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Pietro sintesi biografica
BIOGRAFIA DELL’APOSTOLO PIETRO
Testo di Silvio Caddeo
Nel principio della sua vita pubblica, Gesù scelse i dodici apostoli, fra i
quali vi erano pure Simone Pietro ed il fratello Andrea (Mar 1:16. Gio
13:18; 15:16, 19). Sappiamo da Gesù che Simone Pietro era figlio di
Giona (Mat 16:17) e possiamo presumere che lo fosse anche il fratello
Andrea. Ben presto, Pietro si fece notare per certe particolari azioni ed
affermazioni, questo sia nel bene che nel male.
Tuttavia, in seguito Pietro crebbe e divenne veramente un apostolo
esemplare. Di Pietro possiamo dire che divenne anche lui, come tutti i
credenti seri, una delle pietre viventi della chiesa (1 Pie 2:4-8), una
istituzione divina che si basa sempre ed inequivocabilmente su Gesù la
vera pietra Angolare scartata o rifiutata dai costruttori maldestri o
incompetenti (1 Pie 2:7-8), sulla quale si basa da sempre l’edifico
spirituale della Chiesa di Dio (Efe 2:20-22).
MATTEO 14:28-31
Mentre erano sulla barca nel lago di Galilea, detto pure mare, Gesù
aveva iniziato a camminare sull’acqua stupendo i suoi discepoli che
assistevano increduli a quello che stavano vedendo. In quel momento,
Pietro fu il primo a reagire. Infatti, egli aveva parlato per primo e voleva
per primo imitare Gesù, ma subito poi egli aveva dubitato e per questo
egli stava affondando nell’acqua (Mat 14:28-31). L’iniziativa che
avrebbe dovuto essere un successo per Pietro, in rispetto agli altri meno
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pronti ad intervenire ed a camminare sull’acqua come Gesù, si era
trasformata invece in un grosso fiasco per lui.
MATTEO 16:15-16.
Dopo essere stato scelto come uno dei dodici apostoli da Gesù ed avere
partecipato alle nozze di Cana ed avere visto il miracolo dell’acqua
mutata in vino (Giov 2:1- 11), uno dei principali meriti di Pietro è di
essere stato il primo, rispondendo alla domanda di Gesù, a riconoscerlo
per quello che era quando rispose: “Tu sei il Cristo, il Figlio dell’Iddio
Vivente” (Mat 16:15-16).
Diciamo che quella di Pietro fu senza dubbio un’affermazione
magnifica, che Gesù aveva di certo apprezzato, ma questo non significa
affatto che lo fece il principe degli apostoli o un papa o un sommo
pontefice, come il clero dal Medioevo a sproposito va dicendo.
MATTEO 16:17-18
A Pietro che lo aveva per primo riconosciuto come il Cristo, Gesù aveva
affermato: “Tu sei beato o Simone, figli di Giona, perché non la carne ed
il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. Ed io
altresì ti dico: Tu sei Pietro (greco - petros) e su questa pietra (greco -
petra) edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades (greco - adou) non la
potranno vincere” (Mat 16:17-18).
Qui sarebbe inutile di dire che questo è il passo più complicato del
Vangelo ed il passo più conosciuto e più manipolato dal Cattolicesimo
trionfante. Infatti, su questo passo la gerarchia cattolica vi ha costruito
un nuovo impero romano pseudo-spirituale, cioè quello che si giustifica
presentando Pietro come il principe degli apostoli, come il primo papa o
il primo sommo pontefice.
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Secondo certi oppositori al primato petrino, in questo caso Gesù non
avrebbe stabilito la sua chiesa su Pietro (greco - petros), cioè su d’un
sasso o un sassolino mobile, ma piuttosto sulla sua fede di Pietro forte
come una grossa pietra o un macigno o una roccia amovibile (greco -
petra).
Tuttavia, questa interpretazione non è del tutto vera o sicura come si
pensa, ma è piuttosto discutibile o addirittura fasulla perché, subito poi,
Gesù aveva rimproverato Pietro e lo aveva chiamato Satana (Mat 16:23).
Quando Gesù fu arrestato, subito poi per ben tre volte, Pietro aveva
negato di conoscere Gesù (Mat 26:34, 69-75). Inoltre, quando era ad
Antiochia, Pietro aveva simulato di non conoscere i fratelli di origine
gentile e fu severamente rimproverato da Paolo (Gal 2:11-14).
Ragione per la quale, cercando di non perdere l’esatta proporzione delle
cose, non si può dire che la fede di Pietro, in quel momento preciso,
quando stava dialogando con Gesù, fosse veramente così forte da
costruirci sopra la chiesa intera, che è anche la famiglia di Dio e che
dovrebbe essere la colonna che sostiene la Verità (1 Tim 3:15). Non
possiamo comunque negare che la fede di Pietro sarebbe cresciuta in
seguito, ma non si può dire con certezza che sarebbe divenuta
straordinariamente più forte di quella degli altri.
Partendo dal presupposto che Gesù sia veramente Dio e che come Dio
Egli avesse conosciuto pure il futuro, quello che sarebbe successo in
seguito nella storia della sua chiesa, certi si domandano perché Gesù
avrebbe parlato in tale modo di Pietro sapendo che un giorno tale passo
sarebbe stato utilizzato per stabilire il potere del papato romano!?
Vi sono altri i quali ritengono che tale passo non facesse parte del testo
originale di Matteo, ma che fu aggiunto in seguito dal clero nel III
secolo d.C. per giustificare l’episcopato monarchico ed in seguito il
papato romano. Tuttavia, io ritengo che la soluzione in questo
complicato dilemma esegetico stia piuttosto nel versetto 23 che segue,
dove io ho spiegato il genere letterario mediorientale.
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MATTEO 16:19
Sempre a Pietro che lo aveva per primo riconosciuto come il Cristo,
Gesù aveva inoltre aggiunto: “Io ti darò le chiavi del regno dei cieli;
tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che
avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli” (Mat 16:19).
Qui bisogna tenere presente che, in seguito, Gesù aveva esteso tale
autorità di rimettere i peccati anche agli altri dirigenti della chiesa in
generale: “Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete legato sulla
terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolto sulla
terra, saranno sciolte in cielo” (Mat 18:18).
Gesù risorto, prima di salire in cielo, aveva detto in particolare agli
apostoli: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete,
saranno ritenuti” (Gio 20:23).
Ragione per la quale, non vi era alcuna superiorità di Pietro sugli altri
apostoli e se vi fu, lo fu solo temporaneamente. Ricordo inoltre che papa
Bergoglio non centra affatto in tutto questo.
Ai nostri giorni, gli apostoli non sono più viventi fra noi, ma abbiamo
come guida il Vangelo scritto che tutti dovrebbero seguire. Per quanto
riguarda l’autorità di rimettere i peccati, tale autorità rimane ai dirigenti
o ai leader di ogni congregazione locale che sono fedeli, ovvero ovunque
due o tre sono riuniti nel nome del Signore, per mettere in pratica il
Vangelo (Mat 18:18-20).
MATTEO 16:21-23.
Per capire quella che dovrebbe essere stata l’esatta posizione o
collocazione di Pietro nella struttura della prima chiesa in rispetto agli
altri apostoli ed a tutta la Cristianità, dobbiamo leggere attentamente
quanto segue subito dopo al plauso o all’ovazione ch’egli aveva ricevuto
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poco prima da Gesù: “Da quell’ora Gesù cominciò a dichiarare ai suoi
discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose dagli
anziani, dai capi sacerdoti e dagli scribi, ed essere ucciso e risuscitare il
terzo giorno. E Pietro, trattolo da parte, incominciò a rimproverarlo,
dicendogli: Tolga ciò Iddio, Signore; questo non ti avverrà mai. Ma
Gesù, rivoltosi disse a Pietro: Vattene via da me, Satana: tu mi sei di
scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli
uomini” (Mat 16:21-23).
Vediamo quindi che quel Gesù che poco prima aveva detto a Pietro: “Su
questa pietra edificherò la mia chiesa” (Mat 16:17), che al contrario
subito dopo lo aveva severamente corretto o censurato, perché lo aveva
paragonato a Satana, cioè aveva aggiunto: “Vattene via da me, Satana: tu
mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose
degli uomini” (Mat 16:23). Infatti, in quella particolare circostanza,
Pietro che aveva riconosciuto in Gesù il Cristo ed aveva ricevuto il suo
plauso, subito poi si era reso colpevole di forzare la mano del Divino
Maestro, una cosa questa che nessuno ha il diritto di fare.
Se con l’affermazione di Mat 16:17 e seguenti, Gesù avesse voluto
veramente dare un’autorità speciale a Pietro, fare di lui il capo
incontestato della Chiesa Cristiana, il papa, il sommo pontefice per tutta
la Cristianità del tempo, in tale caso, subito poi, il Divino Maestro
assolutamente non lo avrebbe cacciato via come un diavolo tentatore e
non lo avrebbe chiamato Satana (Mat 16:23).
Per capire questo strano modo di parlare di Gesù, che portava il discorso
agli estremi, molto diverso dal nostro modo d’esprimerci di noi
occidentali, bisogna tenere presente che nella letteratura mediorientale
del tempo, vi era la tendenza di esprimere dei concetti semplici
attraverso dei contrasti o delle esagerazioni (Mar 9:42-47).
Fra questi strani passi, dove il discorso di Gesù è portato veramente
all’estremo, ben oltre la nostra mentalità, voglio ricordare il seguente
esempio: “Se uno viene a me e non odia suo padre, e sua madre, e la
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moglie, e i fratelli, e le sorelle, e persino la sua propria vita, non può
essere un mio discepolo” (Luc 14:26).
Ritornando sul nostro soggetto principale, cioè quello sul primato
erroneamente attribuito a Pietro, possiamo quindi dire che Pietro non è
veramente la pietra della chiesa come dicono i preti, perché in realtà la
vera pietra della chiesa è sempre e solo Gesù Cristo, cioè la pietra
angolare dell’edificio spirituale che i costruttori all’inizio avevano
scartato (1 Pie 2:4, 6-8). Si tenga presente che questo principio è
chiaramente confermato sia da Paolo (Efe 2:20) che dallo stesso Pietro
(1 Pie 2:4, 6-8). Allo stesso tempo, Pietro non era veramente Satana
come sembrava letteralmente affermare Gesù, ma in quel preciso
momento l’apostolo si era soltanto fatto tentare o sedurre o impossessare
dal Diavolo.
Ricordiamo che colui che aveva momentaneamente spinto Pietro a
commettere tale serio errore, cioè quello di reagire o di forzare la mano
di Gesù, non poteva essere stato che il Diavolo, perché in realtà Dio non
tenta nessuno (Gia 1:13).
MATTEO 17:4
Al momento della trasfigurazione di Gesù sull’alto monte, Pietro aveva
parlato a vanvera, perché si era proposto subito di costruire tre tende sul
monte, una per Gesù, una per Mosè ed una per Elia (Mat 17:4). Colpito
per quell’evento straordinario che stava accadendo sull’alto monte, del
quale era testimonio, evidentemente, Pietro voleva rendersi utile, ma tale
sua proposta era fatta fuori tempo e fuori posto. Questo dimostra
chiaramente che Pietro non capiva subito bene certe cose superiori che
riguardavano il regno di Dio. Ricordiamo quello che Gesù gli aveva
detto in precedenza: “Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle
cose degli uomini” (Mat 16:23).
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GIOVANNI 6:67-68.
In seguito, in un momento di crisi, mentre molti lasciavano delusi, Gesù
disse agli apostoli: “Non ve ne volete andate anche voi?” (Gio 6:67). In
quella circostanza, Pietro rispose: “Signore, a chi ce ne andremo noi? Tu
hai parole di vita eterna” (Gio 6:68).
MATTEO 26:34
Alla fine del banchetto pasquale a Gerusalemme, Gesù aveva iniziato a
rivelare ai suoi discepoli quello che stava accadendo, che dopo il suo
arresto essi sarebbero stati dispersi, ma Pietro aveva rassicurato Gesù
che sebbene gli altri lo avrebbero tradito, egli personalmente non lo
avrebbe mai tradito. In quell’istante Gesù ancora lo corregge dicendogli:
“In verità ti dico che questa stessa notte, prima che il gallo canti, tu
Pietro mi rinnegherai tre volte” (Mat 26:34).
GIOVANNI 18:10-11
Subito poi Pietro voleva provare di non essere proprio male o come
quello che lo aveva definito Gesù e si era preparato o attrezzato per il
peggio. Così, nel momento che Gesù stava per essere arrestato, Simone
Pietro aveva prontamente reagito.
Avendosi procurato una spada, Pietro l’aveva estratta ed aveva percosso
il servo del sommo sacerdote, e così gli aveva reciso l’orecchio destro.
Vediamo invece che Gesù non aveva per nulla approvato tale violenza di
Pietro e gli aveva detto: “Rimetti la spada nel fodero; non berrò io il
calice che il Padre mi ha dato?” (Gio 18:11). Ancora, Gesù aveva detto:
“Riponi la spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada,
periscono di spada” (Mat 26:52).
Evidentemente, se i discepoli di Gesù avessero seguito quanto aveva
detto Gesù, essi non avrebbero potuto divenire dei “Crociati” per
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liberare il sepolcro di Cristo a Gerusalemme dagli infedeli e nemmeno
arruolarsi volontari nel corpo americano dei “Marines” per salvare la
democrazia dal comunismo negli altri paesi del mondo.
MATTEO 26:69-75
Poiché Gesù si era lasciato arrestare senza reagire, apparentemente
Pietro vi era rimasto molto male, era completamente deluso e forse si era
sentito persino tradito dal Divino Maestro. Questo spiegherebbe quello
che segue: “Pietro, intanto, stava seduto fuori nella corte; e una serva gli
si accostò, dicendo: Anche tu eri con Gesù il Galileo. Ma egli lo negò
davanti a tutti, dicendo: Non so quel che tu dica. E come uscì fuori
nell’antiporto, un’altra lo vide e disse a coloro che erano quivi: Anche
costui era con Gesù Nazareno. Ed egli daccapo lo negò giurando: Non
conosco quell’uomo. Di lì a poco, gli astanti, accostatisi, dissero a
Pietro: Per certo tu pure sei di quelli, perché anche la tua parlata ti dà a
conoscere (parlava come un galileo). Allora egli incominciò a imprecare
ed a giurare: Non conosco quell’uomo! E in quell’istante il Gallo cantò.
E Pietro si ricordò della parola di Gesù che gli aveva detto: Prima che il
gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte. E uscì fuori, pianse amaramente”
(Mat 26:69-75).
Spiace molto vedere quanto traballante fosse stato Pietro, a quel tempo,
perciò assolutamente sbagliano quelli che, commentando Mat 16:18,
affermano con certezza che Gesù avrebbe stabilito la sua chiesa sulla
fede di Pietro che già allora sarebbe stata solida come un macigno o
come una roccia. Vediamo qui invece che non era affatto vero e che
lasciava molto a desiderare. Diceva giustamente il profeta: “Maledetto
l’uomo che confida nell’uomo” (Ger 17:5).
GIOVANNI 20:6.
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Saputo dalla donna, Maria Maddalena, che Gesù non era più nella
tomba, ma che era risorto, Pietro corse, entrò nel sepolcro, vide i
pannolini giacenti ed il sudario che era stato sul capo di Gesù (Gio 20:6).
Nella tomba scavata nella roccia alla periferia di Gerusalemme, vi erano
dei pannolini ed un piccolo sudario per coprire il volto di Gesù.
Nella tomba originale non vi era quindi il grande sudario di Gesù con
impressa l’intera figura del suo corpo come nel fantomatico sudario a
Torino. Ragione per la quale, la supposta sacra sindone di Torino, tanto
decantata dai preti e venerata da molti creduloni, si tratta semplicemente
d’un falso utilizzato dal clero per imbrogliare il popolino.
Che la sindone di Torino sia un falso non è solo una opinione personale,
ma è stato confermato anche dalla prova all’uranio radiativo, con la
quale è stato dimostrato che tale sindone si tratta d’un tessuto non del
primo secolo, ma d’un periodo molto più tardivo.
GIOVANNI 21:7.
Dopo la pesca miracolosa, i discepoli riconobbero che il personaggio che
li aveva invitati a gettare le reti era proprio il Signore Gesù risorto, e
“Simone Pietro, udito che era il Signore, si cinse il camiciotto, perché
era nudo, e si gettò nel mare (o lago di Galilea)” (Gio 21:7).
Evidentemente, a quel tempo, i discepoli del Signore non ci tenevano
molto alla formalità, all’etichetta, al tipo di vestito o all’abito talare ed
alla stola o alla mitra, e Pietro addirittura aveva superato ogni limite
perché era nudo.
Nel passato, si è parlato molto sulla fiaba de “Il Re Nudo”, nudo come
Pietro, ed a me piace un mondo pure quella fiaba su “Il Papa-Re Nudo”,
che non si rendeva conto di essere stato più nudo di Pietro, perché il suo
modo di fare e d’insegnare non aveva alcun supporto o copertura
dottrinale nel Vangelo.
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GIOVANNI 21:15-19.
Dopo essere risorto, Gesù era apparso prima ad una donna, non a sua
madre Maria, ma a Maria Maddalena (Gio 20:16-18), poi agli undici con
i quali aveva dialogato spiegando loro cosa sarebbe accaduto in seguito
(Mat 24:36-49. Mar 16:14-16). In quell’ultima occasione, Gesù aveva
dato agli undici la stessa facoltà di rimettere i peccati (Gio 20:23),
mentre all’inizio sembrava che l’avesse data solo a Pietro (Mat 16:19).
Nel procinto di partire e di salire al cielo, Gesù aveva avuto un dialogo
diretto con Pietro (Gio 21:15-19), durante il quale lo aveva messo alla
prova, chiedendogli se lo avesse veramente amato più degli altri come
egli aveva spavaldamente affermato in precedenza (Mat 26:34).
Mettendo Pietro alla prova, Gesù gli aveva domandato, per ben tre volte,
se lo amava o se gli voleva bene. Gesù aveva chiesto questo a Pietro per
tre volte perché in precedenza, quando Gesù era stato arrestato, per ben
tre volte Pietro aveva negato di conoscerlo (Luc 22:54-62).
Quanto Gesù aveva detto a Pietro, nel suo ultimo dialogo con lui, è stato
purtroppo forzato o male interpretato o storpiato o strascicato, dai
teologi cattolici, perché essi hanno erroneamente visto in esso come un
ulteriore conferimento di una particolare autorità a Pietro sugli altri
apostoli. I preti hanno fatto molto leva sul fatto che, in tale ultimo
dialogo, Gesù aveva ripetuto per tre volte a Pietro: “Pasci le mie pecore
o pecorelle” (Gio 21:15-19), ma evidentemente si tratta d’un grosso
errore d’interpretazione.
Abbiamo già visto che, cercando di ricuperare Pietro dal suo precedente
triplice diniego di conoscerlo o dal celebre triplice tradimento che ha
fatto molto scalpore (Luc 22:54-62), Gesù gli aveva detto in privato per
ben tre volte: “Pasci le mie pecore” (Gio 21:15-19). Notiamo che con
tale affermazione, Gesù intendeva semplicemente accettare nuovamente
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Pietro pentito, che aveva imparato la severa lezione, e così rintegrarlo
definitivamente fra gli apostoli.
Tutto qui sembrerebbe chiaro, chiarissimo, tuttavia, per esaltare anche in
questo caso il primato di Pietro, cioè a sproposito, i preti hanno isolato
tali parole di Gesù “Pasci le mie pecore” da tutto il resto del discorso e
hanno fatta scrivere tale frase mozza in grande caratteri pure all’interno
della mastodontica Basilica di San Pietro, a Roma, dove passano milioni
di turisti, travisando interamente il significato originale di tale celebre
invito del Divino Maestro e confondendo così un grande numero di
persone.
É sintomatico che nel dialogo che avrebbe dovuto costituire la semplice
riabilitazione di Pietro (Gio 21:15-19), il quale aveva precedentemente
rinnegato Gesù per ben tre volte (Luc 22:54-62), che i preti abbiano
invece cercato di costruirci sopra il primato petrino e tutto quello che
segue tale eresia, cioè il papato. Diciamo che peggio di così i preti non
avrebbero potuto fare!
Ci rendiamo conto dunque che se uno malintenzionato o un miscredente
incallito vuole forzare o torcere o strascicare o interpretare male un
qualsiasi passo scomodo, per quanto sia chiaro quel brano, con l’aiuto
del Diavolo, egli può sempre cambiarne il significato in qualsiasi caso.
Infatti, riducendo tale affermazione giusto ad una frase mozza, isolata
dal suo contesto letterario, egli poi può costruirci sopra tutto quello che
vuole, ma lo fa a sua perdizione.
Noi sappiamo invece che se in tale dialogo Gesù intendeva veramente
dare a Pietro una particolare autorità sui suoi colleghi, qualcosa che non
era stata compresa bene prima da tutti, cioè farlo salire ulteriormente di
grado nel rango della gerarchia ecclesiastica, come il capo supremo o
assoluto degli apostoli come ci dicono i preti, allora non si capirebbe
bene del perché Pietro si sia rattristato (Gio 21:17). Evidentemente,
Pietro aveva capito che, con quelle tre domande, Gesù non lo stava
premiando o innalzando ma semplicemente rimproverando e c’è da
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sperare che questo, un giorno non troppo lontano, lo capiscano anche i
preti o che la smettano di fingere di non capirlo.
Poiché tale ultimo dialogo fra Gesù e Pietro era avvenuto in privato,
quindi non si capirebbe bene perché Gesù avrebbe affermato questo in
disparte con solo presente Pietro. In poche parole, non si capirebbe
perché Gesù non avrebbe conferito tale autorità a Pietro alla presenza
almeno dei suoi colleghi di lavoro, cioè con quelli che avrebbero dovuto
divenire i suoi diretti subalterni, in modo che poi nessuno avrebbe
frainteso qualcosa o che avrebbe osato contestare l’autorità del nuovo
“principe” degli apostoli. Evidentemente, non era nell’intenzione di
Gesù di costituire un principe degli apostoli perché se fosse stato così lo
avrebbe detto chiaramente.
Cercando di essere seri, dobbiamo riconoscere che in quel preciso
momento non vi era in Gesù alcuna intenzione d’innalzare Pietro, di
conferirgli un’autorità gerarchica in più, particolare o superiore agli altri
apostoli, ma che lo voleva semplicemente aiutare, riabilitare come prima
fra gli apostoli o come uno di loro, cioè che Pietro poteva essere
nuovamente considerato un servitore affidabile.
Infatti, da che il mondo è mondo, nessuno in carica offre una
promozione ad un suo collaboratore in segreto senza mettere al corrente
anche gli altri del gruppo di lavoro, cioè quelli che dovrebbero accettare
tale nomina, che da quel momento in poi dovrebbero, in qualche modo
dipendere dalle sue decisioni.
Diciamolo chiaramente, se l’intenzione di Gesù fosse stata di creare
veramente una gerarchia ecclesiastica nella chiesa con a capo Pietro,
evidentemente, egli avrebbe intrapreso un procedimento piuttosto
insolito e del tutto controproducente che avrebbe potuto creare molta
confusione.
Evidentemente, nella falsa interpretazione dei preti su questo famoso
brano (Gio 21:15-17, sorgono numerose contraddizioni. Per tale ragione,
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è giusto ribadire che, in tale dialogo, Gesù aveva semplicemente corretto
e recuperato Pietro, che in precedenza, alcuni giorni prima, aveva detto
di non conoscerlo (Luc 22:54-62). Un fatto questo molto grave per un
apostolo di Gesù, che evidentemente aveva una fede ancora traballante o
semplicemente in formazione.
Faccio notare che il rimprovero che Gesù aveva fatto a Pietro in privato
(Gio 21:15-17) è stato poi riportato pure nel Vangelo, affinchè tutti
potessero leggerlo, perché nel primo secolo le crisi interne della chiesa,
anche quelle fra gli alti dirigenti, non si risolvevano nelle segrete del
Vaticano sempre a porte chiuse, questo perché quelli che predicano la
Verità devono fare tutto alla luce del sole.
ATTI 2:37.
Nel giorno della Pentecoste, ai sui connazionali che si sentivano
compunti nel cuore per la morte di Gesù, perché essi avevano
specificatamente chiesto di crocifiggerlo: “Pietro rispose “Ravvedetevi e
ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remissione
dei vostri peccati” (Atti 2:38).
Dobbiamo aggiungere che il messaggio di Pietro era indirizzato
particolarmente a dei Giudei ed a dei proseliti che si sentivano
fortemente colpevoli, i quali era abituati alle immersioni o ai lavacri
nell’acqua delle conche di rame nel tempio ebraico (1 Re 7:23-26. 2 Cro
4:2-5). Tuttavia, dobbiamo riconoscere che nella fede cristiana non è
solo con il battesimo o l’immersione che si rimettono i peccati, ma anche
con la fede, cioè con la conversione, il ravvedimento ed il buon
comportamento in vista del regno dei cieli (Atti 13:48; 15:9; 16:30-31;
26:17-18. Rom 1:17. Efe 2:8. Giuda 20-24).
ATTI 3:6.
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Alla persona disabile che gli aveva domandato l’elemosina, Pietro aveva
risposto: “Dell’argento e dell’oro io non ne ho, ma quello che ho, te lo
do: Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina” (Atti 3:6).
Faccio notare che allora Pietro poteva dire due cose alla persona disabile
che adesso papa Bergoglio assolutamente non può dire. La prima:
“Dell’argento e dell’oro io non ne ho”. Infatti, papa Bergoglio possiede
una banca, lo Ior, e un grande tesoro in oro argento che tutti possono
ammirare a pagamento. La seconda: “Nel nome di Gesù Cristo il
Nazareno, cammina”. Infatti, papa Bergoglio presentemente non è in
grado di fare dei miracoli.
Non essendo un papa e nemmeno un sommo pontefice, evidentemente,
Pietro viveva povero come Gesù (Mat 8:20) ed aveva allora l’autorità di
fare certe cose straordinarie che il papa oggi non può, ch’egli neppure si
sogna di fare. Viene quindi da chiederci che sorta di successore di Pietro
egli sia veramente?
ATTI 4:10-12
Ai capi giudei del sinedrio che avevano interrogato Pietro e Giovanni in
nome di chi essi avevano fatto certe cose, Pietro aveva risposto che il
nome di Gesù Cristo è il solo nome dato sotto il cielo per il quale i
credenti sono salvati (Atti 4:10-12). Se ascoltiamo attentamente come
parla papa Bergoglio, detto pure papa Francesco, ci rendiamo subito
conto che egli non ha capito che quello di Gesù Cristo è l’unico nome
che ci è stato dato per il quale noi possiamo essere salvati, perché egli
parla più spesso della Madonna che di Gesù.
Evidentemente, Bergoglio non ha capito quanto aveva affermato in
merito anche Paolo: “Poiché v’è un solo Dio ed anche un solo mediatore
fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (1 Tim 2:5).
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ATTI 4:19.
Ai capi giudei del Sinedrio che con minacce avevano proibito a Pietro e
a Giovanni di parlare ancora in nome di Gesù, Pietro aveva risposto:
“Giudicate voi se è giusto, nel cospetto di Dio, di ubbidire a voi anziché
a Dio” (Atti 4:19). Succede spesso a dei credenti di dovere scegliere, fra
ubbidire a Dio o agli uomini e spesso certi preferiscono mettersi dalla
parte di quelli che hanno il potere in questo mondo.
ATTI 5:5-10
Quando la prima Chiesa Cristiana fu stabilita, il giorno della Pentecoste,
non a Roma ma a Gerusalemme, seguì subito un periodo di grande
entusiasmo fra i credenti o quasi un esagerato fervore religioso, al punto
che molti membri vendevano pure le loro proprietà per sovvenzionare
una vita comune per tutti (Atti 2:42-47), dove tutti avevano il necessario
per vivere piamente (Atti 4:32-37) ed apparentemente pochi lavoravano
abbastanza per rendersi finanziariamente indipendenti. Questo avveniva
mentre i credenti pregavano alacremente aspettando come imminente il
ritorno di Gesù nel suo regno (1 Tes 4:13-18).
Infatti, fra i primi cristiani a Gerusalemme, vi era allora la strana idea
che il Signore sarebbe ritornato in quella generazione, prima che fossero
morti quelli che avevano trafitto o crocifisso Gesù (Apo 1:7). Purtroppo,
fra tanta euforia religiosa avvenne il primo imbroglio nella chiesa del
Signore. Questo avvenne perché Anania e Saffira, due coniugi, si erano
accordati fra di loro, nella vendita della loro casa, per dare ai fratelli e
sorelle l’impressione di avere dato tutto alla congregazione, cioè di
essere più spirituali di quanto essi lo fossero in realtà. Perciò, a causa
della inaccettabile simulazione o della messa in scena, essi vennero
severamente rimproverati da Pietro e ne subirono le dure conseguenze
perché morirono all’istante (Atti 5:1-15).
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L’imbroglio che causò la morte di Anania e Saffira nella primitiva
Chiesa Cristiana a Gerusalemme ci colpisce e comprendiamo la severa
punizione divina nella quale essi ebbero ad incombere. Dico questo
benché essi non avevano preso niente a nessuno e la loro finzione si
tratta di ben poca cosa a confronto con quello che succede spesso in altri
furti commessi da certi credenti moderni, ma allora nella chiesa vi era
tolleranza zero.
ATTI 5:29
A causa della predicazione, gli apostoli furono fatti arrestare dai capi
giudei del sinedrio, messi in prigione, ma di notte in angelo del Signore
venne a liberarli dalle grosse sbarre. Saputo quanto era successo, i capi
giudei li fecero prendere e li rimproverarono perché stavano ancora
predicando in nome di Gesù. Ma Pietro e gli altri apostoli risposero:
“Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini” (Atti 5:29).
Ricordo che gli apostoli allora venivano rimproverati perché
utilizzavano il nome di Gesù, ma non c’è alcun caso nel quale venivano
rimproverati perché essi avevano utilizzato il nome di Maria o di
qualche altro santo. Evidentemente, allora si seguiva veramente il
Vangelo perché i credenti avevano compreso che l’unico nome dato è
quello di Gesù Cristo (Atti 4:10-12). Dobbiamo quindi dire che l’enfasi
della predicazione adesso, a causa dei papi moderni, è veramente
cambiata.
ATTI 8:14-17
Quelli che erano scappati in Samaria, a causa della severa persecuzione,
ben presto presero l’iniziativa di convertire anche i Samaritani che
incontravano per via e così la predicazione del Vangelo si era
spontaneamente diffusa in Samaria con un grande successo. Questo
17
stava avvenendo anche grazie ai prodigi e miracoli che erano fatti
dall’evangelista Filippo (Atti 8:4-13).
Notiamo che tale inaspettato successo missionario era avvenuto
completamente all’insaputa degli apostoli, che si trovavano, non a
Roma, ma a Gerusalemme, i quali cercarono di saperne di più: “Or gli
apostoli che erano a Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria aveva
ricevuto la Parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni. I quali,
essendo discesi là, pregarono per lo affinchè ricevessero lo Spirito
Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano stati
soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora (Pietro e
Giovanni) imposero loro le mani ed essi (i Samaritani) ricevettero lo
Spirito Santo” (Atti 8:14-17).
Faccio notare che a quel tempo, le direttive per la Chiesa Cristiana non
partivano da Roma o dal Vaticano, ma da Gerusalemme. Tuttavia, in
questo caso specifico sarebbe meglio dire che non vi fu alcuna direttiva
originata collegialmente dagli apostoli o da Pietro presunto papa, perché
allora la predicazione del vangelo in Samaria si stava diffondendo
spontaneamente, rapidamente a macchia d’olio, grazie al grande zelo dei
semplici credenti, recentemente convertiti, e quindi senza il bisogno
d’una particolare struttura ecclesiastica, cioè senza una gerarchia e senza
un quartiere generale.
Nel nuovo movimento cristiano in Samaria faceva parte un certo Filippo,
un evangelista che era in grado di fare pure dei miracoli (Atti 8:6-7), ma
non essendo un apostolo, cioè un testimonio oculare della risurrezione di
Gesù (Atti 1:21-22), egli non poteva trasmettere tale autorità ad altri
(Atti 8:18-19). Per tale ragione, si capisce il bisogno o l’utilità di avere
presenti gli apostoli, Pietro e Giovanni, i quali essendo dei testimoni
oculari di Gesù, essi avevano l’autorità d’imporre le mani e di
trasmettere lo Spirito Santo ad altri credenti.
I due apostoli, Pietro e Giovanni, avevano imposto le mani in Samaria,
non per estendere la loro autorità sui nuovi convertiti samaritani, come
18
certi erroneamente affermano, ma piuttosto per trasmettere a loro
l’assistenza dello Spirito Santo, un dono che allora era estremamente
necessario perché a quel tempo il N.T. non era ancora stato scritto e
circolavano soltanto le copie di qualche breve lettera e persino delle
false lettere date come apostoliche (2 Tes 2:1-2).
Dobbiamo realizzare che nel periodo di transizione, fra i due testamenti,
intendo dire fra l’A.T. ed il N.T., quando il Vangelo era solo orale
perché era solo predicato e non era ancora stato scritto o era solo
parzialmente scritto, e così i nuovi convertiti che non erano in diretto
contatto con gli apostoli e dei loro successori. Questo implica che tali
fratelli, di solito, avevano ben poco da leggere di sano o d’autentico o di
veramente ispirato. Si può capire quindi che allora, in quel periodo di
transizione, per molti credenti, certi concetti importanti per la fede
cristiana rimanevano completamente in sospeso o campati per aria, cioè
ancora da definire.
Su questo principio, si veda quanto aveva compreso poi Pietro nella
visione del lenzuolo con gli animali classificati come impuri, che
introdusse una nuova interpretazione della detta Legge (Atti 10:10-16), e
con il caso di Cornelio (Atti 10:34-36), e così in seguito la decisione
comune presa al grande raduno o radunanza della Cristianità a
Gerusalemme, dove, per la prima volta, fu messo bene per scritto il
programma di Dio per i Gentili non circoncisi (Atti 15:1-26).
Dobbiamo inoltre considerare seriamente le rivelazioni particolari che
ebbe Paolo, l’apostolo delle genti (Atti 26:12-18. 2 Cor 12:1-5. Gal
19
1:11-12; 2:2. Efe 3:3-4), questo perché la rivelazione di Dio vera e
propria, a quel tempo, era progressiva ed apparentemente essa si doveva
concludere, almeno nel senso pieno, solo quando sarebbe stata
completata la redazione del N.T. (1 Cor 13:8-10).
Non sorprende quindi che in quel periodo fosco di transizione storica e
teologica, fra le due leggi o due patti o due statuti o due testamenti o due
costituzioni (Ger 31:31. 2 Cor 3:1-11. Ebr 10:9), certi credenti molto
imprudenti si erano lasciati pure attirare o accalappiare o lusingare da
qualche strana rivelazione data come da Dio o da qualche lettera data
come apostolica (2 Tes 2:1-2).
Infatti, in quel periodo austero, i primi cristiani, che erano in buona parte
degli schiavi analfabeti (1 Cor 1:26-28), quando sapevano leggere e
scrivere, essi avevano molto poco a disposizione per leggere, eccetto
qualche rotolo dell’A.T. in ebraico, che allora era molto difficile da
consultare perché, di solito, i rotoli costavano molto e si trovavano quasi
esclusivamente nelle sinagoghe dei Giudei e non erano accessibili a tutti.
Diciamolo chiaramente che, a quel tempo, per i primi cristiani era molto
difficile da trovare anche l’A.T. tradotto in greco o in latino, le due
principali lingue del popolo del tempo.
Si tenga presente, inoltre, che nell’A.T., vi sono pure certi passi molto
strani, discutibili, completamente assurdi, tipici dell’ebraismo
tradizionalista e maschilista, o macho come quello sul rito sulla gelosia,
un testo altamente discriminante per la donna (Num 5:11-21), che si
tratta d’una vetusta pratica che cozza apertamente con il buon senso e
con la fede cristiana (Atti 10:34. Rom 2:11. Gal 2:6. Efe 6:9), quella
dunque che era predicata dagli apostoli.
Ricordiamo che nell’A.T. vi sono, purtroppo, molti altri di quei strani
passi o brani completamente fasulli, dati tutti come autentici da Dio, che
invece bisognerebbe avere il coraggio di semplicemente cestinarli e
meglio bruciarli in un grande fallò purificatore (Eso 20:5; 21:1-4. Deu
22:13-29. Giud 11:30-31, 34-40. 1 Sam 15:3. Pro 13:24).
20
Diciamo che, nella predicazione apostolica del primo secolo, quando il
N.T. non era ancora stato scritto o non era ancora stato completato, tali
violenti e retrogradi passi dell’A.T., di dubbia origine o d’origine
prettamente umana, potevano confondere e scoraggiare i credenti e
soprattutto i nuovi membri che erano stati recentemente convertiti fra i
Gentili (1 Tim 1:3-8. Tito 3:9-11).
ATTI 8:18-23
Come spesso accade in un movimento, anche fra i credenti in Samaria vi
erano alcuni di seri come Filippo (Atti 8:5-12), ma vi era pure qualche
approfittatore come il mago Simone che esercitava l’arte magica o
dell’autosuggestione con la quale faceva stupire la gente ed aveva
ottenuto un certo successo popolare e finanziario (Atti 8:9-11).
In seguito, il mago Simone, avendo visto che i prodigi che Filippo
faceva, non erano il risultato della semplice autosuggestione, come era
nel suo caso, ma si trattava delle vere guarigioni e così anche egli
credette o almeno per un certo tempo anche egli s’aggregò al nuovo
movimento cristiano di Samaria. Evidentemente, il mago Simone si era
aggregato ai cristiani sperando sempre che un giorno, nella nuova via,
egli avrebbe potuto ottenere un profitto personale come era uso fare
prima della sua conversione.
Apparentemente, il mago Simone fu convertito come molti altri ed a lui
piaceva vedere Filippo fare dei veri prodigi che andavano ben oltre alla
semplice autosuggestione (Atti 8:13), ma ben presto, egli capì che
Filippo non trasmetteva mai agli altri tale dono e quindi si rese conto che
da Filippo non poteva avere quello che sperava. Tuttavia, quando
arrivarono Pietro e Giovanni, che imponevano le mani (Atti 8:178), il
mago Simone capì subito che i due, in quanto apostoli, avevano
l’autorità di trasmettere tale dono anche agli altri.
21
Rimanendo con gli apostoli, Pietro e Giovanni, e seguendo sinceramente
quando essi insegnavano senza commettere alcuna frode, vi sarebbe
stata forse per l’ex-mago Simone la possibilità di ricevere un giorno
gratuitamente, da uno dei due apostoli, l’autorità di fare dei veri prodigi
per convertire altre anime a Cristo.
Diciamolo chiaramente, al mago Simone non interessavano affatto le
anime e la loro salvezza, così stanco d’aspettare, egli voleva solo
realizzare il suo sogno. Si capisce quindi che il mago Simone voleva
ritornare al suo vecchio mestiere di praticone o di ciarlatano per fare
molti soldi sfruttando il popolino, e così egli aveva deciso di uscire allo
scoperto e di offrire agli apostoli del denaro per ottenere subito quello
che desiderava da tempo: “Or Simone (il mago), vedendo che per
l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo, offerse
loro del denaro, dicendo: Date anche a me questa potestà , che colui al
quale io impongo le mani riceva lo Spirito Santo” (Atti 8:18-19).
Come era da immaginare, la reazione immediata di Pietro, alla cattiva o
inappropriata proposta del mago Simone, fu piuttosto severa: “Ma Pietro
gli disse: Vada il tuo denaro teco in perdizione, perché tu hai stimato che
il dono di Dio si acquisti con denaro. Tu, in questo, non hai parte né
sorte alcuna; perché il tuo cuore non è retto dinanzi a Dio. Ravvediti
dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinchè, se è
possibile, ti sia perdonato il pensiero del tuo cuore. Poiché io ti vedo in
fiele amaro e in legami d’iniquità. E Simone (il mago), rispondendo,
disse: Pregate voi il Signore per me affinchè nulla di ciò che avete
dettomi venga addosso. Essi (i due apostoli) dunque, dopo avere reso
testimonianza alla parola del Signore, ed averla annunziata, se ne
tornarono a Gerusalemme (non a Roma), evangelizzando molti villaggi
dei Samaritani” (Atti 8:20-24).
Abbiamo visto che Pietro non si dimostrò conciliante alla proposta di
Simone il mago, ma che lo rimproverò severamente (Atti 8:20-23), ma
nonostante tale condanna dell’apostolo, il peccato di simonia è stato
22
spesso molto diffuso fra i papi, cioè fra quelli che pretendono di essere i
successori di Pietro.
Diciamo che il peccato di simonia non riguarda solo la Chiesa Cattolica,
ma tocca molti, grandi e piccoli. Tale peccato è presente anche in certe
piccole chiese dette cristiane, dove vi sono certi membri facoltosi o
ricconi, i quali con la scusa che contribuiscono molto finanziariamente,
essi cercano sempre d’imporre la loro volontà nell’assemblea che
frequentano. Per tale ragione, bisognerebbe donare o contribuire in
segreto senza farlo sapere agli altri.
A riguardo di questo Gesù aveva detto: “Guardatevi dal praticare la
vostra giustizia nel cospetto degli uomini per essere osservati da loro;
altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli.
Quando dunque fai elemosina (o una donazione), non fare suonare la
tromba dinanzi a te (o non farlo sapere agli altri), come fanno gli ipocriti
nelle sinagoghe e nelle piazze (o per televisione), per essere onorati
dagli uomini. Io dico che in verità che questo è il premio che essi
ricevono. Ma quando tu fai elemosina (del bene o una qualsiasi
donazione), non sappia la tua sinistra quel che fa la destra. Affinchè la
tua donazione si faccia in segreto ed il Padre che vede nel segreto te ne
darà la ricompensa” (Mat 6:1-4).
ATTI 9:38-40.
Mentre si trovava a Lidda, nei pressi di Jaffa, in Palestina, Pietro aveva
saputo del decesso di Tabita, a Ioppe, una donna credente che faceva
delle buone opere (Atti 9:38). Pietro si recò a Ioppe e andò a trovare la
donna deceduta e fece uscire tutti dalla camera (Atti 9:39). Rimasto solo,
dopo avere pregato, Pietro disse: “Tabita, levati! Ed ella aprì gli occhi; e
veduto Pietro si mise a sedere” (Atti 9:40).
Abbiamo qui un altro esempio lampante di Pietro, il quale senza titoli
onorifici, aveva comunque sull’autorità di fare dei miracoli. Pietro
23
faceva questo non in quanto papa o sommo pontefice, ma in quanto
semplice apostolo di Gesù (Luc 9:1-2. Mar 16:20. Gio 20:19-23). Pietro
poteva fare questo in quanto apostolo, cioè un testimone oculare di
Cristo (Luc 24:48-49. 1 Gio 1:1-4), una specie di conduttore che adesso
non esiste più, che è già estinta da quasi 2000 anni fa. Dico questo
perché per essere apostoli era necessario essere testimoni oculari di
Cristo (Atti 1:21-22).
Seguendo tale principio, i Testimoni di Geova si proclamano
erroneamente “testimoni” perché in realtà essi direttamente non hanno
visto niente e sentito niente, e quindi essi non possono essere testimoni
oculari ne testimoni uditivi.
Inoltre, Padre Pio, al quale sono stati attribuiti molti miracoli, egli, come
molti altri approfittatori di questo secolo, è stato semplicemente un
astuto bugiardo che ha ingannato molti creduloni, i quali si sono fatti
letteralmente infinocchiare dalle sue false guarigioni, cioè dalla sua
furbizia, ma un giorno egli ne dovrà rendere conto al Signore.
ATTI 10:25-26
Dopo avere accettato d’andare a Cesarea, entrato nella casa di Cornelio,
della Corte Italica, qualcosa accadde che fece reagire Pietro e che
dovrebbe fare reagire qualsiasi cristiano: “Come Pietro entrava,
Cornelio, fattoglisi incontro, gli si gettò ai suoi piedi e l’adorò. Ma
Pietro lo rialzò dicendo: Levati, anch’io sono un uomo” (Atti 10:25-26).
Cornelio gli si era gettato ai suoi piedi, e quindi lo aveva adorato o
venerato. Infatti, il verbo greco “proskuneo” significa etimologicamente;
che si era prostrato di fronte a lui come se fosse stato un idolo per
onorarlo e venerarlo.
Quello che aveva fatto Cornelio nei riguardi di Pietro corrispondeva alla
usuale pratica pagana del tempo nel riguardo degli idoli e dei personaggi
24
considerati di alto lignaggio come un gerarca, un generale, un dittatore o
l’imperatore.
A partire dal Medioevo, al momento dell’elezione del nuovo papa, è
divenuta una consuetudine per i cardinali di adorarlo, cioè di prostrarsi
davanti a lui in segno di completa sottomissione. I cardinali hanno
iniziato ad adorare il pontefice come un nuovo dio invece d’adorare
l’Eterno ed Onnipotente Iddio del cielo e per questo essi si sono sviati
dalla verità del Vangelo (Rom 1:18-32). Tale malsana tradizione
continua nei secoli fino ai nostri giorni, questo benché oggi lo si faccia
celatamente, senza parlarne molto, ma si tratta pur sempre d’un rito
pagano che stona completamente con la dottrina cristiana.
Ricordiamo che nella Parola di Dio è severamente condannata ogni
forma d’idolatria o di “proskuneo” nei riguardi d’un idolo e d’un uomo
(Atti 10:25. Rom 1:25. 1 Cor 5:9-11; 6:9; 10:7, 14. 1 Pie 4:3. Apo 21:8;
22:15). Dobbiamo quindi rifiutare il culto della personalità nei riguardi a
qualsiasi essere umano e pure nei riguardi d’un capo religioso. Infatti, se
un leader religioso accetta una tale pratica esagerata e pagana
assolutamente non può essere bravo né fedele alla Parola di Dio e
quindi, come tale, egli non rappresenta nessuno, solamente sé stesso e
dei peccatori che sono scaduti dalla grazia.
ATTI 10:34-35.
Dopo essere andato a Cesarea ed essere stato informato da Cornelio, su
quello che era precedentemente accaduto, Pietro disse: “In verità io
comprendo che Dio non ha riguardo alla qualità (stirpe o razza o lingua
o stato o casta) delle persone; ma che in qualunque nazione, chi lo teme
ed opera giustamente gli è accettevole” (Atti 10:34-35).
25
Parlando in tale modo, improvvisamente, Pietro mette tutte le culture e
le lingue sullo stesso piano, perché è sempre un grosso guaio quando un
gruppo si serve di Dio per imporre la cultura latina o la francese o la
cultura americana agli altri popoli. In tale caso, c’è sempre bisogno di
una forza militare per realizzare tale piano, quindi c’è sempre bisogno
dell’intervento dei crociati o dei Marines.
Per la stessa ragione, per salvarsi uno non deve essere necessariamente
cattolico, cioè battezzato, comunicato, assolto e benedetto da un prete
che magari è più confuso o più peccatore di lui. Diciamo piuttosto che,
per salvarsi, un credente deve seguire seriamente Gesù nella chiesa
cristiana di sua scelta perché vi possono essere modi ben diversi di
vedere certi passi del Vangelo e nessuno è infallibile nella loro
interpretazione.
Questo implica che un credente possa veramente fare delle scelte
personali senza subire l’imposizione o la tradizione degli altri che sono
al potere e che controllano l’insegnamento nelle scuole e le informazioni
nei mass media. D’altro canto, compiendo tale passo o scelta personale,
uno deve farlo senza premura e senza giudicare frettolosamente e
superficialmente gli altri che si trovano in esperienze religiose diverse
perché all’ultimo giorno vi saranno molte sorprese (Rom 10:6-13).
Parlo in tale modo perché, io sono profondamente convinto che
all’ultimo giorno vi saranno più persone salvate nelle altre religioni del
mondo che fra quei pochi che ritengono di essere i soli custodi della
Verità, cioè i membri della sola vera Chiesa Cristiana, questo perché Dio
è fra tutti i numerosi giusti della terra anche se non sono battezzati o
sono stati battezzati male o impropriamente o solo spiritualmente.
ATTI 10:47-48
26
Guidato o spinto dallo Spirito Santo, la più importante innovazione nella
chiesa avvenuta con Pietro, fu quella di fare battezzare i Gentili senza
prima farli circoncidere: “Allora Pietro prese a dire: Può qualcuno
vietare l’acqua perché non siano battezzati questi che hanno ricevuto lo
Spirito Santo come noi stessi? E comandò che fossero battezzati nel
nome di Gesù Cristo. Allora essi lo pregarono di rimanere alcuni giorni
con loro” (Atti 10:47-48).
Quella mossa di Pietro fu una decisione propizia o felice, ma in seguito
l’apostolo fu costretto a spiegarsi con i Giudei allarmatisi per tale
cambiamento. Infatti, egli disse: “Se dunque Iddio ha dato a loro (ai
Gentili) lo stesso dono che ha dato a noi che abbiamo creduto nel
Signore Gesù Cristo chi ero io da potermi opporre a Dio? Essi allora,
udite queste parole, si acquetarono (almeno per un tempo) e
glorificarono Iddio, dicendo: Iddio dunque ha dato il ravvedimento
anche ai Gentili affinchè abbiano vita” (Atti 11:17-18).
Si noti che i Giudei, compunti nel cuore, prima erano stati battezzati per
la remissione dei peccati (Atti 2:37-38), mentre dopo i Gentili, non
compunti nel cuore nel senso dei Giudei, sono stati solo battezzati nel
nome di Gesù Cristo (Atti 10:48). Infatti, niente ci fa pensare che
Cornelio della Corte Italica ed gli altri Gentili presenti nella sua casa
siano stati fra quelli, i quali avevano domandato con insistenza a Pilato
di crocifiggere Gesù (Gio 19:6-16) e quindi possiamo pensare che il loro
sentimento era completamente diverso da quello dei Giudei a
Gerusalemme al giorno della Pentecoste che avevano commesso il
deicidio.
Vediamo quindi che lo stesso Pietro aveva battezzato in modi diversi o
per ragioni diverse o per scopi diversi, questo in quanto quelli che
venivano a lui per il battesimo erano diversi ed avevano delle esigenze
spirituali diverse o svariate. Questo implica che non dobbiamo mai
formalizzarci troppo anche sul battesimo perché i primi cristiani non
hanno mai litigato fra di loro sul modo esatto che si deve battezzare.
27
Vi è un caso nel N.T. dei discepoli di Giovanni che erano stati immersi
nuovamente nell’acqua a nome del Signore Gesù per ricevere
l’assistenza dello Spirito Santo (Atti 19:2-7), ma questo avvenne quando
il N.T. non era ancora stato scritto o solo parzialmente scritto ed essi
avevano bisogno d’una permanente guida spirituale. Ci tengo a ricordare
che, oltre a tale caso particolare, nel N.T., non v’è alcun caso di credenti
ribattezzati per rimettere i peccati o per essere salvati.
ATTI 15:7.
Al grande raduno di Gerusalemme della Cristianità del tempo, nel 50
d.C., Pietro iniziò il discorso dicendo: “Voi sapete che fin dai primi
giorni, fra voi, Iddio scelse me” (Atti 15:7). Costatiamo che Pietro fu
scelto di parlare per primo al giorno della Pentecoste (Atti 2:14-40), così
poi egli aveva per primo parlato al gentile Cornelio (Atti 10:25-33), e
quindi egli per primo aveva aperto la porta della salvezza anche ai
Gentili (Atti 10:34-48; 11:4-18; 15:7-12).
Questo spiega perché Pietro è il principale personaggio nella prima parte
del libro degli Atti, mentre Paolo è il personaggio più importante nella
seconda parte del libro degli Atti. Questo cambiamento avviene quando
il Cristianesimo aveva iniziato ad espandersi negli altri paesi del mondo
e Paolo era oramai divenuto l’apostolo delle Genti (Atti 26:12-18. 2 Cor
12:1-5. Gal 1:11-12; 2:2. Efe 3:3-4).
A conferma di questo, si noti che il grande raduno o assembramento di
Gerusalemme non fu presieduto e concluso da Pietro, ma da Giacomo, il
fratello del Signore, (Atti 15:13-21). Questo avvenne per non dare la
falsa impressione che Pietro fosse stato il capo della chiesa. Purtroppo,
certi disinformati ne avrebbero dedotto che Pietro, come un papa,
avrebbe presieduto e concluso il primo concilio universale della chiesa a
Gerusalemme, ma non è assolutamente vero. Rimane inoltre il fatto che
tale primo concilio della chiesa universale non si tenne a Roma, ma a
28
Gerusalemme; che non fu presieduto e concluso da Pietro, ma da
Giacomo fratello del Signore (Atti 15:13-21), e questo ce la dice lunga.
Sulla base di quanto precedentemente visto o provato, possiamo dire con
certezza che allora il centro universale della Chiesa Cristiana non era a
Roma, ma a Gerusalemme. Inoltre, quella prima Chiesa di Dio non
aveva papi ma aveva come capo e pietra basilare Gesù Cristo (Rom
9:32-33. Efe 2:20. 1 Pie 2:4).
Da tutto quello che abbiamo esaminato fino adesso, appare evidente che
a quel tempo, Pietro non sapeva di essere la pietra della chiesa, di avere
un primato particolare sui suoi colleghi. Vediamo quindi che quanto fece
Pietro non ha niente a che fare con il presunto primato del vescovo di
Roma su tutta la Cristianità come in seguito è stato decantato dal clero
cattolico romano per imporsi sugli altri contendenti clericali a discapito
dei semplici credenti.
GALATI 1:18.
Di poi, in capo a tre anni, Paolo salì a Gerusalemme per vedere Cefa,
cioè Pietro in aramaico, e stette con lui 15 giorni (Gal 1:18). In quella
circostanza, evidentemente, i due apostoli scambiarono le loro
esperienze personali sull’evangelizzazione ed apparentemente essi
cercarono d’appianare certe differenze fra di loro.
GALATI 2:7-9
Possiamo dire con certezza che nel principio vi era una buona
collaborazione fra Paolo e Pietro nel lavoro missionario e che tutto
procedeva bene fra i due apostoli (Gal 2:7-9). Tuttavia, essendo essi
impegnati in campi ben diversi, dove vi erano dei problemi svariati e
perciò è naturale che in seguito siano sorti dei conflitti, soprattutto a
causa di certi membri legalisti che venivano dai Giudei, i quali non
29
accettavano volentieri nella chiesa i Gentili non circoncisi che non
giudaizzavano (2 Cor 11:5-6, 13; 12:11. Gal 1:6-10; 5:1-12).
GALATI 2:11-14
Evidentemente, vi furono dei diverbi legalisti nella prima chiesa perché
era costituita da uomini fallibili, ed in seguito, ad Antiochia di Siria,
Paolo aveva pure richiamato Pietro all’ordine in pubblico sulla sua
sbagliata o discriminante strategia missionaria (Gal 2:11-14). Infatti
Pietro, cercando d’evitare un problema, cioè di non scandalizzare i
legalisti Giudei, ne stava creando un altro molto più grave perché aveva
finito per discriminare ed umiliare dei fratelli in Cristo venuti dai
Gentili. Inoltre, degli altri fratelli giudei e persino Barnaba furono tutti
trascinati dalla simulazione di Pietro (Gal 2:13), il che rende il quadro
piuttosto deprimente e preoccupante.
Sorprende che Pietro, l’apostolo che per primo aveva fatto battezzare dei
Gentili senza prima averli fatti circonciderli (Atti 10:47-48), che poi
egli, alla presenza dei suoi connazionali giudei, avesse avuto dei
problemi a farsi vedere che famigliarizzava o fraternizzava con loro.
Questo dimostra che è sempre difficile sapere fino a quanto uno sia
veramente convinto di quello che afferma o che fa in un contesto dove
uno non è toccato personalmente o che non ne subisce direttamente le
conseguenze.
Abbiamo già visto precedentemente il caso di Pietro che, per ben tre
volte, aveva negato di conoscere Gesù perché temeva per la sua vita
(Mat 26:69-75). Vediamo qui nuovamente quanto traballante fosse stato
Pietro che si metteva a simulare o fingere per non avere dei problemi
con i suoi connazionali giudei, con i quali non era facile dialogare come
certi bigotti o settari dei nostri giorni.
30
Ribadisco nuovamente, quanto detto in precedenza, che assolutamente
sbagliano quelli che, commentando Mat 16:18, affermano con certezza
che Gesù avrebbe stabilito la sua chiesa sulla fede di Pietro che già
allora sarebbe stata solida come un macigno o come una roccia.
Questo errore d’interpretazione è confermato dal fatto che subito dopo
avere paragonato Pietro alla pietra della chiesa, Gesù gli aveva detto:
“Vattene via da me, Satana: tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso
delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini” (Mat 16:23).
Vediamo quindi che non era affatto vero che Pietro avesse avuto già
allora una fede talmente forte o che fosse completamente affidabile, ma
che, per un certo tempo, Pietro aveva degli alti e dei bassi come molti di
noi, che allora egli aveva ancora bisogno di crescere spiritualmente e che
sarebbe cresciuto solo in seguito.
1 PIETRO 2:4-9
Aldilà di certe fandonie dette su Pietro, noi sappiamo che l’apostolo
credeva in Gesù come la pietra della chiesa e che credeva nel sacerdozio
universale dei credenti non più legato a quello levita o a qualsiasi altra
gerarchia ecclesiastica che tende a reprimere i semplici fedeli.
Infatti, iniziando a parlare di Gesù, Pietro aveva scritto: “Accostandovi a
lui (al Signore), pietra vivente, riprovata bensì dagli uomini ma innanzi a
Dio eletta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual
casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire dei sacrifici
spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Poiché si legge
nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, eletta,
preziosa; e chiunque crede in lui (in Gesù) non sarà confuso. Per voi
dunque che credete ella è preziosa; ma per gl’increduli la pietra che gli
edificatori hanno scartato (rigettato) è quella che è divenuta la pietra
angolare, una pietra d’inciampo e un sasso s’intoppo. Essi, infatti,
essendo disubbidienti, intoppano nella Parola ed a questo essi sono stati
31
anche destinati. Ma voi (che credete) siete una generazione eletta, un
regale (reale) sacerdozio, una gente (stirpe) santa, un popolo che Dio si è
acquistato, affinchè proclamiate le virtù di Colui che vi ha chiamati dalle
tenebre alla sua meravigliosa luce; voi, che già non eravate un popolo,
ma che ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto
misericordia, ma che ora avete ottenuto misericordia” (1 Pie 2:4-10).
In questo brano di Pietro, quello della maturità dell’apostolo, vi sono due
concetti che sono molto importanti e fortemente interconnessi fra di loro.
Il primo è quello di Gesù pietra vivente o pietra dell’angolo della chiesa,
un edificio del quale partecipiamo anche noi come delle piccole ma
importanti pietre o mattoni spirituali. Il secondo è quello del sacerdozio
universale dei credenti nel quale, siamo tutti fratelli e non c’è alcuno
spazio per una gerarchia ecclesiastica.
Benché siamo tutti delle pietre o dei mattoni della chiesa (1 Pie 2:4-5)
come lo era stato pure Pietro fin dal principio (Mat 16:18), per evitare
certi spiacevoli fraintendimenti, a questo punto è giusto precisare o
rimarcare definitivamente che, fortunatamente per noi credenti, la chiesa
non si basa sulla fede fragile e vacillante di Pietro, ma che è Gesù la vera
pietra della sua chiesa (Efe 2:20-22), la pietra angolare sulla quale si
regge tutto l’edificio spirituale (1 Pie 2:4, 7-8) e grazie a questo le porte
dell’Ades non prevarranno mai su di essa chiesa, ma vi sarà sempre un
residuo di credenti fedeli, cioè di piccole pietre viventi.
Vediamo inoltre che Pietro accettava il primato di Gesù e rifiutava ogni
forma di gerarchia ecclesiastica o la separazione fra sacerdoti e laici
come c’era nel Giudaismo con i Leviti (Num 3:12; 8:5-26) e le
separazioni simili che esistono anche adesso nelle altre religioni del
mondo. Questo significa che Pietro non ha mai parlato della chiesa
docente e della chiesa discente o dei credenti all’interno della balaustra
che possono accedere all’altare e quelli all’esterno della balaustra che
non possono accedere all’altare, come è nel Cattolicesimo, ma egli
credeva in una chiesa completamente senza balaustra e senza altare.
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Questo significa che Pietro accettava integralmente il sacro principio del
sacerdozio universale dei credenti, un sacerdozio senza limitazioni, dove
noi cristiani siamo veramente tutti fratelli esattamente come Gesù aveva
insegnato (Mat 23:7-12).
1 PIETRO 5:13-14.
Da quello che ci è pervenuto del tragitto missionario di Pietro nel N.T. è
che, negli ultimi anni della sua vita, l’apostolo si trovava a predicare a
Babilonia, in Iraq (1 Pie 5:13-14), in una direzione esattamente
all’opposto di Roma.
Si ricordi che a quel tempo a Babilonia vi dimoravano molti Giudei
rimasti dal tempo della deportazione e che, nonostante l’Editto di Ciro
del 538 a.C., essi avevano nondimeno deciso, probabilmente a causa dei
numerosi conflitti, di rimanere in Babilonia e di non ritornare in Giudea
con gli altri.
Considerando che per volontà del Signore i due apostoli avevano due
missioni distinte da realizzare, Paolo doveva predicare specialmente ai
Gentili e Pietro specialmente ai Giudei (Gal 2:6-10), seguendo tale ottica
è quindi naturale che essi avrebbero dovuto completare il loro tragitto in
modo completamente diverso ed opposto, che Paolo dovesse completare
il suo percorso a Roma nell’occidente (Atti 28:11-31), e che Pietro
dovesse completare il suo percorso a Babilonia nell’Est (1 Pie 5:13-14).
CONCLUSIONE
Se ci concentriamo su certi aspetti estremi, negativi e ridicoli di Pietro, e
che fu corretto da Paolo a causa della simulazione (Gal 2:11-14), allora
potremmo arrivare a concludere che si trattava d’una persona da poco,
superficiale ed incostante, cioè per nulla affidabile, ma vediamo invece
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che in seguito fu proprio il contrario. Nonostante tale impressione
negativa, dobbiamo ricordare che Pietro fu il primo fra i discepoli a
riconoscere che Gesù era il Cristo, il Figlio dell’Iddio vivente (Mat
16:16), che ebbe il coraggio di rispondere ai membri del Sinedrio:
“Giudicate voi se è giusto, nel cospetto di Dio, di ubbidire a voi anziché
a Dio” (Atti 4:19). Inoltre, Pietro non si fece corrompere quando il mago
Simone gli offrì del denaro (Atti 8:18.23).
Possiamo quindi dire, che nonostante certi errori dovuti alla sua iniziale
debolezza e alla dura prova che doveva affrontare, Pietro era comunque
qualcuno che prendeva seriamente le cose di Dio. Questo spiega perché,
nonostante certe debolezze o lacune iniziali, egli fu scelto da Gesù come
apostolo (Gio 13:18; 15:16, 19). Si ricordi che sono proprio le svariate
prove che nella vita subisce la nostra fede che ci formano e che
producono in noi la costanza (Gia 1:2-4).
Silvio Caddeo
Montréal 7 gennaio 2019