘70 .

Fu in questi primi mesi del 1771 chepadre Carlo aveva compiuto, forse dietroconsiglio di un mentore ben addentronegli ambienti governativi che gli avevaillustrato quanto quei signori ritenesseroimportanti le pubbliche dimostrazionicon l’utilizzo delle macchine, una mossadestinata a rivelarsi decisiva. Estrapolòdal materiale che stava utilizzando per laredazione del volume sull’elettricità laparte riguardante le esperienze di labora-torio e le macchine e la diede alle stampe.Dai torchi del Galeazzi uscì: Nuove spe-rienze elettriche secondo la teoria delSig. Beniamino Franklin e le produzionidel P. Beccaria, un tometto di 135 paginein 8° costituito da sei capitoli ognuno deiquali, attraverso una serie di esperienze

dettagliatamente descritte, conduce aduna conclusione di carattere teorico chesi inserisce e conferma la teoria frankli-niana di un unico fluido elettrico alla lucedelle correzioni apportate del padre Bec-caria, inoltre il volume è dotato in appen-dice di una tavola con le figure relativeagli apparati descritti.

Come abbiamo visto il colpo era an-dato a segno ed ora Barletti sedeva sullacattedra di Fisica Sperimentale, ora biso-gnava rispettare le premesse.

L'incarico, fin dal suo esordio, per lostato pietoso in cui si trovavano le mac-chine esistenti:

«trovai quelle in una stanza per terra tuttea fascio, ed in disordine senza neppure un ar-madio, o una tavola per sostenerle (...) nep-pur una è in buon punto, ed in stato diagire»26

si rivelerà gravoso, ma a questo com-pito il Fisico Scolopio si dedicherà convera passione, scegliendosi anche un col-laboratore, l'abate Re, un macchinista digrande talento, che saprà affiancarlo ef-ficacemente. Negli anni seguenti ve-diamo Padre Carlo impegnato in rela-zioni su macchine fatte e da farsi, realiz-zabili a Pavia o da ordinarsi a Milano oall'estero, su locali per ospitarle, su ar-madi per contenerle, in rapporti sul mac-chinista-assistente e sulle esperienzepubbliche tenute, in suppliche, umiliatealle autorità, per accrescerle di numero edi importanza e per ottenere i relativifondi; a queste si contrappongono in ri-sposta indirizzi e provvidenze che si ab-bassano graziosamente, e mentre tutto

questo si sussegue non mancherà di farsisentire la stessa voce del Kaunitz. Il ri-sultato, però, sarà tale da giustificare pie-namente tanto impegno, perché, giàprima della venuta del Volta, che lo po-tenzierà ulteriormente, il Gabinetto Fi-sico dell'Università di Pavia sarà tale daimpressionare favorevolmente i visitatorifamosi.27

Non si immagini però che Volta ri-manesse a bocca asciutta, tre anni dopo,nel 1774, si sarebbe dovuto "acconten-tare" della mansione - forse meno visi-bile, ma certamente di grande respon-sabilità - di Reggente nelle pubblicheScuole di Como.28 Il conferimento di taleincarico, peraltro, sembra più ispirato -scrive Franco Giudice29 - da precise stra-tegie governative di promozione socialeche da effettivi meriti scientifici, come te-stimonia questo poscritto del cancelliereKaunitz dell'agosto del 1774:

«Negli anni passati un giovane cava-liere comasco [se. Volta] di ristretto patri-monio mi ha fatto presentare alcune sueproduzioni fìlosofìche pubblicate collestampe. Non mi sovviene ora il di lui nome:ma forse potrebbe egli essere destinato al-l'impiego di reggente che dal rango dellapersona guadagnerebbe assai».30

Certo è, tuttavia, che Volta svolse connotevole talento il suo ruolo di Reggentenella pubblica istruzione, conquistandosigli apprezzamenti di Firmian,31 il quale,nel maggio del 1775, lo esonera dall'ob-bligo, previsto per tutti gli insegnanti delGinnasio comasco, di sottoporsi a rego-lare concorso per mantenere il posto.32

Nel novembre dello stesso anno,Volta ottiene la cattedra di Fisica speri-mentale presso le Regie Scuole di Como,conservando nel contempo il precedenteincarico di Reggente. E anche in questacircostanza, Barletti è parte in causa,giacché su richiesta del Governo è inca-ricato a riferire su Volta. Lo Scolopio, in-sieme a Marzari, esprime un parere deltutto favorevole sui meriti scientifici delgiovane Volta,33 e ciò ovviamente contri-buisce positivamente all'assegnazionedella cattedra. Assai più decisiva, però, inquesta determinazione del Governo, cheistituisce l'insegnamento appositamente,è la straordinaria invenzione di Volta di

In basso ritratto dell’Abate Nollet

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 192

Page 17: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

193

una nuova macchina elet-trica, l'elettroforo, annun-ciata e descritta, sotto formadi lettera a Joseph Priestley,in un saggio pubblicato nella«Scelta di opuscoli interes-santi» dell'autunno 1775,34

che suscita l'entusiastico ap-prezzamento di Firmian, il quale nel set-tembre così gli scrive:

«mi rallegro della superba ed utilissimascoperta da lei fatta, e che farà tanto onorealla di lei Patria, ed all'Italia tutta Madredelle Scienze ed Arti».35

Tra gli studiosi cui Volta comunical'invenzione dell’elettroforo e anche Bar-letti, informato con una lettera purtroppoandata perduta36, ma di cui si ha ugual-mente notizia da un'altra missiva del me-desimo Volta al canonico GiovanniFrancesco Fromond (1739-1785) datata14 novembre 1775:

«Siccome però intorno a questo [l'elettroforo] e ai mezzi d’ingrandirlo an-cora di molto ho avuto occasione di scri-verne più diffusamente a don Marsiho[Landriani], e al padre Barletti, a' quali aveapromesso di farne sapere 1’esito mi par-rebbe mancare all'amicizia e ai patti nostri,se vi tenessi coperta alcuna [...] accontenta-tevi, caro canonico, che vi trascriva il con-tenuto nella lettera al padre Barletti o inquella a don Marsilio, che è presso a pocola medesima».37

Nel percorso che porta Volta alla co-struzione dell'elettroforo, Barletti sembrainoltre avere un ruolo di un certo rilievo,stando almeno all’originale interpreta-zione avanzata di recente da GiulianoPancaldi il quale sostiene che lo stru-mento, più che un'invenzione ex novo diVolta, frutto di una solida riflessione teo-rica pregressa, nasca invece da un lentoprocesso di rielaborazione di apparati si-mili, già introdotti nella seconda meta delSettecento, per realizzare esperimentisulle atmosfere elettriche e sull’elettricitàche si produce dalla fusione di varie so-stanze38 Al pari di altre invenzioni vol-tiane, come per esempio la pila, l'elet-troforo secondo Pancaldi s'inscriverebbeinfatti in un tipico modo di operare diVolta che egli denomina di competitiveimitation e che, nella fattispecie, consiste

nell’imitare e migliorare un apparato spe-rimentale descritto in precedenza dal fi-sico tedesco Franz Ulrich Theodor Aepi-nus (1724-1802). Volta, questa è la con-clusione di Pancaldi, sarebbe venuto aconoscenza dell apparato descritto da Ae-pinus nel Tentamen theoriae electricitatiset magnetismi (1759), grazie alla letturadella History and Present State of Elec-tricity di Priestley e, appunto, dei Physicaspecimina di Barletti.39

Non è qui mia intenzione entrare nelmerito della ricostruzione fornita da Pan-caldi.40 Relativamente, a Barletti, duefatti sembrano comunque degni di atten-zione e affatto incontestabili. Anzitutto,che Volta, comunicando nel luglio 1773all'abate Amoretti la sua intenzione discrivere una nuova memoria di carattereteorico sulle atmosfere elettriche, reputaconveniente, prima di cimentarsi nell'im-presa, poter consultare alcune pubblica-zioni che non è in grado di procurarsi aComo, tra cui anche l'«operetta latina» diBarletti, ossia i Physica specimina, eprega quindi l'abate di trovare il modo difargliele recapitare.41 E alquanto verosi-mile che la richiesta sia stata soddisfattain breve tempo, essendo le opere indicateda Volta facilmente reperibili a Milano,dove risiedeva Amoretti.85 In secondoluogo, che effettivamente nei Physicaspecimina, come sottolinea a ragionePancaldi, viene riportato l'esperimento diAepinus dello zolfo fuso in una coppa dimetallo, che è anche una chiara descri-zione dell'apparato utilizzato dal fisico te-desco.42 Questi fatti, anche senza condi-videre in pieno l'interpretazione fornitada Pancaldi della genesi dell'elettroforo,difficilmente possono essere trascuratinel processo voltiano di realizzazionedello strumento. Fermo restando, infatti,come lo stesso Pancaldi conviene, che laconoscenza degli esperimenti e dell'appa-recchio di Aepinus, attraverso la media-zione di Priestley e Barletti, non comporti

ipso facto l'invenzione del-l'elettroforo (altrimenti nonsi spiegherebbe come mai,pur essendo l'opera di Aepi-nus nota da tempo, nessunofosse riuscito a realizzareuno strumento del tipo diquello di Volta),43 non si può

tuttavia non rimanere colpiti dalle sor-prendenti somiglianze che si riscontranoconfrontando il diagramma dell'apparatodi Aepinus con quello dell'elettroforo diVolta.44

Secondo Volta l'elettroforo prova, inmaniera incontrovertibile, che la teoriadell''elettricità vindice di Beccarla è privadi fondamento, in quanto la straordinariadurata dello strumento (che egli chiamaappunto «perpetuo»)45 rende manifestoche non vi è alcuna rivendicazione dielettricità da parte dei corpi, giacché a es-sere in gioco è, al contrario, un'elettri-cità inestinguibile che restapermanentemente affissa sulle superficidei corpi isolanti. Per sottolineare que-sta caratteristica della permanenza del-l'elettricità, Volta reputa «a tutto rigordi termine» di poterla quindi chiamare«elettricità vindice indeficiente», ossiache non viene mai meno. E di lì a poco,per togliere ogni residua ambiguità in-sita nel termine vindice. Volta proporràdi chiamarla semplicemente «elettricitàpermanente non più vindice».46 Barlettireagisce con enorme entusiasmo all'in-venzione dell'elettroforo, di cui ricono-sce subito la piena paternità voltiana,come testimonia la lettera del 2 gennaio1776 pubblicata sulla «Scelta di opuscoliinteressanti»:

«tanto mi piace il vostro elettroforoperpetuo, che in ogni momento di libertà at-torno mi ci trattengo per analizzarlo».47

Parimenti, allo Scolopio non sfug-gono le straordinarie conseguenze in me-rito alla disputa sulla natura dell'elet- tricità vindice, sicché, dopo aver descrittola realizzazione di un elettroforo con unavariante a zolfo, attraverso il quale si ma-nifestano vigorosi segni di elettricità, ac-coglie senza esitazioni la validità dellatesi di Volta, suggerendo peraltro un'es-pressione appropriata per la sua idea dielettricità permanente:

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 193

Page 18: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

194

«Frattanto in grazia di tanta docilità amanifestarsi la virtù elettrica con sì vivacescintilla senza metter opera ad altro stropic-ciamento, e a prestarsi in seguito ad esserenutrita e rinvigorita col solito vostro mezzodella boccetta, si potrebbe chiamare colnome di elettricità spontanea indeficiente:giacché la coscienza non più vi permettedi lasciar correre il nome di vindice»50

La lettera di Barletti, è bene sottoli-nearlo, rappresenta uno dei primi pub-blici riconoscimenti dell'invenzionedell'elettroforo,49 ben prima cheVolta ottenga quelli, forse a lui più cari,della comunità internazionale. E si trattadi cosa di non poco momento, giacchétale riconoscimento proviene da uno sti-mato studioso di elettricità, nonché do-cente di Fisica sperimentale di una sedeuniversitaria tra le più prestigiosed'Europa, cui lo stesso Volta aspirava,come si è detto, fin dal 1771. Gli apprez-zamenti internazionali sono infatti suc-cessivi, e lo stesso Priestley, cui Voltaaveva indirizzato la lettera in cui annun-ciava l'invenzione dell'elettroforo e da cuisi aspettava indubbiamente una dichiara-zione che riconoscesse l'originalità delsuo strumento, si sarebbe fatto vivo sol-tanto nell'aprile del 1776.51

Che il Volta attribuisse alla lettera delBarletti grande importanza lo dice il fattoche, come scrive al Fromond, si affrettòad inviarla al giornale parigino:

«Gradite mi sono state le nuove da voidatemi dell'incontro del mio Elettroforo pertutto ove lo avete spedito; ma mi restaancor la curiosità di sapere che conto se neabbia fatto fuori d’Italia. Da Priestley nonmai ebbi risposta: la lettera mia a lui con leaggiunte, e quella al P.re Barletti, che voiavete inserita nel tometto 12 degli opuscoli,le ho mandate a Rozier: credo che sarannopresto inserite nel suo Giornale».52

La stessa lettera conferma il fittoscambio di informazioni e lo stretto legamecol Fisico scolopio di questo periodo:

«Di più poi, concernente all'indole mu-tabile dei mastici ho esteso le idee, e credoaverle poste in miglior lume dopo che a voiscrissi: sono queste ídee spiegate in più let-tere al P.re Barletti, a cui ho già scritto dimandar tai mie al P.re Campi, acciò gli edi-tori degli opuscoli trarne possano quelloche stimin buono »53.

Dopo essersi dilungato sui masticiche possono, se la composizione variaopportunamente, passare dal forniresegni elettrici positivi al risultato oppo-sto, ed aver interrotto la lettera per con-sentirne la partenza con la posta dellagiornata, nella lettera inviata il giornosuccessivo riprende l'argomento per poiconcludere:

«Questa aggiunta è riuscita un po'lunga: aggiustatevi caro amico, od aggiu-statela. Desidererei che la faceste passarecome da me scritta al P.re Barletti; perchéinfatti queste ulteriori riflessioni, sebbenein altra forma, le ho a lui già da qualchetempo comunicate e scritte. Ed è poi anchegiusto, sortendo negli opuscoli medesimiuna sua lettera a me scritta »54.

Di tutta questa corrispondenza fra ilFisico comasco e Padre Carlo, purtroppoandata perduta, rimangono solo alcunibrani che lo stesso Barletti ha voluto in-serire nel suo libro Dubbi e Pensierisopra la Teoria degli Elettrici Feno-meni55, di cui noi riportiamo una parte,per dare un'idea del loro tenore. Rac-conta l'Autore che:

«Stava dopo ciò tentando di spegneree risuscitare l'elettricità di questo elettro-foro per mezzo della contraria, quando mene fu dall'illustre Autore trasmessa unaserie di sperienze elegante ed esatta. Ri-sposi come era giusto ch'egli mi era passatodavanti, e che perciò ne prendeva la serietutta da lui. Eccola nelle sue parole: “Misono dilungato nell'altra mia lettera suimodi di smorzare l'elettricità affitta al ma-stice, ma ò lasciato il più bel fenomeno chemi si presenta, mettendo opera di distrug-gerla a forza di elettricità contraria. Il feno-meno è questo: che inducendo sul masticetanta dose di elettricità contraria, che nonsolo faccia sparire la prima, ma di quest'al-tra ne rimanga alquanto imbevuto il ma-stice, a poco a poco sparisce la nuova, eriducisi a zero; indi bel bello risorge la vec-chia elettricità, sebbene poi non si rimetta,a molta tensione »56.

Se ve ne fosse bisogno, ulteriore con-

ferma dell'intenso rapporto e del tenoredello stesso, víene indirettamente da unalettera del Volta al Landriani del 27 stessomese:

«Il mio ritardo a scrivervi procede uni-camente dal trovarmi molto occupato.Oltre il preparar le lezioni di giorno ingiorno, mi si sono affollate molte lettere inqueste ultime settimane: ne ho scaraboc-chiate di lunghissime al Padre Barletti, sulfar di quelle che scriveva a voi nell'estatepassata; da queste si andrà Torse pescandofuori qualche cosa per gli opuscoli»57

Non corrisponde quindi esattamenteal vero quanto sostenuto da Pancaldi,ossia che Barletti, al pari di Landriani,ebbe un atteggiamento di maggiore cau-tela sulla paternità voltiana dell'elettro-foro rispetto a gente come Campi e ilcanonico Fromond.58 E senz'altro veroche lo Scolopio avrà motivo di lamentarsicon Volta, ma ciò avverrà soltanto in se-guito, nel gennaio 1777, precisamente unanno dopo aver pubblicamente esaltato levirtù dell'elettroforo e del suo inventore;in ogni caso, non per ricredersi circa lapaternità voltiana dello strumento. Il ri-sentimento di Barletti scaturisce sempli-cemente, comprensibilmente si potrebbeaggiungere, dal fatto che Volta nella let-tera a Joseph Klinkosch, apparsa nella«Scelta di opuscoli interessanti» del mag-gio 1776, tracciando una sorta di storiadell'elettroforo,59 aveva omesso ogni ac-cenno ai suggerimenti che, in più circo-stanze, gli aveva fornito Barletti:

«Ho letto negli opuscoli la vostra let-tera, al Prof.re Consigl.re di Praga [se.Klinkosch], relativa alla storia dell'elettro-foro, e mi piace che rendiate a Cigna la giu-stizia di essere egli stato il primo a caricarbocce coll'elettricità simmeriana, come iove ne avvisai subito fin dal principio del-l'anno passato. Ho memoria, che in quellastessa lettera v'indicai il preciso paragrafodelle mie nuove sperienze60 ove io il primoaveva caricate altre lastre [...]. Con tutto ciòosservo che ve ne siete dimenticato; e nonmi pareva parte così sprezzabile da dimen-ticarsi, tanto più da un amico prevenuto atempo dal canto mio son certo di non averperduta occasione di rendervi giustizia, e difarvi onore: avete in mano le prove dellamia buona fede nelle vostre stesse lettere,che vi ho restituite a richiesta vostra, la-

A lato, elettroscopio del Barletti

alla pag. seguente, tavole riguar-danti l’elettroforo del Volta tratteda «Scelta di opuscoli Interes-santi»

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 194

Page 19: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

195

sciandovi in mano tutte lemie. Voglio sperare che inavvenire farete qualchecaso di più delle stesse,mentre il tutto è affidatoalla vostra sola onestà; neio su di ciò ho la minima ansietà, o dub-biezza. Vi ho in alcuna di quelle indicatealtre mie sperienze, che farebbero al vostroproposito sulle atmosfere: e tanto basti diqueste minuzie»61.

A conferma, inoltre, che l'atteggia-mento di Barletti nei confronti di Volta fusempre improntato alla massima stima, fafede un episodio decisamente significa-tivo del percorso teorico dello Scolopio.Nella primavera del 1776, infatti, Bar-letti da alle stampe un volumetto, intito-lato Dubbj e pensieri sopra la teoria deglielettrici fenomeni, che può senz'altro es-sere considerato una vera e propria pali-nodia, giacché egli ritratta apertamentela teoria frankliniana del fluido unico pre-cedentemente sostenuta con tenacia, ade-rendo all'ipotesi symmeriana dei duefluidi. Ebbene, quest'opera, in cui Bar-letti rimette in discussione l'intera strut-tura teorica che fino a quel momentoaveva fatto da cornice alle sue ricerchesperimentali, si presenta in forma di duelettere, una indirizzata a Felice Fontana el'altra appunto a Volta. L'aver scelto tra isuoi destinatari Volta attesta, al di là diogni dubbio, l'importanza annessa dalloScolopio al suo rapporto umano e scien-tifico con lo scienziato comasco e l'altaconsiderazione per quest'ultimo. Tantopiù se si riflette sul fatto che proprio nellalettera a Volta, datata 24 marzo 1776,Barletti, nello spiegare questo suo cam-biamento teorico, si lascia andare a con-siderazioni in cui le questioni di naturascientifica si intersecano con quelle ditipo esistenziale:

«Sebbene io non sia più Franklinianovenero ciò non ostante ed amo gli antichiColleghi miei, i quali [...] stanno nella per-suasione di riconoscere nella FrankliniaanaTeoria quella verosimiglianza e verità, chepiù limpida a me si presenta nella nuoviipotesi dei due fluidi elettrici [...]. La veritàsomiglia in questo alla felicità, che tutti lacercano e pochi la conseguiscono; e que’pochi arrivano d'ordinario a conseguirli per

la via piuttosto di replicati disinganni, cheper direzione di principi o di consiglio. Per-ciò io sono nimico delle dispute e, massi-mamente in fatto di opinioni, sono par- chissimo ad esortare o a consigliare. Lascioche la verità si presenti e si raccomandi perse stessa, come non manca mai, a chi ètanto felice di saperla ingenuamente ricer-care. Le esatte osservazioni, i fatti ben av-verati e distinti sono i suoi fedeli ministri,che ci guidano a sentirne la possanza e adammirarne la maestà»62

1 Franco Giudice, Carlo Barletti e la fisicasperimentale a Pavia prima di Volta, in «Nun-cius. Annali di storia della Scienza», XIX, 2004,fasc., 2, pp. 569-599; ID, La chimie nouvelle aPavia: il caso di Carlo Barletti, in: M. CIARDI eF. GIUDICE (a cura di), Atti del X Convegno Na-zionale di storia e fondamenti della chimica,Pavia 22-25 Ottobre 2003, Roma AccademiaNazionale delle Scienze, pp. 145-154.

2 GIULIANO PANCALDI, Volta, science andculture in the age o enlightenment, Princeton,New Jersey, Princeton University Press, 2003.3filosofi naturali

3 L’autore non è stato ancora in grado diidentificare con certezza il personaggio influenteche svolse l’azione di patronage del Barletti neiconfronti del conte di Firmian.

4 V.E., p. 56, Il Barone Giuseppe Sperges aVolta, Vienna, 10 ottobre 1771.

5 OSTERREICHISCHES STAATSAR-CHIV WIEN (O.A.W.), Lombardei Korrispon-denz, anno 1772, Lettera di Carlo Barletti aignoto degli ambienti di governo, Milano, 14aprile 1772.

6 CARLLO BARLETTI, Physica Specimina,apud Joseph Galeatium, Mediolanum, 1772

7 JOSEPH PRIESTLEY, The History and thePresent State of Electricity, 2 vol., III ed., Lon-don 1775, New York, Johnson Reprint co., 1966;

8 CARLLO BARLETTI, Nuove sperienze elet-triche secondo la teoria del Sig.BeniaminoFranklin e le produzioni del P.Beccaria, Giu-seppe Galeazzi Stampatore, Milano, 1771.

9 «Gazzetta Letteraria», Milano, 1772,p.30.

10 per quanto concerne l'analisi dell'operasi veda: Antonella Bonato, Gli studi elettrici nel'700, Padre Carlo Battista Barletti, in «Archi-vium Scholarum Piarum», Roma, V, 1981, n 9,pp.147-184.

11 «Gazzetta Letteraria», Milano, 1772,

p.30; commenti favorevoli al-l'opera comparvero anche in moltialtri giornali italiani («NovelleLetterarie», di Firenze, 1772, III,col. 27-32; «Notizie Letterarie»,Firenze, III, 1772, col. 761-762;

«Giornale de' Letterati», Pisa, VII, 1772,pp.247-266; «Europa Letteraria», Venezia, I,part. I, 1771, pp.75-77.); anche all'estero giunsenotizia dell'opera del Barletti in Germania fudata da Johan Bernoulli III che a proposito del-l'opera scrive: «ci fu scritto da un Fisico de' piùseveri e profondi che erano questi saggi pieni divera erudizione filosofica, e di rettissimo Giu-dizio di Analisi ingengosa ed espressi con no-bile semplicità e nitidezza di stile» (JOHAN

Bernoulli III, Zuzatze zu den newesten Rachri-chten Italien, vol. 2, Leipzig, Caspar Fritsch,1778, p.760); notizia dell'opera giunse anche inOlanda.

12 E' ormai certezza che si siano stabilitirapporti epistolari fra il Barletti e il Priestley.Scrive infatti il Cigna allo Spallanzani, Torino21 Ottobre 1776: «Tempo fa ricevetti un piegodal Mr. Priestlei con alcuni libri per Padre Bar-letti, che inviai a Pavia, perché il padre mi avevascritto che si tratteneva solo qualche tempo aRocca Grimalda onde sul dubbio che si fosse giàrestituito a Pavia inviai colà il piego coll'indi-rizzo al P.Barletti, o in assenza a V.S.Ill.ma per-tanto vorrei pregarla di farmi sapere se questopiego sia stato rimesso al suo indirizzo, e di vo-lermene dare riscontro per mia quiete» (S.Cart.III, p.420).

13 The Writings of Benjamin Franklin, acura di A.H.SMYTH, New York, 1905-1907, V,Franklin to Joseph Priestley, London May 41772, p.394-396.

14 PIETRO RIDONDI, Cultura e scienza dal-l’illuminismo al positivismo, in Storia d’Italia,Annali vol. 3, Scienza e tecnica, Torino, Einaudi,1986, pp. 677- 811.

15 Cfr. PAOLO CASINI, Il «moto dellescienze» in una testimonianza di Frisi, inL'Europa del XVIII secolo. Studi in onore diPaolo Alatri, vol. I, Università di Perugia, 1991,pp. 43-53.

16 ARCHIVIO DI STATO MILANO (da oraASM), Studi p.a., cart. 377; Kaunitz a Firmian,cfr. A. FERRARESI, Il Gabinetto pavese di fisicasperimentale nella seconda metà del XVIII se-colo: didattica, divulgazione, ricerca nella poli-tica asburgica della scienza, in «Annali di storiadelle università italiane» 7, 2003, pp. 91-110.

17 Sulla riforma dell'Università di Pavia siveda: ANNA E. GALEOTTI, Politica della culturae istituzioni educative, La riforma dell'Univer-sità di Pavia (1753-1790), Pavia, 1978. GIULIO

GUDERZO, La riforma dell'Università di Pavia,pp.845-861; in: Economia, Istituzioni, Culturain Lombardia nell'età di Maria Teresa, cit.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 195

Page 20: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

196

18 CARLLO BARLETTI, Physica speciminacit., p. 157

19 F. BEVILACQUA A FERRARESI, Per unastoria dello sviluppo della matematica e dellafisica a Parigi e Pavia nell’atà della rivolu-zione, «Annali di Storia Pavese», 20, 1991,pp.199-249.

20 A.S.M., Studi, p.a., Autografi, cart. 110,Barletti al Firmian, Pavia 12 gennaio 1773

21 OSTERREICHISCHES STAATSAR-CHIV WIEN (O.A.W.), Lombardei Korrispon-denz, Lettera di Carlo Conte di Firmian aKaunitz, Milano, 14 Febbraio 1775. All'A.S.M.nel fascicolo cit. esistono numerose lettere delBarletti al Firmian aventi per oggetto le mac-chine per esperienze del Gabinetto di Fisica,così come esistono parecchi elenchi di macchineda realizzare o rendiconti di macchine realiz-zate, richieste per armadi e tavoli, ecc.

22 LEWIS PYENSON et JEAN FRAN OIS GAU-VIN, L’art d’enseigner la Physique. Les appa-reils de demostration de Jean -Antoine Nollet1700-1770, Septentrion, Silery (Quebéc), 2002.

23 R.W. HOME, The notion of experimentalPhysics in early eighteenth century France, in:Electricity and Experimental cit., ad indicem.

24 Citato in: E. BRAMBILLA, Scientific andProfessional Education in Lombardy, 1760-1803: Physics Between medicine and Enginee-ring, in: F. BEVILACQUA AND L. FREGONESE

25 Così G.R. Carli nella consulta Per lacattedra di Fisica generale e sperimentale diPavia, 21 giugno 1770, (A.S.M., Studi, p.a., cart.125)

26 Giovanni Bovara nel 1775 (ivi, cart.206) ora in A. FERRARESI, La fisica sperimen-tale cit. p. 294, n. 45.

27 ALESSANDRA FERRARESI, Nascita di unluogo della scienza tra pubblicità e controllo: ilGabinetto di fisica cit.; anche stabilire la consi-stenza degli apparati del Gabinetto di Fisicasembra presentare delle difficoltà tanto che lostesso Kaunitz interviene da Vienna inviandouna «provvisione delle macchine e degli stro-menti più necessari» (ASM. Studi P.A., cart.377, Regio dispaccio, del 18 febbraio 1771).

28 Nuove sperienze elettriche secondo lateoria del Sig. Franklin e le produzioni del P.Beccaria di Carlo Barletti delle Scuole Pie, inMilano, 1771, Appresso Giuseppe Galeazzi R.stampatore con licenza dei superiori.

29 ARCHIVIO DI STATO DI MILANO(A.S.M.), Autografi, cartella Barletti, Lettera delBarletti a Carlo Conte di Firmian, Pavia, 12Gennaio 1773

30 In merito al Gabinetto di Fisica ricor-diamo che Jean Bernoulli III che lo visitò nel1775, nel periodo in cui Barletti era il curatore,lo dice avviato a diventare fra i maggiorid'Europa; JEAN BERNOULLI III, Lettres sur diffé-rens sujets écrites pendant le cours d'un voyage

pur l'Allemagne, la Suisse, la France méridio-nale et l'Italie, en 1774 et 1775, 3 voi, Berlin,1779; III, pp.56-63.

31 Cfr. GIULIANO PANCALDI, Volta.Cit., pp. 30-31. Cfr. inoltre lettera di Firmian aLodovico Peregrini, Milano 22 ottobre 1774, inVE, voi. I, p. 68.

32 FRANCO GIUDICE, Carlo Barletti e lafisica sperimentale cit., pp.

33 ASM, Studi, p.a., cart. 381, poscritto diKaunitz del 18 agosto 1774. Sulla funzione promozionale attribuita dagli Austriaci al recluta-mento dei patrizi, come nel caso di Volta, nellapubblica istruzione, cfr. A. FERRARESI, II Gabi-netto pavese di Fisica sperimentale nella se-conda meta del secolo XVIII, cit., pp. 95-96.

34 Cfr. lettera di Firmian a Lodovico Pere-grini del 23 maggio 1775, in VE, voi. I, p. 77.

35 Cfr. VE, voi. I, p. 470.36 Cfr A VOLTA, Artìcolo di una lettera

del Signor Don Alessandro Volta al al SignorDottore Giuseppe Priestley, Como 10 Giugno1775, in «Scelta di opuscoli interessanti, Vol.IX, pp. 91-107; Seguito della lettera del SignorDon Alessandro Volta al al Signor Dottore Giu-seppe Priestley, ivi, vol. X, pp. 87-113.

37 Lettera di Firmian a Volta, 2 settembre1775, in VE, voi. I, p. 96.

38 Cfr. Volta a Carlo Barletti, 14 novembre1773, in VE, vol. I, p. 101.

39 Volta a Giovanni Francesco Fromondcomo 14 novembre 1775, in VO, vol. III, p. 118.

40 Cfr. G. PANCALDI, Volta. Science andCulture in the Age of Enlightenment, cit., pp. 95-100.

41 Ivi, p. 96.42 Per una diversa chiave di lettura, che

sottolinea come l'elettroforo scaturisca diretta-mente dal retroterra teorico di Volta, in partico-lare dalla giovanile memoria del 1769, intitolataDe vi attractiva ignis electrici, acphoenominisinde pendentibus, con la quale lo scienziato co-masco si opponeva alla teoria deS1 elettricitàvindice di Beccaria, cfr. LUCIO FREGONESE, Leinvenzioni di Volta tra teorie ed esperimenti, inG. BELLODI-F. BEVILOCQUA-G. BONERA-L. FA-LORMO (a cura di), Gli strumenti di AlessandroVolta. Il Gabinetto di fisica dell'Università diPavia, dì.., pp. 42-51; ID., Volta's ElectricalProgrammo, Cambridge University, Ph.D. Dis-sertation, 1999, pp. 165-168 e pp. 177-182.

43 Cfr. lettera di Volta a Carlo Amoretti,Como 16 luglio 1773, in VE, voi. I, p. 62. Lealtre pubblicazioni richieste da Volta erano le«Philosophical Transactions» a partire dal 1770e l'Elettricismo artificiale (1772) di Beccaria.

44 L'esperimento di Aepinus si trova de-scritto in Physica spedmina, cit., p. 12n.

45 Cfr. G. PANCALDI, Volta. Science andCulture in thè Age of'Eniightenment, cit., p. 98.

44 Si vedano in tal senso le figure riportaterispettivamente ivi a p. 97 e a p. 74.

45 Cfr. A. VOLTA, Articolo di una lettera delSignor Don Alessandro Volta al Signor DottoreGiuseppe Priestley, cit., in VO, voi. IlI, p. 99.

48 Lettera di Volta a Francesco Fromond,14 novembre 1775, ivi, p. 120.

49 Lettera di Carlo Barletti a Volta, 2 gen-naio 1776, in «Scelta di opuscoli interessanti»,1776, vol. XIV, p. 97, riprodotta in VE, vol. I,p. 106.

50 Ivi, p. 107.51 Le dichiarazioni entusiasdche di Campi

e Fromond erano infatti avvenute in forma pri-vata, cfr. lettera di Carlo Giuseppe Campi aVolta, 20 giugno 1775, in VE, voi. I, p. 79 e let-tera di Francesco Fromond a Volta, 2 agosto1775, in VO, voi. III, p. 112.

Per quanto concerne il Priestley. cfr- la let-tera di Volta a Francesco Fromond, 22 gennaio1776, in VE, vol. I, p. 108: «da Priestley, lamen-tava infatti Volta al canonico, non mai ebbi ri-sposta». E in un'altra lettera di poco successiva(27 gennaio 1776), questa volta a Landriani,chiedeva: «avete nuovo che l'ultimo vostro plicoin cui eranvi anche i miei scritti, sia pervenuto aPriestley? Vi ha egli scritto? Io non ho avutomai risposta», in VO, vol. IlI, p. 159.

52 V.Ep.I, p.108-109, Lettera di Volta alCanonico Francesco Fromond, Como 22 Gen-naio 1776.

53 Ibidem.54 Ibidem, Como 23 gennaio 177655 C BARLETTI, Dubbi e Pensieri sulla teo-

ria degli elettrici fenomeni, Galeazzi, Milano,1776.

56 C BARLETTI,, Dubbi e Pensieri cit., p.55 57 V. O. Vol. III, Lettera di Volta a Marsi-

lio Landriani, Milano 27 gennaio 177658 G. PANCALDI, Volta. Science and Culture

in thè Age of Enlightenment, cit., p. 105.59 Cfr. VO, vol. III, p. 142.60 II riferimento qui è ovviamente all'opera

di Barletti Nuove esperienze elettriche secondola teoria del Sig. Beniamino Franklin e le produ-zioni del P. Beccarla, cit.

61 Lettera di Barletti a Volta, Pavia 21 gen-naio 1777, in VE, vol. I, p. 147.

62 C BARLETTI, Dubbj e pensieri sopra glielettrici fenomeni, Milano, Giuseppe Galeazzi1776, pp 118-119 Sul modo in cui questa istanzaveritativa, di tipo scientifico, interagisc con ilvissuto ecclesiastico di Barletti, cfr. PIIER LUIGI

PIZZAMIGLIO, Scienza e fede in Carlo Barletti enegli altri ecclesiastici scienziati di Pavia, inANGELO STELLA-GIIANFRANCA LA VEZZI (a curadi), Esortazioni alle storie, Milano, Cisalpino,2001, pp. 645-661.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 196

Page 21: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

197

“Ill.mo Sign. Ministro,Le rendo distinte grazie per la comu-

nicazione che si compiacque farmi dellanomina del Sig. Avezzana a comandantegenerale di questa Guardia Nazionale,ed a seconda del desiderio manifestatomida V.S. Ill.ma ho di già trasmesso allostesso il brevetto di nomina.”

Questo scriveva il 26 febbraio 1849 ilVice Sindaco di Genova, M. Massone, aDomenico Buffa, Ministro d’Agricolturae Commercio, inviato a Genova dalGioberti come commissario straordinarionel tentativo di contenere i moti popolariche si erano manifestati sin dall’estateprecedente e che si erano acutizzati nelcorso del successivo mese di dicembre.

Pertanto il documento sancisce ilpassaggio di delicate responsabilità nellagestione dell’ordine pubblico genovesedal ministro Buffa a Giuseppe Avezzana,futuro garibaldino al Volturno. Figuraemblematica di camicia rossa che, purnon avendo mai raggiunta la popolaritàdi Garibaldi o di un Bixio, tuttavia pre-senta un singolare curriculum.

L’Avezzana era nato a Chieri il 19febbraio 1797 da Lorenzo e CaterinaMolino i quali, nel 1812, per poterprovvedere al mantenimento della nu-merosa famiglia, composta da sei figli eduna figlia, si erano trasferiti a Torino peresercitare un’attività commerciale. Inquesto ambiente subalpino così legato aisoldati, Giuseppe - appena quindicennema già dotato di un fisico da adulto -preso da una irrefrenabile ammirazioneper le gesta dell’imperatore francese, in-terruppe gli studi per arruolarsi nell’e-sercito napoleonico. Dopo un incontrocon i reclutatori che operavano in Torino,Giuseppe si mise in viaggio con altre 150reclute e, passando per Susa, Oulx, Bri-ançon e Grenoble raggiunse Lione.Quivi, il 15 giugno 1812, venne incorpo-rato come ussaro della Guardia d’Onorenapoleonica che si stava formando con lereclute che si presentavano presso i De-positi di Varsavia, Tour, Metz e delcapoluogo lionese. Secondo gli organicidell’Armée, la Guardia d’Onore era uncorpo costituito con funzioni meramenteaddestrative di giovani provenienti dafamiglie altolocate, forniti a proprie spese

di uniforme e cavallo, per avviarne il piùpossibile alla carriera militare secondo gliintendimenti di Napoleone che, scrivendoal principe Eugenio (Parigi, 2 gen. 1811),così si esprimeva: “...Ce sont des gensriches qu’il faut prendre, afin d’aguerrirla tête de la nation.”

Ma nel periodo in cui Napoleone cer-cava disperatamente di ricostruire la pro-pria armata dopo le pesanti perdite diuomini subite in Russia, il 4° Reggimentodella Guardia d’ Onore, in cui l’Avezzanaera stato arruolato, venne impiegatocome reparto d’é lite in normali oper-azioni di guerra e quindi venne trasferitovia Bourges e Colmar a Strasburgo ovegli squadroni vennero dispiegati sullerive del Reno tra Haggenan Seltz eLanterbourg Speare.

Tuttavia, nel corso di questa cam-pagna, il nostro giovanissimo ussaro nonebbe occasione di ricevere il battesimodel fuoco poiché, a dicembre del 1813, ilsuo reggimento venne obbligato ad unprecipitoso cambiamento di sede da Le-uneville a Nancy in condizioni climatichecaratterizzate da temperature estrema-mente rigide per cui, durante il trasferi-mento, molti soldati morirono assiderati.Anzi su di una strada dal fondo ghiac-ciato il suo cavallo scivolò e nella cadutaegli riportò la frattura di una gamba.L’incidente si era verificato a Pombal, un

villaggio vicino a Nancy, dove unafamiglia di contadini, particolarmentegenerosi, l’accolsero nella loro modestacasa e lo curarono sino a quando potérimettersi in viaggio per rientrare in Italiacon il proprio cavallo. In tre giorni giunsea Basilea; proseguì per Zurigo ma neipressi di Reinfelden, a causa di una sec-onda rovinosa caduta della propria cav-alcatura, si fratturò nuovamente la stessoarto. Probabilmente l’incidente avrebbeavuto gravi conseguenze poichéGiuseppe rimase a lungo su una strada diaperta campagna senza la possibilità dimuoversi o chiedere aiuto e solo per il ca-suale transito di uno squadrone di ussariungheresi ricevette i primi soccorsi.Venne caricato su un carro ed avviato al-l’ospedale distante poche miglia daquella località ma ne venne respinto esolo grazie alla grande umanità di unmedico chirurgo di Reinfelden, che lo ac-colse in casa propria, poté essere curatoin modo adeguato.

Dopo oltre quaranta giorni di de-genza nella casa di questo caritatevolemedico, proseguì il viaggio per Zurigo,S. Gottardo, Bellinzona e Milano per ri-congiungersi finalmente a Torino con lapropria famiglia.

Nel frattempo due armate alleate,varcato il Reno a gennaio del 1814, ave-vano puntato direttamente su Parigi conuna manovra a tenaglia. Nonostante ladisparità delle forze, in quanto le grandiunità francesi erano in maggioranza cos-tituite da giovani reclute prive diadeguato addestramento, Napoleone erauscito vittorioso da alcuni scontri secon-dari avvenuti tra febbraio e marzo ‘14,però dopo due sconfitte subite ad Arcis-sur-Aube e a Fère Champenoise, era statocostretto ad abdicare.

Dopo il crollo dell’impero napoleon-ico ed al conseguente rientro dei Savoiain Piemonte, tra la fine del 1814 e l’iniziodel 1815, Vittorio Emanuele I ricostituì iprimi battaglioni dei nuovi reggimenti dilinea, alcuni squadroni e le Guardie delCorpo per cui un nuovo scenario si aprìalle aspirazioni del giovane Giuseppe chedesiderava entrare nell’Armata sarda. Edin questo intento l’aiutò suo padre, parti-colarmente devoto alla dinastia sabauda

Giuseppe AvezzanaAntesignano di Garibaldi, successore del ministro Buffa nel comando dellaGuardia Nazionale genovese ed impavido combattente risorgimentaledi Pier Giorgio Fassino

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 197

Page 22: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

198

sotto la quale aveva militato col grado dicapitano sino all’instaurazione delladominazione francese, che poteva con-tare su alcuni appoggi nell’entouragedella casa regnante come lascia intenderela descrizione fattane dal figlio:

“....dopo l’uscita dei Francesi, si atten-deva un giorno il ritorno dei vecchi sovrani;ed eccolo rivestito della stessa divisa, cheindossava quando quei principi furonocostretti ad esulare, e tutto gonfio per lagioia, uscì loro incontro a festeggiarli.Dove avesse custodito quella divisa, nes-suno ne prima ne dopo seppe mai, ma certol’averla custodita per 14 anni, rivela lacostanza della sua fedeltà e la tenacia delsuo carattere.”

Sicché Francesco, grazie ai buoni uf-fici paterni, ottenne il grado di sottote-nente e l’incorporazione nel ReggimentoProvinciale di Torino che, parallelamentealla formazione dei reggimentid’ordinanza (1), si veniva ricostituendocon quelli savoiardi della Morienne, delGenevoix, del Chablay, della Tarentaisee quelli piemontesi di Acqui, Asti,Casale, Ivrea, Nizza, Novara, Pinerolo,Susa, Tortona e Vercelli.

Ma la pacata vita di guarnigione ebbebreve durata poiché, a causa della fuga diNapoleone dall’isola d’Elba, il reggi-mento di Torino partì per la campagnaantibonapartista promossa dalla Santa Al-leanza (2) prendendo parte a diversi com-battimenti in Savoia ed all’assedio diGrenoble. Caduta la piazzaforte dopo unalunga serie di combattimenti nei qualirisultò decisiva la carica dei Carabinieri acavallo del 6 luglio 1815, il ReggimentoProvinciale rientrò nella capitale sabaudaove, a seguito di una ristrutturazione or-ganica, venne incorporato, unitamente alII battaglione di Susa, nella BrigataPiemonte.

L’Avezzana quindi prestò servizio aNovara, Alessandria e Cuneo in uno statodominato dallo spirito della Restau-razione che privilegiava solo coloro chefossero citati nel Palmaverde. Era questol’annuario del Regno di Sardegna (pub-blicato sin dal 1722) assurto ad impor-tanza politico-amministrativa quando

Vittorio Emanuele I richiamò in serviziosolo i funzionari ed i militari elencati nel-l’edizione del 1798 per sostituirli a co-loro che avevano collaborato conl’amministrazione napoleonica. IlSovrano con un solo decreto cancellò lalegislazione francese vigente e richiamòin vigore le vecchie istituzioni: il foro ec-clesiastico, militare e demaniale, i tri-bunali speciali, le immunità religiose, leinquisizioni segrete, le primogeniture ealtri privilegi. Venne rinvigorital’intolleranza per qualsiasi culto trannequello cattolico al cui clero venne nuova-mente affidata la censura sulla stampa edil controllo della pubblica istruzione.

Evidentemente il sovrano sabaudoera convinto che le fortune del Regno diSardegna fossero legate alla cancel-lazione di ogni traccia della dominazionefrancese ed il ritorno ai tempi in cui isovrani regnavano assoluti. Ma tra glianimi più aperti alla libertà ed allademocrazia serpeggiava un malcelatomalcontento che, a Marzo del 1821, sfo-ciò in una sollevazione militare alla qualeparteciparono forti aliquote di alcuni reg-gimenti di fanteria e cavalleria.

L’Avezzana - spinto dal suo carattereirruente e liberale che avrebbe dominatomolte azioni della sua vita - mentre era inlicenza a Torino non esitò ad unirsi ai

sediziosi che anelavano ad un rinnova-mento civile ed alla concessione di unaCostituzione. Raccolse tra studenti eamici un gruppo di rivoltosi con il qualeriuscì a tenere in scacco i reparti regi a S.Salvario. Nemmeno l’interven to di suopadre, presentatosi indossando la vecchiauniforme sabauda “ancient régime” neltentativo di distoglierlo dall’adesione allasommossa, riuscì a modificare i suoi con-vincimenti. Anzi il giovane rivo-luzionario, alla testa di una colonna, entròin Chieri e successivamente raggiunseAlessandria dove parte della guarnigionefece causa comune con gli insorti. Quiviaccolse tra le sue forze, battezzate “Velitiitaliani”, molti volontari veneti e lom-bardi dell’Univer sità di Pavia con i qualirientrò a Torino ove, il 4 aprile, il San-torre di Santarosa lo nominò capitano.

Però, come è noto, i moti rivo-luzionari messi in atto per ottenere unacostituzione ebbero esito negativo: Vitto-rio Emanuele I, piuttosto che concederela Carta, preferì abdicare a favore delfratello Carlo Felice, in quei giorni aModena, affidando la reggenza a CarloAlberto. Quest’ultimo, inizialmente,aderì alle richieste dei rivoluzionari pro-mulgando la Costituzione pur riservandocontestualmente la facoltà del nuovo redi ratificarla o meno. Ma in un secondotempo sconfessò il proprio operato: letruppe fedeli alla dinastia ripresero il so-pravvento e molti aderenti all’insur -rezione furono costretti all’esilio persalvare la vita. (3)

L’Avezzana da Alessandria raggiunseGenova con molti sbandati nella speranzadi potersi imbarcare per raggiungere unqualche paese straniero:

“......Era triste spettacolo quel gran nu-mero di fuggiaschi raccolti in Genova. Lareazione aveva sollevato il capo e infierivanelle province Piemontesi. Gli austriacimarciavano rapidi sopra Alessandria. Altrorifugio non rimaneva che l’esilio. Con cheardore di carità cittadina quella nobilissimacittà soccorse i patrioti che fuggivano latirannide domestica e forestiera non so es-primere. Ora che scrivo, il cuore mi si in-tenerisce ricordando tanta magnanimità.Basta dire che si raccolsero in brevissimo

Alla pag. precedente, ritratto delgenerale Giuseppe Avezzana inetà matura.

In basso, Chieri: lapide appo-sta sulla casa natale di Avez-zana.

Alla pag. seguente, soldati napoleo-nici ritratti in ambiente invernale.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 198

Page 23: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

199

tempo Lire 400 genovesi. Così senza indu-gio furono noleggiati più bastimenti pertrasferirci a combattere nella Spagna perquella stessa libertà che ci fece prendere learmi nel nostro paese. Tramontava il soledel 17 aprile 1821 quando dicemmol’ultimo addio agli amici ed alla patria. Sal-pammo per Barcellona. Io col cuore rottodal dolore mi posi a giacere sul ponte delvascello, e mi sorgevano l’una appressol’altra tante immagini che mi funestavanol’animo, tra le quali l’abbandono dellafamiglia.”.

Sbarcato a Terragona a causa di unaviolenta tempesta, raggiunse Barcellonae si unì con i suoi uomini alle forze cos-tituzionaliste che stavano combattendocontro il corpo di spedizione della SantaAlleanza.

Le operazioni vennero condotte inmolte località spagnole: Xeres de LaFrontera, Marbella, Malaga e Alicantesino a quando, nel corso di un combatti-mento nei pressi di Cartagena,l’Avezzana ed i suoi volontari furono cir-condati da forze conservatrici spagnole eda un reparto francese e quindi catturati.Condotti a Murcia e rinchiusi in una sor-dida prigione in condizioni di vita dis-umane, dopo oltre un mese di detenzionevenne loro offerta la possibilità di an-

darsene a tre condizioni: gli spagnoliavrebbero potuto rientrare indisturbatialle proprie case mentre gli stranieriavrebbero dovuto lasciare, senza indugi,il territorio spagnolo oppure unirsi alleforze francesi per essere condotti in Fran-cia con lo status di prigionieri.

L’Avezzana scelse di lasciare subitola Spagna e si diresse a Cartagena percontattare il Consolato Sardo nonostanteche su di sé pendesse una condanna amorte comminatagli dal Tribunale diTorino. La fortuna lo assistette poiché ilconsole, nonostante che il nome del gio-vane fuggiasco comparisse nella lista deicondannati alla pena capitale, lo aiutò atrovare un passaggio su di una feluca di-retta a Gibilterra. Anche in questo portovenne soccorso dalla buona sorte: uncerto De Amezzaga, capitano del brigan-tino genovese “Montegalletto” diretto nelGolfo del Messico, lo accolse fraterna-mente. Riuscì in tal modo a raggiungerela Louisiana ove entrò in contatto con lacomunità italiana di Nuova Orleans. Ilmedico Felice Formento di Bagnolo, giàcompagno di studi di suo fratello Pietroall’Università di Torino, lo ricevette congrande cordialità ed in modo altrettantoamichevole si comportò un Ribetti origi-nario di Luserna di Pinerolo. Conquest’ultimo, già capo-battaglione nel-

l’armata napoleonica ed in seguito pro-prietario di un magazzino di derrate per ipiantatori di cotone a Lafayetteville – uncentro sul Missisippi -, l’Avezzana strinseuna fraterna amicizia e collaborò percirca un anno sino a quando, spinto dal-l’indole irrequieta, decise di tentare lafortuna in Messico. A Nuova Orleans siimbarcò e raggiunse Porto Viejo, allaconfluenza del Rio Pàneo col Jamesi,ove, avuta notizia di un progetto finanzi-ato dal governo messicano per la fon-dazione di un centro abitato e lacostruzione di un porto sulla riva sinistradel Rio Pàneo, prese stabile dimora perpartecipare con entusiasmo alla realiz-zazione delle nuove opere:

“.......Subito mi presentai a quelli chesopraintendevano nel comune di Pueblo peruna concessione di terreno da fabbricarvi.Così, posto in possesso di un grandequadrato di terreno vergine lussureggianteper altissime querce, quivi immediatamentefermai la mia dimora. Mi procurai gli stru-menti ed altri materiali, indispensabili afabbricare una casa, a Pueblo solo luogoabitato in quelle vicinanze: e là pure mi re-cavo per le provvigioni giovandomi deimiei scarsi risparmi. In tal modo posi manoal dissodamento dell’area concedutami, ab-battendo io medesimo con la scure i gigan-teschi alberi, bruciando i tronchi massicci,le radici e gli innumerevoli arbusti, che pro-duce quel suolo di ricchissima vegetazione.Aiutato anche da qualche operajo, chepotetti indurre a venire meco da Pueblo,mediante buona mercede, innalzai una ca-supola conforme al costume di quei paesi. “

Indi, parallelamente all’attività im-prenditoriale, l’Avezzana aprì ancheun’emporio destinato a divenire un puntodi aggregazione per le famiglie di operaie coloni che, nei pressi, vi eressero le pro-prie abitazioni contribuendo, non poco,alla fondazione ed allo sviluppo del cen-tro abitato che oggi conosciamo col nomedi Tampico. (4) Attività che l’esule curòsenza risparmiarsi:

“...Ma quante fatiche, quanti dolori, micostasse quella prosperità s’immagini og-nuno. Sotto quel clima micidiale, sotto la

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 199

Page 24: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

200

sferza di quel sole ardentissimo dissodareterre ricoperte di folte foreste era la piùpenosa fatica. E poi, nugoli di fastidiosis-simi insetti ci tormentavano senza tregua efacevano dei nostri corpi una piaga. La miapersona si era enfiata tutta di una specie diidropisia, che stetti sull’ultimo di vita. E fuun miracolo l’esserne uscito salvo, quan-tunque la tumidezza non mi lasciasse peroltre due anni. Ma più terribile flagello erala febbre gialla che regna in quelle con-trade, menando strage, come ai paesani cosìai forestieri. Nei primi momenti del fon-darsi di quella città, la febbre sopraggiunsecosì implacabile che 19 giovani Irlandesi eScozzesi di fresco giunti, morirono tutti inuna settimana, nè se ne potette salvare uno solo.”

Tuttavia, nel 1829, quando quellamodesta attività commerciale si eratrasformata in un grande deposito di der-rate per una comunità ormai sviluppata,il governo iberico decise di allestire unacampagna militare per la riconquista delMessico: un corpo di spedizione spag-nolo sbarcò nei pressi di Pueblo Viejo; loconquistò e puntò su Tampico.L’Avezzana, noto per le sue precedentiesperienze militari e quindi nominato –senza indugi - comandante della miliziadi quel centro abitato, organizzò la difesaschierando alcune centinaia di cenciosicoloni, sommariamente armati, sullasponda sinistra del Rio Pànuco. Maquella milizia contadina, impreparata edindisciplinata, non resse all’urto delleforze spagnole e così i messicani,costretti a ritirarsi tra gli anfratti dellaSierra Madre, lasciarono Tampico inmano ai nemici che l’incendiarono dopoavere depredato i ben forniti magazzinidell’imprenditore piemontese.

Ma questi non perse tempo: addestrò,per quanto gli era possibile, le propriemilizie e le amalgamò a quelle inviateglidal governo dello stato di Tamaulipasche, nel frattempo, lo aveva confermatonel comando. Sicché l’unione di tali forzeal contingente di truppe regolari, in arrivoda Vera Cruz, al comando del generaleAntonio Lopez de Sant’Anna – che di-venterà tristemente famoso per la san-guinosa conquista della vetusta missione

di Alamo coraggiosamente difesa dai tex-ani - consentì ai messicani di costringeregli spagnoli alla ritirata. (5)

Al riguardo l’Avezzana racconta:

“.....Frattanto le colonne spagnuoleproseguivano ad indietreggiare e noi ad in-seguirle e molestarle senza posa. Ardeva lasabbia infiammata da un sole tropicale, nonuna goccia d’acqua, non cibo ristorava isoldati nemici sfiniti di forze; sicché mezzimorti si ritirarono a Tampico, e quivi la feb-bre gialla fece il resto. Al morbo che li dec-imava, al trovarsi da ogni lato assediatiprivi d’ogni cosa, s’aggiunse un sanguinosocombattimento con gravissima loro perdita.Costretto da tali frangenti, il generaleBaradas domandò la capitolazione, in virtùdella quale i sopravvissuti spagnoli a quellainiqua spedizione, s’imbarcarono per Cuba,aiutati e soccorsi da noi, pietosi del loromiserevole stato. Dopo questo trionfo, ri-tornato in Tampico, trovai spogliata la miacasa di quanto ci avevo lasciato; le altre chepossedeva, alcune rovinate, altre diroccatedel tutto per avere il nemico adoperato ilmateriale alla formazione dei serragli [bar-ricate] al nostro avvicinarsi alla città. Ave-vamo respinto l’invasione, liberato il paese;e ciò mi bastò a sostenere con forte animola sventura patita. Intanto mi diedi subitoattorno per ristorare alla meglio le mie fac-cende. La reputazione che mi guadagnòquella recente prova di patriottismo, feceeffetto, che come poterono riordinarsi lecose del comune, e i dispersi abitanti ri-tornare ai loro focolari, io riprendessi il miocommercio con ogni maniera diagevolazioni, che mi venivano da ogniparte. Così non tardai a rimettermi dalleperdite, tanto, che tre anni dopo il disastro,cioè nel 1832, mi trovai nuovamente inprospero stato.”

Ma la situazione politica messicana,per lo più in mano a persone corrotte edambiziose il cui unico desiderio eraquello di raggiungere i massimi gradi delpotere “ ....quantunque non ne avesserouso e attitudine. Di che avvenivano le fre-quenti sollevazioni, che tenevano inqui-eto e misero il paese”, presto degeneròper cui nel 1832, mentre presidente dellaRepubblica era il generale Guerrero, noto

per la sua onestà, il vice presidente Bus-tamento insorse con un pronunciamientoed estromise il presidente legalmenteeletto. Ma quest’ul timo, ritiratosi ad Aca-pulco con truppe rimastegli fedeli, si op-pose energicamente all’usurpatore sino aquando, a causa di un tradimento messoin atto da un infido personaggio di orig-ine genovese (6), il Guerrero cadde in untranello e venne ucciso. Pertanto, nonos-tante che l’Avezzana fosse del tutto estra-neo a quell’intreccio, per la sue ormaiqualificate esperienze militari vennetrascinato in una serie di nuove ope-razioni belliche in favore dei lealisti.Conquistò con un’abile manovra e intensicombattimenti Ciudad Vittoria (7 agosto1832) e per ricompensa il generale deSant’A n na, riconoscendo la grande im-portanza del risultato conseguito, lo nom-inò comandante generale dello stato diTamaulipas e di altri tre stati del Messicoorientale:

Al Sig. Comandante generale D. JosèAvezzana

Dal quartiere generale di OrizavaEsercito Liberatore – Dio e LibertàCon ufficio del 13 corrente ho ricevuto

il rapporto dell’Ecc.mo signor Governa-tore del brillante risultato ottenuto dallaspedizione sotto il comando della S.V. sullacapitale Ciudad Vittoria.

Tanto splendido avvenimento è unanello di più che abbiamo aggiunto allaformidabile catena, con la quale si ha dalegare il dispotismo orrendo degli usurpa-tori contro gli uomini liberi.

Godete in cotal trionfo, mentre io daqueste parti do tutta la pubblicità possibileper confusione dei nostri nemici, celebran-dolo con le dimostrazioni proprie della suaimportanza. Intanto ho scritto al signorgenerale Estevan Montezuma perché viconferisca il comando dei quattro stati sucui si estendeva quello del generale Mora.

Antonio Lopez de Sant’Anna

Il nuovo governatore militare si diedeimmediatamente a ripristinare la legalità,l’attività amministrativa dello stato e arafforzare le proprie forze in vista di fu-ture azioni. Operazioni che non si feceroattendere perché per giungere alla defin-

Alla pag. seguente, GerolamoInduno, Roma 1849, combatti-mento attorno a villa Medici delVascello.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 200

Page 25: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

201

itiva disfatta dell’usur patore venne pros-eguita la campagna nella qualel’Avezzana riportò nuovi successi tantoche la civica amministrazione dell’im-portante centro di S. Luigi di Potosì lonominò cittadino onorario. Ma verso lafine del 1832, con la salita alla presidenzadella Repubblica di Gomez Pedrassa ilquale

“.... prese a collocare nei comandi enelle amministrazioni della Repubblicamolti di quegli uomini da me combattutil’anno innanzi, e che mi odiavano a morte.“

l’Avezzana decise di lasciare il Mes-sico.

Infatti nel giro di pochi mesi chiusele attività del grande emporio e, dopoavere incaricato un compatriota e com-pagno dei moti del 1821 di vendere lapropria casa e di inviargli il ricavato aNuova Orleans, ai primi di aprile del1834 si imbarcò per la Louisiana. Ma lapermanenza in questo territorio fu dibreve durata perché, smanioso di nuoviluoghi ed avventure, risalì il Mississippisu di un battello di linea e dopo avere at-traversato con diligenze l’Ohio e la Vir-ginia raggiunse New York. Quindiproseguì ulteriormente il suo viaggio pervisitare i territori della costa nord-orien-tale degli Stati Uniti ed il Canada.

Rientrato a New York, nell’elegantealbergo in cui provvisoriamente risiedevaebbe occasione di conoscere la famigliadel notabile John Morrogh di Cork, ap-pena giunta dall’Irlanda, composta daigenitori, da sei figli e quattro figlie. Lamadre era figlia di Sir Francis Plowden,illustre avvocato e scrittore irlandese (7),

mentre John era un discendente di quelMac-Murrough (8), ricordato pocobenevolmente nella storia d’Irlanda peravere favorito l’insedia mento di un re in-glese sul suolo irlandese.

L’Avezzana provò un profondo attac-camento per questa famiglia e, quasisenza avvedersene, si innamorò e sposòMaria, una delle quattro sorelle. Da quelfelice matrimonio ebbe cinque figlie edun figlio per cui, contrariamente al suostile di vita, sembrò legarsi alla famigliaed alla prospera attività commerciale cheaveva impiantato. Ma, nel 1848, non ap-pena giunsero a New York le notizie sullaguerra che il Piemonte stava conducendocontro l’Austria, egli non seppe resisterealla tentazione di nuove battaglie e, affi-data la famiglia ai cognati, si imbarcò perl’Italia giungendo a Torino, a fine agostodel ’48, ad armistizio Salasco ormai con-cluso.

Quivi dopo avere tentato, inutil-mente, di rientrare nei ranghi dell’Ar ma -ta sabauda, il 19 gennaio ’49, fuinaspettatamente convocato dal Giobertie dal Rattazzi i quali, riconosciutogli ilgrado di colonnello guadagnatosi nelcorso delle guerre per difenderel’indipendenza del Messico, lo inviaronoa Genova quale capo di Stato Maggioredella Guardia Nazionale del capoluogoligure per dare un valido sostegno al gio-vane ministro Domenico Buffa che,sebbene già oberato di impegni per essereil Commissario regio titolare di tutti i po-teri, dal 13 gennaio aveva assunto ancheil diretto comando di quella milizia.

Il ministro Buffa lo accolse congrande cordialità e probabilmente con

una certa inquietudine per avere ai propriordini un capo di stato maggiore con unpassato così burrascoso sebbene legato abattaglie per la libertà in due continentiche lo etichettavano come un’an te -signano di Garibaldi.

Dell’incontro col Buffa l’Avezzanaricorda:

“ ......Il giorno stesso [il ministro Buffa]mi presentò tutti gli ufficiali della GuardiaNazionale, e mi diede possesso del grado.Entrato così nell’ufficio mi posi subito a or-dinare alla meglio ogni cosa tanto riguardoall’amministrazione di quel corpo quantoalla sua disciplina, onde in breve tempo di-ventasse idoneo non solo a tutelare la si-curezza della città, ma anche a cooperare,in caso di bisogno alla difesa. A coman-dante generale fu nominato un Dussillon [D’Ussillon ], il quale appena giunto in Ge-nova, e udito di certe frequenti dimo-strazioni di quella calda gioventù, sotto col-ore di malattia, tornassene a Torino, e si de-pose dal grado. Al quale poi fui sollevatoio con real decreto del 24 febbraio 1849.”Cagione di quelle dimostrazioni era la do-lorosa catastrofe delle nostre armi dellaquale si accusavano i capi condottieri. Nésolo in Genova ma in tutte le altre città ital-iane ribollivano gli stessi umori. E siccomesin da giorni anteriori al mio arrivo si erastimato prudente di tenere consegnato ognisera fino ad ora tarda un intero battaglioneal palazzo Tursi, quartiere generale dellaGuardia Nazionale, per qualunque acci-dente potesse sorgere, io colsi quest’occa-sione per istruire ciascun battaglione diservizio nella scuola del soldato, dellaquale difettavano quei militi. Incontrai dap-prima qualche resistenza, ma io tenni duro,per modo che, avvedutisi essi medesimi delprogresso che facevano, si mostraronodopo poco tempo molto volenterosi. E nonappena parvemi, che potessero fare bellamostra, gli adunai ogni domenica al Bisa-gno fuori di porta Pila e colà li passava inrivista, esercitandoli in ogni altra evolu-zione tattica, con grande compiacimentodei cittadini. Stabilii anche vari tiri albersaglio, al quale ogni giorno si addestra-vano alternativamente le singole compag-nie. Ricordo che in una di quelle dome-niche in piazza Carlo Felice, una gran

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 201

Page 26: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

202

moltitudine di giovani Genovesi e di altrecittà italiane, avevano cominciato a tumul-tuare con pericolo di maggiori disordini,ma lo sfilare in colonna della GuardiaNazionale e al suo fermo contegno, subitosi quietarono.”

D’altra parte il neo capo di StatoMaggiore aveva ben presenti le lineeguida della sua attività che comparivanoin un manualetto - Strenna per l’Anno1849 destinata agli Ufficiali dellaGuardia Nazionale – promosso dal min-istro Domenico Buffa, per evidenziarnee regolarne i compiti: “ .... Non deve per-mettere che sia turbato l’ordine pubblicosenza però nuocere mai allo spirito dilibertà per cui la Nazione rifatta di frescotende ad esercitare con fermezza e co-raggio i propri diritti a fronte di unpotere che non ha del tutto dimenticatenè le vecchie arti, nè le tristi abitudini”.

Tuttavia, l’attenzione che l’Avez zanaaveva posto nell’addestrare la GuardiaNazionale per operazioni di ordine pub-blico, specialmente da quando ne era di-venuto il comandante effettivo, fu vana.Infatti, dopo il rientro a Torino del mi-nistro Buffa, essendosi malaugurata-mente sparsa in Genova la notizia chedopo la sconfitta di Novara ( 23 marzo1849) i forti attorno alla città sarebberostati occupati dagli austriaci, scoppiò unmoto popolare che culminò domenica 1°aprile quando, nel pomeriggio, la folla tu-multuante si recò alla Darsena a cercarearmi ed il Battaglione Real Navi“......composto di patrioti ardentissimi, eperciò concorde collo spirito delpopolo.....” [Avezzana op. cit. – oggi Fu-cilieri della Brigata Marina “San Marco”]aprì le porte del deposito di armi e mu-nizioni. Quindi la folla, senza intenzioniostili, si diresse verso l’Arse nale delloSpirito Santo e per precauzione, ondeevitare il degenerare della situazione,l’Avezzana stesso si unì ai manifestanticon un gruppo di militi della GuardiaNazionale:

“Ma sciaguratamente le truppe dallefinestre, e gli artiglieri della batteria sta-bilita sulle alture del diroccato forte di SanGiorgio fecero una grande scarica di fucile-

ria e mitraglia, che cagionò la morte di 5 o6 militi; e dopo di disposero ad una sortita,da cui si doveva temere di peggio. Fu quel-l’atto crudele una disfida sanguinosa lanci-ata alla città. Ond’io ritiratomi pron-tamente, raccozzai subito quanti uominipotetti, e posi mano a formare una barricatasullo sbocco della strada Balbi. Per talmodo in brevissimo tempo la mia gente fuposta al coperto del fuoco micidiale, che pi-oveva furioso dall’arsenale. Nello stessotempo feci moltiplicare le barricate per glisbocchi di tutte le vie adiacenti alla piazzadell’Acqua Verde, e guarnirle di difensori,occupando ancora ogni casa a destra e asinistra. La zuffa s’impegnò accanita su diuna linea assai estesa, e durò dal mezzodìfino all’imbrunire.(9) Profittai di quellasospensione d’armi per munire sempre piùquella linea; e a consiglio del bravo patriotaGandolfo, Capitano di Marina, feci armarecon due pezzi d’artiglieria, uno da 12 eel’altro da 6, la sua casina posta sul ripidis-simo colle di Pietra Minuta. E fu veramentemeraviglioso l’entusiasmo di quei corag-giosi militi e popolani nel trascinare su perquell’erta quasi perpendicolare i due pezzid’artiglieria, che collocati colà, non soloproteggevano la nostra posizione, ma fron-teggiavano e minacciavano potentementel’arsenale, del quale quell’altura trovavasi acavaliere.

Questa la sequenza degli episodi em-blematici che diedero l’avvio all’in -surrezione genovese destinata a con-cludersi il 9 aprile con l’ingresso delletruppe del La Marmora (10) in città e conla pubblicazione, da parte del sindaco,dell’amnistia che Vittorio Emanuele IIconcedeva ai compromessi salvo dodicitra i quali figurava anche l’Avezzana.Pertanto questi, dimessosi da comandantedella Guardia Nazionale, il giornoseguente si imbarcava con 450 tra soldatidisertori e volontari – tra i quali figura-vano Goffredo Mameli e Nino Bixio - sudi una nave americana che li portò aLivorno. Da questo porto si imbarcarononuovamente su di un’altra nave ameri-cana che li sbarcò a Civitavecchia pergiungere finalmente a Roma il 18. Lanotte stessa del suo arrivo i reggitori dellaRepubblica lo vollero come Ministro

della Guerra e da tale posizione iniziò im-mediatamente ad organizzare le forze re-pubblicane in previsione di futuri scontricon le truppe francesi che sarebbero in-tervenute per ristabilire il potere tempo-rale del papato. Tra le sue prime decisionil’Avez zana convocò il quarantaduenneGaribaldi, che si trovava al comando delsuo corpo di volontari col grado ditenente colonnello, lo nominò generale dibrigata e lo destinò alla difesa di PortaPortese, Porta S. Pancrazio e del Casinodei Quattro Venti in posizione dominantesu Villa Vascello destinata a divenire unimportante baluardo nella difesa diRoma. Infatti, il mattino del 30 aprile,l’ufficiale di guardia sull’alto dellacupola di S.Pietro scorse l’arrivo dellecolonne transalpine in marcia versol’Urbe. Gli assalti francesi alle posizionirepubblicane iniziarono ben presto enonostante le gesta di valore di Garibaldi,Manara, Mameli, Bixio e dei loro uomini,il 30 giugno, l’Assemblea costituente ro-mana decise di sospendere i combatti-menti con conseguente disfacimentodella Repubblica. L’Avezzana, grazie al-l’aiuto del Console americano che gli ri-lasciò un passaporto degli Stati Unitisotto falso nome, raggiunse Civitavec-chia. Quivi in assenza di una nave ame-ricana, ottenne il passaggio su di unanave inglese che lo sbarcò a Malta da cuivia Southampton, Londra e Liverpoolraggiunse New York il 17 agosto 1849.

L’arrivo di questo instancabile com-battente per la libertà dei popoli venneaccolto con grande favore dalla cittadi-nanza:

“Non appena si divulgò la notizia delmio arrivo vennero a visitarmi innu-merevoli amici italiani e forestieri, i quali,di accordo col Sindaco di Nuova York,vollero poi farmi pubblico onore. Di fatti ilgiorno 10 settembre, gli italiani mi presen-tarono nella bella cappella gotica dell’Uni-versità, di una ricchissima spadacoll’iscrizione “Gli italiani di New York alGenerale Giuseppe Avezzana in segno distima per i suoi servigi alla causa della li-bertà italiana nel 1849”; e gli Ungheresi diuna corona di alloro finemente intagliata.Di poi, con una scorta d’onore di due

Alla pag. seguente, 2-3 ottobre1860, Battaglia del Volturno

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 202

Page 27: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

203

battaglioni di milizie nazionali americane,mi accompagnarono al palazzo municipale,dove il Sindaco, e i consiglierim’introdussero nella gran sala di ricevi-mento tutta piena di signori e signore............”

Terminati i festeggiamenti, l’Avez -zana riprese le sue consuete attività com-merciali con società sudamericane e delleAntille ed in breve tempo ricostituì leproprie finanze in modo tale da poteraiutare molti esuli italiani tra i qualimolto probabilmente lo stesso Garibaldi.(11)

Dieci anni dopo, a giugno del 1860,mentre si trovava a New York intento allacura dei propri commerci ed al l’edu -cazione dei figli, gli giunse la notiziadello sbarco di Garibaldi in Sicilia allatesta dei Mille. Non ebbe un attimo di es-itazione. Affidata la conduzione delleproprie attività al figlio maggiore e ac-colto il generoso aiuto di un John Ander-son, ricco banchiere che gli anticipò lespese di viaggio, il 25 agosto si imbarcòper Liverpool con l’intenzione di rag-giungere Messina. Ma nel porto inglese,saputo che Garibaldi era già entrato inNapoli, ottenne dal comandante dellanave di sbarcare nel capoluogopartenopeo riuscendo ad unirsi ai garibal-dini a Caserta. Garibaldi accolse congrandissima cordialità l’amico “lafayet-tiano” e lo inserì negli organici dell’E ser -cito Meridionale col grado di tenentegenerale. Decisione di grande avve-dutezza poiché alla battaglia del Volturnol’Avezzana ebbe modo di dimostrare an-cora una volta le proprie capacità diret-tive ed il proprio coraggio.

Le prime scaramucce, di quella chesarà l’ultima battaglia campale del

Risorgimento, erano iniziate sino dal 26settembre e si erano stancamente trasci-nate sino al 30 con alcuni tentativi deiborbonici di attraversare il Volturno. Fi-nalmente verso le quattro del mattino del1° ottobre 1860 i primi soldati borbonici,bene armati ed equipaggiati, erano uscitida Capua per investire le forze garibal-dine che, sebbene inferiori di numero, re-sistettero sino a quando

“ ...verso le 3 pomeridiane ci giunseun rinforzo di uomini condotti dal generaleGaribaldi. Allora ci volgemmo all’offen-siva, e prima assaltando con impeto la po-sizione perduta, la riacquistammo, e poialla baionetta costringemmo il nemico acercar riparo entro la fortezza di Capua. Lagiornata, che da principio parve essercicontraria, si veniva ristorando anche suglialtri punti dell’estesa linea. ..... La stessarotta toccò alle schiere borboniche, che at-taccarono in S. Maria la divisione del ge-nerale Milbitz, che nel combattimento ri-mase ferito. Intanto, la colonna che venivada Castel Morone non arrivò a Casertavecchia se non la dimane, 2 ottobre; e sa-puto del nostro trionfo su tutta la linea, edil concentramento di forze fatto daGaribaldi per circondarla, immantinente siarrese con armi e bagagli. Questa fine ebbela gloriosa giornata, che l’Esercito Meri-dionale sostenne per tredici ore di fiera econtinua lotta contro forze superiori di nu-mero, e avvezze alla disciplina e ai duri es-ercizi militari.”(Avezzana op. cit.pag 102 e seg.)

Il 28 ottobre 1860 i borbonici ten-tarono uno sforzo supremo per rovesciarele sorti della campagna ormai definitiva-mente compromessa anche per l’arri vo ditruppe regolari sabaude che avevano giàpreso parte, anche se marginalmente, alla

battaglia del Volturno. Le truppe napole-tane uscirono animosamente da Capuama dopo alcuni giorni di sterili combatti-menti quella fortezza si arrese alle cami-cie rosse. La conquista della piazzafortesegnò anche un punto di svolta per gli or-ganici del l’Eser cito Meridionale poichéda quel momento molti garibaldini:stanchi per gli innumerevoli combatti-menti sostenuti nel corso della campagnae sopratutto incoraggiati da disposizionidello stato maggiore, iniziarono a con-gedarsi e rientrare alle località di origine.Lo stesso Avezzana lasciò il comandodella propria divisione e assunse la di-rezione del Deposito generale di Aversapresso il quale vennero concentrati tutti idepositi esistenti. Secondo il generalegaribaldino, i congedi delle camicierosse, suggeriti dallo Stato Maggiorepiemontese, furono prematuri ed impru-denti ed al riguardo egli commentava:

“Certo fu un gran danno l’aver disci-olto quel corpo di forze, le quali diffusenelle provincie, o avrebbero impedito cheil brigantaggio sorgesse, o l’avrebbero schi-acciato sul nascere. Sciolti dunque quei de-positi, io mi recai a Napoli, dove attesi adare i conti della mia divisione, e dopo par-tii per Torino. E siccome con decreto realefu riconosciuto valido tutto quantoGaribaldi aveva operato, così fui mantenutonel grado di luogotenente generale, confe-ritomi dal medesimo al mio giungere in set-tembre.

Incorporato nel nuovo Regio Eser-cito come ufficiale generale si trovò cer-tamente a suo agio poiché non nascosemai i suoi commenti sul soldato italiano:“Forse l’amore di patria mi trae in in-ganno, ma l’esperienza mi ha fatto certo,che il nostro soldato ha tali doti insiemecongiunte, che non teme paragone di sorta.Facile alla disciplina, paziente nelle fatichee nei disagi, ha insieme impeto fermezza etenacità nel combattere. Dategli capi es-perti, che sappiano guadagnarsi la suaconfidenza, e con esso potete tentare le piùdifficili imprese.”(Avezzana op. cit.)

Dopo un breve periodo venne messoa riposo ma egli inaugurò un nuovo corsodella sua vita poiché nel 1861 entrò nella

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 203

Page 28: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

204

lotta politica del Regno venendo elettodeputato della Sinistra nel collegio ben-eventano di Montesarchio.

In occasione della spedizionefrancese per la conquista del Messico,avuto sentore di un possibile interventoitaliano a fianco degli invasori tran-salpini, si oppose recisamente. Presentòun’inter pellanza al presidente Ricasoli e,forte delle sue esperienze di guerriglia inquei territori fu un facile profeta sui disa-trosi risultati di quell’esecrabile avven-tura militare.(12)

Il Presidente del Consiglio lo tran-quillizzò mentre il governo messicano,saputo di questo suo intervento in Parla-mento in favore del Messico gli fece per-venire i più vivi ringraziamenti.

Assunse anche una posizione netta-mente contraria al trasferimento dellacapitale da Torino a Firenze poiché loriteneva non solo un inutile spreco didenaro ma anche una irreparabile offesaalla città sabauda che reagì con una som-mossa. Secondo i suoi disegni sarebbestato molto meglio attendere l’occasionefavorevole per prendere Roma ed eleg-gerla a capitale del nuovo Regno d’Italia.

Seguirono nuove elezioni a deputatodel perlamento italiano: nel 1865 (I colle-gio di Napoli – S. Ferdinando), nel 1870e nel 1874 (collegio di Capaccio), nel1876 (Isernia). Da questa sua posizionepiù volte prese la parola per evitare l’emi-grazione italiana in terre malariche delBrasile e del Venezuela, l’ag gra vamentodelle tasse sui meno abbienti e contro ilpersistere del latifondo incolto.

Ma non deve passare in secondopiano la sua attiva partecipazione, nel1866, alla III Guerra d’Indipendenza: an-cora una volta, pur essendo avanti neglianni, “il desiderio di spendere per la pa-tria questi ultimi avanzi di vita “ ebbe ilsopravvento. Infatti, Garibaldi, memoredi questo vecchio ma indomabile com-battente, gli affidò il comando della divi-sione di Salò e della flottiglia del lago diGarda.

Nel 1877 non ancora pago della suapassata ed infaticabile attività fondòl’Associazione Italia Irredenta con loscopo di promuovere azioni per la liber-azione di Trento e Trieste promulgando

sempre il principio che aveva guidatomolte azioni della sua vita e col qualevolle chiudere le sue memorie.

“...Noi non dobbiamo fare inique con-quiste di terre altrui, ma dobbiamo rivendi-care le proprie, e lasciare una patria a queinostri fratelli, che vivono ancora oppressisotto la dominazione straniera.”

Annotazioni

(1) Reggimenti d’ordinanza: secondol’ordinamento instaurato da Vittorio Amedeo IIInel 1773, l’esercito sardo era composto da con-tingenti di truppa volontaria a lunga ferma detti“d’ordinanza”e da reparti di leva detti “provin-ciali”, riuniti annualmente solo per brevi peri-odi salvo in caso di conflitti. Pertanto nel 1774la Fanteria Provinciale era costituita da 12 reg-gimenti che prendevano il nome delle provincein cui venivano reclutati: Genevese (daGenevoix), Tarantasia (da Tarentaise), Nizza,Asti, Casale, Ivrea, Mondovì, Novara, Pinerolo,Torino, Tortona e Vercelli. Detti reggimenti ave-vano un solo battaglione con 4 compagnie fu-cilieri, una compagnia granatieri ed unacompagnia di volontari.

(2) Santa Alleanza: patto stipulato a Parigiil 26 settembre 1815 tra Alessandro I di Russia,Federico Guglielmo I di Prussia e Francesco Id’Austria per affermare i principi del legit-timismo: diritto divino dei principi “delegatidalla Divina Provvidenza”; dovere dell’obbe-dienza da parte dei sudditi. In seguito aderironoanche i re di Francia, dei Paesi Bassi, di Svezia,e di Sardegna.

(3) Il Re Carlo Felice, per procedere inte-gralmente alla restaurazione dell’assolutismo,non esitò ad accettare – il 24 luglio 1821 – unaconvenzione con l’Austria del seguente con-tenuto: “ ....la forza del corpo d’armata austri-aco destinato ad occupare , in nome econformità degli impegni generali delle potenzealleate, una linea militare negli Stati di S.M.Carlo Felice Re di Sardegna, deve ascendere adodicimila uomini, vale a dire otto battaglionidi fanteria di linea, un battaglione di cacciatori,due reggimenti di ussari e tre batteried’artiglieria. Questo corpo, che, rispetto al suoordinamento interiore ed alla sua disciplinadipende dall’armata austriaca del nord d’Italia,di cui fa parte, è posto, come corpo ausiliare, adisposizione di S.M. il Re di Sardegna ....”. IlRe Carlo Felice, rientrato nei suoi pieni poteri,scolse i seguenti reparti per avere partecipato, in

varia misura, ai moti liberali: Brigata di Fante-ria Monferrato, Brigata di Fanteria Saluzzo,Brigata di Fanteria Alessandria, Brigata di Fan-teria Genova, Reggimento Dragoni del Re, Reg-gimento Dragoni della Regina, ReggimentoCavalleggeri del Re e Reggimento Cavalleggeridi Piemonte. I Tribunali emisero 97 condanne amorte di cui due sole furone eseguite in quantoi condannati erano riusciti a riparare all’estero.Inoltre vennero degradati 275 ufficiali e 75sottufficiali.

(4) Tampico: in origine era una località chei nativi precolombiani di lingua huastec chiama-vano “il luogo dove (tam) [ci sono] i canid’acqua (piko, ossia nutrie)”. Oggi è una città dicirca 300.000 abitanti nello stato messicano diTamaulipas istituito nel 1824.

(5) Antonio de Padua Maria SeverinoLopez de Santa Anna y Perez de Lebròn gen-eralmente conosciuto anche come Santa Ana oSantana (Jalapa, 21 Febbraio 1794 - Città delMessico 21 Giugno 1876) generale e politico di-venuto più volte presidente della RepubblicaMessicana, nel 1829 sconfisse l’esercito spag-nolo guidato da Isidoro Barradas che voleva ri-conquistare il Messico. Nel 1835 abolì laschiavitù e in quello stesso anno cercò di im-pedire la secessione del Texas riportando alcuniscontri vittoriosi come nella battaglia per la con-quista – senza fare prigionieri – della vecchiamissione cattolica spagnola di El Alamo pressoSan Antonio (23 febbraio – 6 marzo 1836) in cuisi erano asserragliati circa 190 ribelli texani. Mapoche settimane dopo, il 21 aprile 1836, il San-tana venne battuto nella decisiva battaglia di SanJacinto dai texani guidati da Sam Houston percui venne fondata la Repubblica del Texas chenel 1845 confluirà negli Stati Uniti d’America.

(6) Secondo Giuseppe Avezzana, il gen-ovese di cui narra era un certo Picaluca, coman-dante di una nave mercantile che faceva capoall’armatore Rossi di Genova. Il Picaluca, dopoessere entrato in amicizia col deposto presidentemessicano l’aveva invitato a bordo della proprianave alla fonda ad Acapulco. Quindi, ridottoloall’impotenza, lo aveva consegnato, dietro unforte compenso, nelle mani degli sgherri del-l’usurpatore Bustamento che lo fucilarono senzafrapporre indugi.

(7) Francis Plowden: (Shropshire, 8.6.1749– Parigi, 4.1.1819) figlio di William di PlowdenHall, dopo avere frequentato il St. Omer’s Col-lege ed essere entrato come novizio tra i Gesuitiinglesi, preferì non prendere gli ordini sacri. In-trapresa l’attività di avvocato sposò Dorotheafiglia del nobile Giorgio Phillips di Carnarvon-shire. La sua opera più importante risulta essere

Alla pag. seguente, Gerolamo In-duno, 1866, ingresso delle truppeitaliane nell’abitato di Primolano,nel corso della III Guerra di Indi-pendenza

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 204

Page 29: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

205

Jura Anglorum data alle stampe nel 1792 men-tre per avere pubblicato il libello Ireland sincethe Union fu costretto a ritirarsi in esilio a Parigi.

(8) Mac Murrough: ossia Dermot MacMurrough, figlio del re di Leinster, era nato inIrlanda attorno al 1100 circa e succeduto alpadre Enna nel 1126. Al Mac Murrough è co-munemente attribuita la responsabilità di averesollecitato l’intervento in Irlanda del re ingleseEnrico II e di avergli giurato fedeltà attorno al1170. Infatti Enrico II, insediatosi a Dublino,distribuì molte terre irlandesi ai baroni inglesicreando un sistema feudale che provocò lacaduta della struttura preesistente.

(9) Secondo varie fonti, le vittime tra lafolla e la Guardia Nazionale ammontarono a 23mentre tra i militari furono 5 di cui una fu ilcolonnello dei Granatieri Morozzo della Rocca,fratello del Ministro della Guerra. La narrazionedelle varie fasi di questo tragico avvenimento daparte dell’Avezzana, sostanzialmente concordacon quanto riportato dall’anonimo autore “DellaRivoluzione di Genova, nell’Aprile del 1849 es-posta nelle sue vere sorgenti, memorie e docu-menti di un testimone oculare” pubblicata aParigi nel 1850 e riportata nel volumeL’Insurrezione genovese del 1849 di FrancoBampi e Gilberto Oneto (opera citata).

(10) Lo spiegamento di truppe impiegatoda Vittorio Emanuele II per soffocarel’insurrezione genovese fu imponente poichévennero impiegati forti aliquote: di 10 reggi-menti di Fanteria di Linea, di alcuni battaglionidi Bersaglieri, del Reggimento Novara Cavalle-ria, delle Guide a cavallo, di due batterie di Ar-tiglieria, di un reparto del Genio, del Corpoinfermieri e dei Carabinieri Reali per un totale dicirca 810 ufficiali e quasi 24.000 uomini trasottufficiali e uomini di truppa (esclusi gli am-malati ammontanti ad oltre 4.000).

(11) Garibaldi era sbarcato a New York il30 luglio 1850 ma in questo periodo preferì ri-manere nell’ombra lavorando in una fabbrica di

candele del Meucci a Staten Island ed in seguitoin una propria attività per la lavorazione dellecarni. Garibaldi lasciò New York il 28 aprile1851 per Callao (Perù) per assumere il comandodi un veliero per trasporti in Estremo Oriente.Incomprensibilmente l’Avezzana, nelle suememorie, non accenna alla permanenza dell’am-ico nella città americana.

(12) Approfittando della Guerra di Seces-sione americana, Napoleone III intervenne inMessico con uno sbarco di truppe francesi(5.3.1862) che conquistarono Città del Messico(7.6.1863). Successivamente un plebiscito allon-tanò il presidente in carica Benito Juarez chevenne sostituito – con l’appoggio militarefrancese – da Ferdinando Massimilianod’Austria (nato a Vienna 6 luglio 1832)proclamato imperatore del Messico. Ma BenitoJuarez, conducendo una strenua guerriglia,provocò la caduta di Massimiliano che venne fu-cilato a Querétaro il 19 giugno 1867.

DOCUMENTI

I) Al Signor Colonnello Don José Avez-zana

Conformemente al disposto dell’Ecc.moSignor Generale in Capo dell’Esercito Libera-tore Don Antonio Lopez de Sant’Anna, nominoV.S. Colonnello del Reggimento della Libertà ecomandante generale dei tre stati d’Oriente e inquesta seconda divisione di mio comando es-erciterà egualmente V.S. le funzioni di Secondoin Capo. E perché sia riconosciuto e rispettatoin queste qualità disporrà V.S. che si pubblichinoqueste nomine nell’ordine del giorno, e lo co-munichi per inserzione all’Ecc.mo Signor Gov-ernatore dello Stato ed altri capi ed autorità civilie militari compresi nel raggio del ComandoGenerale di Oriente.

Dio e Libertà – Ciudad del Maiz – 1° Otto-bre 1832

Estevan MontezumaII) Governo supremo dello Stato libero e

sovrano di S.Louis PotosìCon soddisfazione accompagno alla S.V. il

titolo che ho rilasciato, perché sia riconosciutoper cittadino Potosinense a cagione dei grandiservigi che Ella ha prestato alla causa della lib-ertà.

Dio e libertà – S. Luis Potosì, 31 Dicembre1832 – Vicente Romero

Al cittadino Colonnello Avezzana

Bibliografia Giuseppe Avezzana, I miei ricordi, Ed.

Stamperia già Fibreno - Napoli 1881 – (copiatratta dall’originale conservato presso l’HarvardCollege Library - “H. Nelson Gay” Risorgi-mento Collection –Coolidge Fund – 1931 -. .

Giuseppe Avezzana, manoscritto autografoin sette pagine rinvenuto da Aurelia Pontecorvonell’Archivio dell’avv. Aurelio Salmona e pub-blicato in Rassegna Storica del Risorgimento (anno LXVI – fascicolo IV – Ottobre –Dicembre1979) nell’articolo Per il Centenario dellamorte del Gen. Giuseppe Avezzana.

Antonino D’Alia, Giuseppe Avezzana,Roma 1940 -.

Autori Vari, La Guardia Nazionale e lecose presenti, Tipi del Frugoni – Genova 1849 –[Copertina cartonata recante le iniziali diD(omenico) B(uffa), Comandante della GuardiaNazionale genovese nei giorni in cui il vol-umetto venne distribuito quale Strenna perl’anno 1849.]

L. Lerro, Avezzana Giuseppe, in DizionarioBiografico degli Italiani – Ed. Istituto dell’Enci-clopedia Italiana – Roma 1962 -.

Stefano Ales, LE REGIE TRUPPE SARDE– 1773 – 1814, Stato Maggiore dell’Esercito –Ufficio Storico – Roma 1989.

Stefano Ales, L’ARMATA SARDA DELLARESTAURAZIONE – 1814 – 1831, Stato Mag-giore dell’Esercito – Ufficio Storico – Roma1987.

Franco Bampi – Gilberto Oneto,L’insurrezione genovese del 1849 – Il generaleLamarmora bombarda e saccheggia la città,Ediz. Quaderni Padani – Marzo – Aprile 2010 -

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 205

Page 30: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

206

Una chiesa senza campanile è comeun cantante senza voce, un’orchestrasenza maestro, un libro senza titolo, unpaese senza identità, ma nelle gare di pre-stigio dei tempi passati solo alla parroc-chiale era consentito fregiarsi di una altatorre con campane, la cui voce potessestendersi fin nelle campagne più lontanedal borgo ad indicare le ore del lavoro edel riposo. Agli oratori urbani ed alle cap-pelle campestri spettavano solo piccolicampanili a vela ed una sola campanella,dalla voce magari argentina, ma certo aportata modesta.

Ci possiamo dunque stupire se unadelle aspirazioni più profonde dei confra-telli dell’Annunziata di Ovada divennepoco a poco quella di poter erigere uncampanile degno di tale nome? Dopo ilrinnovamento della “casa”, alzata e por-tata in volta intorno agli anni 80 del sedi-cesimo secolo, dovettero passare peròquasi cent’anni prima di poter avviare la-vori indirizzati allo scopo predetto.

La spinta venne probabilmente datadalla necessità di far rifare l’unica lorocampana, che si era rotta. E pensare chela si era comprata solo nel 1670 e per essasi erano tassati ben 102 confratelli!1

Purtroppo non sappiamo a quale fon-ditore venne affidato l’incarico, ma ci ri-sulta una spesa di £ 132,10, mentre ilpeso, originariamente di 14,16 rubbi, eragiunto a 17,10 rubbi. Si dovette, inoltre,anche “far fare l’impronta di Nostra Si-gnora per ponerla sopra la campana”2, maora era necessario provvedere un verocampanile.

Abbattuti i “due piloni che eranosopra le mura di detto Oratorio, quali ser-vivano per campanile”, nel luglio del1693 si parlava già di completare i lavorisecondo i disegni presentati dal signorGerolamo Buffa e pagati £ 2,8 (!)3. Maecco che da Acqui giunse, inaspettato,l’ordine di sospendere i lavori4.

I confratelli non avevano chiestol’autorizzazione alla Curia prima di av-viare la costruzione, avevano dunquemancato in modo grave alle regole deibuoni rapporti con il Vescovo, il quale ora

faceva sentire la propria autorità: si bloc-cassero subito i lavori, si chiedesse il per-messo per la costruzione del campanile ela benedizione della campana. Poi si sa-rebbe veduto…

Nello stesso periodo si erano avviatianche i lavori per il campanile dellachiesa di S. Antonio abate, annessa al-l’Ospedale, ed anche in questo caso iConservatori avevano agito senza chie-dere l’autorizzazione, ottenendo dal Ve-scovo un’eguale intimazione5. E possia-mo capirlo, il Vescovo: ben due gruppiinfluenti di fedeli in un solo paese non sicuravano della sua autorità. In questomodo, dove si sarebbe andati a finire?

Ma forse non c’era stata, né nell’unoné nell’altro caso, una reale volontà di in-subordinazione. Così i contrasti si appia-narono rapidamente e il campanile svettòalto. Ed alte furono alla fine anche lespese, che salirono a £ 485, cui si aggiun-sero in seguito altri conticini minori. E iconfratelli si tassarono ancora una volta6!

Non tutti però erano soddisfatti, tantoè vero che nell’autunno del 1710, mentreil tetto minacciava rovina, c’era chi sug-geriva di ricostruire un campanile comequello “demolito l’anno 1691 mentre sene fabricava uno nuovo”7, in pratica unsemplice campanile a vela. Ci sono sem-pre stati gli scontenti che si rifugiano nelpassato, i laudatores temporis acti!

Non se ne fece nulla, naturalmente,perché ormai i tempi erano cambiati.Campanili e campane non si contavanopiù in Ovada, tanto che il 2 novembre1736 veniva comunicato ai Consiglieridell’Oratorio l’intenzione della Magni-fica Comunità di stabilire “un regola-mento circa al sonare delle campane peril buon governo della medesima (comu-nità)”8, intenzione decisamente apprezza-bile, visto che ormai i contrasti tra leamministrazioni delle diverse chieseerano all’ordine del giorno.

* * *Nulla di particolare interesse fino a

metà Ottocento, tanto è vero che ancoranell’inventario del 1834 risultava una

sola campana sul vecchio campanile9.Presto però i cambiamenti si sarebberofatti frequenti ed importanti.

Cominciamo dal 6 novembre 1850,quando in Consiglio si discusse il deside-rio dei confratelli di avere tre campaneche pesassero in tutto almeno 100 rubbi.A tale scopo erano state già raccolte of-ferte per 540 lire.

Programma interessante, ma per trecampane ci voleva un campanile nuovoed un campanile nuovo non costavapoco! Niente paura, si aspetterà finchèsaranno raggiunte 1000 lire di offerte10.

Ci credereste? Il 22 dicembre 1851 iconfratelli firmavano un contratto con laDitta Eredi Giovanni Bozzoli fonditori inGenova per la fusione di “due campanenuove di bronzo e rispettivi battenti diferro” per lire nuove di Piemonte1814,68, metà da pagarsi immediata-mente e metà entro un anno11.

Già il 29 maggio precedente il “si-gnor ingegnere Michele Oddini” avevapresentato al Consiglio il disegno delnuovo campanile, lo stesso che oggi siammira, approvato purchè la spesa noneccedesse le 400 lire12. E si erano avviatisubito i lavori che nel dicembre eranoquasi finiti.

Prestiti senza interesse, offerte, listedi cittadini volonterosi che si impegna-vano per cifre diverse. Ciascuno secondole proprie possibilità, a volte di più, avolte di meno13.

Subito però si era presentato un pro-blema: il suono delle campane richiestenon si accordava con quello della cam-pana già esistente in Oratorio. Ma la dif-ficoltà era facilmente superabile: ifonditori proponevano di scambiare lacampana vecchia con una nuova che giàavevano in fonderia e che suonava benis-simo. Ci sarebbe poi stata pronta ancheuna quarta campana…14

Ma non bisognava esagerare, anche ibenefattori avrebbero potuto chiudere icordoni della borsa. Tre campane anda-vano benissimo!

In effetti si fece un po’ fatica già a pa-gare il concordato15 e solo il 7 dicembre

Le campane dell’Annunziata di Ovadadi Paola Piana Toniolo

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 206

Page 31: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

207

1858 venne firmato il saldo definitivo16.Intanto il Consiglio Comunale aveva

emanato, in data 18 dicembre 1858, ilRegolamente per le campane cittadine,ma era costretto a ricordare più voltecerte regole, per esempio che era proibitosuonarle dopo le ore 11 di notte fino al-l’Avemaria del mattino17.

* * *Non avrei mai pensato che le cam-

pane si rompessero tanto facilmente, ep-pure anche una di queste ultime si ruppenel 1867, appena dieci anno dopo avernesaldato il conto. Lo sconcerto si tra-sformò tosto in un nuovo programma.

Scriveva il segretario dell’Oratoriosignor Pasquale Franzone: “Essendosirotta una campana ed avendo sentito ilconcerto di quelle della parrocchia di Ca-stelletto d’Orba, si pensò di informarsi inmerito per un concerto di 5 campane,la maggiore non superiore ai 500 kg,con la consegna delle tre vecchie chearriva a circa kg 800”18.

Questa volta ci si rivolse ai fratelliBarigozzi, Ermanno e Secondo, di Mi-lano, che avevano la fama di essere ve-ramente un’eccellenza nel loro cam- po19. Il contratto venne firmato il 6maggio 1867 in questi termini20: i Bari-gozzi avrebbero ritirato le tre campanedell’Oratorio e ne avrebbero fornitocinque “fatte col loro nuovo metodo,impiegandovi metallo della più finequalità”; la maggiore avrebbe dovutoavere un “peso di circa kg 360 e le altrenelle proporzioni necessarie per otte-nere un preciso concerto”; esse avreb-bero dovuto essere “concertate collamassima precisione nel tono di solmaggiore”, “con bella voce, chiara, ar-moniosa e dolce”. Il concerto sarebbestato sottoposto all’esame di un profes-sore di musica scelto dai confratelli, ilquale avrebbe dovuto rilasciare una re-lazione scritta in merito. Il trasporto, siaall’andata sia al ritorno, sarebbe stato acarico dell’Oratorio nella tratta Ovada-Novi ed a carico dei Barigozzi da Novia Milano. Pesate le campane, il metallo

nuovo sarebbe stato valutato a £ 3,15 alkg, come il metallo vecchio, e la manod’opera £ 0,85 al kg. I confratelli avreb-bero dovuto versare subito la somma ec-cedente le 1000 lire, mentre queste ultimesarebbero state pagate in cinque anni conl’interesse del 5%. Alla fusione avrebbepotuto assistere un delegato della Confra-ternita.

I Barigozzi si impegnavano anche afar sì che le campane fossero sul campa-nile, al loro posto, il giorno del CorpusDomini.

I lavori partirono subito e il signorBruto Dragoni, il delegato della Confra-ternita residente a Milano, assistette alleprime operazioni, alla rottura delle vec-chie campane, alla loro fusione, all’ag-giunta del metallo nuovo, alla gettatadelle campane nuove … Ne aveva parlatocon entusiasmo in una lettera del 27 giu-

gno, confidando anche di aver preso “unpezzettino per campione della materiaprecisa delle campane” e suggerendo perla prova sonora il maestro Fumagalli21.

Polibio Fumagalli, maestro alla Cap-pella di S. Celso a Milano, aveva appro-vato il concerto delle campane dopo averfatto apportare una piccola correzione.Nella relazione scriveva: “L’accordo è ilpiù preciso che desiderare si possa”, “lavoce è chiara, robusta ed omogenea” “adonore della rinomata ditta Fratelli Bari-gozzi di Milano ed a soddisfazione deicommittenti della Veneranda Confrater-nita della SS.ma Annunziata di Ovada”22.

Si trattava ora di fare i conti.Le cinque campane pesavano rispet-

tivamente kg 383, 266, 183, 156 e 110,pertanto la spesa era salita a £ 2129,40,ridotte poi a 2088,0623.

I Nostri non si aspettavano certo didover versare subito più di mille lire,l’unica soluzione possibile sembrava lavendita degli oggetti d’argento sullastessa piazza di Milano, ma non tuttierano d’accordo24. Si cominciava cosìcol versare al 13 luglio 60 lire di ac-conto, poi al 5 agosto altre 500 lire, adicembre un’altra piccola somma; manel giugno 1869 si era ancora molto inritardo, si dovevano ben 1555,79 lire edi Barigozzi erano veramente infuriati.Dopo diversi solleciti di pagamento,minacciavano di cedere a terzi il lorocredito o di venire a riprendersi le cam-pane, valutandole come metallo vec-chio fino alla somma dovuta25.

Bisognava correre ai ripari, e que-sta fu forse la volta in cui si corse dipiù. Nello stesso giugno priore e consi-glieri invitarono i confratelli ad un pre-stito senza interesse di £ 50 ciascuno,da rimborsare ogni anno a due offerentiestratti a sorte. Dopo aver ricordato itanti lavori cui si era dato corso in que-gli anni, lavori che avevano trasformatol’Oratorio tanto da renderlo irriconosci-bile, concludevano: “Coraggio, adun-que, o benemeriti Confratelli, non cifacciamo rincrescere questo piccolo sa-crificio di fare tale imprestito e togliersi

In basso, Ovada, lo svettantecampanile dell’Oratorio del-l’Annunziata

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 207

Page 32: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

208

dal cuore un verme che ci rode e ci rode-rebbe ancora per anni e anni. Egli è nellecritiche circostanze che si riconosce ilbuon Confratello26”

E il 24 ottobre 1869 il conto dei fra-telli Barigozzi era saldato27.

* * *Quante volte il Consiglio aveva ed

avrebbe richiesto dei prestiti senza inte-resse, delle autotassazioni, delle raccoltedi offerte, per le casse da processione, icrocifissi, il gonfalone, la lampadad’argento, le corone pure d’argento, i pa-storali, il campanile, le campane, i qua-dri, gli altari, gli stucchi, gli affreschi, ilpavimento, il tetto … e chi più ne ha piùne metta? Così è stato costruito il capola-voro che noi ammiriamo.

Che poi i confratelli dovevano pa-gare anche le tasse allo stato, le decimealla parrocchia, l’iscrizione e le quote an-nuali alla Confraternita, per non parlaredei funerali, che in realtà toccavano aglieredi!

E non si lamentavano…e soprattuttonon si tiravano mai indietro.

* * *Poche sono le notizie riguardanti il

nostro argomento dall’inizio del nuovosecolo fino alla Seconda Guerra Mon-diale, tra esse di un certo interesse ci sonosolo le riparazioni fatte al campanilenegli anni 1902 e 193828. Chi scriveva neiregistri della Confraternita era, quasi dal-l’inizio del Novecento, don Luigi Piana,che abbiamo già incontrato, il quale, senelle relazioni ufficiali era piuttosto con-ciso, ha avuto il merito, tra le altre cose,di conservare le lettere ricevute e di co-piare quasi tutte quelle spedite, permet-tendoci così di conoscere molti partico-lari delle vicende del suo tempo.

Nel Registro che raccoglie le Delibe-razioni del Consiglio degli anni 1940-1980 (F. 5), sotto la data 4 luglio 1943don Piana annotò dunque quanto si rife-riva al Decreto Regio del 23 aprile 1942,n. 505, che prevedeva la requisizione, peruso bellico, della maggior parte delle

campane delle diverse chiese, delle par-rocchiali come dei conventi o degli ora-tori o delle cappelle. Con lo stessodecreto lo Stato si impegnava a conse-gnare, per le campane requisite, entro unanno dal trattato di pace, l’80 % del ramee il 20 % dello stagno del peso delle cam-pane e, per le spese di rifusione, £ 5,12per ogni kg.

Non era un Decreto che potesse es-sere accolto senza proteste, perché la po-polazione italiana era molto legata allesue chiese e pertanto alle campane che neerano la voce. Prevedendo qualche disor-dinne, il Vescovo di Acqui aveva imme-diatamente fatto seguire una circolare concui invitava i fedeli ad “assoggettarsi concristiana fortezza a tutte le restrizioni cheloro sono imposte dalla gravità del mo-mento […], anche a quella concernentela raccolta delle campane, quantunqueprofondamente ferisca la sensibilità delloro animo”.

Così il 23 giugno 1943 ben quattrocampane dell’Oratorio furono calate dalcampanile dalla ditta incaricata, la Broilodi Udine, portate con il numero di bol-letta 10312 in piazza San Domenico equindi al luogo di raccolta, il cortile delMunicipio, assieme a tante altre.

Si trattava, annotava don Piana, dellecampane fuse nel 1867 dalla ditta Bari-gozzi di Milano, che erano dedicate: laprima, del peso di 380 kg, alla SS.ma An-nunziata, la seconda, del peso di 264 kg,alla Madonna del Carmine, la terza, di181 kg, a S. Alberto e la quarta, di 154 kga S. Paolo della Croce. Restava sul cam-panile solo la campana più piccola, di100 kg.

Le quattro campane rimasero neldetto cortile quasi un anno. Una sempliceannotazione sul Registro, di mano scono-sciuta, dice infatti: “Il 7 aprile 1944 fu-rono strappate dalle mani dei Tedeschi ledue prime campane”29. Poco dopo tutte lecampane requisite partirono per destina-zione ignota.

Sul registro non ci sono altre annota-zioni fino al 1 luglio 1945, quando leg-giamo: “Considerato che con la fine del

mese di aprile è venuta a cessare in Italiala guerra e in città si è ottenuta una rela-tiva calma”, si festeggerà il Carmine conprocessione, banda cittadina e illumina-zione della facciata della chiesa e di viaS. Paolo.

Non si parla di campane, perciò lanostra curiosità torna a quel 7 aprile1944. Cos’era veramente accaduto? Perfortuna ci soccorrono le lettere, perché ildeus ex machina era stato don Piana, manon aveva voluto comparire sui libri uffi-ciali.

Scriveva dunque il nostro sacerdote,in data 2 giugno 1948, a mons. DomenicoRaimondi della Pontificia CommissioneCentrale per l’Arte Sacra, suo buonamico: “Durante il tempo che i Tedeschicomandavano in Ovada riuscimmo, conl’aiuto di due operai, a strappare dallemani dei Tedeschi le due più grosse cam-pane del mio Oratorio e, mentre ci accin-gevamo a trafugare le altre due, fummosorpresi da un tenente che ci consegnò alComando Tedesco con minaccia di subirequalche castigo”30.

Le campane salvate furono poi sot-terrate nel giardino dei Costa e tuttal’operazione costò £ 6˙968, come verràpiù volte ricordato nelle richieste rivoltealle diverse Commissioni, pontificie estatali, incaricate del ripristino delle cam-pane in tutto il territorio italiano.

Troppo complicato e soprattutto no-ioso ci appare ora seguire, attraverso lelettere, tutte le pratiche che si sviluppa-rono in quegli anni, che di anni si trattò,visto che le prime testimonianze risal-gono al 1945 e le campane tornarono sulcampanile solo nel marzo 195131. Rac-conteremo perciò con una certa libertà,senza troppe note.

Mentre le domande per riavere lecampane venivano trasmesse alla Curiadi Acqui, che si sarebbe poi incaricata diinviarle, come fece il 29 maggio 1948,assieme a quelle delle altre chiese delladiocesi, alla Pontificia CommissioneCentrale per l’Arte Sacra, collegata alMinistero dei Trasporti, Servizio Approv-vigionamento, del nuovo Stato Italiano,

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 208

Page 33: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

209

don Piana si preoccupava di fare ricerchepersonali, in quanto si sapeva che nontutte le campane raccolte dalle diverseditte erano state fuse e molte erano an-cora giacenti nei loro magazzini. Ab-biamo alcune risposte, purtroppo nega-tive, alle sue lettere, dalla stessa dittaBroili, dalla Fratelli Minotti di Milano,dalla Fonderia Ottolina di Seregno (MI) epersino dalla Curia Vescovile di Verona.

Nello stesso tempo il sacerdote, poi-ché era stato concesso ai richiedenti di in-dicare il fonditore preferito, avevanominato la ditta Barigozzi, alla quale sidoveva l’originale concerto di cinquecampane fin dal lontano 1867, ed avevapreso contatto con essa.

I Barigozzi gradirono molto la segna-lazione, perché era quasi un diploma dibenemerenza, un onore dato alla qualitàdel lavoro della famiglia fin dal passato.Risposero dunque accettando l’impegnoe facendo anche una visita ad Ovada pervedere le campane antiche, ma non si po-teva incominciare le operazioni finchè daRoma non fosse partito l’ordine.

Impaziente, don Piana cercava aiutiin Vaticano e si rivolgeva, come abbiamogià accennato, a mons. Raimondi, il qualeil 10 giugno 1948 si recava da mons. Gio-

vanni Costantini, direttore della Commis-sione, ricavandone le informazioni se-guenti: le pratiche da evadere eranoancora circa 15.000; si dava la prece-denza alle campane delle chiese parroc-chiali; la pratica in questione sarebbestata comunque messa in evidenza e tra-smessa al Ministero appena quelle giàtrasmesse fossero state evase.

L’8 agosto, sollecitato ancora, donRaimondi scriveva: “A Roma ora tuttodorme sotto la coltre del solleone: dor-mono anche Congregazioni, Commis-sioni, Ministeri e Dicasteri” e invitava,sotto sotto, don Piana a prenderselacalma anche lui.

Passava quasi un anno e il 1 giugno1949 il nostro cappellano scriveva questavolta a mons. Silvio Sericano, Sottose-gretario agli Affari Straordinari presso laSegreteria di Stato del Vaticano, appog-giandosi alla conoscenza dell’avvocatoGiovanni Sericano, fratello del monsi-gnore. Arrivava così ancora una volta amons. Costantini, il quale lo informavache la pratica dell’Annunziata di Ovadaera stata trasmessa al Ministero dei Tra-sporti, Ufficio Ripristino Campane, indata 11 marzo 1949.

Qualcosa si stava dunque muovendo.

Infatti, in data 5 luglio 1949 partiva daRoma la comunicazione alla Confrater-nita dell’Aggiudicazione n. 10552 del 19aprile 1949 del ripristino delle loro cam-pane, confermando l’affidamento alladitta Barigozzi di Milano.

È interessante notare, come ci fa no-tare il cappellano sottolineando in rosso,che il Decreto-legge n. 429 del 6 dicem-bre 1946, pubblicato sulla Gazzetta Uffi-ciale della Repubblica Italiana il 21dicembre successivo, prevedeval‘obbligo assuntosi dallo Stato di rifon-dere tutte le campane requisite per esi-genze belliche assicurando che rifusionee ricollocazione sui campanili sarebberostate integralmente a spese dello Stato,ma le norme esplicative dello stesso De-creto, e di un altro emanato il 26 dicem-bre 1947, precisavano che le campanenuove avrebbero dovuto avere lo stessopeso di quelle vecchie e le differenze dipeso, se eccedenti, sarebbero state pa-gate dalle chiese e, se deficienti, sareb-bero state pagate dallo Stato alle chiesestesse. Si precisava, inoltre, quantospettava all’”Ente di Culto” interessato,cioè “tutte le parti non di bronzo inse-rite nella campana”, “l’eventuale ripri-stino dell’incastellatura […], glieventuali adattamenti e collegamentitecnici con orologi e meccanismi con-nessi, gli eventuali lavori murari, la foni-tura degli accessori delle campane, comebattaglio, cinghie, corde e simili”. LoStato si era impegnato, inoltre, a provve-dere alla riattivazione delle campaneentro cinque anni.

Ma ecco una doccia fredda.Il 15 febbraio 1950 la Confraternita

riceveva una lettera spedita il 13 da Mi-lano dalla ditta Barigozzi. Il titolare, ing.Prospero, comunicava che il lavoro perl’Annunziata sarebbe stato affidato adaltra fonderia. Ciò dipendeva da quantodeciso a Roma, dove non si voleva chealcune ditte avessero molto più lavoro dialtre. Le campane di don Piana sarebberostate comunque per i Barigozzi il quin-tultimo su 35 lavori, mentre con la deci-sione sopraddetta “ella potrà certamenteessere servita prima”.

A lato, la campana sottrattaalla requisizione dell’occu-pante germanico e nascostanel giardino di casa dell’im-presario Costa.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 209

Page 34: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

210

“Sono dolente - concludeval’ingegnere – di dover rinunciare, ma lecondizioni nelle quali si svolge il lavorodi ripristino e la dipendenza da rigidi Uf-fici governativi, i quali ci hanno ancheammonito che non sarà più tenuto contodi raccomandazioni o altro per quanto au-torevoli, mi hanno indotto a far ciò”.

Ancora più dolenti furono gli ammi-nistratori dell’Oratorio, don Piana intesta, ed i confratelli, che nel nome Bari-gozzi si sentivano tutelati e sicuri di avereun servizio perfetto, mentre ora avreb-bero dovuto trattare con qualcuno di im-posto. Ma chi?

Pochi giorni dopo arrivava la primalettera del nuovo fonditore, Mario Col-bacchini di Trento, il quale chiedeva in-formazioni sul lavoro da farsi. Il nostrosacerdote rispondeva quasi a giro diposta, facendo firmare la missiva dal Ma-gnifico Rettore cav. Domenico Grillo, eraccontando anche gli avvenimenti del1867, nonché quelli del 1943 e del 1944.Descriveva le cinque campane del con-certo originario, specificando peso e notamusicale, ricordava le iscrizioni da porsisulle campane a farsi, spiegava la neces-sità di fare nuovi ceppi in sostituzione diquelli vecchi di legno, danneggiati tantoda impedire che fino ad allora fosseroposte sul campanile le due campane sal-vate, ed insisteva sul fatto che le cinquecampane dovevano alla fine risultare inperfetto accordo tra loro.

Il giorno 8 marzo 1950 il signorMario Colbacchini di Trento e il maestroArturo Vecchia, incaricato dalla Pontifi-cia Commissione, venivano in Ovada pervisionare le campane superstiti e soprat-tutto valutarne il suono. Il 13 marzo suc-cessivo il Colbacchini scriveva: “Comeho spiegato nella mia visita dei 8 corr. horilevato come le tre campane esistentinon sieno intonate fra loro”, contraria-mente al giudizio dell’organista localedon Farinetti, “ma quel che è peggio sonodi voce falsa, dando suoni non omogenei,ed ancora la conformazione delle coronenon atta ai tempi odierni ed ai sistemi dimontaggio”. Egli riteneva pertanto neces-sario rifondere anche le tre campane ri-

maste in Ovada e fare “una unica fusioneomogenea ed una sola sagoma” per otte-nere “un nuovo concerto perfetto sottoogni riguardo”.

La spesa prevista a carico della Con-fraternita sarebbe stata di circa £360˙150. E questo solo per le campane;per il trasporto, la posa in opera e la for-nitura dei ceppi in ghisa avrebbe saputodire in seguito!

Assurdo anche solo pensare di poterdisporre di cifre simili!

La risposta di don Piana non si erafatta attendere: il Consiglio era del parereche sarebbe bastato rifondere le due cam-pane mancanti in modo che fosseroeguali a quelle originarie.

Intanto don Farinetti, già organistadel duomo di Acqui ed ora parroco di S.Lorenzo di Ovada, si era sentito molto of-feso dai giudizi del Colbacchini che loavevano tirato in causa polemicamenteed aveva dettato una lettera, che non fuspedita per volontà del Rettore ma fuconservata tra i documenti. L’unica infor-mazione interessante che ne ricaviamo èil caso della parrocchia di S. Lorenzo perla quale la ditta Bianchi di Varese avevaottenuto un ottimo accordo tra campanevecchie e nuove.

Era chiaro comunque che tra la Dittae l’Oratorio si era aperto un conflitto cheavrebbe potuto sfociare in un servizio ap-prossimativo e insoddisfacente da partedel Colbacchini, che aveva comunque ilcoltello per il manico. Urgeva correre airipari, e il nostro buon cappellano seppesubito come fare.

Il 17 aprile era pronta e spedita unabella lettera a Sua Eccellenza mons.Francesco Manara, Arcivescovo di Tren -to, che il Nostro conosceva bene. Era pro-prio pieno di risorse il nostro prete! ilquale spiegava al prelato il contenzioso,compresa la storia delle campane dallaloro origine, e l’impossibilità di sostenerela spesa prevista dal fonditore. Interpo-nesse i suoi buoni uffici, pregava donLuigi, presso il Colbacchini perché“l’esecuzine della fusione riesca bene, inperfetto accordo di suono e di armoniacon le campane rimaste”.

La risposta arrivava circa dieci giornidopo. L’arcivescovo era già a conoscenzadell’impegno del fonditore perl’Annunziata e già gli aveva raccoman-dato di farsi onore con un buon lavoro;ora se ne sarebbe occupato più diretta-mente, ma anche lui consigliava una fu-sione generale, magari vendendo lacampana piccola. Ma il problema deisoldi era irrisolvibile.

Nel gelo che così si era venuto acreare tra fonditore ed Oratorio, final-mente l’arcivescovo si recava personal-mente in fonderia, dove aveva lapossibilità di vedere le forme pronte perla fusione e si augurava di poter sentiread Ovada “le nuove campane più squil-lanti delle vecchie”.

Il 10 agosto 1950 avveniva il col-laudo delle nuove campane con la super-visione del maestro Arturo Vecchia,delegato del Ministero dei Trasporti, edieci giorni dopo il Colbacchini comuni-cava alla Confraternita che le campaneerano pronte per la consegna, ma supera-vano di 127 kg il peso originario, il checomportava per l’Oratorio una spesa di £117˙739.

La notizia lasciava di stucco gli am-ministratori locali, ma anche la Curia ac-quese, che doveva sovrintendere a tutti ilavori ed a tutte le spese. E c’era conten-zioso anche per le spese di trasporto, posain opera, vitto e alloggio degli operai, chespettavano, secondo i Nostri, al fonditore,che si sarebbe fatto rifondere dallo Stato.Dall’altra parte si ribatteva: le campanesarebbero state spedite franche stazioneferroviaria di Ovada e le spese di messain opera ecc. sarebbero state proporzio-nali al peso eccedente. Perché tale au-mento di peso? “Fondere una campananon si può paragonare al riempimento diuna bottiglia per la quale si arriva esatta-mente alla linea che segna un litro”.

Insomma la spesa a carico dell’Ora-torio doveva essere pagata interamente almomento del ritiro e della spedizione.

Per fortuna mons. Manara aveva ot-tenuto uno sconto, portando il debito a £110˙000, e l’impegno a consegnare lecampane dopo un primo consistente ac-

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 210

Page 35: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

211

conto. Così un assegno di £ 50˙000 venneinviato all’Arcivescovo per la fonderiaMario Colbacchini.

Nell’accusare ricevuta il Monsignoreassicurava che le campane sarebberostate spedite entro mercoledì 27 settem-bre. Egli le aveva viste ed apprezzate, maaveva notato che l’iscrizione nella cam-pana maggiore diceva: “La campana èstata fusa nell’anno centenario della Re-denzione 1933 e consacrata dal card.Schuster”! Per fortuna non si vedeva dal-l’esterno. Sperava comunque di poter es-sere presto ad Ovada ad apprezzare ilconcerto.

Comunque fosse, le campane arriva-rono ad Ovada e vennero regolarmentecollaudate, ma non si potè ancora alzarlesul campanile perché restavano da termi-nare i ceppi nuovi.

Intanto cominciava un nuovo conten-zioso, che sorridendo possiamo definirenelle migliori tradizioni! Il Colbacchinichiedeva ancora £ 62˙000, don Piana ri-batteva che il debito era soltanto di £43˙084. Il fonditore scendeva a £46˙566, ma la Confraternita gli versavasolo £ 43˙336. Si lamentava il Colbac-chini: gli erano dovute ancora £ 3˙230,“anche i miei figli mangiano – scriveva– poveramente, ma mangiano, ed a que-sto devo provvedere io”.

Rispondeva don Piana: “Le mando £1˙615 a completa definizione di ogni no-stra pendenza, e questo pro bono pacis.Da mons. Manara comprenderà il disagiodi questa piccola chiesa e i sacrifici chesolo io conosco, da 40 anni che sono cap-pellano. Si accontenti lei pure.”

E il Colbacchini si accontentò, chie-dendo solo “una attestazione di soddisfa-zione delle nuove campane” per “avereseguito un lavoro perfetto sotto ogni ri-guardo”.

Finalmente, l’11 marzo 1951 av-venne la benedizione ufficiale delle cam-pane, nuove e vecchie, da parte delprevosto don Fiorello Cavanna. Eranopresenti il Magnifico Rettore cav. Dome-nico Grillo, tutti gli amministratori ed ungran numero di confratelli, molti eccle-siastici, tra cui padre Emilio Gallea, Ret-tore delle Scuole Pie, padre GiovanniCarrara e padre Giacomo Traverso sco-lopi, padre Policarpo cappuccino in rap-presentanza del Guardiano, don GiuseppePiccardi, don Francesco Gatti cappellanodelle Passioniste, un numeroso reparto diEsploratori Cattolici della città e una granfolla di fedeli32.

La cerimonia era stata preannunciatacon un manifesto, compilato dal confra-tello Repetto Angelo :

“Cittadini, in un triste periodo della

nostra storia, nell’infausto 1943, vennerotolte alla nostra chiesa le campane, donoinsigne dei nostri avi, inimitabile com-mento canoro alle nostre feste e ai nostrilutti.

Per otto lunghi anni il loro silenziogravò sulla popolazione come la nostal-gia di un bene perduto.

Ma oggi non è più così. Sono tornatefra noi rifatte nella fusione, perfettamentesorelle alle due provvidenzialmente strap-pate alla cupidigia teutonica.

Esse verranno issate sul nostro belcampanile e nella prossima gioia dellaRisurrezione scioglieranno al vento pri-maverile il rinnovato squillo argentino,perenne monito ai malvagi, richiamo agliimmemori, osanna trionfale a Cristoeterno vincitore.”

Il 24 marzo le campane erano sulcampanile, il 25 marzo era Pasqua.

* * *La storia non finisce a questo punto,

perché c’erano ancora creditori da soddi-sfare, in primis la ditta Angelo Costa diOvada, che aveva operato, assieme alcappellano, il trafugamento delle duecampane maggiori dal deposito dei Tede-schi, tenendole sotto terra fino al terminedel conflitto, e chiedeva £ 6˙968, e in se-condo luogo la ditta Enrico Picasso diAvegno-Recco, in provincia di Genova,che per la posa in opera delle campanesuperstiti, avvenuta il 24 marzo 1951,aveva fatto un conto di £ 27˙305,60,mentre per i ceppi di ghisa aveva chiestola bella cifra di £ 332˙370.

Per non annoiare ancora troppo alungo il lettore, riassumiamo al massimo.

Il Servizio Approvvigionamento, Uf-ficio Ripristino Campane, rifiutò il rim-borso per la posa in opera delle campanesuperstiti perché avvenuta in data poste-riore al 16 marzo 1951, data di una notaesplicativa che autorizzava gli Enti eccle-siastici a provvedere in proprio entroquella data, o attendere le decisioni delloStato. Don Piana ribatteva che il testodella nota era arrivato ad Ovada solo il20 marzo, quando erano già stati avviatii lavori da parte della ditta Picasso. Da

A lato, le campane che oggi dif-fondono la voce dell’Oratorio ri-chiamando gli Ovadesi allefunzioni religiose

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 211

Page 36: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

212

otto anni si attendeva di porre le campaneal loro posto, non sarebbe stato logico so-spendere il lavoro e attendere ulterior-mente che intervenisse lo Stato.

Per sostenere le sue ragioni il nostrocappellano questa volta si rivolse all’on.Edoardo Martino, che allora era sottose-gretario alla Presidenza del Consiglio deiMinistri, raccontandogli tutta la vicenda,anzi riraccontandola, perché ne era giàstato informato fin dal 12 giugno 1949.Insisteva don Piana, presentando le suebenemerenze: ”Ho recuperato due cam-pane, le ho fatte sotterrare perché non ri-cadessero in mano dei Tedeschi, con lamia azione lo Stato ha risparmiato unagrande spesa…”

Non ci fu niente da fare, il rimborsodelle £ 6˙968 e quello per la posa in operafurono negati ed anche la PontificiaCommissione Centrale per l’arte sacratrovò le porte sbarrate.

Ma … il 18 giugno 1954, l’UfficioRipristino Campane spediva alla Confra-ternita e, per conoscenza, alla Curiad’Acqui e alla Pontificia Commissione,una nota con cui si invitava a spedireentro 15 giorni un atto notorio “per poterprendere in esame la richiesta di rimborsoper posa in opera delle due campane”ecc. ecc. La faccenda era ancora irrisoltaal 2 aprile 1955, cui risale una richiestadi informazioni del nostro don Piana. Enon sappiamo altro.

Se poi ottennero qualche rimborso, ece lo auguriamo, ciò non toglie che allametà del secolo scorso la Confraternitadovette sborsare per le sue campanequasi mezzo milione di lire di allora!

Ovviamente, ed anche questo cometradizione, si fecero delle collette. A noi èrimasto solo un quadernone dal titolo“Offerte per le campane e perl’incastellamento”, con i nomi degli of-ferenti e le cifre versate dall’11 marzo1951 al 19 febbraio 1952. Offerenti n. 86,cifra raccolta £ 220˙591. Non male, perla verità, in un solo anno!

Gli Ovadesi erano veramente affezio-nati all’Oratorio, e generosi, ed è bellovedere chi offriva 50 lire accanto a chi ne

offriva 1000 o 5000 o di più, i molti chene davano 200, ma anche chi da lontano,persino dal Cile, ricordava con nostalgiail suono delle campane del suo paese diorigine e spediva il suo modesto contri-buto perché riprendessero a suonare.

Le campane rappresentano semprel’anima profonda di un borgo.

1 ARCHIVIO STORICO ANNUNZIATA DI

OVADA (d’ora in avanti ASAO), F.14, f.1, c.113.

2 ASAO, F. 16, f. 1, c. 61.3 ASAO, F. 1, f. 2, c. 16v.4 ARCHIVIO PARROCCHIALE DI OVADA

(APO), F. 64, Miscellanea, doc. 62.5 Ibidem.6 ASAO, F. 16, f. 1, c. 73.7 ASAO, F. 1, f. 2, c. 34, 23 novembre

1710.8 ASAO, F. 1, f. 2, c. 84, 2 novembre

1736.9 ASAO, F. 1, f. 3, Inventario del 1834.10 ASAO, F. 19, f. 4, doc. 2.11 ASAO, F. 19, f. 4, docc. 3 ed 8.12 ASAO, F. 14, f. 4, n. 4.13 ASAO, F. 19, f. 4, n. 6. Sono rimaste in

Archivio alcune liste interessanti e di cui diamoconto, almeno in parte. I cittadini che prestaronosenza interesse furono nove: Tomasino Ma-renco, Guido Bonelli, Basso Giuseppe fu Bar-tolomeo, Isnaldi Antonio fu Luigi, Gian AntonioGrillo, Francesco Arata fu Giacomo detto Ci-scone, Domenico Grillo di Grillano, GiovanBattista Dania e Francesco Marenco fu Gio An-tonio.

Due sono le liste delle elemosine, unamolto disordinata, con firme autografe, ma didifficile interpretazione, l’altra invece, assaichiara, distinguevaquelli che avevano effettiva-mente pagato, da coloro che erano ancora debi-tori di cifre diverse, promesse in precedenza. Leofferte raccolte superavano di poco le 500 lire,restavano da versare ancora lire 200 circa. Men-tre alcuni offerenti preferivano restare anonimie venivano segnati come NN (in un casol’offerta era stata di ben 70 lire!), ci piace ricor-dare i più generosi: Francesco Arata Ciscone,già trovato come prestatore, che aveva offertolire 20; don Giovanni Battista Torrielli lire 15;Vincenzo Maxera, Andrea Marenco, GiacomoIghina, Vincenzo Oddini fu Gerolamo, FrixioneAndrea fu Giuseppe, Michele Marenco, Dome-nico Grillo di Grillano, Maddalena Dedone inDelauda, Giovanni Grillo di Grillano, Ravera

Antonio e fratelli della Cassina Nuova lire 10.Fecero offerte anche le marchese Lercaro e Pal-lavicino, ma solo per lire 5 ciascuna.

14 ASAO, F. 19, f. 4, n. 9, lettera di Ema-nuele Saredo Parodi, delegato della Confrater-nita, del 5 gennaio 1852.

15 Per chi fosse curioso di pagamenti emonete riportiamo parte di un conto del 7 gen-naio 1852 (ASAO, F. 19, f. 4, n. 9), sempre perle campane: n. 100 scuti effettivi a £ 6.8 di Genova = £ 640n. 3 doppie di Genova = £ 306,007 marenghi = £ 182,001 scuto = £ 6,87 motte = £ 3,108 centesimi = £ 0,02

16 ASAO, F. 19, f. 4, n. 11.17 ASAO, F. 19, f. 4, nn. 12 e 14.18 ASAO, F. 12, f. 3, ultima pagina.19 ASAO, F. 19, f. 3, n. 15.20 ASAO, F. 19, f. 3, n. 15; F. 1, f. 3, p.

180.21 ASAO, F. 19, f. 3, n. 18.22 ASAO, F. 19, f. 4, n. 16, 16 giugno

1867.23 ASAO, F. 19, f. 4, n. 17.24 ASAO, F. 19, f. 4, n. 20.25 ASAO, F. 19, f. 4, nn. 24 e 25.26 ASAO, F. 19, f. 4, n. 23, 6 giugno 1869.27 ASAO, F. 19, f. 5, n. 22.28 ASAO, F. 17, f. 4, dicembre 1902; F.

18, f. 2.29 Una vicenda assai simile si ebbe a Costa

d’Ovada, vedi: P. PIANA TONIOLO, Le campanedi Costa d’Ovada, in URBS silva et flumen, tri-mestrale dell’Accademia Urbense di Ovada, a.VIII,n. 3, sett. 1995, pp. 124-125.

30 In altre lettere spiegherà che avevano te-muto, prima, qualche fucilata, e poi, al momentodella cattura, di finire in qualche campo di con-centramento, timori non certo campati in aria.

31 Documenti e lettere sono raccolti, som-mariamente divisi per argomento, in diversebuste in ASAO, F. 19, f. 5.

32 Abbiamo preso l’elenco dal citato regi-stro F. 5, in ASAO, e facciamo notare come donPiana per modestia non faccia il proprio nome.Anche il manifesto che segue è stato registratodallo stesso sacerdote, segretario oltre che cap-pellano della Confraternita.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 212

Page 37: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

213

Il secondo numero della «Rivista diStoria Arte Archeologia per le Provinciedi Alessandria e Asti» dell’anno 2013pubblica un contributo del nostro socioSergio Arditi che affronta nel suo lavoroun approfondimento che riguarda il prin-cipale autore degli affreschi della chiesaromanica di Sant’Innocenzo in Castel-letto d’Orba. Visto l’interesse che rivestel’articolo per i nostri lettori abbiamo ri-tenuto di riproporlo sulle nostre pagine.

Ringraziamo l’autore per la sua di-sponibilità così come gli editori alessan-drini che hanno consentito alla ripub-blicazione.

Nel 1874 la pieve romanica di San -t’Innocenzo, presso il cimitero di Castel -letto d’Orba, per il suo interesse storico -artistico veniva presa in considerazio nesul “Giornale Ligustico” da Santo Varni1.Da quell’epoca ad oggi, per la carenzadocumentaria, pochi elementi si sono po-tuti aggiungere alla comprensio ne di que-sto antico edificio romanico. L’attenzionedegli ultimi studi, oltre che alla chiesa edalle sue componenti lapi dee, èstata indirizzata all’analisi degliaffreschi presenti all’internodella nava ta e del presbiterio icui cicli pittorici furono nellamaggior parte trasportati su telanel 1970, come si usava in que-gli anni, poiché versavano incattivo stato di conservazione.Le pitture vennero eseguitenella seconda metà del XV se -colo da tre autori, in un tempocontiguo e ristretto. Presentanocaratteri e con cordanze2 formaliricorrenti con una composizioneschematica e senza om bre, inparticolare sulla parete di fondoa destra, all’altezza della grandeCrocifissio ne centrale, nellaMadonna, col Bambino e sullaparete laterale destra nel polit-tico con Sant’Antonio da Pado -va, Sant’Innocenzo e SantaCaterina di Alessandria.

Quest’ultime figure sonoposte entro scomparti a nicchiasuperiormente chiu se a valva di

conchiglia, imitanti un po littico ligneo.La loro rigida posizione frontale conforme tondeggianti del vol to dallosguardo fermo, rivolto allo spet tatoresenza tradire emozioni, sono sor montareda cuspidi con al centro la Cro cifissioneed ai lati le scene dell’Annun ciazione.Nella predella si scorgono gli Apo stoli(conservati solo sul lato sini stro) con alcentro il Cristo in pietà che risorge dal se-polcro.

Tra i vari esempi di analoghi politti cilignei, segnalerei quello di anonimo pit-tore ligure, in San Lorenzo di Porto -venere, con San Martino fra i santiAgo stino e Nicola da Talentino, similenel l’impianto architettonico e persinonella iconografia del registro superiore.Allo stesso maestro di Castelletto vieneri condotta la Madonna col Bambinoposta in alto a destra nella rettilinea pa-rete di fondo, a cui assegnerei ancheun’altra Madonna col Bambino (salvo gliangeli aggiunti) affrescata sull’altaremaggiore della chiesa del Convento diValle, già dei Cappuccini, di Gavi Ligure.

Le immagini più rilevanti nella chie -sa di Castelletto sono quelle di un altropittore anonimo, convenzionalmente de -nominato “Maestro di Sant’Innocenzo”,cosiddetto per essere il principale nell’e -dificio e per avervi raffigurato per ben trevolte il santo titolare Innocenzo ve scovodi Tortona nel IV secolo. Gli af freschisono disposti nell’ordine inferio re al cen-tro della parete frontale del pre sbiterio eraffigurano santi separati en tro nicchiespartite da esili colonnine, ancora allamaniera di un polittico li gneo con le fi-gure di San Giovanni Evangelista, SanGiovanni Battista, Sant’Innocenzo bene-dicente in trono, San Bernardo e San Giu-liano l’Ospita liere. Sulla predella, comenel preceden te polittico, gli Apostoli con-tornano il Cristo in pietà emergente dalsepolcro. Sulla destra lo stesso maestrodipinse, in successione, altre cinque fi-gure: Cristo risorto, la Madonna colBambino, San Sebastiano, San Innocenzoe San Gio vanni Battista. Del Cristo ri-sorto biso gna segnalare il recupero dellasinopia, trascurata dalla critica e ricollo-

cata sul lato sinistro dellastessa parete di fondo. Inessa si riscontrano alcune va-riazioni nell’esecuzione fi-nale, con modifiche cheriguardano la posizione delcoper chio sul sarcofago e dellembo superiore del man-tello.

A tal proposito, recente-mente è emerso, tra vari altriaffreschi, una raffi gurazionedi un Cristo risorto su unarco di un grande ambientedel restaurato Palatium Vetusdi Alessandria, icono -graficamente vicino al Cristodi Castel- letto con analogaposizione e panneg gio; im-pugna egualmente il vessillocon la mano sinistra e sorgeda un sarcofago reso conscrupolosa prospettiva.L’affre sco alessandrino si ri-vela interessante perché fir-mato e datato nel 1444 dalpittore Giovanni Mazone,credo l’unica opera emersa

Alcune nuove tracce del "Maestro di Sant'Innocenzo"di Sergio Arditi.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 213

Page 38: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

214

in patria di quest’autore ed, in considera-zione della datazione, forse si tratta diun’opera giovanile prima di raggiungerela Liguria. Nel panorama del Quattro-cento, risuona di interesse la notizia del-l’operato di Giovanni Mazone che siaffermò tra Genova e Savona, assieme adaltri ar tisti, tra cui Galeotto Nebbia e Bar-tolo meo d’Amico, entrambi di Castel-lazzo Bormida, che operavano con luiflut tuanti rientri nella città natale.

Un altro trittico, sempre del “Mae strodi Sant’Innocenzo” nella Pieve di Castel-letto d’Orba, è posto sulla parete sinistradella navata e raffigura la Ma donna colBambino in trono tra Sant’In nocenzo eSan Giovanni Battista, af fiancato dall’af-fresco, di minori dimen sioni, con SantaRadegonda.

Ci riconduce allo stesso artista anco -ra un affresco di San Sebastiano, al fon -do della parete orientale della navata eridotto ad un labile dipinto per l’attenua -zione delle tonalità e del segno grafico,seguito da una figura femminile nonidentificabile, più frammentaria e tenuedella precedente. Nonostante il precariostato di conservazione, l’affresco risultaparzialmente comprensibile ed è l’unicoesempio non staccato dalla parete, as -sieme alla santa contigua. Quello che sirivela di particolare interesse è la pre -senza della data 1468 posta sul riquadrosuperiore dentro, a lato della testa delsanto, seguita da due lettere di non chia -ra decifrazione, forse MG.

Il “Maestro di Sant’Innocenzo” a Ca -stelletto d’Orba si caratterizza per le raf -figurazioni delle immagini entro nicchieabitate da santi e suddivise da esili co -lonnine3 collegate superiormente davalve di conchiglia, già indirizzate ver soforme rinascimentali. Il colore che noivediamo risulta particolarmente at tenuatoed appiattito per lo stato conser vativo,non certo favorito dallo strappo degli af-freschi già precedentemente contaminatidall’umidità. Il tenue effetto coloristicodominante è dato dal rosso mattone, dalbianco, dal verde scuro e dal giallo ocra,ma si evidenzia l’accurato disegno del ri-camo dei preziosi tessuti in broccato, sianel piviale di Sant’Innocenzo, sia neldrap po alle sue spalle; stessa situazione

ripe tuta nella Vergine del trittico dellaMadonna col Bambino in trono tra San-t’Innocenzo e San Giovanni Battuta

Germano Mulazzani ha visto in que -ste ultime opere un’eco, per altro assai la-bile, delle fisionomie delle pitturepro fane di palazzo Zoppi di Cassine, ulte -riormente semplificate al limite del grot-tesco, inoltre riscontra confronti conl’affresco di Sant’Antonio Abate e SanApollonia sulla parte nord di Santo Ste -fano di Sezzadio e Roberto Benso rav visaun confronto anche con l’affresco dellaChiesa di San Michele a Montal deo, nellaMadonna col Bambino e San t’AntonioAbate sulla parete sinistra4 Nella pre-della, con la sequenza degli Apostoli ed ilCristo in pietà, il Mulazz ani osserva cheil pittore ha preso a mo dello un tipo dipolittico che si è affer mato in area ligure- nizzarda a partire dal 1480 circa5, sep-pure altri studiosi come Miklòs Bosko-vits sostengano che nel secondoQuattrocento finanche i po littici lombardisono integrati da una predella raffigu-rante Cristo tra gli apo stoli6 e, a tal ri-guardo, non dimentiche rei la stessaiconografia alla base del cinquecentescopolittico Carcherano con L’Adorazionedei Magi di Gandol fino da Roreto, oggisulla parete della navata sinistra in SanSecondo di Asti, originariamente postonella cappella di San Michele.

Sulla cornice superiore degli affre schidi Santo Stefano di Sezzadio sono par-zialmente conservati i nomi delle de votemonache committenti dei santi. A tal ri-guardo assume particolare rilievo lostemma sulla parete nord, posto a lato diSant’Apollonia, dei Ferruffini - Cal -camuggi feudatari di Sezzadio, al cui ca-sato apparteneva Antoneta, una con versadel monastero. I vari nomi delle monacheconsentono di datare queste pitture tra il1469 ed il 1483, periodo in cui queste fu-rono trasferite a Sezzadio dal monasterocistercense di Santa Bri gida di Genova7.Gli affreschi, al mo mento dello studio del

Mulazzani, non erano interamente leggi-bili e successi vamente, durante il restaurodell’intero edificio, furono recuperati sulfianco di Sant’Apollonia le contigue fi-gure, sep pur frammentarie, di San Gior-gio e di San Sebastiano, in cui, oltre alrestauro di alcuni affreschi trecenteschivaria mente dislocati, sulla parete sudl’inter vento ha interessato anche labilitracce, dello stesso autore, di una Santadotata di patena8 ed una lacunosa Ma-donna col Bambino. Segue nuovamenteSan Seba stiano e probabilmente, per esi-bire un libro, Santa Brigida di Svezia dicui si rammenta l’intitolazione del con-vento genovese di provenienza delle reli-giose. Interessa particolarmente porrel’atten zione sulla decorazione con stam-piglie a losanga, visibili sull’abito di San-t’Apol lonia e sul sottostante fregio, checom pare del tutto uguale sul mantellodella Vergine col Bambino di un affresconel la seconda cappella destra in Sant’An-to nio Abate di Mombaruzzo. Inoltre ilBambino dell’affresco di Mombaruzzopare il gemello di quello nella Madonnacol Bambino sulla parete sud della chie -se di Sezzadio, nonostante lo scarso sta -to di conservazione.

Il citato motivo con stampiglie a lo -sanga rimanda ad altri esempi analoghi,assai diffusi tra Liguria e Piemonte me -ridionale, la cui tradizione compare giàalla fine del Trecento a Genova nell’af -fresco del Cristo in gloria del pittore to -scano Taddeo di Bartolo, esistente nelconvento di Santa Maria di Castello. Ci -terei ancora esempi simili nel manto dellaVergine col Bambino e di Santa Caterinanegli affreschi in valle Bormi da del trit-tico in San Nicolo a Bardine to, oppure inSan Giovanni Battista a Roccaveranosugli abiti é l’ Apostolo Bartolomeo sullaparete di fondo e della Madonna colBambino sul piedritto del l’arco trionfalee su quella in trono nell’ultima campatadella parete destra.

Probabilmente, ignoto alla critica e da

Alla pag. precedente, unasuggestiva immagine dell’an-tica chiesetta di Sant’Inno-cenzoA lato, chiesa di Sant’Inno-cenzo, Cristo Pantocratore escena dell’Annunciazione

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 214

Page 39: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

215

annoverare nella produzione del “Mae-stro di Sant’Innocenzo”, è il picco lo af-fresco raffigurante i Santi Sebastia no eRocco a Castellazzo Bormida, di pintoentro una nicchia rettangolare or nata suilati da un sommario nastro a nuvolette. Sitrova in una stanza adibita ad ambulato-rio medico nella Casa della Salute, pressoun edificio nel complesso di Santa Mariadella Corte. L’affresco emerse il 18 giu-gno 1986, durante lavo ri di ristruttura-zione dei locali probabil mente di un exedificio conventuale9. I due santi, comeavviene sovente, sono raffigurati insiemeessendo ritenuti pro tettori contro la peste.Sono sormontati da un’iscrizione, il cuitesto consente di ipotizzare una funzionevotiva dell’ope ra legata quasi certamentead una grazia ricevuta in tempo di peste.Con tutte le cautele del caso, per alcunelacune ed abbreviazioni, si potrebbe leg-gere: “O miles Cristi salve santissimeroche qui a morbo caduco liberasti gra-fia chrìstì O vir habilis populum defendeet protege benigne”10. Anche questobrano pittori co ha perso buona parte deldisegno e del colore nella zona inferiore,mentre mantiene ancora una discreta leg-gibilità nei volti, nei busti, e nel citatocartiglio. Come a Castelletto, anche quicompare sullo sfondo un drappo dama-scato, leg germente flesso in alto e sem-plicemente fissato alla parete con duechiodi. San Sebastiano è rappresentatosemivestito con perizoma, trafitto dafrecce e legato ad una piccola colonnacon capitello fo gliato pseudo - corinzio,come per ben due volte nelle rappresen-tazioni di Ca stelletto d’Orba, cosi pure diSezzadio. Per il San Sebastiano sulla pa-rete nord in Santo Stefano di Sezzadio, aconferma delle relazioni con le pitturenella pieve di Sant’Innocenzo, è riscon-trabile una straordinaria somiglianza nel

dise gno delle gambe e dei piedi conquelle del Cristo risorto nel polittico didestra. In passato, nel polittico di Castel-letto con Sant’Innocenzo benedicente introno, il giovane santo con due frecce inmano veniva ritenuto essere San Seba-stiano. Più probabilmente si tratta di SanGiuliano l’Ospitaliere, un cacciatore dinobile stirpe, come dichiara la ricca vestecon ampia giornea e spada. Il giovanementre trafiggeva con frecce un cervo,quest’ultimo gli andò in contro annun-ziandogli che sarebbe diventatol’uccisore dei suoi genitori, profezia cheinvolontariamente si avverò, pur allon -tanandosi da loro senza avvertirli.

In Piemonte meridionale ed in Ligu-ria, tra i numerosi affreschi del tipo a po-littico con nicchie architettoniche, sipossono citare gli esempi della parroc -chiale di Cosseria (già inglobata in un’ab-side più antica) o del presbiterio di SanGiovanni Battista a Roccaverano, in cuitutto il presbiterio, e la prima campatadella parete destra della navata, sono oc-cupati da pitture. In basso, al centro delpresbiterio, si coglie la se quenza degliApostoli entro nicchie, però prive dellavalva di conchiglia, che proseguono sim-metricamente sulle due pareti laterali. Lacomplessa serie delle pitture, per la mag-gior parte dedicata alle Storie del Precur-sore, è dalla critica considerata degli anniOttanta del XV secolo, mentre il percorsodel pittore sembra oltremodo snodarsi acavallo di due secoli per la comparsa, innavata, di una scritta in cui compare ilnome di Si mone Gallesio, committentedell’opera nel 150211. Altri sono gli affre-schi che presentano particolari affinitàcol tipo del polittico a nicchie abitate dasanti. Si ravvisano in San Giovanni al ci-mite ro di Lerma, chiesa ampiamente de-cora ta da vari autori, in cui nella zona

me diana dell’abside sono figure di santien tro nicchie scandite da colonnine tor-tili con capitelli fogliati, chiuse superior -mente con valva di conchiglia come aCastelletto. Da sinistra a destra sono: SanMichele Arcangelo, San Pietro, San Gio-vanni Battista, San Giacomo Maggiore,San Colombano e San Bernardo12.

Un altro ciclo di impronta cortese ènel presbiterio della chiesa di San Nico -lo a Bardineto, in cui si distingue infe -riormente, sulla destra, un trittico anic chie con la Vergine col Bambino af -fiancata da Santa Caterina e San Cri -stoforo. Compaiono affreschi a politticocon santi in nicchie nell’oratorio di SanSebastiano a Paroldo presso Ceva e nellaserie degli Apostoli in Sant’Anto nio aPerletto, purtroppo trafugati negli anniOttanta del Novecento. In area tor tonesenon mancano esempi, nelle due cappellepresbiteriali del transetto de stro nell’Ab-bazia di Rivalta Scrivia, di santi, entrocolonne, ma la concezione è ben diversadagli esempi precedenti, es sendo qui per-vasi da un’atmosfera rina scimentale, consfondo a ciclo aperto, che condividel’influenza della pittura lombarda. Nellaprima cappella le pittu re sono attribuite aFranceschino Bosi lio13 e nella seconda al“Maestro di Ca stelnuovo”, noto anchecon lo pseudoni mo di “Maestro di San-t’Ignazio”, forse da identificare con “Ga-briel de Castro novo”, appartenente allafamiglia de Burgo14 di Castelnuovo Scri-via.

Anche i drappi dei fondali con fitti de-cori damascati del “Maestro di Sant’In-nocenzo” sono esempi variamenteutilizzati nel quadro della pittura ligure -piemontese e nizzarda; ne fanno sfog gioil “Maestro di Lucéram”, pittore operantesul versante oggi francese a Briga Marit-tima in Nòtre -Dame des Fontaines, a Lu-céram nella cappella di San Grato ed inquella di Nòtre - Dame du Bon Coeur; inLiguria nel santuario della Madonna deiBoschi a Peveragno con una Madonnacol Bambino, così come ad Albenga nel-l’affresco della Madonna col Bambino traSan Giovanni e San Michele Arcangelonel palazzo Vescovile. Questo gusto ri-produce chia ramente i damaschi del-l’epoca, come avviene ancora a

A lato, chiesa di San Innocenzo,Compianto del cristo Crocifissosullo sfondo le mura di Gerusa-lemme

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 215

Page 40: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

1 2

3

4

56

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 216

Page 41: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

2177

8

910

11

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 217

Page 42: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

218

Castellazzo Bormida nell’affresco absi-dale di Santo Stefano, nell’antica chiesaromanica a lui dedica ta: frammento affre-scato che è affiorato dopo il restauro dellafine del secolo scorso nella nicchia cen-trale dell’altare barocco.

Ancora intimamente legato ai tessutiarabescati è il “Maestro del San Guidod’Acqui” formatosi a stretto contatto conGiovanni Mazone. Il pittore, secon doGiovanni Romano, potrebbe essere il ca-stellazzese Galeotto Nebbia15 che ridondadi paramenti iperornati nella tavola diSan Guido e i Quattro dottori della chiesanella sacrestia dei Canonici della Catte-drale di Acqui e nel polittico dell’Annun-ciazione della Pinacoteca Civica diAlessandria, oggi a palazzo Cuttica diCassine. Accanto ad artisti liguri bisognaricordare che operarono, nella secondametà del Quattrocento, anche pittori lom-bardi tra cui Vincenzo Foppa el’alessandrino Giovanni Mazo ne, artistadi varia formazione in cui sono state rav-visate tracce di esperienze franco - meri-dionali. Sono elementi che il Mazoneavrebbe potuto cogliere nella pala delleGerarchle angeliche in San Secondo diAsti, città prossima alla terra di origine, eprodussero capolavori come lo smem-brato polittico di San Nicola da Tolen-tino, del quale la tavola centrale è pressouna collezione privata di Firenze16. Ma-zone inoltre incontrò anche l’ambientepadovano che ruotava attorno a France-sco Squarcione e si mosse in parallelocon Vincenzo Foppa a Genova e a Sa-vona.

Alle soglie del Cinquecento viene in-dicato negli esordi di Gandolfino da Ro-reto, un confronto con la pittura ligu re -nizzarda certificato dal polittico del -l’Assunzione della Vergine alla GalleriaSabauda di Torino, oppure nella. Ma -donna Annunciata nel convento della SS.Annunciata in Portoria di Genova17.

I vari esempi forniti, gli accostamen -ti ed i riscontri verificati sul piano stili -stico ed iconografico nel ductus pittori codel “Maestro di Sant’Innocenzo”, si al-lacciano chiaramente a modelli ed in -flussi derivanti dall’incontro di diverseesperienze. La sua pittura risulta estre -mamente radicata nella cultura tardo go -

tica della seconda metà del XV secolo,attorno al 1468, come riporta la data sul-l’affresco di San Sebastiano in San -t’Innocenzo di Castelletto d’Orba (perintenderci: quello non strappato dalmuro), od il confronto con gli affreschi inSanto Stefano di Sezzadio databili tra il1469 ed il 1483 (forse più vicini allaprima datazione). Lo manifesta anche lafoggia delle predelle polilobate dei troniche compaiono simili in un polittico delcremonese Cristoforo Moretti, eseguitotra il 1465 ed il 146818, così pure il gustodescrittivo dei drappi damascati e le am-bientazioni dei santi, entro le esili nicchiedei polittici, in cui si ribadisce che, inqueste forme della produzione pittoricaminore, il nostro artista è ben introdottonel complesso scambio di esperienze cul-turali tra Liguria, Lom bardia e Piemontemeridionale.

NoteLe predelle sono quelle dei troni ricoperti di

tessuto damascato su cui si assidono rispet -tivamente Sant’Innocenzo e la Madonna colBambino, simili a quella dipinta dal cremoneseCristoforo Moretti nel polittico di Sant’Aquili noal museo Poldi Pezzoli di Milano. Si veda M.NATALE, Madonna in trono con Bambino, SanLorenzo, San Genesio, Santa Lucia, in Arte inLombardia tra Gotico e Rinascimento cit., pp.160 — 163 e fig. a p. 63.

1. S. VARNI, Della Chiesa di S. Innocenza diCastelletto d’Orba, in “Giornale Ligustico”, I,1874, pp. 203 - 216.

2. Alcune indagini sugli affreschi sono statecondotte da N. Gabrielli, Monumenti della pit-tura nella provincia di Alessandria dal X alafine del secolo XV. Contributi alla Storia del-l’Arte Piemontese, in “Rivista di Storia, Arte,Archeologia per la provincia di Alessandria”,1935 (annata XLIV), I, pp. 109-153; G. Mulaz-zani, Da Cassine a Crea: due secoli di pitturalombarda, in La Pittura delle Pievi nel territoriodi Alessandria dal XI al XV secolo, Alessandria1983, p.63 e p.74; C. SPANTIGATI, La “sco-perta”ottocentesca dei Boxilio e qualche propo-sta di rinnovata lettura, in L’Abbazia di RivallaScrivia e la scuola pittorica tortonese dei secoloXV e XVI, “Quaderni della Biblioteca Civica”,n. 3, Tortona 1981, pag. 57; R. BENSO, Sant’In -nocenzo di Castelletto d’Orba, in “Novitate”,1989, n. 7, pp. 12 -23; G. GALLARETO, Gli ar-cani simboli: pittura gotica e tardo gotica nel-l’Alto Monferrato, in G. GALLARETO, C.PROSPERI (a cura di), Alto Monferrato, tra Pie-monte e Liguria, tra pianura e Appennino, sto-

ria, arte, tradizioni, Torino 1998, pp. 157 - 159;R. BENSO, Scheda 27 - Castelletto d’Orba:chiesa di Sant’Innocenzo, in S. arditi, C. PRO-SPERI (a cura di), Tra Romanico e Gotico, per-corsi di arte medioevale nel millenario dì sanGuido Vescovo di Acqui, Acqui Terme 2004, pp.311 - 313; L. ROZZO, Per un repertorio icono-grafico dei Santi Marziano e Innocenzo, in Mar-ziano e Innocenzo. Tortona paleocristiana traStoria e Tradizione, Tortona 2013, pp. 117 - 119e nota 22, p. 125.

3. Bisogna considerare che questi tipi di raf-figurazioni dipinte compaiono già durante il pe-riodo romanico, nella seconda metà del se coloXII, si veda ad esempio le figure degli Apostoliin San Giovanni ai Campi di Piovesi Torinese.

4. R. BENSO, Scheda 27 - Castellettod’Orba: chiesa di Sant’Innocenza, in S. ARDITI,C. PROSPERI (a cura di), Tra Romanico e Goticocit., p. 312.

5. G. MULAZZANI, Da Cassine a Crea: duesecoli di pittura lombarda, in La Pittura dellePievi nel territorio di Alessandria dalXI al XV -secolo, cit., p. 63 e p. 74.

6. M. BOSKOVITSH, La bottega degli Zavat-tari, in Arte in Lombardia tra Gotico e Rinasci-mento, Milano 1998, p. 170.

7. G. CUTTICA DI REVIGLIASCO, Per un reper-torio della pittura murale fino al 1500,in La Pit-tura delle Pievi, cit., pp. 167 - 168.

8. Per la scarsa conservazione non è più pos-sibile identificare il simbolo iconografico:si po-trebbe pensare a Sant’Agata se nel piatto cifossero stati i seni, oppure a Santa Lucia, nelqual caso il piattino avrebbe recato gli occhi.

9. L’edificio fa parte di un complesso ubi-cato presso la chiesa di Santa Maria della Corte.I primi documenti fanno risalire la chiesa attornoal 1005 “in curte regia Ga mundi” essa si dovevaa Maria, figlia del re Adalbero, il cui regno ini-ziò nel 950 (in associazione col padre Berenga-rio II d’Ivrea). Nel 1443 la chiesa passò ai padriServiti, assieme al convento ricostruito all’ini-zio del XV secolo. Successivamente il com-plesso venne varie volte rifatto. Sulla chiesa edil convento si veda C. MORETTI, Catalogo del -l’edilizia ecclesiastica nel territorio di Castel -lazzo Bormida, Alessandria 2001, pp. 61 - 62.

10. Debbo ringraziare il prof. Carlo Prosperiper la sua cortese disponibilità nel fornirmi lalettura del testo. Egli ne assicura la chiara let-tura della prima parte, mentre per la seconda, apartire da “liberasti’ in poi, non cela qualchedubbio residuo.

11. A questo variamente indagato anonimopittore e alla sua bottega, oltre al ciclo di Roc -caverano si attribuiscono numerosi altri cicli diaffreschi, tra cui il frammento dell’ Ultima cenanella chiesa di San Dalmazzo di Mona cellopresso Finale Ligure; il ciclo Mariano nella sa-

1. Interno della Chiesa di Sant’Inno-cenzo; 2. San Sebastiano; 3. Chiesadi Sant’Innocenzo affreschi dell’ab-side con Sant’Innocenzoi; 4. Monba-ruzzo, Chiesa di Sant’Antonio Abate,Madonna in trono con Bambino

5. Castellazzo Bormida, Santa Mariadella corte, i santi Sebastiano e Rocco;6. Sezadio, Chiesa di S. Sstefano,santi Sebastiano e Lucia; 7. Chiesa diSant’Innocenzo, il Cristo risorto, laMadonna e santi; 8. Sezzadio, S- Se-fano, Madonna con Bambino,; 9 San-t’Innocenzo, Parete destra S.

Radegonda, S. Giovanni Battista, Ma-donna in trono con Bambino, S. Inno-cenzo; 10. Sezzadio, S. Stefano,Sant’Antonio abate e S. Apollonia; 11.Roccaverano, Chiesa di San GiovanniBattista , abside serie di archetti conte-nenti otto figure di Apostoli

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 218

Page 43: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

219

crestia, già sulla volta e sulle lunette della cap-pella sinistra in San Lorenzo a Mu rialdo, alla lu-netta del portale e altri dipinti con gliEvangelisti, con le Storie della Vergine e deiProfeti: sull’arco in corrispondenza dell’an ticoingresso; gli affreschi absidali con San France-sco e Bernardino in Santa Maria extra muros aMillesimo; la parete absidale di Santa Maria delCanneto a Merana, Santa Maria del Casatopresso Spigno; la volta del portico d’in gresso alSantuario della Madonna delle Gra zie a Caliz-zano. Per l’ampia bibliografia si veda Cfr. B.BARBERO, Pittura nella val Bor mida di Mille-simo tra Quattro e Cinquecento, in “Atti e Me-morie della Società Savonese di Storia Patria”,Savona 1974, pp. 155 - 161; B. BARBERO, Rela-zioni culturali tra Oltregiogo e Linguria marit-tima: gli affreschi tardo medievali in valBormida, in “Atti del 1° Convegno Storico, ValBormida e Riviera; economia e cultura attra-verso i secoli”, Società Savonese di Storia Pa-tria, Cuneo 1985, pp. 134 - 139; C. BERTOLOTTO,Affreschi della chiesa di San Giovanni Battistaa Roccaverano, in Ricerche sulla pittura delQuattrocento in Piemonte, Torino 1985, pp. 31– 36; B. BARBERO, Affreschi del XV secolo nellealte valli Bormida e Tanaro, in “Bollettino dellaSocietà per gli Studi Storici, Archeologici e Ar-tistici della provincia di Cuneo”, 2° sem., 1988,pp. 159-160; G. GALLARETO, Gli arcani simboli:pittura gotica e tardo gotica nell’Alto Monfer-rato, in G. GALLARETO, C. PROSPERI (a cura di),Alto Monferrato, tra Piemonte e Liguria, trapianura e Appennino, storia, arte, tradizioni,

cit., pp. 148 - 150; A. DE FLORIANI; 1460-1475:Liguri e Lombardi fra tradizione e rinnova-mento, pp. 267 - 273 in G. ALGERI, A. DE FLO-RIAN (a cura di), La pittura in Liguria. IlQuattrocento, Genova 1991, consultato nella ri-stampa del 1994; D. OLIVERI, Santa Maria extramuros di Millesimo, 1999; A. BARTO LETTI, Ap-punti sulla situazione figurativa tra Savona, ilFinale e l’alta vai Bormida nell’età di Macrino,in Intorno a Macrino. Aspetti e problemi di cul-tura figurativa del Rinasci mento in Piemonte,Atti della giornata di studi, Alba 30 novembre2001, Fondazione Ferrerò, Savigliano 2002, p.60; C. PROSPERI, schede n° 38 (seguace nellachiesa di Santa Maria e San Lazzaro a Fornellidi Mallare) ; n ° 57 (chiesa di San Giovanni aRoccaverano), n° 63 (chiesa della madonna delCasato a Spigno Monferrato), in S. ARDITI, C.PROSPERI (a cura di), Tra Romanico e Gotico,percorsi di arte medioevale nel millenario di sanGuido Vescovo di Acqui, cit.; S. MAMMOLA,Nuove proposte sul maestro di Roccaverano, in“Li gures - Rivista di Archeologia, Storia, Arte eCultura Ligure”, Bordighera 2005, pp.210 211 ;S. MAMMOLA, Alcuni casi di committenza ai con-fini dell’alessandrino: i Del Car retto di Finale,i Bruno di Roccaverano e gli Scaranpi di CairoMontenotte, in G. SPIONE, A. TORRE (a cura di),Uno spazio Storico. Committenze, istituzioni eluoghi nel Piemonte meridionale, Druento (To-rino) 2007, p. 76; S. BRAGAGNOLO, Gli affreschidella parrocchiale di San Giovanni Battista, inG.B. GARBARINO, M. MORRESI (a cura di), UnaChiesa bramanresca a Roccaverano. Santa

Maria Annunciata (1509 - 2009), Atti del Con-vegno a Roccave rano 29 - 30 maggio 2009,Acqui Terme 2012, pp. 149 - 160.

12. Sugli affreschi di Lerma si veda: C.Spantigati, Provincia di Alessandria, Alessan -dria s.d.; G. FERRANDO, La pieve di Lerma e lestorie della Passione, in “Urbs silva et flumen”,1987, pp. 7 - 10; G. CUTTICA DI REVIGLIASCO,Per un repertorio della pittura murale fino al1500, in La Pittura delle Pievi cit, pp. 152 - 153;G. GALLARETO, Gli arcani simboli: pittura go-tica e tardo gotica nell’Alto Monferrato, in AltoMonferrato, tra Piemonre e Liguria, tra pianurae Appennino, storia, arte, tradizioni cit., pp. 159— 160;

13. C. PROSPERI, Dal Rinascimento al Ba-rocco: vagando e divagando su e giù per il Mon-ferrato e dintorni, in Alto Monferrato, traPiemonte e Liguria, tra pianura e Appennino,storia, arte,

14. G. ROMANO, scheda 2, in C. SPANTIGATI,G. ROMANO (a cura di), II Museo e la Pinaco-teca di Alessandria, Alessandria 1986, p. 103.

15. A. DE FLORIANI, 1460 - 1475: Liguri eLombardi fra tradizione e rinnovamento cit., pp.238 - 239 e nota 29 p. 277.

16. S. BAIOCCO, Repertorio delle opere diGandolfino da Roreto, in G. ROMANO (a cura di),Gandolfino da Roreto e il primo Rinasci mentonel Piemonte Meridionale, Torino 1988, p.295e p.310.

17. Ttradizioni cit., p. 243; L. BARBA, Pievie chiese romaniche dell’Alto Monferrato Ova-dese, Ovada 1999, pp. 33-35: R. BENSO, LaChiesa di San Giovanni di Lerma, in “Urbs silvaet flumen”, XV (2002), nn. 3-4, pp. 215 - 221:C. PROSPERI, Lerma: chiesa di San Gio vanni alcimitero (o al Piano), in Tra Romanico e Gotico,percorsi di arte medievale nel millenario di SanGuido Vescovo di Acqui, cit. pp. 344 - 347.

18. C. SPANTIGATI, La “scoperta” ottocen -tesca dei Boxilio e qualche proposta di rinno-vata lettura, in L’Abbazia di Rivalta Scrivia e lascuo la pittorica tortonese dei secolo XV e XVI,“Quaderni della Biblioteca Civica”, 3, Tortona1981, pag. 57. 4 A. DA LERBA, Manfredino Bosil-lio e la scuola derto nina, in Storia e arte, mi-scellanea castelno vese, Castelnuovo Scrivia2005, p. 155 e p. 163. Più recentemente un pro-filo della dinastia dei pittori de Burgo o Borghidi Castelnuovo Scrivia, a cui deve essere colle-gato “Gabriel de Castronovo”, è stata ampia-mente delineata con una vasta documen tazionearchivistica da C. PROSPERI, C. BIANCHI, F.MIOTTI, Il pittore Jeronimus de Burgo, in “Rivi-sta di Storia Arte Archeologia per le Province diAlessandria e Asti”, annata CXVII.l (anno2008), pp. 53 - 78.

A lato, Chiesa di S. Innocenzo, affre-sco parete sinistra, Trittico con i santiAntonio da Padova, S. Innocenzo, Ca-terina da Alessandria, in alto Crocifis-sione e Annunciazione; nella predellagli Apostoli

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:19 Pagina 219

Page 44: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

La pubblicazione del volume di DA-NIELE SANGUINETI, Anton Maria Mara-gliano 1664-1739 Insignis scul ptorGenue, Genova, Sagep Editori, 2012, cidà il quadro più aggiornato ed esaustivosullo stato dell’approfondi mento criticosull’opera dello scultore che tanta fortunaebbe a suo tempo, e ci fornisce anche undettagliato catalogo delle opere dell’arti-sta, che sono state suddivise fra quelle si-curamente at tribuibili al maestro con aiutimarginali di bottega e quelle che, pur natenel suo ambito, sono poi state affidate al-l’ese cuzione di aiuti che avevano già svi -luppato una loro maturazione esecutiva.

Ogni scheda di ciascuna opera è poicompletata da un’appendice documen -taria che riporta stralci dei documenti

fondamentali a essa riferi-bili; infine c’è un impor-tante settore del volumedove le opere maggiorisono riprodotte in tavole acolori che le illustranoanche nei particolari mi-nuti più significativi.

La parte documentariarisulta per gli appassionatidi grande interesse perchéci consente di seguire leopere nelle va rie vicissitu-dini che hanno dovuto af -frontare nel tempo. Questoè partico larmente vero perle opere dell’Ovadese ed ingenerale per quelle che or-

Anton Maria Maraglianonell’Ovadese

A lato e in basso, Ponzone di Acqui, Oratoriodel Suffragio, San Giovanni in Patmos men-tre scrive l’ApocalisseSotto, Carpeneto, Parrocchialedi San Giorgio, Crocefisso

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 220

Page 45: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

nano le chiese dell’Oltregiogo; infatticonstatia mo che la maggior parte di esseè giunta nell’attuale sede nella primametà del l’Ottocento non per una commis-sione diretta all’artista ma proveniendoda oratori genovesi.

Entrata la Liguria a far parte del -l’Impero Francese, nel 1811 un “Arrètérelatif aux biens des Confreres” del pre -fetto di Genova disponeva l’assegnazio -ne alle parrocchie dei beni mobili edimmobili delle confraternite, queste asso-ciazioni popolari che avevano avutomodo di mostrare la loro indipendenza eche le autorità ritenevano quindi incon -trollabili, venivano con questo atto col -

pite nella loro vita associativa e di fattosoppresse. Fu proprio a causa di questadisposizione che iniziò la dispersione delpatrimonio artistico genovese degli ora-tori, che in tanti casi cercarono di salvareil salvabile ricorrendo a false vendite, inaltri casi furono le parroc chie che vol-lero monetizzare per i loro bisogni ildono inaspettato.

Questo articolo fa parte di un piùvasto lavoro nel quale verranno prese inesame tutte le opere del Maragliano oggipresenti nell’Oltregiogo e in pro vincia diAlessandria. Per il momento in questoprimo contributo ci riferiremo alle operedell’Ovadese alle quali ag giungeremo

anche quelle di Rossiglione e di Ponzoned’Acqui che rispecchiano in modo parti-colare quanto da noi detto.

San Giovanni Evangelista in Pat-mos,1695 1705 circa, legno scolpito, dipinto edorato, cm 260,5 (Madonna e san Mi chele),cm 153,5 (san Giovanni)Ponzone, Oratorio del SuffragioProvenienza: Genova, Oratorio di San Gio-vanni Evangelista.

Scrive in proposito il Sanguineti:«Si deve a Graziella Colmuto (1963,

pp. 220, 264) l’identificazione del gruppo

Sopra, Ovada, Oratorio di San Giovanni Battista, decollazione del Santo

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 221

Page 46: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

222

con quello segnalato da Carlo GiuseppeRatti nell’oratorio geno vese di San Gio-vanni, all’interno del grandioso com-plesso di San Giovanni di Prè (Ghezzi1980, p. 41). Il biografo dello scultore,nell’elencare alcune delle opere elaboratedall’artista, ricordava che “una ne hannoquelli di S. Gio vanni; e mostra questoSanto Evan gelista applicato a scriverel’Apocalisse” (Ratti 1769, p. 167). Nellariedizione delle Vite di Soprani, Ratti ri-cordò la sostituzione della seicentesca“cassa” di Marco Antonio Poggio conquella in esame: “I Confratelli del sopra-men tovato Oratorio di S. Giovanni invece della macchina del Poggio, un’altrane hanno sostituita egregiamente scolpitadal nostro moderno valente ScultoreAnton Maria Maragliano” (Soprani, Ratti1768, p. 362). Si ignorano le ragioni delprecoce disuso della “cassa” poggesca(Sanguineti 2011-2012, p. 479, schedaIII. 153), realizzata entro gli ottant’anniprecedenti: forse il soggetto, taciuto dalSoprani (1674, p. 193), era dissimiledalla complessa nar razione richiesta al“moderno” scultore o forse il successodelle innovative “casse” maraglianeschestimolò nei con fratelli un aggiornamentocompetitivo. In effetti l’Accinelli (ms.1774, c. 40) offrì un utile indizio circa ilsoggetto della primitiva “cassa”, oltre aindicare, implicitamente, una datazionepiuttosto precoce per il gruppo maraglia-nesco: “la nuova cassa rappresentante S.Giovanni e la SS.ma Vergine è la primaopera di Maragliano, mentre l’altra anticarappresentante S. Giovanni nella caldaraera di Marco Antonio Poggio”.

Ritenuto disperso da Orlando Gros -so (1939a, p. 56), il gruppo fu in realtàalienato nel 1835 dal parroco dellachiesa, cui era passata la proprietà deibeni della confraternita in seguito allasoppressione dell’oratorio nel 1811 (No-vella ms. 1912 [ed. 2003, p. 60]).L’acquirente fu il tappezziere FilippoRusca che riuscì a ottenerlo in permuta dicarta da parati e che a propria volta loalienò all’oratorio di Ponzone.»

Questo passaggio, che fu tutt’altroche tranquillo, è stato oggetto di un no -stro articolo (A. LAGUZZI L. MORO,L’arrivo a Ponzone de’ La visione di S.

Giovanni a Patmos del Maragliano inuna testimonianza dell’epoca, in URBS,2005, n. 4, pp.218-221) che attraversouna testimonianza coeva di Agostino Pal-ladino, racconta come fu il dott. Gio. Bat-ta Cervetti, ad effettuare l’ac quisto ecome, nonostante la caparra già versata,dovette far intervenire il Generale Boni-facio di San Front, pon zonese, che fortu-natamente in quel periodo era di stanza aGenova, per far rispettare al Rusca, cheaveva nel frat tempo ricevuto un’offertapiù vantag giosa, il contratto. Ma tor-niamo alle statue, che formano sicura-mente uno dei gruppi più interessantidello scultore genovese, prosegue il San-guineti do nandoci un quadro vivido de-l’insieme:

«I1 gruppo è composto da due partiscolpite che trovavano collocazione sullapiattaforma di sostegno modanata in se-guito adibita ad altri usi, come testimo-nia una fotografia databile al 1950, (ECERVINI, D. SANGUINETI in Han tuttal’aria 2005, p. 86). Genu flesso sopra unpiccolo basamento condotto a scoglio,Giovanni Evan gelista, affiancato dal-l’aquila, sostiene un libro aperto sul qualeè intento a scrivere mentre osserva, conardita torsione del busto, la scena apoca-littica. Quest’ultima, che avviene alle suespalle, è costituita da una colonna di nubi,alla quale sono agganciati angeli e testedi cherubini e sulla cui sommità si erge,arditamente protesa verso il basso,l’Immacolata, ossia la “donna vestita disole, con la luna sotto i suoi piedi e sulcapo una corona di dodici stelle” (Apo -calisse, 12, 1-7); (Sull’interpretazioneiconografica dell’Immacolata: AURORA

PETRUCCI TABBÒ, L’affresco recente -mente rinvenuto alle Rocchette di Ler maalla luce della storia e all’iconogra fiadell’Immacolata concezione di Ma ria, inURBS, 2013, n. 1, pp. 34 e segg.). A unapropaggine laterale è agganciatol’Arcangelo Michele intento a sconfig-gere il drago dalle sette teste e, nel con-tempo, a garantire, unitamente a unpossente scheletro in ferro, l’equi libriodella colonna stessa e la giusta distribu-zione dei pesi. Sul retro, benché dissimu-lati dalla sgargiante policromia, si notanoi possenti elementi metallici di raccordo:

una doppia staffa è imbullo nata sotto lanuvoletta retrostante Maria, una secondae più larga banda metallica è avvitata asaldare la nuvola alla Ver gine e quelladell’Arcangelo.

In assenza di documenti da porre inrelazione con l’opera, tra le “casse” piùspettacolari sortite dalla bottega di Mara-gliano, si deve ricorrere alla lettura stili-stica per sostenere una datazionepiuttosto precoce, dando credito al -l’Accinelli e alle possibili informazionidi prima mano di cui poteva facilmentedisporre. Il complesso scultoreo pre sentauno schema ardito, del tutto ade rente allaricerca esibita nei primissimi anni delnuovo secolo, come dimostrano le duecomposizioni, similmente con dotte, dicui possediamo elementi cro nologici,ossia le macchine fornite agli oratori diSan Martino a Genova Sam pierdarena(cat. IV. 6) e di Santa Conso lata (cat. I.9).All’apparizione dell’im magine divinasvettante su una elevata colonna di nubi eproiettata verso il vuoto, in atto di ince-dere con tortile at teggiarsi, è contrappo-sto, a un livello inferiore, l’Evangelista,di stretta ascen denza piolesca. Quest’ul-timo dichiara pacificamente un totale in-tervento del maestro nella resa magni-loquente e vir tuosistica dei panneggi,delle parti ana tomiche nervose e del belvolto scolpito con plastico vigore, assaisimile a quello del San Sebastiano prota-gonista della macchina di Rapallo, del1700 (cat. I.7). Per la realizzazione dellagrandiosa colonna, e delle numerose fi-gure che la abitano, si era ritenuta proba-bile l’at tività di alcuni collaboratori sottola diretta supervisione di Maragliano, inparticolare di un giovane Pietro Gal leano- di cui Ratti fissa l’emanci pazione in-torno al 1707 -per via di quei volumispiccatamente tondeggianti (E CERVINI,D. SANGUINETI, in Han tutta l’aria 2005,pp. 98-100, scheda 2). Tuttavia nulla im-pedisce, se non di prendere alla letteraAccinelli (ms. 1774, c. 40) nel conside-rarla “la prima opera di Maragliano”, diipotizzare una priorità esecutiva rispettoalle “casse” appena citate. Infattil’importanza di questo scenografico ele-mento, le pre senza stessa, su di esso, del-l’immagine mariana - la cui esecuzione è

DANIELE SANGUINETI,Anton Maria Maragliano Insignis sculptor GenueL’ultimo volume di Sanguineti sul Maragliano ci fornisce gli strumenti per ricapitolare la presenza dell’artista nell’Ovadese e in Oltregiogoa cura di Alessandro Laguzzi

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 222

Page 47: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

223

difficile ritenere devoluta completa-mente ad altri - e un esame più ap-profondito del lin guaggio di quelleporzioni potrebbero ugualmente pre-starsi a un’ipotesi di precocità esecu-tiva da parte di Anton Maria, in unlasso di tempo che po trebbe avere,come massimo limite cronologico, il1705 circa, ma che non escluderebbel’ultimo torno del decen nio precedente.In quegli anni è pos sibile che alla stilizza-zione già esibita nel San Michele diCelle, del 1694 (cat. I.1), si verificasse unapropensione spe rimentale verso forme piùvolumetriche, che peraltro erano praticatedagli scul tori quali Honoré Pellé e Dome-nico Parodi (di Anton Maria). Certi ele-menti, come l’arcangelo Michele,sostanzial mente prossimo all’omonimo diCelle, alcuni cherubini e l’animositàbloccata dei panneggi mariani, eviden-ziano un intaglio orientato verso esiti sodie ton di. Tali parti si ritrovano anche nella“cassa” dell’oratorio di Santa Consolata(cat. I.9) - in particolare si confronti la ser-rata vicinanza tra Michele dell’una el’angelo che sorregge il manto di Cristodell’altra - e potrebbero assegnarsi, se nonal ventenne Pietro Galleano - non a casostimato da Ratti il miglior allievo di AntonMaria e propenso per natura a un’ostentatamagniloquenza formale - a una prassi scul-torea di bottega, in ogni caso accettata dalmaestro come inte grazione omogenea delproprio modo di scolpire.

La policromia è molto ricca nellevesti dell’Evangelista e dell’Immacolata,che ospitano una varietà di grandi race -mi floreali campiti a foglia d’oro e daicontorni incisi nella preparazione ges-sosa. Il fondo, blu per il manto mariano eper la veste del santo, rosso per il mantodi Giovanni, è movimen tato da fitte stria-ture parallele a “sgraffito”.»

Crocifisso1712, legno scolpito e dipinto, cm 140Carpeneto, Chiesa Parrocchiale di SanGiorgioProvenienza: Carpeneto, Oratorio dellaSantissima Trinità.

L’opera è vanto del paese monfer rinola cui Confraternita della SS. Trini tà che

nel 1712 si fece promotrice del l’acquistodirettamente al maestro. Purtroppo le ri-cerche archivistiche con dotte da Anto-nella Rathshuler non hanno per orarivelato la personalità in contatto conl’ambiente genovese che promosse e in-dirizzòl’acquisto.

Scrive il Sanguineti: «In origine il si-mulacro era posto sull’altare maggioredell’oratorio della Santissima Trinità enel 1964, per motivi di sicurezza, vennericoverato nella parrocchiale di Carpe -neto, al centro di un’ancona marmorea.La documentazione disponibile attestache il Crocifisso fu acquistato dalla con -fraternita nel 1712 e pagato ad AntonMaria Maragliano 143 lire e 16 soldi(Appendice I/42). Due anni dopo, nel1714, fu benedetto con licenza della Dio-cesi di Acqui. La squisita fattura, che sievidenzia nel fluire arcuato del corposulla croce e nella perizia descrittiva delleparti anatomiche, conferma la presenzaesecutiva del maestro, forse coadiuvatoda un allievo nella realizzazione del peri-zoma, dalle pieghe piuttosto ispessite,benché scorrevoli e terminanti nel carat-teristico lembo svolazzante laterale. Nelvolto, dall’ovale allungato, dai caratteri-stici occhi sporgenti e dal naso appuntito,la sigla maraglianesca emerge lampante:si noti la raffinata conduzione dellabarba, che solca, con brevi tratti di sgor-bia, le guance o le pieghe in prossimitàdel collo create, con estremo realismo,dal tragico peso del capo abbandonato.

Decollazione di san Giovanni Bat-tista1720-1730 circa, legno scolpito, dipinto edorato, cm 235 x 270 x 180Ovada, Orat. di S. Giovanni Battista provenienza Confraternita dei Santi Gio-vanni Battista e Caterina Martire, con

sede nella magna “casaccia” nelquartiere genovese dell’Acquasola

Scrive il Sanguineti:«In seguito alla soppressione av-

ve nuta nel 1811, la confraternita deiSanti Giovanni Battista e CaterinaMartire, con sede nella magna “ca-saccia” nel quartiere genovese del-

l’Acquasola, fu costretta ad alienare ilproprio patri monio artistico. Per talescopo si av valse della mediazione diTommaso Lardone, negoziante di le-gnami savone se e trafficante di statuarialignea, che nel 1826 cedette la “cassa” diAnton Maria Maragliano, trasferita nelfrat tempo a Savona, alla confraternitaovadese per 2300 lire. Promo- tore del -l’acquisto, e in parte anche finanziatore,fu Giovanni Battista Torielli, che rico -priva la carica di primo guardiano dellaconfraternita di Ovada.»

Su questa figura, a cui gli Ovadesisono debitori di una delle più importanriopere artistiche che la città possieda, con-viene aggiungere qualche altro dato: ilTorrielli era notaio e ricoprì la carica disindaco nel 1848 al momento della con-cessione dello Statuto albertino. Sin ceropatriota pochi anni dopo Baccicino e lamoglie Cecchina ospitarono nella lorocasa di Contrada Cappuccini Bene dettoCairoli esule dalla sua Pavia per ché ricer-cato dalla polizia austriaca.(ALESSANDRO

LAGUZZI, Benedetto Cai roli cospiratore,nelle lettere agli ova desi “Cecchina” e“Bigi” Torrielli, in «Nuova Antologia»,Aprile - Giugno 2006, Fasc. 2258, pp336-359.)

Prosegue il Sanguineti:«Contemporaneamente gli ovadesi,

oltre a raccogliere, anche attraverso ele-mosine, la cifra necessaria, dovettero farfronte all’interesse di altri avventori. Inparticolare è nota una lettera scritta da uncerto Casareggio per sollecitare un ignotomittente “a fare un gran sacrificio” peruna così importante ope ra, poiché “sa-rebbe un peccato che questa andasse amorire in Ovada” (Il gruppo 1968; San-guineti 1998e, p. 344; F. CERVINI, D.SANGUINETI in Han tutta l’aria 2005, p.102). La grande “cassa” è composta daun basamento rettangolare in legno di

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 223

Page 48: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

224

noce modanato, presumi bilmenterifatto nel XIX secolo, al centrodel quale campeggia una doppiagradinata dipinta a finto marmo,vero e proprio palcoscenico a cuiè addossato un elemento architet-tonico di quinta, finalizzato asuggerire l’interno della pri-gione. Quest’ultimo fondale, co-stitui to da due pareti disposte adangolo sulle quali si impostanodue archi in rovina, è stato forserimaneggiato in seguito. Lascena comprende nove figure:Giovanni Battista sovrastato dalsuo carnefice, un soldato vestitoall’antica accanto al qua le com-pare un bambino, Salomè con lavecchia fantesca, un angioletto aipiedi del Precursore e due angeliin volo, cui bisogna aggiungeredue cherubini e l’agnello rampante cheguarda il Battista stabilendo un paralleli-smo immediato con il sacrifìcio del Cri-sto.»

Gli Ovadesi, pur concordando dal -l’attribuzione di questi ruoli, dissentonosu una figura, per loro la donna che sor -regge il catino destinato ad accogliere ilcapo reciso del precursore non è la vec-chia fantesca ma è la Merodina, così erachiamata in dialetto Erodiade, la donnalasciva e malvagia che, ferita dai rimpro-veri di Giovanni, ne chiese ed ottenne latesta. Daltra parte come persuadere leOvadesi, molte delle quali erano state ingioventù a servizio a Genova, che i ric-chi abiti di cui la statua era ricoperta po-tessero essere l’abbi gliamento di unafantesca. E poi sul suo capo c’era il velochiamato a Genova mezzaro, indumentodistintivo della nobiltà a rafforzare le loroconvinzioni.

Poco più di cinquantanni fa non erainusuale che le popolane durante la pro-cessione indirizzassero improperi a que-sta statua e che qualche signora daicostumi troppo disinvolti venisse desi -gnata con il termine di Merodina.

Ma riprendiamo il filo del discorsointerrotto del nostro autore: «La regia diMaragliano ha impaginato la scena fa-cendola sviluppare dietro alla docile vit-tima, protagonista assoluta del lato breve

frontale, l’unico da cui si frui scono incontemporanea tutti i perso naggi, rag-gruppati per coppie: una fondamentale (ilBattista e il boia), una narrativa (le duedonne) e una che bilan cia la composi-zione introducendo note feriali (il soldatoe il bambino). Dalla tradizione ancoraseicentesca, mediata dalla “cassa” diidentica iconografia realizzata da MarcoAntonio Poggio per l’omonima confra-ternita di Sestri Ponente (F. FranchiniGuelfi in La Liguria 1982, II, pp. 22-23,scheda 5; Sanguineti 2011-2012, pp. 477-478, scheda III. 150; Sanguineti c.d.s.8;fig. 34), Maragliano desunse sia lo stessoschema a piramide, impostato sulla distri-buzione dei personaggi lungo il basa-mento a gradini e sulla quinta archi-tettonica, che funge da base per la gloriaangelica, sta una simile regia che unificaattori e azioni in un ritmo circo lare fis-sato nell’attimo cruciale appena prece-dente la decapitazione. La carat te-rizzazione del personaggio che incar na ildiabolico ruolo dell’aguzzino da SacroMonte avviene, come per Poggio, attra-verso l’impiego di quelle accentua zionisomatiche, come il baffo turchesco e labocca sdentata, immediatamente ricondu-cibili dall’immaginario popolare alla raf-figurazione del maligno. Proprio il boiache sta per decapitare il santo è al con-tempo apice narrativo e perno composi-

tivo della scena, concepita conteatrale perizia grazie alla coin-volgente disposizione circolaredelle figure e alla mirata rappre-sentazione dei gesti. Il tema, diper sé drammatico, fu tuttaviastemperato dall’artista in un’or-chestra zione più diluita rispettoall’aspro regi stro prescelto daPoggio o alla tensione della suagiovanile Incoronazione dispine (cat. I.12), a vantaggio diun dissolvimento del drammavisibile nella bellissima graziadi Giovanni Battista e nella so-luzione da raffinato dialogo incostume conferito al macabroordine impartito da Salomè allafantesca di tenersi pronta perraccogliere il capo reciso.

Alcune figure, comel’angioletto assiso sul basamento e ilbambino che osserva innocentemente lascena appog- giato ai gradini, costitui-scono dettagli di arcadica ferialità tipicidella poetica dello scultore. La descri-zione poi del plastico torso del boia coltoin movi mento e del ricco mantello che ri-copre interamente le spalle di Salomè, ri-ca dendo in ampi panneggi sono tra ibrani di puro virtuosismo, godibili nelcorso dell’attenta visione circolare allasco perta degli svariati punti di osserva -zione. L’abilità del maestro si assaporanella trattazione morbida delle anatomiedelle figure principali e nell’andamentoondulato e lievissimo dei panneggi piùscenografici; naturalmente nel comples sodovettero intervenire anche collabo ratori,come lo stesso Ratti segnalava (ms. 1762,c. 152r [ed. 1997, p. 186]), ma in modoassai omogeneo al segno calligrafico esoffice del maestro che, peraltro, si ri-tiene direttamente presente nella condu-zione dei volti della maggior parte deipersonaggi. Doveva, ad esem pio, essereattivo lo scultore, suo allie vo, a cui si de-vono imputare uno dei due busti ora alMuseo Diocesano di Genova (cat.I.121b) e la Madonna dell’Orto di Cera-nesi (cat. III. 25).

Il grandioso gruppo, di cui non sipossiede nessuna documentazione coe va,è stato giudicato per lo più il frutto della

A lato, Ovada, Oratorio dellaSS. Annunziata, gruppo ligneo-dell’Annunciazione

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 224

Page 49: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

225

precoce maturità artistica dello scultore,attivo nel primo quinquennio del Sette-cento in un momento di frene tica attività(Colmuto 1963, p. 211; Franchini Guelfi1973, pp. 97, 99). Tut tavia il segno è quiassestato su forme meno retoriche e piut-tosto corsive, con soluzioni morbidissimeconferite alle superfici dei volti, risolticon una sigla peculiare, tondeggiante neivolumi ed estremamente incisiva nellefattezze somatiche. Gli stessi caratterisono am piamente impiegati nelle operedegli anni venti, come l’Annunciazionedi Savona, del 1722 (cat. 1.62), e il Batte -simo di Cristo di Pieve di Teco, docu -mentato al 1723-1725 (cat. 1.68).

Nell’incavo di una piega della vestedi Salomè, in prossimità del calzare, èstata rinvenuta una scritta incisa nella po-licromia con grafìa settecentesca: “17561° Giugno”. La data è riferibile alla ste-sura della meravigliosa e ricca veste po-licroma, campionario infinito di motividecorativi creati con abbondante impiegodi foglia d’oro. Per l’altissimo costo iconfratelli, con ogni probabilità, atteseroqualche decennio e fino a quel momentoutilizzarono la “cassa” con una coloriturapiù semplice, forse a campiture mono-

crome. La data iscritta permette di consi-derare possibile l’inter vento di una dellebotteghe più attive in quegli anni, ovveroquella di Lorenzo e Giovanni BattistaCampostano (San guineti 2011-2012, pp.396-397).

Annunciazione1738-1739legno scolpito, dipinto e dorato, cm 240 x130 x 210Ovada, Oratorio della SS. Annunziata

Da tempo Paola Piana Toniolo ha av-viato un prezioso lavoro di pubblicazionidelle fonti archivistiche riguardantil'Oratorio della SS. Annunciata di Ovada(PAOLA PIANA TONIOLO, I tesori ligneidell'Annunciata di Ovada, in «URBS»,n.1, anno XXVII (2014); EAD, Il tritticodell'Annunziata, in «URBS», n.2, annoXXVII, (2014); EAD, Le campane del-l'Annunziata, in questo numero), per cuile vicende attraversate dal gruppo proces-sionale sono già note ai nostri lettori. Cipiace però ripeterle con le parole dellostorico dell’arte.

Scrive in proposito Daniele Sangui-neti: «Il gruppo è connotato da una com-posizione semplificata, in cui le statue di

Maria, genuflessa a un inginocchiatoio, edi Gabriele, colto in volo contro una nuberaggiata recante al centro la colombadello Spirito Santo, sono integrate da dueangeli, uno dei quali sorregge il librodella Vergine, e da due teste di cherubini.Ciascuna statua, in legno di tiglio, pog-gia su un proprio basamento, a sua voltafissato alla "cassa" di noce, che può rite-nersi originale, mediante il consueto si-stema di viti e staffe metalliche. Levicende della commissione del gruppo li-gneo al celebre scultore, ormai settanta-quattrenne e prossimo alla morte, sonodettagliatamente restituite dalle carted'archivio. Il 5 gennaio 1738 il consigliodella confraternita si riunì, su invito delpriore Domenico Miroli, per deliberare,con sette voti favorevoli e quattro con-trari, la realizzazione della "cassa dellaSantissima Annunziata dal celebre arte-fice Antonio Maria Maragliano, abitantein Genova". L'intento era finalizzato alrinnovo di un'antica "cassa", presente inoratorio almeno dal 1673 e più volte sot-toposta a interventi di restauro. In parti-colare tre confratelli, ossia lo stessopriore, il vice priore e il cassiere, venneroincaricati di "trattare con detto Mara-gliano per fare detta opera, ordinare ilmodello e rifferire al Conseglio con pre-sentarle il disegno", oltre naturalmente ad"accordare con esso il prezzo" (Appen-dice I/141). Il 5 aprile, esattamente tremesi dopo, il priore radunava il consiglioper visionare collegialmente il modello interracotta, "mandato dal detto signor Ma-ragliano scultore e qui portato o sia ac-compagnato dal signor GiuseppeCampostano, suo giovane". L'esito fu "dicomune soddisfazione" e dunque si con- fermò la facoltà al priore stesso e aglialtri due confratelli di "trattare, conclu-dere e, occorrendo, stipulare anche permezzo di procuratore, da eleggersi daloro diputati, il prezzo per far detta operadella cassa della Santa Annonciata condetto scultore Maragliano" (Appendice1/142) Evidentemente Campostano sitrattenne qualche giorno a Ovada e solo il1° aprile ripartì per Genova: è infatti an-notata la spesa di 2 lire e 14 soldi "per ca-valcatura data al signor GiuseppeCampostano, giovine del signor Mara-

A lato, Rossiglione Superiore, Par-rocchiale di Santa Caterina Madonna con Gesù Bambino eSant’Antonio da Padova

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 225

Page 50: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

226

gliano di Genova, qui venuto per portareil modello della cassa che deve fare dettoMaragliano" (Piana Toniolo 1997). L'attonotarile di commissione - nell'ambito delquale compare in qualità di intermediarioil reverendo Pietro Francesco da Mele,che qualche anno prima aveva svolto lostesso incarico per la "cassa" della con-fraternita del Battista a Sassello (cat.I.122) -, fu stipulato il 16 maggio 1738(Appendice 11/50). Anton Maria, "di suaprofessione scultore", s'impegnò con ilMele, "a nome de signori FrancescoMaria Domenico Miroli e BemardoDania deputati o sia confratelli dellaCompagnia dell'oratorio di Nostra Si-gnora della Santissima Annonziata postonel luogo di Ovada assenti", a realizzare"una cascia per detto oratorio di statuerappresentanti il Misterio della Santis-sima Annonciata secondo il modello cheè stato presentato a detto Reverendo daMele dal detto signor Maragliano e tra-smesso a detti signori confratelli", ri-spetto al quale è richiesta l'aggiunta di unangelo: "accrescere di più a detta operasopra detta cascia un putto che non restacompreso ne modellato nel modello sud-detto". Il gruppo, che doveva essere "dilegno di tiggio, secondo il solito, adesclusione però della pianta e ferramentinecessari]" - per i quali i confratelliavrebbero dovuto accordarsi con un"bancalaro" -, doveva essere pronto "diperfettione" entro il mese di settembre. Ilprezzo veniva stabilito in 750 lire, con unacconto di 200 lire ricevuto alla stipula econ un proseguimento rateale che sa-rebbe stato direttamente proporzionale al-l'avanzamento dei lavori. Il 13 luglio ilsindaco riferiva ufficialmente al consiglioil prezzo convenuto, che ammontavadunque a 750 lire "oltre un regalo a giu-dicio di detto molto reverendo signor donPietro Francesco, che si suppone da mo-tivi ricevuti possa ascendere a lire 60 incirca" (Appendice 1/144). Tuttavia nellecasse dell'oratorio non era presente lacifra necessaria "per pagare detta opera,nella quale tuttavia travaglia l'arteficesuddetto": dunque si decise "di dareampia facoltà a sudetti signori diputati dipoter prendere, a nome dell'oratorio, amuttuo quella somma di danaro a loro

ben vista, purché non ecceda la partita dilire seicento moneta corrente". Si deci-deva inoltre di assegnare al creditore"quel frutto che stimeranno a raggione dicento at anno, con darle anche un pegnod'argento o d'altro a loro giudicio". Inol-tre si ricordavano le eventuali spese ec-cedenti, ossia la "cassa per incassare lestatue e altro", il "porto d'ogni cosa sinoin Ovada" e "l'incamaggione ed altri co-lori per colorire come si deve le statue eputti" (Appendice I/144). Probabilmentequeste ultime voci fecero lievitare note-volmente il prezzo: una serie di acconticostellano, a partire dal maggio 1738, ildettagliato rendiconto totale, passandosempre per le mani del procuratore PietroFrancesco da Mele e arrivando allasomma definitiva di 1.111 lire e 17 denari(Appendice 1/145, 1/147, 1/149, 1/150).

Scrive la Toniolo: “è noto che AntonMaria Maragliano morì il 7 marzo del1739, ma a quella data l’opera era com-pletata ed il giorno 3 del suddetto meseera stata trasportata in casa della signoraManin Doria “per la morte imminente delsudetto Maragliano” […] Dalla casa dellasignora il gruppo statuario era stato por-tato a S. Matteo e qui le due statue eranostate sistemate separatamente in duecasse sotto l’attenta vigilanza del Cam-postano, che aveva provveduto anche acomperare il giglio per l’angelo annun-ziante.

Non c’era che da fare il trasporto finoad Ovada, cosa però che non risultò faci-lissima, non tanto per la scomodità abi-tuale delle strade, quanto per il tempocattivo. Il 28 marzo Lorenzo Frascara edieci compagni vennero inviati a Voltri,luogo dell’appuntamento per ritirare lecasse, ma il tempo fu talmente avversoche furono costretti a tornare indietrodopo essere giunti soltanto fino a Campo,e contemporaneamente anche da Genovasi partì e si dovette tornare a S. Matteo

Nell'aprile l'opera giunse a Ovada,dove si recò anche Giuseppe Campostano- definito "giovine del fu Antonio MariaMaragliano" a sottolineare il recepimentodella notizia della morte del maestro - per"alzare dette statue sopra la pianta" e peroccuparsi dell'assemblaggio definitivo.L'allievo si fermò quattordici giorni "per

il tempo cattivo"(Appendice1/154). Scrive ancora la Toniolo: “La cassa

giunsea d Ovada monocroma, come erauscita dalla bottega del Maragliano, ecosì rimase per lungo tempo.”

“Si legge nel Libro delle Proposte indata 31 dicembre 1819, vale a dire ottan-t’anni dopo,: “I Superiori fanno presenteal Venerando Consiglio esservi la Cassadella SS.ma Annunziata che molto dete-riorata come appare dalle statue di dettaCassa, quali sono pregiudicate del tarlo, eciò procedere dal non essere ancora ladetta Cassa dipinta, che per mancanza diperito pittore si è fin al giorno d’oggi dif-ferito di farla miniare, ed essendo statisuggeriti dal signor Eugenio Nervi del si-gnor Tomaso che in Genova trovasi il si-gnor Gio Batta Garaventa, celebre scul-tore e molto capace di miniatura per averdipinte molte statue dello stesso autore, epropongono pertanto di fare un sì impor-tantissimo ristoro a spese de’ confratelli”In un inventario del 1828, accanto alnome del Garaventa, si ricorda anche ilPeschiera”.

Torniamo al Sanguineti: “Dall'avvin-cente racconto delle varie fasi e dal-l'esame linguistico del gruppo, si evinceche l'anziano maestro, dopo aver ideatola composizione, lasciò totalmentel'esecuzione a un suo valido allievo, cheparrebbe ragionevole identificare con lostesso Campostano. Del resto alla com-mittenza, consapevole dell'età avanzatadel maestro, importava soprattutto il pre-stigioso imprimatur fornito all'opera daMaragliano, che poteva anche avvalersiper l'esecuzione, come si afferma nel ver-bale del 13 luglio 1738, di "un suo qua-lunque artefice". I panneggi disposti inpiegature cuneiformi, le dita arrotondate,i visi tondi carpiti dai modelli classici, leposture pacate e perentorie concorrono aun effetto monumentale conferito da unsensibile artefice capace di creare branidi altissimo effetto, come il bellissimo ar-cangelo che sfiora appena le nubi e la tor-sione della Madonna genuflessa.

Torniamo alla Toniolo: “La pitturadel Garaventa naturalmente risentivadella temperie spirituale e del gusto este-tico vivi nella prima metà dell’Ottocentoe per questo si differenzia dalle pitture

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 226

Page 51: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

227

usuali del secolo precedente. L’immagineche deriva dall’unione di una statuariaassai mossa, tipica del Settecento, conuna coloritura pacata e controllata, ormaiin uso nell’Ottocento, è di una sottile sug-gestione, espressione di una religiositàche ha ritrovato profondità e compo-stezza.

Crocifisso1739, legno scolpito, dipinto, cm 160Ovada, Oratorio della SS Annunziata

Scrive il Sanguineti nella sua scheda:«Il bel simulacro venne procurato nelcorso del 1739, da don Piero FrancescoMele, personaggio molto attivo nelle fasidelle commissioni di due “casse” mara-glianesche, quella del Battesimo di Cri-sto di Sassello (Cat. I. 122) e quelladell'Annunciazione di Ovada (cat. III.12). Proprio la confraternita della Santis-sima Annunciata ottenne, grazie alla me-diazione del reverendo - ormai ampia-mente avvezzo a trattare con AntonMaria Maragliano -, questo Crocifissocommissionato probabilmente in contem-poranea col il gruppo processionale (cat.III. 12) e dunque ancora sottoposto allaprogettazione del maestro. Unitamentealla croce, opera di Francesco Maria Ol-cese e completa dei canti d'argento, laconfraternita sborsò globalmente 971 lire(Appendice I. 155). Tuttavia il dato cro-nologico esclude di per sé la piena auto-grafia di Maragliano, come del restodimostra l'esame linguistico dal qualeemerge la totale presenza di un validis-simo allievo.

Riprendiamo ancora dall’articolodella Toniolo, la quale ricorda come indata 31 dicembre 1739 risultasse il paga-mento di un Crocifisso allo scultore Fran-cesco Maria Maragliano, che non è maiesistito. “Gli studiosi che se ne sonooccupati – ella annota – parlano gene-ricamente della bottega e Sanguinetisug- gerisce il nome del nipote Gio-vanni Maragliano, ma siccome nei re-gistri i nostri cassieri e segretari sonoalquanto precisi per quanto riguardacifre e nomi, quel nome doppio mi la-scia un po’ perplessa ed io proporrei unadiversa interpretazione, forse un po’ fan-

tasiosa, forse accettabile.Tenendo presente che, per lo meno

fino alla morte del grande maestro, tuttoquello che usciva dalla bottega, chiunquese ne fosse occupato, Anton Maria o gliassistenti, portava il nome Maraglianocome un marchio di qualità e che nelleindicazioni individuali, scritte od orali,nel dubbio, è più credibile il nome che ilcognome, non sarebbe possibile chel’autore del Crocifisso fosse quel France-sco Maria Campora che fu uno dei primi,se non il primo, dei giovani di bottega delMaragliano, del quale non si conosconoopere sicure, forse perché il più vecchioaiutante del maestro, sua ombra, una pre-senza talmente ovvia da perderel’individualità del cognome per assu-mere, nella denominazione comune,quello del maestro o, meglio, della bot-tega? Il Sanguineti, d’altra parte, ricono-sce nell’opera “la totale presenza di unvalidissimo allievo”, che mostra “brani diestrema raffinatezza”, ma presenta unacerta rigidità nel seguire gli schemi delcodice maraglianesco, al quale, insomma,manca quell’afflato ispirato che distingueil maestro dall’allievo, pur nella validitàdell’esecuzione”.

Madonna con Gesù Bambino esant’Antonio da Padova1737, legno scolpito, dipinto e dorato, cm140Rossiglione Super., Chiesa di SantaCaterina

Provenienza: Genova, oratorio di San-t’Antonio da Padova.

Bene ha fatto Fausta FranchiniGuelfi (FAUSTA FRANCHINI GUELFI, Ilgruppo scultoreo della Madonna degliAngeli da Genova a Rossiglione, in MAR-TINI, FRANCHINI GUELFI, REPETTO, LaMadonna degli Angeli a Rossiglione Su-perire, Genova 1987) a sottolineare comel’acquisizione del gruppo pro cessionalesia avvenuta in un momento di crisi perl’economia del paese della Valle Stura.Furono ancora una volta i chiodaroli a farfronte alla spesa ma attorno all’acquistosi mobilitò l’intera popolazione di Rossi-glione Superiore.

Scrive la Franchini Guelfi: «Dura -mente provata dalla crisi economica e daigravami imposti dal governo napo -leonico, colpita dai recenti decreti repres-sivi in campo religioso, la popo lazionerecepisce l’acquisizione di que sta presti-giosa immagine di devozione come unaconferma della propria iden tità storicache la situazione minaccia di sgretolare.Immagine “simbolica” dun que, attornoalla quale vengono a coa gularsi le aggres-sività campanilistiche, le manifestazionidevozionali ed i mo menti liberatori dellafesta.»

Fatte queste premesse che ci forni -scono un quadro preciso del clima con ilquale fu accolto il gruppo processionalenella nuova sede colquale poi continuòad essere considerato ancora per moltianni cediamo la parola al Sanguineti chein proposito scrive:

«Sopra un vasto basamento ligneo, ap-prontato da un ignoto bancalaro “AR” nel1671, come dimostra la scrìtta dipin ta al disotto - “A[nno] D[omini] 1671 A.R.F[ecit]” - è disposta l’articolata com pa-gine (Franchini Guelfi 1987, p. 60). Sullasommità di un’alta colonna di nubi, abi-tata da numerosi angeli in volo, in atto dipreghiera e di sostegno, siede la Vergine,con una tortile postura e con il bustoorientato a sinistra a trattenere il Bimbo,tutto proteso su una propaggine di nubeverso sant’Antonio, al quale lo mostrascostando il velo. Il santo, genu flesso suun ricco inginocchiatoio deco rato da fe-stoni pendenti e volute sago mate, si volge

A lato, Ovada, Oratorio dellaSS. Annunziata, Crocefisso pro-cessionale

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 227

Page 52: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

228

con le mani giunte in preghiera versol’apparizione; dinanzi a lui un arcangeloesibisce il libro aperto sul quale si legge“Si quaeris miracola”. Il gruppo proces-sionale fu traslato da Genova a Rossi-glione tra la fine di marzo e i primi giornid’aprile del 1811, in conseguenza dellalegge che sanciva la soppressione delleconfraternite laica li. Infatti il 4 aprile, sullibro contabile della chiesa, è annotata laspesa di 210 lire “per li trasporti dellacassa e statua di N.S. delli Angeli e S.Antonio” (Franchini Guelfi 1987, pp. 57,63, nota 6). Le memorie manoscritte delrossi glionese Giovanni Battista Pizzornohanno offerto un indizio per stabilire laprovenienza giacché contengono il rac-conto dell’acquisto del gruppo presso ifrati francescani della Santissima An -nunziata del Vastato, titolari dell’ora torioattiguo alla chiesa dedicato a Sant’Anto-nio da Padova.

L’opera, già alienata a favore dellamarchesa Annetta Cambiaso, in un climadi veloce svendita prima della stesuradegli inventari da consegnare alla curia ealla parrocchia di riferi mento, fu in realtàassegnata ai Rossi glionesi per la cifra di600 lire grazie alla mediazione di OrazioPizzorno, zio di Giovanni Battista e fratepresso la Santissima Annunziata (Pa-gliano 1912, pp. 21-29).

Al gruppo in esame si può senza dub-bio riferire il contratto di com missionedel 30 marzo 1737, stipulato tra AntonMaria Maragliano e due per sonaggi dicui non si specifica l’appar tenenza ad al-cuna confraternita o ambi to ecclesiastico,Stefano Torretta e Gae tano Torre. L’operadesiderata da costo ro, in “conformità delmodello stato fatto (...) dall’infrascrittoAntonio Maria Maragliano”, era una “ca-scia consisten te di nove figure, cioè diNostra Signora col Santo Bambino nellesue brachie, di S. Antonio di Padova e disei angeli”. Le figure, da scolpire utiliz-zando legno di tiglio e da consegnare “ditutto ponto per quello che conceme la suapro fessione” - ossia prive della veste po-li croma -, dovevano essere terminate en -tro il novembre successivo, per unguadagno complessivo di 1.200 lire, sud-divise in quattro rate erogabili in propor-zione all’avanzamento del lavoro

(Appendice II/49). Nonostante l’assenzanell’atto notarile delle misure del gruppoe della sua destinazione, si può ritenere,con un buon margine di certezza, che sitrattasse proprio della “cassa” apparte -nente in origine all’oratorio dedicato alsanto patavino presso l’Annunziata, tral’altro citata come “una bellissima mac -china di legno su cui erano le statue diN.S., di S. Antonio col divino pargolet to,opera del celebre Maragliano” dal -l’anonimo autore del contributo dedicatoall’oratorio (Confraternita 1874, p. 195).Graziella Colmuto (1963, pp. 286-287,scheda 133) rifiutò, ignorando le vicenderelative alla provenienza, la tradizionaleattribuzione a Maragliano, peraltro ripor-tata sul basamento di so stegno della co-lonna di nubi (“Ma raggiano fecit 1671”)dai fratelli Monte cucco nel corso del lororestauro accanto all’iscrizione “FratresMonte cucco restaur [avit] 1843”, stiman-dola opera di Agostino De Negri per viadell’errata interpretazione della scritta ri-portata sul grande basamento ligneo -creduta “ADF” -, riferibile invece, comesi è detto, al bancalaro che lo realizzò nel1671. Probabilmente Maragliano, il verotitolare della commissione, utilizzò unbasamento di recupero, forse presen te inbottega o forse frutto di un reim piego. Loschema assolutamente mara glianesco, nelmovimento rotatorio di tutte le figure,nella festosa esuberanza del corteggio diangeli, nello sventolio scioltissimo dellevesti, è in linea con una progettazionerealizzata dall’anzia no Anton Maria,ormai impregnato di una cultura figura-tiva forgiata da decen ni sugli esiti di CasaPiola e di Gregorio De Ferrari. Invece

l’assenza della sua scrittura scultorea, cheemerge lampante all’analisi stilistica ca-ratterizzata da una insistente stilizzazioneformale, da su perfici tondeggianti e dalpercorso più lento e arrotondato dellasgorbia, contri buisce a sostenere la vero-simile ipotesi di una totale esecuzione daparte di un validissimo scultore di bot-tega, diretto dal maestro nella traduzionedel suo modello, secondo una prassi con-sueta nell’ultimo decennio di attività.Che questo scultore fosse il giovane ni-pote Giovanni Maragliano è del tuttopossibile dal confronto comparativo conl’Annunciazione che lo scultore realiz -zerà molto tempo dopo, nel 1762, per lacomunità di Noli (Tassinari 1983, pp. 62-64; Sanguineti 2011-2012, pp. 645-646,scheda III.649; fig. 182).

Crocifìsso1730-1740 circa legno scolpito e di-pinto, cm 160Lerma, Chiesa di San Giovanni

Il Crocifisso che faceva parte delcorredo processionale dell’Oratorio diSan Giovanni Battista decollato è statospostato nella parrocchiale all’iniziodegli anni ’50 del Novecento quando i lo-cali dell’Oratorio sono stati adibiti a Ri-creatorio per i giovani della parroc chia.

Sull’opera scrive il Sanguineti:«Il notevole Crocifìsso mostra

l’applicazione, nel rispetto del codicemaraglianesco, di un validissimo allie vo,forse attivo ancora sotto la diretta regiadi Anton Maria Maragliano, come dimo-stra la resa minuta del costato, il forbitointaglio del panneggio e il tipico codicefisiognomico, applicato con ammorbiditaperizia. Attribuito diretta mente al mae-stro all’esposizione d’arte sacra svoltasia Torino (1953, p. 13), venne ricondottogiustamente da Gra ziella Colmuto “allascuola” (1963, pp. 282-283, scheda119)»..

A lato, Lerma, Parrocchiale diSan Giovanni e dei Santi Mar-tiri, Crocifisso processionale

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 228

Page 53: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

229

Nei primi decenni dell’Ottocento ilConsiglio della Confraternita della SS.Annunziata decide di arricchire il propriooratorio mediante la costruzione di un or-gano. Fino a quel tempo l’unica “fontemusicale” dell’oratorio era costituita daun coro di voci virili, formato dai confra-telli stessi, detti “deputati al coro”, tra iquali alcuni più qualificati sono chiamati“maestri del coro”.

Nel 1823 avviene la svolta decisivanella vita musicale dell’oratorio, grazie alcontratto stipulato con la fabbricad’organi dei “Fratelli Serassi” di Ber-gamo per la costruzione di uno strumentoall’avanguardia. I Serassi potevano infattivantare una tradizione organaria secolare(dal 1720) ed erano effettivamente, inquel periodo, altamente qualificati. Ilprezzo complessivo è convenuto in “lire4000 nuove di Piemonte”.

Il nuovo organo progettato dagli or-ganari bergamaschi risulta composto dauna tastiera di 50 tasti con prima ottavacorta o scavezza, nonché da una pedalieraa leggio di 17 pedali e 20 registri. La di-sposizione fonica, che appare allegata alcontratto del 26 Agosto 1823, è la se-guente:

Colonna di sinistra:Cornetto primo (nei soprani)Cornetto secondo (idem)Fagotto bassiTrombe sopraniViola bassi (4’)Flauto traversiere (nei soprani)Flauto in ottava (completo)Voce umana (nei soprani)

Colonna di destra:Contrabbassi ed ottavePrincipale bassiCornetto terzo (idem)Principale sopraniOttava bassiOttava sopraniQuinta decimaDecima nonaVigesima secondaVigesima sestaVigesima nona

Per ogni registro i costruttori specifi-cano inoltre i materiali utilizzati: contrab-bassi in legno, principali in finissimostagno, ottave e registri di ripieno inpiombo misto a stagno, caratteristica pro-pria anche dei registri ad ancia (fagotto,trombe e violoncello) e del flauto traver-siere. In facciata sono previste alcunecanne del principale.

Il Consiglio approva e nel 1825l’organo è completato con l’aggiunta didue registri (arponi e flagioletto), consi-gliati da uno dei fratelli Serassi, Carlo. Lacassa nella quale viene inserito lo stru-mento, una volta assemblato sulla tribunaad esso destinata, è opera di Carlo Ga-stoldi, genovese di nascita, ma ovadesed’adozione.

Durante più di mezzo secolo l’organonon subisce interventi, ma nel 1880 laConfraternita decide di effettuare un am-pliamento dello strumento. Vengono ri-chiesti due progetti, con relativipreventivi, dagli organari Don TommasoPiacentini di Modena, che due anni doporealizzerà l’organo dell’Oratorio di S.Giovanni Battista e SS. Trinità di Ovada,e il cav. Camillo Guglielmo Bianchi diNovi Ligure, già allievo dei Serassi, cheaveva realizzato l’organo della Cattedraledi Acqui Terme nel 1874 e quello dellaParrocchiale di Molare l’anno seguente,ampliati rispettivamente nel 1885 e nel1887.

Il Consiglio della Confraternita optaper il progetto del Bianchi, ritenuto mi-gliore e, insieme, per dare continuità al-l’opera dei Serassi.

Il cav. Bianchi, “l’ultimo organaroclassico italiano”, sostituisce i tre vecchi

mantici con tre nuovi, impellati doppia-mente, uno dei quali “a macchina pneu-matica” (sistema Bianchi), che deveessere azionata tramite il semplice movi-mento di un “manubrio”. Tale macchinaavrebbe somministrato il vento all’or-gano, “abbondante e della massima rego-larità”. Bianchi sostituisce inoltre lavecchia tastiera, con prima ottava sca-vezza, con una nuova tutta semitonata ocromatica, di 58 tasti, nonché la peda-liera.

La parte più rilevante dell’interventoriguarda però l’ampliamento della fonicadello strumento. L’organaro procede in-serendo il corno inglese nei soprani, alposto del violoncello, trasferito, insiemead un nuovo registro di oboe, in cassaespressiva. A questi due registri vieneanche applicata una macchina per il tre-molo. Come ulteriore intervento vienesostituito il flagioletto serassiano con untipico clarone di 4 piedi.

Dagli atti risulta che l’undici novem-bre 1883 il Priore della Confraternita pro-pone l’aggiunta di una seconda tastiera edi una “batteria grande”, ma il 2 dicembreil Consiglio approva solo l’idea di fornirel’organo della batteria grande (grancassa,piatti turchi, rollo e sistro), applicata daBianchi per la somma di 200 lire.

Nel 1884 il maestro Pietro Peloso, or-ganista della Parrocchiale di N.S. Assuntadi Ovada, consiglia di aggiungere alla pe-daliera dell’organo i tromboni di 8 piedi.L’intervento viene prontamente eseguitodal Bianchi.

A questo punto l’organo dell’Oratoriodella SS. Annunziata è il più modernodella città, in quanto quello della Parroc-

chiale verrà ricostruito da CarloVegezzi Bossi nel 1897 e quellodell’Oratorio di S. Giovanni Bat-tista non era stato ancora “rifor-mato”.

L’organo Serassi - Bianchimeritava quindi di essere inau-gurato con tutti gli onori delcaso. I confratelli chiedono con-siglio al maestro Pietro Pelosoper trovare un organista di valore

L’organo Serassi - Bianchi dell’Oratorio della SS. Annunziata di Ovadadi Francesco Caneva

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 229

Page 54: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

230

per il collaudo. Viene loro indicato PadreGiletti o il maestro Giuseppe Perosi diTortona. A collaudare lo strumento saràinfine quest’ultimo, padre del più celebreLorenzo, scelto dal Consiglio il 20 aprile1884. La Confraternita organizza ancheun “gran pranzo con il Perosi, il Bianchie le autorità dell’Oratorio e della Parroc-chia”.

Negli anni successivi vengono effet-tuati piccoli interventi allo strumento daparte di vari organari minori, che non nealterano però la composizione fonica, senon con la soppressione di campanelli ebanda turca, in parte ripristinata nel 1992.

Nel 1937 si ebbe poi l’intervento del-l’organaro Zampone di Genova. Al mo-mento del collaudo il maestro Terragni diCarpeneto, figlio del suo tempo, giudicaalcuni registri “ antiquati e non corrispon-denti alla fonica moderna”. L’organo ri-mane fortunatamente intatto, proba-bilmente anche grazie agli organisti sus-seguitisi in quel periodo, ovvero il sig.Carlini e il sig. Emilio Peloso, nominatoorganista titolare il 27 dicembre 1927.Per curiosità ricordiamo che il figlio,Paolo Peloso, è stato eminente organistae direttore d’orchestra nei più famosi tea-tri italiani ed esteri.

Arriviamo così alla storia contempo-ranea di questo prezioso strumento, ca-ratterizzata da un restauro completo adopera della ditta “Italo Marzi e figli”, av-venuto nel 1992. Nel 2006, nella sacre-stia dell’Oratorio, vengono ritrovati icampanelli e ripristinati ad opera dei“Fratelli Marzi”.

Oggi l’organo, dopo più di vent’annidi onorata attività liturgica e concertisticaattende un intervento straordinario di pu-litura, già programmato nell’imminentefuturo.

Le notizie sono tratte dall’ArchivioStorico della Confraternita della SS. An-nunziata di Ovada.

Le opere dedicate alla figura di S. Paolodella Croce come libri e opuscoli si possonocontare a centinaia poiché la Congregatiopassionis Jesu Christi è ormai presente intutto il mondo nonostante la soppressionedella Congregazione voluta, nel 1808, da Na-poleone ma prontamente ricostituita da papaPio VII il 26 giugno 1814 (per prima tra tuttequelle abolite). Presenze fondate su circa 360strutture (case o ritiri, conventi maschili efemminili, santuari ecc. ....) diffuse in Europa(Austria, Belgio, Bulgaria, Cechia, Francia,Germania, Irlanda, Italia, Olanda, Polonia,Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia,Ucraina); in Africa (Angola, Botswana,Congo, Kenia, Mozambico, Sudafrica, Tan-zania); nelle Americhe (Argentina, Bahamas,Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia,Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana,Ecuador, El Salvador, Giamaica, Guatemala,Hondura, Messico, Panama, Perù, Porto Rico,Stati Uniti, Uruguai, Venezuela); in Asia(Corea del Sud. Filippine, Giappone, India,Indonesia, Israele); in Oceania (Australia,Papua Nuova Giunea).

Oggi a questa vastissima produzionemultilingue si è aggiunta una importante pub-blicazione in grado di fornire dati rigorosi perla ricostruzione della storia familiare del no-stro Santo. Questo volume, in cui sono con-densate le ricerche condotte dal PassionistaMax Anselmi, completa - esemplarmente -possibili lacune nel quadro dei componenti lafamiglia di S. Paolo tranne il sedicesimo nato.Infatti, Don Antonio Danei, nel corso delladeposizione al Processo informativo di Ales-sandria per la causa di suo fratello, Paolo dellaCroce, nella prima sessione del 7 luglio 1777,aveva dichiarato che i suoi genitori avevanoavuto sedici figli:

“Sono sempre stati, tanto mio padre chemia madre, tenuti in concetto di persone dab-bene, e specialmente la madre che era di buo-nissimi costumi ed innocente. Sono ambeduenati cattolici, e da buoni cattolici sono vissutie morti. Hanno educato nella fede cattolica iloro figli, e specialmente il detto padre Paolo,verbo ed exemplo [con la parola e l’esempio],e so che avevano uso di far battezzare il piùpresto possibile i loro figlioli, dei quali nehanno avuto sedici, costumando d’offrirgli aDio appena nati.”

Nella fattispecie l’Autore, dopo accu-rate e documentate ricerche, è riuscito a rin-tracciare i rispettivi atti di nascita, battesimo edi morte dei 15 membri della famiglia Daneicon le sole eccezioni degli atti di morte di S.Paolo della Croce e di suo fratello GiovanniBattista.

Infatti per S. Paolo non venne mai redattol’atto di morte e le notizie riguardo al suo tra-passo devono essere ricavate da ragguagli tra-

smessi per iscritto o meglio ancora dalla suabiografia scritta da Vincenzo Maria Strambi,futuro vescovo di Macerata e Tolentino, pub-blicata nel 1786: Vita del ven. Servo di Dio P.Paolo della Croce, estratta fedelmente daiProcessi Ordinari”.

Anche alla scomparsa del VenerabileGiovanni Battista di S. Michele Arcangelonon venne redatto un vero e proprio atto dimorte ed in sostituzione venne scritta una Me-moria funebre (inserita nella cassa) successi-vamente integrata da una biografia scritta, nel1782, dal Padre Giovanni Maria Cioni di S.Ignazio Martire: “Nel silenzio il Signoreparla al mio cuore. Vita e testimonianza diGiovanni Battista fratello e padre spiritualedi San Paolo della Croce.“

Tra l’altro, tutti gli atti originali di nascita,battesimo o morte sono riprodotti fotografi-camente, tradotti dal latino dell’epoca e, ovesiano stati riscontrati uno o più errori da partedel compilatore del documento, l’ Autore haprovveduto ad evidenziare e correggere leinesattezze costituendo un’opera destinata adivenire un punto di riferimento universaleper la biografia di S. Paolo.

Purtroppo, come in precedenza accen-nato, è rimasta infruttuosa la ricerca del sedi-cesimo componente della famiglia nonostantele approfondite e ripetute indagini effettuatedall’Autore a Tagliolo Monferrato, CampoLigure, Ovada, Castellazzo Bormida, Cremo-lino e Genova-Rivarolo.

Pertanto Padre Anselmi ipotizza ulterioricontrolli, in particolare per gli anni tra il 1711e 1716, nei registri parrocchiali di: Carpeneto,Roccagrimalda, altre località nei dintorni diOvada come Rossiglione Inferiore e Supe-riore (all’epoca facenti parte della Diocesi diTortona) o Sestri Ponente “ ... perché Paolodirebbe di avere soggiornato diversi anni -cinque - nel Genovesato e tre in diocesi diTortona.”

La copertina del volume, perfettamenteconsona al contenuto, riporta uno dei quattroaffreschi del pittore bergamasco FrancescoCoghetti (1802 - 1875), esistenti nella voltadella Cappella di S. Paolo della Croce pressola Basilica dei SS. Giovanni e Paolo al MonteCelio (Roma), raffigurante la nascita delSanto.

Tra i ringraziamenti che l’Autore ha ri-volto a tutti coloro che, direttamente o indiret-tamente, hanno collaborato alla realiz- zazionedell’opera, meritano una particolare sottolinea-tura quelli dedicati a Don Giorgio Santi, Par-roco di Ovada, per avere fortementeapprezzato ed agevolato le ricerche svoltesi,per la maggior parte, negli archivi parrocchialidella città natale di S. Paolo della Croce.

di Pier Giorgio Fassino

RECENSIONE

MAX ANSELMI, La famiglia Danei- Atti di nascita, di battesimo e dimorte in originale, trascrizione etraduzione. Edizione Castellazzese 2014

Alla pag. precedente in bassol’organo Serassi dell’Annun-ziata

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 230

Page 55: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

231

Se nei giorni di mercato passate pervia san Paolo ad Ovada, accettate l’invitoche la Confraternita vi offre tenendo spa-lancate le porte del proprio Oratorio. Visembrerà di entrare in una bomboniera,un piccolo gioiello conservato con amo -re, che offre al visitatore la possibilità diincontrare i protagonisti della storiasacra. Sarete alla presenza di coloro chehanno creduto nella promessa del Crea-tore e potrete partecipare al Santo Mi-stero della Incarnazione del Salvatore.Tutto nel nostro Oratorio è stato organiz-zato per farci comprendere il lungo per-corso della umanità verso la meta fissatadalla promessa fatta da Dio ad Adamo edEva, dopo la loro caduta nel peccato: il sìdi Maria che ha cambiato la storia del-l’uomo.

Oratorio, lo significa la parola, èluogo di incontro per pregare, dall’orarelatino: qui, persone credenti si ritrovanoper una conversazione devotacon il sacro, ma anche per impa-rare la dottrina, parlare fra di lorocon semplicità e confidenza dellaloro fede ed esercitare la carità1.

Nel corso del tempo i confra-telli hanno desiderato onorareMaria, decorando l’edificio perrenderlo bello e adeguato al suoculto, ma anche per vedere rap-presentata tutta la sua storia; ve-ramente qui si tratta di Bibbianarrata al popolo, perchè quandone è stata terminata la decora-zione con gli affreschi, cioè ametà Ottocento, la Sacra Scrit-tura, anche per il diffuso analfa-betismo, non era ancora un testoconsigliato per la lettura perso-nale, ma mediato alla compren-sione dal predicatore che neapplicava le storie e i protagoni-sti direttamente al Vangelo: perquesto si usavano scene raffigu-rate, più facili da capire e piùvive. Consideriamo, poi, che inquesto periodo “si sta varealizzando il passaggio da unapic cola patria ben conosciuta ad

un mondo nuovo, ...(che) spingeva ...adaggrapparsi a tradizioni e consuetudiniapparentemente ancora solide ed inop- pu gnabili, ma sopratutto da consolidarsicon ogni mezzo.”2: abbellire e figurarel’edificio doveva sembrare un modo dionorare il proprio passato continuandol’opera dei confratelli.

Ma andiamo per ordine.Entrando, lo sguardo è subito rapito

dalla scena tridimensionale della Annun-ciazione, che è stata modellata nell’ab-side sopra l’altare maggiore nella primametà del Settecento. Più in alto alcuni an-gioletti reggono l’insegna della Immaco-lata che si fonde con l’affresco di unadonna che regge un calice, la personifi-cazione della Fede.

A questo punto alziamo definitiva-mente lo sguardo alla volta e scopriamouna serie di scene con protagonista laVergine e siamo indotti a scorrere tutta la

serie degli affreschi che ricoprono lavolta.

Nell’atrio un presepe ridotto ai per-sonaggi essenziali: la Sacra Famiglia.

Nella navata l’Adorazione dei Magi,la Discesa dello Spirito Santo o Penteco-ste, l’Incoronazione della Vergine: gliepisodi della vita di Maria che discen-dono dal sì della Annunciazione.

La volta è cadenzata poi da quattrofasce decorate, di cui tre in monocromo.

La prima, sopra la cantoria, è una Ul-tima cena sintetizzata nella raffigura-zione delle sole teste dei protagonisti edelle loro mani, le due centrali raccon-tano Storie dell’Antico Testamento, men-tre l’ultima, nel catino absidale, è com- posta da tre medaglioni con la Fuga inEgitto, l’Assunzione della Vergine, e laVisitazione.

Se guardiamo le pareti laterali siamocolpiti dalle due grandiose figure di Giu-

ditta a destra e di Ester a sinistra.Nell’abside, come a sostegno ecoronamento della scena dellaAnnunciazione, si stagliano dueProfeti: Mosè con le Tavole dellaLegge e Isaia . Sempre nell’ab-side, inserite nella totale decora-zione delle pareti, abbiamo dellefinte paraste in cui spiccano al-cune figurine di Santi: Sant’An-drea, con la sua tipica croce, SanGiuseppe, con la sega da fale-gname, San Pietro, con le chiavi,San Paolo, con la spada, San Bar-tolomeo, con la propria pelle eSan Giovanni Evangelista, conl’aquila.

L’edificio è tutto una decora-zione entro la quale sono inseritescene e figure. I pittori chiamatisono: Ignazio Tosi, che dipinge levolte della navata e del voltinosopra l’organo; Sansebastiano diVincenzo di Novi, che si occupadella volta sopra l’altare mag-giore, degli arconi con le scenebibliche e delle lesene; CostantinoFrixione, cui è affidato il voltinodell’atrio. Così ha potuto appu-

Invito a una sacra conversazione. L’Oratorio dellaAnnunziata di Ovadadi Aurora Petrucci TabbòPoca favilla gran fiamma seconda ( Par. I - 34)

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 231

Page 56: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

232

rare dalla lettura dell’archi-vio dell’Oratorio P. PianaToniolo, che ringrazio perl’anticipazione.

La mano che ha lavo-rato nella zona absidale ealle figurazioni bibliche, è lastessa che ha ornato gli ele-menti architettonici dellepareti laterali, con varie fi-gurazioni come rosette, girari e lire, figu -razioni che non prenderò in esame.

Un’altra mano, invece, ha lavoratoalle scene centrali e ha posto attorno a taliscene e alle finestre, figure che accompa-gnano il significato della raffigurazioneprincipale: attorno al medaglione dellaPentecoste, alcune virtù3, Fede, Carità,Speranza, Fortezza, hanno quasi corri-spondenza con le figure sottostanti che sitrovano ai lati delle finestre. Alla figuradella Fede, qui con la spada, corrispondedi nuovo la personificazione della Fede,ma questa volta con la croce, alla figuradella Fortezza corrisponde invece quelladella Carità con il simbolico panno checi ricorda una della sette opere di Miseri-cordia; dall’altra parte alla figura dellaCarità che allatta corrisponde quelladella Mansuetudine o Innocenza o Pa-zienza o Umiltà, con l’agnello, e alla fi-gura della Speranza, con l’ancora, cor-risponde di nuovo quella della Speranza,ma questa volta con i fiori, che è in atto didistribuire come segno appunto di un fu-turo fruttuoso. Questa figura ha, ingrembo, anche una colomba che in ge-nere è segno di pace, perchè ricorda il suoruolo dopo il Diluvio Universale, ma èanche simbolo cristiano dello SpiritoSanto.

Qui siamo di fronte a una ridondanzadi segni allegorici che nascono dal desi-derio di una buona decorazione, ma checomunque si accordano fra di loro e conil medaglione della Pentecoste.

Non è difficile intuire che da questoepisodio, fondante per la Chiesa, derivala nuova epoca annunciata nel Vangelo eche Fede, Speranza e Carità sono le virtùteologali, dono della Spirito Santo, cui si

aggiungono qui quelle della Fortezza edell’Umiltà, corollario necessario delbuon cristiano. La presenza fra i simbolidi agnello e colomba è ancora un ri-mando ai simboli cristiani per eccellenza:l’Agnello del Sacrificio Eucaristico e laColomba dello Spirito Santo.

L’episodio della Epifania è accompa-gnato da Angeli con dei cartigli nei qualisono citazioni dalle Scritture4 e attornoalle finestre Angeli musicanti che accom-pagnano la gioia della Natività.

Nella volta sopra l’organo ancora An-geli musicanti: infatti, nelle Confrater-nite, l’amore alla musica è antico e giàdal XIII secolo i devoti andavano inChiesa cantando inni e laude.5

Gli altari sono dedicati a diversiaspetti del culto della Vergine, molto vivoad Ovada che, come terra di appartenenzaalla Repubblica di Genova, ha assorbitola sua “sentita e affettuosa devozione ma-riana” che portò proprio il 25 marzo 1637a dichiarare la Vergine Maria regina e im-peratrice della Città e delle Riviere.6

Maria era onorata sotto diversi titoli, maquelli che stavano più a cuore ai Geno-vesi erano proprio l’Annunziata el’Immacolata, che nel corso del Seicentoebbero un forte sviluppo, mentre primofra i santi era San Giovanni Battista,onorato con un Oratorio anche in Ovada7.

Nel nostro Oratorio si trovano cosìl’altar maggiore dedicato all’Annunziata,quello di sinistra alla Madonna del Car-melo, quello di destra alla Madonna dellaSalute: la vicinanza a Maria è così viva esentita da accogliere le devozioni che sor-gono nel tempo in Suo onore o per Suointervento, attraverso le apparizioni, aconferma della sua sempiterna prote-zione.

Finalmente il nostrointeresse può concentrarsisulla nicchia che si aprenell’abside e che costitui-sce, per così dire, la palasopra l’altare, la scena chedà il nome, il significato, laragione a tutto l’edificio: l’Annunciazione della Ver-gine.

Colpisce subito la concretezza do-vuta alla scelta della scultura e dellostucco, che accentuano la verosimi-glianza e conferiscono quel tocco di me-raviglioso del sacro che la devozionepopolare ha sempre amato: ricordiamociche questa è la cappella di una Confrater-nita, espressione sincera e viva della re-ligiosità del popolo. Colpisce la sempli-cità, pur nella precisione dei particolari,colpisce la vivezza delle figure .

L’insieme è armonico e completa(direi, incarna) la decorazione della chiesae realizza una unità e una raffinatezza no-tevole per un oratorio di provincia.

Chissà quante immagini di Annun-ciazioni abbiamo potuto vedere, eppurequante indicazioni preziose si possonoco gliere dalla osservazione della nostra.

Come rappresentare l’inesprimibiledi un simile evento?

Nel tempo gli artisti hanno bloccatola iconografia al momento del saluto del-l’angelo e della ritrosia della Vergine, se-guendo il racconto del Vangelo, poihanno variamente scelto di rappresentareil momento nella stanza di Maria o fuoriall’aperto, in un giardino che suggerisseun momento di raccoglimento a contattocon la natura, e hanno inserito simbologiediverse tra cui una porta chiusa o aperta aseconda della scelta iconologica.8

Ci sono molti aspetti che si devonoconsiderare a proposito di questo sog-getto perché, forse, a determinare lascena ha concorso proprio la devozionepopolare delle sacre rappresentazioni, dicui si ha notizia almeno dal XII secolo eche ha costituito momenti salienti delculto.

Cercando e interpretando è possibile

L’Iconografia dell’articoloè ripresa dalle storie dellaGenesi della Loggia Vati-cana, detta “La Bibbia diRaffaello” dipinta sotto ladirezione di Raffaello dallasua Scuola. Con molta pro-

Alla pag. precedente, il “nic-chio” con l’Annunciazione delFasce che occupa l’abside del-l’OratorioA lato, Mosè presenta al popoloeletto le tavole della legge

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 232

Page 57: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

233

risalire a devozioni emozionanti, in cui latestimonianza del Vangelo prendeva vitacon rappresentazioni appassionate in cuipreghiera, canto e tecnologia si fonde-vano,9 e questo ha fatto sì che anche lapittura, come la scultura, ne fosse in-fluenzata.

Cristo non lo si ascolta semplice-mente riconoscendolo nella Parola, ma,proprio perchè si è fatto carne, può pren-der corpo anche nell’immagine, e il mi-stero dell’Incarnazione è “l’argomento

classico” che San Giovanni Damascenousò nella prima metà dell’VIII secolonella difesa delle immagini.10

Nel medioevo “l’arte figurativa, ilteatro valgono essenzialmente come tra-duzioni o adattamenti di un testo scritto”:è in questa ottica che si deve compren-dere la statuaria lignea che nel corso diquel periodo ha acquisito la funzione di “mettere in scena un evento sacro preciso,“mistero” o “miracolo” che sia”11

Nell’ambito della Chiesa d’Occi-

dente, perchè in quella d’Oriente fu vie-tata, lo sviluppo della scultura è prodi-gioso e si integra con “immagini, mac-chine, apparati e con azioni performativedi celebranti, cantori, fedeli. Esempi notisono presepi, Magi del tempo natalizio,calvari e sepolcri della settimana santa, ilCristo sull’asina nella processione dellePalme, statue della Vergine o di Cristoche salgono verso l’alto per l’Assunzioneo l’Ascensione, carri processionali etrionfi di santi, diorami e composizioni diquadri viventi, ecc.”12 E’ ancora nell’am-bito di una tale devozione drammaticache dobbiamo comprendere i SacriMonti, o le “casse da processione”, di cuiabbiamo due magnifici esempi in Orato-rio.

Il gusto barocco del “Teatro delMondo” , poi, si è protratto sino al tardoSettecento. Le arti comunicavano abba-gliando, “costituivano le quinte del tea-tro e creavano l’illusione di un mondoperfetto”. La decorazione del nostro Ora-torio è concepita proprio in questo am-bito, come “ opera d’arte totale” e cosìdobbiamo percepirla, anche se, per diffi-coltà storiche e economiche, si è protrattaben oltre il XVIII secolo.12 bis

Consideriamo ora in particolarel’Annunciazione.

La sua rappresentazione in Italia haparticolare importanza sopratutto nel-l’area veneta e toscana: a Firenze e a Ve-nezia, il 25 marzo era anche l’iniziodell’anno civile.

Ci sono rimaste testimonianze didrammatizzazioni liturgiche della festa,ma ciò che mi preme ricordare è il fattoche uno dei momenti più significativi aParma come a Firenze o Ferrara era ilvolo dell’angelo che doveva partire dalParadiso.13

A Firenze, ad esempio, si ha notiziadi Paradisi costruiti nel 1400 che veni-vano utilizzati in più occasioni come An-nunciazioni, Ascensioni, Assunzioni14.Famosa, nel 1439, la salutazione angelicafatta appositamente con le macchine diCecca e Brunelleschi per il Concilio diFirenze 15.

babilità il nostro decoratore ha potutoutilizzare la serie riportata nella rac-colta Jcones Bibliorum Sacrorum, in-cisa in Roma nel 1785 da S. Bianchi,incisore torinese, e P. Bartolozzi dise-gnatore romano.A lato, schema dell’iconografia dell’Ora-torio.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 233

Page 58: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

234

Racconti figurati e cantati facevanoparte di solito della Missa Aurea, cele-brata al mercoledì delle quattro temporanell’Avvento. Nel XVI secolo, ad esem-pio, nella cattedrale di Tournai due gio-vani nel ruolo di Maria e dell’Angelo sipreparavano dietro una tenda prima dellaMessa. Quando il diacono intonava ilMissus est si apriva la tenda di Maria chepregava davanti al leggio, al Gloria siapriva la tenda dell’Angelo che cantavaAve gratia plena. Il canto fra i due conti-nuava finchè alle parola Spiritus sanctussupervenit in te lo Spirito Santo, in formadi colomba intagliata nel cerchio di can-dele accese, scendeva dalla volta verso laVergine e si librava sul suo capo. Dopol’Agnus Dei tornava nella volta.16

Conferma il Cambiaso che anche inGenova “dal secolo XVI si cominciò adintrodurre un gran lusso di apparati, cro-cefissi, statue di santi, vesti preziose nelleprocessioni, nelle quali si davano puresacre Rappresentazioni, eseguite da fan-ciulli dell’uno e dell’altro sesso, che ve-stiti da santi rappresentavano fatti dellavita del santo titolare, di Nostro Signore,della Madonna od altro...”.17

Certamente il desiderio di raccontarel’oggetto della propria fede si è mante-nuto per molto tempo, se si ha te-stimonianza del diniego diorganizzare una rappresentazionedella Passione a Lerici nel 177318

o invece di una sacra rappresenta-zione della Passione tenuta ancoradurante la Quaresima del 1895nell’ Oratorio di Isoverde.19

La devozione popolare, anchese tenuta sotto controllo dalla Con-troriforma in poi, ha comunque si-curamente cercato di mantenerevivo il coinvolgimento sentimen-tale e la scultura certamente colpi-sce più di un dipinto. Le statuespesso erano vestite con veri abitiper quel desiderio di renderle vi-

cine a sé, come vive, che deve essereistintuale nella devozione se, già nell’an-tichità, Atene rivestiva solennementeogni anno la sua dea con un nuovo peplo.Così anche i nostri confratelli vestivano,in occasione della festa, una statua diSant’Alberto, affittando l’abito adatto20.

E’ per questo che, nella Chiesa, la di-scussione sulle immagini e gli interventiatti a mantenere la fede nell’ambito delladottrina, si sono susseguiti nel tempo.Con il Concilio di Trento i prelati sonosconcertati di fronte alla necessità di unanuova evangelizzazione e la riorganizza-zione del clero e dei fedeli diventa la pre-occupazione fondamentale di Vescovi eCardinali.

Nella Diocesi di Genova, ad esem-pio, la predicazione delle missioni par-rocchiali fu lo strumento più concreto dievangelizzazione a partire dalla metà delCinquecento, proprio per sopperire alla“ignoranza letale delle popolazioni”, cheera stato causato dall’abbandono dellecampagne da parte del clero in curad’anime21 .

Nel 1582, nelle sue visite apostoli-che, Mons. Francesco Bossi, vescovo diGravina, Perugia e Novara, aveva lamen-tato la mancanza di regole unitarie presso

le Confraternite e per questo dal 1587 sicercò di applicare anche a quelle del Ge-novesato le norme che San Carlo Borro-meo aveva emanato per Milano.22

Ormai, perdendosi la sacralità dicerte funzioni anche rappresentative, ilpericolo di trasformare un momento didevozione in qualcosa di puramente sce-nografico o superstizioso era palese.

Ricordo allora il significativo ordinealla Confraternita di togliere “li crespinidal collo alla Beata Vergine” dato damons. Beccio, vescovo di Acqui, nella vi-sita pastorale del 161023.

Per capire quindi la rappresentazioneche abbiamo davanti conviene rileggereil Vangelo di Luca o ricordare la dolcepreghiera dell’Ave Maria. I momenti delracconto sono: la meditazione di Maria,l’arrivo dell’Angelo, il timore di Maria,l’Angelo che rassicura e saluta,l’annunciazione, l’accettazione.

Nel tempo gli artisti, influenzati dallaloro cultura e dalle richieste dei commit-tenti, hanno variamente rappresentatol’Angelo in ginocchio o in volo, Mariacalma o spaventata,24 hanno aggiunto og-getti che hanno arricchito di significatosimbolico la scena, hanno usato prospet-tiva e spazio per raccontare di più di quel

che si potesse vedere o per cir-costanziare meglio l’evento.

La nostra scena è ridotta al-l’essenziale, pur essendo espres-sione del gusto del 700, amantedel ricercato, del prezioso, delbello. Maria, inginocchiata die-tro un leggio sul quale è apertoun libro, si ritrae, ma non è spa-ventata. Le mani sottolineanouna conversazione. Quella chestringe la veste sul petto sugge-risce il turbamento, quella che siapre verso la navatal’accettazione, ma anchel’apertura verso i fedeli.

L’angelo in volo, sorretto da

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 234

Page 59: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

235

nuvole, ha una mano ri-volta col palmo apertoverso la Vergine, come atranquillizzarla, e l’altrache indica l’alto, per ricor-dare la volontà divina.Sopra l’Angelo, un nugolodi angioletti che portano isegni della futura regalitàdi Maria, nuvole e lo Spirito Santo che sistaglia fra i raggi dorati con le ali apertein atto di discesa.

Al centro la porta chiusa dà spessore,profondità e significato alla scena. Infatti,questa, è la porta chiusa ricordata daIsaia, il simbolo della verginità di Maria,verginità che dobbiamo credere per fede,così come ci ricorda la figura col caliceposto nel catino absidale, l’allegoria dellaFede, calice che rimanda naturalmentealla fascia stilizzata a monocromo sopral’ingresso dove è rappresentata schemati-camente l’Ultima Cena e in cui Cristotiene in mano la coppa con la quale isti-tuisce l’Eucarestia.

Rimane ancora da notare il bell’escamotage ideato dall’artista per illumi-nare la raggiera dorata lungo la qualescende la colomba dello Spirito Santo. Lapresenza di Dio, simboleggiata da raggidorati che cadono dall’alto 25 era abitu-dine usata nei paradisi di cui abbiamo giàparlato, e nella grande storia dell’arte,penso, ad esempio, all’Estasi di Santa Te-resa del Bernini.

La rappresentazione artistica sostitui-sce e ricorda quel “teatro dal vero” cheaveva dato vita alla fede di un tempo, evera deve essere la luce che fa risplenderequei raggi. Da dove arriva infatti la lucedivina ? Da due piccole finestre nascosteagli occhi dei fedeli, posizionate a est esud-est. Con esse si poteva catturare laluce del sole sin dall’equinozio di prima-vera e arricchire la visione26

Oggi, dopo le addizioni eseguite intempi successivi al palazzo Spinola,l’effetto è godibile solo in estate, ma su-scita ancora una meravigliosa impres-sione di luce soprannaturale.

E’ giusto ancora far notare come, in-

serite nella decorazione dell’abside, si di-stinguano alcune figurine di Santi: al cen-tro sono San Pietro, il principe degliApostoli, e San Paolo, l’Apostolo dellegenti, inseparabili capisaldi della Chiesa;a sinistra il fratello di Pietro, Andrea, enaturalmente San Giuseppe, sposo dellaVergine; a destra San Giovanni Evange-lista, l’Apostolo cui Cristo, dalla Croce,ha affidato la Madre, e San Bartolomeo,anche lui Apostolo.

La scelta di questi santi ha, comesempre una ragione, a parte Pietro ePaolo che sono di solito citati assieme,Andrea e Giovanni Evangelista sono iprimi due discepoli, già seguaci di SanGiovanni Battista, a seguire Gesù e Giu-seppe e Bartolomeo sono i due santi caria Santa Teresa d’Avila e quindi qui sicu-ramente citati, perché i confratelli ave-vano scelto la devozione alla Madonnadel Carmelo.27

Non si deve dimenticare che nellastoria sacra l’avvento del Messia, che sirealizza attraverso Maria, è atteso da tuttele generazioni del popolo ebreo sin dallacacciata dei progenitori dall’Eden. Dioaveva promesso il perdono e l’attesa ènarrata nell’Antico Testamento.

Ecco dunque le piccole raffigurazionibibliche delle due fasce in monocromo.

Cosa era stato rappresentato? E per-chè? Per me la loro comprensione è statauna piccola avventura.

Nella prima fascia, quella più vicinaall’ingresso le scene che si susseguono dasinistra a destra sono: Il Ringraziamentodopo il diluvio, la Discesa dall’ arca diNoè e degli animali, la Creazione di Eva,Dio separa le acque dalla terra, Diocrea il sole, la luna e le stelle, la Crea-zione degli animali, Giuseppe con i fra-

telli, Giuseppe e il fa-raone.

Nella seconda fasciapossiamo vedere: la Pro-messa ad Abramo,Abramo e i tre Angeli,Mosè fa scaturirel’acqua dalla roccia du-rante l’Esodo, Mosè con

le Tavole della Legge, Dio separa la lucedalle tenebre, Mosè ritrovato nel Nilo,Mosè e il roveto ardente, la Benedizionedi Isacco a Giacobbe, la Scala di Gia-cobbe.

Tutte storie tratte dal libro della Genesi27 bis

Si resta meravigliati e confusi daquesto susseguirsi di scene che non se-guono il filo del racconto biblico e ci sichiede se tutto ciò sia stato voluto o siaopera di un pittore maldestro. E’ certa-mente una sistemazione non tradizionaleanche se organizzata in sequenze.

Allora andiamo per ordine.Per meglio chiarire ho preparato uno

schema riportato in queste pagine in cuile scene sono raggruppate fra loro.

La nostra attenzione subito sale alculmine degli archi ai gruppi 1 e 2, dovedue figure corrispondono l’una all’altra:Dio è con le braccia aperte nell’atto dellacreazione.

La sua azione resta protagonista inentrambe le fasce, anche se interrompel’ordine cronologico del secondo arcone,come a sottolineare che tutta le storiaumana è guidata dalla Misericordia di-vina.Al culmine delle volte, poi,nelle rap-presentazioni della storia della Vergine,troviamo la stella cometa e colombe adali spiegate in cui è figurato lo SpiritoSanto. Anche la cuspide della nicchia conl’Annunciazione ha la colomba con le alispiegate. Il volo dello Spirito aleggia egira sulla storia dell’uomo con un corso aspirale che ci ricorda la continuità dellasua presenza nel tempo concesso al-l’umanità, ma anche ci attira verso l’alto.Tutto l’Oratorio è punteggiato dalla pre-senza dello Spirito Santo, figurato in co-lomba, e non a caso la volta centrale è

A lato, il diluvio si è placato,Noe fa uscire dall’arca tuttigli animali

Alla pag. precedente, in basso,dettaglio del “nicchio” conl’Annunciazione del Fasce

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 235

Page 60: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

236

dedicata alla Pentecoste. La quantità dicolombe ripetute in scene e allegorie, no-tata più sopra, mi ha indotto a conside-rare questa come la possibile chiave diinterpretazione dell’ apparente puzzle discene bibliche, nella convinzione che ipittori fossero sempre consigliati in mate-ria di fede. Aggiungo un’altra osserva-zione: l’unico evangelista qui raffiguratoè San Giovanni, l’autore di quel prologo,compendio più che poetico della nostraFede, che rimanda proprio alla “Sapienzacome ipostasi proveniente da Dio” e allaincarnazione di Cristo.28 Ne ho dedotto,quindi, che, chi ha guidato i pittori nellescelte dottrinali, volesse far risaltare lalunga attesa della promessa manifesta-zione divina, che si attua nell’incontro falo Spirito Santo e Maria.

Dunque, per seguire lo svolgersi delracconto biblico dobbiamo un po’ volarecome la nostra colomba e partire dalcen-tro del secondo arcone, dove prendeavvio la Creazione nella scena 1,passareal centro del primo arcone, dove sono raf-figurati gli altri episodi che si riferisconoalla Creazione, il gruppo 2. All’internodue episodi con la vera e propria crea-zione dell’universo e ai lati di questogruppo centrale, a destra il Popolamentodegli animali e a sinistra,Eva.

A mio avviso è una sceltaricca di simbologia, questa,di raffigurare il Dio creatoreal centro del centro del rac-conto, cui si aggiunge anchela disposizione artistica dellefigure, così da controbilan-ciare il mondo senza vita equello animato e nel con-tempo contrapporre gli ani-mali agli uomini.

Da questo centro cosìpregnante si dipana la storiadella Genesi.

L’ordine cronologico ci

costringe a volgere lo sguardo verso si-nistra,poi su al secondo arcone, percor-rerlo sino a destra, ritornare al primoarcone per fermarsi nella parte centraledel secondo. Seguiamo lo sche ma.

A sinistra nell’arcone I troviamo idue episodi relativi a Noè, cioè il gruppo3, poi nell’arcone II i due episodi rela-tivi alla vita di Abramo, cioè il gruppo 4,con una significativa corrispondenza disoggetto, perchè entrambi i profeti sonorappresentati nel momento del sacrificioa Dio e del Suo intervento.

Il racconto a questo punto supera ilgruppo 7, quello delle storie di Mosè, econtinua con il gruppo 5 e le storie diIsacco e Giacobbe. Si ritorna quindi al-l’arcone I dove incontriamo il raccontodi Giuseppe, nel gruppo 6.

Ora la spirale si chiude riandando alcentro dell’arcone II dove sono le storiedi Mosè, il gruppo 7, spezzate della pre-senza di Dio creatore.

Insomma esiste un certo ordine do-vuto a una corrispondenza figurativa, so-prattutto nell’aver voluto privilegiare ilcentro e infine la tendenza a guidare losguardo in una sorta di spirale che spaziae comprende entrambe le fasce.

Ma l’avventura è stata, come sempre,

dare significato a quelle immagini, sì,perchè mi è sembrato insolito l’inseri-mento di tali storie all’interno della de-corazione di un oratorio luogo didevozione popolare.

Tutto nasce dal desiderio di glorifi-care nella sua completezza Maria comefigura della Chiesa, ma anche di definirenelle sue molteplici ricorrenze il 25 dimarzo, avvio della storia dell’umanitàche si rinnova ad ogni equinozio di pri-mavera.

Non a caso, ripeto, le storie dei nostridue arconi sono in monocromo, a sottoli-neare un passato lontano, ma pregnante,che ha condizionato la storia salvificadell’uomo risolta nel duplice fiat dellaVergine e di Cristo.

Soffermiamoci allora sulla valenzasimbolica e liturgica della festa dell’An-nunciazione.

Il 25 marzo corrisponde al 14 diNisan del calendario ebraico29, giorno at-torno al quale si compie la passione emorte di Cristo, ragion per cui per uncerto periodo fu giorno fisso della nostraPasqua. In più è giorno vicinissimo al-l’equinozio di primavera, rinnovo di vitanaturale e anche spirituale.

Un tempo era Capodanno degli Ebreicosì come lo fu per al-cune nostre città nel me-dioevo, come Firenze,Milano, Ravenna, To-rino, Venezia, ecc.

Era il tempo perfettodella salvazione e quindi,mediando dalla tradi-zione ebraica, il 25marzo era il giorno in cuisi commemoravano unaquantità notevole di fatti.

Sintetizzando30: na-turalmente il concepi-mento o incarnazione diGesù, ma anche la suacrocifissione, poi la crea-

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 236

Page 61: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

237

zione del mondo, quelladi Adamo, l’assassiniodi Abele, il giorno in cuiil mondo fu sommersodal diluvio, la distru-zione di Sodoma e Go-morra, il sacrificio diIsacco, la distruzionedel faraone d’Egitto e del suo esercito tra-volto dal Mar Rosso, la morte di San-sone, la decollazione del Battista,l’accoglimento del buon ladrone in Para-diso, la liberazione di Adamo dal Limboad opera di Cristo, la liberazione di Pie-tro dal carcere, la decapitazione di SanGiacomo, il martirio di San Pietro, ecc. einfine, in questo giorno, gli Ebrei fisse-rebbero il giorno del Giudizio.

Nella cristianità occidentale per tuttequeste ragioni era “centro della storiadella salvezza e di conseguenza dell’annoliturgico”31: infatti se il 25 marzo eral’incarnazione di Gesù di conseguenza il25 dicembre, nove mesi dopo, ne era lanascita, per questo il Battista doveva na-scere il 24 giugno, perchè concepito seimesi prima del cugino. Così gli equinozie i solstizi erano segnati dal concepi-mento, la nascita e la morte del Precur-sore e di Cristo.32

Dunque, come si nota, la Creazione,il diluvio, il sacrificio di Isacco e la fugadall’Egitto erano a vario modo celebratenel giorno dell’ Annunciazione. Ma c’è dipiù.

Come venivano intesi i fatti dell’An-tico Testamento all’epoca?

Certamente con interpretazioni menostoriche e approfondite di oggi, ancheperchè nell’ambito della Chiesa cattolicaavvicinarsi alla lettura della Bibbia hacomportato divieti, discussioni e una dif-ficile accettazione. Ce lo chiarisce subitol’introduzione dell’ampio commento allaSacra Scrittura, edito nel primo Sette-cento, e custodito nella Biblioteca Par-rocchiale, il famoso Sacy33: la Chiesa,scrive, non tiene lontano i fedeli dallaBibbia, perché, come dice San Paolo, “tutto quanto è scritto è scritto per nostraistruzione” e Sant’Ireneo “è proprio del

Cristiano il nudrirsi delle Scritture nelseno della Chiesa.”34 Naturalmente “Laprima condizione adunque necessaria perleggere con frutti le Sante Scritture è unafede umile e docile”35 per essere in grado diseguire gli insegnamenti della Chiesa, 36 te-nendo presente che “Gesù Cristo è il finedella Legge...” e “... tutti i libri dell’An-tico Testamento si riferiscono più o menodirettamente a Gesù Cristo e alla suaChiesa, che è il di lui corpo... ( che i libri)dell’Antico Testamento lo predicano esotto ombre e veli lo annunciano. In essole Figure, tutti i sacrifici, tutte le Profezietrovano il loro compimento.” 37.

E aggiunge “ per questo bisogna ac-costarsi alla lettura tenendo presente sia ilsenso letterale che quello spirituale e cioèquello allegorico, morale, anagogico” 38

Non sembri strano o difficile un taleapproccio alla materia biblica, perchèl’uso del simbolo e della sua interpreta-zione era cosa cui un tempo si era abi-tuati, e molte immagini erano facilmentecomprese anche nei loro rimandi a cosepiù alte. Un po’ come per noi oggi,quando vogliamo dare interpretazionepsicologica ai nostri sogni e sulla scortadi Freud e Jung ci districhiamo fra sim-boli e rimandi arcaici.

Seguiamo allora le nostre storie conl’interpretazione che ne veniva data.

Le scene della Creazione erano occa-sione per parlare di Dio creatore e Padre,della Trinità, dell’eternità e del tempo 39 ,delle gerarchie angeliche , del male e delbene fra gli uomini 40

Anche la Creazione degli animali hacose incredibili da svelare e così si im-partiscono lezioni di morale e di dottrina,infondendo fiducia nella Misericordia di-vina, pronta ad accogliere i molti imper-fetti che le si affidano.41

Nella Creazione di Evail disegnatore vuole metterein relazione Eva con Maria,la prima donna, con ladonna in cui si è compiutala salvezza dell’umanità.Non sceglie lo scontato mo-mento della tentazione, ma

quello della sua creazione come comple-tamento dell’uomo. Nel connubio Eva-Maria ci si allontana dal giudizio nega-tivo di tanta storia contro le donne. Nona caso nel nostro commento Eva diventafigura della Chiesa nascente: “ Il primouomo nel suo misterioso sonno e nellaformazione di Eva formata da una dellesue costole fu figura di Gesù Cristomorente sulla Cro ce e formante la suaChiesa mediante l’acqua e il sangue chegli uscì dal costato trafitto dalla sua lan-cia.”42 Ildegarda di Bingen già a metà del1100, spiegando la creazione, poteva direche “l’uomo e la donna sono così vicen-devolmente uniti, che l’uno opera attra-verso l’altro, … La donna infatti è l’agiredell’uomo, e l’uomo è il visibile confortodella donna, e nessuno di loro potrebbeesistere senza l’altro. E l’uomo significala divinità di Dio, la donna la sua uma-nità”43.

Ricordo che il legame fra la primadonna e Maria è apparso “presto negliscritti cristiani, e si prestava ad un certonumero di parallelismi e riecheggiamentipiù o meno ingegnosi, fra cui la letturapalindromica del saluto dell’angelo aMaria, “Ave”, significativo come rove-scio di “Eva”44: non ci meravigli questoarrovellarsi nel cercare corrispondenzecon il Cristo, in questo modo si allonta-nava il pericolo di una lettura esclusiva-mente letterale dell’Antico Testamento.

Il racconto ora continua con le storiedei Profeti.

Noè è l’uomo giusto e perfetto ( cioèperfetto in tutte le virtù) che si conducevain ogni cosa secondo lo spirito di Dio.Trovato giusto e lodato come amico diDio, quando tutta la terra era divenuta og-getto dello sdegno di Dio stesso, diventail riconciliatore e il depositario della al-

A lato, Dio popola la Terracon gli animali

Alla pag. precedente, inbasso, Dio da per compagnaEva ad Adamo

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 237

Page 62: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

238

leanza fatta da Dio cogli uomini. Ecco al-lora la famiglia di Noè con l’arca e i suoianimali45, e l’Olocausto di ringrazia-mento dopo il Diluvio , “segno visibiledella adorazione e della sottomissione in-visibile a Dio”46.

Abramo, è “modello di Santità .“Dio infatti si dice Dio di Abramo, sceltoper Padre del Messia e capo di tutti i Fe-deli”47. Uscito dall’Egitto e tornato aBetel, nel medesimo luogo dove avevagià fabbricato un altare, si separa da Lote offre un sacrificio per invocare il Si-gnore. Questi lo invita ad alzare gliocchi, a guardare in giro e dice “ tutta laterra che tu vedi io la darò a te e alla tuadiscendenza in perpetuo...”48; visitato daitre angeli: “ Ne vide tre e ne adorò unosolo infatti Abramo considerò qui tre An-geli come rappresentanti la unità in Dionella Trinità delle persone”49.

Isacco è mero strumento di Dio per-ché, quando scopre di aver benedettoGiacobbe, non si lagna, non si sdegna ericonosce e conferma l’ opera di Dio conlui.50. Ormai vecchio e cieco, dovrebbeinvestire ufficialmente Esaù della primo-genitura, ma la moglie organizza un in-ganno con cui lo induce a investireGiacobbe. Esaù, che in effetti aveva giàvenduto tale primogenitura al fratello perun piatto di lenticchie, una volta capìta lagravità del suo atto e la irrevocabilitàdella benedizione delpadre sul fratello, si di-spera e abbandonal’accampamento.

Giacobbe, “ supplan-tatore”, nonostantel’inganno51 è riconosciutoda Dio come erede, tantoè vero che lo si chiameràIsraele, rappresenta GesùCristo nella propria per-sona di capo degli elettied in persona del suocorpo, che è la suaChiesa. Dopol’investitura è costrettoall’esilio e Dio vuoleconsolare Giacobbe: avrà

cura di lui come di un suo figlio; infatti inluogo dei fratelli trova gli angeli, in luogodella patria trova il cielo, in luogo dellericchezze e degli aiuti paterni trova la Di-vina Provvidenza.

La cosiddetta scala di Giacobbe, quirappresentata, è l’immagine della vita cri-stiana52.

Giuseppe è la figura di Cristo per ec-cellenza.

Seguiamo la storia con il nostro com-mentatore: Giacobbe ormai vecchioamava Giuseppe più di tutti, anche perquesto e per la corruzione del loro cuorei fratelli lo odiavano, erano superbi e perconseguenza invidiosi. Quando Giusepperacconta loro i suoi sogni, lo fa perchè lagiovane età e la poca esperienza non glilasciano prevedere i futuri cattivi effetti.Per questo, Giacobbe riprende Giuseppeper aver narrato i sogni, perchè prevedeciò che accadrà, ma considera che pote-vano essere una voce di Dio.53

Di qui la vendita ai mercanti, l’Egit -to, il Faraone, le sofferenze e infine il ri-scatto.

Dice il commentatore: “ i Santi Padrihanno notata la relazione, che trovasi tralo stato di Giuseppe ne’ suoi patimenti, equello di Gesù Cristo nella sua vita mor-tale; ...relazione... che può esservi tra lafigura, e la verità.54

Mosè, al tempo del nostro commen-

tatore ritenuto ancora l’ autore del Ge-nesi, è, assieme al fratello Aronne, il pro-feta fondatore delle istituzioni religiose:a ciò vuol riferirsi la scena di Mosè con letavole dei Comandamenti, mentre nel-l’episodio del ritrovamento nel Nilo siprefigurava la fuga in Egitto, cui fa dacontraltare quella del Popolo ebraico incammino verso la Terra promessa.55

Insomma tutti gli episodi sono statiscelti per sottolineare come nel “si” pro-ferito da Maria si sia compiuto il disegnodivino di cui era stata fatta promessa nelVecchio Testamento. Sono la rappresen-tazione figurativa del discorso di Stefano,il protomartire, tenuto davanti al SommoSacerdote e riportato negli Atti degliApostoli 56. Il Santo ripercorre la storiadella promessa ricordando Abramo,Isacco, Giacobbe e i dodici patriarchi,Giuseppe e Mosè e ricorda che Dio, pro-prio a Mosè dal roveto ardente, parlò di-cendo: “Io sono il Dio dei tuoi padri, ilDio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”.

Se ora, distaccandoci dai particolari,osserviamo come queste due serie di sto-rie bibliche siano inserite nell’impiantogenerale della decorazione, si nota comele storie rappresentate nell’arcone II, incui è protagonista il Popolo eletto, si tro-vino fra la zona absidale con le immaginirelative a Maria e la Pentecoste, a confer-mare come la salvezza si sia realizzata at-

traverso il Popolo d’Israele; mentre a contor-nare la volta conl’Adorazione dei Magi,che simboleggiano le partidel mondo che rendonoomaggio a Cristo, siano lefigure bibliche dell’ arconeI, che riguardanol’intervento divino versol’umanità, e l’ UltimaCena, sacrificio offerto pertutti.57 Ancora la storiadella Salvezza nella suapienezza.

Rimangono così da co-noscere le altre figure bi-bliche, che sono in

In basso, Giuseppe racconta aifratelli i suoi sogni

Alla pag. seguente, Giuseppeudito il racconto dei sogni delFaraone ne spiega il significato

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 238

Page 63: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

239

relazione con Maria.Ester e Giuditta, due

donne che con gran co-raggio salvarono il loropopolo, sono qui presentialte tra le paraste pocoprima degli altari lateralie ancora, le figure pos-senti dei due profeti postia lato dell’ abside entronicchie a trompe d’oil, che danno soliditàteologica e architettonica alla scena dellaAnnunciazione.

La regina Ester, in considerazionedella sua azione di grazie presso il re As-suero, è considerata prefigurazione delruolo della Vergine come mediatrice nelGiudizio Universale.58

Giuditta, raffigurata con una scimi-tarra e la testa di Oloferne in mano, èsimbolo della virtù che trionfa sul vizio esi accompagna alla figura allegorica dellaUmiltà, e oltre a questo, con la Controri-forma, è stata considerata prefigurazionedella Visitazione, perché esempio ditrionfo sul peccato.59

Mosè con le tavole della legge, ilprofeta dell’Esodo, l’uomo a cui Dio harivelato il suo nome e a cui ha affidato laLegge, è la prefigurazione principale diCristo.60

Isaia, qui con il libro aperto, è, fra iquattro grandi profeti, quello che ha pro-fetizzato proprio l’Incarnazione dellaVergine61.

Il nostro cammino termina, quindi, dinuovo nella contemplazione della nicchiaabsidale, alla Vergine che ci insegna adire sì, non solo nel momento solennedella chiamata, ma tutti i giorni conquella fedeltà all’amore per il figlio cheuna madre conosce bene e alla portachiusa, che assume un’altra valenza,quando sia messa in relazione con la por-ticina del tabernacolo dell’altar maggioredipinta con la Resurrezione di Cristo. E’finalmente la “ianua coeli” delle LitanieLauretane, la porta che attraverso la me-diazione di Maria ci apre la via alla vitaeterna.

NOTE1D. CAMBIASO, Casacce e Confraternite

medievali in Genova e Liguria, in “ Atti dellaSocietà Ligure di Storia Patria” , Vol. LXXI, Ge-nova, 1948. A pag. 91, riportando il testo dell’adu-nanza generale delle confraternite tenuta il 13luglio 1410, ricorda che i confratelli devono “ado-perarsi per mettere pace fra i confratelli, soccor-rerli se bisognosi, visitarli e curarli infermi,assistere ai loro funerali e suffragarne le anime”.

2 P. PIANA TONIOLO, Il trittico dell’An-nunziata, in “Urbs silva et flumen”, AnnoXXVIII, N° 2 Giugno 2014,

3 Per tutte queste figurazioni rimando a J.HALL, Dizionario dei soggetti e dei simboli nel-l’arte, Milano, 2003, alle voci relative.

4 Pur con qualche fatica a causa di probabiliinterventi dovuti all’umidità si leggono: Tibi af-ferent reges munera, (Salmo 68 (67) ,31) ; “ Vi-demus stellam eius in oriente et venimusadorare eum” (Mat. 2-2); “Orietur stella exIacob” ( Num.24. 17); Obtulerunt ei muneraaurum tus et murram” (Mat. 2, 11) .

5 D. CAMBIASO, op. cit., pag. 95.6 D. PUNCUH( a cura di), Il cammino della

Chiesa genovese dalle origini ai nostri giorni,GENOVA, 1999, pag. 329.

7 D. PUNCUH, op.cit., Pag. 351.8 A tal proposito segnalo D. ARASSE,

L’Annunciazione italiana Una storia della pro-spettiva, Firenze, 2009.

9 Appassionante la lettura di F. FLORESD’ARCAIS ( a cura di ), Il teatro delle statue.Gruppi lignei di Deposizione e Annunciazionetra XII e XIII secolo, Milano, 2005.

10M. COLLARETA, Visibile parlare, in F.FLORES D’ARCAIS, op. cit., pagg. 64 e 65. Qui siaffronta la fisicità della parola: “ Il vedere, il toc-care, come modi di percezione del corpo, sonoper il cristiano anche i modi di percezione dellaParola.”

11 M. COLLARETA, op. cit., pag. 66.12 C: BERNARDI, Deposizioni e Annuncia-

zioni, in F. FLORES D’ARCAIS ( a cura di ),op: cit., pag. 69.

12 bis R. TOMAN (a cura di), L’arte barocca,Architettura Scultura Pittura, Colonia 1997, ed.Ital. 1999, p. 7

13 C. BERNARDI, op. cit.,pag, 69 e seguenti. Notizie tutteinteressanti a cui rimando.

14 A. TARABOCHIA CA-NAVERO, Vorrei parlarti delcielo stellato, Milano, 1999,pag. 347.

15 C: BERNARDI, op. cit. ,pag. 74.

16 J. TRIPPS, Scene di tea-tro sacro nelle miniature fiam-

minghe del Quattrocento, in F. FLORESD’ARCAIS ( a cura di), op. cit., pag. 114.

17 D. CAMBIASO op. cit., pag. 91.18 “Giornale Ligustico di Archeologia, Sto-

ria e Letteratura”, Anno XXI- Fascicolo I-II,Gennaio-Febbraio, 1896, pag. 393. Nella letteradel Podestà Francesco M. Galliano del 17 marzo1773 di afferma che Bartolomeo Gandolfo,“sensale da oglio” chiede “permesso di fare inquesta pubblica piazza con formatura di longopalco nei giorni delli Giovedì e Venerdì Santi dinotte e tempo prossimi la Rappresentanza dellaPassione di Nostro Signore Gesù Cristo convarie persone recitanti”, ma il Podestà è contra-rio perché teme incidenti scandalosi e offensivi.

19 “ Giornale Ligustico”,op. cit., 1896, pag.392. Il sacerdote N. Schiappacasse firma unalettera in data 15 settembre 1896 per dar notiziadella rappresentazione “ similitudine della Pas-sione di N.S.” avvenuta durante la Quaresimadel 1895 con gran concorso di pubblico. E con-ferma come dieci anni prima avesse avutoluogo, nell’Oratorio citato, una medesima rap-presentazione e di come negli ultimi tempi se nefossero effettuate a Gallaneto, Campomorone,Pontedecimo, S. Quirico, Bolzaneto, Rivarolo.Aggiunge che “in alcuni di questi luoghi, oltrealla Passione, qualche volta rappresentossianche il Natale”.

20 P. PIANA TONIOLO, I tesori lignei del-l’Annunciata di Ovada,in “ Urbs silva et flu-men”, Anno XXVII, N° 1 marzo 2014, pag. 33.

21D.PUNCUH, op.cit., pag. 340 e segg.22 D.PUNCUH, op.cit., pag. 349.23 F. FERLA, L’Oratorio della Santissima

Annunziata di Ovada, in “Urbs Silva et Flu-men” Anno XVIII, N° 1 Aprile 2005.

24 D. ARASSE, op. cit., pag. 97.25 J. TRIPPS, op. cit., pag. 120.26 La costruzione è perfettamente orientata

e quindi l’effetto desiderato doveva essere evi-dente già nelle ore meridiane dell’equinozio diprimavera, ma nel tempo le aggiunte apportatealla proprietà degli Spinola hanno oscurato inbuona parte la luce solare.

27 Santa Teresa amava ricordare che per fon-dare un convento le bastavano Gesù Bambino,San Giuseppe e una campanella. Il primo con-

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 239

Page 64: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

240

vento ad Avila, dedicato a SanGiuseppe, lo ha fondato ilgiorno di San Bartolomeo. TE-RESA D’AVILA, Il libro dellamia vita, Milano 2012,pag.325.

27 bis L’Iconografia è ri-presa dalle storie della Genesidella Loggia Vaticana, detta“La Bibbia di Raffaello” di-pinta sotto la direzione di Raf-faello dalla sua Scuola. Conmolta probabilità il nostro decoratore ha potutoutilizzare la serie riportata nella raccolta JconesBibliorum Sacrorum, incisa in Roma nel 1785da S. Bianchi, incisore torinese, e P. Bartolozzidisegnatore romano.

28 “La Sacra Bibbia”, op. cit. nota n°1, pag.1965.

29 Oggi la esegesi biblica discute sulla cor-rispondenza dei singoli giorni di festa fra la Pa-squa ebraica e quella cristiana, ma non sullacorrispondenza dell’Ultima cena con i giornidella festa primaverile di Pesach che cade nelmese di Nisan. A questo proposito interessantela nota 12a pag. 1888 in: “La Sacra Bibbia” tra-dotta dai testi originali a cura dei professori diSacra Scrittura O.F.M. sotto la direzione delRev. P. Bonaventura Mariani delle UniversitàPontificie di Propaganda Fide e Lateranense,Milano, Garzanti, 1964.

30 C. BERNARDI, op.cit., pag. 70 e segg.L’autore riporta le numerose fonti del XII e XVsec. da cui ho sintetizzato questo elenco dimo-strativo.

31 C.BERNARDI, op. cit., pag. 70.32 C.BERNARDI, op. cit., pag. 71.33 D.L.I.LE MAISTRE de SACY , Sacra

scrittura giusta la volgata in latino e italiano.Colle spiegazioni letterali e spirituali tratte da’Santi Padri e dagli Autori Ecclesiastici da D.Luigi Isacco Le Maistre de Sacy tradotte dalFrancese. Nella Stamperia di Agostino Olzati.Genova. 1787-1791.

Louis Isaac Lemeistre de Sacy (1613-1684) visse anche nell’ambito della culturagiansenista. L’editore genovese si premurò dipubblicare” l’approvazione dei dottori” che ter-mina: “...attestiamo che niente abbiamo in essatrovato che non ci sia parso conforme alla veritàdella Fede Cattolica Apostolica e Romana. Pa-rigi 2 Gennaio 1682. Cocquelin Cancellieredella chiesa e della Università di Parigi.” Tomoprimo, pag. XLIII. E aggiunge, nella pagina suc-cessiva, un decreto di approvazione della SacraCongregazione dell’Indice in data 13 junii 1757.Nel 1757, infatti, un decreto della Congrega-zione dell’Indice permise la lettura delle ver-sioni cattoliche approvate dalla Santa Sede opubblicate con note tratte da buoni autori catto-

lici. L’opera del Sacy ebbe più ristampe: Vene-zia,Genova, Napoli. Il suo commento accom -pagna, anche nella edizione milanese del 1838,la traduzione della Bibbia di Mons. AntonioMartini ( 1720- 1809) arcivescovo di Firenze,che fu autore della traduzione in italiano, appro-vata da Papa Pio VI, la più diffusa sino al XXsecolo. Confortata dalla presenza dell’operanella biblioteca parrocchiale, la vastità del com-mento mi è parsa utile e interessante per deli-neare il valore allegorico di cui si caricava iltesto sacro. “Enciclopedia Treccani” Mi-lano,2005, alle voci “Le Maistre de Sacy” e“Bibbia”.

34 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, Genesi. Genova,MDCCLXXXVII , pag III.

35 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. IX.

36 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. XLIII. Aggiunge: “Il grandeAgostino al principio del primo dei dodicilibri da lui composti, per dare il senso letteraledi quello della Genesi, c’insegna che “ in tutti ilibri bisogna considerare beni eterni, che quivisono indicati, i fatti che vi sono riferiti, le cosefuture che vi sono predette e le regole che visono prescritte, o gli avvenimenti che vi sonoregistrati per la condotta della vita; ed aggiungeche nei racconti delle cose passate si può esami-nare, se quelle siano semplici figure, o se deb-bano sostenersi come verità istoriche; ...”

37 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo,pag. XLV.

38 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit. ,Tomo Primo,pag. LIV.

39 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 18 e segg. ...“in principio” de-nota il Verbo eterno, che è insieme con il Padreuno stesso principio di tutte le cose e “lo SpiritoSanto di Dio era portato sulle acque” denota loSpirito Santo che è l’amore ed il vincolo delPadre e del Figlio...”così il mistero della Santis-sima Trinità che è la sorgente di tutti gli altri Mi-steri è il fondamento della religione cristiana, fuindicato da Dio nelle prime parole del I librodelle Scritture”.

Interessante qui il riferimento a Sant’Ago-

stino di cui il commentatoreriporta le tre domande fonda-mentali: Cosa faceva Dioprima della Creazione? Dioprima della creazione erasolo? Ha passato tempi infinitiprima della creazione? E ilmodo chiaro con cui sintetizzale risposte del filosofo conclu-dendo che siamo ingannati dalfatto che attribuiamo a Dio no-stri atteggiamenti e ciò che ac-

cade a noi.40 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,

Tomo Primo,pag. 18 e segg.. Il nostro commen-tatore rifacendosi alle Confessioni di sant’Ago-stino individua nelle acque-amore i figli delsecolo, nella tempesta l’intervento del Dio arbi-tro e moderatore, nella terra arida i giusti cheDio separa dalle acque-amore. Sono giusti per-chè rendono a Dio ciò che gli si deve, sono umilie sanno di potere dar frutto sotto la pioggia vo-lontaria della Grazia divina. Daranno frutti sottola loro specie, lo stato a cui Dio li ha chia-mati...così Dio crea il sole, cioè empie gli uo-mini del dono della Sapienza, che è come il Solerispetto agli altri doni, mentre la Luna è il donodella Scienza che comprende tutte la storia tem-porale e le stelle sono figure dei doni dello Spi-rito Santo.

41 D.L.I. LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag 32 e segg.: “ Nei pesci delmare, negli uccelli dell’aria, negli animali dellaterra e nell’uomo creato a immagine di Dio os-servasi una rappresentazione naturale e di tuttociò, che accadee nella Chiesa”. L’argomento èchiarito citando Sant’Agostino che spiega comeil mare sia immagine del secolo cioè della cor-ruzione ereditata da Adamo e abbia tre qualità.E’ profondo, quindi è figura della passione, dellacuriosità, cioè del vano desiderio di sapere tutto,forma tempeste in cui le onde come i monti sonoimmagine di superbia, è sempre agitato e quindii flutti sono segno della instabilità dello spiritoumano in preda alla sensibilità e alle passioni.Ma ancora, le balene e gli altri grandi pesci sonoi grandi della terra e i pesci che si divorano sonoi forti che opprimono i deboli.

Ci sono dunque negli animali due stati: gliimperfetti, cioè carnali, e i spirituali e perfetti fi-gurati negli uccelli, infatti le due ali sono imma-gine del doppio amore, l’anima si separa dallecose buone e da se stessa e si innalza al di sopradelle sue inclinazioni e debolezze.

Gli animali della terra- mancano della bel-lezza e della leggerezza degli uccelli e indicanolo stato delle anime che sono di Dio, ma che perdivina disposizione trovandosi impegnati da in-dispensabili doveri, e da vincoli provenienti dalvoler divino in cose terrene, fanno maggior fa-

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 240

Page 65: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

241

tica ad elevarsi fino allaperfezione delle virtù.

Sant’Agostino diceche nella Chiesa ci sarannosempre più imperfetti cheperfetti, ma che questi im-perfetti sono scritti nel librodi Dio e non lasceranno disalvarsi, purchè cono-scendo di esser deboli sianoumili e non amino, macompiangano la loro im-perfezione, non si abbando-nino alla negligenza, ma avanzino ogni giornonella vita di Dio.

Il commento sottolinea che il Signore fecevenire gli animali innanzi ad Adamo, il quale peril dominio naturale su tutti diede ad ogni ani-male il nome ad esso adatto, ciò ne indicava leproprietà della natura, cosa che non poteva farese non conoscendo ciascun animale profonda-mente. Ancora, Adamo diede il nome agli ani-mali per dimostrare che era assoluto padrone,come coloro che compravano gli schiavi, da-vano sovente a questi un nome nuovo.

42 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.Tomo Primo, pag. 36.

43 S. FLANAGAN, Ildegarda di BingenVita di una profetessa, Firenze, 1989, pag. 153.

44 S. FLANAGAN, op. cit., pag. 118 e notan° 26,,in “ La Sacra Bibbia” 1964, op. cit. pag.1996

45 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 136 e segg. . Il commento èricco di particolari. L’arca è la Chiesa da salvare,la sua lunghezza figura la carità, la sua larghezzail lungo aspettare che fa un’anima umile e chemerita alla fine che Gesù Cristo le dica “ la tuafede è grande io ti accordo quello che vuoi” , lasua altezza è l’elevazione dell’anima, il bitumel’ardore della carità che unisce tutti i fedeli. I trepiani dell’arca- immagine dell’anima- custodi-scono: sotto gli animali della terra e le belve,cioè i bassi istinti, la concupiscenza, infatti Noèpoteva sentire il ruggito dei leoni, ma non do-veva aver paura di loro finchè era unito a Dio; inmezzo, tutto ciò che serviva per cibo ad animalie uomini, cioè le funzioni animali e naturali del-l’anima da usare con moderazione, infatti Noènon abita qui, ma se ne serve; sopra, stanno Noè,la sua famiglia e gli uccelli che volano e chequindi sono segno della doppia carità, cioè ipensieri spirituali e i santi desideri. Infatti quiNoè abita e prega Dio.

46 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 158.

47 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pagg. 190 e 191.

48 D.L.I.LE MAISTRE de SACY op. cit.Tomo Primo, pag 216 e segg.

49D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 248.

50D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 338.

51 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 335 e segg.. Il commentatoresente la necessità di chiarire la verità sulla bugiadetta da Giacobbe al padre. Ciò avrebbe potutoingenerare confusione nel semplice fedele. Al-lora, da un lato si ribadisce che la bugia è sem-pre male e che il fine non giustifica i mezzi, edall’altro si spiega che fu Esaù a vendere per unpiatto di lenticchie tale diritto giurando a Gia-cobbe senza preoccuparsi delle conseguenza ditale atto.

52 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 343 e segg.. A proposito dellascala il commentatore dice che i due lati di que-sta scala sono l’amore di Dio e l’umiltà... i gra-dini sono le virtù che non saranno giammaistabili e vere se non saranno innestate nei duelati della scala, cioè amore di Dio e umiltà, Virtùquali per tanti gradini il cuore dell’uomo si in-nalza a Dio. Dio sta in cima perchè ne è il prin-cipio e il sostegno come origine e causa diquell’amore e delle virtù. Gli angeli scendonoperchè portano i doni agli uomini e la grazia diDio per mezzo dell’orazione e risalgono per ren-dere a Dio i doni ricevuti dagli uomini mediantela loro riconoscenza e grazia. Dio dice di Gia-cobbe: “Ecco un Israelita senza doppiezza esenza artifici... uomo semplice” .

53 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 398.

54 D.L.I.LE MAISTRE de SACY, op. cit.,Tomo Primo, pag. 412 e segg. Notevole la seriedi collegamenti fra Giuseppe e Gesù che il com-mentatore elenca. Giuseppe era odiato dai fra-telli perchè li accusò di alcuni delitti e perchè lasua virtù era condanna del loro disordine, Cri-sto fu odiato dagli Ebrei, come dice lui stesso,perchè rimproverò a loro la violazione dellaLegge e la sua vita fu la riprova della falsitàdella loro virtù. Giuseppe eccita contro di sél’invidia dei fratelli per la grande rivelazione ri-cevuta da Dio e Cristo fa altrettanto con gliEbrei per le sublimi verità e i profondi misteridiscoperti. Giacobbe manda Giuseppe a cercare

i fratelli( che amava) come Diomanda il Figlio a cercare gli uo-mini che ama. Giuseppe fu ven-duto per 20 pezze, Cristo pertrenta denari. Giuseppe non si di-fende e così Cristo. Giuseppe è incarcere con due ufficiali e predicea uno, il supplizio e all’altro, la li-berazione, come Cristo fra i la-droni.

Tratto dal carcere è subli-mato in onore e riceve dal Re as-soluto potere su tutti i popoli

d’Egitto, così Cristo, tratte dagli inferi le animedei giusti, esce dalla tomba vincitore della mortee riceve un sovrano potere in cielo e in terra.Giuseppe è illuminato dai segreti ascosi in Dioe li rivela al Re per salute di tutto il suo regno,così Cristo, dopo la resurrezione, sparge il lumedella sua divina verità nei popoli del mondo.Giuseppe istruito dal cielo, prepara una prodi-giosa abbondanza di grano, perchè gli uomininon periscano nel tempo della carestia, così Cri-sto sparge per mezzo dei suoi Apostoli, il granodel frumento spirituale della sua parola per im-pedire la morte delle anime e per farle vivereuna vita divina. Giuseppe assoggetta a Faraonetutta la terra d’Egitto e Cristo, dopo la resurre-zione, assoggetta a Suo Padre ed a sé tutte le na-zioni del mondo.

55J. HALL,op, cit., alla voce: “ Mosè”.56 “Atti degli Apostoli”, ( 7, 1-53).57 Ringrazio il Parroco Don Giorgio Santi

per questi suggerimenti, che contribuiscono adarricchire le possibili interpretazioni di questoassai strano puzzle biblico.

58 J. HALL, op cit., alla voce: “ Ester”.59 J.HALL, op.cit. alla voce: “Giuditta”.60J.HALL, op.cit., alla voce: “ Mosè”. A.

GIRLANDA , Antico testamento, San Paolo edi-tore, Cinisello Balsamo, 1992, pa.g 110.

61J.HALL, op.cit., alla voce: “ Isaia”.“Ecce virgo concipiet et pariet filium”, Isaia( 7,14) e “Un germoglio spunterà dal tronco diJesse”, Isaia,( 11, 1).

I miei più vivi ringraziamenti a Paola PianaToniolo, che mi sostiene e incoraggia.

Alla pag. precedente, Diocompare ad Abramo e glipromette una discendenzanumeroso come le stelledel cielo.

A lato, il sogno di Giacobbe.algiovane compare in sogno unascala percorsa in su e giù da an-geli alla cima della quale com-pare Dio che gli promette ilpossesso della terra sulla qualesta dormendo e una discendenzainfinita

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 241

Page 66: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

242

Dando seguito all’articolo comparso nelnumero precedente, “Giuseppe Ferraro,chi ama non conta”, riportiamo le letterepiù significative del lungo carteggio fralo studioso monferrino e l’etnologo pa-lermitano Giuseppe Pitrè [n.d.r.]

1Illustrissimo Signore

I libretti mandatomi mi confermanouna volta di più nella stima che io facevadi V.S. come d’uno dei più valenti cultoridella letteratura popolare. Ignoro affattoil lavoro fatto da V.S. sopra i Canti popo-lari monferrini, sui quali feci anche io unopuscolo del quale non me ne rimane cheuna copia, detto lavoro non potrà non es-serLe degno di tanto autore. Due anni fafui professore di 5° Ginnasiale a Mazzaradel Vallo e vi raccolsi pure 10 fiabe popo-lari che aggiunsi più tardi ad altre 10 pu-gliesi raccolte a Lucera delle Puglie(essendo stato nel marzo 1871 traslocatoda Mazzara a Lucera) e tutte insieme lemandai al Prof. Comparetti, (1) al Prof.D’Ancona,(2) i quali hanno 200 mie no-velle raccolte sui monti toscani, a Genovae a Carpeneto, mio paese natale. Questenovelle tra poco conosceranno la luce. SeV.S. volesse giovarmi del suo potenteaiuto per poter stampare presso il SignorPedone Lauriel (3) il Codice degli Statutipopolari di Carpeneto le sarei tenutissimo(illeggibile). Caso mai potesse il Laurielstamparmelo io non chiederei denari disorta, vorrei, sole per me, 15 copie.

Il libro sarebbe dedicato a S.V.I. per-chè V.S. è infinitamente gentile con me eperchè a Mazzara incominciai il lavoro.Se il signor Lauriel volesse favorirmiposto nel reputatissimo suo giornale, ioavrei raccolto 20 Giuochi popolari pub-blici che s’usano in Monferrato e avreialtri 40 di essi, toscani, veneti, calabresi,genovesi. Anche da noi si usa dire che aS. Giovanni il sole gira e che una certauva mette i pampini in quella notte, cheall’ indomani cadranno. V.S.I. non sidovrà rallegrare soltanto della mia cono-scenza, tante sono le seccature che le dò.Solo, lontano dalla mia patria e fra per-sone che degli studi popolari non sanno

acca, io ricorro alle persone intendenti egentili e domando aiuto non per me, maper la scienza. Le scrivo questa letteradalla sala degli esami di licenza ginna-siale alla quale assisto col corpo, mentrela mente ritorna alle colline del Monfer-rato. Ho raccolto 300 proverbi, scongiuri,(illeggibile) feste del Monferrato chevado paragonando con altrettanti di (il-leggibile). Che diversità di usi e di co-stumi e di tradizioni, tuttavia mi accorgoche sto tediando V.S.I. alla quale mi pro-testo obbligatissimo discepolo.

G. Ferraro4 Agosto 1873.

1) Domenico Comparetti (1835-1927)Filologo,epigrafista.

2) Alessandro D’Ancona (1835-1914 )Scrittore,critico letterario studioso di tradi-zioni popolari.

3) Luigi Pedone Laurie, Tipografo edEditore a Palermo di Riviste e di Ro manzi;era di origini francesi, a Palermo avevasposato Rosa Varvaro ed era entra to a farparte della cerchia di intellettuali palermi-tani e siciliani. Fu editore dell’Ar chivioper lo studio delle tradizioni popo lari, delleNuove Effemeridi Siciliane e della Biblio-teca storica e letteraria di Sicilia.

4

Stimatissimo SignoreGrazie lo stesso, solo pregherei la S.V.

a volermi indicare il numero del Gior nalequando uscirà fuori ed il costo d’essogiornale non appena sarà stampato.

Ho adesso per le mani un lavoro che,forse, con l’Aprile 1879 uscirà alla luce,è insieme un nuovo testo di lingua del‘300 ed il riempimento della lacuna dellanostra Storia dal 1369, epoca in cui fini-sce Filippo Villani (1) , fino al 1409; S.V.ne avrà una copia.

Fino ai 10 Ottobre sarò a Carpeneto.

Suo devotissimoProf. FerraroFerrara 17 Agosto 1874

1) Filippo Villani (1325- 1381) Storico.Continuò la Cronica iniziata da GiovanniVillani.

Fu successore di Giovanni Boccaccionella lettura di Dante e redasse il CodiceLaurenziano di Santa Croce della DivinaCommedia.

5Stimatissimo Signor PitrèQuantunque non associato alle Effe-

meridi Siciliane (1) potrei io stampare inquesto giornale una breve Descrizionedell’ Isola di Malta fatta nel 1654, partein Latino e parte in Italiano, descrizioneinedita finora?

Sarebbero 14 pagine in quarto tra pre-fazione e note. E nel caso affermativo 8 o10 copie quanto costerebbero?

Faccio affidanza alla conosciuta bontàdi S.V. e ne chiedo scusa; Ella mi co-mandi con maggiore autorità quanto piùio Le sono inferiore.

Presto comparirà nella Rivista di Fi-lologia Romanza (2) una raccolta di poe-sie religiose inedite del ‘300, fatta da me.E un’altra ne ho in pronto, parte del ‘300e parte del ‘400 che io ho intenzione didedicare alla S.V., ma ne parlerò a lavorofinito.

Ha S.V. visto la Regola dei Frati Le-viti del 1281, fatta a Bologna e da mepubblicata?

Suo devotissimoGiuseppe FerraroFerrara 16 Agosto 1875.

Lettere di Giuseppe Ferraro a Giuseppe Pitrè,quando gli interessi comuni si trasformano in amiciziadi Francesca La Grutta

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 242

Page 67: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

243

1) Le Nuove Effemeridi Siciliane – Rivistafondata e diretta da Giuseppe Pitrè e Salva-tore Salomone Marino dal 1869 al 1881. LaRivista fu chiamata nuova perché nel de-cennio 1830 - 1840 era stata pubblicata unarivista dal titolo Effemeridi scientifiche eletterarie.2) Rivista fondata da Ernesto Monaci nel 1874.

6Stimatissimo SignoreHo quasi finito di raccogliere a Pontela-goscuro, paesetto vicino a Ferrara, unaventina di canti popolari, che sono le va-rianti di ballate monferrine, e c’è anchequalche canto nuovo. Inoltre ho raccoltostornelli che qui si chiamano “Roma-nelle” in numero di 22, giochi popolaricon canti in numero di 10, varie ninnenanne, la canzone (canto qui la chia-mano) dell’augurio del buon anno e altrevarie cosette, della lumaca, della formica,della rondine ecc. Credo che potrò anchecrescere questa raccolta e farne un volu-metto che dedicherò al Signor Salomone- Marino, per pagare un vecchio debito digratitudine, avendo egli fatto uno studiosui canti monferrini (che io però non hovisto mai) fin dal 1871.Il Signor Pedone - Lauriel accetterebbedi stampare questi canti ed a che patti? Inprimis et ante omnia, resti stabilito che ionon debbo spendere neppure un cente-simo, perchè se ci rimetto tempo, carta,posta e seccatura, non ci vo’ rimetterealtro. Se poi il Signor Pedone - Laurielfosse tanto gentile da darmi qualche cosa(io non determino quanto) sarebbe caciosui maccheroni. Ella che in queste fac-cende ha più pratica di me, abbia la bontà

di fare ciò che farebbe per se stesso. DeiCanti Monferrini io non ho preso un cen-tesimo, della nuova raccolta pochi soldi,degli altri libri qualche copia e null’altro.Qui nella biblioteca di Ferrara c’è un ma-noscritto (1) che io copio e che sarà im-portante. Parla in sette libri dellanavigazione di Colombo, ricordando tuttele peripezie di quel viaggio.E’ accompagnato da grossolani disegni diisole, di animali, cita parole della linguadei selvaggi, lettere di Colombo al Reecc. É un lavoro importante per la storiae la geografia. Lo manderei per le Effe-meridi Siciliane, ma mi secca la proibi-zione di fare estratti, se potessi lostamperei in altro modo. Il ChiarissimoSignor Montegazza (2), stamperà, credocol suo medico di casa, un Ragguagliosopra i vini d’Italia fatto da Sante Lan-cerio bottigliere di Paolo III Farnese nel1539. E’ un manoscritto ferrarese da mecopiato ed annotato, con la prefazioneanche di mio. Si parla in esso anche divini siciliani. A suo tempo, stampandosi,ne avrà una copia. Mi conservi la sua be-nevolenza.Suo obbligatissimo servoProf. G. FerraroFerrara 1 sett. ’75.

1) ROMAGNOLI – Bologna 1875 - Relazionedelle scoperte fatte da C. Colombo da A.Vespucci e da altri dal 1492 al 1506, trattadai mss. della Biblioteca di Ferrara ed iviconservata tuttora.2) Paolo Montegazza (1831 – 1910) Me-dico, patologo,antropologo. Nel 1869 fuchiamato a dirigere la Cattedra di Antropo-logia ed Etnologia, Sezione Filosofia e Fi-

lologia dell’Università di Firenze. Pubblicòmolte opere scientifiche e collaborò a varieRiviste.Nel 1871 venne nominato membro delConsiglio Superiore di Sanità.

11

Pregiatissimo Signore ed AmicoElla ha perfettamente ragione ed io la rin-grazio della bella prova datami della suaamicizia dicendomi francamente il vero.Così va fatto tra coloro che si amano e sistimano a vicenda. Per mia difesa leposso dire soltanto che io ho sentito par-lare delle raccolte con musica che Ella hacitato, ma non le possiedo e non le ho mailette. Della raccolta sua vidi un solo vo-lume nel 1870 e poi non ne ebbi mai piùuna pagina sott’occhio, perchè venni viada Pisa dove i Signori Comparetti eD’Ancona mi avevano aperto la loro bi-blioteca di cose popo lari. Del nome delMila Y Fontanals, forse lo stampatore,ora e nel ’73, ha stampato solo la primaparte con Y e non di più, ed io non misono avvisto dell’errore. Così pure nonho badato all’errore di fare il Pagmaigneinvece del Busicano autore dei Canti Po-polari dell’Ovest della Francia. Tropposa rebbe se io mi dessi per consumato edotto raccoglitore di cose popolari, sonoun dilettante e nulla più, ed è appunto perquesto che faccio le cose alla Carlo na.Per esempio la dimenticanza delle rac-colte con musica è fatta anche dal Nigranella sua ultima monografia sui canti po-polari, ed anch’io, fresco di quella lettura,ho fatto lo stesso sbaglio quantunque sa-pessi che la cosa non era così. Quanto aiCanti del Basso Mon ferrato, poichè Ellae il Signor Salomo ne-Marino si degnanodi fare il padrino a questo piccolo mostro,facciano loro. Io ho citato soltanto quelloche sapevo e non di più perchè mi man-cano i libri. Il Taddei (1) non avrebbecerto stampato i Canti Ferraresi con raf-fronti; io li avevo fatti ma egli non li volleac cettare e dovetti piegare il capo.Suo devotissimoG. Ferraro.6 Ottobre 1877 (timbro)1) Casa Editrice ferrarese ( 1840-1924)

Alla pag. precedente, il filologo epigra-fista Domenico Comparetti (cfr. letteran. 1) che del Ferraro pubblicò numerosenovelle popolari raccolte in varie re-gioni italiane.A lato, Il carro del fieno, illustrazionetratta dal «Giornale per i bambini», diC. Collodi, Roma, 5 luglio 1883

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 243

Page 68: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

244

14Pregiatissimo Signore ed AmicoMi rivolgo a Lei come condirettore, omeglio Direttore effettivo della Rivista,per ottenere, dalla sua conosciuta bontà egentilezza, che il Signor Sabatini (1) mirestituisca per pochi giorni i miei CantiPopolari del Basso Monferrato, avendoneio bisogno per certi confronti allo scopodi migliorare il lavoro.Che cosa pensi fare di quella raccolta ilSignor Sabatini, io non ho mai saputo.Se gliene domando notizie, tace e, con lascusa di lettere e cartoline che si perdonotroppo facilmente o di malattie o disgra-zie molto a proposito, egli non mi ri-sponde mai nulla.Possibile che non si possa veder chiaro inquesta faccenda? Io ho esaurito ogni pa-zienza, e poichè con Lei posso parlare,dico che avrei molto piacere di ritornarea possedere tutti i manoscritti che man-dai alla Rivista perchè temo che vadano afinir male. Un uomo che si rispetta parla chiaro edaperto e non confonde con circonlocu-zioni come il Signor Sabatini.Duolmi di incomodarla, ma si assicuriche sarà eternamente da me ricordato ilpiacere che Ella mi farà in questa occa-sione.Mi comandi in ciò che posso e mi tengaqualeSuo ammiratore ed amicoProf. G. Ferraro30 Aprile 1879 (timbro)

1) Francesco Sabatini –Editore- pubblicòcon G. Pitrè la Rivista di Letteratura Popo-lare (1877- 1879).

15

Stimatissimo Signore ed AmicoHo scritto a Loescher (1) che mi indichil’indirizzo preciso del Sabatini, per man-dargli una lettera con la risposta di ritornoe fargli così sapere che se non mi rimandai miei manoscritti, pubblicherò sui gior-nali il suo modo di agire con quelli cheegli un giorno chiamò amici.Alla larga di questi amici romani, diRoma papale e clericale.

Loescher pigliò la cosa sopra di sè e mipromise che farebbe di tutto per riaveredallo stesso Sabatini quanto desideravo,quantunque invano lo avesse chiamato erichiamato alla stamperia per ciò, dicen-dogli che era per un affare che lo riguar-dava.Se non la rincresce desidererei che agis-simo di conserva in questo affare perchèil fine, mi pare, è identico per me e perLei (cioè di riavere ciò che è nostro).Può esser certo che per parte mia Ella nonsi pentirà mai di avermi dimostrata la suabenevolenza ed amicizia.Suo devotissimoG. Ferraro13 Luglio 1879 (timbro)

1) Loescher-Casa Editrice italiana fondatanel 1861 dal tedesco Hermann Loescher(1831-1892).

16Chiarissimo Signore ed AmicoIntanto il Sabatini ha perduto i mieicanti, le Raccoglitrici che me li avevanodati la prima volta li raccolsero dinuovo, ed ora annotati e trascritti aspet-tano di nuovo la stampa. E siccome li hodedicati al Signor Salomone-Marino, va

ad essi la fausta novella e prego Lei diun piacere. E sarebbe, poichè lei è sici-liano, anzi palermitano e conoscente (eforse amico) del Perez, (1) Ministro diIstruzione Pubblica, cercasse di appog-giarmi una lettera che io farò al dettoMinistro, perchè mi dia un sussidio di100 od almeno 80 franchi, per stamparei suddetti canti. Imperocché della Rivistadel Sabatini non se ne parla, di quelladelle Monaci (2) non si può per ora farcalcolo, poichè egli stesso mi disse cheha moltissimi lavori da stampare; il Loe-scher dice che aspetti ancora, (non so perquanto) fin che non sia esaurita la miaedizione dei Canti dell’ Alto Monferrato,poi stamperemo insieme Alto e Basso.Ma io non voglio nè posso aspettare perpiù ragioni 1°) Perchè voglio essere ilprimo di tempo a pubblicare i Canti delBasso come dell’Alto Monferrato; 2°)perchè non voglio differire di più la de-dica fatta a Lei ed al Salomone; 3°) per-chè voglio togliere al Sabatini, che rubòla prima copia, ogni mezzo per servir-sene. Illustrissimo Signor Pitrè, Ella faràle alte meraviglie che io così a brucia-pelo le domandi di appoggiare una let-tera al Perez, e per di più una lettera chedomanda denari. Ma Ella sa che io, perparte mia, non ho quattrini da poter farpubblicare a mie spese detti canti, e sapure quanto sia difficile trovare un edi-tore che voglia aiutare questi studi cosìpoco curati in Italia. Del resto io nonavrò nessun dispiacere se il Perez midice di no, anzi lo prevedo, ma tentarenon nuoce. Se ottengo l’aiuto del Perezl’edizione la farò qui a Ferrara, sotto imiei occhi. Sono 52 canti del BassoMonferrato, 50 Strambotti ed alcuni ine-diti dello Alto Monferrato che verreb-bero così alla luce, a provare loro la miariconoscenza, per l’amicizia di cui mionorano, per i benevoli consigli, perl’interesse che ci lega come raccoglitoridi canti popolari, quantunque io sia sco-laro e Lei ed il Signor Marino i maestri.Anticipatamente La ringrazio del favoreche mi farà spero, se Le sarà possibile.Giorni sono, qui a Ferrara, morì un vec-

Nella pag. a lato, Girotondo sul-l’aia, disegno a penna, di MosèBianchi. Ferraro indirizzò anche leproprie ricerche folkloristiche versoi giochi e le danze del suo Monfer-rato.

In basso: mentecatto. Fra gli studipubblicati dal Ferraro quello ri-guardante le bestemmie, gli epiteti ele formule adottate dai mendicanti inMonferrato nel chiederel’elemosina.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 244

Page 69: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

245

chio prete e gli eredi vendettero la sualibreria ad un soldo la libbra. Ho com-prato parecchi libri curiosi fra i qualiuno: Del modo di conoscere e sanare gliindemoniati, con vari scongiuri controgli esorcismi e le tempeste. Molte super-stizioni popolari che noi crediamo fruttodell’ignoranza del popolo, vengonodalla credulità della Chiesa. Io mi ser-virò di questo libro per rinnovare, conmolta fatica, le osservazioni sulla Bota-nica e sulla Zoologia Popolare che ioavevo mandato al Sabatini e che oranelle sue mani, sono proprio perdute. Hocomprato anche la Novella di Giuliettae Romeo del Da Porto (3). Il Codice diArquà (4), ossia raccolta di tutto ciò cheè scritto sul libro dei visitatori di Arquà- Petrarca dal 1783 al 1810; La Nencia(5) ; Il lamento di Cecco di Varlungo(6)ect. ect. La prego di una pronta risposta,perchè in caso di negativa possa farealtre pratiche.Stia bene, saluti il Salomone - Marino emi creda Suo devotissimo. G. FerraroFerrara 31 Agosto 1879

1) Francesco Paolo Perez (1812-1892) Po-litico e scrittore siciliano, Ministro dellaPubblica Istruzione, Presidente della So-cietà siciliana di Storia Patria, Senatore delRegno.2) Ernesto Monaci (1844-1918) Lingui-sta,Filologo,Storico e Paleografo, diressela Rivista di Filologia Romanza.3) Luigi da Porto (1485-1529) Scrittore eStoriografo.4) Cittadina in provincia di Padova. Ilnome originario era Arquada (curvata adarco), nel 1868 il nome venne cambiato in

Arqua – Petrarca in onore del Poeta che lìsoggiornò, ivi morì e fu sepolto nellaChiesa Parrocchiale.5) La Nencia da Barberino - Idillio rusti-cano, attribuito a Lorenzo il Magnifico chel’avrebbe scritto in età giovanile.6) Idillio rusticano di Francesco Baldo-vini- Letterato fiorentino,(1634-1716) chelo pubblicò nel 1694 con l’anagramma delsuo nome: Fiesolano Branducci.

25

Carissimo signore ed AmicoEccole i cinque franchi per la società. Edeccole in dono un libretto di poesie sici-liane, che non sono, certamente, delMeli, ma che le piaceranno lo stesso.Della mia Botanica popolare non possofare altro per ora.Come Ella vedrà dal manifesto che lemando, fui eletto membro della Societàdi Storia Patria ferrarese. E mi toccò laparte che va dal 1814 al 1821 da illu-strare.E’ fatica improba, perchè si tratta discartabellare sette grossi fascicoli di po-sizioni dei libri della polizia segreta expontificia.Non lavoro per Ferrara che non è miapatria, ma per l’Italia.A qualcuno queste parole farebbero ve-nire sulle labbra un ghigno di compas-sione, ma con Lei, che ama davverol’Italia, posso parlare. Ed è questo il mo-tivo delle mie attenzioni verso di Lei.Non potendo mostrarle, a nome dellaNazione tutta, i miei sentimenti di stimagenerale, le mando questi poveri miei at-testati in particolare. Mi mantenga la sua

benevolenza.Saluti il Signor Marino e mi credaSuo affezionatissimo servitoreG. FerraroFerrara 20 Aprile 1884

27Illustrissimo Signore, anzi (se Ella co-minciò, io seguito)Carissimo Amico

Le mando, invece della Botanica popo-lare, che rifare debbo per molte aggiuntefatte in queste vacanze il presente lavoro(1) da qualche tempo preparato. Deside-rerei che si stampasse con la dedica a Leie al Signor Marino. Voglio che tutti sap-piano che li stimo e lor voglio bene. Fac-ciano forza alla loro modestia e miaccontentino, per questa volta. Ella vedràmolte correzioni nel manoscritto e suntecitazioni di altre opere. Le prime sonocausate dal desiderio che io ho di farbene. Le vere opere non le cito, perchènon le ho e non le trovo neppure alla Bi-blioteca Municipale che non compra,come disse quell’asino di bibliotecario,di queste cianciafrusole. Io poi per il miopoco sapere (e lo dico francamente esenza quella modestia che talvolta è su-perbia) in materia di popolari tradizionalimi accontento piuttosto di essere sem-plice manovale e portatore di materiali,buono e sincero, che cattivo muratore ocapomastro o ingegnere. Sono occupatis-simo, lavoro quando e come posso, sontutt’altro che ricco: lavoro nella apatia enella noncuranza dei superiori e della Na-zione in generale, non ho mai guada-gnato, come dicono in Monferrato “incianresin scassà” (un centesimo su cuison corrose le lettere e non vale più) e checosa si pretende da me? Dò quello cheposso. Lei che è il primo demopsicologod’Italia, e lo dico senza adulazione, haavuto tutt’altro che incoraggiamenti. Per-chè è ricco va avanti, ma io con moglie etre figli e due insegnamenti con 22 orealla settimana di scuola, posso, forse, faredi più? Professori di Lingua e Letteraturapopolare sono nominati Fumi e Crescini,l’uno a Palermo, l’altro a Padova, ma checosa hanno pubblicato di letteratura po-

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 245

Page 70: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

246

polare questi signori? Perchè a Palermonon hanno messo Lei, che è l’illustratoredi tutta la Demopsicologia siciliana? Con14 anni di servizio sono arrivato ad es-sere titolare di prima classe con 2640 lirelorde! Se non avessi un incarico allaScuola Tecnica Municipale non potrei an-dare avanti. Fanno poi di botto titolari diprima classe, dopo un anno, certi fara-butti perchè bastardi e deputati, anzi lifanno presidi, provveditori e che so io.Eppure io esco dalla Scuola Normale diPisa, posto guadagnato con esami, ho la-vorato sempre, e sempre fatto il mio do-vere, come professore. Ma l’è inutile cheio la secchi di più con queste noiosaggini.Prego Lei e il Signor Marino a confes-sarmi la benevolenza che mi mostrano,come io farò per parte mia.La prego di un cenno di ricevuta del miomanoscritto.

Suo devotissimoG. FerraroFerrara 6 Ott. 1884

Medicina popolare

34

Egregio AmicoLa ringrazio della sollecitudine della Bo-tanica popolare, e la prego di pensarepure alla Medicina popolare, sua sorella,nata prima e desiderosa di maritarsi colpubblico ella pure. Della poesia di SanMichele che cosa ne è stato?Con tutto suo comodo risponderà poi,dicendomi anche dei proverbi, cioèquando potranno essere stampati, scu-sandomi se tengo troppa cura di questemie miserie.Per tutto questo mese tra gli esami e ibagni termali che dovrò fare, non saràpossibile intraprendere lavoro di sorta,come pure anche nel mese di Agosto du-rante il quale la Biblioteca resta chiusa.Col Settembre si ricomincerà daccapo ebisognerà pure cominciare le attenzionicontro le variazioni del tempo, contro lenebbie, le piogge che rendono il climadella città pericoloso a chi soffre di ar-triti come io soffro.

Ci sarebbe modo di andare via ottenendodi essere Preside o Direttore di Ginna-sio.E mi ero lusingato che 19 anni di inse-

gnamento inappuntabile, l’essere profes-sore titolare di Ia classe, qualche lavoropubblicato, mi avessero da aiutare perconseguire quel posto.Invece nulla di nulla.Senza deputati influenti, senza racco-mandazioni, e magari anche senza de-nari, abilmente offerti a chi può, non siottengono impieghi e promozioni. Ed ioche lavorando in silenzio come la for-mica non ho mai alzato il capo? Pa-zienza, mi rassegnerò filosoficamente.Purchè mi rimanga la benevolenza degliuomini onesti e laboriosi, tirerò innanzialla meglio.Mi creda suoProf. G. Ferraro2 Luglio 1885

35

Egregio Signore ed AmicoLa sua cartolina mi fece proprio un granpiacere perchè lo seppi vivo e meglioancora sano, Lei e tutta la sua famiglia,Dio li guardi in questi brutti momenti esempre. Terminati gli esami di ripara-zione, iscritti gli alunni, dato il solito re-soconto al Ministero, comprata la legnaper conto del Liceo, messo tutto a posto,tornerò con più agilità ai diletti mieistudi, anzi, ci tornerò con animo di au-dere majora. Ho cioè in animo di do-mandare al Ministero, per ora, la liberadocenza per una cattedra di Lingue eLetterature Neolatine, o di Filologia Ro-manza, in una Università del Regno. Lalibera docenza è il Battesimo, ma la cat-

tedra vera sarebbe addirittural’Eucaristia, l’una l’entrata, l’altral’uscita. Ma come il Battesimo contapoco senza le opere di Fede, così la li-bera docenza, dato e non ancora con-cesso che io l’abbia, non sarà per mealtro che il principio di studi seri che orapotrò fare per avere poi, di qui a moltianni, il diritto di entrare in una Univer-sità. Veramente ho quarant’anni e rico-minciare nuovi studi a questa tenera etàè un po’ tardi, ma Alfieri alla mia etàconquistava il greco, Socrate e Catoneimparavano cose nuove pochi anniprima della loro tarda fine.Del resto, siccome la vita ed il tempo siconsumano lo stesso, è meglio impie-garli in questi studi che fanno dimenti-care le noie dell’esistenza, che annoiarsi.E anche se mi capitasse, come a quel fi-losofo dell’antichità che, guardando lestelle, cadde in una fossa, poichè comeElla sa, la mia vita mi è incresciosa, amonon di meno guardare quelle stelle pernon guardare, almeno per ora, la fossa.Manderò pertanto tutte le mie pubblica-zioni, colla copia conforme della Laureae delle Benemerenze al Rettore del-l’Università di Pavia, chiedendo il titolodi libero docente. Se Ella, non potendo ilavori miei da stamparsi, potesse, al-meno, mandarmi una dichiarazione sucarta libera della loro esistenza presso diLei, alle altre benemerenze, agli altri ti-toli, unirei anche un documento che hadoppio valore per me, ricorda l’amico edil rappresentante primo d’Italia dellapoesia popolare all’estero ed in Paese.Io la ringrazio di questo come di tantialtri favori fattimi. Dico sempre a mestesso: Sarà l’ultimo che gli domandi einvece non lo è mai, perché, sapendo

A lato, I monelli del villaggio, ta-vola tratta dalla «IllustrazioneItaliana» del 18 luglio 1880.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 246

Page 71: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

247

inesauribile la sua gentilezza, io neabuso, quantunque sappia che ben pocopotrei io restituire in dovuto contrac-cambio.Il clima di Parma è meno umido diquello di Ferrara, ma più rigido, per lavicinanza dell’Appennino, la città è piùbella, popolata, civile. Ferrara da troppotempo ha cessato di essere capitale di undominio. Parma è solo da ieri, e tiene an-cora, come Palermo, qualche cosa dellacapitale. Mi pare che le cose qui do-vranno andar bene, ma l’avvenire chi losa? Il Salomone Marino, sta ancora invia Carini n. 69 ? Me lo saluti tanto. EdElla, Egregio signore, si conservi allasua famiglia ed ai buoni come le augurail suo

RiconoscentissimoG. Ferraro

Parma 7 Novembre 1885.

39

Carissimo PitrèGrazie del tuo ritratto ed eccoti il mio atestimonio dell’affetto che ti porto.Una volta ero barbato anch’io, ma un

maledetto foruncolo avendomi costrettoa smettere il bello onor del mento, nonho pensato più a ribarbarmi. Quel che dici della mia proposta è giu-sto; non se ne parli più. L’Arboit è a Modena e per qualche mesefu qui; è acciaccoso e stanco, dopo 30anni di servizio e 61 d’età. Il Governo,come al solito, penserà a lui quando saràmorto. E’ professore d’Italiano qui nelLiceo di Parma il Pasqualigo, raccogli-tore di proverbi veneti, e se desideriqualche cosa da lui, parla, perchè parmipersona molto cortese.Da un mio scolaro, quando io ero a Maz-

zara del Vallo, prof. di 5a Ginnasiale, horicevuto in dono una cassetta di conchi-glie e di bulbi di scille marittime. Egli èil dott. Rubino Antonino, che forse tu eil Salomone Marino avete conosciuto.Contrariamente a quello che dicono in

generale i settentrionali, io sono statopiù che contento del mio soggiorno inSicilia e ho sempre nutrito affetto per lavostra isola e per i suoi abitanti. I mieipiù cari amici sono lì, e le più care me-morie, della mia, ahimè, passata gio-ventù! Sono sempre attaccato a queiluoghi per me incantevoli. In ciò deveesserci qualche cosa di atavismo, perchèa quanto ne so io, noi veniamo, appunto,dalla Sicilia, discendenti da un Ferraroche, piemontese, impiegato, andò in Si-cilia con Vittorio Amedeo II° e vennevia dopo il 1720, seco portando la mo-glie siciliana, di nome Rosalia Lobaido. Vedi che in fondo in fondo più che amicisiamo parenti.Lavorerò meglio che potrò intorno ai

Canti Parmigiani e ciò sarà materia perl’Archivio del 1889. Voglio bene com-porre a dispetto della mala fortuna, e ri-dermi delle ubbie. E tu conservami tuttolo affetto, di chi ti darà per sempre incambio il suo.G. Ferraro15.11.1886

43

Caro PitrèQuando puoi e con tuo comodo mi darainotizia dei Canti Popolari del BassoMonferrato. Spero che avrò poi copiadelle cose pubblicate su Ferrara, e dellaAggiunta dei proverbi. Ma come ti dico, con tutto tuo comodo. Quanto a raccogliere qualcosa qui incittà è un affare serio.

In campagna ci sarà ancora forsequalche cosa, ma qui non c’è casodi trovare nulla. La Musa popolare non si trova asuo agio in questi luoghi troppocolti. Basta, vedremo.Intanto per obbligo di ufficio non

manco di lavorare, ora ai resocontisemestrali, ora con le seccature della sta-tistica, ora con le visite alle scuole, iltempo se ne va. Addio. Vogli bene al tuoG. Ferraro6 Febbraio 1887

46

Caro PitrèDevono esserti avvenute ben tristi cosedall’ultima tua cartolina ad oggi, perchèhai tenuto un silenzio che non è nelle tueabitudini. Se mai mi opponessi al vero,quando potrai, e con tutto il tuo comodo,dammi notizie tue.Sono in mezzo agli esami e non possopensare a lavorare, mi contenterei di pre-sentare al Ministro Coppino (1), finchèegli dura, i Canti Popolari del BassoMonferrato.Lo stamparli non è per me soltanto unaiuto a conseguire la Ia classe, ma ancheun guadagno, avendomi egli, fin dal1884, promesso di acquistarne 50 copie.Potendo accontentarmi mi faresti,quindi, un vero regalo.Perdona se insisto, la cosa urge.Temendo ti siano accadute disgrazie, enon sapendo quali, mi limito ad augu-rarti coraggio e calma.Saluta il Salomone Marino e credimicome sono paratissimo ai tuoi comandiG. FerraroParma 16 Giugno 1887

1) Michele Coppino (1822- 1901) Profes-sore di Letteratura Italiana all’Università diTorino.Ministro della Pubblica Istruzione nel1867,nel 1878/ 79,dal 1884 al 1888 semprenel Governo De Pretis.

A lato: Carpeneto, patria delFerraro, in una foto (1914) diErnesto Maineri, editore libraioin Ovada. Cortesia della signoraLicia Maineri.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 247

Page 72: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

248

54

Carissimo PitrèIl Sindaco del mio paese mi prega didargli una copia degli Statuti di Carpe-neto ed io non ne ho più, perchè a furiadi darne, qualcuna delle rimaste ora adun Ministro ora ad un Ispettore, sono ri-masto senza.Credo tu ne abbia una, e ti prego, se tipiace, contentarmi.Io ti manderò una copia dei tuoi Usi na-talizi, quasi nuova, comprata pochi dìsono per incontro. Così saremo pari eforse chissà se ciò non sia con tuo pia-cere.Spero che tu avrai ricevuto i libercoliche ti mandai giorni addietro, salvati,perchè siciliani, dalle mani del tabaccaioe mandati a te che della Sicilia sei il piùcostante difensore.Scusa il disturbo, conservami la tua as-sistenza ed amicizia.Entro il 1887 sarà finita la stampa?Ne avrei grande interesse, se si può.Il tuo riconoscentissimo amicoG. Ferraro26 Nov. 1887

65CarissimoGrazie dell’invio dei Pittori.Di S. Vito in Monferrato non esistonocanti, però è ricordato come il Santo cheè sopra i morsicati dai cani, e si fannobenedire dal prete, quando si presentil’occasione.Anche da noi, dice, il volgo, che perguarire del morso dei cani arrabbiati bi-sogna dare al paziente il pelo del canefritto nell’olio.Niuno, credo però, che adoperò mai que-sto rimedio, si ricorre invece al fuoco oal medico o alla cura Pasteur.Quando ero studente a Pisa, da un mioamico slavo, detto Nicola Butevico diGlucoff nella piccola Russia, ho sentitoche al suo paese si cura il morso del canearrabbiato con un insetto che nasce sullePautonie, detto in russo maika cioè dimaggio, non credo però che sia il me-lonta scarabeus o maggiolino nostro.

Non conosco la dilena, ma forse è uncoleottero come il maggiolino. Annisono, un idrofobo fu buttato e tenuto perforza in un fonte, perchè dicevano chebevendo, suo malgrado guarirebbe. Fuper affogare, ma non guarì. A Mazzara,ricordo che i fedeli tagliavano pezzettidella porta di S. Vito e bevevano acquadella sua chiesa.Al mio paese nel pigliare un tasso, unadonna fu morsicata e morì idrofoba.S. Vito non è, come vedi, uno dei nostrisanti in voga.Addio caro amico. Saluta per me il Salo-mone Marino.Comandami e ricordati del tuo ricono-scentissimoG. Ferraro26 Giugno 1888

71

Carissimo come fratelloNon so che cosa avrai detto o pensato dime per questo lungo silenzio tenutoteco, cui sono e sarò sempre immensa-mente obbligato. Ma io volevo aspettareche si risolvessero certe questioni rela-tive ai Canti Sardi per poterne parlare,invece siamo sempre allo statu quo. IlD’Ancona aveva trovato la cosa fattibilesubito, ed io mi aspettavo di giorno ingiorno le bozze da Torino (li stampa ilLoescher), invece il libraio volle pigliartempo per i due volumi, non piccoli, chene verrebbero, poi il Comparetti li volledaccapo esaminare per la grafia, in-somma la cosa non è ancora decisa. Miè dispiaciuto di dover mancare alla quasipromessa fatta al Signor Cian. Ma nonpotei fare diversamente. E poi a dirtelaschietta io non lavoro volentieri in colla-borazione. Farò male? Il male sarà mio.Farò bene? Sarà pure mio. Intanto la-voro. Ho ricordato nella prefazione chetu avevi accennato all’esistenza dellapoesia popolare sarda fin da quando era

vivo lo Spano. Ti assicuro che non avreimai creduto a tanta abbondanza. É veroche debbo vagliare attentamente le poe-sie che tuttora ricevo e scegliere le verepopolari dalle non vere. Quella gente làproprio non ci vede differenza, tanto losbaglio dello Spano la ha avvezzatamale. E non è mica soltanto il volgo checonfonde, ma anche la gente dotta. Gra-direi sapere se mi hai mandato gliestratti delle poesie popolari parmigiane,perchè io non ho ricevuto nulla. Ho vistol’articolo sopra i tuoi meriti fatto dal Si-gnor La Via Bonelli.É vero e ben fatto. Dell’opera tua delresto sono più informati gli stranieri chegli italiani, e forse i siciliani stessi. Ri-cevo in questo momento una lettera dalComparetti, nella quale mi dice che è uncalcolo sbagliato quello di far presto pernon essere prevenuti da altri, che la miaraccolta ha grande pregio ma che biso-gna correggere e limare (come farò)prima di pubblicare. Intanto ricevo altrepoesie e dicios e ricordi di costumi etc.Il Comparetti, che non fu sul posto comefui io, vorrebbe che la grafia di tutti icanti fosse quasi uguale. Ma io ho tro-vato che la pronuncia varia dalla pianuraalla montagna, e che ci sono sfumaturetra Bosa e Nuoro, Macomer e Ghilarza.Basta cercherò di fare meglio che posso.Mille auguri di felicità a te ed alla tua fa-miglia dal tuoAffezionatissimoG. Ferraro

Cada Lunis de meseBio missa cantada,Ti miro e non ti vestesa bramma mea dorata.

Reggio Emilia 24 dicembre 1889.

72CarissimoIl Signor Guarnerio accetta per suabontà, di aiutarmi nella questione dellagrafia dei Canti Sardi e col suo aiutospero di poter fare qualche cosa. Eglinon accetterebbe in generale la grafiaadottata dal Prof. Aian, sulla quale io

A lato il linguista torinese Angelo DeGubernatis direttore della Rivista Eu-ropea della quale Ferraro fu assiduocollaboratore.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 248

Page 73: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

249

avevo condotto in parte la mia, questacome vedi sarebbe già una causa per noncombinare. Poi il D’Ancona e il Comparetti mihanno lasciato capire che il materialemio, già troppo abbondante anche perdue grossi volumi, non ricevendo altreaggiunte, potrebbe andare, ma con altroaumento, no. Credi pure che la mia idea prima era dipubblicare insieme ma poi si è aggiuntoil Signor Nurca il quale, a giudizio deglistessi sardi, ha consigliato una grafianon tutta accettabile al Cian, ed io nonho più potuto accettare. Diventava unasocietà, nella quale figurava in fondocome capo un sardo sì, ma che solo inquest’anno ottenne la licenza liceale.Non ho potuto fare a meno.Grazie per l’interesse che mostri per lamia raccoltina.Ti mando questa pubblicazione di unmio alunno per una recensione. Dei Canti parmigiani, già pubblicati,gradirei avere poche copie, se non ti di-spiace, perchè corressi le bozze, ma nonho avuto gli estratti.Il Basetti (1) scrive che manderà fra

breve i canti dello zio (2).L’ufficio mi dà molto da lavorare, poi

devo aiutare i figli e mi resta ben pocoper i miei studi.

Saluta il Signor Salomone Marino e ri-cordati del tuo aff.moG. FerraroReggio Emilia 2 gennaio 1890

1) Gian Lorenzo Basetti (1836- 1908) Po-litico e patriota.

2) Francesco Basetti (1791 - 1825) Patriotae combattente.

92Carissimo PitrèSono ancora in tempo per augurare a tee alla tua famiglia la Buona Pasqua. Timando tre lavori per il tuo Archivio:Canti popolari reggiani (1), Attitidos delRomajana, Culto degli alberi (2).Puoi, se credi metter mano alla pubbli-cazione dei due ultimi, anche subito.Per il primo sarebbe necessaria una pre-fazione, intorno alla quale lavoro, equindi potrebbe venire pubblicato piùtardi.Intanto ai tre lavori dà l’iscrizione del 1°aprile, e son certo che prima che vengail loro turno, t’avrò mandato la prefa-zione.Accetta, ti prego, il dono di questi duenumeri della Rivista Contemporanea del1855, che ti invio a titolo di curiosità li-braria.A giorni riceverai i Canti di Ghilarza,

ed un canto politico - semiletterario chericorda la sconfitta della flotta francesedavanti alla Sardegna nel 1793. (3)Io sono forse il primo a ricordare questocentenario, ma non per questo me ne sarangrati i sardi, e se ne accorgeranno i dotti.Ma questo è il destino dei demopsicologi,e tu ne sei un esempio memorabile.

Lavoreremo lo stesso. Il tuoG. Ferraro1 Aprile 1893.

1) Canti Popolari Reggiani, sta in: Atti eMemorie della Deputazione di Storia Patriaper le antiche provincie Modenesi. Serie V- vol. II - pp. 1 - 116 (An. 1903).2) Il culto degli alberi nell’Alto Monfer-rato, sta in : Archivio Tradizioni Popolari -12 - (1893) pagg. 201- 209 .3) Una pagina di Storia Sarda – Torino -

Direzione del Giornale l’Unione dei Mae-stri e G.B. - Paravia - dedicato al Prof.Ganga - Cassu Cav. Salvatore, Direttoredel R. Ginnasio di Nuoro. Il testo inviato alPitrè è conservato nella Biblioteca delMuseo Etnografico di Palermo. La colloca-zione è D. II. 1397.

146Carissimo,Mi puoi pubblicare qualche cosa dei la-vori che ti ho mandato? Mi faresti pia-cere, se ciò fosse possibile. Vedo bene che il materiale da me inviatoè greggio, sento, purtroppo, che si do-vrebbe far meglio, ma godo quando, senon altro, la stampa, salva in qualchemodo, quel poco che io faccio, dal-l’oblio.E ti dico questo con l’amarezza nelcuore perchè nessuno dei miei figli se-guiterà, in questo campo, le orme pa-terne.Dante, che tu conosci, pensa alla medi-cina, Virgilio, il secondogenito, attendeagli studi storici, e se potrà, si allogheràin qualche scuola tecnica governativa.La figlia maritata penserà allo sposo edai nascituri.Fin da questi anni devo quindi avvez-zarmi al pensiero che nessuno dei mieicontinuerà gli studi che ho amato e pre-diletto e devo cercare di mettere in salvoquel pochissimo che ricorderà il mionome quando sarò morto.Beato te, che nella tua Maria hai la con-tinuatrice dei tuoi trionfi e propagatricedella tua gloria! La Società di Storia Pa-tria delle Provincie di Modena e Reggio,pubblicherà i Canti reggiani, a suespese, da quando tu li hai visti, li ho ri-fatti, ripuliti, ristudiati, resi degni, del-l’onore della stampa. Avrai ricevuto lascheda dell’editore Zanichelli di Bolo-gna per la stampa dell’epistolario sceltodel Lignana (1). Ho accettato questo la-voro per le preghiere di mia cognata, fi-glia del Lignana. Ma vedo che i nemiciper quell’uomo, pur meritevole mi ri-cordo, per quanto fece a favor della Pa-tria e delle Lettere, sono ancora molti.Egli aveva la lingua lunga e le parole

A lato, la strega e il gatto in pentola,raffigurazione tratta da un vecchiolibro di fiabe. Ferraro raccolse fral’altro i proverbi popolari monfer-rini molti dei quali legati all’agri-coltura e al ciclo delle stagioni.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 249

Page 74: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

250

mordaci, e offese molti, pur dicendo,spesso, il vero. Vedremo se riuscirò aconciliargli i posteri, mostrando il beneche fece. Nigra gli è amico sincero,anche dopo la tomba, ma quanti benefi-cati in vita, ora gli sono avversi!Addio carissimo, buona Pasqua a te e aituoi. Nasi (2) dorme, non mi dà la pro-mozione a cui avrei diritto. Oramai sonoavvezzo anche alle ingiustizie.Il tuo affezionatissimoG. Ferraro

Reggio Emilia 29 Marzo 1901.

1) Giacomo Lignana (1827- 1891), Fi-lologo, linguista, studioso di grammaticacomparata e di lingua e letteratura compa-rata. I lavori inediti e la sua fitta corri-spondenza vennero trascritti dopo la suamorte, da Giuseppe Ferraro.

2) Nunzio Nasi (1850- 1935) - Politicoitaliano nativo di Trapani. Deputato dal1886 al 1926.

158CarissimoNon occorre, perchè sai che da trenta-cinque anni ti voglio bene, ma il cuorevuole che io te lo ripeta, specialmenteper il giorno del tuo onomastico e ti au-guri nella famiglia, nei figli, tutta la pro-sperità che meriti per la tua vita, a gloriadella Sicilia e dell’Italia.Noi tiriamo avanti. Mio figlio, capitanomedico, è tornato a New Jork, il secondoè ad Aosta, quieto; la figlia Bianca,mamma, allatta essa la sua bambina.Io lavoro (per me questo è il massimodei beni) e guardo con rincrescimento lostato miserando della nostra esistenzapolitica. Noi diamo al mondo uno spettacolo bia-simevole: la razza latina è esaurita, ma-terialmente e psichicamente.Ti prego di non dimenticare la pubblica-zione del mio ultimo lavoro sugli esorci-smi: il Nigra mi scrisse che le formulemagiche della Sardegna dovrebbero es-sere più conosciute.Ma dimmi, la morte del Clausen (1) haarrestato, o peggio, troncato la vita del

tuo Archivio? Non lo posso credere, fin-chè vivi tu. Dimmene qualche cosa. Iosperavo di vedere il tuo nome tra i Se-natori, ma son rimasto deluso.Hanno proposto uno che non è neanconaturalizzato italiano! Eppoi si lamen-tano!Di noi Provveditori è assai se sanno chesiamo vivi, salvo a ricordarsene quandoci vogliono fare del male, come avvenneper me nel 1903, quando tu mi salvastiex ore leonis, del che ti sarò sempregrato.Fra sei anni sarò fuori da ogni pericolo,se vivo. Intanto facciamoci buona com-pagnia, e a dispetto di ogni contrarietàresistiamo.Addio, amico immutabile, ti auguralunga vita e prosperitàIl tuo vecchio G. FerraroCuneo 16 Marzo 1905

1) Carlo Clausen - Editore dell’Archivioper le Tradizioni Popolari, subentrato al-l’Editore Pedone- Lauriel

164CarissimoMi rifaccio, come vedi dalla lontana, peraugurarti ciò che ogni giorno ti auguro,anzi ogni qual volta vedo il tuo ritrattoche è nel mio studiolo: salute, lunga vita,rallegrata dal sorriso dei figli e dei nipoti,gioie pure, serene, tutto quanto meriti, in-somma, e davvantaggio. Ma sai perchèscrivo oggi 12 marzo? Perchè Dante, miofiglio, da Barcellona, in una lettera giuntaproprio oggi, scrive che, nell’andare aBuenos Aires, ha trovato, imbarcati sullanave, dov’è medico, il Signor D’Alia, tuogenero, e la tua Maria, colla Giuseppinavostra, i quali tutti gli fecero un monte difeste e lo pregarono di scrivermi. Ecco ilperchè dell’anticipazione. Siamo proprio disgraziati! I nostri figli sivedono, e noi no. Ma, come ho scrittoaltra volta, io non ho ancora messol’animo in quiete; verrò quando meno telo aspetti a vederti, o come Ispettore Re-gionale, od in altro modo, quando andròa riposo fra quattro o cinque anni.Mio figlio Dante finirà presto il suo ser-

vizio d’emigrazione. Egli è stato ben con-tento di essere stato chiamato, ma oravede con dispiacere che il Ministero per-mette che anche i Medici dell’esercitosiano requisiti per il medesimo servizio,senza avere l’abitudine del mare e la pra-tica delle tempeste, che hanno i medici dimarina. Col Ministro Pantano (1), che tuconosci, credo bene che certe ingiustizienon si faranno più; ad ogni modo ti av-verto di esse, perchè se ti capital’occasione tu ne avverta il tuo amico,perchè provveda. Ho caro che tu abbialetto il mio ultimo opuscolo, tradotto inUngherese ed in Polacco, non per meritomio, ma perchè tocco di palpitanti attua-lità. Ora a spizzico, sto scrivendo un arti-colo sull’incarico dato da Cavour aLignana di andare nell’Agosto 1860 aCoburgo per far capire alla Prussia, cheera nel suo interesse di staccarsi dall’Au-stria, e di fare in Germania ciò che fece ilPiemonte in Italia.Il Conte Nigra, al quale ho fatto vedere illavoro, mi ha scritto che è importantis-simo, e che salverà dall’oblio il nome delLignana. Vedremo. Il manoscritto l’hotrasmesso oggi alla Rivista d’Italia (2). Silavora, ma sempre coll’acqua alla gola:l’ufficio assorbe ogni attività.Ben pochi conoscono a fondo l’opera no-stra, ed è per questo motivo che ci trat-tano male. E la oltracotanza dei Prefetti?E il volere per fas et per nefas immi-schiarsi nelle faccende dei Maestri?Basta, vedi anche tu dalla queruolomaniache son vecchio. Ragione di più per vo-lerci bene finchè si può.Con un abbraccio fraternoIl tuo G. FerraroCuneo 12 Marzo 1906.

1) Edoardo Pantano (1842 - 1932) Politico,patriota, scrittore. Ministro dell’Agricol-tura, industria commercio nel 1906, duranteil primo Governo Sonnino.2) Rivista edita dalla Società Editrice DanteAlighieri, sulla quale Giuseppe Ferraro nel1906 pubblicò due articoli sul carteggio delLignana.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 250

Page 75: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

251

Su Antonio Rebora (1815-61) dopola commemorazione tenuta della natiaOvada l’anno 18951 era sceso l’oblio,sebbene la scuola di musica cittadina sifregi del suo nome. Fu richiamato in vita- per servirci dell’espressione manzo-niana - durante un convegno su musicistiliguri otto-novecenteschi celebrato in Ge-nova l’anno 20012 e da ultimo in un sim-patico pomeriggio autunnale del 2011dedicatogli in Ovada3. Grazie quest’ul-tima iniziativa si è riproposta alla memo-ria collettiva dei concittadini, oltre cheagli storici della musica, la figura el’opera del compositore, comprese alcunesue composizioni per voci e strumenti in-terpretate da bravi artisti. La disponibilitàdei discendenti ha consentito altresì unaricognizione dei manoscritti tuttora pos-seduti e inediti: ci troviamo dinanzi unmusicista instancabile, in parte calato nelsuo tempo - né può essere diversamente -in parte con una sensibilità più personalee con un gusto tutto suo.

Con questo breve scritto presentiamoun’interessante testimonianza sul mae-stro Rebora finora ignota. In verità la co-noscevamo da anni, ma non lapartecipammo mai avendo già terminatola monografia sopra menzionata e nonvolendo ritornare su quanto concluso. Perpigrizia - lo confesso - ma anche percontenere la mole del contributo.

La testimonianza si deve al P.Atanasio Canata4 e fu concepita nel-l’apprendere la notizia della morteprecoce dell’amico. Preziosa per ilsincero sentimento amicale, preziosaper il valore personale e perl’autorevolezza dell’educatore sco-lopio, preziosa perché conferma lafede del defunto patriota, impedendointerpretazioni allotrie e letture stru-mentali5, com’è avvenuto per un nu-mero eccessivo di patrioti6. Pocheparole, eppure capaci di far balenarenel nostro animo l’indole ardente edalquanto ingenua dell’artista, la suasensibilità, il suo saper accogliereconsigli e suggerimenti dagli amicifidati. Viene da rimpiangere che seavesse avuto amici profondi e com-petenti anche nel settore musicale,come li ebbe nella vita quotidiana e

nella vita interiore, la musica reboriana sisarebbe dipanata in modo differente edavrebbe raggiunto esiti più accessibili peril gusto odierno. Ma coi se e coi ma lastoria non si fa.

P. Atanasio oltre a fornire versi peressere musicati dall’amico, gli aveva de-dicato una poesia nell’infausta ricorrenzadella morte del padre e di due figli,l’anno 18587.

A meglio comprendere svariate allu-sioni del documento e gustare la paginaandrebbe premessa la lettura della miamonografia, focalizzante per l’appunto ilsodalizio del religioso col musicista. Il ri-cordo qui offerto è vergato autografo inun quaderno manoscritto formato di 78fogli (centimetri 31 x 11) dei quali 58 dimano del Padre Atanasio ed ostende untitolo di codesto tenore: “Pensieri cri-stiani e non cristiani, colla ridicola storiadei miei disinganni da fanciullo, da gio-vane, da uomo, da vecchio”8. La com-mossa testimonianza è contraddistinta daln° 299.

“ E’ morto! Povero Antonio! Sonopochi giorni che mi annunziava avere fi-nalmente ultimato la sua colossale operadella Galleria musicale e che il suoPaolo essersi onoratamente impiegato.

Ed ecco che ai due più fausti avvenimentidi sua vita bussa alle sue soglie la mortee mentre dopo tanti dolori liba un sorsodi conforto, gli conviene calzare i sandalied affrettare la partita. O falso nostro an-tivedere, o ingannevole gioire, o poveranostra gloria.

Robusto ancora di gioventù, gravidodi speranza, ardente di volere, bisognasoccombere, lasciando un’amatissimasposa e carissimi figli! Ed io non ti fuipresso a confortarti, neppure, a fidanzadi tua guarigione, non potei rispondereall’ultima tua, né deporre almeno sul tuoletto l’ultima memoria dell’affetto mio,l’operetta che tradussi di Sant’Ambrogio,fiore odorosissimo di verginali connubii!

Pregai ripetutamente e piangendopregai a Colui che è la resurrezione e lavita, che o migliori giorni ti concedesse,od un santo passaggio. Fu esaudita la se-conda preghiera. E sento che da buoncattolico rimondatoti nella coscienza, ri-focillato del Santo Viatico, fra i confortid’un pietoso mio confratello, cristiana-mente rassegnato offristi a Gesù il sacri-fizio di tua vita. Grande sacrifizio se siconsideri la tua posizione! Grande spe-ranza di tua eterna salute! Grande esem-pio a quei tanti che liberale tengonofollemente per sinonimo di scettico. Che

se nelle tue idee e convinzioni poli-tiche talora esorbitasti, non fu cer-tamente per nequizia di cuore, masolo per errore d’intelletto e cal-dezza di indole. Forse rimanendospettatore alla catastrofe te di cuorebuono avrebbe potuto trascinare iltorrente degli avvenimenti: ma se’in salvo, e le tue esorbitanze con-danni e compatisci a chi ignora ederra.

Avesti gran cuore, capace tantodi amare Dio! Ti dissetasti alle fontidell’Infinito. Oh tu eri fatto pel cielodove è vita, luce ed amore. Là làd’ora in poi ti cercherò dalla cimadi queste solitarie colline, con te fa-vellerò guardando a sera dalla fine-stra di mia cella l’armonia degliastri, a cui rapivi già in vita tan-t’onda di suoni e d’accordi. Làsopra arpa ingemmata di stelle ri-pete quel mio canto che quasi pre-

Una preziosa testimonianza su Antonio ReboraDi Gian Luigi Bruzzone

Padre Atanasio Canata

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 251

Page 76: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

252

sago di tua morte tu musicavi nella tuaGalleria:

Bello il dì della morte! Esuli e stanchi

del cammino della vita alfin siam giunti

della patria celeste all’alta porta”.

Note1. Andrea Natale MILANO, Antonio Reb-

bora. Vita e opere. Discorso pronunciato inOvada 18 agosto 1895, Genova, tip. A.Papini,1895.

2. G. L. BRUZZONE, Antonio Rebbora(1815-1861) in Musicisti liguri tra Otto e Nove-cento. Atti del convegno, Genova, 18 ottobre2001, Genova, Accademia Ligure di scienze elettere, 2002, pp 106-142.

3. Antonio Rebora, un democratico nel ri-sorgimento ovadese. Teatro Splendor, 27 no-vembre 2011. Gli atti sono pubblicati in “Urbs”,xxv, 1, marzo 2012; 2, giugno 2012 e 4, dicem-bre 2012 (la monografia su Rebora-Canata èstata divisa nei numeri 2 e 4).

4. Autore dell’inno Fratelli d’Italia. Se-gnalo appena i nostri contributi in proposito: G.L. BRUZZONE, L’inno Fratelli d’Italia in Con-tinuità della gnosi nella modernità. Atti del IIIconvegno di studi sull’opera di Ennio Innocenti,Firenze, 2-3 marzo 2012, Roma, 2012, pp 135-140; Idem, L’inno Fratelli d’Italia “Urbs”, xxv,1, marzo 2012, pp 25-26 (testo meno diffuso edocumentato del precedente); Idem, L’inno Fra-

telli d’Italia in “Liguria. val Bormida & din-torni”, 2013, n°2, pp 12-13 (testo diverso daiprecedenti).

5. Segnalo il volume a più penne fresco distampa: Gli Scolopi savonesi nel risorgimento.Idealità educative e innovative della scuola ca-lasanziana negli scenari culturali dell’800, Sa-vona, ISREC, 2013.

6. Dispiace che nella ricorrenza del CL an-niversario dell’unificazione italiana si sia per lopiù rifritta la retorica solfa quarantottarda, ormaiirrancidita, anziché tentare un discorso storicoserio, sfaccettato, capace di cogliere e valutarecon animo onesto e sereno, l’intera vicenda nellesue molteplici componenti, senza tacere o smi-nuire o deformare quanto infastidisce la propriafissazione ideologica o la propria stantia inter-pretazione storiografica.

7. A. CANATA, Poesie, Torino, Tip. Sale-siana, 1889, p 468.

8. Il ms è custodito nell’Archivio provin-

cializio delle Scuole Pie liguri.

La nostra socia Da-niela Terragni ciscrive:

«In riferimento al-l'articolo comparsosul numero 2 diGiugno 2014 deltrimestrale dell'Ac-cademia Urbense,URBS Silva et Flu-men, dal titolo “DaForte Ahmad a Pa-lazzo Ghilini. Levicende di LorenzoEmanuele Arecco,soldato, partigiano e consigliereprovinciale” di Pier Giorgio Fas-sino, leggo che il Colonnello Lo-renzo Emanuele Arecco hacombattuto alla Benedicta, ma nonè così e vedo che la foto ritratto èdi un'altra persona. Chiedo di rettificare perchè al mo-mento del tragico evento Arecconon si trovava a Montaldeo, né inzona, bensì a Roma. Come si rilevaanche dal suo Stato di Servizio, in-

viato all'Accade-mia Urbense dalMinistero dellaDifesa, Direzionegenerale per il per-sonale militare. Alcontrario nell'arti-colo ci sono aned-doti e racconti nonriportati da questafonte. L'ufficiale nellafoto non corri-sponde al Colon-nello LorenzoEmanuele Arecco,

le cui foto sono reperibili nel Vostrospettabile archivio storico. Infatti, rivolgendomi all'Accademia,riuscivo a risalire all'originale di unafoto pubblicata da un giornale localein cui Arecco appariva accanto aisindaci Ravera e Basile. Ora Vi chiedo di fare chiarezza nelmodo che riterrete più opportuno.Grazie della cortese attenzione.Cordiali saluti.

Daniela Terragni

Richiesta di rettifica in merito all’articolo:“Da Forte Ahmad a Palazzo Ghilini. Le vicendedi Lorenzo Emanuele Arecco, soldato, parti-giano e consigliere provinciale”

In alto, ritratto di del Colonnello Lorenzo Emanuele Arecco; sopra , Arecco, Vincenzo Ravera(sindaco di Ovada)e il sindaco di Alessandria Basile alla Benedicta

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 252

Page 77: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

253

Ovada in festa. Dublino, 1913.di Cinzia Robbiano

Ho scritto questo articolo approssi-mandosi il 18 ottobre, festività di SanPaolo della Croce, patrono della mia città.Dell’evento a cui mi riferisco ciò che miha colpito è la competenza delle personecoinvolte e il gusto che ha contraddistintoogni manifestazione, la ricerca del bello edel meglio. E conse- guentemente anchele risorse economiche. Cose inimmagina-bili, almeno per noi, allora e ancora oggi,nel tempo presente. Il Santo ci perdoni sequi, nella sua città natale, non si è maifatto tanto. Ne approfitto per ringraziare icolleghi Mary Broderick, Honora Faul eDave Pelham della National Library ofIreland di Dublino che con sollecitudine ecortesia mi hanno facilitato il reperimentodi notizie ed immagini,

Sotto cieli propizi, nella lontana Ovada,un giovane crebbe in santità e grazia.Un grande amore ardeva luminoso nel suo pettoLa sua stupenda luce si rifletteva sul suo visoNei suoi occhi un desiderio mai accecanteNel suo cuore un richiamo da campi lontaniE Radunati attorno a lui come guardie del corpoI sogni che vengono solo da luoghi angelici.…E quando il Signore disse, “Riposa, il tuo giorno è finito”I suoi figli proseguirono trionfanti nel suo nome;La piccola, sognante e lontana città di OvadaAveva ottenuto, grazie a lui, fama imperitura.

Queste strofe sono sola una parte del lungo poema dal titolo“La Gloria di Ovada” che Brian O’Higgins, politico ed edi-tore, devoto cattolico e poeta irlandese, compose in onore diSan Paolo della Croce. Lo fece in occasione della manifesta-

zione Ovada in festa che si tenne a Du-blino dal 24 al 31 maggio del 1913 a Bal-lsbridge, sui terreni della Royal DublinSociety. L’evento fu organizzato per rac-cogliere fondi per i Padri Passionisti cheavevano accumulato molti debiti con illoro programma edilizio di ampliamentodel Monastero di Mount Argus, (fig. 1)eretto nel 1856.

Ideatore di questa brillante iniziativafu Padre Sebastian Slean, allora rettore,supportato da un comitato di dame carita-tevoli tra le quali Lady Isabel Contessadi Aberdeen (fig. 2), scrittrice, filantropae attivista per i diritti civili delle donne.

Per l’occasione venne stampato unprogramma che comprendeva, oltre allenotizie relative a San Paolo della Croce eai Padri Passionisti, la piantinadell’”Ovada Bazar”, una sorta di ripro-

duzione della città natale del Santo, in cui furono realizzateaiuole floreali, sale da pranzo, sale da the, un american bar euna sala da ballo ai lati e al centro un gazebo per la banda, e poiscuderie, guardaroba, servizi e un ufficio postale.

Madrina della manifestazione fu Mary Anderson aliasMadame de Navarro (fig. 3), attrice di teatro shakesperiano,

americana, andata in sposa ad Antonio Fernando de Navarro,Ciambellano Privato di cappa e spada del Papa, costretta ad ab-bandonare le scene per motivi di salute all’età di 30 anni.

A conclusione della manifestazione, entusiasti dell’enormesuccesso, il Comitato Organizzatore e i titolari degli stand ledonarono una coppad’argento massicciocon riprodotti i motividel Ardagh Hoard(fig4), un ventaglio dimadre perla intrecciatocon pizzo Limerick ela designarono Re-gina di Ovada. Com-mossa dai tantiriconoscimenti, Ma-dame de Navarro di-chiarò che tutti isuccessi che le eranostati attribuiti li aveva“deposti ai piedi dellaRegina di Maggio” ilcui nome era onoratadi portare.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 253

Page 78: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

Furono anche predisposti gadget, spilline smaltate, unadelle quali recentemente venduta ad un Asta (fig. 6).

Ma Brian O’Higgins e Madame de Navarro non furonoi soli personaggi noti coinvolti nell’iniziativa. Harry Clarke,uno degli artisti più importanti d’Irlanda, notissimo per le suevetrate dipinte e illustratore di libri, tra i quali le Fiabe di An-dersen e Tales of Mystery and Imagination di Edgar Allan Poeper le cui illustrazioni venne paragonato a Aubrey Beardsley,venne incaricato di realizzare il manifesto che insieme al “pro-gramma souvenir” avrebbe completato il piano di comunica-zione dell’Evento.

Per l’occasione Clarke realizzò “The watchman ofOvada” – Il Guardiano notturno di Ovada (fig. 5) . La cri-tica mette in relazione questa, e sue illustrazioni simili, con ilCinema Espressionista Tedesco del tempo. Sembrò addiritturaaverne anticipato le immagini così come l’immaginario psiche-delico degli anni ’60. Anche Francis Bacon gli fu avvicinato,considerandoli accomunati da un fascino morboso per i lati piùoscuri dell’esistenza.

La gloria di Ovada - Brian O’Higgins, Maggio 1913

Sotto cieli propizi, nella lontana Ovada,un giovane crebbe in santità e grazia.Un grande amore ardeva luminoso nel suo pettoLa sua stupenda luce si rifletteva sul suo visoNei suoi occhi un desiderio mai accecanteNel suo cuore un richiamo da campi lontaniE Radunati attorno a lui come guardie del corpoI sogni che vengono solo da luoghi angelici.Radunò intorno a sé i suoi similiIn luoghi tranquilli, lontani da strade affollate,e raccontò loro con parole ardenti la storia del Calvario,e colmò le loro menti di pensieri di giorni a venirequando gli amanti della Croce – di Lui che la portò –avrebbero camminato nel mondo, attraversato la terra e il mare,e avrebbero diffuso da Polo a Polo, attraverso tutte le nazioni,l’amore per Lui morto su una Croce.Lasciare il mondo e tutte le sue strade dietro di sé,per vivere appartato, in penitenza e preghieraRaccontare e insegnare le Lezioni della Passione,con forza silenziosa sopportare la Croce –Questo era il suo sogno; e sul suo finire una visioneDi anime randagie in terre al di là delle onde;E poi il desiderio di trovarle per il Pastore, guarire le loro ferite, e condurle in salvo a casa.Un giorno una voce venne, fluttuante sulla brezza,non sapeva dire da dove, ma era dolce;sussurrò –“ Vai sul Monte Argentario!” –e così trovo il suo ritiro a lungo desiderato.Quella collina silenziosa sovrastante le placide acqueEra destinata all’eremo, nei piani del Creatore,e lì Paolo eresse il salvifico stendardoe lì iniziò per il Dio la sua opera santa.

Tra calunnie, sofferenze e dolorequel lavoro proseguì, sino a che altri condivisero la sua fatica,fino a quando ogni giorno dal Monte Argentariopartirono mani volonterose di coltivare terreni vergini.E quando il Signore disse, “Riposa, il tuo giorno è finito”I suoi figli proseguirono trionfanti nel suo nome;La piccola, sognante e lontana città di OvadaAveva ottenuto, grazie a lui, fama imperitura.Quando la nostra cara terra, che stava uscendo dal lutto,Da giorni di fame e malinconia,stava lottando ancora una volta alla luce del sole,per uscire dall’orribile buio delle tombe,Giunsero i figli di Paolo attraverso i mari in Irlanda,là dove il Monte Argus sovrasta la pianura,fondarono la loro casa, e eressero la Croce del Calvario,all’ombra della quale soccorrere le anime in pena.Dio benedica il loro lavoro! Dio benedica gli instancabili operai!Possa la Sua Mano forte sostenerli nella tempesta,e riempia, ogni giorno, le loro anime con fervore,per tenere sempre accesa l’antica fede;per faticare come colui che venne dal Monte Argentario,attraverso giorni tenebrosi, di sofferenze e perdite,per conquistare la pace eterna per le anime erranti,sotto la santa ombra della Croce!

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 254

Page 79: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

255

Carlo apparteneva ad una delle fami-glie più in vista e più abbienti di Silvanod’Orba. Giacinto Lanza, lo zio che lo hatenuto a battesimo, era generale medico,ed era pure suo zio Monsignor GiovanniLanza, uomo di chiesa e di lettere, edu-catore e giornalista che pur avendo vis-suto per molti anni a Torino e a Genovaera molto affezionato al suo paese e alsuo patrono San Pancrazio. MonsignorLanza ha contribuito in maniera decisivaalla trasformazione del santuario che, in-grandito e modificato nella struttura, as-sunse l’aspetto che noi oggi conosciamo.

Il fratello di Carlo Lanza, Nicola(1894-1967), è stato per anni e fino agliinizi degli anni sessanta del secoloscorso, Presidente dell’Asilo Infantile delpaese, voluto e sostenuto dalla sua fami-glia, a cominciare proprio dal nonno An-tonio Lanza; ultima presidentedell’Opera Pia Asilo Infantile* di Silvanod’Orba fu la figlia di Nicola,Giustina Lanza ( 1936-1995).

Carlo è allievo dell’Isti-tuto Tecnico Leonardo daVinci di Alessandria, voluto,alla metà del XIX secolo,dalla borghesia alessandrinaper preparare i giovani allenuove competenze richiestedallo sviluppo industriale ecommerciale del territorio.Appena compiuti i diciottoanni si presenta al distrettomilitare di Tortona dove vienearruolato come soldato volon-tario e ammesso al corso sot-tufficiali.

Benedetta Repetto ve-dova Polentes, figlia della so-rella di Carlo, Maria Lanza,ha sempre tenuto ai ricordidi famiglia, e non pensa di es-sere lontano dal vero quandoracconta che la spinta all’ar-ruolamento dello zio venneanche da un innamoramento,forse non corrisposto, o osta-colato dalla famiglia, che loaveva distratto dagli studi.

Dal foglio matricolare ri-sulta che il 28 febbraio 1914il signor Carlo Lanza, figlio diAntonio e di Lanza Antonia,

studente, è arruolato come soldato vo-lontario nel 71° Reggimento di Fanteria.Allievo sergente, con la ferma di tre anni,viene “ascritto alla prima categoria dellaclasse 1894”, cioè in una “leva” di dueanni più anziana. Carlo è alto 169 cm, hauna circonferenza toracica di 81cm, i ca-pelli e gli occhi castani, un colorito pal-lido e una dentatura sana, ma, soprattutto,sa leggere e scrivere.

Nel maggio 1914, cento anni fa, unanno prima dell’entrata in guerra dell’Ita-lia e a poco più di due mesi dall’iniziodella prima guerra mondiale, ricevel’encomio dal Comando della DivisioneMilitare di Bologna, come da ordine delgiorno del 19.05.1914 “perché con sa-gace e lodevole prontezza requisiva e ar-mava di remi una barca con la qualeaccorse in aiuto di un compagno che get-tatosi in Piave per trarre a salvamentoaltro compagno, stava per rimanere vit-

tima del suo generoso impulso”. E’ promosso caporale il 1° settem-

bre 1914, quando la grande guerra è giàiniziata, ma non ancora per l’Italia che tra-smetterà la sua dichiarazione di guerra al-l’Austria - Ungheria soltanto il 23 maggio1915 dando inizio alle operazioni militari ilgiorno successivo, il 24 maggio .

Il 5 gennaio 1915, con il grado di ca-porale, Carlo Lanza è assegnato al 158°reggimento di fanteria, milizia mobile,della Brigata Liguria ed è promosso ser-gente (sottufficiale) il 1°marzo 1915, ameno di 90 giorni dall’inizio della guerracontro gli austriaci. Assegnato al 42° reg-gimento di fanteria, brigata Modena, sitrova in “territorio dichiarato in stato diguerra” già il 24 maggio 1915, data ef-fettiva di inizio delle ostilità tra Italia edAustria.

Risalita la valle del Natisone il 26maggio, il 42° reggimento si dispone

sulla riva sinistra dell’Isonzo e siprepara all’attacco della forte bar-riera montana Sleme- Mrzli chedifende da settentrione la concadella cittadina di Tolmino, oggi interritorio sloveno.

Nei mesi di giugno e luglio labrigata Modena alterna i suoi re-parti nei servizi di linea sul frontee agli inizi di agosto 1915 impe-gna il 42° reggimento, nel qualepresta servizio il sergente CarloLanza, in ripetuti attacchi alle po-sizioni nemiche sullo Sleme. Laconquista di alcune posizioni al-l’alba del 19 agosto non duramolto a causa della violenta rea-zione del nemico che obbliga i no-stri soldati a ritornare alleposizioni di partenza . Le perditedel 42° sono notevoli : 758 uo-mini tra i quali 26 ufficiali.

Dal 25 settembre 1915 Carloè aspirante ufficiale di comple-mento e viene assegnato al 119°reggimento di fanteria della Bri-gata Emilia che è operativo nellazona del Monte Nero.Nel mese di ottobre del 1915, ri-petuti attacchi alle posizioni ne-miche nei giorni 21, 25 e 26causano la morte di ben 300 sol-dati e 16 ufficiali.

Un cittadino di Silvano d’Orba nella prima guerramondiale, la Grande Guerra ( 1914 -1918 )La vita breve ed intensa del Capitano Carlo Lanza, nato a Silvano d’Orba il 9 febbraio 1896

di Giovanni Calderone

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 255

Page 80: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

Carlo Lanza è promosso sotto-tenente, con decreto del ComandoSupremo, il 28 novembre 1915 eassegnato al 31° reggimento di fan-teria della Brigata Siena che faparte del X° Corpo d’Armata. Lanomina ad ufficiale di comple-mento con il grado di sottotenente econ anzianità 1° novembre 1915 èconfermata il 27 gennaio 1916. Insoli venti mesi Carlo, arruolatocome soldato semplice, è diventatoufficiale; questo fatto sottolinea il suovalore, ma anche l’esigenza del ComandoItaliano di sostituire gli ufficiali caduti,molto numerosi tra i subalterni.

Trasferito a Feltre dove la sua brigatarimane di riserva fino al 12 marzo, il sot-totenente Carlo Lanza rientra in linea il15 marzo in Val Sugana. La brigataSiena si dispone fra Grigno e Strigno edinizia ad attaccare le posizioni del ne-mico. Le attività belliche si susseguonoper un paio di mesi, ma non portano a ri-sultati apprezzabili.

Il 15 maggio 1916 l’esercito austro–ungarico attacca in forze le posizioniitaliane attestate sulla linea di Roncegnoe dà inizio alla grande offensiva del Tren-tino ( 15 maggio - 24 luglio 1916) più co-nosciuta come Strafe-expedition (spe-dizione punitiva). Le truppe italiane sonocostrette ad arretrare lungo la valle delfiume Brenta (Val Sugana ) e il 22 mag-gio si attestano sulla riva sinistra del tor-rente Maso a ridosso dell’abitato diStrigno. Su questa linea viene schieratala brigata Campania per consentire allaSiena di riordinarsi e di costituire un’ul-teriore linea di difesa nella zona di Ope-daletto (vedi mappa).

Ed è proprio sulla linea di Ospeda-letto che il giorno 11 luglio 1916 il sotto-tenente Lanza viene ferito alla cosciadestra da un colpo d’arma da fuoco.Dopo le prime cure è trasferito all’ospe-dale militare di Vicenza e collocato incongedo “ per infermità dipendente dacausa di servizio”.

Carlo è di nuovo “in territorio di-chiarato in stato di guerra” il 12 feb-braio 1917 ed assegnato al 35°reggimento di fanteria, brigata Pistoia.Nella primavera di quell’anno la Pistoia è

sul Carso, nel settore di Monfalcone epartecipa alla decima battaglia del-l’Isonzo che inizia proprio il 12 maggio,il giorno di San Pancrazio patrono di Sil-vano d’Orba, il lontano paese natio delsottotenente Lanza. Ripetuti attacchi alleposizioni nemiche sul monte Hermadanon portano a risultati apprezzabili, macausano gravi perdite nelle nostre file.

Il 15 luglio 1917 è confermata la pro-mozione di Carlo Lanza a tenente dicomplemento, con anzianità 31 agosto1916. Dopo l’undicesima battaglia del-l’Isonzo (17-31 agosto 1917) la brigataPistoia viene trasferita in Carnia nel set-tore della Val Resia. Il 24 ottobre iniziala dodicesima battaglia dell’Isonzo conlo sfondamento delle linee italiane a Ca-poretto. I due reggimenti della brigata, il35° e il 36°, ricevono l’ordine di proteg-gere la ritirata rimanendo a stretto con-tatto con il nemico.

A breve distanza dalla cittadina diTolmezzo, nella zona di Cavazzo Car-nico, il Corpo speciale di retroguardiaopera una strenua difesa sulla riva destradel Tagliamento e blocca per due giornil’avanzata delle truppe nemiche. Ma lasuperiorità, per uomini e mezzi, della50a divisione austriaca è tale che, neigiorni 5 e 6 novembre 1917, i due reggi-menti della brigata Pistoia sono quasi an-nientati nei pressi dell’abitato diTramonti di Sopra. I sopravvissuti rie-scono ad arrivare nei pressi di Maniago eda lì in due settimane raggiungono primaCittadella e poi Bolzano Vicentino.

Alla fine di novembre il tenenteLanza, salvo per miracolo, si ritrova aParma, dove la Brigata Pistoia, ricompo-sta con nuovi elementi, intraprende unlungo periodo di addestramento prima di

ritornare in linea, alla fine di aprile 1918,nel settore Monte Baldo – Riva delGarda. Su queste posizioni i reggimentidella Pistoia resistono durante l’ultimagrande offensiva austriaca, la battagliadel solstizio (15-25 giugno 1918) e muo-vono all’attacco delle posizioni nemichein val d’Adige solo verso la fine di otto-bre, quando è in corso la battaglia di Vit-torio Veneto sul fronte Grappa-Piave.Ma il nemico, che occupa posizioni do-minanti, è ancora forte e solo il 2 novem-bre reparti del 35° reggimento riesconoad occupare il paese di Mori sulla stradache da Riva del Garda conduce a Rove-reto. Il 3 novembre 1918 reparti del 36°reggimento inseguono il nemico fino alleporte di Trento e il giorno 4 entrano, fi-nalmente, in città. La guerra è finita !

Ma per il tenente Carlo Lanza è ap-pena iniziata la sua personale battagliacontro la “spagnola” un’influenza mali-gna che sta mietendo numerose vittime inparticolare tra i militari, ma non solo.Anche la popolazione civile è duramentecolpita e il ricordo della “spagnola” du-rerà, purtroppo, a lungo, nelle nostre fa-miglie.

Sullo Stato di Servizio del tenenteLanza è riportato che, contratta la malat-tia “in zona di guerra” , viene ricoveratoall’ospedale militare di Vicenza dovemuore il 25 novembre 1918, come risultadal registro degli atti di morte, anno1918, del comune di Vicenza.

Carlo Lanza, ufficiale di fanteria nelRegio Esercito con il grado di tenente, inforza alla 310° compagnia mitraglieriFiat, muore quando non ha ancora 23anni. Ha visto da vicino la morte in bat-taglia sulle pendici insanguinate delloSleme, del Monte Nero e dell’Hermada,

256

A lato, lapide che commemora i ca-duti della Grande Guerra dell’Isti-tuto da Vinci di AlessandriaAlla pag. precedente, Nei cammina-menti del Podgora in vista di Gori-zia; nella pag. a lato Carta delleoperazioni di guerra; in bass,o vitadi trincea

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 256

Page 81: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

257

nelle trincee del Carso, della Valsugana esulle rive del Tagliamento. Ha visto mo-rire tanti soldati e tanti colleghi, amici enemici, ha evitato la morte anche nelleultime aspre battaglie sul Monte Baldo esulla strada per Rovereto e Trento.

Quando, finalmente, può festeggiarela fine della guerra e la vittoria, deve ce-dere a una malattia contagiosa e deva-stante che in un paio di settimane mettefine ai suoi giorni !

E’ ricordato, assieme ad altri allievie docenti, nella lapide commemorativadei caduti della prima guerra mon-diale che si trova nella sede del-l’Istituto Tecnico Leonardo da Vinciin via Trotti, 19 ad Alessandria(vedi foto).

Antonia Lanza, madre di Carlo,con la pensione di guerra riceveràanche le onorificenze attribuite alfiglio:

La Medaglia commemorativadella guerra 1915-1918 con i na-strini delle campagne 1915 e 1916.

La Medaglia interalleata dellaVittoria.

La Medaglia a ricordo del-l’Unità d’Italia.

NOTENel 1922 il pittore Paolo Badino**,

silvanese di adozione, con l’ausilio di unafotografia, esegue un grande ritratto, pro-babilmente a carboncino, di Carlo Lanzain divisa, con i gradi di capitano.

Non abbiamo documenti che certifichinola promozione alla memoria concessaqualche tempo dopo la fine della guerra,ma la Signora Benedetta Polentes ricorda

che sua nonna, la madre di Carlo, riceveva lapensione “da capitano”, una pensione “impor-tante“ per quei tempi, anche in termini econo-mici.

A conferma dei suoi ricordi sta la lapidecommemorativa dei caduti ***della primaguerra mondiale, posta in piazza Cesare Batti-sti a Silvano d’Orba, sulla quale figura il nomedel capitano Carlo Lanza fu Antonio.

Le autorità comunali nel far incidere la la-pide nel 1927 hanno certamente tenuto conto diinformazioni che non sono riportate sullo Statodi Servizio di del tenente Carlo Lanza che “siferma” al 30 novembre 1918, data di registra-zione dell’avvenuto decesso, in zona di guerra,

per cause dimalattia.

*Educa-tici negliAsili perl’infanzia diS i l v a n od’Orba sonostate, peroltre un se-colo, le Reve-rende MadriPie che ametà del 1800erano già

presenti in quello che ancor oggi viene chiamatoAsilo Vecchio e hanno lasciato memoria indele-bile del loro affettuoso e “materno”operato indiverse generazioni di Silvanesi. Valga per tutteil ricordo dei trentasei anni di attività, dal 1910al 1946, di Madre Angela Lodi.

**Paolo Badino era il fratello di Rosa Ba-dino (1903 - 2005), meglio conosciuta come lamaestra Grillo, in quanto insegnante e mogliedel dottor Giuseppe Grillo (1900 -1945), me-dico, ucciso dai partigiani nel corso dellaguerra civile che insanguinò le nostre contradealla fine del secondo conflitto mondiale.

***La prima guerra mondiale ha visto lapartecipazione di molti silvanesi e tra essi ben

ventisette dei circa novanta abitantidella piccola frazione di Valle Cochi.Quarantadue i caduti : quattro ufficiali,un aiutante di battaglia, tre sottufficiali,un graduato (disperso) e trentatre sol-dati, di cui quattro della Valle dei Cochi.

Tra i caduti, sono stati insigniti dimedaglie al valor militare :

Giovanni Battista Arata, promossosul campo Aiutante di battaglia, il gradomassimo tra i sottufficiali, decorato contre medaglie d’argento ed una medagliadi bronzo.

Marcenaro Agostino, sacerdote, te-nente di complemento e cappellano, de-corato con due medaglie d’argento.

Robbiano Lorenzo, sacerdote, te-nente di complemento e cappellano, de-corato con una medaglia d’argento.

Basso Lorenzo, tenente di comple-mento, decorato con una medaglia dibronzo.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 257

Page 82: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

258

L’ attrice Liliana Bonfatti, nata adOvada il 27 ottobre 1930, è menzionatada Enrico Lancia, uno degli autori, come“uno dei volti più caratteristici e più sim-patici del cinema italiano dei primi anniCinquanta. Magrolina, non molto alta,dall’aria vivace, dall’occhio attento e dal- l’espressione intelligente, è la vincitricemorale rispetto alle ‘maggiorate’chestanno bussando alle porte di Cinecittà”1.La scheda biografia ci ricorda anche dellasua breve carriera cinematografica, rac-chiusa in un quinquennio (dal 1951 al1956) dove “esaurisce tutto il suo poten-ziale d’attrice e silenziosamente si allon-tana dal cinema”2. Tutto l’opposto il suodebutto. Nel 1951 per Le ragazze diPiazza di Spagna di Luciano Emmer ot-tiene la parte di uno dei tre ruoli princi-pali (le altre due intrepreti sono LuciaBosè e Cosetta Greco). Dopo l’uscita delfilm numerosi rotocalchi le dedicano foto(anche di copertina) e servizi. Uno diquesti, su “Oggi”, ci racconta il percorsoche l’ha portata ad ottenere quel ruolo:“Liliana Bonfatti è, dopo la Bosè, laPampanini, la Lollobrigida, la Man-gano, la Canale e la Rossi, l'ultimadelle nostre giovani attrici ‘scoperta’attraverso il concorso di bellezza cheogni anno si conclude con elezionedi ‘Miss Italia’.

L'estate scorsa, infatti, due orga-nizzatori del concorso stesso, duranteun giro sulle spiagge alla ricerca divolti nuovi da invitare alla manifesta-zione, fotografarono, alle Focette,presso Viareggio, la ventenne Li-liana, che si trovava in villeggiatura.Quella fotografia procurò quasi su-bito alla Bonfatti la scrittura per Leragazze di piazza di Spagna. Ora,dopo il primo successo in quel film,la Bonfatti ha interpretato ‘Serenataamara’ e sarà presto protagonista di‘Viale della speranza’. Liliana Bon-fatti, nata a Ovada (Piemonte) ven-tun anni fa, rimase giovanissimaorfana di padre e, trasferitasi a Mi-lano con la famiglia, si guadagnò fa-ticosamente da vivere prima come

commessa in una profumeria epoi come manicure e sartina. Ditemperamento vivace ed esube-rante, la Bonfatti coltiva un po'tutti gli sport, dal tennis all'equi-tazione.”3.

Un ulteriore conferma sul-l’episodio che ha portato laBonfatti nel mondo del cinemal’abbiamo dal “Tempo”: “Li-liana Bonfatti seguita a esserenota come ‘la piccolina’ del film‘Le ragazze di Piazza di Spa-gna’, sebbene da allora la mila-nesina abbia fatto molta strada,interpretando altri film. EppureLiliana, che è nata a Ovada 21 anni fa, eraarrivata a quel film assolutamente percaso, in virtù di una foto pubblicata a suainsaputa da un settimanale. Le vie delloschermo sono infinite e non si sa doveconducano. Ora essa è una vera attrice ela prossima stagione cinematografica lodimostrerà.”4.

Testimonianze orali ci hanno inveceindicato come luogo della sua casa natalead Ovada, il vico Luna, tra Via Roma evia Lungo Stura M. Oddini. Oltre a que-st’ultime, alle fonti bibliografiche e aquelle delle riviste cartacee del periodo,abbiamo svolto anche una ricerca sulweb. Per questo tipo di ricerche Internetè insostituibile: immagini, locandine difilm o anche soltanto un riferimento a un

documento a noi sconosciuto fa-cilita il lavoro del ricercatore. Peresperienza però, tutto quello pub-blicato in rete va verificato e sup-portato da fonti attendibili, mentreil più delle volte non lo è.

Nel nostro caso, come esem-pio, possiamo citare la pagina de-dicata alla nostra attrice suWikipedia. In essa è riportataanche luogo e data del decesso:“Roma, 19 dicembre 2005”5.Anche se non avessimo dubbisulla buona fede del collaboratoredi Wikipedia (oltretutto ano-nimo), l’informazione non è sup-portata da fonti attendibili equindi la riportiamo qui con il be-neficio del dubbio. Interessante èinvece la filmografia pubblicata.Questa, raffrontata con le filmo-grafie dell’attrice ovadese pre-senti in altri siti, ci permette distilare la sua carriera nel mondodel cinema in modo abbastanzaattendibile. Questo quindi è, at-

Ricerche sull’ovadese Liliana Bonfatti, attrice delCinema Italiano degli anni ’50di Ivo Gaggero

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:20 Pagina 258

Page 83: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

259

tualmente, il risultato che abbiamo otte-nuto sulla ricerca di materiale su LilianaBonfatti. Ma, come per altro stiamo fa-cendo per Ubaldo Arata, il nostro lavoronon si ferma qui e continuamo a ‘setac-ciare’ il web, le sue fonti bibliografichee i suoi elenchi delle riviste e delle pub-blicazioni di cinema, alla ricerca di altromateriale sull’attrice ovadese.

Note

1 ENRICO LANCIA, ROBERTO POPPI, Di-zionario del Cinema Italiano. Le attrici, Gre-mese Editore, Roma 2003, p. 41.2 Ivi.3 Dal settimanale “OGGI”,VIII, 31, 31 luglio1952.4 Dal settimanale “TEMPO”,XIV, 39, 20 set-tembre 1952.5 In rete su Wikipedia, l’enciclopedia liberaalla pagina (o voce) Liliana Bonfatti:https://it.wikipedia.org/wiki/Liliana_Bonfatti6 Di questa filmografia di 10 film, 5 sonodi facile reperimento in formato DVD: Le ra-gazze di Piazza di Spagna, Non è vero ma cicredo, Viale della speranza, La moglie èuguale per tutti, Donatella.

Filmografia6

Le ragazze di Piazza di Spagna, regia di Luciano Emmer (1952) con Lucia Bosè,Cosetta Greco, Renato Salvatori, Marcello Mastroianni.Non è vero, ma ci credo, regia di Sergio Grieco (1952) con Peppino De Filippo, Ti-tina De Filippo, Carlo Croccolo.Serenata amara, regia di Pino Mercanti (1952) con Claudio Villa, Giovanna Pala,Gianni Rizzo, Walter Santesso, Ave Ninchi.Viale della speranza, regia di Dino Risi (1953) con Marcello Mastroianni, CosettaGreco, Piera Simoni, Pietro De Vico, Nerio Bernardi.Il mondo le condanna, regia di Gianni Franciolini (1953) con Alida Valli, AmedeoNazzari, Serge Reggiani, Laura Solari, Franco Interlenghi.Per salvarti ho peccato, regia di Mario Costa (1953) con Pierre Cressoy, Milly Vi-tale Frank Latimore Frank Latim, Aldo Silvani, Maria Laura Rocca.Siamo tutti milanesi, regia di Mario Landi (1954) con Carlo Campanini, Ugo To-gnazzi, Carlo Croccolo, Riccardo Billi, Mario Riva, Gianni Glori, Lauretta Masiero.Trieste cantico d'amore, regia di Max Calandri (1954) con Vasito Bastino, AntonioBasurto, Nerio Bernardi, Vera Carmi.La moglie è uguale per tutti, regia di Giorgio Simonelli (1955) con Nino Taranto,Nadia Gray, Pina Renzi, Alberto Bonucci, Lea Padovani, Bice Valori, CarloDapporto, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Riccardo Billi, Mario Riva.Donatella, regia di Mario Monicelli (1956) con Elsa Martinelli, Alan Furlan, WalterChiari, Xavier Cugat, Aldo Fabrizi, Gabriele Ferzetti, Abbe Lane.

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:21 Pagina 259

Page 84: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

260

Attraverso le pagine di URBS cisiamo occupati più volte di Ubaldo Arata,mentre in questo numero abbiamo pub-blicato i primi risultati di una ricerca suLiliana Bonfatti. Due figure ovadesi chehanno lavorato in passato nel mondo delCinema italiano.

Più volte, come ricercatori e appassio-nati di Cinema, ci siamo però anche chie-sti come stanno le cose nel Cinemaitaliano di oggi, cioè: quanti e chi sonogli attori professionisti che hanno le pro-prie radici nell’Ovadese ?

La risposta, anche se un paio di nomili avevamo già in mente, l’abbiamo cer-cata sul web. Numerosi sono i siti che sioccupano di Cinema e di produzioni tele-visive (alcuni sono banche dati di infor-mazioni su attori, registi e personale diproduzione di film e fiction televisive).

Il materiale raccolto e rielaborato, in-crociando i dati, ha portato a questo risul-tato: gli attori professionisti con leproprie radici nell’Ovadese, secondo larete, sarebbero 4.

È nostra intenzione pubblicare, perio-dicamente, per ognuno di loro, una brevebiografia della carriera fino ad oggi e unascheda con la filmografia.

I nomi, che vi anticipiamo, a noi e aquasi tutti i residenti nella zona, sono ab-bastanza noti: Fausto Paravidino, JurijFerrini, Franco Ravera e Marco Zanutto.

Li accomuna una formazione di ori-gine teatrale, il docente del corso di reci-tazione Roberto Pierallini e l’esperienzanella compagnia La Soffitta di Ovada.

In questo numero ci occupiamo diFranco Ravera, quello dei quattro che haal suo attivo più partecipazioni a produ-zioni cinematografiche e televisive, pas-sando anche dalla nuova frontiera, quelladel web. Proprio per una di queste ultimeè stato premiato, al Roma Web Fest (ilprimo Festival Italiano ufficiale delle webseries), come miglior attore.

Le web series sono episodi di fictionrealizzati per essere fruiti esclusivamenteattraverso internet (la cosiddetta WebTV), oppure sui display dei dispositivimobili. Si tratta per alcuni, appunto, del-l’ultima frontiera del cinema: possibilitàdi innovazione e di sperimentazione acosto contenuto. Se ne trovano di tutti i

tipi, sia amatoriali che professionali.Quella che vede come attore protago-

nista Franco Ravera, Notte Noir, è pro-dotta dalla RSI, la radio televisione dellaSvizzera Italiana.

L’iniziativa della Rai svizzera di pro-durre anche web series è interessante enasce da un concorso lanciato nel 2013che ha visto la partecipazione di 400 pro-getti. Tra questi ne sono stati scelti 6.

Notte Noir è stata la prima produ-zione, lanciata nell’aprile del 2014 sia sulcanale Youtube che sul portale onlinecreato ad hoc dalla RSI.

Una webserie composta da 8 episodi,che riprende il genere noir tipico dei ro-manzi e dei film degli anni ’30 e ’40, conatmosfere ombrose messe in risalto dallascelta stilistica del bianco e nero e che ri-specchiano lo stato d’animo dei protago-nisti travagliati da un passato che ancoraincide sul presente. Il palcoscenico diNotte Noir è l’automobile del protagoni-sta Bruno Cesconi (Franco Ravera, ap-punto), che diventa un luogo di incontri,di meditazioni e di prese di coscienza.Nel cast figurano anche Sara Bertelà eEmiliano Brioschi. Il nostro consiglio èdi vederla:http://webseries.rsi.ch/public/notte-noir/puntate oppure, più semplicemente,lanciando una ricerca (Google o altri mo-tori) per Notte Noir.

Ma lasciamo uno degli ultimi lavoridi Franco Ravera e partiamo dall’inizio:Classe 1960, figlio di mezzadri, alla finedegli anni ‘80 il Ravera vive a Molare e

lavora come operaio in una piccolaazienda di Ovada ubicata in strada Mo-lare. Per diversificarsi un poco dai diver-timenti giovanili di massa decide didedicare alcune ore del suo tempo liberoa un corso di recitazione. Il docente è Ro-berto Pierallini, insegnante alla scuola diTeatro I Pochi di Alessandria. Ricorda lostesso Ravera in un’intervista: “...Pieral-lini venne poi anche ad Ovada più volte,a tenere corsi organizzati da La Soffitta.E’ da quel periodo e da quelle esperienzeche sono sbocciati in tanti, nella nostrazona: Fausto Paravidino, Jurij Ferrini,Wilma Sciutto, Marco Zanutto e, nel No-vese, Valerio Binasco...”.

La formazione teatrale di Ravera ècon la filodrammatica Gli Spicchi diAcqui Terme (1987-1993) e con La Sof-fitta di Ovada (1993-1995). Dal 1995 èun’attore professionista e nelle produ-zioni teatrali lavora soprattutto a Genovasul palco dello Stabile e del Teatro dellaTosse sotto la direzione di, per citarne al-cuni, Valerio Binasco, Benno Besson,Marco Sciaccaluga, Tonino Conte. Nel2009 lavora ne I demoni di F. Dostoev-skij, regia di Peter Stein. Nel 2013 è di-retto da Mario Martone ne La Serata aColono di Elsa Morante.

Per quanto riguarda invece le parteci-pazioni di Franco nelle produzioni cine-matografiche vi rimandiamo allafilmografia completa pubblicata qui afianco. A noi hanno sopratutto colpito lesue interpretazioni in Keawe di ValerioBinasco; il “Francone” di Piovono muc-

Cinema Italiano di oggi. Attori ovadesi (I) :Franco Raveradi Ivo Gaggero

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:21 Pagina 260

Page 85: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

261

che con Alessandro Tiberi; ne La ragazzadel lago, per la regia di Andrea Molaioli,nel ruolo di Mario “il matto buono” cheama i conigli e le bambine che sono inno-centi come lui (indimenticabile la scenadell’interrogatorio al fianco di Toni Ser-villo); l’operaio della Fiat Carlo nei lun-ghissimi 35 giorni di sciopero delsettembre 1980 in Signorina Effe diWilma Labate, al fianco di Filippo Timi;un altro Carlo quello di Si può fare diGiulio Manfredonia con Claudio Bisio; ilruolo brillante del personaggio di Lu-ciano in Benvenuto Presidente! di Ric-cardo Milani al fianco ancora di Bisio.

In televisione ha partecipato in epi-sodi di varie fiction, tra le quali: Distrettodi Polizia, Don Matteo, Nebbie e delitti,R.I.S.- Delitti imperfetti, Quo Vadis,Baby?, Boris. Da non dimenticare anchela partecipazione in In Love and War(Love and War in the Appenines), un tvmovie per il mercato statunitense, e i ruolinelle produzioni della già citata RSI dellaSvizzera italiana.

Nella pag. precedente, Franco Raveradurante la lavorazione di Notte Noir.Foto RSI/REC Lugano.Sotto, in una foto di Federico Riva del2009.

FILMOGRAFIA

CINEMAIl partigiano Johnny, regia di Guido Chiesa, con Stefano Dionisi, Fabrizio Gifuni e ClaudioAmendola, Fandango (2000), nel ruolo di AnselmoLupo mannaro, regia di Antonio Tibaldi, con Gigio Alberti e Maya Sansa, Fandango (2000). Due amici, regia di e con Spiro Scimone e Francesco Sframeli, Medusa Film (2002).Piovono mucche, regia di Luca Vendruscolo, con Alessandro Tiberi e Massimo De Lorenzo, Axe-lotil Film (2003), nel ruolo di Franco “Francone”Lavorare con lentezza (Radio Alice), regia di Guido Chiesa, con Valerio Mastrandrea e ClaudiaPandolfi, Fandango (2004), nel ruolo di BelladonnaKeawe di Valerio Binasco, Fox and Gould (2004), nel ruolo del protagonistaTexas, regia di Fausto Paravidino, con Riccardo Scamarcio e Valeria Golino, Fandango (2005),nel ruolo di Nino ScarsiLa ragazza del lago, regia di Andrea Molaioli, con Toni Servillo, Valeria Golino e Fabrizio Gi-funi, Indingo Film (2007), nel ruolo di MarioSignorina Effe, regia di Wilma Labate, con Filippo Timi e Valeria Solarino, Sabrina Impacciatore,Fausto Paravidino e Fabrizio Gifuni, Bianca Film (2007), nel ruolo di CarloSi può fare, regia di Giulio Manfredonia, con Claudio Bisio, Rizzoli Film/Warner Bros. (2008),nel ruolo di CarloNoi credevamo, regia di Mario Martone, Palomar/Les Films d'Ici/RAI Cinema/RAI Fiction(2010), nel ruolo di Antonio GomezBenvenuti al Sud, regia di Luca Miniero, con Claudio Bisio e Alessandro Siani, Medusa Film(2010), nel ruolo di Borghetti, ispettore delle Poste ItalianeBreve storia di lunghi tradimenti, regia di Davide Marengo, Emme Cinematografica (2012) Dracula 3D, regia di Dario Argento, con Thomas Kretschmann, Asia Argento e Rutger Hauer, En-rique Cerezo Prod.Cin./Film Export Group/Les Films de l'Astre (2012), nel ruolo del prete La città ideale di e con Luigi Lo Cascio, Bi. Bi. Film/Rai Cinema (2012), nel ruolo di GaspareBenvenuto Presidente!, regia di Riccardo Milani, con Claudio Bisio e Kasia Smutniak, IndingoFilm (2013), nel ruolo di Luciano CassettiIl terzo tempo, regia di Enrico Maria Artale, con Lorenzo Richelmy, Universal Pictures/Filmauro(2013), nel ruolo del giudice di sorveglianza

TELEVISIONEIn Love and War (Love and War in the Appenines), TV Movie USA, 2001, regia di John KentHarrison, nel ruolo di OsvaldoDistretto di Polizia, stag. 3, CANALE 5, 2002, regia di Monica VulloDon Matteo, stag. 3, ep. 14: Il re degli scacchi, RAI 1, 2002, regia di Andrea Barzini, nel ruolo diFalieroSono stati loro. 48 ore a Novi Ligure, documentario, 2003, Fandango/Tele+, regia di GuidoChiesa, nel ruolo di LucianoOperazione Stradivari, Tv Movie Svizzera Italiana, 2004, regia di Rolando Colla, nel ruolo diBeccuti investigatore privatoL’avvocato, stag. 4, ep. 3: Usura di un omicidio, TV Svizzera Italiana, 2004, regia di MassimoDonati e Alessandro Maccagni, nel ruolo di PalzanelliNebbie e delitti, stag. 1, ep. 2: L’affittacamere, RAI 2, 2005, regia di Riccardo Donna, nel ruolo diPompeiR.I.S. - Delitti imperfetti, stag. 2, ep. 14: La mano del diavolo, CANALE 5, 2006, regia di AlexisSweet, nel ruolo di UsererNati ieri, stag. 1, CANALE 5, 2006, regia di Luca MinieroCodice Rosso, stag. 1, CANALE 5, 2006, regia di Riccardo Mosca e Monica VulloZodiaco, Miniserie, RAI 2, 2008, regia di Eros PuglielliMarameo, Tv Movie Svizzera Italiana, 2008, regia di Rolando Colla, nel ruolo del noleggiatore Quo Vadis, Baby?, stag. 1, ep. 2: La ragazza dei rospi, SKY CINEMA 1e ITALIA UNO, 2008,regia di Guido Chiesa, nel ruolo di Albino Savelli, il macellaioBoris, stag. 2, ep. 12: Usa la forza, Ferretti, FOX/FX e CIELO, 2008, scritto e diretto da GiacomoCiarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo, nel ruolo di Ermanno LenziRaccontami, stag. 2, RAI 1, 2008, regia di Riccardo Donna e Tiziana AristarcoNon pensarci - La serie, stag. 1, FOX, 2009, regia di Gianni Zanasi e Lucio PellegriniC'era una volta la città dei matti..., TV Movie/Fiction, RAI 1, 2010, regia di Marco Turco, nelruolo di Toni456 - La serie, regia di Mattia Torre, 2011, sequel televisivo tratto dallo spettacolo teatrale andatoin onda in The Show Must Go Off , LA71992, TV Movie/Fiction, SKY (in onda su Sky Atlantic in autunno), 2014, regia di Giuseppe Ga-gliardi

WEBLe bolle di Marat, cortometraggio, 2010, regia di Matteo Fresi Notte Noir, Web Serie Radiotelevisione Svizzera, 2014, 8 puntate, nel ruolo del protagonistaBruno Cesconi

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:21 Pagina 261

Page 86: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

262

La Signora del Turchino – RegioneLiguria 3 luglio 2014

Mi è stato chiesto di intervenire a que-sta giornata e parlare di Camilla SalvagoRaggi, per quanto attiene il privato. Neparlerò ovviamente in relazione a me, alrapporto tra di noi che si è sviluppato inambito privato, ma anche pubblico du-rante, posso dirlo, tutto l’arco della miaesistenza.

Camilla fece il suo ingresso “vir-tuale”, usando un termine in voga oggi,nella mia vita di bambina con l’arrivodelle nipoti tra le compagne di giochi du-rante l’estate: Gabriella e Giuliana, a cuiseguiva il “titolo” di nipoti della Mar-chesa. Non era allora avvezza alla no-biltà, avevo letto sì Il Piccolo Lord, IlPrincipe e il Povero, Il visconte dimez-zato (del resto tutte le fiabe per l’infanziae anche i romanzi di formazione hannospesso come protagonisti principi e prin-cipesse, re e regine) ma mai avevo avutoincontri a tu per tu. E la prima impres-sione che ne ricavai fu che, ancorché ni-poti della Marchesa, si comportavanoesattamente come noi, bambine qualun-que. E quindi probabilmente come per-sona qualunque si comportava anche lazia Marchesa.

Solo più tardi scoprii che Camilla eraanche scrittrice. Lo feci grazie all’attività dei miei genitori e allo scambiodi lettere e manoscritti che, per loro tra-mite, avveniva tra lei e Lalla Romano:per mia madre e me, grandi lettrici,quello scambio di buste dava il via ad unaserie di fantasticherie sui contenuti e invirtù di questi scambi (di Lalla Romanoavevo già letto Le parole tra noi leggere), iniziai a leggere i libri Camilla. Ed è cu-rioso che di questo loro rapporto mi siaoccupata nel 2012 fa per un evento, rea-lizzato a Campale in collaborazione conl’Ass.ne Amici di Lalla Romano e i co-muni di Ovada e Molare, il cui titolo“intrecci di vite e di scrittura”, ben siadatta anche a ai contenuti di que-sto mio intervento.

Qualche anno dopo iniziai a la-vorare in Biblioteca ma di Camilla edel marito Marcello Venturi (a queltempo inseparabili) non ero auto-rizzata ad occuparmi personal-mente. Ebbi modo però di rendermiconto della loro disponibilità e del-l’entusiasmo con cui si lasciavanoin iniziative promosse dalla Biblio-teca. Che si trattasse della presenta-zione dei loro libri, o di incontrarele classi di studenti per “raccon-tare” il mestiere di scrittore.

Poi Giuliana, la nipote, ed io di-venimmo mamme e alle feste dibambini, a proposito di Francesco,

tornai a sentir parlare di “nipote dellaMarchesa”. Ma ormai il mio rapporto conCamilla era diventato concreto e così lapercezione di lei, dei suoi modi, e dellasua presenza, sempre più netta, anche ri-spetto alla vita della mia città che la vedeimpegnata nella spesa, nei passaggi dalfotografo, dal copy center, il parruc-chiere, la Messa, il cinema (di cui è ap-passionata) insomma nelle tanteincombenze quotidiane e momenti checaratterizzano le vite di noi, sprovvisti dititolo. E via via che il tempo passava,mentre me ne occupavo a pieno titoloanche in qualità di Bibliotecaria, il rap-porto si trasformò da professionale inamicizia.

Certo, con da parte mia la consapevo-lezza di avere a che fare con una persona-lità piuttosto fuori dal comune e una certadiscrezione nell’indagare quei lati dellasua esistenza che mi rimanevano oscurie che di sicuro avevano contribuito a for-marla. A tutto ciò ovviò Camilla nel suoMemorie Improprie, dimostrando ancorauna volta, la sua franchezza, la sua limpi-dezza, anche se, come scrive lei, non sidice tutto ma proprio tutto di sé. Questesue memorie me l’hanno resa se possibileancora più vicina, con i travagli della suavita di bambina e non solo, le sofferenzeinevitabili, che non hanno comunque mi-nato la sua vivace intelligenza, la sua cu-riosità, la sua energia, la capacità di gioiree di entusiasmarsi.

Bambina scatenata durante le estatitrascorse a Badia, ma anche consapevoledella gravità dei fatti storici che caratte-rizzano quegli anni. Appassionata già al-lora di opera e musica classica: storicaabbonata al Teatro Carlo Felice e pendo-lare F.S. sino a due anni fa. Ora Cesareed io la portiamo con noi in occasionedelle prime, e restituendole il Teatro, cirendiamo conto di restituirla alle tantepersone di questa città che la conosconoe con affetto la avvicinano. Città di cui

nei suoi diari di bambina ha annotatoeventi culturali, sociali, occasioni spor-tive (i Mondiali del 34), il “villaggio bal-neare” e perché no anche condizionimetereologiche: parlando delle giornateventose e di piogge le attribuisce adesempio al “giugno genovese”, certopoco allettante dal punto di vista turisticoma evidentemente una consuetudine a cuipochi ormai sanno fare riferimento. Cittàche ha dimostrato attraverso varie inizia-tive di amarla, e di esserle grata per i suoiscritti e per le sue donazioni. Anche di re-cente. Anche oggi.

Grata, mi sento di dire, è anche la miacittà e i piccoli paesi dei dintorni chetante volte l’hanno vista protagonistanegli eventi culturali. Perché, in partico-lare durante il suo mandato di Presidentedel Consiglio di Biblioteca di Ovada, hamesso a disposizione tanti contatti (citotra i tanti Rosetta Loy, Margherita Og-gero, Isabella Bossi Fedrigotti, Seba-stiano Vassali e poi non meno degni dicitazione i tanti docenti dell’Università diGenova che dei loro scritti si sono occu-pati e che saluto) e tanta ospitalità. Ospi-talità nella sua casa, che Camilla apre congenerosità e senza preclusioni a chi si vo-glia avvicinare. Ha continuato a farlo,anche dopo la perdita di Marcello, e tantevolte penso che la sua assenza ha resti-tuito una più assidua presenza di Camillanella mia, nelle nostre vite.

E questo pensiero mi riporta anche unpo’ lui, e la sua aria un po’ sorniona chesi ritrova in tante belle foto in cui lei loabbraccia sorridente, felice, mi si perdonil’indiscrezione, innamorata. Ritratti checomprendono gli adorati gatti, spessocolti in atteggiamenti facilmente ricondu-cibili al carattere dei loro proprietari.

La fotografia è un’altra delle passionidi Camilla che in parte condivido, dico inparte perché, contagiata dalla fotografiacome tanti forse troppi in questa era di-gitale, non ho quella essenzialità che fa

di ogni sua foto “un docu-mento”: tendo a moltiplicare, amodificare e soprattutto a nonstampare. Certo, vengo in sup-porto in quelle occasioni in cuilei non può essere contempora-neamente protagonista e foto-grafa, ma consapevole del mioruolo e che verrò consegnata aiposteri grazie ai suoi album, dicui Camilla però è ed è giustoche rimanga autrice indiscussa.

La casa è elemento impre-scindibile da Camilla, che siaCampale o Badia. Case in cui sitrascorre tempo prezioso, al-meno questo è per me, e per le“ragazze della domenica”. Po-

La Signora del Turchino di Cinzia Robbiano

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:21 Pagina 262

Page 87: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

263

meriggi di risate e di discorsi profondi, dicronaca e politica, musica e cinema e per-ché no la moda. Luoghi con un fascinoparticolare, direi unico, soprattutto Badia,luogo che emana privilegio per la naturae il senso di straniamento di cui si gode,non certo per la vita che ci si conduce,semplice, senza “snobberia”.

E poi naturalmente la letteratura, nonsolo quella scritta da Camilla. Per meche amo la letteratura inglese Camilla èl’interlocutrice perfetta. Ho solo lei concui condividere gli acquisti di testi inlingua originale, proprio di recente ilBloomsbury Cook Book a comprovarela sua e anche la mia passione per la“cucina letteraria”. Amiamo le stesse at-mosfere, lo stesso spirito, e molte dellestesse autrici. Con una differenza, chealcune di quelle che io ho scoperto oscopro più recentemente, lei le ha lettemolti anni prima di me.

Prima e velocità sono le parole chesembrano appartenerle più di qualsiasialtra, per la modernità dei suoi gusti,delle sue abitudini, per una certa impa-zienza e frettolosità nei gesti, per la guidascattante anche su percorsi tortuosi, e in-sofferente dei limiti imposti dalla velo-cità e dai parcheggi, non certo postidall’età.

Modernità anche nella visione di que-sti anni della sua esistenza, ben espressanei suoi più recenti libri. Non il ricordarecon il monotono e malinconicosciabordio del mare calmo, mapiuttosto con la vivacità dellabrezza marina: un flusso di co-scienza in cui trovano spazioanche i limiti, confessati senzamezzi termini. Limiti, che proprioperché confessati, diventano doti,insieme alla tante per le quali misento dire le siamo tutti un po’ ri-conoscenti, perché ne veniamoinevitabilmente contagiati.

Devo concludere, me ne rendoconto. Lo faccio a malincuore, sa-pendo di aver omesso molto ma èdavvero difficile parlare delle milleCamille che stanno nell’unica e inso-stituibile Camilla che conosco. Cheprima di domani saranno mille euna, già lo so.

Recensione ANGELO SEBASTIANO BARISIONE,Un suvè, Galata, Erredi GraficheEditoriali, Genova 2014, pp. 375.

Un libro su Rossiglione e la suagente, la vita nelle due borgate, lestorie e gli episodi legati agli abi-tanti delle cascine sparse, non po-

teva che suscitare la mia curiosità perché diRossiglione e della sua gente ho dei ricordibellissimi di quando ero ragazzo. L’ho sem-pre detto e continuo a ripeterlo ma ora chesi presenta l’occasione di scriverlo non mela lascio davvero scappare. Anche l’autoredi Un suvè ha riunito in questo robusto vo-lume i flashback della sua età più bella. Iragazzi, è risaputo, sanno osservare e ascol-tare meglio degli adulti, e se una volta di-ventati adulti, dei propri ricordi decidonodi renderne partecipi gli altri, allora na-scono libri come questo, grazie al quale laComunità rossiglionese può considerarsipiù ricca. Infatti, con quest’opera, può in-cludere nel forziere della comune memoriauna buona porzione degli eventi del suo piùrecente passato.

L’autore non ha frugato solamente nel-l’universo delle reminiscenze personali: haparlato con le persone, ha raccolto episodicuriosi dalle loro labbra, intervistato, e so-prattutto ascoltato con affetto nel corsodegli anni, gli anziani ospiti del «Rico-vero», traendone un vero e proprio affrescodi vita di paese.

Luoghi, persone, piccoli eventi, raffor-zati da immagini d’epoca, molte delle qualiattinte dalla collezione della Civica Biblio-teca che alle testimonianze storiche localidedica sempre particolare attenzione.Anche i privati sono stati chiamati a rac-colta per ricercare foto di Famiglia. Hannocosì rimesso in luce immagini segnate dal

tempo: un po’ sfocate, spesso malconce, di-menticate per anni nel portafoglio, ora ri-valutate e affiancate ad una miriade divicende umane. Sono infatti le storie e glianeddoti che con tanta passione l’Autore haraccolto a suscitare il più vivo interesse. Damolti anni Angelo ci lavorava intorno, ag-giungendo, limando, smussando, preci-sando fatti e cose, e poi si è deciso apubblicare la sua appassionata ricerca. Unasottile garbata ironia rallegra ogni paginadel libro e ne rende piacevole e scorrevolela lettura. I personaggi che si avvicendano,alcuni dei quali originali e veramente fuoridal comune, sono però trattati con tene-rezza, e, se pur si prestano al lazzo e allaburla, mai nei loro confronti l’Autore scon-fina nell’umorismo caricaturale.

Vi ho trovato il bisnonno, i cugini, glizii e perfino me stesso e di questo ringra-zio Angelo il quale farà felici anche tantealtre persone che attraverso le pagine delsuo libro rinverdiranno episodi di vita pae-sana, magari già ascoltati in varie occa-sioni, ma che prima d’ora nessuno si erapreso la briga di scrivere.

Un suvè non è solamente una testimo-nianza documentata su fatti e persone delluogo fisico che l’ha ispirato, ma rifletteanche la storia italiana degli ultimi cen-t’anni. Ogni paese e ogni valle però si ca-ratterizzano e si differenziano per le proprietradizioni e Rossiglione non è da meno.Quando ci passo in treno, allungo il collo

per vedere con la coda dell’occhio laCascina Bonardo, dall’autostrada sivede meglio, il posto delle vacanzedi quando ero ragazzo. Allora sfi-lano nella mente una parata di per-sonaggi cari e indimenticabili cheanche l’Autore ricorda e dei quali hasvelato tratti caratteriali che non im-maginavo. Gli zii Luigi e Natalina,la cugina Maria e le sue focaccedolci, i numerosi cugini, cotti dalsole, allora giovani operosi e vigo-rosi, lo zio Pietro della cascina Fun-tanin, fratello della nonna Minnaalla quale, Quei de Rsciugni, notogruppo musicale della vallata, hannopersino dedicato una canzone, cheMilva Sobrero interpreta sempre congrande passione e sentimento.

Che dire ancora di un libro chemi ha veramente commosso se noninvitare tutti ad acquistarlo e a leg-gerlo con attenzione, facendo ameno una sera della televisione o delcomputer, per poter concludere poiche ne è valsa veramente la pena.

(Paolo Bavazzano)

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:21 Pagina 263

Page 88: Avezzana e la Guardia Le campane nazionale a Genova dell ...accademiaurbense.it/pdf/URBS_09-14.pdf · Gallina11, ricorda che la frequenta-zione di questo per-corso in epoca romana

drp 7.qxp:Layout 1 1-12-2014 9:21 Pagina 264