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Avvocati di famiglia Anno IX - n. 1 - gennaio-marzo 2016 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA ISSN 2039-6503 n. 1 - gennaio-aprile 2016 Divorzio breve e separazione pendente Le relazioni affettive non matrimoniali Non necessità di concertazione delle spese straordinarie? L’art. 2645-ter del codice civile

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OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

ISSN 2039-6503

n. 1 - gennaio-aprile 2016

Divorzio breve e separazione pendente

Le relazioni affettive non matrimoniali

Non necessità di concertazione delle spesestraordinarie?

L’art. 2645-ter del codice civile

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Avvocati di famigliaPeriodico dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaNuova serie, anno IX, n. 1 - gennaio-aprile 2016Autorizzazione del tribunale di Roma n. 98 del 4 marzo 1996Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma

AmministrazioneOsservatorio nazionale sul diritto di famigliaCentro studi giuridici sulla personaVia Nomentana, 257 - 00161 RomaTel. 06.44242164 - Fax 06.44236900 ([email protected])

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AvvocatidifamigliaOSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

LA PROFESSIONE FORENSE NEL DIRITTO DI FAMIGLIA IN ITALIA

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Avvocati di famiglia | gennaio-aprile 2016Sommario

SOMMARIO

gennaio-aprile 2016 | Avvocati di famiglia | 1

Prassi e provvedimentiQuando la procura dice no(Mancata autorizzazione da parte della Procurae trasferimento del fascicolo al Presidentedel Tribunale, quando l’accordo di negoziazioneassistita non corrisponde all'interesse del minoreai sensi dell’art. 6 Legge 10.11.2014 n. 162) 2Ordinanza Tribunale Udine 21 dicembre 2015Ordinanza Tribunale Udine 29 gennaio 2016(Emanuela Comand)

Questioni processualiDivorzio breve e separazione pendente 11(Claudio Cecchella)

StudiLe «regole» delle relazioni affettivenon matrimoniali: le questioni patrimoniali 15(Michela Labriola)

Le ultimissime della giurisprudenzaL’assegno divorzile riconosciuto in autonomogiudizio successivo alla sentenza di status 32Corte di Cassazione, sez. I civile,Sentenza 1 febbraio 2016, n. 1863Il Commento (Giancarlo Savi) 34

La Corte di Cassazione prefigura un percorsodi avvicinamento in tema di provanelle azioni di status 35Corte di Cassazione, Sezione I civile,Sentenza 1 febbraio 2016, n. 1859Il Commento (Giancarlo Savi) 37

Partecipazione del difensore all’ascoltodel minore delegato ad un consulentetecnico d’ufficio 38Tribunale di Milano, Sezione IX,Ordinanza 6 maggio 2015Il Commento (Giancarlo Savi) 39

Note a sentenzeLa non necessità della concertazione delle spesestraordinarie: un’evoluzione giurisprudenzialeinconsapevole 42(Germana Bertoli)

OpinioniArt. 2645 ter c.c.: norma sulla fattispecieo norma sugli effetti? 48(Fernanda D’Ambrogio)

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PRASSI E PROVVEDIMENTI

QUANDO LA PROCURADICE NOMancata autorizzazione da parte della Procura etrasferimento del fascicolo al Presidente del Tribu-nale, quando l’accordo di negoziazione assistitanon corrisponde all’interesse del minore ai sensidell’art. 6 Legge 10.11.2014 n. 162

EMANUELA COMANDAVVOCATO DEL FORO DI UDINERESPONSABILE SEZIONE DI UDINE DELL’OSSERVATORIO

1. I poteri della Procura 2. Nulla Osta e Mancataautorizzazione 3. I poteri del Presidente del Tribu-nale 4. Primi provvedimenti ed orientamenti: Or-dinanza del Tribunale di Torino 15 gennaio 2015,Ordinanza del Tribunale di Termini Imerese 16marzo 2015, Ordinanza del Tribunale di Torino 20aprile 2015, Ordinanza del Tribunale di Udine 21dicembre 2015, Ordinanza del Tribunale di Udine29 gennaio 2016 5. Conclusioni

1. I poteri della ProcuraNel numero gennaio-marzo 2015 di questa rivista

(La Negoziazione assistita nella separazione e neldivorzio, pagina. 7), nel tentativo di effettuare un in-quadramento generale del nuovo istituto della ne-goziazione assistita familiare, erano state messe inevidenza alcune difficoltà interpretative connesseal rapporto tra diniego della Procura, a fronte di unaccordo non corrispondente all’interesse del minoreed il successivo coinvolgimento del Presidente delTribunale, chiamato a provvedere senza ritardo. Ov-vero a risolvere un problema che il legislatore si èben guardato dall’affrontare.

Se la questione fosse mantenuta in un ambito pu-ramente ermeneutico ai sensi dell’articolo 12 dellePreleggi, forse la soluzione potrebbe apparire piùsemplice, atteso che, come si è potuto valutare in se-guito alle prime decisioni (Trib. Torino 15.01.2015, Trib.Termini Imerese 16.03.2015; Trib. Torino 20.04.2015),il contrasto attiene al rapporto tra provvedimento delPresidente del Tribunale e diniego della Procura, conapertura di una nuova procedura, assimilabile al pro-cedimento di separazione o divorzio consensuale.

La vicenda interpretativa tuttavia rischia di tra-volgere l’istituto stesso della negoziazione assistita

familiare, laddove il messaggio che viene trasmessoalle coppie in crisi è quello di una minore difficoltànella formalizzazione un accordo raggiunto, utiliz-zando gli strumenti processuali di cui agli artt. 710e 711 c.p.c., e agli art. 5 e 9 Legge 898/1970, rispettoalla negoziazione assistita familiare, disciplinatadall’art. 6 della Legge n.162/2014.

L’apparente iniziale eccessivo controllo da partedelle Procure, rispetto alla percentuale di mancataomologa dei verbali di separazione consensuale e/odi sentenze successive al ricorso congiunto per di-vorzio e/o per modifica delle condizioni di separa-zione e/o divorzio, potrebbe orientare il cittadino aprivilegiare il primo strumento processuale.

Ed allora è forse opportuno fare un passo indietroe capire per quale motivo è stato introdotto l’ac-cordo di negoziazione assistita.

Nella delega al Governo per la riforma del pro-cesso civile vengono richiamati alcuni elementi checi sembra opportuno ricordare:

1. è necessario istituire sezioni specializzatepresso ciascun Tribunale, creando il Tribunale dellafamiglia;

2. è necessario disciplinare in modo uniforme esemplificato il rito in tutti i procedimenti familiari;

3. è necessario assicurare snellezza, concentra-zione ed effettività della tutela, al fine di garantire laragionevole durata del processo.

Se questo era l’orientamento della legge delega elo spirito che avrebbe dovuto animare il procedi-mento di negoziazione assistita, un intervento nonmodulato sulla ratio di tale normativa da parte delleProcure, può rivelarsi un vero e proprio “boomerang”.

Ai sensi dell’art. 6 Legge 162/2014 nr. 2: “In presenzadi figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori han-dicap grave ovvero economicamente non autosufficienti,l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negozia-zione assistita deve essere trasmesso entro il termine di10 giorni al Procuratore della Repubblica presso il Tribu-nale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo ri-sponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritieneche l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il Procu-ratore della Repubblica lo trasmette, entro 5 giorni, al Pre-sidente del Tribunale, che fissa, entro i successivi 30giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ri-tardo. All‘accordo autorizzato si applica il comma 3” (ov-vero l’accordo raggiunto o autorizzato dopo il diniegodella Procura (?) produce gli effetti di un provvedi-mento giudiziale di separazione, di divorzio, di mo-difica delle condizioni di separazione o divorzio).

La norma pone alcuni quesiti;a. quale sia il valore o comunque la natura giuri-

dica dell’accordo di negoziazione assistita;b. se l’autorizzazione da parte della Procura abbia

valore obbligatorio e/o vincolante;c. l’individuazione dell’organo giudiziario che

deve provvedere ai sensi dell’art. 6 nr. 2 della Legge162/2014 (Presidente, Collegio);

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PRASSI E PROVVEDIMENTI

d. il valore del provvedimento pronunciato dalPresidente del Tribunale;

e. la necessità o meno che, a seguito dell’autoriz-zazione da parte del Presidente del Tribunale, sorgala necessità di una nuova autorizzazione da partedella Procura.

Le difficoltà interpretative ed applicative dellamancata autorizzazione da parte della Procura dellaRepubblica di fronte ad un accordo di negoziazioneassistita, sottoscritto e certificato ai sensi dell’art. 6L.162/2014 dai coniugi e dai rispettivi avvocati, sonoparse evidenti sin dai primi provvedimenti dei Pre-sidenti dei Tribunali, investiti dalla questione.

Come abbiamo già evidenziato la Procura tra-smette il fascicolo contenente l’accordo, siglatodalle parti e da due avvocati, entro 5 giorni al Presi-dente del Tribunale, quando ritiene che l’accordonon corrisponda all’interesse dei figli.

È essenziale ricordare che l’accordo di negozia-zione assistita deve contenere la dichiarazione (equindi la presa d’atto) che il regime di affidamentodeve rispettare la paritaria presenza dei figli pressociascun genitore e che l’autorizzazione della Procurapuò essere concessa solo se l’accordo corrispondeall’interesse dei figli.

La combinazione delle due condizioni, poteva farpresumere che il controllo della Procura fosse finaliz-zato alla verifica, in principalità, del rispetto dei tempidi permanenza dei figli presso ciascun genitore, ov-vero del rispetto del principio di bigenitorialità.

Ci si interroga a questo punto sulla ampiezza delcontrollo che le Procure effettuano sulle condizioni

di affidamento e mantenimento dei figli, anche allaluce della giurisprudenza nell’ambito delle separa-zioni e divorzi consensuali, attesa la modesta per-centuale di verbali di separazione consensuale e di-vorzi congiunti “respinti” al mittente dai TribunaliOrdinari.

È opportuno ricordare che, sebbene nei procedi-menti di separazione e di divorzio sia obbligatoriala partecipazione della Procura della Repubblica, laCassazione si è più volte pronunciata nel senso diconsiderare tale partecipazione (o visto che dir si vo-glia) obbligatoria, ma non vincolante (per tutte: Cas-sazione Civile 24 maggio 2005 n. 17607).

In verità in sede processuale il visto delle Procureha da sempre assunto un carattere più formale chesostanziale e solo in adempimento della normativache prevede la partecipazione obbligatoria del Pro-curatore nei procedimenti di stato e capacità dellepersone ai sensi dell’art. 70 c.p.c.

I provvedimenti che verranno di seguito esami-nati ci inducono a ritenere che alcune Procure, nonhanno alcuna intenzione di rendere puramente for-male il loro controllo.

2. Nulla Osta e Mancata autorizzazioneSe per quanto attiene alla concessione del nulla

osta per gli accordi di negoziazione assistita di co-niugi senza prole a carico, non sembra, allo stato,sussistere alcun particolare problema interpretativo,rimanendo confinato il controllo al rispetto formaledella convenzione, per quanto attiene agli accordicon prole a carico si è già aperto un vivace dibattito

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sui poteri della Procura e sul valore della mancataautorizzazione.

In primo luogo appare evidente che il provvedi-mento debba essere, seppur succintamente, moti-vato.

Non sembra ipotizzabile una mancata autorizza-zione per contrasto agli interessi dei figli, senza chevenga fatta menzione delle ragioni che stanno allabase della decisione.

La norma non ci aiuta ad individuare i margini edi limiti di un’eventuale indagine effettuata dalla Pro-cura: è ipotizzabile che, seppur nel breve lasso ditempo concesso dalla legge, il Procuratore possachiamare a chiarimenti i legali delle parti, chiedereun’integrazione della documentazione, disporrel’ascolto del minore o dei figli maggiorenni non eco-nomicamente autosufficienti?

Nulla sembra vietarlo e peraltro il giudizio di cor-rispondenza tra le condizioni dell’accordo e l’inte-resse del minore, impone non una semplice verificaformale dei contenuti dell’accordo, ma un’attenta,seppur veloce, disamina degli interessi in gioco.

Sembra piuttosto discutibile anche l’ipotesi che laProcura disponga la comparizione personale dei co-niugi avanti a sé, al fine di esporre alcune perples-sità in ordine all’accordo raggiunto e raccolga poi laloro adesione alle proposte modifiche.

Nessuna norma sembra tuttavia escluderlo, ma èevidente che i tempi ristretti previsti dal legislatoreper decidere in senso positivo o negativo, sembranoscoraggiare tale procedimento. Per un duplice or-dine di ragioni:

a. le Procure non sembrano attrezzate e struttu-rate per un’attività di questo genere;

b. se così fosse, il procedimento di negoziazioneassistita si trasformerebbe in uno strumento di ri-soluzione dei conflitti extra processuale, molto piùfarraginoso di una procedura prevista ai sensi del-l’art. 711 c.p.c. o ai sensi dell’art. 4 Legge 898/1970.

In sostanza meno “appetibile” per coniugi e av-vocati.

3. I poteri del Presidente del Tribunale Il Presidente del Tribunale che riceve il fascicolo

da parte della Procura deve fissare entro trentagiorni la comparizione delle parti e provvede senzaritardo.

Una prima osservazione. La norma parla di comparizione delle parti, ma

nel processo la parte è rappresentata in giudiziodalla difesa tecnica (art. 82 c.p.c. 1° e 2° comma).

Quando il legislatore vuole che il magistrato veda oascolti le parti “fisicamente”, lo precisa con la dizione“comparizione personale delle parti” o nel caso di se-parazione con il termine “coniugi” (art. 711 c.p.c.).

Ciò significa che il Presidente del Tribunale puòdisporre solo la comparizione degli avvocati?

Tale interpretazione potrebbe essere coerente conla natura della negoziazione familiare che impone -non prevede soltanto - l’obbligatorietà dell’assi-stenza tecnica da parte di entrambi i coniugi ed at-tribuisce agli avvocati una funzione “quasi” giuri-sdizionale, attribuendo valore di titolo esecutivo al-l’accordo raggiunto tra di loro.

PRASSI E PROVVEDIMENTI

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Sin dalle prime letture della Legge n. 162/2014 èstato evidenziato l’ampio margine di intervento delPresidente del Tribunale.

Margine di intervento che pone tuttavia alcuni in-terrogativi:

a) Chi provvede: il Presidente o un giudice da luidelegato?

b) Le competenze sono diverse: nella separazioneconsensuale il consenso viene raccolto dal Presi-dente; nel divorzio congiunto sarà il Tribunale in ca-mera di consiglio ad ascoltare le parti e ad emetterela sentenza; nelle modifiche di separazione e di-vorzio, sempre il Tribunale in camera di consiglio.

c) Se i coniugi accettano le modifiche propostedalla Procura, il Presidente del Tribunale raccoglie illoro consenso e rimette le parti nuovamente da-vanti alla Procura o li autorizza semplicemente?

d) Se i coniugi non accettano le modifiche, il Pre-sidente del Tribunale deve archiviare il procedi-mento ed invitare le parti a depositare ricorso perseparazione o divorzio o modifiche di separazione edivorzio?

e) Può in questo caso “trasformare” una proce-dura alternativa al giudizio, in un giudizio vero eproprio?

f) Se i coniugi non accettano le condizioni dellaProcura, il parere negativo può annullare la volontàdei coniugi? Ed il Presidente deve considerare taleparere vincolante e quindi condizionante anchedelle attività e delle competenze che gli sono pro-prie?

A questi ed altri interrogativi hanno risposto, conmotivazioni e decisioni diverse, i Presidenti del Tri-bunale di Torino, Termini Imerese ed infine, in tempipiù recenti, il Presidente del Tribunale di Udine.

4. Primi provvedimenti ed orientamentiOrdinanza Tribunale di Torino 15 gennaio 2015.Il Presidente del Tribunale di Torino con provve-

dimento depositato in data 15-01-2015 non ha au-torizzato l’accordo respinto dalla Procura della Re-pubblica di Torino che ha trasmesso il fascicolo, de-nunciando il fatto che nell’accordo non fosse previ-sto l’assegno di mantenimento a favore di un figliomaggiorenne non economicamente autosufficiente.

Non conoscendo le motivazioni del provvedi-mento di mancata autorizzazione della Procura, nonpossiamo analizzare le ragioni per le quali si è rite-nuto di “bloccare” un accordo sottoscritto dai co-niugi e certificato dai loro avvocati, obbligati in baseagli artt. 2-3-5-6 della legge n. 162/2014 a garantire ilrispetto delle norme imperative e dell’ordine pub-blico nonché il rispetto dell’interesse dei figli conparticolare riferimento alla possibilità di trascorreretempi paritetici con ciascun genitore.

A prescindere dal fatto che, raramente nei proce-dimenti di separazione consensuale si verificaun’ipotesi di questo genere, anche in ossequio al-

l’art. 337 septies della Legge n. 219/2012 che ha rico-nosciuto il diritto autonomo del figlio maggiorenne,ma ancora dipendente economicamente dai geni-tori, l’intervento della Procura di Torino pone nuoviinterrogativi rispetto ad un iter procedurale che si èormai consolidato nel tempo. Se il figlio maggio-renne non interviene nel procedimento di separa-zione o divorzio, ed il genitore con cui vive nullachiede a titolo di contributo per il suo manteni-mento, è difficile ipotizzare che l’accordo in sede diseparazione o divorzio non venga omologato o lasentenza non venga pronunciata.

Il Presidente del Tribunale di Torino ha variamentemotivato la mancata autorizzazione all’accordo, so-stenendo che:

- non è possibile che il procedimento disciplinatodalla legge n. 162/2014, data la sua peculiarità, sitrasformi in un procedimento di separazione con-sensuale, ostandovi gli artt. 99 e 112 c.p.c. che po-stulano l’esistenza di una domanda della parte e gliartt. 711, 710 c.p.c, nonché l’art. 4 legge 898/1970che prevedono competenze diverse e giudici diversi,a seconda che si tratti di separazione, divorzio, mo-difica;

- se le parti non intendono aderire alle osserva-zioni della Procura, il Presidente non può che pren-derne atto e fissare un’udienza, confidando chenelle more i coniugi depositino un ricorso per se-parazione consensuale;

- se le parti intendono aderire alle censure solle-vate dalla Procura, il Presidente ben potrà autoriz-zare l’accordo, nel rispetto del principio di degiuri-sdizionalizzazione introdotto dalla legge n. 162/2014;

- il Presidente esclude tuttavia che la mancata au-torizzazione da parte della Procura possa venir su-perata dal suo giudizio in via autonoma;

- in questo caso il parere della Procura sembre-rebbe vincolante.

Ordinanza Tribunale Termini Imerese 16 marzo2015

Il Presidente del Tribunale di Termini Imerese conprovvedimento di data 16 marzo 2015 ha autoriz-zato l’accordo di negoziazione assistita, trasmessodalla Procura della Repubblica “in quanto non cor-rispondente all’interesse dei figli”.

Diverse le motivazioni offerte dal Presidente delTribunale, rispetto al precedente di Torino.

In sintesi si sostiene che: - il procedimento che si apre a seguito della tra-

smissione al Presidente del Tribunale dell’accordodi negoziazione assistite ha natura giurisdizionale,assimilabile ai giudizi di volontaria giurisdizione;

- le parti, in sede di comparizione personale da-vanti al Presidente del Tribunale possono modificareed integrare il precedente accordo, anche su solle-citazione della Procura;

PRASSI E PROVVEDIMENTI

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PRASSI E PROVVEDIMENTI

- il parere del P.M. è obbligatorio, non certamentevincolante e “deve ritenersi che il Presidente del Tri-bunale, rivalutate le condizioni, le ragioni addottea sostegno dell’accordo e la documentazione alle-gata, possa, in difformità al parere del P.M. ravvi-sare invece l’adeguatezza delle condizioni e suffi-cientemente salvaguardare gli interessi della prole,così da poter autorizzare l’accordo”;

- il procedimento di negoziazione assistita nonpuò concludersi che con un provvedimento di di-niego o di autorizzazione e in caso di diniego, nonappare ammissibile la sua trasformazione in un pro-cedimento ai sensi dell’art. 711 c.p.c.;

- nel caso specifico l’accordo era stato respintoperché “l’accordo non risponde all’interesse dei fi-gli, con particolare riguardo alla pattuizione rela-tiva all’assegno di mantenimento che Tizio si im-pegna a versare nella somma di euro 800,00 men-sili, il cui importo non appare congruo rispetto alreddito dell’obbligato e al tenore di vita goduto incostanza di convivenza”;

- a parere del Presidente, l’accordo andava lettocon un ottica diversa, atteso che Tizio si obbligava acostituire entro tre anni dalla sottoscrizione dell’ac-cordo, due depositi fruttiferi o titoli di stato o altroinvestimento a basso rischio, della somma di euro35.000,00 per ciascun figlio;

- l’ammontare dell’assegno veniva agganciato allevariazioni della rendita dei titoli investiti;

- era comunque previsto il contributo del padre inmisura pari al 50% delle spese straordinarie;

- una figlia era prossima alla maggiore età edavrebbe comunque goduto di una rendita, graziealla costituzione a suo favore del deposito produt-tivo di utili;

- anche la figlia minore della coppia, avrebbe co-munque goduto nell’arco di 13 anni di un incre-mento al proprio reddito, frutto degli investimenti asuo favore da parte del padre;

- “che i termini economici dell’accordo non sonostati complessivamente valutati dal P.M. che ha sol-tanto preso in considerazione l’ammontare dell’as-segno convenuto a titolo di mantenimento delle fi-glie, ritenendolo non congruo rispetto al redditopercepito dall’obbligato senza peraltro considerarel’analogo obbligo della Caia, pure … alle dipen-denze … che percepisce un reddito annuo ragguar-devole ... di contribuire, in proporzione ai suoi red-diti, al mantenimento delle figlie”;

- in conclusione le condizioni dell’accordo nei ter-mini riportati erano sufficientemente idonei a tute-lare gli interessi dei figli e che pertanto l’accordo do-veva essere autorizzato, fermo l’obbligo degli avvo-cati di trasmettere entro 10 giorni dalla comunica-zione del provvedimento, copia autentica dell’ac-cordo munito delle certificazioni di cui all’art. 5Legge n. 162 /2014.

Ordinanza Tribunale di Torino 20 aprile 2015Il Presidente del Tribunale di Torino, con provve-

dimento depositato in data 20.04.2015 ha autoriz-zato l’accordo raggiunto a seguito di negoziazioneassistita da avvocati a norma dell’art. 6 D.L.132/2014, dissentendo dalle considerazioni dellaProcura della Repubblica che aveva rimesso il fasci-colo davanti alla sua autorità, non ravvisando nel-l’accordo il perseguimento dell’interesse del minore.

Giova innanzitutto osservare che rispetto allaprima decisione del 15.01.2015 il Tribunale di Torinomodifica alcune considerazioni “in ordine allo spaziodi azione in presenza del rifiuto del P.M.”.

Interessanti sono le motivazioni offerte dal Presi-dente del Tribunale Estensore dottor Cesare Castel-lani:

- la mancata autorizzazione da parte della P.M.non comporta una conversione della procedura el’instaurazione di un normale giudizio di separa-zione, divorzio o modifica delle rispettive condi-zioni;

- la negoziazione assistita introduce una proce-dura nuova e atipica, dal momento che è devolutaal Presidente la decisione in ordine alla corrispon-denza dell’accordo - definito privato;

- l’atipicità della procedura si desume anche dalfatto che la competenza nel caso di specie spette-rebbe al Tribunale in composizione collegiale (il ri-ferimento è agli artt. 710 c.p.c., 9 Legge divorzio);

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- l’atipicità non può rappresentare uno “svuota-mento” della funzione attribuita alla Procura, defi-nita assieme ai coniugi ed ai difensori protagonistaprincipale del percorso di negoziazione;

- l’oggetto della controversia nel caso specifico ri-guardava la riduzione dell’assegno di manteni-mento a favore di una figlia maggiorenne, ma noneconomicamente indipendente, e la revoca dell’as-segno a favore del coniuge;

- il Pubblico Ministero aveva rimesso il fascicoloal Presidente del Tribunale, ritenendo che l’accordotrilaterale non corrispondesse al dettato normativo;

- il Presidente del Tribunale di Torino disponeva lacomparizione personale dei coniugi con i rispettivilegali e sentiva in tale occasione anche la figlia mag-giorenne;

- il Presidente evidenziava nell’ordinanza che, no-nostante l’iter particolarmente arduo dal punto divista interpretativo della nuova procedura, “potevaormai affermare con buon grado di sicurezza … chela nuova competenza demandata al Presidente inpresenza del diniego del P.M. non comporta unaconversione della procedura e l’instaurazione di ungiudizio ordinario di separazione, divorzio o modi-fica delle relative condizioni”, ma introduce unaprocedura nuova e in parte atipica;

- rispetto alle decisioni precedenti nel provvedi-mento si afferma che al Presidente “è demandata ladecisione circa la congruità dell’accordo privato, di-satteso dalla Procura della Repubblica, persino incasi, come quello in esame, in cui, sulla base delledisposizioni processuali vigenti - e qui sta uno degliaspetti atipici - la competenza spetterebbe al Tribu-nale in composizione collegiale”;

- il passaggio essenziale del provvedimento at-tiene alla individuazione dei poteri del Presidenteche viene individuato sulla base di una competenzagenerale sulle vicende del matrimonio e della tu-tela del superiore interesse dei figli nella crisi fa-miliare, con l’osservazione che aver voluto coinvol-gere il Presidente del Tribunale, in caso di diniego daparte della Procura deve essere interpretato qualemaggiore garanzia a fronte di diritti indisponibili;

- al fine di superare tale apparente antinomia ilPresidente pur richiamando tale fase alle forme delgiudizio camerale ai sensi dell’art. 737 c.p.c., lo de-finisce un contenitore processuale “minimo” all’in-terno del quale il Presidente ha una ampia compe-tenza sia di interloquire direttamente con le parti,sia di discostarsi dalle condizioni indicate dalla Pro-cura, senza tuttavia svuotare la funzione che la nor-mativa attribuisce a tale organo, ma rivendicandoper sé la competenza di una “più attenta conside-razione della condizione e delle esigenze dei figli”;

- di particolare interesse l’affermazione che le va-lutazioni sono indubbiamente facilitate dalla com-parizione delle parti nel corso dell’udienza, con ichiarimenti cui essa può apportare;

- il Presidente evidenzia le carenze del nuovo isti-tuto con riferimento alla figura del figlio maggio-renne, richiamando la nota sentenza della Cassa-zione del 19.03.2012 nr. 4296, che riconosce loro lapossibilità di intervento, autonomo o adesivo, neiconfronti delle domande di uno dei coniugi in casodi giudizio contenzioso;

- nel mentre il Presidente respinge l’interpreta-zione dottrinaria della legittimazione del figlio mag-giorenne alla partecipazione alla convenzione di ne-goziazione assistita, accoglie l’ipotesi di un con-senso preventivo agli accordi raggiunti dai contra-enti da parte del figlio maggiorenne;

- forse al fine di evitare un aperto contrasto conla Procura, il Presidente del Tribunale di Torino evi-denzia la circostanza che, nel caso di specie, il dis-senso del P.M. non attiene a motivi di ordine so-stanziale, quanto piuttosto a profili di sussistenzadei requisiti formali della negoziazione e comunqueche l’ascolto della figlia maggiorenne ha consentito“l’accertamento della sua consapevolezza in meritoal dissenso del Pubblico Ministero”;

- in conclusione il Presidente del Tribunale di To-rino, senza ulteriori attività e senza rimettere leparti davanti alla Procura per un nuovo parere, au-torizza l’accordo anche per ragioni di economia e diconservazione degli atti processuali.

Ordinanza Tribunale di Udine 21 dicembre 2015.In tale contesto si inserisce il provvedimento del

21.12.2015 del Presidente del Tribunale di Udine dot-tor Gianfranco Pellizzoni.

Il fatto.Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Udine,

rimette il fascicolo al Presidente del Tribunale diUdine ritenendo non rispondente all’interesse di unfiglio minorenne, un accordo di negoziazione assi-stita nel quale non era previsto alcun contributo peril suo mantenimento a favore della madre ed a ca-rico del padre.

Ciò a causa di non specifiche contingenti difficoltàeconomiche del padre.

Il Presidente del Tribunale, dopo aver convocato leparti avanti a sé, pronuncia l’ordinanza che ci ac-cingiamo ad esaminare.

Preliminarmente il Presidente del Tribunale diUdine richiama la normativa avente ad oggetto laprocedura di negoziazione assistita, evidenziando ilperseguimento di uno scopo che mira ad una “solu-zione” consensuale della separazione personale, deldivorzio e delle relative modifiche.

Rileva tuttavia che, in caso di rimessione da partedel Pubblico Ministero al Presidente del Tribunale,per mancata corrispondenza dell’accordo all’inte-resse del minore, l’accordo non può trasformarsi inun normale procedimento di separazione, divorzioo modifica, mancando una domanda specifica daparte dei coniugi, perché ciò contrasterebbe con il

PRASSI E PROVVEDIMENTI

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PRASSI E PROVVEDIMENTI

principio della domanda, disciplinato dall’art. 99c.p.c. nonché dall’art. 112 c.p.c. che contempla lacorrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Oltre a ciò, tale interpretazione violerebbe il te-nore degli artt. 711 e 710 c.p.c., nonché l’art. 4,comma 16 e 9 della Legge 898/1970 che prevedonosempre l’impulso di parte e comunque la presenzadi un atto introduttivo.

Il Presidente del Tribunale cerca di individuare at-traverso un’interpretazione che potremmo definireautentica del dettato legislativo, la natura della pro-cedura di negoziazione assistita.

A suo parere si tratta di “una fattispecie alterna-tiva al procedimento giurisdizionale di risoluzionedelle controversie, incompatibile con i principi pro-cessuali richiamati, essendo la via dell’autorizza-zione dell’accordo (in aderenza all’ultimo periododell’art. 6, comma 2, legge citata “all’accordo auto-rizzato si applica il comma 3) la sola ammissibile inbase ad una interpretazione sistematica della di-sposizione legislativa”.

Anche il Presidente del Tribunale di Udine evi-denzia la cripticità della disposizione legislativa, matrae da tale considerazione una conseguenza dif-forme rispetto ad altre interpretazioni.

Il termine “provvede” non può avere altro signifi-cato che “Il Presidente, convocate le parti, invitati lestesse ad adeguarsi ai rilievi del P.M. e, nel caso didisponibilità in tal senso, autorizzi egli stesso l’ac-cordo”.

Tale interpretazione sarebbe suffragata dal datoletterale, atteso che la locuzione provvede è di am-pia portata.

Merita attenzione il seguente passaggio: se il Pub-blico Ministero ha già formulato il proprio parere ri-tenendolo non autorizzabile per specifiche ragioniindicate, le parti dovrebbero attenersi a tali nuovecondizioni e nel caso in cui non intendano aderirepienamente ai rilievi del P.M. o “in conseguenza didetti rilievi, intendano apportare modifiche impor-tanti alle condizioni dell’accordo, il Presidente develimitarsi a non autorizzare la negoziazione sul pre-supposto che non sia possibile alcuna conversionedal procedimento di negoziazione assistita in altrogenere di procedimento”.

Nell’ipotesi in cui questo non si realizzi il Presi-dente può concedere termine alle parti per procederealla presentazione di un ricorso ai sensi dell’art. 711c.p.c. per la separazione consensuale o ai sensi del-l’art. 5 Legge 898/1970 per il divorzio congiunto.

Nel caso specifico le parti hanno sostanzialmenteaderito ai rilievi del P.M. ed hanno modificato le con-dizioni dell’accordo.

È a questo punto che il provvedimento del Tribu-nale di Udine differisce dai provvedimenti del Tri-bunale di Torino e di Termini Imerese, decisioni checomunque autorizzando o non autorizzando l’ac-cordo non hanno ritenuto necessario rimettere le

parti davanti al Pubblico Ministero per una nuovaautorizzazione.

Afferma invece il Presidente del Tribunale diUdine: “Rilevato tuttavia che ove le parti abbiamointeso aderire ai rilievi del P.M. modificando le con-dizioni dell’accordo, appare necessario rimetterenuovamente gli atti allo stesso affinché valuti se lemodifiche apportate siano rispondenti agli interessidel minore onde poi procedere o meno all’autoriz-zazione dell’accordo”.

La decisione sembra offrire un terzo orientamentorispetto a quelli che si erano evidenziati in alcunedecisioni precedenti (valga per tutte ricordare le de-cisioni della Procura della Repubblica di Latina e diCuneo, come citate nell’articolo “La NegoziazioneAssistita tra linee guida protocolli e prassi” RitaPrinzi, Avvocati di Famiglia aprile-giugno 2015).

È utile ricordare che un primo orientamento è rap-presentato dal Tribunale di Cuneo, in base al qualecon la trasmissione degli atti al Presidente si apreuna vera e propria fase giurisdizionale, con aperturadi un nuovo fascicolo, versamento del contributounificato, e ciò esattamente come accade per le pro-cedure consensuali.

Un secondo orientamento cambia invece pro-spettiva ed individua nella procedura di negozia-zione assistita non autorizzata una procedura am-ministrativa che non potrà essere “snaturata” nep-pure dall’intervento del Presidente del Tribunale.

Secondo questo secondo orientamento si possonoverificare ipotesi diverse ovvero il Presidente, noncondividendo le censure mosse dal Pubblico Mini-stero, autorizza comunque l’accordo di negozia-zione assistita oppure, se i rilievi vengono accettatiin tutto o in parte dai coniugi, non autorizza co-munque l’accordo perché contrario all’interesse delminore.

In entrambi i casi non pare necessario che il fa-scicolo ritorni al P.M. per un nuovo parere.

In ciò sicuramente il Tribunale di Udine si è diffe-renziato rispetto ad altri provvedimenti.

Si possono esprimere perplessità in ordine a taledecisione?

Il ragionamento dal punto di vista logico giuridicoè congruente e, dal punto di vista sistematico, coe-rente con la difficoltà di coniugare una procedurasicuramente extragiudiziale con l’intervento di unorganismo giudiziale quale quello del Presidente delTribunale.

Il timore è tuttavia, come avevamo paventato ini-zialmente, che la procedura di negoziazione assi-stita perda la propria natura di accordo privato e sitrasformi in un meccanismo complesso e “ri-schioso” che allunghi addirittura i tempi per la de-finizione di una controversia familiare, rispetto aquelli applicati in certi Tribunali virtuosi, qual è si-curamente il Tribunale di Udine, per i procedimentidi separazione e divorzio consensuale.

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PRASSI E PROVVEDIMENTI

Ordinanza Tribunale di Udine 29 gennaio 2016Fatto.Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Udine

in data 24.12.2015 non ha concesso il nulla osta perirregolarità formali, a fronte di un accordo di nego-ziazione assistita, pur in mancanza di figli minori onon autosufficienti da tutelare, sulla base di dueomissioni:

a. gli avvocati non avevano dato atto di aver ten-tato la conciliazione tra le parti e di averle informatedi poter esperire la mediazione familiare;

b. gli avvocati avevano mancato di certificare laconformità dell’accordo alle norme imperative e al-l’ordine pubblico.

Il Presidente del Tribunale di Udine, riprendendoil ragionamento già illustrato nella precedente ordi-nanza del 21.12.2015 ha autorizzato l’accordo rag-giunto dalle parti a seguito di convenzione di nego-ziazione assistita sul presupposto che le parti hannoaderito ai rilievi del P.M. modificando le condizionidell’accordo e che nel caso in esame, dopo la con-vocazione davanti al Presidente del Tribunale,hanno provveduto ad integrare la convenzione conle dichiarazioni mancanti.

In questo caso la decisione del Tribunale di Udinenon appare difforme rispetto ad altre decisioni perquanto attiene al provvedimento del Presidente delTribunale di Udine, ma pone alcuni interrogativicon riferimento alla trasmissione del fascicolo dallaProcura al Presidente del Tribunale, atteso che:

- l’accordo non coinvolgeva una coppia con prolea carico;

- il controllo della Procura doveva limitarsi al ri-spetto di quelle regolarità formali che sono indicatenegli artt.. 2 e 6 della Legge n. 162/2014, ovvero le ca-renze connesse con la mancata produzione di do-cumentazione necessaria, in ordine alla compe-

tenza territoriale ed ovviamente con riferimentoalla dichiarazione contenuta nell’art. 3 (informa-zione sul tentativo di conciliazione, sulla possibilitàdi esperire la mediazione familiare e, solo in caso diconiugi con prole a carico, l’informazione relativa alrispetto del principio di bigenitorialità);

- secondo una prima lettura della legge 162, il con-trollo della Procura in mancanza di figli minori do-vrebbe limitarsi ad una verifica sulla regolarità for-male dell’accordo di negoziazione assistita.

Come già è stato evidenziato in altri commenti iltermine di 10 giorni dalla sottoscrizione per tra-smettere l’accordo alla Procura, trova applicazionesolo con riferimento alla convenzione in presenzadi figli minori o maggiorenni incapaci.

Anche per quanto attiene al termine di 5 giorniper la trasmissione del fascicolo dalla Procura al Pre-sidente del Tribunale,nessun termine viene indicatocon riferimento ad un accordo di negoziazione inmancanza di prole a carico.

- Nel caso specifico della decisione del Presidentedel Tribunale di Udine, non viene effettuata una di-stinzione di questo genere, ma il Presidente ri-prende, ampliandole ed ulteriormente motivandole,le precedenti considerazioni contenute nell’ordi-nanza del dicembre 2015.

Anche in questa seconda ordinanza si affermache la negoziazione assistita è una fattispecie alter-nativa al procedimento giurisdizionale di separa-zione, divorzio o modifica, incompatibile con prin-cipi processuali richiamati (ovvero art. 99 e 111c.p.c.; artt. 711 e 710 c.p.c.; 4° comma, art. 16 e 9 L.898/1970).

Permane anche in questa decisione l’imposta-zione che il Presidente del Tribunale deve limitarsi anon autorizzare la negoziazione qualora le parti nonintendano aderire pienamente ai rilievi del PubblicoMinistero, atteso che non può essere ammessa al-cuna trasformazione da un procedimento extragiu-diziale in un procedimento giurisdizionale.

Interessante il rilievo relativo alla irrilevanza dellaproblematica connessa all’individuazione dell’or-gano competente ad autorizzare l’accordo, fruttodella negoziazione assistita.

L’affermazione del Presidente del Tribunale diUdine è da condividere: la legge fa espresso riferi-mento al Presidente e non al Tribunale e pertantoappare capzioso ed inutile operare una distinzionetra le ipotesi di separazione consensuale,di divor-zio e di modifica delle condizioni di separazione e didivorzio.

La competenza appartiene al Presidente e non viè spazio per alcuna diversa interpretazione.

L’ordinanza del Presidente del Tribunale di Udinepotrebbe offrire il fianco a diverse interpretazioninella parte conclusiva, quando afferma che ove leparti abbiano inteso aderire ai rilievi del P.M. … lostesso appare autorizzabile dal Presidente.

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PRASSI E PROVVEDIMENTI

Se confrontiamo tale decisione con l’ordinanzaprecedente parrebbe vi sia un contrasto dal mo-mento che nell’ordinanza del 21.12.2015, pur dan-dosi atto che le parti hanno aderito ai rilievi del P.M.modificando le condizioni dell’accordo, è parso ne-cessario rimettere nuovamente gli atti al PM., affin-ché valuti se le modifiche corrispondano agli inte-ressi del minore; mentre nell’ordinanza del29.01.2016 l’autorizzazione viene concessa pura-mente e semplicemente.

La spiegazione più ovvia rispetto a tale diversa edistinta decisione non può che essere che, nel primocaso si tratta di un accordo di negoziazione assistitacon prole a carico, mentre nel secondo caso di unaccordo che non riguardava in alcun modo il ri-spetto degli interessi dei minori.

Il problema, forse, non è rappresentato dalla deci-sione del Presidente del Tribunale di Udine che sep-pur parzialmente discostandosi da alcune decisioni,segue un orientamento prevalente e tendente aduna lettura autentica della Legge nr. 162/2014;quanto piuttosto alla decisione della Procura di ri-mettere il fascicolo per mere irregolarità formali alPresidente del Tribunale.

In sostanza: quando un accordo di negoziazioneassistita con coniugi senza prole a carico presentaelementi di irregolarità formale, secondo una letturaermeneutica dell’art. 6 Legge n. 162/2014 l’unica at-tività possibile dovrebbe essere quella di non con-cedere il nulla osta.

In questo caso le ipotesi potrebbero essere due:- la Procura comunica ai difensori le carenze for-

mali che impediscono il rilascio del nulla osta (e nelcaso di specie bene ha fatto la Procura a non auto-rizzare l’accordo, se le dichiarazioni degli avvocaticontenute nell’art. 3 sono richiamate dall’art. 2Legge n. 162/2014 sia con riferimento ai coniugisenza prole a carico, sia con riferimento agli accordicon prole a carico …);

- la Procura convoca le parti davanti a sé per illu-strare le accertate irregolarità.

In entrambi i casi ci sembra di poter affermare chesolo in presenza di figli minori la Procura della Re-pubblica debba trasmettere entro 5 giorni dal de-posito dell’accordo al Presidente del Tribunale il fa-scicolo, quando ritiene che l’accordo non rispondeall’interesse dei figli.

Se nel caso di specie non vi era alcun riferimentoalla prole, appare opinabile che la Procura della Re-pubblica debba trasmettere al Presidente del Tribu-nale il fascicolo per gli adempimenti del caso.

Peraltro sembra che il Presidente del Tribunale ab-bia condiviso tale assunto atteso che a pag. 1 del-l’ordinanza afferma che: “Vista la trasmissione al Pre-sidente del Tribunale da parte del Pubblico Ministero dellaconvenzione di negoziazione assistita … disponendone latrasmissione al Presidente per i provvedimenti conse-guenti, anche in assenza di figli minori o non autosuffi-

cienti, non concedendo il nulla osta per gli adempimenti dicui al 3° comma … ritenuto che tale interpretazione dellanorma vada condivisa, posto che nelle ipotesi di assenzadi figli minori o non autosufficienti ove l’accordo non siaconforme alla legge (… quando non ravvisa irregolarità(sic) e non sia quindi comunicabile agli avvocati il nullaosta per gli inadempimenti ai sensi del comma 3, lo stessopotrebbe essere solo respinto, mentre in analogia conquanto previsto dalla seconda parte dell’art. 6, 2° comma,L. 162/14 deve essere consentito alle parti di adeguarsi airilievi del P.M. che non intende concedere il nulla osta”.

5. ConclusioniLa negoziazione assistita familiare disciplinata

dall’art. 6 L 162/2014 è in vigore dal 12-09-2014 ed hagià prodotto un discreto numero di commenti siadottrinari che giurisprudenziali.

Numerosi sono gli aspetti critici di una norma incui il legislatore ha (volutamente?) lasciato ampispazi interpretativi agli operatori nell’ambito del di-ritto di famiglia.

Non vi sono elementi di criticità tali da determi-nare una sostanziale avversione nei confronti di unostrumento che se ben utilizzato, attribuisce agli av-vocati il compito di “svuotare” i Tribunali dalle con-troversie familiari, attribuendo loro un potere di ne-goziazione, al quale non debbono in alcun modo ri-nunciare.

Tuttavia alcune criticità e alcuni interventi delleProcure, potrebbero rappresentare un forte rischioper il futuro della negoziazione assistita.

Secondo il legislatore il meccanismo dovrebbecorrispondere a criteri di semplicità e semplifica-zione; se tuttavia iniziamo ad assistere ad un rim-balzo tra le Procure ed i Presidenti dei Tribunali connuove rimessioni dai Presidenti dei Tribunali alleProcure, potremmo correre il rischio di allontanareil cittadino da questo tipo di procedura.

Ciò non significa che debba essere sminuita l’im-portanza del controllo e delle verifiche che do-vranno effettuare le Procure.

Richiamiamo solo l’attenzione sull’opportunitàche il controllo da parte della Procura, rimanga uncontrollo puramente formale nel caso di accordi dinegoziazione assistita di coniugi senza prole a ca-rico; ed anche nel caso di accordo con prole a carico(che necessita di una verifica più incisiva, mediantela comparazione con l’interesse del minore), talecontrollo tenga comunque in seria considerazioneche, ai sensi del novellato art. 155 c.c. il giudice“prende atto degli accordi intercorsi tra i genitori….”.

È vero che la legge attribuisce alla Procura il com-pito di verificare il rispetto delle norme di legge, afronte di un accordo di negoziazione assistita, cono senza prole a carico, ma si tratta comunque di unaccordo privato di cui sono e debbono rimanere pro-tagonisti le parti e gli avvocati.

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DIVORZIO BREVE ESEPARAZIONE PENDENTECLAUDIO CECCHELLA DOCENTE DIRITTO PROCESSUALE CIVILE UNIVERSITÀ DI PISARESPONSABILE SEZIONE PISA OSSERVATORIO

1. Gli effetti sul piano processuale della legge n.55 del 2015.

Con l’entrata in vigore della c.d. legge sul divorziobreve, i termini dalla udienza presidenziale o dallasottoscrizione del verbale di separazione consen-suale per la introduzione della domanda di sciogli-mento degli effetti civili del matrimonio o di divor-zio, sono stati abbreviati, ridotti ad un anno per ilcaso di separazione giudiziale e di sei mesi per ilcaso di separazione consensuale.

Ne risulta l’alta probabilità delle pendenza di en-trambi i processi, poiché quello divorzile può essere,dopo che la sentenza parziale di separazione è statapronunciata, introdotto in termini talmente brevi dacoincidere con la pendenza ancora del processo perseparazione giudiziale.

L’effetto della riduzione dei termini, che nel lin-guaggio comune ha condotto alla nozione del feno-meno come di divorzio “breve”, conduce tuttavia adalcuni nodi problematici sul piano processuale cheil legislatore si è ben guardato di risolvere, primo fratutti quello della litispendenza dei processi, ma so-prattutto quello dei rapporti tra provvedimenti per-sonali ed economici dettati nei singoli procedimenti,in possibile conflitto tra loro.

2. Il tentativo di coordinamento del legislatore ela lacuna del testo definitivo della legge.

Invero, nell’edizione approvata dalla Camera illegislatore ha offerto un timido tentativo di coor-dinamento con un testo, poi non confermato dal-l’edizione del Senato: «Qualora alla data di instaura-zione del giudizio di scioglimento o di cessazione deglieffetti civili del matrimonio sia ancora pendente il giu-dizio di separazione con riguardo alle domande acces-sorie, la causa è assegnata al giudice della separazionepersonale».

La soluzione era quindi intravista nella identifi-cazione del giudice, ciò che avrebbe assicurato l’uni-formità di decisione.

Ma il legislatore non si avvedeva dello scarso ri-sultato della soluzione, nelle numerose ipotesi nellequali non era in assoluto ipotizzabile che i due pro-cedimenti pendessero innanzi alla stessa autorità,presupposto per la identificazione del giudice.

a) In primo luogo dopo le note sentenze di inco-stituzionalità delle norme destinate a fissare lacompetenza per territorio del tribunale nel procedi-mento di separazione (Corte cost. 23 maggio 2008,n. 169, in Fam. e dir., 2008, 670 ss.), doveva ipotizzarsiuna possibile diversità delle regole sulla compe-tenza nei due procedimenti, per cui essi potevanopendere innanzi a giudici diversi.

b) In secondo luogo, poteva pur ipotizzarsi che lapendenza del processo per separazione si manife-stasse in secondo grado, mentre il processo per di-vorzio instaurato in primo grado.

c) In terzo luogo, pur nell’identificazione del giu-dice, non vi sarebbero mai stati i presupposti peruna riunione dei due procedimenti, talmente diversisono i loro oggetti (basti ricordare in propositol’orientamento della giurisprudenza volto a nonconsentire accesso a domande nel procedimento diseparazione che non abbiano titolo esclusivamentenella modifica dello status e nella regolamentazionedei rapporti personali ed economici discendenti di-rettamente da tale modifica).

d) infine, in quarto luogo, non tutti i provvedi-menti nascevano da domande aventi la stessa fatti-specie, basti pensare al diverso fondamento dell’as-segno divorzile, rispetto al contributo di manteni-mento. In questi casi non aveva senso un coordina-mento dettato dalla identità dell’oggetto provvedi-mento reso dallo stesso giudice.

La norma non fu riprodotta nel testo definitivo,per cui la lacuna è restata in tutta la sua problema-ticità.

In considerazione dei motivi di critica all’ipotesidi coordinamento in sede di lavori preparatori, deveritenersi preferibile il tentativo di colmare la lacunamediante gli strumenti dell’interpretazione analo-gica sistematica.

3. La pendenza contemporanea ed autonoma deiprocedimenti.

Sotto questo profilo vi è anzitutto da rilevare chetra procedimento per separazione e procedimentoper divorzio non vi è connessione, tanto meno con-nessione per pregiudizialità che consenta di ipotiz-zare l’applicazione dell’istituto della sospensioneper pregiudizialità ex art. 295 c.p.c.

Nelle prime ipotesi di pendenza contemporanea,pur di rara verificazione, il giudice di legittimità(Cass. 22 febbraio 1979, n. 1128, in Giur. it., 1981, I, 1,163 ss. Cass. 16 dicembre 1985, n. 6372, in Dir. fam.,1986, 475 ss.) aveva già avuto occasione di escluderel’applicazione dell’istituto della sospensione perpregiudizialità.

QUESTIONI PROCESSUALI

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12 | Avvocati di famiglia | gennaio-aprile 2016

Peraltro, ritenuta la pendenza contemporanea,deve essere sottolineata anche l’autonomia dei pro-cedimenti, la cui diversità di oggetto non consenteneppure un simultaneus processus applicando gli isti-tuti della connessione ex art. 40 c.p.c. o della riu-nione ex art. 274 c.p.c. Per questa semplice ragione iltentativo di risolvere il potenziale conflitto dei prov-vedimenti non può ricorrere alla identità del giudicein un procedimento unitario.

In conclusione il processo di separazione conti-nuerà a svolgersi sino alla decisione finale, pur inpresenza di un procedimento per divorzio, che a suavolta autonomamente procederà senza soluzione dicontinuità.

4. Il rilievo della sentenza parziale di separa-zione ai fini della introduzione della domanda didivorzio.

Vi è da aggiungere che la contemporanea auto-noma pendenza non presuppone solo il decorso deitermini dilatori di cui all’art. 1 della legge n. 55 del2015, ma la previa pronuncia di sentenza irrevoca-bile (parziale, non potendosi supporre altrimenti lacontemporanea pendenza) sulla separazione.

Senza la sentenza definitiva sullo status, per il suocarattere costitutivo con il suo passaggio in giudi-cato, la domanda di divorzio non può essere fonda-tamente introdotta.

Il legislatore all’art. 709 - bis c.p.c., novellato nel2005, ha consentito su istanza di parte la pronunciain limine litis, sin dalla udienza di trattazione dell’art.183 c.p.c. di una sentenza parziale di separazione, dicui la parte dovrà provocare la stabilità del giudicato,mediante decorso del termine breve per il reclamo inappello, attraverso la notifica alle altre parti.

Se tuttavia le parti hanno concluso congiunta-mente sulla separazione e si va ha pure aderito ilpm, la sentenza nasce irrevocabile dal momento delsuo deposito, non potendo postularsi un soccom-bente che abbia l’interesse ad impugnare.

L’ipotesi dilata comunque il termine per proporrela sentenza di divorzio sino alla definitività dellasentenza parziale di separazione.

5. La negoziazione assistita. Dimenticando di avere abilitato agli effetti dei

provvedimenti giudiziali in sede di separazione e di-vorzio gli accordi risultanti da una negoziazione as-sistita dai difensori delle parti regolarizzati o auto-rizzati dal Pubblico ministero, il legislatore non sipronuncia sul dies a quo in tale caso.

In analogia con il decorso del termine contestualealla sottoscrizione del verbale di separazione con-sensuale, il termine dovrà coincidere con la datacertificata dagli avvocati, in cui si è esaurita la sot-toscrizione dell’accordo.

Ovviamente sia in caso di negoziazione assistita,sia nel caso di separazione consensuale, non si pone

un problema di sentenza parziale, perché l’accordoè abilitato da incidere sullo status.

6. La necessità di distinguere i provvedimentisugli stessi diritti e i provvedimenti su diritti dif-ferenti.

Se la contemporanea pendenza non pone pro-blemi, escludendo tuttavia il simultaneus processus,il tema più delicato e il vero nodo interpretativo è ilcoordinamento dei provvedimento, potendo essiavere lo stesso oggetto, nonostante siano pronun-ciati in procedimenti separati.

Vi sono tuttavia dei provvedimenti che hanno og-getto diverso, in corrispondenza della diversa disci-plina dei fatti costitutivi dei diritti, i quali tuttaviaesistono sul piano intertemporale in tempi diversi.

Quanto alla prima ipotesi si deve pensare ai dirittidel minore, che quando nato durante il matrimonio,per quel retaggio molto discutibile del nostro si-stema, vede regolati i propri interessi nel conflittoin sede di separazione e divorzio.

Istituti come l’affidamento, la residenza stabilepresso uno dei coniugi e il diritto di visita dell’altro,l’assegnazione della casa coniugale (indissolubil-mente legato al collocamento del figlio minore) e ilcontributo di mantenimento del figlio, sono regolatinello stesso modo nel procedimento per separa-zione e nel procedimento per divorzio. Si tratta didiritti identici, che hanno gli stessi elementi costi-tutivi, sui quali si fonda il giudizio del giudice.

QUESTIONI PROCESSUALI

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gennaio-aprile 2016 | Avvocati di famiglia | 13

In questa ipotesi il problema del contrasto si pre-senta come più problematico.

Ci sono poi provvedimenti che regolano diritti di-versi, che sorgono su fattispecie diverse nella sepa-razione e nel divorzio, ad esempio il contributo dimantenimento del coniuge, che ha fondamenti bendiversi dall’assegno divorzile, tanto che il giudice dilegittimità impone il rinnovamento interamente delgiudizio sull’assegno, anche se nella separazionenon era stato riconosciuto il contributo e a prescin-dere dal suo ammontare, se riconosciuto.

Si deve anche dire che ci sono tuttavia elementidi valutazione, che sorgono esclusivamente nel con-testo della separazione, e ci riferiamo in particolarmodo all’accertamento dell’addebito, il quale anchese non provoca meccanicamente effetti imposti algiudice del procedimento di divorzio, costituisceuno degli elementi discrezionali di valutazione,quanto meno sotto il profilo della quantificazione(mentre come sappiamo nella separazione converteil contributo in assegno fondato sulle sole esigenzealimentari). Per questo aspetto il tema non può es-sere ricondotto solo sul piano della vigenza inter-temporale dei diversi diritti, tutelati dai diversi prov-vedimenti.

7. Il coordinamento dei provvedimenti suglistessi diritti.

Già il legislatore, con le legge sulla filiazione, in-tervenendo sull’art. 38 disp. att. c.p.c. aveva impo-sto la vis attractiva dei procedimenti minorili verso iprocedimenti introdotti innanzi al tribunale ordina-rio, con una formulazione invero molto forte (quelladella esclusione della competenza del tribunale mi-norile, che sembrava escludere ogni riferimento alcriterio della prevenzione, poi misconosciuta dallaprevalente giurisprudenza che ha ritenuto applicarela vis solo al caso di preventiva pendenza del proce-dimento per separazione e divorzio rispetto al pro-cedimenti sulla responsabilità genitoriale ex artt.330 e ss. c.p.c.

In questo modo il legislatore ha risolto il possibileconflitto.

Lo stesso legislatore non ha ritenuto invece di pro-nunciarsi in relazione al nuovo tema della contem-poranea pendenza dei procedimenti nei quali pos-sono essere resi provvedimenti sugli stessi diritti,facendo ricadere la soluzione sull’interprete.

La soluzione, vista la transitorietà del regime deiprovvedimenti di separazione e la definitività per ilfuturo, salvo le sopravvenienze, dei provvedimentidivorzili, fa pensare in caso di conflitto alla preva-lenza di questi ultimi (pur non potendosi negare lapossibilità al giudice della separazione di pronun-ciarsi, forse in questa caso la identificazione dei duegiudici potrebbe indurre alla pronuncia preferibil-mente in sede di contemporaneo avviarsi del pro-cedimento per divorzio).

Se tuttavia la misura in sede di separazione haraggiunto la definitività del giudicato, in difetto dimutamento delle circostanze, non si può pensareche il giudice del divorzio possa pronunciarsi diver-samente, dovendo dichiarare il ne bis in idem.

8. Il coordinamento dei provvedimenti su dirittidiversi.

Quando invece, come nel caso delle misure eco-nomiche a favore dei coniugi, il diritto è differente,il problema si sposta sul piano intertemporale, nonpotendosi postulare un problema di conflitto.

È evidente che la misura, con ordinanza somma-ria o sentenza anche parziale, sul contributo regolail periodo della separazione, anche retroattivamentese stabilito espressamente, sino al deposito della do-manda di divorzio, o meglio sino a quando con lasentenza parziali di divorzio si apra il nuovo rap-porto indotto dallo scioglimento che fa sorgere il di-ritto all’assegno.

La misura economica della separazione si arre-sterà quando sul piano del diritto sostanziale il di-ritto sarà regolato su basi diverse o meglio sarà undiritto diverso: l’assegno di mantenimento; ciòquando il matrimonio sarà definitivamente scioltocon la sentenza sullo status, salvo la retroattivitàdella misura economica sino alla domanda di di-vorzio.

9. La persistente utilità del procedimento per lamodifica delle condizioni di separazione ex art.710 c.p.c..

Per quanto temporalmente ristretto dalla vigenzadel regime economico durante la separazione resta,ed è bene sottolinearlo, l’interesse ad una misura direvoca o modifica, non potendo solo per la introdu-zione del procedimento per divorzio, definirsi quelprocedimento con un provvedimento di cessazionedella materia del contendere.

Infatti la parte che intende dolersi del provvedi-mento sul contributo, ne avrà palpabile interesseper l’eventuale retroattività del provvedimento dimodifica o revoca, relativamente al periodo in cui ildiritto coincide con il contributo economico.

Tale profilo va segnalato, per impedire affrettatiprovvedimenti di dismissione del potere dovere didecidere nel merito di cui è titolare il giudice delprocedimento dell’art. 710 c.p.c.

10. Il rilievo dell’addebito.La contemporanea pendenza ed autonomia del

processo per separazione rende ragione - sin tantoche l’istituto abbia positiva vigenza - di un persi-stente interesse delle parti all’addebito, benché, perla brevità dei termini, sia instaurato un procedi-mento di divorzio.

Ma tale affermazione che può sembrare banale,non esaurisce il tema, per il rilievo che la declarato-

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ria di addebito può avere sui provvedimenti desti-nati a liquidare l’assegno divorzile.

Infatti, tra i parametri che influenzano il giudiziosull’an e sul quantum dell’assegno non è dubitabileche vi sia pure la ragione, imputata ad una delleparti, che ha indotto i coniugi alla separazione.

Con questo si deve anche dire che trattasi di unparametro lasciato alla piena discrezionalità del giu-dice e che non induce meccanicamente ad una so-luzione necessitata piuttosto che un’altra. In questomodo il rapporto tra il provvedimento sull’assegnoe il provvedimento sull’addebito non è quello di unapregiudizialità dipendenza tra questioni o diritti e ilcoordinamento non può perciò essere risolto attra-verso la sospensione ex art. 295 c.p.c.

Proprio il rilievo discrezionale dell’accertamentosull’addebito induce a ritenere che il processo perseparazione debba proseguire anche su tale oggetto,ancorché sia introdotta la domanda di divorzio. Tral’altro non si deve dimenticare che l’unica sede perla pronuncia sull’addebito è quello del procedi-mento per separazione.

Il giudice del divorzio ne prescinderà, sin tantoche sulla questione non si sia formato giudicato nelprocedimento di separazione; quando sopraggiun-gerà il giudicato, come mutamento della fattispecie,potrà essere stimolata al giudice istruttore dellacausa sul divorzio una modifica del provvedimentosull’assegno oppure, se già esaurito il giudizio di-vorzile, suscitata una misura di revoca e modificacon rito camerale, ai sensi dell’art. 9 della legge n.898 del 2016.

11. Gli editti presidenziali.Come sempre accade la lacuna legittima la solu-

zione giurisprudenziale, ma questa soluzione vienespesso indotta da un legislatore disattento, noncome dovrebbe essere sotto l’impulso della casisticasuggerita dalle concrete domande formulate, ma at-traverso veri e propri “editti” che sanciscono regole,neppure concertate come nella prassi dei “proto-colli”, dove almeno tutti gli operatori sono coinvolticon le loro esperienze.

Si è preferita la via unilaterale.Già il 25 maggio 2015, il Presidente della IX sezione

del Tribunale di Milano, aveva “regolato la materia”,seguito nel luglio dello stesso anno da Presidentedel Tribunale di Verona.

L’insolita iniziativa che aveva precedenti solonella materia fallimentare e che aveva occasionatoprassi indotte soprattutto dal Tribunale di Milano,spesso smentite dal giudice di legittimità, non deveinteressare qui sul piano dei rapporti tra i poteridello Stato, quanto sulle soluzioni di contenuto in-dotte, alcune condivisibili, altre meno.

Già si è detto del carattere non risolutivo in tutti icasi della identificazione del giudice titolare dei dueprocedimenti, regola a cui attinge sia il Presidente

del Tribunale di Milano che il Presidente del Tribu-nale di Verona, mentre quest’ultimo correttamenteesclude l’applicabilità degli istituti della sospen-sione per pregiudizialità civile e della riunione perconnessione.

Invece meno condivisibile la sottrazione di ognipotere sui diritti del minore in sede di separazione,quando penda il procedimento di divorzio, non es-sendo ad oggi applicabile una regola come quelladell’art. 38 delle disp. att. c.p.c. (la soluzione può tro-varsi con il diverso modo meno rigido che si è ten-tato nel testo che precede, come sembra pensare ilPresidente di Verona).

Ugualmente, ancora come il Presidente del Tribu-nale di Verona, avere ritenuto la cessazione dellamateria del contendere della causa sull’addebito, al-l’interno del processo per separazione, dimenti-cando che tale accertamento non ha solo rilievo aglieffetti del contributo, ma può essere uno dei para-metri per la liquidazione dell’assegno divorzile econserva perciò un interesse delle parti ad agire. In-fine, il ritenere come il tribunale veronese che lasentenza parziale di separazione debba essere pro-nunciata alla udienza dell’art. 183 c.p.c., d’ufficiosenza istanza di parte, nonostante solo la partepossa chiedere la propria separazione personale.

Per buona sorte la casistica renderà ragione delleregole che sul piano sistematico e analogico il giu-dice volta per volta riterrà di adottare, senza vincoliparticolari che non siano le regole sulla esegesi dellalegge.

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STUDI

LE «REGOLE» DELLERELAZIONI AFFETTIVENON MATRIMONIALI:LE QUESTIONIPATRIMONIALIE LE NUOVE PROPOSTEDI LEGGEAVVOCATO MICHELA LABRIOLA AVVOCATO DEL FORO DI BARI

SOMMARIO: 1. Le famiglie di fatto: il presuppostodella «stabilità» e «affectio coniugalis» - 2. Principiantidiscriminatori condivisi dal diritto comunitario- 3. Normativa e giurisprudenza italiana a tuteladella convivenza e la nuova previsione legislativa -4. Le famiglie non coniugate diritti e doveri e profilipatrimoniali. a) I profili personali ed il risarcimentodel danno endofamiliare; b) I profili patrimoniali

§1. Le famiglie di fatto: il presupposto della «sta-bilità» e dell’«affectio coniugalis»

I dati pervenuti dall’ISTAT evidenziano che nel-l’anno 2004 in Italia sono stati celebrati 249.969 ma-trimoni mentre nell’anno 2014 solo 189.765. In diecianni, quindi, quasi 60.000 coppie (120.000 persone)in meno hanno scelto la formula del matrimonio,ciò comunque non rende idonea l’equazione: menomatrimoni = meno famiglie. Non è immaginabileche ci si ami di meno o che si preferisca in misuramaggiore la vita da single. Evidentemente altre tipo-logie di «formazioni sociali» si sono consolidate nelnostro Paese. D’altro canto è innegabile che, benchéultimamente sia attuale la necessità di «de-giuri-sdizionalizzare» la famiglia fondata sul matrimonio,vi sia comunque una crescente richiesta, che nondeve apparire in contraddizione, di «giuridizza-zione» della famiglia di fatto. La famiglia, qualun-que essa sia, riveste un ruolo importante nella vitadi ciascuno poiché nella relazione tra i suoi compo-nenti si radica la gamma infinita delle emozioniquelle positive, l’amore, la solidarietà, l’accudi-mento, ma anche quelle negative l’odio, la violenza,la sopraffazione. Essa rappresenta la cinghia di tra-

smissione del motore di crescita di ognuno e dà va-lore etico all’indirizzo di vita consegnato ai suoimembri attraverso la tradizione ed i costumi nel-l’avvicendarsi delle generazioni. Per dirla con le pa-role di Thomas Eliot: “Tempo presente e tempo passatosono forse entrambi presenti nel tempo futuro e il tempofuturo è contenuto nel tempo passato”.1 Non si può cer-tamente sottovalutare, affinché le donne e gli uo-mini volgano uno sguardo prospettico consapevoleverso il futuro, la fondamentale matrice culturaleche emerge dal passato e dal presente della propriafamiglia. Molti degli eventi già passati, o ancora inessere, condizionano sostanzialmente l’inserimentodi ciascuno nella società. Gran parte della norma-tiva transnazionale ha recepito, in molte parti delmondo, questa trasformazione del passato che hatraghettato nuove esperienze verso il presente. UnoStato di diritto che rispetti l’uguaglianza e la pari di-gnità tra i singoli individui si dovrà fare carico di ga-rantire un valore alle modificazioni sociali che fac-ciano emergere le «dissomiglianze», cioè a quelle si-tuazioni che, seppur legate da principi giuridici diuguaglianza che hanno radici normative comuni,tuttavia non si somigliano, perché contengono ele-menti di «alterità». Il riferimento è agli individui chesi trovano nella medesima condizione sociale insenso, per così dire, oggettivo ma possiedono carat-teristiche di personalità, di orientamento sessuale,religioso, ecc. «dissimili». La «diversità» è altro edappartiene al dato esperienziale derivante dalla sto-ria, cultura e contesto. Tale breve premessa è fun-zionale al quesito se la famiglia di fatto, per esseretale, debba contenere necessariamente o meno ilpresupposto della eterosessualità. Orbene a tale do-manda sembra aver dato una risposta il progetto dilegge n. 2081/2015 c.d. «Cirinnà» sulla Regolamen-tazione delle unioni civili tra persone dello stesso sessoe disciplina delle convivenze. Il decreto legislativo con-sta di un solo articolo (art.1) diviso in 69 commi. Neicommi 1 - 35 si disciplinano le «unioni civili» tra lepersone dello stesso sesso, dal 36 al 65 invece è stataprevista una dettagliata regolamentazione delle«convivenze di fatto eterosessuali».

Finalmente, attraverso una corretta lettura ade-guatrice degli artt. 2 e 3 della Costituzione italiana(art.1 comma 1 ddl 2081/2015), i contesti sociali«dissomiglianti», all’interno dei quali si esplicita an-che la personalità e l’identità, iniziano ad ottenereun riconoscimento pieno, sia in ambito giurispru-denziale sia normativo, attesa la pressante richiestadel rispetto al proprio orientamento sessuale ed aldiritto ad una vita familiare. Le espressioni «fami-glia di fatto» o «convivenza di fatto» (coppie etero-sessuali, coppie omosessuali, coppie sposate al-l’estero di diverse nazionalità e religioni, famigliemonogenitoriali e famiglie omogenitoriali) si riferi-scono ad un pluralità di relazioni e legami aventivincoli giuridici, biologici e sociali, e ritraggono

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unioni che hanno il connotato essenziale della «sta-bilità», affettiva ed abitativa, composte sia da etero-sessuali sia da omosessuali. La Corte Costituzionale,nella nota sentenza n.138/2010, ha di recente chia-rito che l’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica rico-nosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, siacome singolo sia nelle formazioni sociali ove sisvolge la sua personalità e richiede l’adempimentodei doveri inderogabili di solidarietà politica, econo-mica e sociale. Per «formazione sociale» deve inten-dersi ogni comunità, semplice o complessa, idoneaa consentire e favorire il libero sviluppo della per-sona nella vita di relazione, nel contesto di una va-lorizzazione del modello pluralistico. “In tale nozioneè da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa comestabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cuispetta il diritto fondamentale di vivere liberamente unacondizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi enei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridicocon i connessi diritti e doveri.”

L’art. 1 comma 36 del predetto disegno di leggespecifica quali siano i presupposti per sussumereuna «convivenza di fatto»2. Il criterio della stabilità,tra i conviventi, trova le proprie origini in quel vin-colo solidaristico e di rispetto reciproco che si atta-glia alle comunità fondate sul matrimonio. Ma benprima della decisione del giudice delle leggi è possi-bile osservare che nel tempo la intuizione giurispru-denziale è andata fornendo, alla dimensione dellastabilità, la patente di presupposto necessario per lacorretta definizione delle convivenze more uxorio.Per «famiglia di fatto» si è iniziato ad intendere quellaaggregazione di «genere familiare» non fondata sulmatrimonio ma caratterizzata dalla convivenza deisuoi membri, dall’esistenza di vincoli di solidarietàreciproca, da un certo grado di stabilità e, in presenzadi figli, dal loro riconoscimento con allevamento,istruzione ed educazione da parte dei genitori. Peresemplificare si legga «l’art. 2 dello statuto del fondo so-ciale di mutua assistenza e previdenza per i piloti italiani(Società mutua cooperativa s.r.l.), che riconosce il dirittoall’assistenza della «moglie anche se legalmente separatadal marito purché abbia diritto agli alimenti», deve essereinterpretato nel senso che ha diritto all’assistenza anche la«moglie di fatto» dell’iscritto. In caso contrario, tale clau-sola dovrebbe essere dichiarata nulla per contrasto con lanorma di legge imperativa contenuta nell’art. 2 cost., inquanto la famiglia di fatto è compresa nel novero delle for-mazioni sociali tutelate dalla norma costituzionale.»3

Ormai nei casi di separazione tra coniugi, la cir-costanza che la moglie separata, collocataria del fi-glio minore, viva «more uxorio» con altro uomo, dalquale abbia avuto un bambino, non è più di per sésufficiente a far modificare il provvedimento di af-fidamento, poiché la creazione, da parte della ma-dre, di un nuovo nucleo familiare nel quale il minoresia ben inserito, garantisce a quest’ultimo un mag-giore benessere economico ed una maggiore stabi-

lità affettiva e sicurezza nei rapporti intersoggettivi,tanto più che la c.d. famiglia di fatto, da oltre ven-t’anni, va acquisendo una sempre maggiore rile-vanza giuridica.4

Sarà rilevante di conseguenza attribuire contenutosostanziale a questo comma 36 al fine di distingueretra semplice rapporto occasionale e «convivenza difatto». Il carattere di stabilità conferisce grado di cer-tezza alla relazione sussistente tra le persone, taleda renderla rilevante giuridicamente sia per quantoconcerne la tutela dei figli minori, sia per quanto ri-guarda i rapporti patrimoniali tra i suoi componenti.D’altronde, anche con riferimento alla persistenzadelle condizioni per l’attribuzione dell’assegno di se-parazione o divorzile5, un coniuge, ottenuto un asse-gno di mantenimento a carico dell’altro a seguito diseparazione o divorzio, ne viene privato sul presup-posto di aver intrattenuto una convivenza con altropartner. La S.C. ha, infatti, cassato la sentenza recla-mata in quanto il giudice di merito avrebbe dovutoaccertare se la donna ed il suo convivente avesserocostituito o meno un’affidabile e stabile famiglia difatto, trascendente la mera esistenza di rapporti ses-suali, così da stabilire se questa nuova unione avessefatto venire meno il presupposto per la percezionedell’assegno di mantenimento dal marito.

Al fine di consentire l’ammissione, anche per ilconvivente, al Patrocinio a spese dello Stato, così hadefinito la relazione more uxorio la Quarta SezionePenale della Corte di Cassazione6 “Muovendo dallaevidente necessità di porre l’accento sulla realtà socialepiuttosto che sulla veste formale dell’unione tra due per-sone conviventi, è stata dunque riconosciuta valenza giu-ridica a quella relazione interpersonale che presenti ca-rattere di tendenziale stabilità, natura affettiva e parafa-miliare, che si esplichi in una comunanza di vita e di in-teressi e nella reciproca assistenza morale e materiale”.

Inoltre, sino ad oggi, la ripartizione del trattamentodi reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge su-perstite, entrambi aventi i requisiti per la relativapensione, andava effettuata, oltre che sulla base delcriterio della durata dei matrimoni, ponderando ul-teriori elementi correlati alla finalità solidaristicadell’istituto, tra i quali la durata delle convivenzeprematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convi-venza «more uxorio» non una semplice valenza «cor-rettiva» dei risultati derivanti dall’applicazione delcriterio della durata del rapporto matrimoniale,bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, oveil coniuge interessato provi stabilità ed effettivitàdella comunione di vita prematrimoniale.7

§2. Principi antidiscriminatori condivisi dal di-ritto comunitario

Un preliminare e veloce sguardo all’elenco dellanormativa sovranazionale nasce dall’esigenza, maicome in questa materia, di una sorta di allinea-mento culturale alle decisioni internazionali.

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La Risoluzione del Parlamento europeo sulla pa-rità tra uomini e donne nell’Unione Europea del 13marzo 2012 (p 7- ta (2012) 0069) al punto T espres-samente recita: «T. considerando che le famiglie nell’UEsono diverse e comprendono genitori coniugati, non co-niugati e in coppia stabile, genitori di sesso diverso e dellostesso sesso, genitori singoli e genitori adottivi che meri-tano eguale protezione nell’ambito della legislazione na-zionale e dell’Unione europea; (……) 5. invita (ndr. laCommissione) e gli Stati membri a elaborare proposteper il riconoscimento reciproco delle unioni civili e dellefamiglie omosessuali a livello europeo tra i paesi in cuigià vige una legislazione in materia, al fine di garantireun trattamento equo per quanto concerne il lavoro, la li-bera circolazione, l’imposizione fiscale e la previdenza so-ciale, la protezione dei redditi dei nuclei familiari e la tu-tela dei bambini».

Infatti la Carta di Nizza8, capo II art. 9 [Diritto disposarsi e di costituire una famiglia], condiziona lalibertà di contrarre matrimonio, quindi il diritto disposarsi, ed il diritto di costituire una famiglia alleprevisioni legislative nazionali che ne disciplininol’esercizio.

La Carta di Nizza è stata recepita dal Trattato diLisbona, modificativo del Trattato sull’Unione euro-pea e del Trattato che istituisce la Comunità euro-pea, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Il nuovotesto dell’art. 6, comma 1, del Trattato sull’Unioneeuropea, introdotto dal Trattato di Lisbona, prevedeche «1. L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i prin-cipi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali del-

l’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valoregiuridico dei trattati».

Qui di seguito, a titolo esemplificativo, vengono ri-portate alcune delle principali norme di diritto in-ternazionale a tutela dell’uguaglianza e parità, in ra-gione del sesso, della razza, della religione e dellaetnia.

a) Art. 16, 1° co., della Dichiarazione Universaledei Diritti Umani, approvata dalle Nazioni Unite il10/12/1948: «Uomini e donne in età adatta hanno ildiritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senzaalcuna limitazione di razza, cittadinanza o reli-gione».

b) Art. 12 della Convenzione Europa dei Diritti del-l’Uomo sottoscritta a Roma il 04/11/1950 e resa ese-cutiva con l. 04/08/1955 n. 848: «A partire dall’età mi-nima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donnahanno il diritto di sposarsi e di fondare una famigliasecondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio ditale diritto»

c) Art. 9 della Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione Europea, proclamata a Nizza il 07/12/2000:«Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una fa-miglia sono garantiti secondo le leggi nazionali chene disciplinano l’esercizio».

§3. Normativa e giurisprudenza italiana a tuteladella convivenza e la nuova previsione legislativa

Con il seguente excursus legislativo e giurispru-denziale9 si fornisce, attraverso un primo con-

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fronto con le previsioni del nuovo progetto dilegge, senza pretesa di esaustività, una breve ana-lisi di alcune norme e provvedimenti che neltempo si sono susseguiti per dare voce ad alcuneparticolari forme di tutela per i conviventi, sia conriferimento alle famiglie eterosessuali sia quelleomosessuali. Delle questioni relative ai diritti ed idoveri di natura personale e patrimoniale si ri-manda al paragrafo §4.

1) Sin dalla legge 1968 n.313 art. 42. La Corte Co-stituzionale, con sentenza 8 - 14 gennaio 1986 n. 5(in G.U. 1a s.s. 22/01/1986, n. 3) aveva dichiarato l’il-legittimità costituzionale dell’art. 42, secondo eterzo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Rior-dinamento della legislazione pensionistica diguerra) nella parte in cui non erano considerate,come vedove di guerra, le donne che non avevanopotuto contrarre matrimonio per la morte del mili-tare o del civile, avvenuta a causa della guerra, an-che nel caso in cui fossero state richieste le pre-scritte pubblicazioni.

2) Principi recepiti dal comma 38 del dd sonoquelli già contenuti negli art. 681 c.p.p., novellatoche prevede che “La domanda di grazia [c.p. 174], di-retta al Presidente della Repubblica, è sottoscritta dal con-dannato o da un suo prossimo congiunto o dal conviventeo dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o pro-curatore legale ed è presentata al ministro di grazia e giu-stizia.” così pure, sempre in ambito penale, art. 199c.p.p. attualmente stabilisce che: “I prossimi congiunti[c.p. 307 4] dell’imputato non sono obbligati a deporre.

(……) Si applicano inoltre, limitatamente ai fatti verifica-tisi o appresi all’imputato durante la convivenza coniu-gale: a) a chi, pur non essendo coniuge dell’imputato,come tale conviva o abbia convissuto con esso.”

3) Era già prevista ai sensi dell’art. 572 c.p. (mal-trattamenti in famiglia) una equiparazione tra lafamiglia di fatto e la disciplina applicata alla fami-glia legittima, nel nuovo testo di legge, le lesionipersonali sono sanzionate dal comma 16 lì doveviene prevista una specifica ipotesi di annulla-mento del contratto stipulato tra le parti di unaunione civile.

4) Inoltre, si rileva come il comma 14 per la soladisciplina delle unioni civili, espressamente ri-chiami le norme introdotte con la legge del 2001n.154 artt. 342 bis e 342 ter c.d. «ordini di prote-zione». Il dettato normativo testualmente recita:«quando la condotta del coniuge o di altro convivente ècausa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ov-vero alla libertà dell’altro coniuge o convivente (……)»,pertanto, in quanto già previsto, tale disciplina nonè stata estesa alle convivenze di fatto. È importantesottolineare, però, che anche qui il requisito dellaconvivenza (inteso come «perdurante coabitazione»)va peraltro inteso sussistente anche quando vi siastato l’allontanamento, provocato dal timore di su-bire violenza fisica del congiunto, mantenendo nel-l’abitazione familiare il centro degli interessi mate-riali ed affettivi. Le sentenze di legittimità hannoconfermato che il criterio della convivenza debbaessere stabile e duraturo e di non secondaria im-

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portanza, sia con riferimento al diritto ad un man-tenimento temporaneo, sia al diritto di uso e abita-zione della casa familiare.10

5) L’art. comma 1 del regolamento anagrafico dicui al d.p.r. n.223/1989 puntualizza che “L’anagrafeè costituita da schede individuali, di famiglia e di convi-venza. Agli effetti anagrafici per famiglia si intende uninsieme di persone legate da vincoli di matrimonio, pa-rentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coa-bitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.Una famiglia anagrafica può essere costituita da una solapersona.” L’argomento va necessariamente affron-tato con uno sguardo alla istituzione recente del«Registro Comunale delle Unioni Civili» che è at-tualmente un elenco dove iscrivere le persone legateda vincoli non «legali» (matrimonio, parentela, affi-nità, adozione, tutela) ma affettivi e di reciproca so-lidarietà. Il comma 2 art. 1 ddl 2081/2015 conl’espressione «unioni civili» definisce tutte quelleforme di convivenza fra due persone, legate da vin-coli affettivi ed economici, che possono riguardarecoppie dello stesso sesso. La proposta di legge incommento ha senz’altro - ma solo per alcuni aspetti- recepito il monito lanciato dalla S.C. per la regola-rizzazione di situazioni di fatto che non avevano tro-vato riconoscimento nel nostro Paese: “occorre la ne-cessità di un tempestivo intervento del legislatore per dare‘riconoscimento’, in base all’articolo 2 della Costituzioneche tutela i diritti umani dei singoli e della loro vita socialee affettiva, a un nucleo comune di diritti e doveri di assi-stenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di cop-pia e affermare la “riconducibilità” di tali relazioni nel-l’alveo delle formazioni sociali dirette allo sviluppo, informa primaria, della personalità umana”. Con tale pre-cedente, che dalla stampa è stato considerato asso-lutamente innovativo, la Corte ha rigettato un ri-corso avverso la decisione della Corte di Appello diRoma che, confermando la pronuncia di primogrado, non aveva accolto la domanda proposta dauna coppia omosessuale finalizzata a poter proce-dere alle pubblicazioni di matrimonio da loro ri-chieste e negate dall’ufficiale di stato civile.11 Va sot-tolineato, preliminarmente, come nel nuovo pro-getto di legge in commento non vi sia alcuna previ-sione di riconoscimento del matrimonio tra omo-sessuali, mantenendosi invece la possibilità di tra-scrivere i matrimoni contatti all’estero nella diversaforma delle unioni civili (comma 28 lett.b). Pertantoai sensi dell’art. 1 commi 2 e 3 l’iscrizione al «Regi-stro delle unioni civili» può essere richiesta da duepersone maggiorenni, di uguale sesso, di qualsiasinazionalità, che costituiscono una famiglia anagra-fica, ossia iscritti nel medesimo stato di famigliaquali conviventi, legati da un vincolo affettivo o re-ciproca assistenza morale e/o materiale. Gli interes-sati non devono essere legati tra loro da vincoli dimatrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela,non devono aver subito una dichiarazione di inter-

dizione, o una condanna per reati lesivi del convi-vente [art.1 comma 4 lett. a),b),c),d)]. L’iscrizione nelregistro delle Unioni Civili dovrebbe avere sia naturadichiarativa sia costitutiva generando un dirittoanagrafico secondo la legislazione statale vigente.L’art. 1 comma 9, inoltre, prevede che oltre ai datianagrafici, il documento attestante la costituzionedell’unione, deve contenere anche il regime patri-moniale scelto, potendosi, altresì operare una op-zione sul cognome. Inoltre, per avere reale contezzacirca la nascita di un rapporto di convivenza di fatto,il comma 37 segnala che per l’accertamento dellastabilità si dovrà fare riferimento alla dichiarazioneanagrafica di cui all’art. 4 e alla lettera b), comma 1,dell’art. 13 del regolamento di cui al decreto del Pre-sidente della Repubblica 30 maggio 1989 n. 223.

6) L’art. 5 L. n. 40/2004 ha introdotto la procrea-zione medicalmente assistita, «fermo restando quantostabilito dall’articolo 4, comma 1, (……) a coppie di mag-giorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in etàpotenzialmente fertile, entrambi viventi.» Nessuna aper-tura possibile deriva dalla stesura definitiva del ddl,sia con riferimento alla pratica della PMA da partedelle coppie omosessuali sia con riferimento alla di-sciplina delle adozioni.

7) Nonostante la sostanziale differente disciplinache nel decreto compare con riferimento alle unionicivili ed alle convivenze, il fil rouge tra le famiglie difatto, eterosessuali ed omosessuali, e quelle «nor-mocostituite» continua ad essere rappresentatodalla legge 10 dicembre 2012 n. 219 che ha novel-lato gli artt. 315 e ss. del cod.civ. e che unisce i figlicon l’eliminazione di grosse sperequazioni.

8) Ad una prima lettura, in assenza di una previ-sione specifica da parte del progetto di legge, sem-bra ancora attuale la disposizione dell’art. 129 d.lgs.n. 209/2005 che statuisce che, «ferme restando la di-sposizione di cui all’articolo 122, comma 2, e quella di cuial comma 1 del presente articolo, non sono inoltre consi-derati terzi e non hanno diritto ai benefici derivanti daicontratti di assicurazione obbligatoria, limitatamente aidanni alle cose: (…….) b) il coniuge non legalmente se-parato, il convivente more uxorio, gli ascendenti e i di-scendenti legittimi, naturali o adottivi del soggetto di cuial comma 1 e di quelli di cui alla lettera a), nonché gli af-filiati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado di tuttii predetti soggetti, quando convivano con questi o siano aloro carico in quanto l’assicurato provvede abitualmenteal loro mantenimento».

9) I commi 15, 47 e 48 confermano sostanzial-mente quanto ormai da tempo previsto dalla leggen. 6/2004 che aveva già introdotto l’istituto sull’am-ministratore di sostegno (art. 408 cod.civ.) anche trale persone stabilmente conviventi. La precedentenormativa sull’inabilitazione ed interdizione (art.417 cod.civ.) indicava, altresì, che la persona stabil-mente convivente può avanzare istanza di interdi-zione ed inabilitazione.

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10) L’art. 1 della Legge n. 405/1975 (istitutiva deiconsultori familiari) ricomprende tra gli aventi di-ritto alle prestazioni assistenziali anche le «coppiedi fatto». Conseguentemente tale specifica norma-tiva sarà senz’altro adattabile alle novità legislativein corso.

11) L’art. 5 L. n. 194/1978 (interruzione di gravi-danza) permette la partecipazione al procedimentodi chi è indicato «padre del concepito», quindi an-che in presenza di convivenza more uxorio.

12) Il comma 45 nello stabilire, recependo le indi-cazioni della Corte Costituzionale n. 559/1989, chel’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca ti-tolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’as-segnazione di alloggi di edilizia popolare per i con-viventi di fatto, sarà senza dubbio estensibile alla di-sciplina di cui all’art. 17 L. n. 179/1992 che attual-mente permette la sostituzione al socio assegnata-rio defunto del convivente, purché documenti lostato di convivenza da almeno due anni dal decesso.

13) L’art. 6 L. 392/1978 (Successione nel contrattodi locazione), successivamente modificato12, haavuto l’indubbio merito di elevare il diritto di abita-zione al rango di diritto fondamentale, ed è statocosì integrato: «In caso di morte del conduttore, gli suc-cedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed af-fini con lui abitualmente conviventi. In caso di separa-zione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di ces-sazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di lo-cazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il dirittodi abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giu-dice a quest’ultimo. In caso di separazione consensuale odi nullità matrimoniale al conduttore succede l’altro co-niuge se tra i due si sia così convenuto». È stata Infattidichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6nella parte in cui non prevedeva tra i successibilinella titolarità del contratto di locazione, in caso dimorte del conduttore, il convivente more uxorio;inoltre la Corte Costituzionale ha proclamato l’ille-gittimità costituzionale del terzo comma, nella partein cui non prevedeva che il coniuge separato di fattosuccedesse al conduttore (se tra i due si fosse cosìconvenuto) e nella parte in cui non contemplava lasuccessione nel contratto di locazione al conduttoreche avesse cessato la convivenza, a favore del giàconvivente quando vi sia prole naturale. Inoltre ope-rando una sorta di uniformità di tutele tra la fami-glia di fatto e quella coniugale, la stessa Corte con lasuccessiva sentenza 204/200313, ha affermato essereinfondata la sollevata questione di illegittimità co-stituzionale dell’art. 6 della legge sulla locazione,«nella parte in cui non prevede che, in caso di cessazionedella convivenza “more uxorio”, al conduttore di un im-mobile ad uso abitativo succeda nel contratto di locazioneil convivente rimasto nella detenzione dell’immobile, an-che in mancanza di prole comune». In ultimo nella sen-tenza della Cassazione del 200814 si legge che la con-vivenza con il conduttore defunto, cui, ai sensi del-

l’art. 6 della legge n. 392 del 1978, è subordinata lasuccessione nel contratto di locazione di immobileadibito ad uso di abitazione, costituisce una situa-zione complessa caratterizzata da una convivenza«stabile ed abituale», da una «comunanza di vita»,preesistente al decesso, non riscontrabile qualora ilpretendente successore si sia trasferito nell’abita-zione locata soltanto per ragioni transitorie. Orbene,alla luce di tale pregresso complesso iter giurispru-denziale, ferma restando l’applicazione estensivaalle unioni civili di tutte le norme che regolano ilmatrimonio (tranne l’obbligo di fedeltà e l’adozionedi minori al di là di un breve cenno inserito nelcomma 20 su quanto previsto in materia di ado-zione dalle norme vigenti) il ddl al comma 44 in ma-teria di convivenza di fatto recepisce la consolidataprassi giurisprudenziale e normativa già in vigore,seppur con la tendenza ad una sorta di semplifica-zione.

14) I commi 11 e 12 prevedono che «con la costitu-zione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso leparti acquistano gli stessi diritti ed assumono i medesimidoveri, dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco allaassistenza morale e materiale, ed alla coabitazione.(……) Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vitafamiliare e fissano la residenza comune, (……)». Di con-seguenza con riferimento al diritto di abitazionedella casa familiare15, - come da consolidato indi-rizzo giurisprudenziale - è ancora ammissibile l’op-ponibilità nei confronti del terzi nuovi proprietaridella assegnazione di un immobile casa familiareconcesso dal giudice al genitore collatario dei figliminori nati fuori dal matrimonio.16 In precedenza,con l’arresto del 1998 n.166 la Corte Costituzionale,dichiarando infondata la questione sollevata dalTribunale di Como sulla mancata previsione dellapossibilità di assegnare, anche per le famiglie nonconiugate, la casa familiare, caldeggiava tuttavial’equiparazione dei figli «naturali» a quelli «legit-timi» tanto da suggerire ai giudici civili l’assegna-zione della casa coniugale ove ciò risultasse neces-sario al preminente interesse del minore. Inoltre, inragione della previsione di cui al successivo comma42, fermo restando quanto stabilito dall’art. 337 se-xies cod. civ. dettato in ragione del prioritario inte-resse dei figli nati fuori e dentro il matrimonio - inbase al quale è altresì ammessa l’assegnazionedella casa, concessa in comodato da parte del terzo,al convivente collocatario della prole17-, oltre allapossibilità di costituzione di un diritto reale di go-dimento, usufrutto, uso e abitazione o personale,comodato (all’interno di un contratto di convi-venza), è altresì previsto che, nel caso di interru-zione della convivenza per decesso del proprieta-rio, scaturisca un diritto automatico di abitazionedella casa familiare per un periodo di due anni osuperiore se valutato in base agli anni del protrarsidella convivenza ed, in presenza di figli minori o fi-

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gli disabili, per un periodo non inferiore a tre anni.Tale forma di tutela si conforma agli ultimi arrestidella Suprema Corte che ha riconosciuto al convi-vente un diritto di «detenzione autonoma», in virtùdella stabilità della relazione familiare, anche incaso di decesso del partner come causa di opponi-bilità ai terzi eredi.18 Tuttavia la futura novella nullaspecifica circa le ipotesi di interruzione della con-vivenza a seguito di crisi del rapporto diverse daldecesso del proprietario. È dubbio, infatti, se sia do-veroso concedere, in favore del «coabitante» moreuxorio, un ragionevole lasso di tempo per reperirealtra abitazione, così proseguendo un percorso trac-ciato oramai da molti anni dalla giurisprudenza dimerito e di legittimità. «Per ciò che attiene il “diritto”del convivente more uxorio sulla casa familiare, come èstato persuasivamente dimostrato, non può oggi dubi-tarsi della titolarità in suo favore di una posizione di de-tenzione autonoma, il cui titolo è dato rinvenirsi in un“rapporto negoziale di fatto” o in un “negozio atipico acontenuto personale” (per esempio un patto di convi-venza): in breve, la convivenza è titolo giuridico costitu-tivo della detenzione, che legittima il convivente al-l’azione di spoglio sia nei confronti dell’altro che, alla suamorte, degli eredi che non potranno invocare l’art. 460c.c. e dovranno esperire l’azione petitoria. Dunque, perlegittimare il convivente alla tutela possessoria nel rangodi detentore qualificato, secondo tal attenta dottrina, nonvi è alcuna necessità di ricorrere agli schemi causali delcomodato, della liberalità d’uso o del contratto atipico digodimento, costituendo la famiglia di fatto, di per sé titolo

giuridico di detenzione della casa del ménage. Data lamarcata diversità delle situazioni che sono suscettibili diessere ricomprese nella locuzione di convivenza moreuxorio, appare necessario sottolineare come la giuri-sprudenza valorizzi il connotato della stabilità quale ga-ranzia di certezza della famiglia di fatto e condizionedella sua rilevanza giuridica. Pertanto, la convivenza oc-casionale, precaria, intermittente è da considerare so-cialmente estranea al modello familiare socialmente ti-pico e non dà titolo alla detenzione autonoma, non legit-timando così l’actio spolii. Occorre poi precisare che l’esi-stenza di prole minore all’interno del nucleo non matri-moniale comporta interventi di garanzia, e una peculiareregolamentazione che attiene anche al godimento del-l’abitazione familiare.»19 Di talché, si ribadisce, muo-vendo dal rapporto di detenzione qualificata del-l’unità abitativa che ha titolo in un rapporto «nego-ziale» di fatto di tipo familiare una sorta di pattoimplicito di convivenza, la giurisprudenza ha affer-mato che l’estromissione violenta o clandestinadalla casa familiare, compiuta dal convivente pro-prietario, in danno del convivente non proprietario,legittimi quest’ultimo alla tutela possessoria, con-sentendogli di esperire azione di spoglio20. In ultimosi evidenzia che, sino ad oggi, nella differente ipo-tesi in cui il partner conducesse un immobile concontratto di comodato stipulato con un terzo, ilconvivente che non fosse titolare di alcun dirittosulla cosa, in assenza temporanea del comodatario,non potesse essere spodestato nel possesso dalterzo proprietario.21 Il caso in esame era quello re-

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lativo ad una donna che, a seguito di una lunga de-genza ospedaliera del proprio compagno convi-vente, veniva molestata nel possesso dell’immobileda parte dei parenti del proprietario. Con tale pro-nuncia si è, quindi, acconsentita la permanenza delpartner convivente nell’abitazione ancorché non ti-tolare di alcun diritto reale. Infine sembra verifi-carsi una evidente lacuna riguardo al diritto di abi-tazione in presenza di prole lì dove, in primo luogo,non si prevede la presenza di maggiorenni non au-tonomi economicamente, in secondo luogo, nelcaso del decesso del genitore proprietario, vi sia unlimite temporale nell’esercizio della tutela (nonmeno di tre anni).22

15) Per la Corte di Cassazione il risarcimento deldanno da uccisione di un prossimo congiunto at-tualmente spetta non solo ai membri della famiglialegittima, ma anche a quelli della c.d. famiglia natu-rale, a condizione che si dimostri l’esistenza di unostabile e duraturo legame affettivo che, per la signi-ficativa comunanza di vita e di affetti, sia equipara-bile al rapporto coniugale. Il diritto al risarcimentoda fatto illecito, concretatosi in un evento mortale,andrà riconosciuto anche al convivente more uxoriodel defunto stesso, quando risulti concretamente di-mostrata siffatta relazione caratterizzata da tenden-ziale stabilità e da mutua assistenza morale e mate-riale.23 Recependo appieno tale arresto giurispru-denziale il comma 49 si attesta sulla stessa lun-ghezza d’onda. L’interesse fatto valere è quello allaintangibilità della sfera degli affetti e della reciproca

solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviola-bilità della libera e piena esplicazione delle attivitàrealizzatrici della persona umana nell’ambito diquella peculiare formazione sociale costituita dallafamiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e30 Cost.. Si tratta, secondo la giurisprudenza, di in-teresse protetto, di rilievo costituzionale, non aventenatura economica, la cui lesione non apre la via adun risarcimento ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., nelcui ambito rientrano i danni patrimoniali, ma ad unariparazione ai sensi dell’art. 2059 cod. civ.. Consoli-data giurisprudenza ammette, infatti, la possibilitàdi risarcire il danno non patrimoniale - morale edesistenziale - da incidente stradale o da decesso peromicidio in favore dei conviventi more uxorio (si badiche il filo conduttore è sempre quello della stabilitànella convivenza, peraltro anche il fattore temporaledella relazione ha la sua rilevanza). Un’altra que-stione molto particolare è stata affrontata dal Tribu-nale di Firenze che ha altresì ammesso essere confi-gurabile «in capo alla fidanzata, non convivente, ma pro-messa sposa del giovane deceduto in un incidente stradale,il risarcimento dei danni morali ed esistenziali. Il ristorodei danni patiti dalla donna è dovuto sulla base del fattoche tra i due futuri sposi vi fosse un legame storico e sta-bile, destinato a concretizzarsi ancora di più per via delprogrammato matrimonio; sicché tale rapporto è degno ditutela giuridica ai sensi dell’art. 2 Cost., che dà importanzaalla sfera relazionale personale in quanto tale e non per-ché poggiante sul rapporto di coniugio tra due soggetti, el’art. 29 Cost. che è norma di tutela della famiglia fondata

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sul matrimonio ma anche del diritto del singolo a contrarrematrimonio.»24

16) Per la legge 1983/184 sulla adozione di minorianche la «convivenza prematrimoniale» rileva nelcalcolo del periodo minimo per poter accedere allepratiche di idoneità (Art. 6, 1° e 4° co., l. 149/2001).Invece per le ipotesi di cui all’art. 44 adozione ‘incasi particolari’ è prevista la possibilità di accedervianche da parte di persone non coniugate (art. 44,1°e 3° co., l. l. 184/1983). Il ddl in commento in secondabattuta ha espunto un articolo (art.5 vecchia for-mulazione) con cui si modificava l’art. 44 comma 1lett. b) L.1983/184 che disciplinava la possibilità diadottare il figlio biologico del convivente da partedel partner della coppia di fatto, sia omosessuale siaeterosessuale.

17) I commi 39 e 40 estendono l’ambito di appli-cazione sulle questioni già previste dall’attuale art.3, 2° co., Legge 01/04/1999 n. 91 [Trapianto d’organie tessuti «all’inizio del periodo di osservazione ai fini del-l’accertamento di morte ai sensi della legge 29 dicembre1993, n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22agosto 1994, n. 582, i medici delle strutture di cui all’ar-ticolo 13 forniscono informazioni sulle opportunità tera-peutiche per le persone in attesa di trapianto nonché sullanatura e sulle circostanze del prelievo al coniuge non se-parato o al convivente more uxorio o, in mancanza, ai fi-gli maggiori di età o, in mancanza di questi ultimi, ai ge-nitori ovvero al rappresentante legale»] anche ai casi dimalattia e ricovero, decisioni in materia di salute edonazioni di organi.

18) Infine in tema di prescrizione dei diritti, supe-rando il precedente orientamento giurisprudenziale,in base al quale, con riferimento alla sospensionedelle azioni di natura patrimoniale tra coniugi e fa-miglie di fatto, la Corte delle leggi25 aveva operatoun netto distinguo a suffragio della validità dellatesi per cui solo i coniugi possono usufruire della so-spensione della prescrizione e, in quanto ancora tali,anche quelli separati legalmente, il comma 18 sin-teticamente recita: «la prescrizione rimane sospesa trale parti dell’unione civile». Di conseguenza si supponeche tale sospensione non operi, in assenza di previ-sione specifica, per le convivenze di fatto.26

19) Nel presente studio non saranno presi inesame i commi relativi alla nullità ed ai motivi diimpugnazione delle unioni civili e dei contratti diconvivenza.

§4. Le famiglie non coniugate: diritti, doveri eprofili patrimoniali

In attesa delle rilevanti modifiche che potrannoderivare dall’approvazione del ddl n. 2081/2015, at-tualmente all’esame del Parlamento, sino ad oggi laconvivenza «non» matrimoniale non ha avuto titoloper il riconoscimento legale di tutti i diritti e i do-veri in capo ai suoi componenti, ma si dislocava nel-l’ambito di obblighi morali e solidaristici. Il presente

paragrafo intende fornire, ove possibile, un ordinesistematico tra la applicazione attuale e la futuraprevisione normativa.

a) I profili personali ed il risarcimento del dannoendofamiliare

Nella previsione di legge non è previsto l’obbligodi fedeltà, che ha contenuto personale, la cui viola-zione non sarà sanzionata nelle unioni civili. Comegià evidenziato invece permane un obbligo di assi-stenza morale e materiale, di contribuzione o coabitazione(commi 11 e 12). Non è ipotizzabile quindi, attri-buendo responsabilità personali a chi avesse postotermine all’unione civile, l’utilizzo di quelle ormegiurisprudenziali relative al risarcimento del dannoconseguente ad una pronuncia di addebito. D’al-tronde da più di un autore27 ed in passato anchedalla Corte Costituzionale28 si è obiettato che sa-rebbe insindacabile una scelta di libertà dal «si-stema» matrimoniale ed intangibile il diritto alla au-todeterminazione personale che connota soprat-tutto le famiglie non coniugate eterosessuali, lequali hanno inteso regolamentare la propria convi-venza al di fuori delle previsioni formalistiche dellalegge. Ad ogni buon conto si apre una breccia versoil concreto riconoscimento della rilevanza della tu-tela del singolo all’interno delle diverse forme di«formazioni sociali» ove egli svolge la sua persona-lità cui devono essere garantiti i diritti inviolabili, tracui quello alla integrità fisica e personale, al rispetto,alla vita, alla libertà di pensiero.

Quale sia la fonte giuridica del danno all’internodelle diverse tipologie di famiglia risulta evidentedalla lettura della recente la giurisprudenza sulpunto per cui la violazione dei «diritti fondamentalidella persona è configurabile anche all’interno diun’unione di fatto, purché avente le caratteristiche di se-rietà e stabilità, in considerazione dell’irrinunciabilità delnucleo essenziale di tali diritti, riconosciuti, ai sensi del-l’art. 2 Cost., in tutte le formazioni sociali in cui si svolgela personalità dell’individuo.»29 La innovazione di que-sto argomentare degli Ermellini, con il richiamoespresso all’art. 2 Cost., spalanca all’interprete laporta del risarcimento del danno endofamiliare infavore delle categorie deboli, quindi anche nelleunioni di fatto e nelle convivenze di fatto. È pleona-stico aggiungere che per la prole l’eventuale viola-zione dei doveri quali il mantenimento, istruzione,cura ed educazione da parte dei genitori, integra gliestremi dell’illecito civile e può dar luogo ad un’au-tonoma azione dei medesimi figli volta al risarci-mento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art.2059 c.c.30 Passando ad un caso particolare di risar-cimento endofamiliare si veda la sentenza dellaCorte Costituzionale31 chiamata a decidere, in baseagli artt. 2 e 3 Cost. con riferimento alla Legge 25 feb-braio 1992 n. 210, nella parte in cui non si prevedeche i benefici di cui alla medesima legge (indennizzo

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a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo ir-reversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfu-sioni o somministrazioni di emoderivati) spettino ancheal convivente more uxorio. Purtroppo, benché la Corteconcluda per la rilevanza della questione propostadal Tribunale di Trento, la stessa ha emesso un prov-vedimento di inammissibilità “poiché il giudice rimet-tente non si fa carico di alcuna argomentazione sui criteridi individuazione della norma applicabile alla fattispe-cie.” La questione si può reputare, però, ancoraaperta e sarà ipotizzabile una interpretazione esten-siva, anche se non espressamente indicata, sia alleunioni civili (in ragione della disposizione in basealla quale - comma 20 - i termini «coniugi» previstinelle diverse norme si applicheranno alle parti del-l’unione civile tra persone dello stesso sesso) sia alleconvivenze di fatto.

Per altre previsioni risarcitorie più frequenti, al-cune nuovamente introdotte dal decreto (L. 154/2001sugli ordini di protezione) ed altre non contemplatepoiché riferite alla filiazione (art. 709 ter c.p.c.) il no-stro ordinamento, come già evidenziato, aveva giàiniziato a sancire forme sanzionatorie e risarcitorieall’interno delle convivenze di fatto, ritenendosi op-portuno non operare alcuna distinzione tra famiglieomosessuali ed eterosessuali. Così come breve-mente accennato nel precedente paragrafo, nel-l’ipotesi di cui agli artt. 342 bis e ss. cod.civ., sino adora, la condanna «dell’allontanato» al versamentodi un assegno in favore del convivente, che non tro-vava la propria origine nel dettato di cui all’art. 156cod.civ. (obblighi di mantenimento in caso di sepa-razione), benché avesse natura assistenziale, era su-bordinata alla verifica processuale di un nesso dicausalità tra lo stato di bisogno e l’allontanamento.Era necessario un collegamento tra il diritto all’as-segno per chi fosse privo di «mezzi adeguati» e lasanzione «prescrittiva» con funzione di prevenzione(allontanamento) nei confronti del convivente «col-pevole».32 Ciononostante non si escludeva che il sog-getto vittima di abuso, con separato giudizio, po-tesse o intraprendere una tutela risarcitoria per il ri-storo del danno non patrimoniale subito o, nel casodi inadempimento nei confronti della prole mino-renne, azionare le tutele conseguenti alle violazionidegli artt. 143 e 147 cod.civ.. Cosa cambia con ilcomma 65? Probabilmente molto poco, infatti dettanuova disposizione prevede che al momento dellacessazione della convivenza il giudice potrà stabi-lire un assegno di natura meramente alimentare pa-rametrato allo stato di bisogno e con un limite tem-porale. Non va dimenticato, inoltre, che la recentelegge 172/2012 di ratifica della Convenzione di Lan-zarote «Maltrattamenti contro familiari e conviventi»ha accostato il rapporto di coniugio ai conviventi sog-getti vittime di abusi e violenze.33

Sotto il profilo della tutela della prole, non og-getto di statuizione da parte del ddl 2081/2015 at-

tesa la recente riforma sulla filiazione, si sottolineacome l’introduzione nel nostro ordinamento del-l’art.709 ter cpc - che prevede un ventaglio di con-seguenze a carico del genitore che si sia reso col-pevole di «gravi inadempienze o di atti che comunquearrechino pregiudizio al minore od ostacolino il correttosvolgimento delle modalità dell’affidamento» - da unlato si collochi nel dibattito concernente i rapportitra responsabilità civile e famiglia e, dall’altro, abbiaportato all’attenzione dell’interprete la controversaquestione dell’ammissibilità dei cosiddetti «dannipunitivi» nel nostro ordinamento.34 Pochi obblighidi natura patrimoniale erano stati previsti, prece-dentemente, a causa di un comportamento pregiu-dizievole tenuto nei confronti del minore, le misurepersonali più energiche erano senz’altro rappre-sentate dai dettami degli artt. 330 e ss del cod.civ..Con un arresto significativo la Suprema Corte nel2005 ha riconosciuto espressamente l’ammissibi-lità di forme risarcitorie di riparazione di danniconsumati all’interno della famiglia, affermandoche «La famiglia si configura ora come il luogo di incon-tro e di vita comune dei suoi membri, tra i quali si stabi-liscono relazioni di affetto e di solidarietà riferibili a cia-scuno di essi». La Corte di Cassazione35 ha inizial-mente ritenuto che l’irrogazione nell’ambito delprocesso civile di sanzioni con finalità afflittive edeterrenti dovesse ritenersi contraria all’ordinepubblico, perché estranea ai principi risarcitorio-in-dennitari propri del nostro ordinamento. Il Tribu-nale di Napoli con provvedimento del 30/04/2008 hainvero riconosciuto che «il regime dei provvedimentiprevisti dall’art. 709 ter c.p.c. a carico del genitore ina-dempiente, ha natura sanzionatoria e non compensativa,con la conseguenza che non è necessaria la prova del pre-giudizio subito». Alcuni autori si sono espressi in li-nea con quanto sino a quel momento sostenutocosì il «risarcimento del danno (……) travalicherebbe illimite del rapporto strettamente privatistico all’internodel nucleo familiare e verrebbe a costituire una sorta dicomminatoria rapportata alla mancata ottemperanza deiprovvedimenti dell’autorità» quindi un danno aventenatura punitiva.36 La previsione del danno punitivoper l’illecito endofamiliare consente di ridurre l’in-dagine sulla natura della responsabilità a mero ac-certamento, senza onere probatorio della lesionedei diritti fondamentali dell’individuo. In favoredella natura sanzionatoria dei danni previsti dal-l’art. 709 ter si è espresso il Tribunale Messina 25settembre 2007, secondo cui «i provvedimenti ex art.709 ter c.p.c. sono sanzionatori ed appartengono alla ca-tegoria dei danni punitivi, vale a dire strumenti di pres-sione psicologica sul soggetto obbligato che si adottano alfine di dissuaderlo dal perseverare nel comportamento il-legittimo». A sua volta, per la compensazione ripa-ratoria della lesione del bene protetto, il soggettopassivo potrà agire con l’azione ordinaria per chie-dere il risarcimento del danno. In ultimo, recente-

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mente, la S.C. ha specificato che attengono alle mi-sure risarcitorie quelle previste dall’art. 709 terc.p.c., comma 2, nn. 2 e 3, mentre è una misura san-zionatoria, quella prevista dal n. 4.37

b) I profili patrimonialiNel sottolineare l’applicabilità alle «unioni civili»

di tutta la disciplina relativa al matrimonio (si ve-dano i commi 11, 12, 13, 17, 19, 20, 21, 23, 25) conriferimento invece alle «convivenze di fatto» icommi 50 e ss., dispongono la possibilità di disci-plinare da parte delle parti interessate i rapporti diconvivenza relativi alla loro vita in comune con lasottoscrizione di un contratto di convivenza. Nel di-battito sulla libertà di condotta dei conviventi cheintendano determinare i propri immediati e futuriassetti, va messo in risalto come le definizioni pat-tizie di impegni familiari, in genere, debbano neces-sariamente lasciare alle parti ambiti di autonomiapiuttosto vasti - sempre ovviamente in conformitàdella legge -. Il negozio o l’accordo si rilevano stru-menti idonei a regolamentare con effetti giuridici gliinteressi ed i rapporti tra i privati. «Il negozio giuri-dico assume generalmente, per il mondo del diritto, e sem-pre in forza della legge, la rilevanza di un precetto, il cuicontenuto si traduce in una stregua alla quale bisognavalutare i rapporti conseguenti».38 Quindi uno sguardoattento va rivolto agli effetti giuridici conseguenti atali accordi obbligatori. Il futuro contratto di convi-venza sarà produttivo di effetti obbligatori tra leparti che lo sottoscriveranno e potrà avere conte-

nuto sia economico sia personale.39 Giuridicamentequesti accordi rivestiranno la natura dei contrattipropri dell’autonomia negoziale ai sensi e per gli ef-fetti degli artt. 1321 cod. civ.40 e 1322 cod. civ.41, do-vranno essere redatti in forma scritta, a pena di nul-lità, con atto pubblico o scrittura privata con sotto-scrizione autenticata da un notaio o da un avvocatoche ne attesteranno la conformità alle norme impe-rative e all’ordine pubblico.

È evidente l’accresciuto bisogno di attribuire unaconnotazione giuridica agli impegni assunti nelleformazioni di fatto, soprattutto in ragione della esi-genza di dirimere controversie intervenute a seguitodella crisi del rapporto affettivo, per la risoluzionedi questioni personali e patrimoniali, ed in partico-lare per la possibile applicazione di istituti giuridiciutilizzati nel matrimonio od in altri contesti sociali.Anche nelle convivenze affettive non matrimonialiquindi viene ad essere risaltata l’autonomia nego-ziale. Sul punto della liceità della causa del contrattotra conviventi, come prima sottolineato, già datempo si è sostenuto da parte della giurisprudenzacome la convivenza «more uxorio» tra persone instato libero non costituisse causa di illiceità e,quindi, di nullità di un contratto attributivo di dirittipatrimoniali.42

Le covivenze di fatto, quali formazioni sociali chepresentano significative analogie con la famigliaformatasi nell’ambito di un legame matrimonialeed assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Cost., sonocaratterizzate da doveri di natura morale e sociale

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reciproci e si esplicano anche in rapporti di naturapatrimoniale. Ne consegue che le attribuzioni patri-moniali a favore del convivente «more uxorio» ef-fettuate attraverso contratto, nel corso del rapporto(per esempio versamenti di denaro sul conto cor-rente del convivente), che sino ad oggi si configura-vano quali adempimenti di obbligazioni naturali exart. 2034 cod. civ., sottoposte alla verifica che fos-sero rispettati i principi di proporzionalità e di ade-guatezza, da domani - con la definitiva approva-zione del ddl - supereranno la condizione di preca-rietà in cui albergavano, rappresentando così lareale espressione della solidarietà tra due personeunite da un legame stabile e duraturo. Nei casi in cuinon si dovesse optare per la sottoscrizione di uncontratto di convivenza, sarà ancora riconosciuta lanatura giuridica di obbligazione naturale che traeorigine da un dovere morale e sociale. Si precisa, sul-l’argomento che la Corte di Cassazione43 ha ricono-sciuto, nella rilevante sproporzione delle prestazionicontenute in una obbligazione, il discrimine per at-tribuire all’atto la predetta natura giuridica, indivi-duando il presupposto della sproporzione nell’en-tità del patrimonio e nelle condizioni sociali del «sol-vens». È possibile, inoltre, tracciare un ulteriore con-fine tra un’obbligazione indebitamente eseguita -che quindi non rivesta il carattere della assistenza -ed un’altra sorretta, invece, da una giustificazionecausale in esecuzione di doveri sociali e morali (art.2034 cod.civ.). Di conseguenza anche l’azione di ri-petizione di indebito sarà subordinata all’accerta-

mento della natura soluti retentio di tale impegnoche, come tale, non vincola il debitore ad un neces-sario adempimento. Quindi una cosa sarà la contri-buzione quotidiana all’andamento del menage fa-miliare, ovviamente non ripetibile atteso il caratterecontributivo e solidaristico basato sul presuppostodella convivenza che potrebbe ricoprire una modicaod equa entità, un altro aspetto assumerà, invece,un impegno di notevole proporzione che andrà pa-rametrato alle condizioni personali ed economichedi entrambi i «contraenti». “L’eccessività (ndr. dellaprestazione) non comporta un mutamento completo diqualificazione della fattispecie, bensì la necessità di rin-venire la giustificazione causale dell’eccedenza in un di-verso titolo, in mancanza del quale il solvens potrà agireper la restituzione. Azione che, nella prospettiva delineata,potrà essere rivolta unicamente all’ottenimento del sur-plus”.44 Autorevole dottrina ha considerato che, qua-lora vi sia un’eccedenza nell’impegno che sia co-munque legato alla funzione solidaristica-assisten-ziale, l’obbligazione che ne deriverebbe avrebbecausa mista.45

A titolo esemplificativo si descrive il caso del con-vivente che, impegnatosi personalmente nella ri-strutturazione di un immobile di pregio di proprietàdella propria compagna disoccupata, ha ricevuto daquesta una ingente quantità di danaro - superiorecertamente all’impiego del danaro occorso per ipredetti lavori. Si discute, entrata in crisi la rela-zione sentimentale, della natura delle dazioni didanaro e dei conseguenti obblighi delle parti. Sulla

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base di quanto sino ad ora affermato non sarà ri-chiesto il rendiconto e la ripetizione di tutti gli im-porti utilizzati per contribuire al menage familiarema solo di quelli che, finalizzati - ma non utilizzati- per la ristrutturazione dell’appartamento, avevanoavuto altra destinazione entrando, senza titolo, nelpatrimonio del convivente. La conclusione cui ègiunto il Tribunale di Bari è che in questa ipotesi visia un negozio con causa mista, obbligazione natu-rale, con riferimento alle somme utilizzate per l’an-damento della vita in comune, e contratto verbaledi mandato. In ragione della esosità dei versamentierogati a tale secondo titolo, l’uomo è stato con-dannato alla ripetizione delle somme ricevute insurplus.46 Pertanto la possibilità di opporsi ad unaazione di arricchimento senza causa da parte delpartner è subordinata alla validità della prova sulla«giusta causa» dello spostamento patrimoniale. Ap-pare infatti fondamentale la prova dell’esistenza diun dovere morale o sociale in rapporto alla valuta-zione corrente nella società, ma anche che tale do-vere sia stato spontaneamente adempiuto con unaprestazione avente carattere di proporzionalità eadeguatezza in relazione a tutte le circostanze delcaso.47 Così di recente si è sostenuto che “l’azione ge-nerale di arricchimento ha come presupposto la locuple-tazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avve-nuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare lamancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchi-mento sia conseguenza di un contratto, di un impoveri-mento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempi-mento di un’obbligazione naturale. È, pertanto, possibileconfigurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di unconvivente more uxorio nei confronti dell’altro in pre-senza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dalmero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rap-porto di convivenza - il cui contenuto va parametratosulle condizioni sociali e patrimoniali dei componentidella famiglia di fatto - e travalicanti i limiti di propor-zionalità e di adeguatezza.”48

La corretta individuazione della natura delle ob-bligazioni - che non sono oggetto di contratto -della convivenza more uxorio, si pensi a tutti queicasi in cui la capacità di contrattazione del soggettoc.d. economicamente debole sia fortemente atte-nuata da sperequati rapporti di forza, non appareaffatto scarsamente importante. Non sempre, in-fatti, è stata data natura giuridica di obbligazionenaturale ai patti dei conviventi di fatto. Parte di giu-risprudenza e dottrina - ormai datate - hanno in-quadrato la prestazione effettuata nei confronti delconvivente, con natura soluti redentio, nello schemadella donazione remuneratoria sia si di tipo direttosia di tipo indiretto. Gli artt. 770 e 771 cod.civ., di-sciplinano la volontà, in termini di liberalità, di unatto stipulato per riconoscenza o in considerazionedel merito del donatario anche con riferimento abeni futuri. È prevalsa la tesi giurisprudenziale in

base alla quale si sia in presenza di un unico nego-zio, in parte oneroso ed in parte gratuito, per cuisarà prevalente l’aspetto donativo (con obbligo diatto pubblico) quando emerga l’animus donandi,mentre primeggerà l’onerosità nel caso di prepon-deranza della volontà di «remunerazione». L’obbli-gazione naturale si distingue dalla donazione re-muneratoria in quanto la prima è compiuta per spi-rito di liberalità, per un dovere morale o di ricono-scenza, l’altra è fondata su un diverso dovere, la cuiesecuzione è dalla legge equiparata a quella di unobbligo giuridico (una sorta di corrispettivo). Comegià analizzato per le obbligazioni naturali, anchenel secondo istituto vi deve essere il presuppostoimprescindibile della consapevolezza del donantedi non aver alcun obbligo giuridico nei confronti deldonatario e di voler stipulare il relativo atto su basedel tutto spontaneistica - seppur a motivo di rico-noscenza, meriti o specialità -. Anche la donazioneremuneratoria, benché salvaguardi il requisito dellaliberalità e gratuità, necessita del motivo del do-nante (id est il motivo remuneratorio) quale causaessenziale del contratto. Nella donazione remine-ratoria non sempre sarà rilevante il requisito dellaproporzionalità delle prestazioni, infatti, come ap-pena detto, la natura delle elargizioni fatte al con-vivente, potrebbero avere natura mista, ponendosiattenzione sia all’animus sia all’intentio (obbliga-zione naturale e donazione remineratoria)49. Taliatti saranno validi qualora siano stipulati nellaforma pubblica ab substantiam. La criticità cheemerge nell’applicazione di detta normativa in fun-zione di garanzia per le convivenze di fatto risiedenei dubbi di «stabilità» di tale istituto. Se da uncanto non saranno né risolvibili per ingratitudine,né revocabili per sopravvenienza di figli né, se-condo alcuni, per sproporzione delle prestazioni, névi sarà un obbligo, in capo al donatario, degli ali-menti - che sorge, di regola, a favore del donante -,saranno tuttavia soggetti alla disciplina della ridu-zione nel caso di lesione di legittima50, ovvero, qua-lora si accedesse alla diversa teoria della natura ne-goziale della donazione remuneratoria (Bianca), sa-ranno annullabili per i vizi del consenso.51

L’attribuzione patrimoniale compiuta da personaanziana a favore della domestica inviatale dal co-mune nel quadro dell’assistenza domiciliare costi-tuisce donazione remuneratoria e non adempi-mento di obbligazione naturale; perciò, quando nonsia di modico valore (nella specie si trattava di ventimilioni di lire, versati su di un libretto al portatore)dev’essere osservata la forma dell’atto pubblico,prescritta dall’art. 782 c.c. a pena di nullità.52 In talcaso emerge la natura di remunerazione e gratitu-dine per il servizio reso. In linea di massima, però,in generale sarà difficile porre nel nulla atti di libe-ralità, aventi la sottostante causa della relazione af-fettiva.53

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Passando ora alle erogazioni di modico valore,l’ipotesi più frequente è quella relativa alla previ-sione di cui all’art. 772 cod.civ. - liberalità d’uso -che non ha i connotati della donazione vera e pro-pria ed è, altresì, applicabile in quanto trattasi dierogazioni rese in occasione di servizi o comun-que in conformità agli usi. Ovviamente la dona-zione di modico valore, ai sensi dell’art. 783cod.civ., che ha per oggetto beni mobili, è validaanche se manca l’atto pubblico, purché vi sia statala traditio, pertanto se ne ravvisa l’assoluta irripe-tibilità. Infatti l’adempimento di taciti impegni,anche in funzione contributiva, ha dato ampiospazio alla giurisprudenza di legittimità e di me-rito per sancire la irripetibilità dei versamenti ef-fettuati in costanza di convivenza.54 In conclusionesi potrà sostenere che il requisito essenziale di talipatti o contratti, si traduce in volontà di sancire lavalidità di un rapporto affettivo vissuto in ragionedi una stabile convivenza, così come è stato pre-gevolmente analizzato di recente dalla S.C..55 Sarà,quindi, anche qui applicabile la soluti redentio trale parti, ai sensi dell’art. 2034 cod.civ, in quanto idoveri morali e sociali che trovano la loro fontenella formazione sociale costituita dalla convi-venza more uxorio e refluiscono sui rapporti di na-tura patrimoniale, nel senso di escludere il dirittodel convivente di ripetere le eventuali attribuzionipatrimoniali, seppur di modico valore, effettuatenel corso o in relazione alla convivenza. Alcuni au-tori lo hanno qualificato come negozio indiretto concausa di convivenza.56

Anche per le situazioni in ultimo analizzate, l’in-terpretazione per analogia con gli artt. 204157 e 2042cod.civ., ha consentito alla giurisprudenza di trovaresoluzione ai casi in cui, durante una convivenza,confidando sulla stabilità duratura di una relazioneaffettiva o sul timore di un abbandono - per esem-pio l’ipotesi dell’anziano che si innamori della ba-dante - siano state elargite somme o si sia adem-piuto ad obblighi che hanno comportato un arric-chimento ingiustificato per l’altra parte. Sotto altriaspetti58, ma aderendo alle conclusioni più volte suriportate, la giurisprudenza di legittimità ha impo-sto un particolare rigore probatorio circa la motiva-zione delle elargizioni di cose mobili di ingente en-tità (gioielli, somme di danaro), qualora siano spro-porzionate in ragione della vita e delle possibilitàeconomiche dell’erogante, ritenendosi nulle inquanto equiparabili alle donazioni concluse in as-senza della formalità dell’atto pubblico. Da ciò si de-sume che il giudice dovrà, di volta in volta, verifi-care nel merito, quanto sia «arricchimento» equanto sia obbligazione naturale oppure donazioneremuneratoria. Si ritiene altresì ammissibile la pos-sibilità che la verifica sulla congruità della presta-zione effettuata sia suscettibile di una lettura ana-logica dell’art. 1174 cod.civ.59

L‘attività lavorativa e di assistenza, svolta all’in-terno di un contesto familiare in favore del convi-vente, trova la sua causa nei vincoli di solidarietàed affettività esistenti, alternativi rispetto ai vincolitipici di un rapporto a prestazioni corrispettive,qual è il rapporto di lavoro subordinato. Benché nonsi escluda che talvolta le prestazioni svolte possanotrovare titolo in un rapporto di lavoro subordinato,gli ermellini hanno evidenziato che comunque ditale differente titolo debba fornirsi una prova rigo-rosa. (Nella specie, era esente da vizi la sentenza dimerito che aveva rigettato la domanda della ricor-rente volta ad ottenere dagli eredi il trattamentoeconomico a titolo di lavoro domestico non corri-spostole dal defunto convivente, sulla base delle ri-sultanze probatorie escludenti il vincolo di subor-dinazione ed attestanti, tra l’altro, che tra i due esi-steva una relazione sentimentale, sfociata dopoanni di frequentazione a distanza in una prolun-gata convivenza, e che l’attrice veniva presentataabitualmente come compagna del convivente e tra-scorreva abitualmente le vacanze in località di vil-leggiatura con il defunto convivente).60 Sotto altroprofilo recentemente la Cassazione ha qualificatocome lavoro subordinato con carattere di onerosità,escludendosi la gratuità a titolo di prestazione af-fectionis vel benevolentiae causa, l’attività lavorativaresa nell’ambito di una «mera» relazione senti-mentale, non caratterizzata da una piena comu-nanza solidale di vita e di interessi fra i due convi-venti «ove risulti dimostrata la sussistenza della fina-lità di solidarietà in luogo di quella lucrativa, per una co-munanza di vita e di interessi tra i conviventi, che non siesaurisca in un rapporto meramente affettivo o sessuale,ma dia luogo anche alla partecipazione, effettiva ed equa,del convivente alla vita e alle risorse della famiglia difatto in modo che l’esistenza del vincolo di solidarietàporti ad escludere la configurabilità di un rapporto a ti-tolo oneroso».61 Nel caso in cui emerga, invece, che laconvivente more uxorio non si sia limitata ad ef-fettuare una mera collaborazione domestica e diaiuto occasionale di lavoro, ma abbia invero fornitoun contributo lavorativo continuativo all’aziendadel convivente con un arricchimento esclusivodello stesso in luogo di quello cui l’intera famiglia didetto apporto lavorativo era preordinato, si ritienefondata la condanna in favore della stessa di un in-dennizzo a titolo di arricchimento senza causa con-tro l’ex convivente.62

Un ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza siera acceso circa la possibile applicazione, anche allefamiglie formate da conviventi di fatto, dell’istitutoimpresa familiare ex art. 230 bis cod.civ.63. Il se-condo capoverso del detto articolo definisce fami-liari che collaborano all’impresa «il coniuge, i pa-renti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo».Alla luce di ciò nessun dubbio sorge circa l’applica-bilità della disciplina in favore delle parti di una

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unione civile, né, così come espressamente previstodal comma 46 che aggiunge un nuovo art. 230 tercod.civ., saranno preclusi i diritti conseguenti al re-lativo apporto lavorativo in seno alla famiglia difatto. In passato d’altronde, la giurisprudenza di me-rito, ammettendo la concreta possibilità che il con-vivente more uxorio potesse conferire una presta-zione lavorativa in favore dell’impresa del partnerquale contributo di fatto agli incrementi patrimo-niali, suggeriva il rimedio dell’arricchimento senzacausa, qualora non fosse stato possibile inquadrarela fattispecie in rapporto di lavoro subordinato.64 “Ledecisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incre-menti nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria,agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresasono adottate, a maggioranza, dai familiari che parteci-pano all’impresa stessa”.65

Molte fattispecie obbligatorie che sottendono lafamiglia di fatto trovano la loro tutela analogica conle norme sulla comunione ordinaria, così come nelcaso di intestazione di un conto corrente comunecon firma disgiunta le cui somme potranno essereridistribuite sia in ragione della metà ciascuno siain base alla prova fornita da chi lo ha maggiormenterimpinguato nel corso del tempo66 anche se non siesclude, qualora le somme siano di modica entità,che trattasi anche in questo caso di obbligazioni na-turali e liberalità tra le parti. Così come il pagamentoeffettuato delle rate del mutuo contestato, solo dauno dei due partners, dà diritto al rimborso o al-l’azione di regresso, analogamente a quanto avviene

nella famiglia fondata sul matrimonio. Sarà, co-munque, applicabile la disciplina sull’indebito og-gettivo di cui all’art. 2033 cod.civ..67

Inoltre è configurabile quale accessione la costru-zione effettuata a proprie spese sul suolo del partner.68

È stato, infine, previsto (comma 65) che in caso dicessazione della convivenza di fatto, ma anche nelcorso della stessa, vi sia un obbligo alimentare di cuiall’art. 433 cod.civ., con precedenza sui fratelli e so-relle. Come già evidenziato non vi è, altresì, dubbioche vi sia la perdita del diritto al mantenimento sel’ex coniuge creditore di un assegno instauri unanuova e stabile convivenza69.

Altre possono essere sussunte quali consuetudini«pattizie tacite» per esempio quelle prestazioni difare, quali per esempio l’attività domestica, le sud-divisioni delle spese del menage familiare, i regaliecc.. Inoltre si potranno accertare giudizialmente gliimpegni eventualmente assunti dai conviventi difatto anche attraverso dichiarazioni che una partefa della verità dei fatti ad essa sfavorevoli e favore-voli all’altra parte, tramite un riconoscimento delproprio debito o la limitazione del proprio credito,con la precostituzione della prova dei fatti giuridici,per l’eliminazione dell’incertezza riguardo al conte-nuto di situazioni giuridiche ecc..70

Il contratto di convivenza potrà avere quale og-getto anche un’assicurazione sulla vita, con rinun-cia al potere di revoca alla designazione del benefi-ciario, una compensazione volontaria, o un con-tratto di vendita preceduto da un riconoscimento di

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debito, ed infine una cessione di credito. In realtàuna piena consapevolezza sulla possibile soluzionepattizia avrebbe il merito di definire, anche per il fu-turo, le posizioni giuridiche dei partners all’internodella convivenza.

Lungo è ancora il cammino per una totale equipa-razione tra le varie tipologie di famiglie ma si è in pre-senza di una evoluzione sociale propizia al fine direndere ordine ad una disciplina assai frastagliata.

Avv. Michela Labriola

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Note11 Burnt Norton, composto e pubblicato nel 1935, è il primo dei Quattro quartetti, opera del poeta e critico statunitense T. S. Eliot.12 “Due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale,

non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da una unione civile.”13 Pretura Genova, 17/07/1979, Giur. it. 1980, I,2,209. 14 Tribunale Napoli, 27/01/1985,15 Cassazione civile, sez. I, 04/04/1998, n. 350316 Cassazione Penale n.109/ 2006 del 5 Gennaio 200617 Cassazione civile, sez. I, 07/12/2011, n. 2635818 CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA (2000/C 364/01)19 Le relazioni affettive non matrimoniali a cura di Filippo Romeo UTET 2014, Luca Lucenti La famiglia di fatto, una panoramica”10 Cassazione penale sez. VI 17/07/2012 n.3554711 Cass. 9 febbraio 2015, n. 240012 Corte Costituzionale n.404 del 198813 “È manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 cost., la q.l.c. dell’art. 6 l. 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui non prevede che,

in caso di cessazione della convivenza “more uxorio”, al conduttore di un immobile ad uso abitativo succeda nel contratto di locazioneil convivente rimasto nella detenzione dell’immobile, anche in mancanza di prole comune, in quanto la considerazione che la convivenza“more uxorio”, basata sull’”affectio” quotidiana, liberamente e in ogni istante revocabile, presenta caratteristiche così profondamentediverse rispetto al rapporto coniugale, da impedire l’automatica parificazione delle due situazioni al fine di desumerne l’esigenza costi-tuzionale di una parificazione di trattamento, vale anche in relazione alla comparazione tra la cessazione della convivenza con prole ela cessazione di quella senza prole: si tratta, pure in questo caso, di situazioni del tutto disomogenee, rispetto alle quali non sono invo-cabili né il principio di eguaglianza né le argomentazioni contenute nella sentenza n. 404 del 1988 a sostegno dell’esigenza di tutelareun nucleo familiare sul presupposto dell’esistenza della prole naturale.”

14 Cassazione Civile del 2008, Sezione III, del 11/02/2008 n.325115 Recommendation no. r (81) 15 of the Committee of ministers to member states on « the rights of spouses relating to the

occupation of the family home and the use of the household contents », in http://www.coe.int/. Cfr. Cubeddu, La casa fa-miliare, Milano, 2005, ove si esaminano analiticamente le diverse attuazioni di tale raccomandazione e le risposte date nelpanorama europeo ai quesiti nascenti in ordine alla casa familiare.

16 Cassazione Civile sez.I 11/09/2015 n.1797117 Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 29/09/2014 n° 2044818 Cass. 14 giugno 2012 n.9786, Cass. 15 settembre 2014 n. 19423, in Dir. e giust., 2014, I, 1 ss., con nota di Paganini, Ancora sul

riconoscimento delle ‘coppie di fatto’: confermata la legittimazione ad agire per il convivente more uxorio.19 COMUNIONE DI VITA E DI “DIRITTI” SULLA CASA FAMILIARE (APPUNTI PER UNA RELAZIONE) di Michele Sesta20 Cass., 21 marzo 2013, n. 721421 Cassazione 2 gennaio 2014 n.722 Tribunale Belluno ordinanza 32 ottobre 2008 23 CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 16 settembre 2008, n.2372524 Tribunale Firenze sez. II 26/03/2015 n.1011 (conforme Cassazione Civile, sez. III, sentenza 16/06/2014 n° 13654).25 Corte Costituzionale 29 gennaio 1998 n.226 Investita sulla questione con riferimento alle coppie di fatto la Corte così rispondeva «(…….) anche sotto questo profilo - la que-

stione é infondata per un duplice ordine di considerazioni: a) perché la famiglia legittima, essendo una realtà diversa dalla famiglia difatto, non costituisce un adeguato tertium comparationis; b) perché la sospensione della prescrizione implica precisi elementi formali etemporali che si ravvisano nel coniugio e non nella libera convivenza. Questa Corte, nel corso degli anni, ha in più occasioni affermatoche la convivenza more uxorio è un rapporto di fatto, privo dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività dei di-ritti e dei doveri (...) che nascono soltanto dal matrimonio e sono propri della famiglia legittima» (sentenza n. 45 del 1980, ripresa dallasentenza n. 237 del 1986 e, più di recente, dalla sentenza n. 127 del 1997). Peraltro in tema di successione nel rapporto di locazione laCorte (sentenza n. 404 del 1988) ha ritenuto illegittima l’omessa estensione di certe norme anche a favore dei conviventi more uxorio».

27 Sposarsi o convivere oggi: le radici, le ragioni, gli orizzonti di una scelta di Gilberto Gobbio. Vedi anche Romeo I rapporti per-sonali tra i conviventi

28 Corte Costituzionale 13 maggio 1998 n.166,29 “Nella fattispecie, si è cassato il provvedimento impugnato recante la revoca del provvedimento di ammissione di una cliente del ricor-

rente, quale legale, al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio dalla stessa instaurato per ottenere il risarcimento dei danni causatidalla violazione degli obblighi familiari da parte del suo convivente, giacché tale decisione era scaturita in assenza di ogni verifica circala sussumibilità del diritto di cui si denunciava la lesione nella categoria dei diritti fondamentali della persona, a prescindere dal tipo diunione al cui interno detta lesione si sarebbe verificata. (…….) La problematica relativa alla risarcibilità della lesione di diritti fonda-mentali della persona è stata, com’è noto, oggetto di ampia elaborazione nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, nel solco trac-ciato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 184/1986, che, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale del-l’art. 2059 c.c. - sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 32 Cost, sotto il profilo che esso prevederebbe la risarcibilità del danno perlesione del diritto alla salute solo in conseguenza di un reato - ebbe ad affermare che la norma scrutinata riguarda soltanto i danni mo-rali soggettivi, mentre il pregiudizio ai diritti fondamentali della persona, come il decoro, il prestigio, la dignità e la salute, deve trovareindefettibile ristoro, in applicazione dell’art. 2043 c.c., al di là dei limiti previsti per il risarcimento dei danni non patrimoniali derivantida reato”. (cfr. Cass. civ., 20 giugno 2013, n. 15481 - Sez. I, in senso parzialmente conforme Cass. civ., 21 marzo 2013, n. 7128)

30 Tribunale, Milano, sez. IX civile, sentenza 23/07/201431 Corte Costituzionale 14/12/2005 n.461

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STUDI

32 Tribunale di Firenze 15 luglio 2002 - Tribunale di Bari 18 luglio 2002. Famiglia e diritto, pagg.263 con nota di Giuseppe DeMarzo

33 “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una personasottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una pro-fessione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona mi-nore degli anni quattordici. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne derivauna lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.”

34 Prof. Avv. Mauro Paladini: Misure sanzionatorie e preventive per l’attuazione dei provvedimenti riguardo ai figli,tra re-sponsabilità civile, punitive damages e astreinte

35 Cassazione civile II sez. 19 gennaio 2007 n.118336 Giovanni Facci, Fam.e Diritto 11/200837 Corte di Cassazione, sentenza del 15.4.201538 Renato Scognamiglio, Contratti in generale. Trattato di diritto civile Vol.IV III Edizione 198039 Sotto il profilo patrimoniale, il contratto di convivenza può stabilire: 1) come è attribuita la proprietà dei beni acquistati du-

rante la convivenza (per esempio, può essere divisa al 50%); 2) come i due partner partecipano alle spese comuni, oppureall’attività lavorativa in casa e fuori casa; 3) com’è utilizzata la casa dove i partner vivono (a prescindere che sia di proprietàdi uno o entrambi i partner, o in affitto); 4) come definire dal punto di vista economico e patrimoniale l’eventuale separa-zione. Nell’eventualità in cui uno dei due partner sia colpito da malattia fisica o disagio si può stipulare un contratto di con-vivenza che dia diritto all’assistenza reciproca ovvero alla designazione reciproca ad amministratore di sostegno. www.an-tonioprivetera.it

40 “il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”41 “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere con-

tratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela se-condo l’ordinamento giuridico.”

42 Cass. civile, sez. III del 1993 numero 638143 Corte di Cassazione 3713/2003 44 Luigi Balestra. Note in tema di proporzionalità dell’adempimento delle obbligazioni naturali e sulla nozione di terzo ex art. 936 cod.civ..

Familia 4-5 luglio - ottobre 2004.45 Torrente, 1956. Biondi 196146 Tribunale Bari, sez. II, 06/11/2012, n. 347247 Cass. Civ. n. 1007 del 198048 Cass. Civ., sez. III, n. 11330/2009. 49 Cassazione Civile 68/1960 commentata da Meneghello50 Cassazione Civile 01/12/1993 n.1187351 Cassazione civile, sez. II, 30/09/2015, (ud. 19/05/2015, dep.30/09/2015), n. 19495 52 Corte appello Genova, 18/01/1988, Vita not. 1988, 128 (nota). 53 Corte di Cassazione 25 marzo 2013 n.748054 Cass., 15 gennaio 1969, n. 60; Cass., 20 gennaio 1989, n. 285; Cass., 13 marzo 2003, n. 3713; Cass., 15 maggio 2009, n. 1133055 “Eventuali contribuzioni di un convivente all’altro vanno intese, invero, come adempimenti che la coscienza sociale ritiene doverosi nel-

l’ambito di un consolidato rapporto affettivo che non può non implicare, pur senza la cogenza giuridica di cui all’art. 143 c.c., comma 2,forme di collaborazione, e, per quanto qui maggiormente interessa, di assistenza morale e materiale (……….) Il discrimine fra l’adem-pimento dei doveri sociali e morali, quale può individuarsi in qualsiasi contributo fra conviventi, destinato al “menage” quotidiano ov-vero espressione, come nella specie, della solidarietà fra persone unite da un legame intenso e duraturo, e l’atto di liberalità va indivi-duato, oltre che nella spontaneità, soprattutto nel rapporto di proporzionalità fra i mezzi di cui l’adempiente dispone e l’interesse da sod-disfare. Tale requisito, unanimemente riconosciuto dalla dottrina in relazione alle cc.dd. obbligazioni naturali in generale, è stato riba-dito da questa Corte proprio con riferimento all’adempimento di doveri morali e sociali nella convivenza more uxorio (cfr. la citata Cass.n. 3713 del 2003). Tale indagine, ove si prescinda da un irrilevante riferimento alle, peraltro, non cospicue consistenze patrimoniali delladonna, non è stata effettuata da parte della corte territoriale - ed a tanto dovrà pertanto provvedersi in sede di rinvio - pur a fronte delladeduzione dell’ E. circa la relativa esiguità, in rapporto alle capacità patrimoniali e reddituali del V., delle contribuzioni in esame. (……..)Un’obbligazione assunta in funzione di adempimento di doveri morali e sociali è intrinsecamente priva di coercibilità.”Cassazione Ci-vile 1277/2014

56 Le relazioni affettive non patrimoniali: i rapporti patrimoniali tra conviventi. Maria Carmela Venuti.57 “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare que-

st’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale.”58 Corte di Cassazione 17 febbraio 2012 n.2353,59 “La prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispon-

dere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore”60 Cassazione civile, sez. lav., 15/03/2006, n. 563261 Cassazione civile, sez. lav., 29/09/2015, n. 1930462 Cassazione Civile 25 gennaio 2016 n.126663 Codice della Famiglia. A cura di Michele Sesta III edizione. Art. 230 bis cod.civ.64 Tribunale Milano 5 ottobre 198865 Cassazione Civile 22405/ 2004 66 Cassazione 24 maggio 2012 n.821667 “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato”.68 “Deve ritenersi terzo nei confronti del proprietario del suolo che fa sua l’opera per accessione - e come tale legittimato a

far valere nei confronti di questo il diritto di credito di cui all’art. 936 c.c. - colui che avendo eseguito le accessioni venga arisultare privo del titolo che lo abilitava a farle. In particolare atteso che è terzo il soggetto che ha eseguito l’opera senzaessere vincolato al proprietario del suolo da alcun rapporto giuridico da intendersi come rapporto contrattuale, deve rite-nersi tale l’amministrazione della difesa che occupato - d’imperio - un terreno privato abbia realizzato sullo stesso una co-struzione e, successivamente, venute meno le esigenze che avevano reso necessaria l’occupazione stessa (ed essendo man-cata l’espropriazione del cespite) abbia restituito il terreno”. Cassazione 15 marzo 2012 n.4148.

69 Appello Bologna 4 aprile 2013 n.394. Corte di Cassazione 3 aprile 2015, n. 685570 Ennio Russo. Le convenzioni matrimoniali ed altri saggi, nel nuovo diritto di famiglia. 1983

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L’ASSEGNO DIVORZILERICONOSCIUTO INAUTONOMO GIUDIZIOSUCCESSIVO ALLASENTENZA DI STATUS

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE,SENTENZA 1 FEBBRAIO 2016, N. 1863Presidente: Di Palma - Estensore: Bisogni - P.G.: Ce-roni (conf.) - D.F. (Avv. Parenti) contro N.O. (Avv. Ca-pialbi) - rigetta - Corte d’Appello di Firenze, 9 ottobre2013, n. 1813

Matrimonio e divorzio - Divorzio (assegno di di-vorzio) - Procedimento civile - Domande in genere(L. 1 dicembre 1970 n. 898: artt. 5 e 9)

La richiesta di corresponsione dell’assegno periodico didivorzio costituisce una domanda connessa ma autonomarispetto alla domanda di scioglimento del matrimonio percui la parte che nel caso del giudizio divorzile non l’abbiaritualmente proposta, può esperirla successivamente, senzache a ciò sia di ostacolo l’intervenuta pronuncia di sciogli-mento del vincolo di coniugio, in applicazione del principiosecondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile conesclusivo riferimento alla domanda fatta valere in concreto,ma non anche relativamente ad una richiesta diversa nelpetitum e nella stessa causa petendi che la parte ha facoltàdi introdurre o meno nello stesso giudizio.

…omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSOE MOTIVI DELLA DECISIONE

Rilevato che:1. Il Tribunale di Firenze, in data 30 gennaio 2013,

ha respinto il ricorso di N.O. inteso ad ottenere, neiconfronti dell’ex coniuge D.F., un assegno divorzilein relazione alle sperequate condizioni economichee alla sua condizione di povertà, tale da non con-sentirle neanche di raggiungere un livello minimodi sussistenza.

Il Tribunale ha ritenuto che la domanda della N.O.è improponibile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art.9, che non consente la proposizione di un giudiziointeso al riconoscimento di un assegno divorzile aldi fuori del giudizio di divorzio.

2. La Corte di appello di Firenze, con decreto n.1813/13, depositato il 9 ottobre 2013, ha accolto il re-clamo della N.O.

Ha rilevato che, nella specie, la reclamante avevaproposto la domanda di assegno al giudice ceco (il

Tribunale di Zlin) che aveva pronunciato sentenzadi divorzio passata in giudicato il 19 dicembre 2009.

La sua domanda non era stata ritenuta proponi-bile in quella sede prevedendo la legislazione ceca lapossibilità della proposizione di un separato giudi-zio per le statuizioni di carattere economico. LaCorte distrettuale fiorentina ha determinato in €.300,00 mensili l’assegno divorzile, con decorrenzadal passaggio in giudicato della sentenza ceca di di-vorzio e con rivalutazione Istat a decorrere da unanno dalla data del decreto.

3. Ricorre per cassazione D.F. affidandosi a duemotivi di impugnazione.

4. Si difende con controricorso N.O. ed eccepisce,preliminarmente alla richiesta di rigetto, l’inam-missibilità del ricorso.

Ritenuto che:5. Le eccezioni di inammissibilità del ricorso sono

infondate dato che le censure mosse dal ricorrenteD.F. si sostanziano nella deduzione di specifiche vio-lazioni connesse alla interpretazione recepita dallaCorte di appello che ha contestato anche in questogiudizio. Né può ritenersi che la specificità del casoin esame consenta comunque una automatica ap-plicazione della giurisprudenza costante di questaCorte.

6. Con il primo motivo di ricorso D.F. deduce la vio-lazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per viola-zione e falsa applicazione degli artt. 5 e 9, della L. 1dicembre 1970, n. 898. Il ricorrente, dopo aver rile-vato come sia pacifico che alla controversia debbaapplicarsi la legge italiana, ritiene preclusa la pos-sibilità di richiedere in sede separata dal giudizio didivorzio la corresponsione di un assegno ai sensidella L. n. 898 del 1970, art. 5, dato che questa normaprevede la sola possibilità di una pronuncia attribu-tiva dell’assegno con la sentenza che pronuncia loscioglimento o la cessazione degli effetti civili delmatrimonio.

Ritiene altresì inapplicabile la L. n. 898 del 1970,art. 9, in quanto non sussiste la condizione previstain questo articolo per la successiva revisione delledisposizioni relative alla misura e alle modalità deicontributi da corrispondere ai sensi degli artt. 5 e 6,e cioè la sopravvenienza di giustificati motivi dopola sentenza che pronuncia lo scioglimento o la ces-sazione degli effetti civili del matrimonio.

7. Con il secondo motivo di ricorso si deduce laviolazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per vio-lazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1995,artt. 29 e 30.

Il ricorrente rileva che, anche in forza del dirittoEuropeo (art. 21 del regolamento 2201/2003/CE) lasentenza di divorzio del Tribunale di Zlin è imme-diatamente e automaticamente riconosciuta nelloStato italiano e, quindi, produttiva dei relativi effetti.

Da ciò consegue secondo il ricorrente che dettapronuncia deve essere assimilata, quanto agli effetti,

LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

32 | Avvocati di famiglia | gennaio-aprile 2016

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

ad una qualsiasi sentenza emessa dall’autorità giu-diziaria italiana e pertanto deve essere ritenuta sog-getta alle medesime preclusioni processuali che im-pediscono l’accertamento del diritto all’assegno di-vorzile.

8. I due motivi di ricorso possono essere esami-nati congiuntamente stante la loro stretta connes-sione logico-giuridica.

9. La previsione, da parte dell’art. 5, della legge suldivorzio, della contestuale pronuncia dello sciogli-mento o della cessazione degli effetti civili del ma-trimonio e delle statuizioni relative all’affidamentodei figli e alle condizioni economiche del divorzio -come lo stesso ricorrente ha ricordato citando lasentenza di questa sezione della Corte di Cassa-zione n. 13556 del 30 luglio 2012 - non risponde a unprincipio costituzionale che imponga la regolamen-tazione contestuale dei diritti e dei doveri scaturentida un determinato status, tant’è che nel nostro or-dinamento è prevista la sentenza non definitiva didivorzio, che statuisce sullo status, e rinvia al suc-cessivo corso del giudizio per l’adozione dei provve-dimenti conseguenti.

10. Per altro verso la giurisprudenza di questaCorte ha ritenuto che la richiesta di corresponsionedell’assegno periodico di divorzio di cui alla L. n. 898del 1970, art. 5, si configura come domanda (con-nessa ma) autonoma rispetto a quella di sciogli-mento del matrimonio e, pertanto, la parte che, nelcorso del giudizio divorzile, non l’abbia ritualmenteavanzata ben può proporla successivamente, senzache, a ciò, sia di ostacolo la (ormai intervenuta) pro-nuncia di scioglimento del vincolo di coniugio, ope-rando il principio secondo cui il giudicato copre ildedotto ed il deducibile con esclusivo riferimentoalla domanda fatta valere in concreto, ma non an-che relativamente ad una richiesta diversa nel peti-tum e nella stessa causa petendi (come appunto,quella di riconoscimento dell’assegno rispetto aquella di divorzio), che la parte ha facoltà di intro-durre, o meno, nello stesso giudizio (Cass. civ., sez. I,n. 15064 del 9 ottobre 2003, n. 1032 del 2 febbraio1998, n. 2725 del 27 marzo 1997, n. 8700 del 24 ago-sto 1990).

11. A fronte di questa riconosciuta autonomiadella domanda di assegno la fattispecie in esame sicaratterizza per la autonomia del giudizio sulloscioglimento del matrimonio da quello sulle condi-zioni economiche del divorzio vigente nell’ordina-mento ceco in cui la sentenza sullo status è statapronunciata.

Questo dato di riferimento deve essere tenuto inconsiderazione nella controversia in esame proprioin relazione alla disposizione invocata dal ricorrente.

Infatti, l’art. 5 della legge sul divorzio, nel preve-dere che “con la sentenza che pronuncia lo sciogli-mento o la cessazione degli effetti civili del matri-monio, il tribunale dispone, tenuto conto delle con-

dizioni economiche dei coniugi e delle ragioni delladecisione, l’obbligo per uno dei coniugi di sommini-strare a favore dell’altro periodicamente un assegnoin proporzione alle proprie sostanze e ai propri red-diti” delinea l’ambito di competenza del giudice deldivorzio, e pertanto esclude la proponibilità di altredomande a contenuto patrimoniale conseguentiallo scioglimento del matrimonio dalla sede del giu-dizio di divorzio, ma non impone un necessario col-legamento contestuale fra la pronuncia sullo statuse quella sull’assegno divorzile.

Tanto meno dunque questo collegamento può es-sere imposto come preclusione processuale deri-vante dall’intervenuta pronuncia della sentenza didivorzio in un ordinamento straniero che prevedeesplicitamente la possibilità di proporre la domandadi assegno in un giudizio separato da quello sulloscioglimento del matrimonio.

12. Il riferimento al regime di riconoscimento au-tomatico derivante dal regolamento Europeo nonrafforza ma indebolisce ulteriormente la tesi del ri-corrente proprio perché tale riconoscimento com-porta la ricezione nel nostro ordinamento del con-tenuto specifico di quella decisione che si è limitataad accertare le condizioni per lo scioglimento delmatrimonio e lo ha pronunciato lasciando aperta lapossibilità di far valere le pretese economiche in unseparato procedimento. Non può di certo dunque at-tribuirsi alla sentenza ceca di divorzio il contenutodi un accertamento implicito sulla insussistenzadelle condizioni per il riconoscimento di un assegnodivorzile e neanche quello di un giudicato costi-tuente una preclusione processuale alla proposi-zione di una successiva domanda di assegno divor-zile basata sulle condizioni economiche degli ex co-niugi anche se coincidenti con quelle esistenti almomento della pronuncia di divorzio. Né può rite-nersi che la odierna controricorrente fosse tenuta aproporre la domanda di assegno nella Repubblicaceca perché tale interpretazione inciderebbe, limi-tandola illegittimamente, sulla competenza del giu-dice italiano e, nello stesso tempo, costringerebbe leparti di un giudizio di divorzio instaurato davanti algiudice ceco a rinunciare a una facoltà che quell’or-dinamento esplicitamente attribuisce.

13. La preclusione che il ricorrente configura è aben vedere in contrasto con la stessa ratio della di-sposizione di cui all’art. 5, della legge sul divorzioche è, oltre a quella di delimitare la competenza delgiudice del divorzio, quella di favorire la contestualeproposizione delle domande, autonome ma conse-guenti al giudizio sullo status, che concernono i sog-getti più deboli e cioè i minori e il coniuge econo-micamente sfavorito dallo scioglimento del matri-monio. Sicuramente la ratio della disposizione invo-cata non è quella di precludere la proposizione ditali domande in un separato giudizio tanto più se lasentenza che trova automatico riconoscimento in

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Italia è pronunciata in un ordinamento che prevedeespressamente tale possibilità.

14. Il ricorso va pertanto respinto con condannadel ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrenteal pagamento delle spese del giudizio di cassazioneliquidate in complessivi €. 2.200,00, di cui 200,00 perspese.

IL COMMENTOGIANCARLO SAVIAVVOCATO DEL FORO DI MACERATA

RESPONSABILE DELLA SEZIONE DI MACERATA

La Suprema corte con questa pronuncia appenapubblicata si occupa della facoltà di separare in au-tonomi giudizi la domanda volta a conseguire lo sta-tus personale divorzile e quella per l’attribuzionedella misura assistenziale post coniugale che nellaprima statuizione, come noto, trova fondamento.

Questo innovativo indirizzo, originato invero dauna peculiare fattispecie concreta che vedeva lacoeva competenza di distinti ordinamenti in ambitoeuropeo, inerisce ovviamente l’ipotesi di riconosci-mento ex art. 5 l. div., e non l’ipotesi di una revisioneex art. 9 l. div. del giudicato già formatosi, sulla qualeultima evenienza si è invero oramai affermata indi-scussa ammissibilità (cfr., da ultimo, Cass., sez. VI-1,7 gennaio 2014 n. 108, in Fam. dir., 2014, 282); netta di-fatti la differenza che corre tra il riconoscimento deldiritto all’assegno divorzile e l’ipotesi della sua revi-sione nel tempo, rispondente al canone generale inmateria, espresso con il noto brocardo del giudicatorebus sic stantibus. (fondamentale in punto, CAPONI,L’efficacia del giudicato civile nel tempo, Milano, 1991).

Invero, l’arresto è contrario all’orientamento sinoad oggi prevalente, come espresso compiutamente,tra altre, in Cass., sez. I, 25 agosto 2005 n. 17320 (inFam. dir., 2006, 263, con nota di GIORGETTI, Revisioneex art. 9 l. div. e domanda nuova di assegno proposta dalcontumace nel giudizio di divorzio).

Il contrasto formatosi merita così una pronta se-gnalazione.

Quel che sorprende è la circostanza secondo cui,nella specie, al di là di alcuni richiami di precedentiincongrui, la soluzione della fattispecie concreta nep-pure necessitava di prendere in considerazione unatale questione di principio eminentemente proces-suale; infatti, il giudicato di status si era formatoavanti ad un tribunale di nazione europea (quello diZlin, nella Repubblica Ceca), immediatamente e di-rettamente applicabile in tutti gli Stati dell’Unione equindi anche in Italia (art. 21 reg. n. 2201/2003/CE), maove l’ordinamento sancisce che la domanda di divor-zio è soggetta ad un rito che non consente il cumulo

con nessuna altra domanda, neppure quella di asse-gno divorzile; questa peculiare ragione era di per sésufficiente a ritenere ammissibile la domanda, inqualunque Stato dell’Unione eventualmente compe-tente, non essendosi potuta neppure dare la possibi-lità giuridica di coeva trattazione di entrambe le do-mande come prevede invece il nostro art. 5 l. div.

Nel nostro ordinamento l’attribuzione di un asse-gno di divorzio deve costituire oggetto di specificadomanda e tale domanda deve essere necessaria-mente proposta innanzi al giudice del divorzio.

Del tutto pacifico che l’attribuzione dell’assegno didivorzio non può essere disposta d’ufficio, non com-portando la norma di cui all’art. 5 l. div., alcuna de-roga al principio dispositivo fissato dall’art. 112 c.p.c.

Il carattere necessariamente connesso della do-manda in questione emerge poi non solo dalla let-tera dello stesso art. 5, comma VI, secondo cui “l’ob-bligo per un coniuge di somministrare periodicamente afavore dell’altro un assegno” viene disposto “con la sen-tenza che pronuncia lo scioglimento o la cassazione deglieffetti civili del matrimonio”, ma anche dal fatto che ilgiudizio di divorzio rappresenta la sede naturale peraccertare con compiutezza i presupposti (indispo-nibilità di mezzi adeguati o comunque impossibilitàdi procurarseli per ragioni oggettive) e gli elementidi valutazione (condizioni e redditi, ragioni della de-cisione, contributo personale ed economico dato daciascuno alla conduzione familiare ed alla forma-zione del patrimonio di ciascuno o di quello co-mune, durata del matrimonio) previsti dal citato di-sposto. Infatti, non solo parte preponderante deglielementi di valutazione non è suscettibile di varia-zione nel tempo e può, quindi, essere accertata, unavolta per tutte senza la perenne pendenza, sine die,della questione, in sede di giudizio di divorzio, maun elemento, e cioè “le ragioni della decisione”, vieneaccertato direttamente dal giudice in sede di pro-nunzia sulla domanda principale di scioglimento ocessazione degli effetti civili del matrimonio.

Nello stesso senso sostenuto soccorre anche il ri-lievo sostanziale per cui, lasciando potenzialmente

LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

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irrisolta tale questione si finisce per negare qualsi-voglia rilievo ai principi di autoresponsabilità ed af-fidamento dei due ex coniugi, seppur abbiano presoognuno la propria strada, con evidente pericolo dipregiudizio per il futuro di entrambi, pur venutomeno definitivamente il vincolo di coniugio.

Dal carattere necessariamente accessorio della do-manda in parola discende che la sentenza di divorzio,quando per mancanza di domanda o per valutazionenegativa del giudice, non dispone l’attribuzione di unassegno, contiene necessariamente una pronunziaesplicita o implicita sulla inesistenza di obblighi pa-trimoniali di un coniuge nei confronti dell’altro.

Tale pronunzia è idonea a passare in cosa giudi-cata, sia pure “rebus sic stantibus”, rimanendo perciòsuscettibile di modifica soltanto in relazione alla so-pravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza deifatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addottenel giudizio che vi ha dato luogo rimane viceversaesclusa in base alla regola generale secondo cui il giu-dicato copre il dedotto e il deducibile (in tal senso, an-che Cass., sez. I, 2 novembre 2004 n. 21049, in bancadati Pluris, che ipotizza unicamente l’eventuale ri-corso allo strumento eccezionale della revocazione).

Invero, la questione ha già visto un pronuncia-mento delle sezioni unite, seppur risalente, esatta-mente in linea con quanto appena esposto nel te-sto (cfr., Cass., sez. un., 9 luglio 1974 n. 2008, in Dirfam. pers., 1974, 635, con nota di DALL’ONGARO),consolidandosi nel tempo, salvo qualche sparuta ec-cezione originatasi equivocamente su base circo-stanziale peculiare (quale appunto quella delle sen-tenze rese da organi di Stati diversi).

Merita inoltre menzione l’esaustiva analisi tesaalla dimostrazione sia dell’obbligo del simultaneusprocessus, che di quello della simultanea decisione,o, se si vuole, della cd. connessione necessaria, rin-venibile in CIPRIANI, Sulla connessione tra divorzio eassegno, in Giur. it., 1974, I, 2, 61.

In conclusione, dopo la pronunzia del giudice deldivorzio, nel caso di mancata attribuzione di un as-segno, sia perché la domanda è stata respinta, siaperché non è stata neppure proposta, la fissazioneper la prima volta di un assegno potrà avvenire, nonai sensi dell’art. 5 l. div., ma unicamente ai sensi delsuccessivo art. 9, e pertanto, solo se sopravvengonogiustificati motivi, con l’avvertenza che tale soprav-venienza, in concreto e per quanto sopra detto, po-trà riguardare soltanto l’indisponibilità di mezziadeguati o comunque l’impossibilità di procurarseliper ragioni oggettive, ovvero le condizioni ed il red-dito dei coniugi.

In questi termini, il dissenso dall’odierno innova-tivo inquadramento della questione, secondo ilprincipio di libera proponibilità della domanda di ri-conoscimento della misura assistenziale post co-niugale in ogni tempo ed a prescindere dall’ipotesidi revisione, si profila netto.

LA CORTE DI CASSAZIONEPREFIGURA UN PERCORSODI AVVICINAMENTOIN TEMA DI PROVANELLE AZIONI DI STATUS

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE I CIVILE,SENTENZA 1 FEBBRAIO 2016, N. 1859Presidente: Di Palma - Estensore: Dogliotti - P.G.: Ce-roni (diff.) - G.S. e B.N. (Avv. Figone) contro G.F. (Avv.Russo) - rigetta, Corte d’Appello di Genova, 9 novembre2013, n. 1263

Filiazione - Riconoscimento - Impugnazione perdifetto di veridicità (azione di) - Prove - Indagineprobatoria sulla non veridicità - Esito negativo -Esame genetico - Inammissibilità (C.c.: art. 263)

L’esito negativo dell’indagine probatoria sulla non ve-ridicità dell’operato riconoscimento del figlio ai sensi del-l’art. 263 c.c., nel suo anteriore tenore, giustifica il rifiutodella parte di sottoporsi ad esame genetico.

…omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 7/6/2006, G.S. eB.N. rispettivamente cugino di G.F. e vedovo di G.A.,a sua volta, zia di G.F., convenivano in giudizio que-st’ultimo, davanti al Tribunale di Savona, per sentirdichiarare che egli non è figlio di G.V., stante la man-canza di veridicità del riconoscimento da questo ef-fettuato.

Si costituiva in giudizio G.F., il quale eccepiva ca-renza di legittimazione degli attori e, nel merito,chiedeva respingersi la loro domanda.

Venivano assunte prove testimoniali e dispostaC.T.U. genetica. Il CTU non poteva dar corso all’in-combente, essendosi G.F. rifiutato di sottoporsi alprelievo di materiale biologico.

Con sentenza in data 5/11/2008, il Tribunale di Sa-vona, sulla base delle risultanze istruttorie e del ri-fiuto del G.F. di sottoporsi a CTU, accoglieva la do-manda degli attori.

Proponeva appello G.F.Costituitosi il contraddittorio, G.S. e B.F., erede del

genitore B.N., nel frattempo deceduto, ne chiede-vano il rigetto ovvero, in subordine, la rinnovazionedella CTU, con ordine al G.F. di sottoporsi ad essa ov-vero licenziamento di nuova CTU, previa esuma-zione della salma di G.V. per accertare la sussistenzao meno di compatibilità genetica con G.S., come si èdetto, cugino dell’appellante.

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La Corte di Appello di Genova, con sentenza indata 9/11/2013, in accoglimento del proposto ap-pello, rigettava l’impugnazione del riconoscimentodi G.F.

Ricorrono per cassazione gli appellati.Resiste con controricorso l’appellante.Ricorrenti e controricorrente hanno depositato

memorie per l’udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano viola-zione dell’art. 116 c.p.c., là dove la Corte d’appelloafferma che l’esito complessivo delle prove testi-moniali non sarebbe tale da escludere la veridicitàdel riconoscimento in esame.

Con il secondo, violazione degli artt. 116, 118, 333e 346 c.p.c., censurandosi l’affermazione della Cortedi merito che aveva giustificato la decisione di G.F. dinon volersi sottoporre alla consulenza genetica, ri-tenendo che non vi fosse stato ordine del giudice disottoporsi al predetto esame.

Con il terzo, violazione dell’art. 263 c.c. e art. 116c.p.c., là dove la Corte di merito addebitava al primogiudice di aver disatteso l’orientamento giurispru-denziale di questa Corte per cui l’impugnazione delriconoscimento richiederebbe la prova della “asso-luta impossibilità” dell’autore alla generazione.

Con il quarto, violazione dell’art. 91 c.p.c., in or-dine alle spese del doppio grado di giudizio.

Va innanzi tutto osservato che il ricorso è sicura-mente ammissibile, non avendo pregio le argomen-tazioni in tal senso proposte dal controricorrente. Iricorrenti hanno proposto quattro motivi di impu-gnazione e chiedendo a questa Corte l’accoglimentodel ricorso, e dunque la cassazione della sentenzaimpugnata, rimettendosi, all’evidenza, alla valuta-zione del collegio sul rinvio alla Corte di merito, indiversa composizione, ovvero, non dovendosi effet-tuare ulteriori accertamenti di merito, ad una pro-nuncia senza rinvio, con la dichiarazione che G.F.non è figlio di G.V.

Passando all’esame dei motivi, per ragioni siste-matiche si deve considerare dapprima il terzo e suc-cessivamente gli altri.

Per una migliore intelligenza delle questioni pro-spettate, pare opportuno accennare brevemente al-l’evoluzione normativa e giurisprudenziale sulleazioni di stato.

Anteriormente alla riforma generale del diritto difamiglia del 1975, era estremamente rigorosa la di-sciplina del disconoscimento di paternità (casi tas-sativi; legittimazione attiva del solo padre; terminibrevi per l’esercizio dell’azione) e della dichiara-zione giudiziale di paternità e maternità (ancorauna volta casi tassativi, con conseguente limita-zione dei mezzi di prova; legittimazione attiva limi-tata al figlio; giudizio preventivo di ammissibilità).

Al contrario, l’impugnazione del riconoscimentonon prevedeva casi tassativi, e ammetteva una le-gittimazione attiva amplissima, con una totale im-prescrittibilità dell’azione.

Appariva evidente, da un lato, la difesa rigorosadella famiglia legittima e della sua stabilità, anche incontrasto con il favor veritatis, ma pure, dall’altro,una diffidenza forte del legislatore verso la filiazionenaturale e l’atto di riconoscimento (comunque vie-tato per i figli “adulterini”), che si esprimeva in unampiezza notevolissima dello spazio operativo del-l’impugnazione del riconoscimento stesso e dei sog-getti legittimati all’azione, così come negli altret-tanto notevoli ostacoli posti alla ricerca di paternitàe maternità, a tutela della tranquillità e della riser-vatezza dei soggetti convenuti in giudizio.

La riforma del 1975, mentre confermava i casi tas-sativi per il disconoscimento, estendeva, al riguardo,la legittimazione al figlio e alla madre, mantenendoperaltro brevi termini anche per il figlio, per l’eser-cizio dell’azione. Si “liberalizzava” invece la dichia-razione giudiziale, eliminando i casi tassativi e am-mettendo ogni mezzo di prova; permaneva il giudi-zio di ammissibilità, la cui disciplina sarà poi dopomolti anni dichiarata costituzionalmente illegittima(Corte cost. n. 50 del 2006). La riforma mantenevainalterata la disciplina dell’impugnazione del rico-noscimento.

Dopo la riforma del 1975, che, come si è detto, at-tenuò la rigorosa protezione della famiglia fondatasul matrimonio e dello status legitimitatis ed eliminò(quasi) ogni ostacolo alla ricerca di paternità e ma-ternità, la giurisprudenza di legittimità (Cassazionee Corte costituzionale) così come quella di merito,procedettero in conformità ai criteri ispiratori dellariforma.

Così gradualmente si circoscrivevano e si supera-vano i casi di disconoscimento, e diventava semprepiù rilevante, nel disconoscimento come nella ri-cerca di paternità e maternità, in sicura concomi-tanza con l’evoluzione e la maggior precisione deidati scientifici, la consulenza tecnica ematologicaovvero genetica, quest’ultima assai meno invasiva(al riguardo Corte cost. n. 266 del 2006; Cass. n. 15088del 2008; Cass. n. 13665 del 2004). Si giungeva cosìad accogliere l’azione di stato, anche senza lo svol-gimento di attività istruttoria, con il licenziamentodi CTU, talora valutando, quale presunzione di fon-datezza dell’azione, anche il solo rifiuto del conve-nuto di sottoporsi all’esame ematologico genetico(tra le altre, Cass. n. 7747 del 2004; n. 17773 del 2013;n. 20235 del 2012).

Al contrario permaneva un notevolissimo rigoregiurisprudenziale, apparentemente ingiustificato, inmateria di impugnazione del riconoscimento di figlionato fuori del matrimonio per difetto di veridicità.

Si affermava (e si afferma) che l’attore deve for-nire piena prova della non veridicità del riconosci-

LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

mento, o almeno un principio di prova (nell’inter-pretazione meno rigorosa, che si è andata talora af-fermando negli ultimi anni) prima di poter dare in-gresso ad un esame genetico sul padre (o la madre)vivente, o magari defunto, previa esumazione delcadavere (tra le altre, Cass. n. 10585 del 2009; n.17895 del 2013; n. 3217 del 2014). Raramente e co-munque solo di recente si è data rilevanza al rifiutodi sottoporsi al predetto esame, ma comunque sem-pre, sulla base di congrua documentazione prodottaovvero dopo un’adeguata istruttoria testimoniale (alriguardo. Cass. n. 6136 del 2015).

Tuttavia, a veder bene, tale orientamento giuri-sprudenziale apparentemente anomalo ed eccen-trico rispetto all’altra giurisprudenza sulle azioni distato, ha una sua giustificazione (ma solo con riferi-mento alla disciplina anteriore alle riforme del 2012e 2013): giustificazione in vario modo collegata allospazio operativo amplissimo dell’azione, con la le-gittimazione, come si diceva, di chiunque vi abbiainteresse e, soprattutto. con l’imprescrittibilità del-l’azione per tutti i legittimati, e dunque anche per iterzi, ciò che manteneva il riconosciuto in uno statoestremamente precario per l’intesa sua vita (e percerti versi, anche oltre essa).

È da ritenere, al contrario, che le novità introdottedalle recenti riforme (avvicinamento della disciplinadel disconoscimento e dell’impugnazione del rico-noscimento; previsione, anche per quest’ultimaazione, di termini brevi per il suo esercizio, mante-nendo l’imprescrittibilità soltanto a favore dei figli),giustifichino un pieno allineamento della giuri-sprudenza, anche in questo settore, all’orienta-mento già ricordato, relativo alle altre azioni distato).

Venendo alla fattispecie in esame, va osservatoche innanzi tutto deve applicarsi ratione temporis ladisciplina anteriore a quella introdotta dal D. Lgs. n.154 del 2013 (quella originaria che, come si è detto,non era mai stata modificata dall’entrata in vigoredel primo libro del codice civile). E dunque, perquanto finora precisato, si giustifica l’indirizzo giu-risprudenziale tradizionale che - si ritiene - andràsuperato con l’applicazione della nuova disciplina:la ctu genetica poteva dunque ammettersi, solo inpresenza, quantomeno, di un principio di prova (do-cumentale od orale). Il giudice a quo, con valutazionecircostanziata ed approfondita dell’istruttoria testi-moniale, ha escluso la sussistenza di un principiodi prova; i ricorrenti tendono a proporne una valu-tazione differente, all’evidenza insuscettibile di con-trollo in questa sede (e al riguardo il ricorso, nel suoprimo motivo, presenta qualche profilo di inam-missibilità).

Va peraltro evidenziata un’erronea argomenta-zione della Corte di merito, là dove essa giustifica ilrifiuto del riconosciuto di sottoporsi all’esame ge-netico con l’assenza di un esplicito ordine del giu-

dice, richiamando una risalente pronuncia di questaCorte (n. 2925 del 1982), superata da un orienta-mento ormai ampiamente consolidato che consi-dera l’ordine del giudice implicito nel provvedi-mento dispositivo della consulenza (tra le altre,Cass. n. 24929 del 2007). In tal senso va modificata lamotivazione della sentenza impugnata.

Tuttavia il rifiuto di G.F. appare, per altro verso,giustificato dall’assenza, come si è detto, di un prin-cipio di prova sulla non veridicità del riconosci-mento.

Rimane all’evidenza assorbita la richiesta subor-dinata di un rinnovo della CTU, con ordine esplicitoal riconoscimento di sottoporsi all’esame genetico,ovvero di nuova CTU con esumazione della salmadel padre legale.

Parimenti assorbito il quarto motivo, relativo al re-gime delle spese.

Conclusivamente il ricorso va rigettato.La difficoltà delle questioni dedotte, complesse,

ed in parte nuove, anche alla luce della più recentedisciplina, cui entrambe le parti si sono riferite, daposizioni ovviamente differenti, con argomenta-zioni puntuali ed approfondite, nella discussioneorale odierna, giustifica la compensazione dellespese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara compensate lespese del presente giudizio di legittimità. omissis

IL COMMENTOGIANCARLO SAVIAVVOCATO DEL FORO DI MACERATA

RESPONSABILE DELLA SEZIONE DI MACERATA

Con questo arresto appena pubblicato, la Su-prema corte, al di là della soluzione del caso con-creto, risolto in base alla tradizionale applicazionedelle disposizioni ante riforma della filiazione, ri-percorre il tema dell’onere della prova da assolveredalla parte che impugna il riconoscimento filiale perdifetto di veridicità.

In sostanza, la fattispecie sottoposta al vaglio dicassazione vedeva il rifiuto del convenuto di sotto-porsi ad esame genetico, motivato con il fatto chenon v’era stato un esplicito ordine del giudice e conl’ulteriore rilievo sostanziale che era mancato unpositivo principio di prova (documentale od orale)sulla non veridicità del riconoscimento prima di po-ter dar corso ad una C.t.u. per l’esame del patrimo-nio genetico.

Tale assunto era risultato integralmente condivisodalla corte territoriale, ma la Suprema corte, pren-dendo atto della correttezza del vaglio di merito, neha comunque corretto la motivazione sotto il primoprofilo, ribadendo il consolidato recente indirizzo se-

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condo cui non è giustificato il rifiuto della parte disottoporsi ad esame genetico in assenza di un espli-cito ordine del giudice in tal senso, atteso che questoè da considerarsi implicito nel provvedimento di-spositivo della consulenza tecnica d’ufficio.

Quel che desta peculiare interesse è il percorsomotivo del Collegio di legittimità che si è fatto ca-rico di gettare lo sguardo oltre, con riflessioni siste-matiche in esito alla riforma sull’unicità dello statusdi filiazione, completata con il d. lgs. 28 dicembre2013 n. 154, entrato in vigore il 7/2/2014, e conclu-dendo nel senso che i criteri di differenziazionedelle distinte azioni di status (riconoscimento, di-sconoscimento, impugnazione) presenta oggi unafluidità che porta ad ipotizzare un sicuro avvicina-mento delle stesse, ivi compreso proprio l’aspettoprobatorio, oramai ed in buona sostanza affidatoagli esami genetici e/o ematologici, che il progressoscientifico garantisce di piena affidabilità.

L’apparente singolarità motiva induce a questapronta segnalazione, rimandando ad una successivanota esplicativa la compiuta e meditata considera-zione di ogni aspetto e dei suoi effettivi risvolti,come la pronuncia obiettivamente merita.

Per un primo approfondimento in merito all’im-pugnazione per difetto di veridicità, cfr., PALAZZO, LaFiliazione, Milano, 2013, pagg. 328, 336, 434; BIANCA, Di-ritto civile, 2.1, La famiglia, Milano, 2014, pag. 397; DO-GLIOTTI, La filiazione fuori del matrimonio, in Commenta-rio codice civile SCHLESINGER-BUSNELLI, Milano, 2015, pag.337 ss. In ordine all’ipotesi di impugnazione del ri-conoscimento cd. compiacente, v., SAVI, L’impugna-zione dello status filiationis per difetto di veridicità daparte dell’autore del riconoscimento in mala fede, in Giur.it., 2013, 1546, in nota a Trib. Roma 17 ottobre 2012.Cfr., peraltro, BUGETTI, Scambio di embrioni e attribu-zione della genitorialità, in Fam. dir., 2014, 933, in notaa Trib. Roma 8 agosto 2014.

PARTECIPAZIONEDEL DIFENSOREALL’ASCOLTODEL MINORE DELEGATOAD UN CONSULENTETECNICO D’UFFICIO

Tribunale di Milano, Sezione IX,Ordinanza 6 maggio 2015(Estensore: G. Buffone)

Ascolto del minore - Delega al Consulente tecnicod’ufficio - Modalità - Partecipazione dei difensori -Esclusione (C.c. artt. 315bis, 336bis, 337octies; Disp.att. C.c. 38bis; C.p.c. 194)

Nel caso in cui il giudice si avvalga di consulente tecnicod’ufficio per compiere attività di ascolto del minore, aisensi dell’art. 336bis c.c., i genitori, i difensori delle parti,il curatore speciale ed il pubblico ministero sono ammessia partecipare alle attività compiute dal consulente in pre-senza del minore solo ove previamente autorizzati dalgiudice stesso, ovvero ove tali attività siano effettuate inidoneo ambiente che dispone dei mezzi tecnici di cui al-l’art. 38bis disp. att. c.c., non trovando applicazione lanorma generale che regola le operazioni del consulentetecnico d’ufficio di cui all’art. 194, comma II, c.p.c.

…omissis

Il dott. …, psichiatra designato come consulentetecnico d’Ufficio e ausiliario del giudice, giusta or-dinanza del ... gennaio 2015, ha prestato il giura-mento di rito, ex art. 193 c.p.c., all’udienza del ... gen-naio 2015.

In quella sede, il Tribunale ha autorizzato il con-sulente a richiedere l’intervento del giudice in casodi questioni sorte durante l’espletamento dell’in-carico.

Come noto, infatti, ai sensi dell’art. 92 disp. att.c.p.c., se, durante le indagini che il consulente tec-nico compie da sé solo, sorgono questioni sui suoipoteri o sui limiti dell’incarico conferitogli, il con-sulente deve informarne il giudice, salvo che laparte interessata vi provveda con ricorso. Il ricorsodella parte non sospende le indagini del consu-lente. Il giudice, sentite le parti, dà i provvedimentiopportuni.

Nel caso di specie, il consulente sottopone la se-guente questione: se l’Avvocato della parte possapartecipare alle attività peritali in cui è presente ilminore (inclusa, quindi, l’audizione e l’attività di os-servazione e diagnosi, eventualmente anche allapresenza dei genitori).

LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

Secondo l’Avvocato del sig. X il difensore avrebbediritto a partecipare senza alcuna autorizzazionedel giudice.

La soluzione proposta non è condivisibile.In primo luogo, è bene evidenziare che nel concetto

di “operazioni peritali” - preso di mira dal codice dirito civile - non si colloca affatto l’accertamento cheabbia ad oggetto un minore, inclusa la sua audizione:ciò vorrebbe dire eguagliare, in punto di tutele, l’in-dagine su infiltrazioni in un immobile o l’accerta-mento dei confini tra due fondi a una attività di os-servazioni e diagnosi sul fanciullo. È evidente che cosìnon è. È sufficiente ricordare che ogni processo checoinvolga il minore deve essere modellato sul mede-simo (cd. accomodamenti procedurali) al fine dicreare una “giustizia a misura di bambino”, secondola efficace espressione delle “Linee guida del Consi-glio d’Europa per una giustizia a misura di bambino”,adottate dal Comitato dei Ministri il 17 novembre2010. E ciò trova conferma nella nuova disciplina nor-mativa di cui agli artt. 336bis c.c. e 38bis disp. att. c.c.

Ai sensi dell’art. 336bis c.c., i genitori, anchequando parti processuali del procedimento, i difen-sori delle parti, il curatore speciale del minore, se giànominato, ed il pubblico ministero, «sono ammessi apartecipare all’ascolto se autorizzati dal giudice». Neconsegue che, contrariamente a quanto sostenutodal difensore non è affatto vero che abbia il diritto diessere presente all’attività di audizione e osserva-zioni del minore, su semplice richiesta. E, invero,questa norma, che peraltro recepisce una annosaconsolidata tradizione di prassi virtuose (protocolli)in vigore, con questo analogo tenore, ben prima deld. lgs. n. 154 del 2013, anche al Tribunale di Milano: ilProtocollo condiviso tra magistratura e avvocati, in-fatti, esclude che i difensori possano partecipare al-l’attività di ascolto e osservazione del minore.

Va detto, in linea con le nuove norme, che certa-mente il difensore può avere interesse a «vedere»come viene condotta l’attività di ascolto e audi-zione: tuttavia, ciò deve essere fatto nel rispettodella legalità disegnata dal d. lgs. n. 154/2013.

Ai sensi dell’art. 38bis disp. att. c.c., «quando la sal-vaguardia del minore è assicurata con idonei mezzitecnici, quali l’uso di un vetro specchio unitamentead impianto citofonico, i difensori delle parti (…) pos-sono seguire l’ascolto del minore, in luogo diverso daquello in cui egli si trova, senza chiedere l’autorizza-zione del giudice». Nel caso di specie, questo Tribu-nale, sin dall’udienza presidenziale ha messo en-trambi i genitori (e gli Avvocati) nella facoltà di indi-care le modalità dell’ascolto e nessuna delle parti hachiesto che venisse condotta nella cd. sala d’ascoltodisponibile in questo Tribunale. La richiesta dell’Avv.... è, quindi, peraltro, anche in contraddizione con lescelte processuali assunte sino all’attualità.

Ciò detto, è bene precisare che le cautele neces-sarie per l’attività di “ascolto” sono chiaramente ne-

cessarie per ogni attività, in generale, di “audizione”del fanciullo: come noto, il bambino non si ascoltasolo tramite la sua voce e la sua opinione ma anche“osservandolo”: l’ascolto mediante esame dei com-portamenti è elemento fondamentale ed ecco per-ché, come nel caso di specie, sovente questa attivitàviene delegata a «Consulente tecnico d’Ufficio, nel-l’ambito di una C.T.U. che il giudice abbia disposto,in modo che alla stessa provveda un organo appro-priato e professionalmente più attrezzato» (di re-cente, C.C., sez. I, 5 marzo 2014 n. 5097; C.C., sez. I, 24luglio 2013 n. 17992). Il fatto che i difensori non sianoammessi ad essere presenti durante l’attività di os-servazione/ascolto del minore non pregiudica in al-cun modo il loro diritto di difesa.

In primis, essi ben possono avvalersi - come è ca-pitato nel caso di specie - di consulenti tecnici diparte. In presenza di esperti del ramo medico o dellapsicologia, il CTU può organizzare le indagini inmodo diverso e - ma solo se lo ritiene non pregiudi-zievole per il minore - prevedere che in alcuni attiessi siano presenti. È evidente che lo psichiatra in-fantile (e così lo psicologo esperto in minori) ha unbagaglio professionale di cui non gode l’Avvocato edè specificamente attrezzato per “partecipare” all’os-servazione del minore senza causargli pregiudizio.

Il diritto di difesa è pure garantito, comunque, per-ché, di ogni attività, il CTU deve redigere appositoverbale e, quanto all’audizione, può raccogliere re-gistrazioni audio o video.

Tutto questo materiale dovrà essere poi messo adisposizione delle parti affinché ne facciano oggettodi esame e critica.

Al lume dei chiarimenti sopra esposti, nel caso incui - come nella fattispecie - il giudice si avvalga delconsulente per compiere attività di osservazione,ascolto, diagnosi di persona minore di età, contesain procedimenti di famiglia, non trova applicazionel’art. 194, comma II, c.p.c. e, dunque, né i genitori ené i difensori possono partecipare (in modo direttoall’atto del consulente compiuto in presenza delfanciullo) se non autorizzati dal giudice e salvo ilcaso dell’operazione svolta in sala cd. ascolto.

La norma (anche procedurale) di cui all’art. 336bisc.c., infatti, esclude l’applicazione di quel riferi-mento normativo. (omissis).

Possono dunque offrirsi le seguenti risposte alconsulente.

P.Q.M.

…omissis

Punto n. 2: nel caso in cui - come nella fattispecie -il giudice si avvalga del consulente per compiere at-tività di osservazione, ascolto, diagnosi di personaminore di età, contesa in procedimenti di famiglia,non trova applicazione l’art. 194, comma II, c.p.c. e,

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dunque, né i genitori e né gli Avvocati possono par-tecipare (in modo diretto all’atto del consulente com-piuto in presenza del fanciullo) se non autorizzati dalgiudice e salvo il caso dell’operazione svolta in salacd. ascolto. Pertanto, l’Avv. Y, che durante il corso ditutto il processo non ha mai rivolto questa istanza algiudice, non ha diritto a partecipare ad atti condottidal C.T.U. in cui siano presenti i bambini A e B.

Punto n. 3: al termine delle operazioni, il C.T.U. diaatto del corso delle operazioni, con riferimento allacondotta di tutte le parti, per i provvedimenti diLegge.

…omissis

IL COMMENTOGIANCARLO SAVIAVVOCATO DEL FORO DI MACERATA

RESPONSABILE DELLA SEZIONE DI MACERATA

Il provvedimento interlocutorio reso dal tribunalemilanese a soluzione delle difficoltà insorte nelcorso delle operazioni peritali, ai sensi dell’art. 92disp. att. c.p.c., mette in evidenza rilevante criticitàquanto al modus procedendi dell’ascolto dei figli in etàminore coinvolti nei conflitti familiari.

La sostanza, eminentemente processuale, ha con-dotto il giudicante ad escludere l’applicazione dellanorma generale che garantisce la difesa ed il con-traddittorio anche durante le operazioni peritali af-fidate ad un consulente tecnico officioso, prefigu-rata dagli artt. 194 c.p.c. e 90 disp. att. c.p.c., in esattaesplicazione dei canoni del giusto processo, nel-l’ipotesi in cui oggetto dell’ausilio tecnico sia costi-tuito dall’osservazione, ascolto e diagnosi di per-sona in età minore.

La normativa dettata dall’art. 336bis c.c., dellaquale si pone correttamente in luce la valenza pro-cessuale, viene qualificata come peculiare ed ido-nea senz’altro a giustificare la deroga dall’ordinarioregolamento posto a presidio del procedimento diconsulenza tecnica d’ufficio.

Già in altre sedi si è sottoposta ad analisi critical’impostazione normativa impressa dal d. lgs. n.154/2013 (cfr., da ultimo, Audizioni personali ed ascoltodel minore, in questa Rivista, 2015, n. 3, pag. 36 ss), nelmomento in cui tendenzialmente ha reputato di re-legare la dinamica del confronto giudice-minore,nelle “segrete stanze”, chiamando il giudice a sosti-tuirsi integralmente in tutti gli altri ruoli proces-suali, piuttosto che imporne la sola modalità del-l’ascolto cd. garantito, prefigurata nell’art. 38bis disp.att. c.c., secondo opzione volta ad escludere la “par-tecipazione diretta” non soltanto dei genitori, la cuipresenza in genere pregiudica la genuinità dell’atto,ma di tutti gli “attori” del processo, salve sollecita-zioni difensive graduate, dalla indicazione di argo-menti e temi, sino all’autorizzazione a presenziare.

Il provvedimento annotato contiene un tratto mo-tivo secondo cui, persino la facoltà di partecipazionedel consulente tecnico di parte, risorsa processualeultima a garanzia del contraddittorio e del diritto didifesa delle parti, seppur relegata in ambito emi-nentemente tecnico, è messa in serio dubbio; infatti,nella parte tesa a dimostrare che non ricorre “in al-cun modo pregiudizio difensivo”, vi si legge che le partipossono avvalersi di consulenti tecnici ed il CTUpuò organizzare le indagini in modo diverso e - masolo se lo ritiene non pregiudizievole per il minore -“prevedere che in alcuni atti essi siano presenti”.

Il tratto motivo desta interesse anche per la suaunivoca considerazione secondo cui il C.t.u. è “or-gano più appropriato e professionalmente più attrezzato”;e poi, “è evidente che lo psichiatra infantile (e così lo psi-cologo esperto in minori) ha un bagaglio professionale dicui non gode l’Avvocato”.

Al di là della diversa professionalità, della qualenon è certo dato dubitare, qui la figura del difensore,cui è affidata una funzione costituzionalmente rile-vante, essenziale quanto quella di un giudice terzo,viene concepita, con buona pace della specializza-zione formativa oramai diffusamente presente nelceto forense, quale presenza in principio pregiudi-zievole per il minore, dimenticando peraltro che ildifensore in sede di ascolto del minore può eserci-tare il proprio ruolo solo con modalità adeguate, pre-sidiate anche deontologicamente; d’altronde, per-sino nel processo penale, quando un minore d’etàassume l’ufficio del testimone, le modalità di esamesono filtrate attraverso il giudice.

Questo caso concreto, al di là della sua soluzione,sulla quale può persino convenirsi nel momento incui i difensori non si sono gravati di richiedere l’au-torizzazione a presenziare all’ascolto, non hanno pro-posto argomenti e temi sui quali condurlo, né inveroin sede di conferimento dell’incarico al C.t.u. hannosollecitato la modalità ex art. 38bis disp. att. c.c. (pres-soché tutti i tribunali dispongono degli strumenti tec-nologici, mentre le identiche strutture private, in ge-nere nella disponibilità proprio degli esperti in mate-ria, sono plurime e diffuse sul territorio), od almenosi sono premurati di richiedere che il C.t.u. effettuassela registrazione audio-video delle operazioni deman-dategli (allo stesso C.t.u. non è stata proposta od ar-gomentata una qualche istanza), consente di tornaread analizzare la questione di fondo.

Ricorre infatti tutt’oggi una preconcetta configu-razione negativa che circonda l’atto processuale del-l’ascolto del figlio in età minore, la cui reale fun-zione non è purtroppo ancora compresa e condivisaconvintamente nelle aule di giustizia, mentre lostesso sentire sociale del ceto parentale, appare an-ch’esso scarsamente all’altezza del compito, costi-tuendo l’ascolto dei figli minori il primo dovere ge-nitoriale, a prescindere da qualsivoglia sede proces-suale ove sfoci la crisi della loro relazione affettiva.

LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

La stessa introduzione della previsione normativainterna, frutto dell’adesione ad esperienze interna-zionali più attente e mature, è tutt’oggi sociologica-mente vista con “sospetto” se non con “timore”,mentre gli organi giurisdizionali di merito sembranoprotesi più ad eludere l’ascolto, evidenziando le dif-ficoltà e persino il fastidio per una simile nuova re-sponsabilità; la Suprema corte di legittimità inveroappare l’unica sede ove il principio di diritto e tuttele sue ricadute sostanziali e processuali, ricevonoadeguato riconoscimento, pur con qualche tenten-namento in fondo fisiologico (cfr., la rassegna di giu-risprudenza riportata in Audizioni personali ed ascoltodel minore, sopra cit.).

Veniamo allora al quadro delle questioni dellequali tutt’oggi è bene dubitare e che la pronuncia incommento, proprio attraverso quello stereotipo mo-tivo, allineato al descritto preconcetto sostanzial-mente negativo, sollecita di considerare.

Il rilievo della valenza processuale dell’art. 336bisc.c., che il tribunale considera elemento idoneo a giu-stificare l’individuata deroga alle norme generali chepresiedono al procedimento di consulenza tecnicad’ufficio, non è trascurabile, cogliendo ancora queltratto di assoluta specialità che caratterizza l’istitutodell’atto processuale dell’ascolto del minore.

Questo comporta come non possa parimenti tra-scurarsi il significo della previsione positiva che af-fida l’ascolto alla “conduzione” del giudice (art. 336bis,comma II, c.c.), individuato anche funzionalmente(il presidente del tribunale o giudice delegato ad hoc)a significarne l’importanza.

La conduzione del giudice che procede a taleadempimento può anche valersi di esperti o di altriausiliari, ma l’ipotesi, nella sua testuale valenza dieccezione, non può significare una delega sistema-tica all’opera di un C.t.u., né che questi possa pro-cedere con quella autonomia prefigurata dallenorme generali che nel processo civile regolano ilprocedimento di C.t.u. (tra le quali spiccano gli artt.194, comma II, c.p.c., 90 e 91 disp. att. c.p.c.), neces-sitando invero di una puntuale motivazione e di al-trettanto puntuali indicazioni sul modo di procedereed in particolare disponendo quella assunzione edocumentazione delle operazioni, che l’ordina-mento individua proprio per questo atto, in primoluogo nei mezzi tecnici descritti nell’art. 38bis disp.att. c.c., ovvero nella registrazione audio-video o, co-munque, in assenza di adeguati ausili tecnici, nellaredazione di un processo verbale compiuto.

Questo non può che significare come la C.t.u. possaammettersi solo in via residuale o, se si vuole, ecce-zionale, cioè, sulla base di elementi concreti che, ancheall’esito dello stesso ascolto diretto, possano rendereevidente l’esigenza di approfondimenti diagnostici.

Nel caso concreto merita allora di essere eviden-ziato come, esclusa la conduzione diretta del-l’ascolto da parte del giudice (senza una razionale

motivazione, quale ad esempio il riferimento all’etàod al grado della capacità di discernimento), con osenza l’ausilio di un esperto, autorizzato il consu-lente tecnico d’ufficio (nominato ai sensi dell’art.191 c.p.c.) ad operare da se solo, in assenza di tuttigli attori del processo e persino dei consulenti tec-nici di parte, ammessi a discrezione dello stessoconsulente, ed in difetto di una disposizione pun-tuale sulla documentazione delle operazioni checonsenta almeno una verifica ex post (la documen-tazione audio-video risulta anch’essa rimessa alladiscrezionalità del C.t.u. con quel “può”), il quadrodell’incedere processuale che deve pur sempre con-formarsi ai canoni del giusto processo, appare benlontano dal dato giuridico positivo.

Un tale risultato appare viepiù inaccettabile ovesi consideri che una corretta decisione non può pre-scindere da un congruo contraddittorio espressocon modi appropriati e senza scorciatoie, mentre èlo stesso giudice che per primo, investito dei poteriautoritativi nell’interesse superiore del minore (cheprescindono, come noto, persino dai petita), devecontare su affidabile percezione dell’autentico sen-tire espresso dal minore, siccome soggetto comun-que coinvolto nella soluzione giudiziale della que-stione o della controversia.

Ed è proprio la natura dell’atto processuale in pa-rola, di riguardo dell’ordinamento verso il soggetto inetà evolutiva, che ne segna l’esigenza ineludibile (apena di nullità, come indica la Suprema corte di le-gittimità, v., ancora, Audizioni personali ed ascolto delminore, sopra cit., pagg. 42 e 44); com’è altrettanto in-dubbio che il risultato dell’ascolto è destinato co-munque ad essere pienamente riversato nel con-traddittorio delle parti; se si considera poi che un fan-ciullo che in genere ha raggiunto l’età di anni dodici,nel pieno assolvimento dei propri obblighi scolastici,si confronta quotidianamente con innumerevoli sog-getti adulti, neppure risulta pedagogicamente appro-priato che di contro non venga ammesso ad espri-mere se stesso direttamente al giudice che deve prov-vedere al proprio futuro, in frangente esistenziale cosìrilevante, passando invece per un percorso connotatodi analisi più o meno intrusiva se non propriamenteclinica, salvo che non emergano, appunto, condizionipersonali od esigenze peculiari, che come tali meri-tano risalto motivo.

Per quanto arduo e pieno di responsabilità ancheetiche, le sedi di giustizia di merito non possonomancare al compito prefigurato dalla legge, instau-rando prassi tendenzialmente elusive (con richiamodegli anteriori protocolli domestici che la legge hainteso proprio superare), affidandone l’assunzioneallo strumento improprio della consulenza tecnicad’ufficio, regolato d’ordinario dal codice di rito, chelo stesso giudice milanese si dice costretto al pon-derato “adattamento”, snaturandone la sua essenzadi confronto tecnico tra le parti in contesa.

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NOTE A SENTENZE

LA NON NECESSITÀDELLA CONCERTAZIONEDELLE SPESESTRAORDINARIE:UN’EVOLUZIONEGIURISPRUDENZIALEINCONSAPEVOLE

GERMANA BERTOLIAVVOCATO DEL FORO DI TORINO RESPONSABILE REGIONE PIEMONTE DELL’OSSERVATORIO

La problematica dell’individuazione delle spese“straordinarie”, componente del mantenimento infavore della prole, ciclicamente torna ad impegnaregli Ermellini. Sono recentissime alcune pronuncedella Corte di Cassazione che, seppure sostenganodi ripercorrere un orientamento risalente, in realtànon solo introducono un principio innovativo, masoprattutto una prospettiva di ragionamento moltodiversa rispetto al passato.

Prima di entrare nel merito delle sentenze a cuicon questo scritto si vuol dare risalto, non ci si puòesimere dal procedere ad un inquadramento gene-rale dell’argomento.

Nel momento in cui parliamo di mantenimentodel figlio, parallelamente all’assegno periodico, ven-gono indicate alcune spese, che si potrebbero quali-ficare come “accessorie” (ad esempio le spese me-diche, scolastiche e sportive),che i genitori debbonosuddividere tra loro in percentuale variabile nel ri-spetto del principio di proporzionalità di cui agliartt. 316 bis e 337 ter del C. C..In alcuni casi, però,dette spese vengono accompagnate dall’aggettivo“straordinarie”, mentre in altri ci si limita alla loroelencazione senza altra specifica. L’omissione aprima vista potrebbe sembrare priva di valore, inquanto spesso si commette l’errore terminologicodi intendere in modo interscambiabile l’aggettivo“accessorio” con quello “straordinario”. In realtà,nella casistica in esame, la straordinarietà è una ca-ratteristica dell’accessorietà: una spesa accessoriapuò avere sia natura ordinaria che straordinaria.

Dunque, non far riferimento alla straordinarietà diuna categoria di spese accessorie non potrà che si-gnificare chein essa verranno ricomprese anchequelle a carattere ordinario. Al contrario, fare riferi-mento alla straordinarietà comporteràl’esclusionedi somme che, quindi, si riterranno già coperte dalcontributo economico periodico e delle quali per-tanto non si potrà pretendere il rimborso.

Passando poi all’individuazione dei criteri per ladistinzione tra una spesa ordinaria da una straordi-naria, è necessario non commettere l’errore di uti-lizzare la natura della scelta da cui discendono a se-conda che conseguano ad una scelta straordinariao di indirizzoo ad una scelta ordinaria o semplice.Infatti, la Cassazione è stata chiara nel dirci come«non vi sia [è] piena corrispondenza tra “spese stra-ordinarie” e “scelte straordinarie”» (Cass. 05/05/1999n. 4459). Ciò sta a significare che sia da una scelta diindirizzo che da una scelta semplice possono di-scendere tanto spese ordinarie quanto spese stra-ordinarie. Sarà poi necessario individuare qualisiano le spese accessorie ordinarie e quali quelle ac-cessorie straordinarie.

Per far ciò ci viene in soccorso la giurisprudenzadella Suprema Corte di Cassazione che ci fornisce ladefinizione di spese straordinarie, da cui trarre, innegativo, la definizione di spese ordinarie. Sonostate definite come spese straordinarie le spese sca-turenti da necessità occasionali o imprevedibili,frutto di concrete, specifiche esigenze della prole,non quantificabili ex ante o perché legate a contin-genze sopravvenute ed imprevedibili anche nell’en-tità, e/o perché non rientranti nella consuetudine divita avuto riguardo al livello sociale del nucleo fa-miliare (Cass. 08/04/2012 n. 9372).

Proviamo, dunque, ad applicare la definizione giu-risprudenziale ad una tipica categoria di spesa cheviene definita accessoria: le spese scolastiche. Nelmomento in cui si decida di arricchirle dell’agget-tivo “straordinarie”, tenendo a mente la definizioneche ci ha fornito la Corte di Cassazione, non po-tremo pretendere il rimborso di quelle che nonsiano, imprevedibili, imponderabili o di rilevante en-tità. Potremmo, quindi, concludere come ad esem-pio le spese per i libri di testo, che non sono certospese imprevedibili o imponderabili, dovranno con-siderarsi già coperte dal contributo periodico equindi non rimborsabili. È pur vero però, che in al-cune situazioni familiari, le spese per i libri potreb-bero configurarsi come spese di rilevante entità,considerazione questa che dipenderà dal raffrontoche verrà fatto con almeno due parametri, ossia lepossibilità economiche dei genitori e l’ammontaredel contributo periodico. Infatti, a fronte di redditiesigui o di un contributo periodico di limitate entità,quasi a doversi considerare di natura alimentare,non è detto che la spesa per i libri non possa consi-derarsi di rilevante entità. È chiaro quindi, come, an-

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che ponendo attenzione alla terminologia impiegatanell’indicare le spese accessorie e facendo tesorodella definizione di straordinarietà che ci è stata for-nita dalla Cassazione, le conclusioni a cui giungerecon riguardo alla loro rimborsabilità, possono va-riare da situazione a situazione, con necessità diconservare in favore del magistrato un certo mar-gine di discrezionalità che gli consentirà di valutarevolta a volta il caso concreto.

La situazione si va ulteriormente a complicare nelmomento in cui si debba procedere all’individua-zione del contenuto delle categoriedi spese acces-sorie. Un esempio eclatante e spesso oggetto di con-tenzioso, riguarda le spese per la mensa scolastica,che alcuni Tribunali considerano come rientrantenel contributo periodico, mentre altri come capitolodi spesa da suddividere proporzionalmente tra i ge-nitori. La mancanza di uniformità giurisprudenziale,conseguente all’impossibilità di individuare un cri-terio oggettivo, ha condotto alla creazione dei co-siddetti protocolli d’intesa sulle spese accessoriechehanno il fine di ridurre al minimo l’incertezza equindi il contenzioso su tale argomento. Sul punto,però, non può mancare una nota critica. La man-canza di una uniformità giurisprudenziale nell’in-dicare le così dette spese accessorie deriva dal fattoche l’accessorietà è legata non tanto alla natura insè della spesa, ma a tutta una serie di circostanze inrelazione alle quali si potrà pensare ad un rimborsoseparato o meno (ad esempio l’ammontare dell’as-segno periodico che, se di rilevante entità potrebbe

essere stato pensato per coprire anche parte dellespese accessorie). Un’indicazione troppo specifica,ma soprattutto vincolante, rischia di frustrare l’esi-genza di elasticità tipica dei procedimenti di fami-glia, caratterizzati da non uniformità a causa delledifferenze profonde che possono esserci tra una fa-miglia ed un’altra.

Dunque, la soluzione del problema non è certocreare dei protocolli d’intesa che valgano in asso-luto. Ben vengano le elencazioni preventive, madalle quali il magistrato potrà pescare tutte o soloalcune categorie da indicare come spese accessorie,dopo aver effettuato una valutazione del caso con-creto.

Peraltro, la creazione di protocolli d’intesa non traloro uniformi da applicarsi presso i diversi Tribunalista determinando una non uniformità tra le pro-nunce e soprattutto una diversificazione anche deicriteri per la quantificazione del contributo perio-dico a seconda che sia diretto a coprire più o menocapitoli di spese. Si badi, però, che ad impattare sullaquantificazione del contributo periodico dovrebberoessere solo ed esclusivamente le spese accessorie dinatura ordinaria e non certo quelle di natura stra-ordinaria. È, infatti, noto e consolidato, l’orienta-mento giurisprudenziale che esclude la forfettizza-bilità delle spese accessorie straordinarie.L'inclu-sione in via forfettaria delle spese straordinarie nel-l'ammontare dell'assegno, posto a carico di uno deigenitori, può rivelarsi in contrasto con il principio diproporzionalitàe con quello dell'adeguatezza del-

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mantenimento, nonché recare grave nocumentoalla prole, che potrebbe essere privata, non consen-tendolo le possibilità economiche del solo genitorebeneficiario dell'assegno "cumulativo", di cure ne-cessarie o di altri indispensabili apporti. Pertanto,pur non trovando la distribuzione delle spese stra-ordinarie una disciplina specifica nelle norme ine-renti alla fissazione dell'assegno periodico, deve ri-tenersi che la soluzione di stabilire in via forfettariaed aprioristica ciò che è imponderabile e impreve-dibile, oltre ad apparire in contrasto con il principiologico secondo cui soltanto ciò che è determinabilepuò essere preventivamente quantificato, introduce,nell'individuazione del contributo in favore dellaprole, una sorta di alea incompatibile con i principiche regolano la materia (Cass. 08/09/2014, n. 18869;Cass. 08/04/2012, n. 9372). Alla luce di tale imposta-zione non potrà, però, non essere citato un orienta-mento giurisprudenziale di merito, secondo cui l’as-segno va eccezionalmente ritenuto onnicompren-sivo, cioè devono essere incluse in via forfettaria lespese extra nel caso in cui vi sia la continua indiffe-renza di un genitore che neghi sistematicamente ilproprio consenso. Ciò per evitare che per poter re-cuperare le somma spettanti si debba dar luogo ognivolta ad una defatigante procedura ex lege per laformazione di un titolo esecutivo (Trib. Milano 16-23/07/2014).

La sentenza di merito citata ha anticipato l’ulte-riore problema che merita di essere affrontato, ossiaquello legatoalla necessità che per il rimborso in fa-

vore del genitore che abbia sostenuto le spesa ac-cessoriasussistail consenso di colui che sia chia-mato a parteciparvi ex post.

E proprio con riguardo al problema del mancatoconsenso si sono espresse due recenti sentenzedella Cassazione, la n. 16175/2015 e la n. 2127/2016,introducendo un interessante principio innovatore,secondo cui non sarebbe configurabile a carico delconiuge affidatario o presso il quale sono collocati invia prevalente i figli, anche con riguardo a scelte diindirizzo per questi ultimi, un obbligo di informa-zione e di concertazione preventiva con l’altro geni-tore con riguardo all’effettuazione della spesa.Come anticipato all’inizio di questo scritto, in en-trambe le pronunce la Cassazione assume una po-sizione che in realtà considera come una sempliceriproposizione di un precedente orientamento, ma aben vedere non è così.

Nella 16175/2015 ci troviamo difronte alla richie-sta di rimborso relativa a spese affrontate per l’ac-quisto dell’arredamento della cameretta della figlia,nonché per uno stage per l’apprendimento della lin-gua inglese, avanzata per il tramite di un ricorso peringiunzione. A seguito dell’emissione del decreto in-giuntivo il genitore chiamato a partecipare allaspesa proponeva opposizione sostenendo di non es-sere obbligato al rimborso della sua quota parte inquanto le spese non erano state concordate pre-ventivamente. L’opposizione veniva respinta cosìcome il successivo appello. Il genitore soccombenteproponeva così ricorso in Cassazione. La Corte ri-

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gettava la domanda, ritenendo che non sia configu-rabile a carico del coniuge affidatario o collocatarioun obbligo di informazione e di concertazione pre-ventiva con l’altro, in ordine alla determinazionedelle spese straordinarieche siano compatibili con imezzi economici di cui i genitori dispongono e ciòin quanto si tratta di decisione di maggiore inte-resse per il figlio, e sussistendo, pertanto, a caricodel coniuge non affidatario un obbligo di rimborsoqualora non abbia tempestivamente addotto validimotivi di dissenso. La Corte trae tale conclusione daun orientamento giurisprudenziale del 2011 (Cass.n. 19607/ 2011) e quindi ritenendo che si tratti diuna conferma di un principio già enunciato in pas-sato. In realtà, analizzando il contenuto dell’orien-tamento citato dalla Cassazione, ci si rende imme-diatamente conto che le fattispecie presentano dif-formità sostanziali. Infatti, la pronuncia del 2015 siriferisce all’ipotesi di scelte nell’interesse del figlioda operare nell’ambito di un affidamento condiviso(valorizzatore del principio di bigenitorialità), men-tre nel caso della pronuncia del 2011 ci troviamo in-nanzi a scelte operate dal genitore affidatario esclu-sivo. È facile comprendere la diversità delle due ipo-tesi, tenuto conto che le due forme di affidamentohanno presupposti e ratio ben differenti. Sarà utileriportare alcuni passaggi della sentenza del 2011per avere più chiara la forzatura operata dalla Cas-sazione nel 2015. Nel 2011 gli Ermellini avevanoconcluso che il genitore affidatario esclusivo del fi-glio non fosse obbligato a concertare le scelte conquello non affidatario in virtù del fatto che l’art. 155c.c. (oggi 337 ter), nel rimettere alle determinazionidi entrambi i coniugi le scelte di maggior interesseper il figlio, non imponesse, riguardo ad esse, alcunospecifico onore di informazione al genitore affida-tario, dovendo tale onere ritenersi implicitamentegravante su quest’ultimo nel solo caso in cui l’in-formazione sia necessaria affinché il genitore nonaffidatario possa partecipare alla decisone conri-guardo ad eventi eccezionali ed imprevedibili. Neconsegueche, nelle scelte di maggior interesse l’art.155 c.c. (oggi 337 ter) prevede espressamente un do-vere di vigilanza del coniuge non affidatario. Talepronuncia a sua volta fa riferimento ad altra ancorapiù risalente nel tempo e più precisamente a Cass.n. 5262/1999, che ha sancito l’irrilevanza della ine-sistenza di un accordo tra i coniugi circa la scelta diun istituto scolastico privato, ritenendo sufficienteun titolo giudiziale (la sentenza di separazione cheponesse in capo ad entrambi i coniugi il 50% dellespese scolastiche) e la mancata tempestiva addu-zione daparte del genitore non affidatario di validimotivi di dissenso circa la scelta, e ciò a prescinderedal fatto che l’altro genitore gli avesse o meno co-municato tale determinazione. Anche in questocaso, però, si parla di scelte operate da un genitoreaffidatario esclusivo.

La forzatura opera dalla Cassazione del 2015 nelfare proprio un precedente orientamento si è rea-lizzata nel momento in cui, nel riportare il testodella sentenza del 2011 che aveva disciplinatoun’ipotesi di affidamento esclusivo,si è aggiunta al-l’espressione “genitore affidatario”anche quella“ge-nitore collocatario”, estendendo in tal modo la por-tata applicativa della massima al di là dei confinioriginariamente individuati, ricomprendendovi l’af-fidamento condiviso. La sentenza del 2011 recita te-stualmente: “l’art. 155 c.c., nel rimettere alle deter-minazioni di entrambi i coniugi le scelte di maggiorinteresse per i figli, non impone, con riguardo adesse, alcuno specifico onere di informazione al ge-nitore affidatario”, mentre, nel richiamare tale prin-cipio, la Cassazione del 2015, testualmente, riporta:“non è configurabile a carico del coniuge affidatarioo collocatario un obbligo di informazione e di con-certazione preventiva con l’altro” peraltro citandouna sentenza del 1999, testualmente riportata efatta propria dalla pronuncia del 2011 ( “sussistendo,pertanto, a carico del coniuge non affidatario un ob-bligo di rimborso qualora non abbia tempestiva-mente addotto validi motivi di dissenso”) dimenti-cando però questa volta di affiancare all’espressione“genitore affidatario” l’espressione “genitore collo-catario”, con una evidente disarmonia rispetto allaprima parte del ragionamento.

Ma alla forzatura estensiva del principio si af-fianca la costruzione fantasiosa di un principio chesi vorrebbe ritrovare in un ulteriore precedente, ri-salente al 2012 che avrebbe affermato che: “nel casodi mancata concertazione preventiva e di rifiuto diprovvedere al rimborso della quota di spettanza daparte del coniuge che non le ha effettuate, dovrà ve-rificarsi in sede giudiziale la rispondenza delle speseall’interesse del minore mediante la valutazione, ri-servata al giudice nel merito, della commisurazionedell’entità della spesa rispetto all’utilità per il mi-nore e della sostenibilità della spesa stessa rappor-tata alle condizioni economiche dei genitori”. Leg-gendo con attenzione la sentenza presa a riferi-mento ci si accorge, però, che nulla di ciò che la pro-nuncia del 2015 vorrebbe che vi si leggesse vi silegge, anzi. La sentenza del 2012 sottolinea in ma-niera vigorosa come la concertazione preventivanon sia necessaria solo ed esclusivamente nel mo-mento in cui ci si trovi innanzi ad un affidamentoesclusivo, considerandola, invece, fondamentale eirrinunciabile nel caso di affidamento congiunto ocondiviso. Testualmente si riporta un tratto dellasentenza del 2012: “È pur vero che questa Corte […]ha escluso che a carico del genitore convivente siaconfigurabile uno specifico dovere d’informazione,ravvisabile unicamente in presenza di eventi ecce-zionali ed imprevedibili, affermando che ciascun ge-nitore è titolare di un autonomo potere di attivarsinei confronti dell’altro per concordare eventuali mo-

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dalità ed in difetto ricorrere all’autorità giudiziaria.Questo principio, enunciato in riferimento all’ipo-tesi di affidamento esclusivo, trova peraltro giustifi-cazione di tale istituto dettata dall’art. 155 c.c., che,in quanto articolata sulla previsione dell’esercizioesclusivo della potestà da parte del genitore affida-tario e sul riconoscimento in favore dell’altro geni-tore di un diritto/dovere di vigilanza sull’istruzionee l’educazione dei figli, ha consentito di ravvisarenella mancata tempestiva adduzione di validi mo-tivi di dissenso da parte dei quest’ultimo una formadi acquiescenza alla decisione unilateralmente as-sunta dal primo. Esso non è quindi applicabile al-l’ipotesi di affidamento congiunto, che, oltre ad im-plicare l’esercizio della potestà da parte di entrambii genitori, presuppone un’attiva collaborazione deglistessi nell’elaborazione e la realizzazione del pro-getto educativo comune, imponendo pertanto, nel-l’accertamento della paternità delle singole deci-sioni, quanto meno di quelle più importanti, la ve-rifica che le stesse sono state assunte sulla base dieffettive consultazioni tra i genitori, e quindi con ilconsapevole contributo di ciascuno di essi”.

Risulta quindi chiaro come la sentenza del 2015abbia distorto il significato e alterato il contenuto diprecedenti orientamenti. Ciò che non può esserecondiviso non è la consapevole estensione di unprincipio pensato per una certa fattispecie norma-tiva ad un'altra, peraltro se sopravvenuta, essendociò la naturale e sana evoluzione interpretativa ne-cessaria a fronte di un’innovazione normativa con-seguente all’evoluzione degli assetti sociali, ma l’in-consapevole estensione. Ciò infatti non può definirsievoluzione interpretativa, in quanto non ha alla pro-pria base l’analisi puntale delle ragioni che portanoad affermare la possibilità che un principio coniatoper una certa fattispecie possa valere anche per unadifferente. Manca quella motivazione che può daresolida ragionevolezza ad una decisione innovativada prendere come base, lasciando il rammarico checi si trovi di fronte ad una pronuncia frutto di unadistrazione terminologica e non ad una volontà ra-gionata di procedere ad un cambiamento.

Chiunque, leggendo attentamente la pronuncia inoggetto, così come quelle in essa citate, può accor-gersi delle distorsioni e dei mutamenti terminolo-gici, le cui conseguenze possono essere rilevanti, so-prattutto quando, una pronuncia così poco ponde-rata venga poi presa acriticamente a base di decisio-nisuccessive. Questo è quanto successo con l’ordi-nanza della Cassazione n. 2127/2016, la quale enun-cia lo stesso principio della sentenza n.16175/2015 acui rimanda in toto e dalla quale trae i riferimentiper affermare che si tratti di un orientamento con-solidato e dunque perseverando negli stessi errorimetodologici.

Il caso riguarda la richiesta del pagamento di unasomma per la retta dell’asilo di due figli avanzata

con un ricorso per ingiunzione da cui è scaturito undecreto poi revocato in sede di opposizione. La ra-gione della revoca risiede nell’assenza del preven-tivo accordo dei genitori all’effettuazione dellespese. Avverso tale pronuncia è stato proposto ap-pello, poi accolto, ritenendo che l’accordo si potessetrarre dal fatto che la decisione di iscrivere i figlipresso le predette istituzioni fosse stato concordatodai genitori quando ancora erano conviventi, senzache fosse necessario quindi un nuovo accordo dopol’autorizzazione a vivere separati. Avverso tale pro-nuncia è stato poi proposto ricorso per Cassazione aseguito del quale gli Ermellini si pronunciavanosulla necessità della concertazione per l’effettua-zione delle spese nei confronti dei figli affermandoche: “secondo la giurisprudenza di legittimità non èconfigurabile a carico del coniuge affidatario opresso il quel sono normalmente residenti i figli, an-che nell’ipotesi di decisioni di maggiore interesseper questi ultimi, un obbligo di informazione e diconcertazione preventiva con l’altro genitore, in or-dine alla effettuazione e determinazione delle spesestraordinarie, che se non adempiuto, comporta laperdita del diritto al rimborso. Nel caso di mancataconcertazione preventiva e di rifiuto di provvedereal rimborso della quota di spettanza da parte del co-niuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto averificare la rispondenza delle spese all’interessedel minore mediante la valutazione della commisu-razione dell’entità della spesa rispetto all’utilità de-rivante ai figli e della sostenibilità della spesa stessa,rapportata alle condizioni economiche dei genitori”.Dunque i principi sono due: il primo relativo allanon necessità della preventiva concertazione per lespese straordinarie ed il secondo, che ne è il com-pletamento, relativo alla possibilità di ottenere ilrimborso della spesa non concordata quando lastessa sia rispondente all’interesse del minore afronte della commisurazione dell’entità della stessarispetto all’utilità derivante ai figli e della sua so-stenibilità rapportata alle condizioni economichedei genitori. Il primo principio, però, è fondato su unorientamento giurisprudenziale che era stato creatoper l’affidamento esclusivo, tanto che la Cassazionestessa con la pronuncia n. 10174/2012 ha recisa-mente escluso che esso possa applicarsi nel caso diaffidamento congiunto o condiviso.Il secondo prin-cipio viene fatto discendere dalla pronuncia del2015, che però a sua volta lo faceva discendere dallapronuncia del 2012 nella quale però come abbiamogià detto, non se ne ha traccia.

A parere di chi scrive e in perfetto accordo con lasentenza del 2012, non può essere condivisal’estensione della non necessità della concerta-zione delle spese da affrontare per i figlio, sancitaper i casi di affidamento esclusivo, anche ai casi diaffidamento condiviso, perché ciò contrasterebbefortemente con la ratio di tale istituto introdotto

NOTE A SENTENZE

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con la legge 54 del 2006 alla base del quale cam-peggia il concetto di bigenitorialità: solo con la con-certazione, infatti, può essere garantita l’effettivacompartecipazione alle scelte riguardanti la cre-scita e la formazione del figlio.

Le osservazione fatte alle due recenti pronuncesono lungi dal voler rappresentare una sterile pole-mica, ma incarnano un vero e proprio timore peruna non meditata e consapevole evoluzione dellanostra giurisprudenza.

Tralasciando le evidenti incongruenze in cui è in-corsa la Cassazione, non può non notarsi come perforzare il consenso del genitore riottoso nei riguardidelle spese accessorie non fosse necessario svuo-tare di significato il principio di bigenitorialità,esclu-dendo la concertazione che ne è l’essenza, essendopresenti nel nostro ordinamento gli strumenti ne-cessari per forzare il consenso e quindi per renderelegittima la richiesta dei rimborso.

Con riguardo alle spese relative alle scelte di indi-rizzo – siano esse ordinarie o straordinarie – per lequali è impossibile escludere la necessità di unaconcertazione preventiva in nome del principio dibigenitorialità (che non si può frustrare se non conuna riforma legislativa), al fine di superare il diniegodel consenso, il legislatore ci ha messo a disposi-zione lo strumentodi cui all’art. 709 ter c.p.c., che hapropriocome scopo la gestione del conflitto nel-l’esercizio della responsabilità genitoriale. In altreparole, nel caso in cui si debba procedere ad unaspesa conseguente ad una scelta di indirizzo e unodei due genitori non sia d’accordo, si dovrà proce-dere alla richiesta della sostituzione del consenso

da parte del magistrato, che in quella sede (e nonnell’ambito di un giudizio volto al recupero coattivodella spesa come vorrebbe la Cassazione del 2015 edel 2016) valuterà l’interesse del minore e le possi-bilità economiche dei genitori. Infatti, la rimborsa-bilità o meno delle spese accessorie derivanti dascelte di indirizzo risiede nella condivisione nontanto della spesa stessa, ma della scelta da cui di-scende. Ciò significa che il consenso che verrà for-zato non è tanto quello relativo all’effettuazione del-l’esborso, ma all’assunzione della scelta.

Diverso è per quanto concerne le spese straordi-narie o ordinarie relative a scelte semplici. In questocaso è necessario fare un distinguoa seconda che siastato previsto o meno l’esercizio disgiunto della re-sponsabilità genitoriale per le questioni di ordina-ria amministrazione. Nel caso in cui non si sia op-tato per l’esercizio disgiunto della responsabilità ge-nitoriale per le questioni di ordinaria amministra-zione, pare ovvia la necessità della concertazionedei genitori anche per le scelte semplici (se così nonfosse non avrebbe significato l’alternativa dell’eser-cizio disgiunto o congiunto)e quindi per le spese chene discendono. Anche in questo caso, quindi, perpoter ottenere il rimborso della spesa affrontatasarà necessario forzare il consenso attraverso il ri-corso all’art 709 ter c.p.c..Nel caso in cui, invece, sioptato per l’esercizio disgiunto della responsabilitàgenitoriale, ciascun genitore potrà procedere allescelte semplici senza necessità di concertazione equindi senza dover richiedere all’Autorità giudizia-ria la sostituzione del consenso del genitore nonconcorde. In questo caso, il rimborso della spesaconseguente alla scelta autonoma e non condivisadall’altro genitore, potrà essere forzato a posteriori,attraverso un giudizio ordinario (solitamente con-seguente all’opposizione all’esecuzione iniziate perottenere il pagamento di quanto anticipato) nelquale si condivide che venga effettuate la valuta-zione dell’interesse del minore e delle possibilitàeconomiche dei genitori.

In conclusione, l’orientamento della Cassazionein commento può essere assolutamente condiviso,ma solo ed esclusivamente con riguardo alle spese,ordinarie o straordinarie, che siano conseguenti ascelte semplici e non di indirizzo e qualora si sia op-tato per l’esercizio disgiunto della responsabilità ge-nitoriale per le scelte di ordinaria amministrazione.Si deve escludere che possa essere legittimatal’esclusione della concertazione delle scelte di indi-rizzo e delle scelte semplici nel caso di eserciziocongiunto anche della responsabilità genitorialeinerente alle scelte di ordinaria amministrazione, econseguentemente delle spese che ne discendono, eciò nel rispetto del principio di bigenitorialità checostituisce l’essenza di una riforma legislativa chenon si può pensare di spazzare via per il tramite diuna inconsapevole evoluzione giurisprudenziale.

NOTE A SENTENZE

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OPINIONI

2645 TER C.C.: NORMASULLA FATTISPECIE ONORMA SUGLI EFFETTI?

FERNANDA D’AMBROGIOAVVOCATO DEL FORO DI CASERTA RESPONSABILE DELLA SEZIONE DI CASERTA DELL’OSSERVATORIO

È fatto notorio che la dominante giurisprudenzasia orientata a ritenere l’art. 2645 ter c.c. comenorma “sugli effetti”, priva di effetti traslativi e adescludere la configurabilità di un negozio di desti-nazione puro, quale nuova figura negoziale atipicaimperniata sulla causa destinatoria.

A sostegno di questa interpretazione, evoca il con-testo normativo in cui la norma è inserita, caratte-rizzato dal principio della responsabilità patrimo-niale di cui all’art. 2740, I comma c.c. e dal caratteretassativo delle ipotesi di limitazione della respon-sabilità patrimoniale generale, sostenendo, conse-guentemente, che l’individuazione delle fattispecielimitative della responsabilità patrimoniale può averluogo solo qualora vi sia un sufficiente grado di cer-tezza, e che l’interpretazione delle disposizioni li-mitative della responsabilità debbano effettuarsi intermini restrittivi (Trib. S. Maria C.V. 20.12.2013; Trib.Trieste 7.4.2006; Trib. Reggio Emilia 23.03.2007; Trib.Reggio Emilia 7-22.06.2012).

L’impostazione muove da una interpretazionedella norma di cui all’art. 2645 ter c.c. volta a re-stringere struttura e causa della figura “atto di de-stinazione”, paralizzandone l’operatività, nonché dauna visione “ingessata” del rapporto patrimoniopersonale e responsabilità, che impedisce di acco-gliere con favore istituti giuridici esistenti -l’atto didestinazione, appunto-, ammessi e regolati dall’or-dinamento giuridico italiano, ravvisando in essi po-tenziali strumenti di frode ai creditori.

Orbene, se muoviamo dal presupposto che nel no-stro ordinamento giuridico vige il principio, garan-tito dalla Costituzione Repubblicana, di libertà di ini-ziativa dei privati e della sfera della loro autonomia,che trova nell’art. 1322 c.c. la propria consacrazionenell’ambito del diritto civile, è facile desumere che ilnostro sistema giuridico è un sistema aperto, capacedi assorbire la multiforme varietà delle prassi nego-

ziali e saldare le umane aspirazioni all’ordinamentostesso.

La portata generale del principio di libertà con-trattuale, estesa alle ipotesi contrattuali non tipiz-zate purché tese a realizzare interessi meritevoli ditutela secondo l’ordinamento giuridico, e l’assenzadi ostacoli normativi, legittima la figura della desti-nazione patrimoniale che il singolo voglia impri-mere ai propri beni per la realizzazione di interessia sé confacenti, che siano meritevoli di tutela.

D’altra parte, l’esigenza di modernizzazione deldiritto milita nel senso del riconoscimento, da partedell’ordinamento giuridico, della destinazione pa-trimoniale, tant’è che il legislatore, pur non rite-nendo di emanare una norma di diritto sostanzialeuniforme, ne ha fatto applicazione in ambiti isolati,quali il fondo patrimoniale, l’accettazione dell’ere-dità con beneficio di inventario, la fattispecie dei pa-trimoni destinati introdotta con il diritto societarionovellato.

Con l’introduzione dell’art. 2645 ter c.c., si è rea-lizzata anche la possibilità di una destinazione op-ponibile.

La norma, che ha natura sostanziale (1), desumi-bile dalle specifiche regole fissate in tema di: forma(atto pubblico) - soggetti - oggetto - durata - merite-volezza dell’interesse che ha risolto anche il pro-blema della trascrivibilità dei negozi di destinazione,e non può certamente definirsi norma di semplicedisciplina della pubblicità.

Essa si muove quasi esclusivamente nell’ottica deiconflitti con i creditori del conferente e dell’affida-tario e i previsti scopi del vincolo di destinazionenon sono predeterminati dal legislatore, ma rimessiall’autonomia privata, sempreché superino il giudi-zio della meritevolezza degli interessi perseguiti.

L’art. 2645 ter cod. civ., pertanto, secondo autore-vole parte della dottrina, non fa altro che aggiungerema più esattamente chiarificare elementi discipli-nari (trascrivibilità, opponibilità della destinazione,segregazione, forma, tutela degli interessati, duratadella destinazione ecc.) della destinazione patrimo-niale (di fonte negoziale) per scopi meritevoli di tu-tela, da considerarsi già esistenti ed operanti nel si-stema italiano (2).

Sta di fatto, invero, che, come osservato dalla suc-citata dottrina, il nostro sistema normativo non puòessere sprovvisto di regolamentazione di fattispeciein senso lato atipiche o innominate, in forza diquanto previsto negli artt. 1322, comma 2°, 1323 e1324 c.c., che individuano nel Titolo II del libro IV ladisciplina-quadro di qualsiasi atto, a struttura con-trattuale o unilaterale, avente rilevanza giuridica(atto socialmente tipico): atti idonei a superare ilgiudizio di meritevolezza degli interessi con essiperseguibili.

Ne consegue la possibilità, nel nostro sistema, difare ricorso non solo alle norme sui contratti ma an-

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che alle norme sui singoli contratti (contratto dimandato, in primis) regolati dal Titolo III del LibroIV oppure da leggi speciali extracodicistiche; e, an-cora, alle norme sui singoli atti negoziali unilateraliavvicinabili agli atti di diritto straniero denominaticome trust, anch’essi regolati dentro o fuori dal co-dice civile; e ancora a figure, come il negozio fidu-ciario, contemplate sia in previsioni normative, siain ambito giurisprudenziale.

Così discorrendo, la fattispecie contemplata dal-l’art. 2645 ter va considerata come atto e non comemero effetto, e per fare ciò, è sufficiente un’attentalettura della legge.

Resta da chiarire il rapporto tra il negozio di de-stinazione con l’art. 2740 c.c.

Esso costituisce, infatti, il nodo dogmatico cen-trale della sua compatibilità con il sistema norma-tivo del nostro ordinamento giuridico.

Orbene, a tal proposito è d’uopo chiedersi se la se-parazione dei beni destinati allo scopo integra l’ipo-tesi normativa della limitazione della responsabi-lità, ed in caso affermativo se deve riconoscersi cheessa rientra nei casi consentiti dalla legge.

In rapporto a tanto, occorre fare una preliminareosservazione nel senso che, se è vero che l’art. 2740c.c. collega la responsabilità ai beni del soggetto, èpur vero che questo collegamento serve solo per

chiarire che la responsabilità patrimoniale coinvolgeil patrimonio, anche futuro, dell’obbligato, ma noncerto instaura un rapporto quantitativo tra l’entitàdella responsabilità e l’entità del patrimonio.

Ragionando diversamente tutti gli atti di aliena-zione e, più in generale, gli atti di disposizione do-vrebbero considerarsi come limitativi della respon-sabilità patrimoniale e ricadere sotto il divieto di cuiall’art. 2740 c.c.

La conclusione che ne discende, è che l’atto di de-stinazione allo scopo, malgrado debba comportarenecessariamente la separazione dei beni oggettodella destinazione dal restante patrimonio del de-stinante, non incide direttamente sulla responsabi-lità del soggetto dell’operazione e non si pone incontrasto con l’art. 2740 c.c., limitandosi ad esporrel’atto all’azione revocatoria (3).

Va da sé che non vi sono ostacoli normativi allaseparazione patrimoniale atipica di fonte negozialenel nostro ordinamento, in quanto, le regole opera-tive che disciplinano il contrasto con e tra i creditorinon sono desumibili dagli artt. 2740-2741 c.c., bensìdall’art. 2914 c.c., e, per quanto riguarda più specifi-camente i vincoli di destinazione, dagli artt. 2915 e1707 c.c.

Conseguentemente, la separazione dei beni desti-nati allo scopo rientra nei casi consentiti dalla legge,perché l’atto di destinazione integrato dall’intentodi separazione, tutte le volte che sia lo scopo sia le-

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cito e meritevole di tutela, rappresenta il legittimoesercizio dell’autonomia negoziale del soggetto, edè come tale meritevole di tutela giuridica.

Le considerazioni sopra rassegnate mutano la cor-nice metodologica nella quale si inserisce l’art. 2645ter c.c., precisandone la portata precettiva anchecon riferimento al fenomeno dell’auto-destinazionea carattere unilaterale, privo di effetti traslativi.

Su questi presupposti, l’art. 2645-ter c.c. si ponecome norma che tipizza il modello dell’atto, il cuicontenuto (VARIABILE) è lasciato all’autonomiadelle parti, purché si perseguano interessi merite-voli di tutela, sui quali vige il controllo ex post delgiudice onde assicurare il perseguimento della fina-lità antielusiva delle garanzie poste dall’ordina-mento.

Queste esigenze paiono essere state recepite dallagiurisprudenza più recente - Trib. Saluzzo 19.12.2012, che ammette l’atto di destinazione a strutturaunilaterale e, -tra le righe- anche Trib. Reggio Emi-lia 12.5.2014, che sottolinea l’importanza del ri-scontro di meritevolezza ai fini dell’ammissibilitàdel vincolo.

Sul punto, va preliminarmente evidenziato che, afronte delle dispute dottrinarie sulla natura unila-terale o contrattuale dell’atto di destinazione, unaparte condivisibile della dottrina e della giurispru-denza di merito ha affrontato il problema in terminidi versatilità della struttura, che potrebbe essereunilaterale ovvero bilaterale, inter vivos o mortiscausa, sul presupposto secondo cui, “proprio per lacentralità riconosciuta all'autonomia negoziale pri-vata, la locuzione impiegata all'inizio dell'articolo2645-ter cod. civ. deve, perciò, essere riferita al ge-nus dei negozi (atti e contratti) volti ad imprimerevincoli di destinazione ai beni, purché stipulati informa solenne; del resto, il successivo richiamo al-l'art. 1322, comma 2, c.c. dimostra che la norma con-cerne certamente anche i contratti” (Tribunale diReggio Emilia, 26 marzo 2007).

D’altra parte, anche ad avviso di chi scrive, lascelta da parte del legislatore del termine “atti”esprime una precisa presa di posizione in favoredella libertà di scelta da parte del destinante dellacategoria giuridica di iniziativa da adottare, in rela-zione alle circostanze e a seconda della causa con-creta perseguita. L’unico temperamento sostanzialeè costituito dal concorso del requisito della merite-volezza dello scopo, che esige una considerazionespecifica.

Ciò posto, viene in rilievo la quaestio iuris su cuiruota e si attesta il giudizio sulla ammissibilità del-l’atto auto-destinato unilaterale privo di effetti tra-slativi, della struttura dell’atto di disposizione: secioè, possa parlarsi di una destinazione statica o di-namica.

L’art. 2645-ter c.c., infatti, non attribuendo di persé al beneficiario alcun diritto reale sui beni desti-

nati, consente di conformare il diritto di proprietàdel destinante al perseguimento degli scopi desti-natori, indipendentemente da un coevo effetto tra-slativo in favore dell’attuatore della destinazione.

Sennonché il destinante potrà: 1. imprimere suuna parte dei propri beni un vincolo di destina-zione, mantenendo il potere gestorio degli stessi eassumendo su di sé anche il ruolo di attuatoredella destinazione; 2. imprimere su una parte deipropri beni un vincolo di destinazione e nominareattuatore un terzo, senza effetti traslativi della pro-prietà dei beni destinati, eventualmente accompa-gnando la nomina di un attuatore da un collegatocontratto di mandato con rappresentanza; 3. tra-sferire la proprietà dei beni destinati dall’attuatoree contestualmente imprimere sui beni trasferitiper gli scopi della destinazione un vincolo di de-stinazione.

Quanto a quest’ultima forma di destinazione, cd.traslativa, l’attuatore diviene formalmente titolaredi un diritto limitato nel tempo - vertendosi in unaipotesi di proprietà temporanea-.

Tale diritto, compresso dalla situazione di aspet-tativa del destinante e dalla correlativa situazionegiuridica soggettiva attiva facente capo al benefi-ciario, oltre che funzionalizzato al perseguimento diuno scopo, genera un effetto definito “conforma-tivo”, in quanto derivante dall’apposizione del vin-colo, che può essere revocato dal disponente solofino a che il beneficiario non ha dichiarato di vo-lerne profittare. L’effetto traslativo non è elementostrutturale dello stesso, ossia il negozio di destina-zione non nasce quale negozio attributivo - disposi-tivo, ma costitutivo di un vincolo.

Così discorrendo, il beneficiario della destinazionenon si deve considerare parte necessaria del nego-zio, atteso che la sua eventuale partecipazione al-l’atto ha valore di atto giuridico in senso stretto enon di manifestazione della volontà di accettare.

Se il trasferimento è un effetto solo eventuale del-l’atto, la struttura naturale del negozio delineatodall’art. 2645-ter c.c. è sempre unilaterale; non è ne-cessario l’intervento in atto del beneficiario, anzi“non è configurabile un contratto con il beneficia-rio, il quale non è tenuto ad un positivo atto di ac-cettazione, essendo sufficiente il mancato rifiuto daparte sua”(1). È quindi un negozio unilaterale nonrecettizio che può essere revocato dal disponentesolo fino a che il beneficiario non abbia dichiaratodi volerne profittare; la sua eventuale partecipa-zione all’atto, infatti, potrebbe soltanto essere fina-lizzata ad una presa di consapevolezza della desti-nazione in suo favore e non alla manifestazione divolontà di accettare. In altri termini, il beneficiariodella destinazione non si deve considerare parte ne-cessaria del negozio.

L’effetto traslativo non è elemento strutturaledello stesso, giacchè il negozio di destinazione non

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nasce quale negozio attributivo-dispositivo, ma co-stitutivo di un vincolo.

Tuttavia l’atto può essere accompagnato dal tra-sferimento della proprietà del bene: se viene consi-derato strumentale al perseguimento dello scopo, iltrasferimento della proprietà a favore dell’attuatoresarà sorretto dalla causa destinatoria. In caso con-trario, il trasferimento potrà avvenire sia nei con-fronti del beneficiario, sia dell’attuatore e sia delterzo, ma in ogni caso dovrà essere sorretto da unacausa autonoma.

Quest’ultima sarà l’ipotesi nella quale è necessa-ria la bilateralità dell’atto poiché l’effetto traslativola presuppone ai sensi dell’art. 1376 c.c.

La destinazione, infatti, pur continuando a mante-nere la propria natura unilaterale, può essere inseritain un contesto più ampio; questa si presenta qualeoperazione giuridica unitaria, ma complessa: la de-stinazione avviene contestualmente alla costituzionedel vincolo, ma conserva la sua autonomia nel sensoche saranno due atti collegati tra loro; il primo aventestruttura unilaterale con causa destinatoria, mentrel’altro bilaterale con efficacia traslativa.

In conclusione, il riferimento al parametro costi-tuito dagli “interessi meritevoli di tutela (…) ai sensidell’art. 1322, secondo comma” costituisce il fulcrodella disciplina introdotta dall’art. 2645 ter c.c. ed èil perno sul quale si muove l'autonomia privata nelbilanciamento con gli interessi dei terzi, la sicu-

rezza della circolazione e la tutela dei creditori. At-traverso questo requisito e il conseguente vaglio ri-goroso della sua sussistenza, è possibile porre unconcreto argine all’uso elusivo e/o strumentale del-l’istituto.

Orbene, se il giudizio di meritevolezza passa at-traverso la rilevanza costituzionale del diritto che vatutelato, è soprattutto il diritto di famiglia la mate-ria nella quale il vincolo di destinazione si fa espres-sione del più ampio spazio lasciato all’autonomiaprivata nella tutela dei valori di rilevanza costitu-zionale, e si propone, rispetto ad altri istituti tipici,in chiave alternativa e, in molti casi, risolutiva, oltreche “deflattiva” del contenzioso.

Nella mia esperienza professionale ho ritenuto,sulla scorta delle convinzioni maturate, di inserirenell’accordo a seguito di procedimento ex art. 316 IVcomma e 337 bis c.c., relativo a figli nati fuori dalmatrimonio, un atto auto-destinato unilaterale eprivo di effetti traslativi, con cui i genitori di una mi-norenne si obbligavano a costituire sulla casa fami-liare un vincolo di destinazione alle esigenze di stu-dio e/ o abitative della figlia, con previsione ulterioreche in caso di vendita dell’immobile, il ricavato do-vesse essere utilizzato per i medesimi fini, in virtùdel vincolo imposto.

Il Tribunale di S. Maria C.V., contrariamente aquanto statuito con la sentenza datata 20.12.2013,nella quale il Giudice dell’esecuzione del medesimo

OPINIONI

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Tribunale, nel pronunciarsi in ordine ad una oppo-sizione all’esecuzione, fondata, tra le altre, sulla esi-stenza di un vincolo di destinazione unilaterale, sti-pulato per atto pubblico e trascritto anteriormenteal pignoramento sui beni oggetto di esecuzione,aveva affrontato e risolto negativamente il problemadella idoneità dell’auto-destinazione unilaterale aprodurre un effetto di separazione patrimoniale op-

ponibile ai creditori, sovvertiva il proprio orienta-mento e con provvedimento reso in camera di con-siglio in data 16.01.2015, così disponeva: “Il Tribu-nale, considerato che l’accordo è conforme alla di-sciplina legislativa e conveniente, dispone che i rap-porti tra i genitori e la figlia minore Gaia siano re-golati in conformità del detto accordo. Spese com-pensate”.

OPINIONI

1) M. Bianca- M. D’Errico- A. De Donato- C. Priore: L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter del codice civile, Milano, 2006.

2) L. Gatt: Il trust Italiano. La nullità della clausola di rinvio alla legge straniera nei trust interni, in La nuova Giurisprudenzacivile commentata- 11.11.2013- CEDAM

3) Trib. Velletri 29/6/2005

4) 1 MORACE PINELLI A., Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, cit., p. 225 il quale evidenzia come la pre-senza nel nostro ordinamento di una pluralità di negozi unilaterali tipici idonei a produrre una modificazione dell’altrui sferagiuridica sia espressione di un più generale principio secondo il quale un negozio unilaterale a titolo gratuito può integrare ilpatrimonio altrui, salva la possibilità di rifiuto concessa al terzo.

5) l’art. 2645-ter c.c. – non attribuendo di per sé al beneficiario alcun diritto reale sui beni destinati - abbia il significato diconsentire sul piano effettuale l’esercizio di un potere negoziale di conformazione del diritto di proprietà del destinante, mo-dellandolo per il perseguimento degli scopi destinatori indipendentemente da un coevo effetto traslativo in favore dell’at-tuatore della destinazione. Pertanto il destinante potrà, a seconda dei casi: - imprimere su una parte dei propri beni un vin-colo di destinazione, mantenendo il potere gestorio degli stessi e assumendo su di sé anche il ruolo di attuatore della desti-nazione; - imprimere su una parte dei propri beni un vincolo di destinazione e nominare attuatore un terzo, senza effetti tra-slativi della proprietà dei beni destinati, eventualmente accompagnando la nomina di un attuatore da un collegato contrattodi mandato con rappresentanza; - trasferire la proprietà dei beni destinati dall’attuatore e contestualmente imprimere sui benitrasferiti per gli scopi della destinazione un vincolo di destinazione […] L’attuatore, in caso di destinazione traslativa, divieneformalmente titolare dei beni destinati, ossia titolare di un diritto limitato nel tempo,compresso dalla concorrente situazionedi aspettativa spettante al destinante e dalla correlativa situazione giuridica soggettiva attiva facente capo al beneficiariononché funzionalizzato al perseguimento di uno scopo: un effetto, dunque, definito “conformativo” che deriva dall’apposizionedel vincolo, concorrente con il coevo effetto traslativo”.

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Esclusiva per i soci, è uscito il secondoquaderno della Scuola di formazione dell’Osservatorio sul diritto di famiglia

a cura di Claudio Cecchella e Mauro Paladini

La riforma della filiazioneProfili sostanziali e processuali2° quaderno della Scuola di formazionedell’Osservatorio sul diritto di famiglia

ITINERARI LEGISLATIVI

Alla legge n. 219 del 2012 è seguito il decreto legislativo n. 154 del 2013, con il quale è stata data attuazione alla delega contenuta nel primo testo, portando il legislatore a compimento la generale sistemazione e coordinamento delle norme del codice civile sullo status unitario di figlio. Si è perciò reso opportuno un ripensamento dei contributi offerti in occasione del primo Quaderno di commento e una più ampia espressione dei contributi con l’apporto di nuovi Au-tori sui profili sostanziali e processuali della riforma. Si sono così misurati con le nuove norme Paladini, Renda, Al Mureden, Bardaro, per gli aspetti sostanziali, e Cecchella, Savi, Vecchio e Paladini, per gli aspetti processuali, questi ultimi ancora bisognevoli di quella sistemazione e coordinamento che invece ha contraddistinto i primi.La Scuola dell’Osservatorio e i curatori del volume offrono così a studiosi e operatori uno stru-mento di prima interpretazione critica e l’occasione di un dibattito.

Potete acquistare il volume inviando il coupon compilato al fax 050.7849830 o contattare direttamente l’editore: tel. 388.9289273; [email protected]

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